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La vita e i tempi di Piero Pieri
from PIERO PIERI
L'evoluzione storiografica di Pieri non può che essere compresa alla luce della sua es peri enza pers ona le. La vita dello stu dio so si accavalla per ottantasei anni che vanno dalrltalia liberale fino agli anni Settanta. attraverso le grandi cesure storiche della Grande guerra. del fascismo, della seconda guerra mondial e e dell ' Italia repubblicana. Un percorso complesso che lo portò in contatto con le realtà più diverse della penisola. da P isa a Torino. passando per Napoli e Messina. Ciascuno di questi eventi esercitò una profonda influenza sullo sviluppo intellettuale di Pieri. portandolo a conoscere alcuni dei maggiori intellettuali del suo tempo. co me Benedetto Croce. che contribuirono a delinearne le caratteristic he di st0riografo. Il filo rosso che però unisce tutta questa espe r ienza di vita con lo studio della storia è il suo legame personale e intellettual e con Gaetano Salvemini e i valori dell "intcrventismo democratico.
Gui dato da questi principi politici e metodologici e dalla pas sione per la storia militare, Pieri avrebbe tracciato il suo per corso di storico del Rinascim e nto, poi della Gra nd e guerra, infine del Ri so rgimento e della Resi stenza . In ciascuna cli queste fasi, Pieri pur mantenendo integro il suo patriottismo, avrebbe di volta in volta sviluppato un merodo intellettualmente e filologicamente critico degli eventi che stud iava, imponendosi come il primo storico a stud iare scientificamente la guerra in Italia.
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Pieri nacque il 20 agosto 1893 a Sondrio dal padre Silvio (18561936) e dalla madre Enrica Montanari. La sua famiglia era di origini toscane e soprattutto ben inserita nel mondo accademico: il padre. dopo aver insegnato nei licei, si affermò come glottologo di fama nazion ale, insegnando nell e Università di Catania e Napoli; lo zio, Mario Pieri (1860-1913). fu tra i matematici p iù inf1uent i del periodo 1 • La vocazione accademica perciò costituiva un·abitudine di famiglia. dato che. come in seguito avrebbe sottolineato Pieri stesso, «so no professore univers itario. figlio, nipote, genero e cognato di professor i universitari»2 •
Questo ethos familiare esercitò una profonda inf1ucnza su Pieri . il qua le scrivendo a Benedetto Croce nel 1946, s i definiva come «uno studioso, un modesto studioso, e null'altro, ma tengo molto come ci teneva mio padre, a ll a dignità di ta le qualifica»3 • Pieri frequentò le scuole medie inferiori a Bergamo e il liceo-ginnasio al «Tiziano» di Belluno con ottimi risultati: la sua media sfio rava i 9/104. Nel 1912, ebbe una brevissima esperienza (1 -5 settembre) all'Accademia Militare di Modena, dalla quale decise di ritirarsi. Stando alla testimonianza degli ered i, l'abbandono veniva ricordato ironicamente da Pieri, il quale era solito affermare che «dopo due giorni che han cercato di insegnarmi come si consegna un plico a un superiore, ho capito che non faceva per me», ritenendo che l'ambiente fosse eccessivamente rigido5. In realtà, come avrebbe confessato a Gaetano Salvemini nel 1951, il tentativo fu mosso da una precoce fascinazione per il mondo militare che avrebbe conservato per tutta la vita:
Da picco lo dicevo sempre di voler fare la carriera militare; ma data la mia mediocre attitudine alle matematiche, dovetti andare a Modena e di là venni via, nel 1912, dopo cinque giorni di permanenza fra quella gente. Ma l'attitudine orig inale mi è in fondo rimasta, per mia sventura6
Dopo questa esperienza, Pieri fu ammesso alla Scuola Normale d i Pisa, frequentando parallelamente la locale Università, dove stud iò Lettere. L'università fu fondamentale sotto molti punti di vista per la sua formazione e, assieme al la prima guerra mondiale, probabilmente costituì il primo p ilastro fondamentale della sua esperienza. Innanzitutto, dal punto di vista personale, alla Normale, Pieri conobbe Enea Bortolotti, di cui dopo la guerra cominciò a frequentare la famiglia nelle vacanze estive 7 e che sarebbe diventato suo cognato nel 1924, quando avrebbe sposato la sorella Maria Isotta, da cui sarebbero nati i due figli Ernesto e Silvio, rispettivamente nel 1926 e nel 1929. Nell'ambito accademico, la Normale fu l'esperienza fondante della sua vita di studioso. Tuttavia, dell'ambiente accademico pisano, Pieri conservò ricordi contrastanti . Ne! 1929, a Giovanni Gentile, allora regio commissario dell'istituto, scriveva:
Illustre senatore, permetta che come vecchio normalista plauda al suo articolo sulla Scuola Normale di Pisa. apparso sul Corriere deJla sera d'oggi. Io ho sempre cercato di far propaganda per la mia vecchia gloriosa scuola, alla quale mi onoro d ' aver appartenuto. E anche come normalista sono stato t ic-
La vita e i tempi di Piero Pieri to quest'anno dell'onore del premio ministeriale dei lincei per le scienze storiche, che mi è stato conferito. Voglio gradire i miei ossequi più deferenti e rispettosi mi creda
Piero Pieri
Savignana (Pistoia) 17 luglio 1929, VTI 8
Molti anni dopo invece, scrivendo a Guido Quazza, in procinto di trasferirsi alla Nonnale per insegnare, ricordò:
Ebbi maestri il SaJvemini, Giotto Dainelli, il Flamini. L'ambiente era allora un po' chiuso, alla Scuola Normale: bravi o bravissimi giovani, ma spesso molto presuntuosi o saccenti e maldicenti, vita un po' chiusa e pettegola. Ma poi l'ambiente si venne migliorando, e credo che ora sia molto cambiato ... 9 •
L'essere allievo di Salvemini e quindi il conseguente apprendimento della metodologia della scuola economico-giuridica, come vedremo, assieme all'influenza politica del maestro, sostenitore dell'interventismo democratico, ebbero un'influenza fondamentale sul lavoro di Pieri. Si trattò di un legame duraturo, che tornò a rivendicare più volte nel corso della sua vita:
Io ero interventista a combattere negli alpini nel '15-'17 (e poi in prigione) in senso mazziniano e bisso latiano; che tracollo delle nostre speranze! Pure io credo mazzinianamcntc nel progresso, anche se esso richiede fasi di arresto o momenti addirittura negativi. E anche le democrazie hanno avuto gravi colpe; hanno tradito i propri postulati nel 1919! 10
Gli studi di Pieri furono interrotti dall'entrata in guerra dell ' Italia (24 maggio 1915). Come in seguito confennò a Rochat , sarebbe partito volontario per il fronte, ma fu chiamato alle armi per obbligo di leva con la sua classe11 Solo al ritorno in Italia, mentre era ancora mobilitato, Pi eri conseguì la laurea in Lettere, 1'11 luglio 1919, e l' abilitazione con lode all'insegnamento nelle scuole secondarie, 1'8 luglio 192012 • Alla guerra, secondo la testimonianza del nipote, Pieri «c'è stato con il massimo entusiasmo, era qualcosa che non si poteva mettere in discussione minimamente»1\ Nel biennio 1915-1916, servì come tenente di complemento al comando di un plotone della 77• compagnia del battaglione «Belluno» del 7° reggimento alpini, schierato nel settore delle Dolomiti, in pani colare nella zona de l massiccio delle Tofane , un setto - re dalla morfologia molto complicata per le operazioni militari, essendo le vette autentiche piramidi di roccia, fortificate dagli austro-ungarici e in cui le operazioni furono caratterizzate dall'impiego di mine. Fu una guerra difficile. Le temperature invernali scendevano fino parecchi gradi sotto lo zero, il terreno era gelido e a questo si sovrapposero i problemi più generali della guerra italiana, come il duro trattamento imposto ai soldati dagli ufficiali in servizio attivo, che gli ufficiali di complemento cercarono di mitigare14
L'unità di Pieri fu impegnata per espugnare la fortificazione del Castelletto (2.640 metri) nel massiccio delle Tofane. 1'11 luglio 1916, la 77• assaltò la posizione nemica, Pieri tentò di raggiungere alcune rocce in posizione dominante rispetto agli asburgici. per poi aprire il fuoco dall'alto sul nemico. Tuttavia, nel corso dell'azione fu gravemente ferito a un ginocchio e dovette ritirarsi. Ne l ridi scendere sulle posizioni di partenza, portò in salvo anche un compagno ferito e l'azione gli valse una prima medaglia di bronzo al va lore militare. Due giorn i dopo il Caste ll etto cadde15
L'esperienza di guerra sulle Dolomiti segnò un passo fondamentale nella formazione e nella costruzione dei legami p ersonali dello studioso, il quale si mantenne in contatto con i suoi ex-commilitoni per tutta la vita . Tra questi, il più importante fu Celso Trevisan (18931992), con il quale Pieri continuò a scambiarsi a lungo lettere con un'esaltazione reciproca del valore degli alpini che avevano combattuto in Trentino:
Caro Piero, ti confesso che ogni vo l ta che ritorno fra quelle nostre immutabili montagne, in momenti di raccog li mento mi pare che la Tofana, il Castellanetto, il Lagazia, che hanno chiuso nel forziere delle loro rocce le pagine che raccontavano le gesta dei nostri a lpini, aprano gelosamente quel ... forziere ... solo alla presenza di noi superstiti ... onde possiamo leggere appieno e trepidanti. con ravvivata rimembranza. quelle pagine meravigliose! l l E vedendomi, è una meravigliosa sorpresa trovarmi fra quei monti, di essere quello di allora, a toccare quelle stesse rocce 16 !
Dopo la guerra. l'esperienza fu raccontata nel saggio La nostra guerra nelle Tofane, inizialmente pubblicato come m emoria nell'«Archivio Storico per l'Adige» e in seguito riedita, nel 1930 e poi nel 1932, integrandola con le pubblicazioni di ufficiali austriaci e tedeschi che avevano combattuto in quel settore del fronte n .
La sua vo lo ntà di partecipare alla guerra era così forte che nel dopoguerra confessò: ((io non sono intrigante: seppi solo intrigare nel 1916-
17 per tornare al fronte dopo dichiarato inabile permanentemente alle fatiche della guerra!»18 Nel 1917 Fieri fu promosso capitano e posto al comando della 638• compagnia mitragliatrici, con la quale si trovava nel settore del Monte Nero al momento della Battaglia di Caporetto (24 ottobre - 12 novembre 1917). In quelle tragiche giornate, Pieri si distinse assumendo il comando diretto di una sezione della sua compagnia, piazzandosi in campo aperto per battere le forze austriache avanzanti e respingendo tre assalti nemici, probabilmente della 55 • divisione di fanteria austriaca, un ' unità d'élite delle truppe di montagna austroungariche, prima di ritirarsi seguendo gli ordini superiori 19 L'azione gli valse il conferimento di una seconda medaglia al valore militare, questa d'argento perché:
In un momento culminante dell'azione, offertosi volontariamente per comandare una sezione della sua compagnia di mitragliatrici, sceg li eva con fe lice intuito e se reno sprezzo del pericolo una buona postazione. completamente allo scoperto, dalla quale batteva con tale efficacia il nemico, da costringerl o per ben tre volte a ripiegare in disordine. Manteneva poi la posizione , malgrado fosse stata individuata dall'avversario, ed egli stesso fosse rimasto ferito , e non la sgombrava che il mattino successivo, in seguito all"ordine di ripiegamento. Vrsic-Kracy (Monte Nero) 24 ottobre 191720
La sua unità però fu catturata e Fieri fu avviato al campo di prigionia di Sigmundsherberg. Dei tragici mesi della prigionia, lasciò un vivido racconto in un opuscolo s critto nel 1919 e pubblicato nel 1924 dal titolo Un episodio d·i prigionia, La morte del Capitano Enea Guarnieri, Medaglia d 'oro Alpina. In queste pagine Fieri ripercorse i mesi della prigionia nel campo di Aschach, dove , s pinto dal «miraggio della libe1tà, amata per istinto e per educazione fin dalla puerizia», assieme ai suoi co mpagni cercò di programmare la fuga verso la Svizzera21
Nel marzo 1918 , Pieri giunse ad Aschach. nei dintorni di Linz, do ve la Confederazione elvetica sembrava abbastanza vicina da consentire una fuga. Assieme ad un ventina di ufliciali , quasi tutti appartenenti agli alpini, utili·zzando anche l'esperienza della guerra di mine, collaborò alla cos truzione di una galleria per fuggire dal campo. II gruppo, conosciuto come la «c omitiva dei cannibali», pare a caus a deJl' eccess ivo appetito di alcuni suoi membri, scavò ininterrottamente per mesi sotto la direzione del Capitano Enea Guarnieri, eludendo la sorveglianza austriaca. Purtroppo , il 25 giugno 1918, dopo aver quasi raggiunto la lunghezza necessaria per la fuga, il tunnel franò addosso al Guarnieri che rimase intrappolato, costringendo i prigionieri a chiedere l'aiuto delle guardie. Gli scavi proce- dettero lentamente e una nuova frana investì lo sventurato capitano, uccidendolo prima che potesse essere raggiunto dai soccorsi 22
Pieri che considerava il Guamieri un eroe di guerra a cui «era mancato nella carriera militare il meritato serto d'alloro», gli dedicò quelle pagine, nella speranza:
Che alla memoria del valoroso Capitano sia resa compiuta giustizia, e che anche in Italia si mostri di apprezzare nella sua interezza e d'additare all'ammirazione qualsiasi forma di virtù e si renda il dovuto omaggio a chi combatté da prode per tre anni continui, ed anche nella fortuna avversa mantenne fede immutata(...] anelando nuove pugne e sospirando la Patria lontana 23 !
Dopo la tentata fuga, come misura punitiva, Pieri fu trasferito nel campo di Komarom in Ungheria, per poi essere liberato, come gli altri prigionieri di guerra italiani, con l'armistizio nel novembre 1918.
L'esperienza della guerra fu fondamentale perché Pieri maturasse un forte senso critico nei confronti degli ufficiali d i carriera dell'esercito italiano. Stando alla testimonianza dei familiari, a livello intimo espresse spesso la scarsa stima intellettuale che nutriva per il militare di carriera medio, amando citare la massima di Giulio Douhet, secondo cui «la legge dell'incretinimento è proporzionale al quadrato dell'età e al cubo del grado»24 • Un approccio critico che sarebbe riapparso periodicamente, sia nei riguardi degli anni del fascismo sia di quelli della Repubblica, come conferma questa lettera, scritta a Salvemini nel 1951, riguardo i problemi della difesa atlantica e il ruolo dell'Italia:
Per la quistione militare, la «Gazzetta del Popolo» per mezzo del Gen . Faldella, uno dei meno inintelligenti, ha sostenuto giustamente il principio che sareb be meglio avere una divisione a modo , che dieci scadenti; e la stessa cosa ha affem,ato il direttore Massimo Caputo. Fin qui tutto bene; ma ora il Faldella e il Caputo si mettono a sostenere che l'esercito di qualità dev'essere formato di professionisti, con ufficial i di carriera, il più possibile! Proprio quando l 'esercito presenta per quattro quinti problemi che si risolvono nella vita civile, e di fronte ai quali i militari di carriera non sono che degli incompetenti, propri o allora si vuole l'esercito di professionisti! Oggi occorrono meccanici, telefonisti, radiotelegrafisti, automobilisti, specialisti tutti che l'esercito deve prendere dalla vita civile! Davvero l'impudenza dei militari di professione passa ogni limite! Quando a Messina, nel 1937, ebbi quindici giorni di richiamo per la promozione a maggiore di complemento, trovai un capitano di carriera d'artiglieria, proveniente dalla bassa forza, il quale d ichiarò candida- mente di conoscere solo nei dettagli, i pezzi d'artiglieria divisione da 75 mm!! Questa la cultura professionale dei nostri ufficiali di carriera, che ancora si vorrebbero moltiplicare25 !
