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FASCISTI E SOCIALISTI RIPROVANO UN ECCIDIO

Jn segui to all'uccisione di un giovane fascista da parte di comunisti avvenuta a Pieve d'Olmi (Cremona), la Federazione provinciale fascista e l'Amministrazione comunale socialista di Pieve d'Olmi, con un a tto di concordia di cui ! evidente la solennità e il significato, ha nno emanato questo ma nifesto comune:

«Ciuttdini!

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« led a Pieve d 'Olmi, in un malvasio agguato comunista, cadeva assassinato il fascista Sigifredo Priori.

« Nessuna provocazione partl d:ù fa.scisti che pacificamente ed in numero esiguo ritornava no a Cremona dopo una cerimonia patriottica svolta.si imponentemente a Pieve San Giacomo.

« Fascisti e socialisti di Pieve d'Olmi, mentre condannano gli assassini, si riprome.ttono di opporsi a quella propaganda che trascina la giovinezza nella delinquenza.

«Cittddinif che ci è dato da Pieve d'Olmi fosse seguito e socialisti e ànche fascist i avessero l'onestà di riconoscece gli eventuali, reciproci torti, un gra n passo sarebbe compiuto in vista dell a pacificazione nazionale, sempre più necessaria. Ci piace anche di vedere la firma dell'amico on. Farinacci, uno degli antìpacifisti, il quale non ha disdegnato di accedere a questa pacificazione d'ord ine locale, -

« La vostra protesta ed il vostro sMgno sia no dig nitosi ma solenni.

« Tributate gli onori a l caduto, lanciate u n monito a coloro che credono farsi strada attraverso l'assassin io.

« Per la Federazione provinciale fa scista: on. RoeERTO FARINAèc1.

« Per l'Amministraztone comunale socialista: il sindaco GruSEPPE PAGANINI.

« Pie11e d 'O lmi, 5 uttembre 1921 ».

Questa ~otizia va posta nel dovuto rilievo, perché costituisce, dopo due anni di guerra civile, una specie di avvenimento. ì infatti la prima volta che sulla bara di un uomo ucciso nel fior dell'età e pad re di quattro figli, Je parti avverse si uniscono per esecrare in comune il misfatto atroce che disonora qualunque partito. Se l'esempio di coragg io Oi · XVII.

Da li Po pol o d'Italia, N. 217, 10 settembre 1921, Vili (,).

Deviazioni

Se gli incidenti Che si sono verificati in diverse città d'Italia tra fasci sti e cattolici al_ ritorno di questi u ltimi dalle cerimonie di Roma sono dovuti a cause ambientali od incidè ntali, non meritano note di commento, perché non rivestono caratteri d i eccessiva gravità; ma se, viceversa, · tali incidenti rappresenta no una specie di nuova direttiva dell'attività" fascista, bisogna subito mettere le carte in tavola ed impedire chè il fascismo. - anche il fascisnio ! - sia. exploité da lla massoneria, dalla democrazia e generi affini

Giova notare che gli organ i dirigenti del fascismo sono stati estran ei completamente a queste manifostazioni che sono scoppiate qua e là aJl'improvviso. Ragione di più per dire una parola che orienti gli spiriti _e i muscoli nel futuro. -11 ·fascismo non fa delranticlericalismo nel senso demagogico che questa parola ha assunto in Francia e _particolarmente in Italia. Meno ancora il fascismo è antireligioso, La religione nel fascismo è veramente un « affare privato )>1 cioè un 'attivi tà individuale dello spirito: -Lotte di religione in Italia non ci furono lllai Nel fascismo, come del resto in tutti gli altri movimenti, non si chiedono pcofe;;sioni di f ede atea o deista, O gnu no è libero di credere o rion credere in Dio. Ognuno è libero di rappresenta rsi come vuole il suò Dio. La religi one fenomeno collettivo è un fatto sto rico, psicologico e · morale della più alta impor_tanza , La .relig ione domi nante in I talia è il cattol icismo. I fascisti non possono e non debbono fare ddl'anticattolicismo; non possono e non debbono scatenare accanto ai vecchi, nuov.i motivi di diviSione e di odio, che potrebbero avere ripercussioni fatali sulla compagine della nazione. I fascisti, ì quali - lo sappiano o no, se ne rendano conto o no - sono imbevuti di dottrine spirit~ali· stiche, devono lasciare ai formiconi d el razionalismo e dell'anticlericalisffio la fa;tica grottesca e inane .di combattere· le manifestazioni reli · g i~se e di bandire Dio dall'universo. Noi siamo andati oltre queste posizioni filosofiche di trent'anni fa, quando iÌnperaVa la pseud9-6losofia del positivisino.

