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A TIORNO ALLE BEGHE TRENTINE

M i dispiace veramente di occupare alquanto spazio in questo giornale per affari personali, ma dopo la corrispondenzà del Barni •, ho il dovere di fare alcune rettifiche. Sarò telegrafico. Non entro in merito alla scissione attuale del proletariato trentino. ti un bubbone venuto a maturazione e suppurazione dopo la mia partenza forzata. Ma a pro• posito delle mie relazioni personali con l'Avancini, debbo onestamente dichiarare che non mai mi accorsi di una sua palese o sorda ostilità contro di me **. C'erano, ~d è chiaro, t ra me e lui differenze di tt'mperamento, di conce2ioni, di età, ma la gueua non mai. L'Avancini non si è mai immischiato negli affari delle organizzazioni economiche, durante il tempo in cui diressi il Segretariato Trentino .del Lavoro. Salvo due vertenr.e: quella dei fabbri e quella dei ferrovieri - precedenti alla mia andata a Trento - tutte le altre agitazioni d' indole economica non furono né dirette, né protette dall'Avancini.

Cito quella dei falegnami, delle ricamatrici, degli sterratori disorganizza.ti, Anche nella mia uione politica, giornalistica'- amminist rativa, non ebbi conltitti di funzioni e di poteri con l'Avancini.

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La mia de6niziooe di lui, non è che un'allusione confidenziale alla sua esagerata meticolosità computistica e burocratica. Quelle cifre non esprimono il mio giudizio dell'uomo. Del resto gli uomini si giudicano non coll'unità e la serie dei numeri, ma con la cifra ch e nelle matematiche esprime Ja negazione di ogni quantità: Zero. Ignoro l'episodio _citato dal Barni riguardante il contegno dell'Avancini alrepoca del mio sfratto. .Non credo alla connivenza morale, alla tacita complicità dei dirigenti del Partito Socialista Trentino che avrebbe favorito il piano· poliziesco. Col Batt"isti vissi - specie durante l'ultimo periodo del mio sosgiorno a Trento - in famigliare dimestichezza; il Pisce! mi fu, più che compagho, fratello, in particolar modo durante la prigione a Rovereto.

Parlando della questione di Trento, mi pare o mi inganno, si possano evitare personalismi inutili o pettegolezzi retrpspettivj. Non vi ' (408). •• (386) tratta di individui, ma di concezioni dottrinali diverse, di metodi tattici antitetici, di temperamenti psichici antagonistici. ..

Ciò che succede a Trento è già successo io Boemia. :2 la lotta fra il federalismo e l'accentramento. C'è nell'impero austro.ungarico, accanto all'unità militarista e burocratica, l'unità burocratica più che politica o morale del proletariato. Entrambe fittizie.

I socialisti d'oltre lsonzo s'illudono, quando credono di a.vere realiz. zato J'internaz.ionale dei popoli austriaci. Coesione forzata degli operai delle diverse naz.ionalità in un solo organismo accentrato in Vienna; repulsione istintiva disintegrante deJle razze: ecco il duplice fenomeno interessantissimo che il Barni può lumeggiare sulle colonne de LA Con· "'q11ùta.

Ma i personalismi, ripeto, sono inutili e dannosi. Questo dovevo dire: Amico di Bami, ma più ancora, amico della verità.

BENITO MUSSOLINI

Da /.,a Corrquilla, N. 6, 18 novembre 1910, I"'·

• LA Conq11h1a," quotidiano del movimentò operaio, si stampava a Milano Gerente responsabile: .Aurelio G:i.Jassi ; Redazione : via Vittadini 3; Amministra· -zione: vi~ Boscovich 4.

IN TEMA « FUNEBRE »

Il ritornello della crisi socialista comincia a diventare stucchevole come il ritornello di una canzone napoletana. 8 sempre quel motivo, sono sempre dei beccamorti più o meno professionali che intonano il De profundiJ, è sempre il solito slacrimare di prefiche ipocrite, M a sl, lo sappiamo, lo sapete, lo sanno tutti: il socialismo italiano è tinito, noi siamo liquidati, morti, sepolti, putrefatti e allora non occupatevi. più di noi Badate ai vivi e lasciate in pace i morti che puzzano. Brontolateci un requiem, ma senza tanti disco rsi e senza tanti articoli come l'ultimo di fondo del Pemiero R omagnolo. N el quale si contengono aff ermazioni peregrine che val la pena di ribattere. Dopo aver ben messo in chiaro -anche sulla sco rta di opinioni di social_isti - la crisi del Partito Socialista, l'autore dichiara che «il socialismo è apparso nel paese nostro come un oggetto d'importazione, come una pianta esot ica trapiantata arti.6cialmente su di un terreno inadatto». fermi amoci un poco. Anzitutto vorremmo sapere in qual fortunato paese:: c't: la « flora » socialista - in secondo luogo desidereremmo conoscere le ragioni per cui la pianta socialista n'on p oteva allignare in ]talia. Pianta esotica in Italia il socialismo dopo gÌi scritti di Carlo Pisacane, di Giuseppe Feccari, e in parte di Giuseppe Mazzini? Anche in Russia « la n azfone si dibatte fra li; strettoie di vasti e complessi problemi politici e fiscali », eppure i socialisti ci sono, organizzano gli operai, combattono in ogni campo l'autocrazia. E in Russia non e siste un p artito repubblicano.