È quindi nella Grande guerra, fusione dei valori dell'interventismo democratico con la dura esperienza di ufficiale di complemento, che va rintracciata quella combinazione di «patriottismo intransigente» e forte senso critico, secondo una definizione di Rochat, che avrebbe avuto un ruolo decisivo nello sviluppo storiografico di Pieri2 6 •
Al ritorno in Italia, fece seguito l'immediata ripresa dei contatti con Salvemini e con il filone dell'interventismo democratico. Nel corso del 1919, Pi eri restò mobilitato lavorando assieme ad una compagnia del genio impegnata nei lavori di ricostruzione in Veneto. Ne l frattempo poté approfittare delle leggi speciali che consentivano facilitazioni agli ufficiali-studenti per conseguire la laurea e prepararsi all'insegnamento. Scrivendo a Salvemini nella tarda primavera del 1919 , delineava i suoi progetti per il futuro:
Caro Professore, passai di Firenze il 24 giugno e non ebb i il piacere di trovarla, ma avevo però immaginato che, colla sopravvenuta crisi politica lei sarebbe potuto non essere più a Firenze. In seguito, non potrei precisare quando sarei passato per Firenze, e il 28 sera mi spiacque di non trovarla in casa. 1'11 lu gl io , sa lvo contrordini , avrò la discussione della laurea di guerra, perciò il 10 passerò da Firenze. Ad ogni modo l'avviserò meglio. Io ho la sventura di non avere alla discussione i due professori che meglio mi conoscevano, ossia lei e il Prof. Dainelli, che mi era pure molto benevolo e che attualmente è ammalato grave. Il prof. Rossi per giunta a cagione d'una bizza non troppo degna di professori universitari ha mancato visita e non tornerà più a Pisa. Farò la discussione col Prof. Silva, che finì in conunissione co l Rossi al mio primo esame di marzo, ma che all'infuori di quello non mi conosce affatto. Le sarei molto grato se ella volesse rivo lgergli una buona parola a mio riguardo27 •
Ho parlato con alcuni sUidenti dell ' università di Padova , e ho visto con piacere che la nostra lega è sempre più conosciuta e apprezzata . Vedo poi con piacere il tramonto del mussolinismo, minato sul nascere dal suo pazzesco nazionalismo e da troppi atteggiamenti impulsivi. Il nostro ufficio del Genio (32 mila operai borghesi alle sue dipendenze!) che pareva doveva sciogliersi alla metà del mese, ora sembra debba restare in vista per tempo indefinito
Coi più affettuosi saluti e ringraziamenti anticipati mi creda
Dev. mo, Obbl.mo Piero Pieri 28
L'esperienza del campo di prigionia, dove aveva avuto modo di intervistare numerosi u fficiali catturati dopo la rotta di Caporetto, gli permise d i mettere insieme, alla fine del dicembre 1918, un lu ngo memorandum in cui de lineava quelli che erano a suo giudizio i tratti salie n ti delle cause della sconfitta italiana 29 • Nel periodo seguente, fu su spinta di Salvemin i che Pieri cominciò a sc rivere alcuni articoli, di natura pi ù politica che storica, su lla riv ista «L'Unità» e tra questi proprio uno fu su Caporetto, redatto assieme a Novello Papafava e Pietro S il va, che riprendeva le osservazioni del manoscritto del 1918 . I testi usciti sull'«Unità» furono una vera e propria inchiesta giornalistica, redatta a seguito dei risultati della commissione d'inchiesta sulla battaglia30 Questo momento politico costituì sempre un punto di riferimento per P ieri, che continuò a rivendicarlo come un passaggio fondamentale della sua vita anche nel secondo dopoguerra:
Fui perciò accanto a Sa lvemini i n momenti importanti del nostro intervento e de l dopoguerra e appartenni a quel la corrente i nterventista, poco numerosa invero e che ebbe anche pochissimo seguito. nota come col nome di corrente interventista bissolatiana e salveminiana; b issolatiana in quanto come uomo politico era assai più noto a l gran pubbl ico; ma quanto ai principi dottrinali, e specialmente nella questione adriatica, soprattutto sa lveminiana'll .
Nel 1920, dopo aver avute l'abilitazione a ll 'insegnamento, pubblicò negli Annali della Normale la sua tesi di laurea e primo lavoro storiografico, La Restaurazione in Toscana (1814-1821), segno di un precoce interesse per il Risorgimento32 • Lo stesso anno cominc iò la sua attività di docente nelle scuole secondarie. Da l 28 gennaio al 15 febbraio 1920 fu supplente nella scuola tecnica femminile «Mazzanti» e da l 16 febbraio al 30 settembre 1920 nella «Da Verrazzano», entrambe a Firenze . Dal 1 ° ottobre 1920 fu docente straordinario in seguito a concorso nella R. Scuola Tecnica di Siena e in missione a Firenze presso la scuola tecnica «A lberti» nel!' anno scolastico 1920-1921 e nuovamente presso la scuo la «Da Verrazzano» per il 1921 -1922 . Dal 1° ottobre 1922 fu strao rdina r io p resso il liceo «Archita» di Taranto, dove rimase una so la settimana in serviz io 33 Subito dopo, fu comandato presso la scuola militare d ella «Nunziatella» di Napoli fino al 30 settembre 1924 . Dal 1 ° ottobre dello stesso an no fu promosso a docente ordinario di storia e filosofia nei licei classici di grande sede e messo a disposizione del Liceo Artistico di Napoli, dove insegnò storia e sto r ia dell'arte fino al 28 ottobre 1935 3+.
Nei pri mi anni del fascismo (1922 -1925) , P ieri mantenne pubblicamente le sue relazioni con l'ambiente salve m inian iano, pagando il progressivo isolamento dell 'elemento democratico radica le italiano e venendo attaccato per questo anche dai suoi corrispondenti , come iJ preside dell'Istituto magistrale di Napoli:
Egregio professore, [.. .1Il suo articolo lo ho letto con interesse, se anche non con piacere. Esso è frutto , come lei stesso me lo dice, di quella speciale ideologia umanitario-d emocratica, che tanto male ci fece. La Dalmazia è terra d'Italia, per ragioni sto riche , culturali, geografiche, economiche e militari ; e tale sarà ne l futuro, che io mi augu ro prossimo [. . .]3 5 •
Le vicende personali di Salvemini ebbero riflesso anche su Pieri. L'assass inio di Matteotti (1 O giugno 1924), la secessione dell'Aventino e l'assunzione da parte di Mussolini delle responsabilità politiche dell'accad uto, che avrebbe portato alla costruzione della dittatura aperta nei due anni successivi , condussero Salvemini all'esilio. Infatti , lo storico pugliese, dopo aver aspramente criticato l'operato del governo fascista, fu costretto a proseguire le proprie pubblicazion i su un foglio clandesti no, intitolato «Non Mollare», il primo giornale antifascista, a cui partec iparono alcune figur e chiave del panorama culturale italiano: o ltre a Salvemin i , Ernesto Ross i, Pi ero Calamandrei e i fratelli Rosselli 36 .
1'8 giugno 1925 , SaJvemini fu arrestato, suscitando un 'o ndata di proteste nella stampa internazional e e una campagna di solidarietà da parte di vari quotid iani e period ici italiani, nonché un appello di solidarietà che fu firmato anche da Pieri 3 7 • Successivamente, SaJvemini approfittò di un'amnistia per fuggire in Francia, per passare poi in Gran Bretagna e negli Stati Uniti, dove s arebbe rimasto fino a] secondo dopoguerra, mentre l'Università di Firenze lo privava degli incarichi di docente38 . La fuga di Salvemini fu certamente un duro colpo per Pieri , che s i trovò privato dell 'accesso diretto al suo principale punto di riferimento politico e culturale, proprio nel momento in cui si affacciava alla vita accademica .
L'uscita di scena {temporanea) di Salvemini sp ostò in un certo senso l'asse intellettuale di Pieri vers o altre importanti figure liberali del panorama culturale italiano : Giustino Fortunato, Benedetto Croce e Adolfo Omodeo. D ' altra parte Pieri in quegli anni risiedeva a Napoli, dove era difficile sottrarsi all'egemonia della scuola crociana e all'influenza del grande studioso.
Con Fortunato, Pieri entrò in una certa confid enza , sentendosi, come disse a Salvemini nel dopoguerra «onorato della sua b ella amicizia»3 9 e, secondo Rochat , Fortunato influenzò gli studi cli storia locale dello storico militare pubblicati negli anni napoletani e messinesi 40 • Dal tono delle lettere, è comunque deducibile un rapporto abbastanza personale oltre che professionale:
Di casa, 23 novembre 1924, Carissimo amico, se sapesse quel che m'è occorso per venire a riavere una copia del mio Riccardo! Ma ci sono riuscito , e ne ho vivissimo piacere. Gliela mando di tutto cuor mio , pregandola di leggerla in un'ora del tutto libera. Indovinerà facilmente = pagina per pagina, direi parola per parola = tutto il pensier mio sulla region e natia mia selvaggia. La carta non ha rossori, e, quindi mi è facile confessarle, che è la cosa meno scemp ia che io ho scritto . E voglia serbarla per mio ricordo,
Giustino Fortunatot1
Omodeo invece fu una figura fondamentale per Pieri, con cui stabilì un important e rapporto intell ettuale che in un certo senso surrogò alla temporanea perdita dei contatti con Salvemini. Quando Omodeo scomparve nel 1946, fu Pieri a scriverne un commosso necrologio sulla «Nuova Rivista Storica», dal quale è intuibil e quanto il suo lavoro influenzò la visione di Pieri del Ri sorgimento, considerato da Omodeo:
[... ) espressione d'un fenomeno europeo, quale anzi la più alta e nobile sua manifestazione, sotto certi aspetti . E ne indagò per ptima cosa il lato più altamente spirituale, attraverso la figura di Giuseppe Mazzini. Ma la sua concezione dialettica della storia e del progresso umano non poteva non portarlo a studiare anche J"altra corrente , quella moderata, rappresentata, soprattutto dal conte di Cavour, e a vedere nel loro intimo la discorde concord ia dei due movimenti: l'eroica e a volte tragica fatica dei due grandi fattori del Ri sorgimento trovava in lui il più alto indagatore e profondo e ricostmttore42 •
In queste parole, traspare quella visione di un Risorgimento duale, diviso tra insurrezione e guerra regia, che come vedremo costituì il cuore dell'interpretazione di Pieri di tale fenomeno. Tuttavia, oltre all'influenza degli studi sul Risorgimento, va ricordata anche l' amicizia con Omodeo. Intellettuale di matrice liberale, Omodeo era vicino alle idee e agli ambienti , a cominciare dal Partito d ' Azione, in cui ,Pieri si sarebbe inserito soprattutto dopo il s uo arrivo a To rino. Quanto significativa fosse questa figura per Io storico militare , lo rende bene la sua ricezio- ne del volume di scritti di Omodeo curato da Alessandro Galante Garrone per l'editore Einaudi e uscito nel 196043 Una copia del vo lume fu fatta recapitare personalmente dal curatore a Fieri, che lo ringraziò co n questa calorosa lettera:
Cariss i mo Amico e collega, grazie, vivissime grazie per avermi fatto avere il libro di Adolfo Omodeo: Libertà e storia! Hai fatto un'opera meritoria: quegli scritti minacciavano ormai di cadere neU'oblio; io stesso ne conoscevo so lo una piccola parte. E invece, per conoscere davvero Omodco nella sua interezza, in nitto il suo valore spirituale, scientifico, politico, non si può astrarre da essi E ancora ci possono insegnare molto, molto. La tua introduzione è eccellente; a te il grande merito d ' aver messo in luce non solo il valore s cientifico, ma tutta l'altezza morale del grande scomparso; d'aver saputo far tuo e rendere mirabilmente quel profondo pathos che formava veramente il substrato anche s i ammiravano tutti gli scritti dcll'Omodeo. Altro che spirito acre e in acid ito!!. . Bellissime le pagine dell'Omodeo sulla razza tedesca, sulla crisi delle forze armate, sulla scuola dei preti e del totalitarismo cattolico , ma dovrei dire che sono ottimi e interessanti quasi tutti gli scritti del volume44 •
Come vedremo, Omodeo avrà anche un certo ruolo nell'incitare Pieri a rivedere e ripubblicare alcuni dei suoi studi, in particolare quello sulla crisi militare del Rinascimento e le recension i relative alla Grande guerra. Meno importante. ma comunque significativa, fu la corrispondenza in questi anni, soprattutto fino al 1935, con lo storico di origini emiliane Pietro Silva (1887 -195 4). Normalista, laureatosi nel 1911, Silva divenne famoso prevalentemente per i suoi studi sulle relazioni internazionali. Inizialmente vicino alle posizioni dell'antifascismo fu tra i firmatari del Manifesto degli intellettuali antifascisti di Croce, e questo contribu isce a spiegare la simpatia di Pieri r iscontrabile nel carteggio tra i due45 • Tuttavia, con gli anni Trenta, le posizioni del Silva slittarono decisamente verso il regime, come testi moniato dalla progressiva mutazione subita dal suo lavoro più importante, Il Mediterraneo dall'unità di Roma all ' Unità d'Italia, pubblicato nel 1927 e poi aggiornato più volte, con toni sempre più vicini alla propaganda imperialista del fascismo 46 .
L'asservimento del Silva ebbe ripercussioni anche nei rapporti con Fieri. Nel corso di un convegno su l Risorgimento , tenuto a Venezia nel 1936, Fieri pre sentò una relazione su Domenico Piraino, che però risultò sgradita al gerarca Cesare Maria De Vecchi:
Sono li eto che la memoria su l Piraino non ti sia dispiaciuta; essa ebbe !"onore al congresso di Venezia del 1936 d"una villana e violenta interruzione del quadrupede della rivolu1ione. come Cesare Maria De Vecchi di Val Cismon, colla scusa che passava i quind ici minuti; in realtà il gerarca era irritatiss imo del contenuto! Dissi un'ora dopo a l Silva. c h e difendeva De Vecchi ~Ma insomma. si deve solo venire qui a incensare i gerarchi'? ,. e il Silva tacquei~ !
Difficil e pensare che Pieri non condividesse il giudizio di Salvemini, scritto in una delle lettere ricevuLe nel secondo dopoguerra dal maestro, secondo il quale era stato per lui un immenso dolore vedere che sto rici come il Silva «s i la sciavano trascinare dall"ondata univ ersa le di servilità e follia,. ~ .
Più problematico e distaccato fu il rapporto con Croce, anche a causa del ruolo di maestro e in un certo se nso di «grande vecchio» dell'accademia italiana, rivestito da quest'u ltimo. Inoltre. sebbene ne avesse stima . Pi e ri riteneva il giudizio di Croce sulla s toriografia contemporanea «un po' fegatoso e poco sereno », persino nei confronti d el Vo lp e col quale. come vedremo tra breve, ebbe parecchi contrasti49 . Soprattutto però non ne condivideva le critiche ai danni di Salvemini. che sebbene fuggito all'estero, rimaneva il suo punto di riferimento:
Il Croce era famoso per certi s u oi giudizi dall"alto in basso: io che frequentai molto la sua casa nel periodo 1924-1935 . udì più volte certi giudizi sul Salvcmini storico che mi parver o veramente eccessiv i ed ingiu st i5°.
Attraverso il lavoro e la frequentazione p ersona le, Pieri riuscì co munque ad accattiva rsi le simpatie di Croce, scambiando materiali di studio e riflessioni co n il celebre filosofo per tutto il p er iodo del fascismo:
Illustre Senatore,
Le so no oltremodo obbligato del don o della preziosa primizia dell'introduzione alla Storia d'Europa nel secolo XIX. L'ho letta d"un fiato e poi riletta e riletta ancora. mi sembra una delle sue cose più perfeue. Soprattutto mi sembra che meglio d'ogni a ltro Su o lavoro in carni quel tipo di nuova storiografia che pone l'attività dello spi rito al centro della sto ria politica: e come modello di siffatta storiografia potrà esercitare un'influenza grande sui nostri studi storici. Ma certo è una storia molto difficile. ben diversa dalla meccanica filologica e diplomatistica, ben lontana dal comodo affastellamento di schede!. ..