Posto dunque che ·iJ fascismo· non può essere anticlericale alla . vecchia m aniera, e che dev'essere rispettoso nei confronti delle manifestazioni ·religiose, bisogna avere il CO(aggio civile d i riconoscere· che i ·g iova ni cattolici convenuti a Roma :1vevano perfettamente il diritto di gridare « viva il papa!», poiché non si può pretendere che dei cat· tolici g ridino .« viva Domizio Torrigiani ! ». QueJJo che non si può tollerare, né si deve, è l'altro grido di « viva il papà-re!». Chi lo g rida si mette al bando d~lla patria italiana. Dich iara implicitamente guerra all'Italia e non può lagnarsi se viene trattato come si trattano i nem ici in guerra. Se i cattolici hanno gridato « viva il papa-re!>>, si sono messi . dalla parte del torto e sollo meritevoli delle violenze fasciste. Non sappiamo se questo gridò sia stato isolato o collettivo. L'inno di Mameli cantato dai congressisti all'altare della Patria, è certamente un gesto di lealismo, perché non bisogna dimenticare che su quell'altare sta, sia pure orrendamente -monumentato, il re «usurpatore». Comunque, molto meg lio sarebbe stato se nessuno avesse levato il grido incriminato. La coscienza nazionale non può transigere sull'argomento. La breccia di Porta Pia è diventata una brutta figura retorica n ella lamentevole sequela d egli ufficiosi commemoratori; ma è anche un fatto comPiuto, un avve• nimento storico grandioso e incancellabile: è il punto d 'arrivo di un secolo di battaglie, di sacrifici, di cospirazioni, di martiri. Noi non scendiamo in campo contro i popolari e i cattolici, purché costoro non riportino in discussione un argomento storicamente e moralmente liquidato. Popola ri e cattolici de,·ono guardarsi dall'esagerare, Rap presentano una parte notevole della nazione, ma non tutta la nazione. Inoltre non tutti i cattolici sono popolari e non tutti i popolari sono cattolici. Può riuscire, dunque, facile di isolare e combattere il partito. Specialmente nel ca~o iÒ cu·i, sotto la veste troppo sovente demagogicamente rossa del. p rogramma, spu ntasse il vecchio proposito temporalista. .

Il giorno in cui apparisse manifesto che il popolarismo non è che una truccatura del « temporalismo » e che il «lealismo» non è che la bandiera per la vecchia merce di contrabbando; quel giorno il Partito Popolare soccomberebbe sotto il peso della vasta e g iustificata insurrezione del popolo italiano. I fascisti, pur non facendo professione di anticlericalismo, si troverebbero quel giorno ancora una volta all'avanguardia.

Un Capo E Tre Anime

La stampa borghese o, per meglio dire, certa stampà rappresentante di una certa borghesia politica, continua a dedicare grande spazio all'imminente congresso del P11J. Effett o del «tradizionalismo» per cui prima della guerra e immed iatamente dopo, ogni, sia pure insign ificante, manifestazione politica del Pus, ven iva bombardata come un avvenimento storico di primo ordine Effetto, anche, di un interrogativo chC assilla u na discreta parte dei politicanti italiani: il Pus si dividerà? Il fm _rimarrà unito ?