Dov'è mai il fortunato paese dove il socialismo non è una p iaotà esotica ?

Che il suolo italiano fosse adatto a ricevere la seminagione socia.lista lo prova la storia dell'Internazionale, alla quale, ed è sintomatico, adetl gran parte di coloro che avevano combattutto le battaglie della rivoluzione nazionale. Si sentiva insomma a1l'indomani di Porta Pia, che .risolta la questione politica, c'era la questione sociale. le classi non avevano ancora profili ben determinati né chiara la coscienza dei loro interessi morali e materiali, ma la società anche allora era divisa in due grandi classi : quella dei ricchi e quella dei poveri. (Si noti che non diciamo capitalisti e proletari, parole che hanno assunto oggi altro ·preciso signi.6cato). Se il terreno fosse stato inadatto non si spieghereb~ro

di Andrea Costa, di Malatesta.

L'autore prosegue accusando i socialisti di a~er trasrurato il pro· blema politico e morale, di aver coltivato l'utilitarismo, il materialismo delle masse: il ventre e la. _pentola, ecco le conclusioni ultime, ecco la .filosofia del socialismo italiano !

Queste sonò frasi _rettoriche d'infima lega. Il problema politico fu trascurato dagli stessi repubblicani. Parte di costoro passarono nelle file · della monarchia, gli altri, salvo pochissimi, l'hanno accettata entrando in Parlamento, battagliando attorno ai progetti legislativi, conquistando coi bJocchi e senza i comuni, le :provincie, chiedendo riforme e votando quelle richieste dai socialisti, accettando decorazioni sabaude come l'onorevole Auteri-Berretta, chiedendo corazzate per le feste del Santo Patrono come l'on Pansini, o sollecitando cÒme l'on Mirabelli dal « Caro (a. !issano » le baionette salvatrici della mezzadria. Pur ieri, l'o n, Comandini brindava alla salute del ministro del re!

Non i socialisti soli fanno la p ropaganda utiliiaristic~. ma g li stessi repubblicani quando par lano alle folle p referiscono tocca re gli i nte ressi p iuttosto che i sentimenti. Invece di tessere l"elogio della repubblica come repubblica, promettono una repubblica con sgravi di tasse e di spese militari, neutralità del governo nei conflitti fra capitale e lavoro, denaro alJe coop erative, legislazione sociale per gli operai; in una parola « il buon governo».

Chi accusa i socialisti di basso utilitarismo dimostra di non conoscere la storia anche la più recente, G li interess i spirituali e morali del proletario ci stanno a cuore come i suoi interessi mate riali e noi siamo i primi a. r iconoscere che l'uomo non vive di solo pane. Nei movimento socialista, nelle plag he dove questo f erve più v ivo, l'elevazione economica è a ndata di pari passo colla redenzione spirituale. Meno delitti, meno alcoolismo, accresciuto sen so di dignità e responsabilità morale: questi sono i risultati della propaganda socialista, riconosciuti dagli stessi conservatori. Quale magnifica smentita a coloro che parlano di basso materialismo 5ocialista vien data dal pove ro emigrante di certevallate novaresi che tornato d:tll'estero invece di consumare il peculio · nelle bettole, costruisce per suo conto le scuole, paga per 5uo conto i maestri, v uole, dopo al pane per se e pei suoi figli, un po' di alfabeto redentore. Se oggi gli emigranti italiani non sono più i cavalier i del colteJlo, i cinesi d 'Europa o [i] krumiri professionali, lo si deve .in gnn parte alla propaganda ostinata dei socia listi. Non bisogna dimenticare - a propasito della bassa materialità dei socialisti - che le grandi c:ampagne g iornalistiche dirette a purificare il nostro ambiente politico 'e morale furono iniziate dai socialisti. Ricordiamo l 'inchiesta Saredo

( ' 270 OPERA OMNIA Dl BENITO M USSOLINI ' provocata dalla Propaganda, Je campagne dell'AvanJi! contrO le camorre del ministero dell' istruzione (Nasi). E in quello della ma.rina (Bett?lo).