La vita e i tempi di P iero Pi eri i\lli duol e so ltanto che il buon Barb a gallo sia fatto rientrare nella categoria degli «intellettuali d eboli ». Malgrado i suo i difetti , è mente aperta a tutte le correnti di pens iero. E attraverso la sua rivista si sono formati e fatti conoscere il Chabod, il Morandi, il Maturi , giovani avanguardie della nuova sto riografia. Ma non vedo il Barbagallo da oltre un mese, e ora è corso a Catania presso il padr e gravemente ammalato. Co munque. credo che il suo nuovo lavoro per l'ampiezza e l'importanza dell ' argom ento e p er l'originalità e la profondità de ll a concC".t.ione uni ta alla perfez ione di metodo, segnerà una data nei nostri studi sto rici , e avr à risonanza anche all'Estero, e grande ... E varrà a tener al ti i nostri stud i s torici , in questo momento d ' impressionante ristagno .
Con i più risp e ttosi e devoti ossequi e co i più vivi rin graziam enti mi cred a .
Dev.mo obbl.mo
N apoli 26-2 -1 931 51
Piero Pi eri
Le parole in qu es ta lettera ci rimandano a due questioni di una ce rta importan za . La prima è l'invio della bozza dei primi capitoli di una storia del secolo XIX, riproduz ione di un discorso che Croce tenne all'Accademia d i Scienze Moral i e Politiche dell ' Accademia R eale di Napoli nel 1931 52 • Tal e introduzione costituì un anticipo dei capito li pubblicati nel volume che sarebbe uscito nel 1932 , come «Storia d'Eu ropa nel Secolo XIX, edito dalla Laterza. Croce la fece leggere a var i studiosi di notevole s p es sore tra i quali Leone Ginzburg, Francesco Ruffini, Gioele Solari e Luigi Albert ini . Il fatto che Pi eri figurasse t ra quelli che a vevano ricevuto in 'anteprima ' questi capitol i è indicativo dell'esistenza di un certo legame intellettuale tra i due 53 • L'altro elemento è la difes a della «N uova Rivista Storica», che entrambi consideravano un importante spaz io di dibattito in un Paese do ve la libertà della s toriografia stava scomparendo:
Mio caro Pi eri, H o piacere c he abbi ate sen tito la mia memoria come stimolante pe r il nuovo avviame nto degli studi storici, certo assai d iffi ci le, come giustamente dite, e che io credo che sarà sempre d ei pochi , ma anche dei migliori, di quelli che daranno l'indirizzo alla cul t ura generale. In veri tà, io non pensavo a l Ba rbagallo nello scrivere le parole a cui voi alludete; ma alla conclusione della Storia d e l Secolo XIX da cui credo d i avere to l to anc he qualch e frase . Riconosco che l'opera del Barbagallo con la sua Nuova Ri vista Storic a è stata ed è giovevo le per la libertà che lascia a.i suoi co ll aboratori. Certo, il direttore è un cervello curioso, e come tale lo conosco già da quando era giovanissimo , e , sarà anche per questa conoscenza di tempi lontani, di oltre trent ' anni fa , jo ho avuto sempre per lu i un ' indulgente s i mpatia. che mi ha fatto accogliere con sorriso anche le sue strane accuse contro di me: come quando sostenne che in me si riproduceva !'«uomo di Guicciardini », intento al suo privato e indifferente a ll a patria e alla politica!
Una stretta di mano da l Vostro
B. Croce54
Si era agli inizi degli anni Trenta e, come parte del processo di espansione totalitaria del regime, ormai imminente con la svolta del decennale, la presa del fascismo sulle istituzioni culturali andò accelerandosi, con una sistematica occupazione degli spazi. Il segno più evidente di questa espansione del regime nella vita accademica fu l'imposizione del giuramento di fedeltà a l regime ai professori universitari (28 agosto 1931), che solo in dodici rifiutarono55
Gli intellettuali fascisti (ricordiamo per brevità figure come Giovanni Gentile e Gioacchino Volpe) ebbero sempre maggiori funzioni pubbliche e controllo sull'attività accademica . La presa sull'università e la vita culturale si traslò anche sugli studi storici. In quegli anni si assistette all'emergere di una nuova generazione di studiosi, specialmente per quanto riguardava la storia moderna e contemporanea, raccolti proprio intorno a Volpe. Dal punto di vista accademico, come storico «ufficiale» del fascismo, Volpe ebbe un peso notevol issimo: professore di Storia moderna all'Università di Roma (1924-1940); direttore della Scuola di Storia Moderna e Contemporanea; direttore della sezione di Storia Medioevale e Moderna dell'Enciclopedia Italiana; segretario generale dell'Accademia d'Italia dal 1929 al 1934 e membro dell ' Accademia dei Lincei. La sua adesione al regime, proseguita fino agli anni della Repubblica sociale italiana, fu dovuta alla convinzione che il fascismo fosse l'ideale proseguimento del percorso stor ico delle forze più vive dell'Italia liberale, innanzitutto del naz ionalismo, associato alla mobilitazione delle masse allo scopo di promuovere l'espansione italiana. Si trattò di una tesi espressa soprattutto nei saggi L'Italia in cammino (1927) e L'Italia Moderna (1943-1952) 56 • Gli studi storici risentirono quindi pesantemente dell'influenza del regime. Una eccezione in questo J)anorama fu proprio la «Nuova Rivista Storica» che restò relativamente aperta al dibattito e non cedette alle spinte nazionaliste-propagandistiche. Fondata nel 1917 da Corrado Barbagallo (che ne mantenne il controllo fino al
1929) e poi diretta da Gino Luzzatto57 , la rivista r iunì alcuni dei maggiori stud iosi del periodo, tra i quali gli stessi Barbagall o e Luzzatto, ma anche Ettore Rota, Enrico Carrara e Giovanni Costa58 • Ricordando la sua posizione riguardo questi anni, Pieri e ra ben consapevole di non essere stato un antifascista pieno, avendo cercato un modus vivendi con il reg ime, come la maggior parte dell'accademia italiana: il 29 ottobre 1932 si iscrisse anche alla sezione del Partito fascista di Napoli5 9 • D'altra parte, la presa del regime su tutte le istituzioni ormai era tale che la tessera era considerata una «patente» per certificare la fedeltà al regime e infatti dagli inizi del 1932 fu dichiarata obbligatoria per l'ammissione ai concorsi pubblici 60 • Nel 1955, conscio di questo adattamento, dovuto anche al fatto che proprio in quegli anni stava tentando i concorsi di accesso all'università, Pieri scriverà al deputato socialista Fernando Schiavetti, suo ex-compagno alla Normale, in merito alla possibile sottoscrizione di un manifesto in difesa del senatore D'Onofrio, oggetto di una campagna stampa denigratoria da parte delle destre . Questo manifesto era stato firmato da intellettuali e deputati azionisti e socialisti come «ex combattenti e antifascisti>>. In quell'occasione Pieri, con grande modestia, si dichiarava perp lesso sulla possibilità di firmarsi come antifascista, ritenendo che la sua opposizione al regime fosse stata troppo blanda per attribuirsi quello che considerava un titolo di merito :
Illustre caro Schiavetti, sono lieto che mi si offra l'occasione di ricollegarmi spiritualmente dopo i lontani anni della Normale di Pisa, coll'antico compagno di scuola. Il Sen. Lussu, della cui amicizia mi onoro, mi ha invitato a firmare la dichiarazione relativa a l Sen. D'Onofrio. Io non ho naturalmente nulla in contrario; una sola cosa mi tratterebbe e ne lascio a te g iudice: si dice «nella nostra qua li tà di cx-combattenti e di vecchi militanti dell'antifascismo».
Ora io posso considerarmi ex-combattente , quale ufficiale degli alpini, ferito e decorato di medaglia d'argento e di bronzo al valore . Come vecchio militante dell'antifascismo la mia opera è invero stata molto modesta, e non tale certo da potermi paragonare a quella di mo lti e molti di voi altri. Io firmai il manifesto di protesta per la commemorazione di Bissolati fatta dal duce, e il manifesto di protesta per l'arresto di Salvemini; per quest'ultimo fui escluso per cinque anni dagli esami di maturità e non ebb i un anno la promozione anticipata per merito distinto; frequentai casa Croce e restai fedele al maestro e andavo a trovarlo quando molti non osavano più farlo; cercai di evitare le vigliaccherie non ne- cessarie e di scrivere da uomo l ibero; nel 1944 mi trovai col partito d'azione insieme coi miei figlioli che seb bene di quindici e diciassette anni si prodigarono. Il 12 febbraio '45 ebbi la casa invasa dal ' Rap ' . [ ...] poi ci portarono in prigione, marito, moglie. figli e cognati, e fwnmo deferiti al tribunale speciale per 'detenzione d ' armi, associazione e p_ropaganda sovversiva' . Fummo liberati dai partigiani il 27 aprile 1945. Questo è tutto. Non so quindi se mi spetti la qualifica che ritengo oltremodo onorifica , di vecchio militante dell'antifascismo. Lascio a te il giudicare. Con Viva co rdi alità e alta stima
Tuo Piero Pieri 6 1
Nel ventennio l'inasprirsi della censura era un problema di cui Pieri era ben consap evol e: oltre ad aver colpito Salvemini, negli anni Venti in vestì altri amici dello storico militare. Nel 1927 ad esempio toccò allo stesso Silva. all'e po ca ancora antifascista , a cui fu impedito di pronunciare il discorso d'apertura dell'anno accademico a lla Facoltà di Magistero di Napoli. Pieri gli espresse la propria solidarietà:
Illustre Professore, oggi soltanto ho potutO sapere che al magistero di Suor Orsola non si è fatta quest'anno l'inauguraz ione ufficiale. Doveva tener Lei il discorso in augu ra le , m a il Direttore generale d c ll 'Istruz . Sup.re fece sapere che il di Lei nome non sarebbe stato il più gradito a l R egime, e perciò la festa è andata in fumo. E allegri pure! ... 62 •
La possibilità di accedere ad uno spazio relativamente libero rese importantissima la «Nuova Rivista Storica» per Pieri, il quale ne ricordò in seguito la funzione di:
(...] sentinella avanzata d'un 'altra ben più gravosa e difficile lotta contro le restrizioni e le storture non disgiunte da vere frequent i intimidazioni, con cui la dittatura opprimeva in misura crescente gli uomini di cu ltura e gli spiriti liberi gelosi della propria dignità 11.1
Approfittando di questo spazio e di altre riviste, negli anni 1923 e 1931, coincidenti grosso m o do con la sua maturazione di stori co, Pieri esaminò ben 170 libri in buona parte su temi medioevali, moderni e sette-ottocenteschi 64 • La sua attività di recensore si estese a varie riviste , tra cui «Leonardo», «Il Ponte» e la «Ri vista Storica Italiana>>, ma la «Nuova Rivista Storica>> restò il principale centro della sua attività. ' Emrato come collaboratore grazie a Salvemini nel 1923, sarebbe poi passato
La vita e i tempi di Pi ero Pi eri ne lla redazione nel 1929, gestita, a suo dire, come una «pentarchia»: Barbagallo, Luzzatto, Pieri, Porzio, Rota65 . Tra il 1923 e il 1942 , Pieri scrisse s ull a rivista anche un totale di 27 saggi, ripartiti tematicamente in questo modo :
Tipologia Storia militare Storia Storia moderna del Risorgimento e medioevale
Saggio 10 6 3
Rass eg na di stud i 8
A questi s i aggiunsero 48 recensioni di vario argomento , spazianti attraverso tutti i campi che avrebbero costituito gli ambiti di ricerca di Fieri : storia moderna , Risorgimento e prima guerra mondiale66 • Per Fieri , s crivere sulla rivista significò so prattutto la possibilità di analizz ar e la Grande guerra con un doppio approccio critico e in ternazionale. Ad esempio , diede spazio ai lavori di Roberto Bencivenga, di cui diremo meg lio in seguito. un generale caduto in disgrazia e inviato al confino d urante il ventennio, fortemente critico della condotta della guerra di Ca doma. Oppure, si pensi al massiccio utilizzo di autori stranieri, sop ra ttutto di aerea austro-tedesca , il cui contributo fu utilizzato per «una migliore com prens ione d egli avvenimenti»67 •
In questi anni la s ua attività di studioso si espanse e crebbe anche la s ua importanza nell 'ambito della vita accademica italiana. Oltre che pe r gli s tudi di s toria locale , pure pregevoli per l'uso delle fonti e come ve dremo un ' utile palestra formativa per l e sue opere maggiori , Fieri divenne famoso soprattutto pe r i s uoi lavo ri di storia militare. Ottenne gran de visibilità per le s ue recen s ioni sulla sto ria della guerra in età moderna e sulla Grande guerra, m a la sua importanza subì una svolta con la pubblicazione, n el 1934, d e lla prima edizion e di La crisi militare i taliana nel Rinascimento nelle sue relazioni con la crisi polit-ica ed economica, pre sso l'editore Ricciardi di Napoli 68 Al tempo stesso, fu semp re in questi anni che stabilì una rete di contatti intellettuali con importanti esponen ti de lla storiografia italiana, tra cui Raffaele Morgh en , Raffa e le Ciasca, Plinio Fraccaro, Giovanni Carano Donvito e Ugo Spirito.