Cerchiamo di dipa nare la matassa che non è eccess ivamente ·imbrogliata. Dentro il partito ci sono t re anime. La parola è grossa. Si potrebbe dire . tre tendenz~_. tre appetiti, t re mentalità. L'una è quelJa. d i destra: 1a ·collaborazionista. Leader: Turati. I destri ammettono come possibile e lecita l'andata al Governo, quando ci siano _ - nel partito, nel proletariato, nel paese - necessarie e sufficenti condizioni di fatto. La questione di massima o di principio, i destri l'hanno già risolta Il fosso è sa ltato. Il problema è oggi del come e del quando sarà man· giato il frutto proibito. Ma che lo si d ebba, presto o tardi , mang iare, nesSuno più Jo mette in dubbio fra i socialisti che si riconoscono e si ribattezzano in Filippo Turati.

1 sinistri, invece, non vogliono sentir parlare di partecipazioni al potere colla borg hesia. O tutto il pote re, essi dicono, o niente. E poiché Ja prCsa di possesso d i tutt') il potere è un sogno 1a cui realizzazio_ne è rinviata eternamente al domani, non resta per il p resente che la intransigenza anticollaborazionista che distingue in qualche modo i sinistri dai destri.

In mezzo ci sono gli «unitari», i quali si propongono di Salvare la capra dell'intransigenza e i cavoli della coJJaborazione. In altri termini l'unità formale del partito, il che sign ifica fa salvezza de lla mrée o cuccagna che dir sì voglia delle amministrazioni e d elle cooperative , con relativa rn andra di" gente che ci vive su Ai fini pratici, questa terza te ndenza è molto rispettabile. Se il Pr11 si d ividesse in tre, è chiaro che diventerebbe assai delicata la situazione _ di molte affiministrazioni d el partito; ragione per cui - in nome degli interessi mate riali! - biso- gna ~onservare l'unità del partito e non cambiare la « ragione sociale» della ditta. ·

Noi fascisti assistiamo, senza preoc~upazione, allo svolgersi della crisi sociafota. E se qualcuno ci doma.ndasse la nastia preferenza in t ema di ipotesj, rjsponderemmo che l'ipotesi che più ci piace . è que llà « unitaria ». Preferiamo, insom~, che il Pus resti uni to, perché nell'u nità è la sua paralisi. Nell'unità forzata e formale si salveranno - è veroalquanti- cadreghini municipali, svariati gettoni di presenza e i soliti affaEi dì cooperative, ma il partito, come movimènto polit ico, sarà condannato -a morire ingloriosamente. ·

Verrà a formarsi questa situazione: i rivoluzionari del partito impediranno ai destri di camminare sulla via. delle riforme; i dèst~i, per converso, faianno da « martinicca » al carretto alquanto sgangherat o dell'intransigenza dei si n istri. Risult·ato dell'urto fra q ueste dùc ·for:z.e unite e antitetiche lo _ze ro. Il pfoletariato che non potrà esercitare le mand ibole sulla g rossa torta rivoluzionaria·. e nemmeno sui modest i « crostini » deIJe rifor:°1e, finirà per disingannarsi comp letamente e liberarsi da tutta la turba dei teologhi disput~ntì sul modo di dargli la silute terrena ed eterna.

Ci avvianio _a gran passi verso questo epilogo della crisi. Basta g uardarsi attorno p er vedere che le.masse operaie se ne infi schian o. Non c'è più religione ! Nemmeno quella« rosi.a», che pareva dovesse soppiantare la °:era. Che il socialismo non sia più nel solco delJa filosofia" è certissimo. 11 socialismo è oramai esiliato dall.;1. repubblica del lo spirito. · Tutte le sue sedicenti verità sono crolJate dai:anti alla ripresa « classica » della vita spirituale. Il socialismo non si salva ne mmenO fl ella sua forma «mistica}>, perché capi .e folle non credono più nel verbo del mito. Sono, e gli ·uni e gli altri, giunti di là della f ase « critica >> in pieno scetticismo . Restava l'attività « po l.it ica » d e l socialismo. Ma i politici del socialismo delineano il compito d elle rifonne e non osano assolvere quel lo della rivoluzione.

Questo è il quadro che ritengo - mi si p erdoni l'immodest iaesattissimo, malgrado la necessaria concisione con· cui l'ho prospettato. Il congresso di Milano non può dunque risolvere la ·cris i; si limiterà a documenta rla e ad·aggravarla.

MUS SOLINI

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