A quest'opera di puriEca2ione concorsero, è vero, anche i repubblicani e l'on. Comandini figurò tra i difensori di Ferri, ma l'iniziativa p artl dai socialisti ch e oggi vengono accusati di accecare e atrofizzare le coscienze coll'utilitarismo e col materialismo. '

Rkonosciamo che in questi ultimi tempi il Partito Socialista ha compiuto opera piuttosto democratica, riconosciamo e con dolore che dalla predicazione socia(ista va sempre più esulando quell'elemento av~ vcnirista che solo può scaldare gli animi ed elevarli, ma ·bisogna ag· giungere, per non cadere nelle generalizzazioni esagerate del Pen1iero Romagnolo , che oggi nel Partito Socialista c'è un altro partito, il radico-socialista , che non ha ancora il coraggio di scin dersi per vivere di ·vita autonoma, come nel Partito Repubblicano c'è u n'ala temperata, ben lontana dagli infless ibi li esclusivismi an timonarch ici ddla pregiudiziale. Noi socialisti nel senso trad izionale, non in queUo trasform ista, tendiamo appunto a equilibrare gli interessi materiali cogli interessi spi- · r ituali - a migliorare i salari e a redimere i cervelli - a. p reparare l'h omo novur capace di vivere nella società nuova.

Se le persone ragionevoli giudicheranno questa filosofia « una filosofia del ventre e della pentola », noi siamo pronti a recitare l'atto di contrizione e a chiedere l'ammissione nel Circolo Mazzini.

Espieremo colla dura penitenza della chìeu repubbl icana i nostri gravi peccati di socialisti.

Da LA L o1111 di Ciane, N. 46, 19 novembre 19 10, I ( /,, 126)

L'ULTIMA CAPRIOLA

Ecco una grande notizia. Giorgio Sorel, maestro riconosciuto e ve· nerato del sindacalismo franco-napoletano, è passato definitivamente nelle schiere dei monarchici francesi che sognano uria «restaurazione». Già da tempo Giorgio Sorel diceva « i miei amici realisti»; già da tempo, il teo rico del sindacalismo, flirta va coi rappresentanti delle forze più reazionarie del passato. Basta aver letto i suoi articoli pubblicati sul R e1to del Carlino. Basta ricordare Jc sue ultime manifestazioni, All'indomani dell'assassinio di Ferrer accanto alle voci oscene dei gesuiti che non sapevano ancor perdonare e non volevano abbandonare il cadavere e :;u di esso continuavano la loro speculazione diffamatoria, ecco Giorgio Sorel, il pacifico pensionato borghesoide decorato della Legion d'Onore, che biasima lo sciopero generale e definisce Ferrer « uno degli ultimi vagabondi della Rinascenza ». Luigi Fabbri non poté· trattenersi dal gridargli: «Canaglia!», e secondo noi con ragione. Dopo pochi mesi leggiamo d i Sorel uno scritto in cui si apologizzava il pa· triottismo cattolico di Giovanna d'Arco, di recente bea tifica ta. Poi seguono gli articoli sul giornale dei preti bolognesi, articoli in cui si fa l'apologia della pena di morte, si rimpiange l'abolizione della tortura flagellatrice, si esalta il concetto di patria e quello di religione. Escono le sue Confetsioni. Nel!e poche paginette c'è un periodo c:he riv ela di qual pasta intima sia formato questo teorico deUo sciopero generale rivolu'zionario. Un gesuita perfetto e perfezionato. &rive:

« Secondo una leggenda molto diffusa Gallifet sarebbe stato uoo dei più feroci massacratori dei Comuna1d i »

Capite? Le stragi storicamente documentate compiute dalla iena di Versaglia diventaò.o «leggende>> molto diffuse nelle- quali si può fare a meno di credere.

Oggi Sorel compie la più funambolesca delle sue ca.priole: La. sua attività intellettuale in questi ultimi tempi non è stata che un attacco continuo e violento contro la democra2:ia, la repubblica, il socialismo. Quest'uomo ·ha la nostalgia dell'anri~n régime.

E vi ritorna insieme cogli « strilloni del re». Per noi nessuna· meraviglia. Conosciamo Giorgio Sorel da un pezzo. Non abbiamo mai creduto nel rivoluzionarismo di questo pensionato frugatorc di biblioteche. Il suo sindacalismo non crà che un movimento di reazione. Era una maschera.

Oggi è caduta. Ci guadagna la sincerità.

D a 1A Ùlta Jj Clau~, N. 47, 26 novembre J910, I (d, 263-264).

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