Dalla fine d egli anni Venti però un 'altra p erso nalità ese rci tò un'influenza dec is iv a sulla carriera di Pi eri : Gioacchino Volp e . Come abbiamo osse rvato , que st' ul t im o fu il padre di una nuova g en eraz ion e di studiosi, che a part ire dalla prima metà d eg li anni Trenta aiutò progressivame nte a in serirsi nell ' uni vers ità: Chabod a Perugia (1934), Arnaldo
Momigliano a Torino (1936), Carlo Morandi a Pi sa (1936), Cantimori a Urbino (1939), Walter Maturi a Pi sa (1939)69 . L'obiettivo di Pieri era div e ntare docente univers itario. Nonostante gli costasse molta fatica, co ntinuò semp re a mantenere il corso di Storia del XIX seco lo, presso la Facoltà di Lett ere d ell'U ni vers i tà di Napoli, proprio p e r «tenere un piede n e ll ' università>t70 • Da questo punto di vista, la relazi one di Pi e ri con Volpe fu importante nel definire la s ua carriera. Infatti , a partire dal 19 30, a spirò ad una cattedra, sperando in un posto prima a Cagliari (1931), che p e rò non riuscì a d ottenere, sta ndo alla s ua auto-narrazione an ch e per la frequentazione di Croce:
Credo che veramente il gi udi zio del S. fSolmil a Cag li a ri s ia stato modificato. alterato. generalizzato. come awienc in tanti casi. li Tutolo mi domandò se era vero che ero staco chiamato alla sede del Fascio e gravemente rimproverato perch é frequentavo casa Croce. G li risposi che era una notizia senza fondamento: io vedo il Cr., e solo per ragioni di studio, a l massimo una volta ogni sei mesi! ... E nessuno mi ha mai ch iamato al Fascio! Così si spargo no le chiacchiere! [... )71 •
Un secon do t entati vo lo fece a Na poli n el 1932, ma in questo caso, sempre per l'influenza di Volp e, gli fu preferito Ernesto Pontieri (1 8961 98 0). In realtà la commissione di concorso g iudi cò positivamente Fieri , ma affermò anche che lo storico non aveva ancora espr ess o appieno il suo p ote nzial e non esse nd o ancora c ompl eto il vo lum e sul Rinasc imento s u ctù Pi eri stava lavora ndo:
Valoroso ex combattente. È incaricato dal 1929 dell'insegnamento di storia moderna nella Università di apoli . La sua attività scientifica rivela doti di equilibrio, di acume. di sana comprensione dei problemi storici. Uno dei suoi lavori «TI regno di Napoli dal 1799 al 1806,. è molto favorevolmente giud icato per la compiutezza delle ricerche e per serenità di g iu dizio. Al Pieri va data lode di aver stu diato argomenti di storia militare. solitamente trascurata o trattata con semplicismo unilaterale. Egli ha d el fano bellico una larga concezione. come effetto di tutte le condizioni di vita pubblica e privata di un popolo. L'ultimo suo lavoro «La cris i militare del rinascimento• non ancora finito di stampare affronta in tutto il suo complesso il vecchio problema del decadimento italiano all'inizio dell'età moderna. La parte fin qui pub bli cata, pur esse nd o un riassunto di cose note prova la sua capacità di analisi e nella sintesi. Vive d'interesse sono le pagine che il Pieri ha scritto su Caporetto, sull'eroico episodio delle Tofanc e sulla questione maltese, né man ca qualche saggio di storia medioevale: e il suo studio sull'arte della seta in Firenze
La vita e i tempi di Piero Pieri è buon frutto di ricerche sugli statuti e sugli atti della corporazione. La commissione pertanto guarda con simpatia l'atti vità di questo studioso in pieno suo sYiluppo. ed esprime la propria fiducia che egli possa esercita re una duplice azione morale e scientifica quando darà la misura intera del suo promettente lavoro72
Probabilm ente proprio il potenziale che Pieri esprimeva gli permise di ottenere un certo aiut o dal Volpe, il quale nel 1933 lo favori nel premio dell'Accademia d ' Italia e in parte anche quello dell'Accademia dei Lin cei che gli fu conferito per il suo studio sul Regno di Napoli dal 1799 al 180673 r cl 1934, Pieri partecipò al concorso per la cattedra di Storia all'Università di Perugia, che fu vinto da Federico Chabod, futuro prota gonista della storiografia italiana. che si stava facendo rapidamente un nome grazie ai suoi studi s ul ducato di Milano nel Cinquecento. Pi cri nel frattempo aveva completato il suo volume s ul Rinascimento italiano e la commissione, che poi assegnò la cattedra a Chabod, anche se affermò che le ricerche di Pieri mancavano di originalità. dovette prendere atto che ormai lo studioso meritava una cattedra:
Lib ero docente di stor ia moderna. Pregi di questo studioso sono la [illegibile]. coscenziosa ed equilibratà labori osità, l' analisi diligente e minuziosa, l'esposizione lucida e piana. Ma questa attivicà non s'impone sempre per l'originalità di vedute e per novità di risultati.
La commissione peraltro ha con vivo compiacimento notato che la attività scientifica del Pieri è in questi ultimi tempi progredita: e di suoi pregi hanno avuto modo di spiegarsi ancor meglio negli studi sulla crisi militare italiana del Rinascimento. [...1Del fenomeno generale. la seconda parte ha pagine sostanziose e acute specialmente l'esame delle grandi battaglie del secolo XVI. [...]
La commissione esprime l'augurio ch'egli possa da una apposita caltcdra universitaria svolgere la sua attività di docente cultore di storia militare74 •
La commiss ione riconobbe quindi i meriti di Pieri e la «legittimità,, della sua aspirazione alla docenza , anche se poi assegnò il po sto a Chabod. Tuttavia. al di là del merito e dello spessore di questo studioso, superiore a Pieri per innovazione metodologica e storiografica, resta il fatto che comunque la vittoria di Chabod fu vissuta con molta frustrazione dal primo:
«Non si illuda che il Volpe sia entralo in co mmi ssio ne per ripararLe il tono fatto nel 1932 al concorso di Napoli. col metterle avanti il Pon- tieri; il Volpe vorrà unicamente portare lo Chabod. e far affermare la sua nuova scuo la storica!». Così fu purtroppo; doloroso a dirsi, il solo che cercò d i difendermi fu Paolo Orano ! Scrisse a l Volpe dicendogli che gli pareva che io fossi il mig l iore, che avevo produzione vasta e varia, ecc. Il Vo lpe rispose che lu i doveva sostenere la Scuola Storica che si affermava per la prima volta co i suoi allievi nei concorsi universitari, che lo Chabod per lui era pi ù che un figlio lo che il P ie ri sareb be s tato sistemato in una cattedra di Storia mi li tare, la più adatta per lui. Il Rodo lico che era stato messo un po ' in quarantena dai fascisti, e che desiderava rientrare in circo laz ione. e per questo appunto aveva nel concorso di Napoli sostenuto accan itamente il Pontieri per fare cosa gradita a ll 'E rcole .Ministro dell'Istruzione, per la stessa rag ione ora appoggiò lo Chabod, entrando in pieno nelle graz ie del Volpe. Il Pontieri messo in commissione dall'Ercole, e des ideroso, come re latore di mostrare che non avevo ragione la vo l ta precedente d'essere suo competitore, mi fu vigliaccamente ostile. Il Luzio si adattò a mettere Chabod primo e Ni no Cortese secondo, ma po i si batté accanitamente perché al terzo posto fosse messo Nello Quilici, brillante ingegno, ecc . . . e mostrò verso di me un·acrimonia partico lare75 •
Ne l novembre 1935, finalmente, Pi e ri fu chiamato come professore straor dinad o alla Faco l tà d i Magistero di Messina, confermando che la pubblicazione del suo stud i o su l Rinascimento ebbe un a pporto d ecisivo nell'ap rirgli le porte dell'univers ità. L'approdo a Messina rappresentò il punto di arrivo di un'asp iraz ione che ormai perseguiva da lunghissimo tempo L'entusiasmo per la nomina fu ben espresso in una lettera inviata a Omodeo poco dopo la notizia dell'avvenuta nomina:
Illu stre professore, il giorno otto novembre u.s. il Ministro ha final mente firmato il mio decreto di nomina a Messina. La mia magg iore meta è cos ì raggiunta e non mi resta che sollecitare il trasferimento della mia Signora in tale sede. A Lei che sempre mi onorò della sua benevolenza e che in un momento per me assa i doloroso levò alta la sua voce, spontanea e auto revolissima, in difesa dell'opera mia scientifica, vadano i sensi della mia p iù profonda imperitura gratitudine, ben lieto se le circostanze della mia vita mi daranno modo di offrirgliene una più sicura prova. Mi abbia sempre, coi sensi della maggiore deferenza, Suo Dev.mo Obbl.mo
Napo li, 11 novembre 1935 7
Paradossalmente fu con l'ingresso nell'università che i problemi di Pieri con Volpe si acuirono. Si era negli anni della guerra d ' Etiopia e della tensione nel Mediterraneo con la Gran Bretagna e il regime pretese dagli storici un'attiva e stretta adesione agli obiettivi di politica estera del fascismo. In tal senso le istituzioni accademic he, soprattutto la G iunta centrale per gli studi storici e le deputazioni locali di storia patria si adope rarono per contribuire alla legittimazione della politica di potenza del regime, spostando l'interesse della ricerca sulla storia delle relazioni internazionali, del rapporto tra Stato e società civile, oppure sul ruolo storico dell'Italia nel Mare nostrum 77 • Si pensi al riguardo al lavoro di Chabod che, sebbene non fosse un sosten itore entusiasta del regime e in seguito avrebbe pa rtecipato alla Resistenza, con i suoi stud i sullo statonazione e sul ruolo dell'Italia nel Mediterra neo contribuì a irrobustire la legittimazione dei disegni imperial i del fascismo 78 •
La storia militare in Italia soffri va già di un grave ritardo dovuto alla mancanza di «studiosi laici» nelle università , nelle quali, dopo la figura di Erco le Ricotti (1816 -1883)79 , era rimasto solo Io storico navale Camillo Manfroni (1863-1935) 80 • II regime contribuì a questa chiusura, spin gendo sempre più gli studi di storia militare al servizio della costruzione del «mito» dell'italiano guerriero, con un pesante controllo sull'att ività degli studiosi.
Pieri indubbiamente condivideva con il regime , seppure su basi dive rse, il mito patriottico della Grande guerra, ma si fece coinvolgere controvoglia nello slittamento verso la propaganda imposto dal fascismo . Tuttavia, la pressione politica nei confronti dell'accademia era così forte che, come ammise scrivendo a Salvemini, «per un momento dubitai anch'io, nel 1936, dell'intrinseca energia e vitalità del fascismo; e con me alcuni vecchi antifascisti del la casa, a Messina , già duramente perseguitati, e ci domandavamo se non eravamo noi in errore» 81 • Non va dimenticato che quello era l'anno della guerra d'Etiopia e anche alcuni intellettuali polit icamen te più sch ierati di Pieri, come Croce, espressero il loro sostegno all 'i nvasione del Paese africano .
Sempre nel 1936, Pieri perse il padre, il quale invece aveva una fede «c ieca e ingenua» in Musso lini u2 . Neg li anni successivi, tornò al suo modus vivendi col regime e stando alla testimonianza di Rochat, quando fu richiesto ai docenti universitari di partecipare a ll e manifestazioni pubb liche in camic ia nera, Pieri optò per presentarsi con la divisa da ufficiale degli alpini, in modo da evitare contestazioni, un gesto notevole perchè lo esentava dal sa luto fascistan 3 • Inoltre, eg li stesso nella corrispondenza personale di quegli anni, si lamentava delle interruzio- ni alla sua attività di studioso dovute alla attività di propaganda promosse dal regim e :
[...] Non avrei mai creduto , arrivato all ' Università di Messina, di trovarmi così poco libero, fra la scuo la , richieste di Eccellenze, littoriali de ll a cultura, corsi di cultura coloniale ecc. ccc.. E spero di essere sempre libero una buona volta, e sempre sopraggiungono nuove cose: ora un articolo per una miscellanea in onore della medaglia d'oro Luigi Rizzo che fece le scuole medie a Messina. Da tre anni disperdo la mia aròvità per contentare questo e quello e ciò mi distoglie dairini1iativa veramente di un grosso lavoro, per il quale sento l 'energia e la volontà [...184 •
Oltre a questo si aggiungeva il vero e proprio declino della qualità degli studi, causato secondo Pieri dalla deriva propagandistica in corso. Nel dicembre 1936. scrivendo a Omodeo, si scagliava contro Francesco Ercole, ministro dell'educazione nazionale dal 1932 al 1935, poi presidente dell'Istituto Storico Italiano per l'Età Moderna e direttore dell'Archivio Storico di Malta:
Questo illustre uomo continua a far tutto coi piedi. Nel terzo numero detrArclùvio Storico di Malta da lui ora diretto, anno VII. fase. ITI, nuova serie, pp. 280-309 c·è un articolo di un tal Vianello: una relazione inedita di Malta del 1582. ed è pubblicata la relazione inedita. Ebbene. essa e ra già stata pubblicata tre anni prima nello stesso archivio. anno IV, fase. I, pp. 1-51. con una molto migliore introduzione da Pompeo Falcone: una 'Relazione di Malta' sulla fine del cinquecento. Sono cose da far arrossire per il decoro della nostra cultura. E questa rivista dovrebbe rivendicare contro la cultura inglese la civillà italiana di Malta!!! Nell'ultimo fascicolo c'è una mia recensione: la prima e l'ultima, perché l'hanno amputata in modo osceno. E il precedente direttore, Prof. Benvenuto Cellini, ora incaricato d'In glese a Messina, persona seria e valente. è stato mandato via per lasciare il posto a un più illustre e autorevole personaggio!. Lessi con vero dolore la polemica contro di Lei su ll a Rass. Del Ris. Con dolore per le sorti della nostra cultura 80 !
Nonostante questo, come parte del comp romesso col fascismo. Pieri non poté rifiutare la richiesta di Volpe di collaborare ad una collana sugli scrittori militari italiani, redatta sotto la direzione sua e del generale Grazioli, un esponente dell'esercito particolarmente vicino al regime86 •
Nel 1934 scrisse una prima introduzione agli scritti di Amedeo di Savoia. Immediatamente dopo, Volpe e Grazioli gli chiesero di scriverne una per L' arte della guerra del Machiavelli, il tempo che ebbe a disposizione fu giudicato insufficiente, tanto che confessò a Silva che secondo i due committenti «Bisognerebbe essere macchine e non uomini, e lavorare coi piedi!! !»87 • Quando il testo fu pronto, Pi eri si scontrò con Grazioli, probabilmente a causa delle profonde critiche che egli rivolse a Machiavelli, che secondo Pieri aveva tentato di applicare anacronisticamente il modello militare romano al mondo rinascimentale:
(...] E spero del resto che esca finalmente l ' introduzione (non più sulla collana Volpe-Grazioli, morta per fortuna!) alle riflessioni critiche all'arte della guerra del Palmieri . Quella nullità presuntuosa del Grazioli disse al Volpe che io con la mia critica negativa demolivo tutti i nostri scrittori mi l itari, e che ciò non andava fatto, per opportunità politica, quando anche avessi avuto ragione. [ ... ] valorizzare la nostra tradizione non significa elogiare tutto e tutti a qualunque costo e a occhi chiusi 88 !
I dissidi furono così forti che Pieri arrivò al punto di pensare di abb a ndonare la storia militare, come si deduce da questa lettera del 1936 di Corrado Barbagallo, che invece lo esortò a proseguire ne i suoi studi:
Ella mi scrisse dei suoi dissidi col Gen. Grazioli. Dal che Ella aveva tratto la conseguenza di abbandonare temporaneamente la storia economica [corretto in 'militare' da Pieri nell'interlinea].[.. .] Ella oggi è invulnerabile ai colpi di questa opposizione. Perché, dunque , vorrebbe abbandonare la battaglia per la serietà della storiografia militare'? Proprio adesso'?[ .. .] lo la esorto a continuare e a voler vincere89 •
Tali incidenti comunque contribuirono a creare delle difficoltà alla carriera di Pieri, il quale trovava Messina una sede dotata di mezzi troppo limitati per le ricerche che intendeva condurre e come ebbe a dire a Ugo Spirito, avrebbe preferito «e molto risalire al nord, e possibilmente dalla linea Pisa-Firenze in su»90 • Nel 1936, Pieri provò anche a farsi trasferire a Palermo, poi a Milano e nel 1938-1939 a Firenze, ma i suoi tentativi furono bloccati dal De Vecchi (s i ricordi lo scontro al convegno di Venezia) e dal Volpe9 1 • A Messina comunque Pieri si conquistò l'apprezzamento della Facoltà, dove nel dicembre 1936 fu nominato presidente della Facoltà di Magistero e direttore della biblioteca. Nel dicembre 1938, al termine dei tre anni di straordinariato, la facoltà si espresse unanimamente a favore della sua promozione a professore ordinario: n Prof. Piero Pieri. straordinario di storia, durante il triennio dello straordinario ha atteso al suo insegnamento con conostante assiduità. TI tono delle sue lezioni sempre elevato. la serietà e l'importanza degli argomenti tranati, l'originalità di pensiero, la vivacità e chiarezza di esposizione hann o richiamato ogni volta numero so pubblico di studenti cd esrranei92 •
La promozione effettivamente arrivò il 30 marzo del 1939. dopo che una commissione composta da Pietro Fedele, Francesco Ercole e Francesco Cognasso giudicò Pieri idoneo. Tuttavia. lo studioso intese comunque lasciare Messina e dopo l'ultimo tentativo di concorso fallito a Fir enze, Pieri si rivolse a Giovanni Gentile p er ottenere il supporto necessario a lascia re la Sici lia: non so come ringraziarvi delle vostre espressioni benevole e dell'interessamento alla mia quistione, nonché dell'opera pre1.iosa e autorevolissima presso il Grand'Uff. Giustini. TI consenso di così alta personalità mi ha particolarmente sollevato lo sp irito! Purtroppo il Morandi aveva cercato d'assicurarsi il valido sostegno di S.E. Volpe attra\'erso due affermazioni infondate: a) che io sarei in tutti i modi passato a Pisa, o alla cattedra del Ri sorgimento. o meglio ancora, a quella di Storia Moderna: b) che io non ero fra coloro che il Rodolico aveva proposto per la successione . [... J
Eccellenza.
Voglio però sperare che om1ai la pratica non devi dalle lince della giustizia. e che non sia per me che quistione di tempo. lo non ho che la mia operosità scientifica e didattica e la mia onestà: potranno alla fine prevalere?
Del resto il Morandi c;tcsso mi ha scritto in data 2 dicembrc<r.1: ~se ti sa rà accordato il trasferimento sarò il primo ad esse re lieto per te, per la tua famiglia. per la facoltà di Firenze che acquisterà in te un ottimo studioso e insegnante~. Comunque esprimo di nuovo all'E.V. i sensi della più \'iva e profonda gratitudine e mi aug u ro che non s iano per mancarmi anche in avvenire la vostra stima e la vostra benevolenza. Vogliate credermi coi sensi della maggiore deferenza e osservanza dell'E.V.
Oev.mo obbl.mo
Messina, 2 gennaio 1939'»
Piero Pieri
Stando a quanto avrebbe detto a Salvemini nel 1945. alla fine intervenne anche Pietro Fedele, che com e abbiamo visto era nella commiss ione che lo ritenne idoneo alla posizione di ordinario. a fare pressio- ne sul ministro Bottai perché finalmente lo storico militare ottenesse lo spostamento in una nuova se d e95 • Nel maggio 1939, Pieri fu finalmente trasferito d ' ufficio alla Facoltà di Magistero di Torino dal Ministro. Come ha notato Giorgio Rochat, tale facoltà non godeva dello stesso prestigio di quella di Lettere e Filosofia e Pieri dovette svolgere una att ività di insegnamento che variava di anno in anno, ricoprendo ciclicamente gli incarichi di Storia romana, Storia medievale e moderna e Storia ciel Risorgimento 96 • Tuttavia, Pieri fu ben contento ciel nuovo posto e confessò a Omodeo che non s i sentiva «affatto menomato » dall 'essere al Magistero e soprattutto a Torino «che grazie al cielo non è Messina»97 • Il capoluogo piemontese all'epoca s i segnalava come uno dei magg iori centri culturali del Paese, soprattutto per l'importante influenza de ll a cultura liberale italiana : Croce era uno dei principali punti di riferimento dell'intellighenzia cittadina98 • Inoltre. con il passaggio nella città piemontese e il conseguente raggiungimento di un incarico stabile, Pi er i riuscì finalme nte a svincolarsi dalle richieste di Volpe, essendo la sua posizione accademica consolidata:
Ma certo il lavoro era scato concepito su basi più ampie: poi ebbi continue distrazioni e richieste d'altro lavoro, a cominciare dal solito Volpe , che mi compensava con coltellate alla schiena E pensare che quel signo re mi ha scritto a più riprese. fresco come una rosa, chiedendo ripetutamente la mia collaborazione. Un vantaggio inn egabile dagl' in trighi e la cattiveria dell'anno scorso è quella che io mi sono liberato delle richieste continue e ricattato rie di lavoro da parte di quel signore. Ma Voi conoscete da vicino certi ambienti universitari , e avete avuto a soffrire più di me! In a lt0 i cuori! A Torino mi trovo molto bene: ho trasferito la famiglia, lasciando definitivamente , il 31 maggio scorso, la bella Trinacria. Ora sono a villeggiaìe'in Alto Adige; non ho avuto finora richiami alle armi (sono Maggiore <l egl i Al pini, classe 1893) e credo che ormai non n e avrò più. Seguo con interesse e ansia lo svo lgersi degli avvenimenti: s iamo ad una svolta non solo della st0 ria politica, ma della storia della civiltà mondiale99 •
Nei tardi anni Tr enta ormai la figura di Pieri come punto di riferimento per la storia m ili tare si era affermata. In questi ann i , lo studioso portò avanti parallelamente una revisione della Crisi militare del Rinascimento, gli stud i sul pensiero militare di Raimondo Montecuccoli, l' idea di riunire in un unico volume tutti i saggi e le recensioni sulla prima guerra mondiale, usciti sulla « uova Rivista Storica», e anche un volu- me di «alta divulgazione» sull'arte militare romana1 00 • Pensò anche a due progetti che non portò mai a termine, una storia dell'esercito piemontese e una dell'arte militare italiana nel Medio Evo da unire idealmente al suo volume sul Rinascimento:
Venuto a Torino , alla fine del 1939, pensai ad un lavoro sopra l'esercito piemontese dal 1559 al 1859 (lavoro che il principotto Umberto desiderava vivamente che fosse fatto , ma non da me!); feci alcune ricerch e preliminari, anche in archivio; ma mi convinsi che sarebbe stata una storia povera di pensiero [...]. Pensai allora di tornare a una mia vecchia id ea: ampliare la mia nota sopra le Fanterie nel periodo comunale, trattare il seco lo XIV e la prima m età del XV, così da legarm i alla mia crisi militare del Rinascim ent0 e venire dunque a trattare tutta l'arte militare italiana nel basso Medio Evo101
Nello stesso periodo stabilì un contatto con la casa editrice Einaudi, presso la quale provò a pubblicare una raccolta dei s uoi saggi sul pensiero militare italiano, ottenendo un contratto alla fine dell'estate 1941, che poi non riuscì a completare, a causa delle v icende della guerra:
Al dott. Giulio Einaudi , Editore, Torino
Chiar.mo signore, grazie della gentile sua dell'8 luglio corr. Il tito lo del libro dovrebbe essere: L'arte militare moderna nell'interpretazione dei maggiori teorici italian i (Machjavelli, Montecuccoli, Palmi e ri , De Cristoforis). Titolo invero un po' lungo; ma a m e premerebbe di tracciare sopratutto le linee dell'arte militare moderna; i militari rifriggono pur sempre al vecch io manuale del Corsi, e un disegno dell ' arte militare moderna che tenga conto di quanto si è pubblicato specialm ente in Germarua, manca del tutto. Per questa ragione intenderei che la chiusa trattasse unicamente dei caratteri della guerra del 1914-18 e di quella attuale, in attesa che il grande teorico sp unti un bel giorno. Ma un sagg io che chiudesse coll'arte napoleoniche mi apparirerebbe orami incompleto. Mi propongo di esser pronto per la fine di ottob re. Va b ene quanto al compenso. Domani sera parto colla famiglia per Prato allo Stelvio (Bolzano) e vi resterò fino a metà settemb re. Gradisca i miei ringraziamenti e saluti cordia.li102
In questa fase rimasero imponanti i contatti con Croce, il quale incontrò volentieri Pieri durante un viaggio compiuto a Torino nel 19421 03 e al quale lo stori co militare continuò a chiedere consigli metodologici sullo sviluppo dei propri lavori:
Torino 29.4.1 942
Illustre e caro professore, la pregiata vostra del 22 aprile u.s. si è incrociata certamente col plico dei miei scritti sulla guerra italo-aus triaca del 1915 -1918. Trovo giustissimo ciò che dite riguardo a queste scelte più facili a persone estranee che agli autori stessi; perciò mi rimetto interamente al vostro giudizio , dato che ancora pens iate, dopo visti tutti gli articoli, che valga la pena pubblicarli e che si trovi la voglia di acquistare e leggere. Certo sarà bene sfrondare alquanto Anche a me pare molto opportuno aggiungere una recensione del libro del Bencivenga sul 1916; nella prossima settimana spero senz'altro di poterla fare. Va benissimo il titolo che Voi proponete, abbastanza breve e sintetico. Quanto al compenso , io sono molto ignorante in materia. Penserei che mi si desse il 15 o 20% sul prezzo di copertina, e un anticipo di mille lire. Va bene'? Ma del resto mi rimetto in tutto a voi104 •
Ancor più importante p erò fu il ruolo di Omodeo che restò il principale punto di riferimento di Pieri e che nella primavera 1942 lo mise in contatto con l'Istituto di studi di po li tica internazionale di Milano (ISPI) , presso cui Omodeo doveva dirigere una collana di studi, in cui voleva inserire anche la seconda edizione della Crisi militare1° 0 • In realtà, Pieri in precedenza aveva rifiutato l'offerta di Chabod di dirigere una collana di scrittori militari sempre per 1'ISPP06 , mentre pochi mesi dopo fu ben felice di accettare l'invito di Omodeo a collaborare con l'istituto milanese per la stessa collana, prospettando la pubblicazione di un volume che riunisse i suoi saggi e recensioni sulla prima guerra mondiale:
Torino 9 luglio 1942
Tllustre e caro professore, avrei voluto scrivervi da tempo, ma sono stato distratto da una gita a Modena per il mio Montecuccoli, poi dei mo lti esami del Mag istero, poi dalla sciagu ra piombata sulla famigl ia di mio cognato Enea Bortolotti, e infine dalle lauree. Ora finalmente stanco e collo spirito addo lorato, posso dedicarmi ad altre cose; ma il 12 luglio partiremo per Malè (Trento). Ho ricevuto le tremila li re d'anticipo del mio libro di saggi e recensioni riunite grazie alla benevo lenza e all'iniziativa vostre; e Vi ringrazio di cuore: esse sono state provvidenziali in questo momento d'angustia d'ogni genere per le famiglie rimaste colla vedova e cinque figli senza la preziosa guida e il sostegno del padre: e perciò vi devo ancora una volta ringraziare. I due artico li da aggiungere erano in lavoro e furono inter- rotti un mese fa. li riprenderò a Malè, insieme cogli schizzi. Non ho del resto avuto ancora bozze di stampa. n Dr. Laslini mi scrisse alla fine di maggio dicendomi che passava da Torino e che desiderava parlarmi. Io ero in partenza per Modena, e al ritorno, il 2 giugno. ebbi fra due tren i un breve colloquio con lui a Milano. Mi disse che voleva proprio che io assumessi la direzione d"una collana di storia militare. che il Duce e il Gen. Cavallero avevano sub ito approvato il mio nome, che non mi preoccupassi dello sme rcio di libr i . che lui disponeva di ou im i tradutto r i, che la collana avrebbe dovuto iniziarsi col volume dei miei quattro sagg i che dovevo svincolare dell"Einaudi ccc... [quelli sul pe nsiero militare italianol finii colraccettare. e mi spiegò entro il mese di giugno di presentargli un p iano. A metà giugno sollecitò tale piano, e io. distratto dalla morte di Enea Bortolotti avanti il 22 giugno, glielo mandai finalmente il 27 giugno [... ]1°7 •
La lettera conferma che il regime attuava un rigido controllo sulla memoria della guerra. ma probabilmente conducendolo senza una vera organizzazione. né una disciplina. Quindi Pieri poté sviluppare le sue ricerche della guerra patriottica100 el frattempo. la morte del cognato rappresentò un duro colpo e contribuì ad acuire le difficoltà che la guerra stava causando. Si era ormai nel tardo 1942; Torino, grande centro industriale, era un ob iettivo privilegiato de lle incursioni aeree alleate e Picri pagò, come il resto della popolazione cittadina. le conseguenze della guerra:
Torino 26.11.'42
Illu stre e caro professore. mi auguro che possiate aver avuto notizie buone del vostro bravo figliolo. Certo il momento è difficile e molta gente vive in ansia e in angoscia per rag ioni diverse. Torino il 18 e il 20 scorso ha subito due incursioni assai gravi: e Dio voglia che siano state le ultime! Noi abbiamo avuto roni i vetri sul Po; ci siamo raccolti nelle due stanze rimaste sane. Il 22 sera per prudenza mandammo i ragazzi e la domestica a Sangonctto. sopra Giaveno. a 42 km da Torino in una piccola baita d'uno nostro lontano parente: poi per due notti ci siamo andati noi pure. Ma io ho lauree fino al 10 dicembre; e gli ordini sono di far lezione come se nulla fosse; perciò sono ridisceso. Mia moglie non vuol lasciarmi solo, cd è di scesa anche lei. Così cc ne stiamo a Torino. e contiamo di fare delle scappate a Sangonetto se si presentano nuove minacce. Speriamo bene! Siamo del resto tutti calmi e sereni: ciò che importa è lo svo lgimento di tutti gli avvenimenti: Torino non è che un piccolo episodio ne ll a grande tragedia mondiale! [... poi>.
La situazione sarebbe peggiorata rapidamente in seguito agli avvenimenti dell'estate 1943. Da Pieri, il 25 luglio fu osservato mentre era in vacanza ìn Trentino, dove si recava quasi regolarmente dalla fine degli anni Venti . Alla notizia della caduta di Mussolini, scrisse a Croce queste parole, segno di una ritrovata, quanto illusoria, fiducia sulle prospettive del paese:
Illustre Senatore, in questi giorni in cui l'Italia, pur fra dolori e angoscie, ritrova finalmente la propria dignità e la propria via di salvezza, il mio pensiero ricorre a lei che per tanti anni salvò il decoro della coscienza italiana e fra tutti esempio di carattere di forza d'animo, faro di luce spirituale, incitamento e conforto a non disperare della patria e dei superiori valori dello spirito: Con i sens i de!Ja mia immutata devozione mi creda Dev. Mo, Obb.mo
Dimaro in Val di Sole (Irento)
27.7.1943.110
La situazione fu ben diversa. Con 1'8 settembre, l ' Italia restò spaccata in due: nel Centro -N ord la Repubblica Sociale Italiana (RSI), nuovamente sotto la guida di Mussolini e l'occupazione tedesca; nel Meridione il «Regno de l sud», sotto il controllo degli Al leati . Naturalmente, gli eventi del contesto generale si r ifletterono su Torino e di conseguenza anche su Pieri e la sua famiglia . In quel difficile periodo Pieri restò una figura d i riferimento per alcuni suoi allievi che furono costretti a nascondersi per sfuggire ai rastrellamenti tedeschi di uomini da inviare in Germania, come Carlo P ischedda, che Pieri conobbe nel 1940 e che dopo la guerra sarebbe stato a lungo suo assistente111 • Questi subito dopo l ' armistizio si diede alla macchia per evitare la cattura, in quanto ufficiale dell'esercito:
23 Settembre 1943
Chiari.mo Professore, f.. .] Vuol conoscere la mia vita'? Vivo in un paesetto, nei dintorni di Torino; sono rimasto senza danari e fortuna vuole che la famiglia della mia fidanzata si sia assunta l' i mpegno di mantenermi. Non esco quas i mai , per evitare cattivi incontri, perché sulle strade, di tanto in tanto, circolano gli ex alleati e hanno spiccata simpatia per gli elementi giovani che prelevano d ' urgenza. Sono ormai d iec i g iorni che vivo così, nascosto e legato; non sono più sceso in città, perché anche i treni sono controllati.
Cerco di studiare qualcosa, ma, sì. la mente divaga e non mi è possibile fare mollo. Qualcosa però, più di prima, riesco già a farla. e le letture mi sollevano ormai lo spirito.
Se ha tempo di scrivermi, indirizzi al solito albergo: io mando a ritirare ogn i due o tre giorni. r... J
Con omaggi devotissimi
Suo Carlo112
Nel frattempo l'attività accademica proseguì. In quanto direttore della biblioteca della facoltà Pieri dov ette dirigere lo s follam ento a Fossano dell'istituto, vivendo quei piccoli disagi disorganizzativi che erano conseguenza di quella ben più ampia tragedia che era il conflitto, ma a cui eg li te ntò faticosamente di porre rimedio per ass icurare la continuità del servizio 11 : 1 •
Nel frattempo, Pieri si avvicinò alla Resistenza, fatto che avrebbe avuto notevole importanza per la sua esperienza umana e di studioso. I membri maschi della famig lia. i due figli e il cognato Sandro Bortolotti, che aveva raggiunto con moglie e figli Torino, s i legaro no a l Parti to d' Azione torinese. In particolare. il figlio minore Silvio. allora quindicenne, si occupava di distribuire materiale di propaganda tra gli operai delle fabbriche 114 • La scelta del Partito d 'Az ione non era un caso perché, proprio in Piemonte. l'azione annata degli azionisti fu sen tita sulla base di , motivi «nazionalistici-patriottici,., come guerra condotta co ntro lo straniero invasore e co n tro i traditor i fascisti 11 5 • Si trattava proprio di quel genere di richiamo politico dal quale Pieri era sem pre stato affascinato. Stando alla testimonianza di Fabio Bortolotti, lìglio di Sandro, i Pieri avrebb ero nascosto delle armi nella cald aia della loro abitazione sul Lungo Po Cadorna. In seguito, un inform atore avrebbe segnalato al RAP (Ragguppamento Anti,Partigiani) la presenza delle a rmi , causando l'irruzione nell'abitazione dello storico il 12 febbraio 1945 1 16 • Di quei momenti è rintracciabile tra la documentazione di Pie ri un vivido racconto scr itto in terza persona :
Il Prof. Piero Pieri con i figli Em ico, nato alla fine del 1926 e Silvio nato nel febbraio 1929. la sera del 12 febbraio 1945 ebbero la casa invasa e saccheggiata [ ...],e il mattino successivo furono tutti condoni in carcere alle Nuove sotto l'imputazione di detenzione d'arma, associaz ion e e propaganda sovversiva, mentre l'appartamento rimaneva in mano ai fascisti e veniva saccheggiato. In verità la loro opera di oppositori s·era limitata a relazioni con elementi della resistenza, alla raccolta di qualche arma
La vita e i rempi di Piero Pieri per dei partigian i e soprattutto, da parte dei due giovani fig li oli, a qualche articolo stampato in giornaletti clandestini e in giri per informazioni e accordi presso clementi [illeggibile]
La detenzione si prolungò, per due mesi e mezzo fino alla liberazione il 27 aprile; il Prof. Pieri si trovò in cella con i due fig li e il cognato, la moglie invece. dell'età di 50 ann i, rimase sola nel reparto femminile. Numerosi furono gli interrogatori, diretti soprattutto a conoscere i nomi di compagni di fede e di lotta, ma su questo punto gli inquirenti non ottennero da nessuno degli arrestati alcuna notizia 117 •
Stando alla testimonianza di Fabio Bortolotti e di Gabriella Pieri , in carcere la famiglia subì un trattamento p iuttosto duro: Pieri. Bortolotti e i due figli furono tutti e quattro malmenati violentemente, il primo perse anche tre denti. Inoltre, per in durre il più giovane dei fig li, Sil vio, a confessare le imputazioni, la polizia gli avrebbe lasciato intendere che il fratello Enrico era morto. T\.ittavia . Silvio, per avere salva la vita, si limitò a fare i nomi di personaggi che non potevano essere danneggiati dalla sua confessione, in quanto già in carcere o fuggiti 118
L'arresto di Pieri causò l'intervento anche del rettore dell'Università. Azzo Azzi, il quale . pur essendo legato alla RSI, cercò di intercedere presso la prefettura per ottenerne il rilascio. pregando il prefetto di interessarsi dello «studioso che per le sue precarie condizioni di salute potrebbe risentire un grave danno da una prolungata detenzione»m . In realtà, Pieri rimase imputato per «associazione sovversiva e detenzione elusiva d'armi» presso il Tribunale speciale di Torino. senza che pe rò si procedesse con la sentenza, fino al 27 aprile 1 945, quando uscì di carcere in seguito agli eventi più generali della Liberazione120
I primi anni del secondo dopoguerra rappresentarono un secondo snodo fondamentale per la storia personale di Pieri. Subito dopo la Liberazione, il 16 maggio 1945. Pieri fu nominato preside:
Il Prof. Pic r i si dichiara lieto dì iniziare la seduta in una nuova aura di libertà, manda commosso un saluto a quami si sacrificarono cd operarono per affrettare il sospirato evento. esprime la sua certezza nella resurrezione della patria, alla quale l'università italiana contribuirà efficacemente e nobilmente. T colleghi si associano calorosamentc 121 •
Poco dopo però, a seguito di un decreto ministeriale (8 settembre 1945) rischiò di essere ritrasferiLo a Messina, perché il suo arrivo in Piemonte nel 1939 era stato effettuato d'ufficio dall'al lora ministro Bottai senza il voto della facoltà. rendendo la sua nomina soggetta ai primi tentati-- vi di epuraz ione in atto nell'uruversità122 • La facoltà fece voti all'unanimità perché lo studioso rimanesse a Torino, il ministero fece marcia indietro e il 29 dicembre confermò la legittimità del trasferimento di Pieri a Torino12:1 Erano quelli gli anni dei tentativi, mai portati fino in fondo, di epurazione dell'università dai docenti che si erano compromessi con il fascismo124. Pieri come comprovato antifascista ebbe incarichi nella Commissione Universitaria d'Epurazione, nel Comitato di Liberazione Nazionale per la scuola e nel Senato accademico . Era molto attento al problema dell'epurazione e preoccupato dalla troppa morbidezza nelle esclusioni dall'università:
Le facoltà univers itarie tornano più che mai ad essere filofasciste e clericaloidi o mona rchiche: a Bologna si è resa vacante la cattedra del Simeoni (già sottoposto a giudiz io d'epuraz ione per aver scritto un artico lo filogermanico in una rivista del famigerato prof. Coppola; e poi assolto) ; c'erano due soli aspiranti: il Prof. Valeri e il Prof. Duprè Theseider, promossi ordinari proprio adesso. lo ho raccomandato caldamente il Valeri , che scientificamente mi pareva molto di più : è stato chiamato con 6 voti contro 5 i l Duprè, che ebbe d e ll e noie per il suo sfacciato filonazismo; in realtà era stata una lotta sorda dell'elemento clerico fascista capeggiato dai professori Bianchi (d i Tedesco) e Tonio lo , contro l'elemento democratico . Avendo io sc ritto al Prof. Solari: «Le Faco ltà nostre sono come prima o peggio di prima», lui mi ha risposto: «Hai ragi one; peggio d i prima; ma è meglio parlarne a voce!» La facoltà di lettere di Roma credo che al riguardo batta il record; è un miracolo che abbia chiamato con voto quasi unanime Guido De Ruggiero! C'è poi una brutta gara fra Comunisti e democristiani nell 'acca parrarsi i voti degli ex-fascist i Che Schifo!..125 •
Tuttavia, non gradì mai davvero i compiti istituzionali che gli furono assegnati e pur assolvendoli con la serietà che lo caratterizzava, li riteneva delle distrazioni dalla sua attività di studioso:
[...] la Presidenza s i è rivelata gravosissima, il problema dei nuovi locali e di tutta la scuo la da ricostruire, raccattando mobili e banchi, lottando per mesi con muratori, falegnami , fornitori, trattando pratiche di ex-partigiani, ex-internati, ex-combattenti oppure regolando e facendo esami su esami: facendo insomma tutto fuorché lo studioso126 •
P ieri era interessato soprattutto a completare i progetti che ormai si trascinavano da prima della guerra e che non era riuscito a portare a termine, a causa del sovrappors i di vicissitudini personali e professionali. Sintetizzando il suo programma di lavoro per il dopoguerra a Croce, delineava cinque progetti : a) una storia dell'arte militare romana, di alta divulgazione, con qualche nota critica, indicazione delle fonti, e un po' di bibliografia ragionata in fondo; b) la pubblicazione, con introduzione e note, del trattato della guerra del Montecuccoli , ampio lavoro giovanile, mai stampato in Italia e tradotto invece dal tedesco, d i sul manoscritto italiano, fin dal 1902: importante perché tratta soprattutto degli antecedenti della guerra , della politica, dei diversi fattori che determinano la formazione degli eserciti e la condotta de ll a guerra; c) un volumetto, di 200 pagine circa, che raccolga i miei due saggi già editi sull"Arte della guerra' del Machiavelli e sulle 'Considerazioni critiche ecc.' del Palmieri , e le leghi con due saggi inediti, sul Montecuccoli e sul De Cristoforis, in modo da fornire una trattazione sintetica del problema dell a guerra visto dagli scrittori nostri più rappresentativi degl i ultimi quattro secoli e una breve storia, al tempo stesso dell'arte della guerra nei secoli XVI-XIX; d) un volume che raccolga il meg l io dei miei scritti sulla prin1a guerra mond iale, riveduti, collegati fra di loro; e) infine, la seconda edizione riveduta, con un capitolo rifatto sulla guerra franco-spagnola del 1502-03 nel Napoletano della mia crisi militare italiana del rinascimento127
A questi si sarebbe aggiunto in seguito anche il progetto, mai compl etato, di una storia dell'arte militare italiana dal 1150 al 14501 28 . In compenso, nel 1947 , dopo una gestazione di quasi sei anni, sarebbe us cita, presso l'editore Gheroni di Torino, il quale di solito stampava le dispense dei corsi del magistero, la raccolta di saggi sulla prima guerra mondiale129 . Mentre la seconda edizione del saggio sulla Crisi militare nel Rinascimento sarebbe uscito nel 1952 per l'Einaudi (e poi nuovamente nel 1970)130 • Infine, il previsto studio suJl'arte militare dal XVI al XIX secolo vide la luce nel 1955, presso 1' editore Ricciardi131 • Nel frattempo, la nuova aura di libertà che permeava il Paese incoraggiava l' ottimismo dello storico. Il risultato del referendum del 2 giugno 1946, che portò alla nascita della Repubblica, gli parve un'importante segno di maturazione e fiducia nel futuro del popolo italiano:
Io ho votato per la repubblica e per la concentrazione democratica repubblicana di Parri. L'ho fatto dopo lunga meditazione , conscio dell'importanza della decisione. Ritenevo ormai la monarchia per lo meno superflua , dopo la prova d ' asservimento al Regime dato dal 3 gennaio 1925 in poi (per non salire più oltre); ma la cognizione del suo conte- gno dopo il 25 luglio 1943 e il vederla farsi con tutte le forze reazionarie , mi ha spinto a votare risolutamente per la repubblicè\, Il modo come si sono svolte le elezioni mi ha infuso una certa 1 speranza e fede nella sanità intrinseca del popolo italiano, malgrado tanti anni di diseducazione demagogica e dittatoriale. Certo i compiti della nuova repubblica sono tremendi e l'iniquo trattamento fattoci dai quattro rende semp re più difficile il consolidarsi d ' una democrazia in Italia; penso non bisogna perdere l'ultima scintilla di ottimismo, indi spensabile per affrontare i problemi dell'avvenire132 !
L'impressione positiva fu confermata dalle elez ioni politiche dell'aprile 1948, con cui, al di là dei risultati elettorali, il Paese s'era «dimostrato degno di un destino migliore, disciplinato, ser io, educato: io che odio la retorica gaglioffa oggi di moda non esiterei a dire che ha mantenuto un contegno esemplare»133 •
La fine della guerra significò anche la ripresa dei contatti con le personalità rilevanti della vita di Pieri , a cominciare da Croce e Omodeo. Quest'ultimo aveva avuto un ruolo sempre crescente nella attività dello storico militare, soprattutto dopo che, nel corso del 1943, l'ISPI si dimostrò inadempiente nei confronti degli obblighi contrattuali riguardanti la pubblicazione dei suoi lavori. Inoltre, mentre era in tipografia per la stampa , la bozza del volume che avrebbe dovuto riunire le recensioni riguardanti la prima guerra mondiale, fu distrutta da un bombardamento aereo su Varese (4 aprile 1944) e Pieri poté salvare solo una copia delle bozze scampate al disastro 13 4. Riprendendo il progetto, nel dopoguerra, Omodeo ebbe dall'editore Arnoldo Mondadori il compito di dirigere una «collana storica». Lo studioso propose di rilevare dall'ISPI i diritti per pubblicare sia la Crisi militare italiana del Rinascimento sia il volume sulla Grande guerra di Pieri:
Fin dal 1943 era stato lasciato all'lspi il volume di Piero Pieri sulla guerra del 1914-1918: esso è tutto composto (no). Perché non rilevarlo e lanciarlo senz ' altro? È uno dei più seri lavori di storia mil itare che si abbiano in Italia. Consiglio vivamente di rilevarlo per non disperdere il cenacolo di collaboratori che mi son creato attorno135
In realtà, la Mondadori acquisì i solo diritti per la Crisi militare del Rinascimento, per la quale Pieri ricevette anche un piccolo anticipo di 130 lire1 36 . Per quello sulla Grande guerra invece sorsero delle difficoltà e la casa editrice milanese preferì rinunciare:
Quanto al volume del Pieri sulla guerra 1914-18 , non ignoro che esso è composto e da parecchio tempo. Ma appunto le pretese dell'ISPI che subordinando la cessione dei diritti d 'a utore al rilievo della composizione, mi impediscono di assicurare quest 'opera alla biblioteca storica: valgono infatti, al riguardo le stesse considerazioni fatte a proposito del manuale del Pace. Quella composizione a noi non serve 13 7 •
La morte di Omodeo nell'aprile 1946 fece cadere i contatti di Pieri con la Mondadori, la quale non avrebbe mai pubblicato nessuno dei due testi. Nel contempo, il fatto che Omodeo si era speso enormemente per Pieri , oltre alla stima intellettuale che ne aveva, fece in modo che la sua perdita fosse vissuta con particolare dolore. Scrivendone a Croce poco dopo, Pieri si esprimeva in questi t ermini:
(. . .] .Mi ha grandemente addolorato la perdita di Adolfo Omodco. Gli ero profondamento grato della benevolenza a me sempre dimostrata e ammiravo moltissimo le s ue altissime doti di carattere e di uomo di srudi. Dietro richiesta di Gino Luzzatto, ne ho fatto il necrologio per la Nuova rivista storica.
Termino questa mia lett.era troppo lunga, prego che me lo vorrà perdonare: è una giustificazione e anche uno s fogo. Voglia mantenermi la s ua anelata benevolenza e credermi con immutata profonda devozione s uo Dev.mo, Obbl.1110
Piero Pieri
Torino 31-5-1946138
Negli stessi anni aumentò anche il distacco da Croce, rispetto al quale Pieri era su posizioni politiche sempre più distanti, perché ormai andava legandosi all ' ambiente azionista e progressista. Viceversa , il filosofo napoletano andava chiudendosi sempre maggiormente nel s uo conservatorismo, anche se di matrice liberale, cosa che lo portò ad esempio a sostenere la monarchia nel referendum del 1946139 • Ai primi del 1947 si arrivò ad una vera e propria rottura tra i due , specie in virtù d egli attacchi condotti da Croce contro Salvemini:
To rino 23.1.47
[... ] Mi ha scritto l'amico Porzio, in data 23 dicembre 1946: ~Non son molti giorni da che La Patria, fogl i o liberale di Firenze , ha pubblicato un articolo del Croce pieno d'ingiurie contro il Salvemini. È uno sfogo atrabiliare del filosofo per trar vendetta di una pubblicazione collettiva statunitense contro il filosofo della libertà assoluta. Assoluta'? Perché'? Comprende a meraviglia la servitù quasi asso lu ta, non la libertà'?! Tutta la legislazione antica e moderna rappresenta la camicia di forza messa alla libertà. Non capisco poi che i l Croce, così pieno di aneliti soavi per la Dulcinea Libertà , non abb ia pensato a gettare dalla finestra la livrea di ministro quando (consule Giolitti e Croce seduto sulle cose dell'istruzione) l ' Italia era deliziata dall'olio di ricino e dalle spedizioni punitive».
E mi ha scritto il Ciasca, in data 4 gennaio 1947; da Roma ~vedo talvolta Croce che qui cap ita spesso. Ma egli è diventato uno dei padreterni impossibili; e il tono assunto nella polemica col Salv. è davvero deplorevole» 14-0.
Inoltre, secondo Fieri, il grande intellettuale napoletano ormai aveva completamente perso il contatto con la difficile realtà del dopoguerra:
Confesso che dopo quello scritto del Croce così iracondo , mi sono sentito un gelo addosso; e mentre per Natale ero solito scrivergli una lettera, mi sono limitato al biglietto da visita cogli auguri. Fra l'altro è proprio fuori dalla realtà e non ha almna idea che la gente oggi stenta e soffre. Alla fine d'ottobre, quando venne a Torino, io gli dissi che era un peccato che gli scritti del Blanch, da lui curati , in tre volunù costassero duemila lire. Lui rispose: 'È un'osservazione che mi hanno già fatto altri. Ma basta che uno rinunzi ad andare due o tre volte al cinematografo e ha già le duem il a lir e!'
In realtà oggi in casa nostra si tira avanti passabilmente perché siamo in due a guadagnare, io ho un incarico e faccio le dispense e ho molte propine d ' esame, e il mio figliolo maggiore si paga tasse e libri e dispense coi suoi piccoli guadagni di radiotecnico 14 1 •
Da questo momento i rapporti con Croce persero di importanza, ma in un certo senso non poteva essere diversamente, perché con la fine della guerra Fieri poté finalmente ristabilire il contatto con Salvemini, interrotto quasi venti anni prima.
Fu un ritorno fondamentale, perché contribuì a far inserire Pieri all'interno del paradigma politico e storiografico antifascista che divenne dominante nel secondo dopoguerra. Non è un caso che appena furono ristabilite le comunicazioni con gli Stati Uniti, Pieri scrisse una lunghissima lettera a Salvemini:
Torino 24.7.1945
Illustre Professore e Maestro, ho potuto oggi avere il suo indirizzo e mi accingo a riprendere la corrispondenza dopo una dolorosa ventennale interruzione. Non se questa mia le giungerà; mi auguro che lei serbi un non cattivo ricordo di me, così come io L'ho sempre ricordata, sentendo viva la sua mancanza nel campo scientifico e in quello spirituale e politico: di ciò mia moglie e i miei figli possono essere testimoni, prima d'ogni altro. Mi auguravo di cuore di poterla rivedere in Italia, al temine di questa lunga, sciagurata parentesi: ho letto la sua lettera al Partito d'Azione di Molfetta, e ho compreso che la cosa sarà difficile. Comprendo i motivi che la sp ingono a restare in America; ma la cosa mi addo lora egualmente142 • Ora c'è un'Italia da rifar e; compito tremendo. Sono coi figlioli nel Partito d'Azione, ma in realtà rifuggo dalla politica militante. La diagnosi del male nostro è tuttora queUa da Lei enunciata alla pagina XXX del suo libro : Dal patto di Londra alla Pace di Roma; 'quella piccola borghesia intellettuale, nella cui sovrabbondanza numerica, e miseria economica, intellettuale e morale, e inquietudine famelica , si deve ricercare una fra le cause più gravi e men correggibili del nostro malessere sociale e delle nostra crisi politiche'. Diagnosi che parve fin da allora così esatta a Giustino Fortunato!. [ ] Ho potuto avere da un mio assistente molte copie della voce repubblicana, con suoi scritti, e il numero di l'Italia libera di New York del 16-4-1945. Ho letto tutto col più vivo interesse, a volte con commozione. Perdoni questa mia troppo lung a : Lei ha salvato il decoro dell'Italia in varie circostanze e gliene dobbiamo essere gratissimi. Mi creda con molto affetto . Suo dev.mo obb.mo
Piero Pieri143
Salvemini gli rispose poco dopo, con una lettera emblematica del legame che sarebbe stato ricostruito tra i due nel secondo dopoguerra:
Carissimo Pieri,
[...1Questi 20 anni, caro il mio figliolo, debbono essere stati ben terribili per voi che riman evate in Italia . Per me non sono stati cattivi. In fondo noi che fummo costretti a venircene all'estero per non andare in galera o per non essere ammazzati, avemmo la parte meno difficile della lotta contro il fascismo. [...]
Lessi, quando fu pubblicato, il tuo libro sulla crisi militare italiana nel Rinascimento e mi piacque assai. Dovrebbe rimanere come un'opera fondamentale perché aiuta chi voglia comprendere l'Italia del secolo XV senza ripetere le vecchie storielle messe in circolazione dal gran Machiavelli, nel quale il patriottismo oscurò la mente come pare sia destino del patriottismo con tutti gli uomini anche di genio. Degli altri scritti di cui tu mi parli non ho avuto notizie. Mi piacerebbe assai leggere il cuo opuscolo sull'arte della seta a Firenze. La tua recensione di Ottocar nell'archivio storico italiano. Il libro sul regno di Napoli dal luglio 1799 al marzo 1806 lo farò acquistare dalla biblioteca di Harvard. Sono ben contento di sapere che tu e i tuoi figlioli s iete nel Partito d ' Azione, dopo le tragiche esperienze che avete dovuto attraversare specialmente in questi due anni.
Io non so se il Partito d'Azione abbia davanti a sé un avvenire, data la eterogeneità degli elementi che lo compongono. Mi sembra che esso, tenendosi distinto dal partito repubblicano, tolga a questo partito molti elementi di prim ' ordine che gli sarebbero utilissimo a rinnovarlo, e per contro minacciano di rimanere senza quella forza che viene da un largo seguito e da una tradizione144
Emerse subito quella connessione tra politica e storia che avrebbe legato i due studiosi per i successivi dodici anni, fino alla scomparsa di Salvemini. Pi e ri fu tra i primi ad accoglierlo al suo rientro in Italia, avvenuto nell'estate del 1947:
Illustre e caro Professore e maestro, con vera gioia ho ricevuto il 26 giugno u.s. la notizia del suo arrivo a Torino il 25 luglio. Poche ore dopo una telefonata di Augusto Monti mi chiedeva notizie precise a1 riguardo, e io fui ben contento di comunicarglielo. Ancora pare impo ss ibile non lo conosco di persona, e avrà occas ion e fra due o tre giorni di colmare questa mia brutta lacuna. [ ] Mi rallegra dunque tanto tanto il pensiero di rivederLa presto Spero di non essere stato del tutto indegno del mio Maestro. Ossequi sentitissimi alla sua signora 14s _
Dopo essersi incontrati a Torino, il legame tra i due mutò , tanto che Pieri cominciò a rivolgersi al maestro dandogli del «tu» e iniziando la corrispondenza con «Ca ro Salvemini», invece della formula «Illustre e caro Maestro» utilizzata precedentemente.
La ricerca ha sottolineato come tra i valori fondanti della Resistenza ci fu una generale ripresa del patriottismo liberale e democratico del Risorgimento, che per larga parte degli intellettuali antifascisti più moderati costituì il punto di riferimento della propria opposizione politica al fascismo, anche al momento della Resistenza armata. In particolare, Salvemini, sempre influente su Pieri, riteneva che il «secondo Risorgimento» rappresentasse un ' ulteriore maturazione nello svi luppo storico nazionale, soprattutto con la partecipazione alla Re sistenza dei contadini, che d i fatto segnava la maturazione di una nazione italiana, che non es isteva più solo nelle aspirazioni di una minoranza intellettuale. Molti di questi intellettuali poi sarebbero confluiti nell'esperienza del Partito d ' Azione di Ferruccio Parri, a cu i Pieri diede il suo sostegno, che nelle s ue fila raccoglieva, tra gli altri, esponenti come Ugo La Malfa, Vittorio Foa, Ernesto Rossi146• Tuttavia, l'esperienza del Partito d'Azione fu molto breve e Pieri se ne staccò rapidamente:
Politicamente io sono stato col partito d'azione durante la lotta clandestina, poi me ne sono staccato e ho dichjarato di non voler appartenere a nessun partito; spiritu~lmente, in questo momento, quello al quale mi sento più vicino è il partito repubblicano: bisognerebbe vederlo col peso del governo per giudicarlo147 •
In seguito, a metà degli anni Cinquanta, lo storico sarebbe confluito nel Partito radica le, éntrando anche nel consiglio direttivo della sezione di Torino, sempre su incoraggiamento di Salvemini:
Io credo che tu potrai fare molto bene nel consiglio direttivo nella sezione torinese del partito radicale. Purché vi mettiate tutti in testa che non è il caso di illudersi di ottenere vittorie elettoral i immediate, e di mettersi a pasticciare delle combinazioni per ottenere quelle vittorie148 .
Inoltre, sempre in quegli anni, Pieri aderì anche al Movimento Federalista Europeo149 • Lo studioso però non si sarebbe mai trasformato in una figura pienamente politica, i suoi interventi pubblici furono limitati e spesso inerenti a temi che lo toccavano da vicino, come l'istruzione pubblica :
Carissimo Salvemini , mi sono liberato delle noje delle elezioni [ ...]. Mi avevano poi assicurato che non avrei dovuto fare discorsi in piazza, e invece ho finito col doverne fare due , che in verità non sono andati male, sebbene con pochissimo pubblico 150 •
Inoltre, come egli stesso ammise, il partito restò un organismo troppo piccolo per esercitare una qualunque influenza politica, nonostante la bontà dei personaggi che ne facevano parte:
In crisi vedo anche il partito radicale. Per la mia esperienza torinese, devo dire che si tratta di brava gente, onesta, in buona fede, ma non ha seguito: un partito deve legarsi a grandi interessi, altrimenti non ha seguaci; e se si lega a grandi interessi si corrompe: triste circolo vizioso, sta di fatto che questo anno le iscrizioni. già scarse. non sono aumentate per nulla, anzi molti non le hanno rinnovate151 •
La connessione al mondo democratico e antifascista però fu fondamentale la sua fase finale dell'evoluzione intellettuale dello studioso: si pensi al riguardo alla frequentazione di personaggi come Alessandro Galante Garrone. che sarebbe diventato amico soprattutto del figlio Silvio, che in seguito avrebbe intrapreso la carriera di magistrato152 •
Importanti furono anche le relazioni con Piero Calamandrei e Giorgio
Spini153 : col primo in particolare Pieri ebbe pure ebbe una piccola corrispondenza, entrando in confidenza nei primi anni Cinquanta 164 •
L'interesse di Pieri verso Calamandrei era mosso anche dalla stima nei confronti della rivista «U Ponte», fondata nel 1945 proprio dallo studioso toscano e aperta con un manifesto programmatico di difesa dei valori democratici e antifascisti della nuova Italia repubblicana. configurandosi come una sorta di «cenacolo degli azionisti»1 55 Lo storico militare espresse più volte il proprio apprezzamento personale a Calamandrei per il lavoro svolto dalla rivista, la quale accolse anche recensioni dei libri di Pieri:
Illustre Profes so re.
La ri11grazio sentitamente della tanto benevola accoglienza, fatta al mio scritto cosa che ha fatto molto piacere anche al Salvemini. TI ~Ponte» oggi è. per giudizio unanime. la migliore rivista di cultura italiana, e una delle pochissime davvero animate da liberi sensi. Grazie anche delle sue gentili espressioni nei riguardi della mia prossima recensione al libro postumo del Cadorna , la quale è parsa opportuna a più d'uno. Mi permetta d'inviarle in omaggio una copia della mia raccolta d'analisi critiche sulla prima guerra mondiale. non già per opprin1crla in mezzo a tanto suo lavoro. ma perché dalle conclusioni di qualche capitolo Ella possa nuovamente vedere come certi problemi sono stati ampiamente di scussi e risolti; cd è mala fede tornarvi sopra oggi con dei luoghi comuni e fingendo di ignorare quanto al riguardo è stato assodato. Di nuovo grazie, e con sentiti ossequi mi creda, dev.Mo. Obbl.mo
Fu attraverso questa rete di contatti che Pieri si avvicinò all'Istituto Nazio nale per lo Studio del Movimento di Liberazione in Italia (INSMLI) , fondato da Parri nell'aprile 1949, per preservare la memoria e preparare lo studio scientifico della Resistenza157 La collaborazione, cominciata nel 1949 , avrebbe portato Pi eri in contatto con alcuni dei maggiori storici del periodo, come Enzo Collotti:
Sul prossimo numero del movimento di Liberazione in I talia apparirà una nota polemica abbastanza lung a a proposito del libro del Coceani: Mussolini, Hitler e Tito alla frontiera orientale d ' Italia. Il libro fu già stroncato sul Ponte dal Prof. Colletti, e diede origine a una polemica; il C. poi mi pregò di intervenire sul Movimento di Liberazione. L'ho fatto, ma la cosa mi è costata fatica: il problema era arduo. Siccome il repubblichino Coceani parla di te e dello Sforza come dei capi «del più caparbio rinunciatarismo», mi sono sentito in dovere di chiarire quello che fu il tuo apostolato, di fronte a tante carogne in mala fede, che ancora adesso fanno gli oltracotanti158 !
L' Istituto ebbe come scopo quello di promuovere la ricerca sul fenomeno della Resistenza in Italia, alla quale Pieri avrebbe dedicato una parte delle proprie ricerche negli ultimi due decenni della sua carriera e su cui diremo di più nella seconda parte del volume .
Nel contempo, lo stesso Parri si era interessato attivamente alle questio ni militari sin dal primo dopoguerra, come parte dei suoi progetti politici per una «democrazia dei combattenti», a cui associò anche quelli di una riforma militare159 • Nel dopoguerra, perciò si adoperò attivamente per favorire le ricerche storiche relative al ruolo delle forze armate; si pensi ad esempio al supporto che Parri fornì a Giorgio Rochat, per il suo vo lume sull'esercito nel primo dopoguerra160 • Ancor prima, aiutò proprio Pieri, cercando finanziamenti per la sua attività:
Alla Presiden·za del Consiglio dei Ministri, Roma
Mi onoro comunicare che l'Istituto di Stato O landese per la documentazione storica della guerra ha invitato il nostro istituto a panecipare con una relazione al Primo Congresso Storico della Seconda Guerra Mondiale, che avrà luogo ad Amsterdam dal 5 al 9 settembre, come risulta dagli inviti e dal programma allegati. La relazione che il nostro delegato terrà sulle ricerche storiografiche svolte in Italia , sarà il solo intervento ufficiale richiesto dalla segreteria del congre sso a rappresentanti del nostro pat-'Se. Comunque dato l'alto interesse rappresentato in particolare dall e relazioni di storia militare, è stata cura dell'Istituto sollecitare da Amsterdam l'invito di un rappresentate dell'Ufficio storico dello SM.
In considerazione dell'importanza internazionale del congresso e della- necessità di intervenirvi possibilmente anche con un secondo nostro rapp resentate (il prof. Piero Pieri dell'Università d i Torino, specializzato in St oria militare) e in considerazione dell'opportunità di aderire alrinvito pervenuto dal Comm. Emilio Re, Ispettore Generale degli archivi di stato, di inviare lo stesso nostro delegat0 al congresso internazionale degli Archivi. che avrà luogo a Parigi negli ultimi giorni di agosto. prego l'Onorevole presidenza del consiglio di voler benevolmente aiutare ristituto in questi suoi lavori, fornendogli i mezzi per inviare suoi d e legati a i suddetti Congressi internazionali. Ritengo necessaria allo scopo una somma di L. 200.000. Fiducioso nell'accoglimento della richiesta mi è grato porgere i miei ossequi1 61 •
In serito in questa rete di conoscenze e contatti, Pieri non poteva che aderire. come maturazione dei suoi valori di interventista democratico, a l paradigma storio grafico antifascista secondo cui lo sviluppo storico dell'Italia era caratterizzato da una progressiva m aturazione verso la democrazia , interrotta da quell'errore che era stato il fascismo. Questa visione costituì il filo conduttore degli anni finalmente liberi della Repubblica, portandolo a completare la prop r ia analisi della Grande Guerra come i( quarta guerra d' indipendenza» e ad allargare i propri studi al Risorgimento e alla Resistenza.
Da questa maturazione sarebbero emerse le opere più imp ortanti della fase finale della sua carriera: nel 1 960, L'Italia nella prima guerra mondiale» pubblicata nella Storia d'Italia di Nino Valcri. uscita per la casa editrice Utct e poi ripubblica ta nel 1965 per l'Einaudi 162 ; nel 1962. la Storia militare del Risorgimento, frutto di un lavoro col11Ì!1ciato nel 19531 6.1 : gli studi sulla R esiste nza, a cominciare dal saggio E possibile la storia di avvenimenti molto recenti?. pubblicato dalla rivista i<Il Movimento di Liberazione in Italia» ne l 1953 164 •
Si può osservare come gli ultimi vo lumi di Pi eri uscisse ro presso editori importanti come la Utet e l'Einaudi, segno che ormai era uno studioso affermato, essendo diventato il punto di riferimento per la storia militare italiana. I noltre, presso la casa editrice Einaudi, Pieri poteva contare sul sostegno di Delio Cantimori, con il quale aveva intrattenuto rapporti di natura professionale dopo che lo s tudioso emiliano gli successe alla Facoltà di Magistero di Messina n el 1939:
Torino 20.12.'39 XVIII
Caro Cantimori, grazie vivissime della tua gentile cartolina dal delicato pensiero. Sono l ieto di sapere la mia vecchia cattedra è in ottime mani, e sono certo che anche tu ti troverai bene, tanto più non avendo avuto ,' come me, le noie infinite della presidenza. Qui si [illegibilel e si osserva il calendario scolastico. Ma poco male! A Torino mi trovo benissimo; solo mi duole non avere la famig lia con me fino a giugno. Coi migliori auguri tuo
Piero Pieri1 65
Sebbene i rapporti tra i due fossero sempre cordiali, dalla corrispondenza non emerge comunque particolare intimità, ma i due ebbero comunque stretti contatti e furono in confidenza, tanto che forse fu a causa di Pieri che Cantimori nel 1956 fece uscire il suo volume sui giacobinj italiani con la Laterza piuttosto che con l'Einaudi: il Prof. Cantimori. di passaggio a Torino, m i ha (diciamo così) accusato di aver suggerito o imposto a te la soprressione di molte note del tuo volume sul Risorgimento; al Ciampini la soppressione di pane delle note e delle appendici al suo Vicusseux (mentre appendici non ce n'erano , e nessuna - dico nessuna nota fu soppressa). Il che avrebbe nuociutosecondo lui - alla rispettabilità della nostra casa editrice, contribuendo a divulgare la credenza che noi imponiamo tagli specie all'apparato critico, e indotto un giovane studioso ad affidare un suo ottimo recente lavoro ad un altro editore.
Carissimo Pieri.
Ora, io non intendo far diatribe o pettegolezzi. Ma, trattandosi di questione che coinvolge le mie responsabilità di consulente editoriale, ti sarò grato se vorrai scrivere a me o a Cantimori poche righe che valgano a ristabilire la verità dei fatti.
E cioè che io non ti ho dato né consigli né suggerimento di alcun genere per la nuova edizione del tuo libro che incidessero sulla sua struttura e, tanto meno, sul suo apparato critico. Non mc lo sarei mai permesso. Che se discorrendone con l ' amico Pischedda ho espresso un giorno l'augurio che venisse dato maggior sviluppo, nelle nuova edizione, alla parte economico-sociale e fosse alleggerita qua e là qualche nota, si trattava dell'espressione d'un mio pensiero personale: non d'una direttiva della casa editrice che possa averti comunque vincolato nel tuo lavoro 166 •
L'incidente in realtà fu chiuso poco dopo e Pieri negò di aver influito su Cantimori in tal senso 16 7 • Negli anni successivi, Cantimori avrebbe fatto parte del comitato editoriale dell'Einaudi, dando la sua personale approvazione alla pubblicazione dei lavori di Pieri168• Inoltre. a panire dalla fine degli anni Cinquanta, l'editore si servì rego larmente delle consulenze di Pieri per decidere le pubblicazioni di libri sulle due guerre mondiali e suJ Risorgimento 169 • Nel frattempo. anche la fama internazionale di Pieri andò crescendo, specie in seguito alle numerose partecipazioni a convegni di grande rilevanza: nel 1950 a Parigi, al Congresso internazionale di scienze storiche; lo stesso anno ad Amsterdam per il Congresso sulla storia della seconda guerra mondiale, per cui la partecipazione di Pieri fu appoggiata da Ferruccio Parri come abbiamo osservato; nel 1952 al Congresso storico di Saragozza; nel 1958 a quello dell'Association des universités européennes a Bruxelles; nel 1960 al Congresso storico di Stoccolma 170 • Inoltre, dalr estero arrivarono importanti richieste di collaborazione:
Il Prof. Hahlweg. libero docente all'università di Miinster in Westfalia, e autore della pregevolissima introduzione alla 16° ed. del Vom Kriege di Clausewitz, prepara oggi un grosso volume sopra i teorici militari di tutò i tempi e di tutti i paesi; dall'anòchicà in poi, fino a Liddell Hart. Con lettera molto gentile mi ha invitato a curare io il Machiavelli e il Montecuccoli. Credo che in questo caso finirò con raccettare1 71 •
Da questa richiesta sarebbero scaturiti due saggi su Machiavelli e Montec:uccoli. pubblicati in Germania nel 1960 1 72 • Altro esempio di questa apertura internazionale fu la partecipazione di Picri a una storia collettanea della Grande guerra per la casa editrice americana Praeger. pubblicata nel 1964, cli cui egli scrisse le pagine relative al fronte italiano17:i. Più rilevante di tutti però forse fu la pubblicazione della lezione Sur le dimensions de l'Histoire militaire, tenuta all'École dcs hautes études di Parigi (17 maggio 1962), sulla celebre rivista «Annales», ali' epoca diretta da Fernand Braudclm.
La sua fama gli permise anche di svolgere le funzioni di divulgatore sulla stampa. in radio e in televisione. Da questa collaborazione venne la sua curatela di un volume monografico del 1955 della rivista «Torino» dedicato alla Resistcnza176 , oppure numerosi articoli apparsi sulla stampa nazionale dedicati ai suoi temi di ricerca 176 • Negli anni Sessanta panecipò ad un ciclo di conversazioni radiofoniche sul tema TI·ent'a11ni di storia politica italiana (1915-1945). assieme ad altri importanti studiosi ed esponenti politici (tra gli altri Leo Valiani, Norberto Bobbio, Gabriele Dc Rosa, Livio Antonic:elli . Altiero Spinelli e Renzo Dc Felice).
A Pieri furono affidate le puntate sugli Aspetti politici e militari della prima guerra mondiale e, nella sezione dedicata al 1940-1945, sulla con- elusione dell'armjstizio 177 • Mentre, per l'attività televisiva, è da segnalare la partecipazione, nel 1967, ad una tavola rotonda sul primo canale, in una trasmissione sulla battaglia di Caporetto diretta da Hombert Bianchi178. Da questa collaborazione, scaturì anche un volume di divulgazione sulla storia generale della prima guerra mondiale, pubblicato dalla casa editrice della Rai 179 • Nel 1952-1953 fu consulente storico per la realizzazione del film La pattuglia sperduta, per la regia di Piero Nelli, pro dotto dalla Vides di Franco Castaldi e uscito nel 1954. Il film riproduceva le vicende di un reparto dell 'esercito piemontese sbandato dopo le sconfitte del 1849, mentre cercava di ricongiungersi con il grosso dell'esercito ormai in ritirata. Il film, inserito nel filone del neorealismo italia no, che uscì dagli schemi dell'interpretazione tradizionale del Risorgi mento, avrebbe posto da un lato la tematica della separazione tra la guerra del 1848 e gli strati popolari (un tema che vedremo tornare nel lavoro di Pieri sul Ri sorgimento) e dall'altro rilanciava il messaggio di una unità necessaria, con i protagonisti provenienti da tutta la penisola e consapevoli della necessità dell'unificazione180 .
Dal 1958 al 1968 , il decennio finale della sua carriera, Pieri mantenne ininterrottamente la carica di Preside della Facoltà di Magistero. Dal novembre 1963 fu collocato fuori ruolo, fatto che gli consentì di alleggerire la sua attività di ins egnamento, dedicandosi prevalentemente a corsi di metodologia della ricerca storica. Lasciò definitivamente l'Un iversità il 1 ° novembre 1968, per i raggiunti limiti di età, ricevendo anche il titolo di professore emerito dal presidente della Repubblica Saragat alla fine del 1969181 •
Durante gli anni finali della sua carriera, Pieri potè contare sul supporto del suo assistente di sempre, Pischedda, al quale nel 1964 fece assegnare la direzione del neocostituito Istituto di storia della facoltà1 82 • Nel 1954, Pieri fece nominare suo assistente volontario Raimondo Luraghi (1921-2012), poi libero docente dal 1963, del quale appoggiò gli studi, inizialmente concentrati sulla Resistenza e in seguito sulla guerra civile americana183 Tuttavia, la relazione accademica più importante che maturò fu quella con Giorgio Rochat. Quest'ultimo nel 1957 era in procinto di completare i suoi studi all'Università di Pavia, quando conobbe Pieri, a cui chiese consiglio per la redazione della propria tesi di laurea sulla Grande guerra. Da allora i due si frequentarono per tutti gli anni Sessanta, con Pieri che si dimostrò di una «dispon ibWtà e generosità straordinaria, andavo da lui [a Torino] e stavo tre ore, quattro ore a chiacchierare, etc [...] abbiamo parlato tantissimo, andavo da lui tre-quattro volte l'anno [... ]>t184 •
Il rapporto con Rochat fu fondamentale per la redazione dell'ultimo lavoro di P ieri: la biografia di Pietro Badoglio. Riguardo questo lavoro, Pieri cominciò a occuparsene almeno dalla p ri ma metà degli anni Sessanta, stabilendo a riguardo un' importante corrispondenza con Ruggiero Zangrandi e Giacomo Carboni. Il primo, come è noto, fu autore di una serie di volumi in cui ricostruì polemicamente gli eventi tra il 25 luglio e 1'8 settembre 1943, mentre Carboni fu comandante del Servizio Informazioni Militari (SIM) nell'estate 1943 e delle truppe poste a difesa della capitale nei giorni dell'8 settembre185•
La Utet cominciò a premere per avere una biografia su Badoglio almeno dal 1960186 e da una lettera da Carboni di quattro anni dopo si deduce che Fieri aveva già cominciato a lavorarci, in quanto il generale gli scriveva: «[ . . .] Mi duole del tempo sottratto ai tuo i ber\ più seri impegni, ma voglio sperare che anche questa polemica possa servirti per il tuo «Badoglio>t che, ora diviene semp re più atteso . Ti abbraccio tuo Giacomo Carboni>t 187 •
In realtà, Pieri fece molta fatica a completare il volume, anche perché, alla fine degli anni Sessanta, si avvic inava ai settantacinque anni e la sua capacità d i lavoro era molto ridotta . Il volume sarebbe dovuto uscire per la collana delle grandi biografie della Utet, all'epoca diretta da Nicola 'Iranfaglia, il quale, con l'accordo di Pieri, decise di chiedere la collaborazione di Rochat per completare il lavoro. Stando alla testimonianza di quest'ultin10, Fieri:
[...] mi passò non ricordo quante centina ia di pagine dattiloscritti. aveva lui rielaborato e raccolto tutte le cose possibili e aveva poi scritto un testo [ . ] un testo, che non arrivava a Caporetto, di 600 o 700 pagine. Io gli proposi quello che ho fatto e lui mi diede carta bianca [ ]. Io presi questo testo , lo ridussi drasticamente[ ) feci anche io le note, non è che l'ho scritto io, ho utilizzato tutto il suo enorme materiale per rimettere a posto quello che lui non riusciva più a chiudere sulla prima guerra mondiale188
Tra i due comunque ci fu «pieno accordo>t sulla struttura del lavoro che fu in sostanza diviso in una prima parte a nome di Pieri, riguardante gli anni fino al 1918, e una seconda, interamente scritta da Rochat, sul resto della vita di Badoglio. Il testo uscì poi nel 1973, consumando un ideale passaggio del testimone tra il più importante storico della prima generazione di storici militari accademici italiani e il più importante della seconda1 89
Il senso di fatica nel completare il suo ultimo lavoro rifletteva anche il più generale scollamento di Pieri dalla vita accademica, che si andò consumando negli anni finali della sua carriera. Intrinsecamente legato ad una visione «tradizionale» dell'Università, quella in cui era cresciuto, si trovò ad affrontare l'ondata delle proteste del movimento studentesco cominciate nel 1967. A riguardo la posizione di Pieri fu piuttosto netta e nel corso di una riunione del consiglio di facoltà, seguita alle occupazioni, sostenne che le agitazioni costituivano un vero e proprio attacco ali 'istituzione:
Sento che Dc Bartolomeis esalta la libertà. Che cosa rispondergli? ' Libertà, libertà, quanti delitti in tuo nome' Una cosa che ha avuto di buono quest'agitazione per tanti rispetti deplorevole , in quanto, come ha osservato il Preside della faco l tà di lettere e filosofia , ha obbligato i professori a prendere posizione su una quistione di fondo , e che è il presupposto d'ogni altra: la libertà come fondamento d i ogni ordinamento politico; la democrazia come costume , tale da salvaguardare il principio sommo dell a libertà contro rutte le degenerazioni che conducono alla tirannide. 'froppi in Italia intendono la li bertà come licenza, come libertà, per tornare all'asserto del Salvemini, di togliere la libertà agli a ltri 190
L'intransigenza di Pieri trovava origine nella sua esperienza personale, che lo portava a identificare nell'agitazione politica di quegli anni un accenno al problematico primo dopoguerra italiano. Particolarmente forte era la sua antipatia per il Partito comunista, che associava alle dittature comuniste dell'Europa orientale, rivendicando la propria diversità, a nche come resistente, rispetto ai valori dei suoi colleghi iscritti al PCI: Pieri. Che ci sia in Italia un partito che ha come programma massimo la rivoluzione sociale e il pieno sconvolgimento dell'ordine democratico attuale, è cosa che tutti sanno, anche se ora esso sembra voler fare, per esigenze contingenti, del riformismo. Che abbia come massima il tanto peggio tanto meglio, è pure cosa notissima. Quanto agli ordini che manda ai suoi adepti, secondo la comune prassi dei partiti rivoluzionari, Lei potrà far l i sapere a me, non io a Lei. Se poi c'è più d'uno qui , fra i nuovi venuti, il quale crede che io, coi miei precedenti, sia anche solo lontanamente disposto ad essere il pupazzo nelle mani d'un qualsiasi tirafili , ciò significa solo che costoro non mi conoscono né punto né poco. Quanto ai miei ideali di libertà come resistente, è chiaro che essi ben poco avevano a che vedere con quelli della mia illustre co ll ega: la quale ben sa quali regimi di libertà sono stati creati in Europa dal suo partito. Quanto alle lezioni da ricuperare nel prossimo luglio, si tratta di un caso limite; va da sé che potranno essere ricuperate come si fa normalmente quando un professore deve allontanarsi dalla sede per alcuni giorni 191
La sua risposta alle proteste, in quanto preside del Magistero e pur potendo contare sul supporto di solo una parte dei suoi colleghi, fu quella di sospendere le lezioni, deliberando in proposito il 21 febbraio 1967192 . In quel periodo, particolarmente forti furono gli scontri con Guido Quazza (1922-1996), con il quale aveva collaborato nel decennio precedente e che nel 1967 era vice-preside. Quest'ultimo sosteneva le richieste degli studenti ed entrambi si accusarono a vicenda di scorrettezza e di non comprendere le ragioni della controparte193 . Tuttavia, la questione ci interessa solo marginalmente e come segno della crescente stanchezza di Pieri nei confronti della vita accademica. Ormai avendo raggiunto l'età pensionabi le, 75 anni per i docenti dell'epoca, alla fine del 1968 lasciò l'Università e a succedergli come preside fu proprio Quazza. Si era di fronte al tramonto dello studioso , un personaggio sempre integro, ma di vecchio stampo. Negli anni successivi , mentre la sua attività lavorativa rallentava, anche a causa dell'avanzare dell'età, 1 a rendergli omaggio, come padre della storia militare italiana, avrebbero provveduto importanti colleghi , amici e allievi. Pieri alla fine si sarebbe spento a Pecetto Torinese nel dicembre 1979.