83 minute read
La Grande guerra di Pieri
from PIERO PIERI
L'approccio critico alla storia della guerra maturato da Pieri nel suo saggio sul Rinascimento avrebbe trovato conferma nei lavori sulla Grande guerra. Pieri fu parte di quella che è stata definita la «prima generazione» di studiosi del conflitto. Si trattava solitamente di uomini che avevano combattuto e che ricollegarono lo studio scientifico della prima guerra mondiale alla loro esperienza. In Italia, lo sviluppo storiografico risentì fortemente dell ' influenza del regime fascista che censurò le voci critiche, pretendendo un 'esaltazione patriottica incondizionata del conflitto. Ciò costrinse Pieri a mantenere un «basso profilo », evitando la pubblicazione di uno studio complessivo della guerra e invece maturando una visione critica esposta prevalentemente attraverso recensioni, uscite sulla «Nuova Rivista Storica». Solo n e l dopoguerra, con l'affermazione della Repubblica e della lib e rtà del dibattito, Pieri avrebbe potuto completare ed esporre pubblicam ente la propria visione del conflitto come «secondo Risorgimento» . Una visione fortemente critica della leadership militare italiana e al te mpo s tesso ben incardinata nel paradigma storiografico antifasc ista che rivendicava l'esperi enza del conflitto come momento formativo del percorso dell'Italia verso la democrazia .
La prima generazione di studi sulia Grande guerra
Advertisement
Negli anni Venti e soprattutto nei Trenta, mentre lavorava alla sua sto ria del Rinascimento, Pieri cominciò a dedi carsi anche alle ricerche s ulla prima guerra mondiale. N on era il solo: in quegli anni , quella che Jay Winter ha definito la «generazione della Grande guerra» stava avviando le prime ricerche sul conflitto in tutti i maggiori Paesi coinvolti nelle ostilità Le loro narrazioni avrebbero dominato il panorama degli studi fino agli anni Sessanta , quando una seconda generazione avrebbe rinnovato i temi della ricerca.
Si trattava di uomini che avevano avuto una conoscenza diretta della guerra , attraverso il servizio militare oppure altre forme di partecipazione allo sforzo bellico. Talora si trattava di figure di spicco del mondo politico, della diplomazia o dell'industria. La letteratura che produssero aveva come oggetto generale lo Stato e la sua condotta nella guerra, politica e militare; spesso le loro narrazioni ebbero la forma di memorie con scopo giustificatorio delle azioni intraprese. Un altro filone di studi che ebbe ampio sviluppo fu quello delle raccolte di documenti diplomatici ufficiali, spesso prodotte per dimostrare le responsabilità degli exnemici nello scoppio del conflitto . Assieme a queste, ebbero notevole importanza le storie delle operazioni scritte dagli uffici storici degli stati maggiori, pubblicate anche a llo scopo di ricavare lezioni per il futuro della guerra, ma spesso caratterizzate da un alto livello di tecnicismo e così dettagliate che richiesero decenni per essere completate1
In questo panorama, dominato dalla grande politica e dalle operazioni militari, ci furono alcune eccezion i rilevanti, come i volumi finanziati dalla fondazione americana Carnegie Endowement for International Peace. Si trattò di una serie di ricerche prodotte con lo scopo di investigare gli aspetti economici e sociali della guerra. In tutto ne furono pubblicati 132, in quella che forse è stata la più grande impresa collettiva di questo tipo mai condotta2 A parte queste eccezioni, generalmente per la prima generazione di storici il conflitto restò una questione centrata sug li aspetti diplomatici e militari, come illustra l'opera di alcune figure fondamentali di spicco di questa fase degli studi .
La prima potrebbe essere quella dello storico Pierre Renouvin (1893-197 4). Nato nello stesso anno di Pi eri, lo studioso francese si affermò dopo la guerra come una figura chiave del mondo accademico francese, prima per i suo i studi sul conflitto e poi come uno dei maggiori storici delle relazioni internazionali 3 • Renouvin era assistente universitario quando nel 1914 fu chiamato alle armi, nel 1917 fu ferito durante la battaglia dello Chemin des Dames, restando mutilato al b raccio sinistro. Dopo la guerra divenne diretto re della Biblioteca internazionale di documentazione contemporanea, un istituto creato dal Ministero della pubblica istruzione con lo scopo di studiare la Grande guerra. Dal 1922 , fu chiamato a tenere lezioni sul confl itto all'Università della Sorbona, ottenendo la cattedra nel 1932, dominando gli studi francesi di relazioni internazionali, di storia diplomatica e per ce rti vers i sulla Grande guerra fino al 1964, anno del suo ritiro.
Il suo lavoro più importante a riguardo fu La cdse europeenne et la grande guerre : (1904-1918), pubblicato nel 1934 e aggiornato nel
La Grand e guerra di Pi eri
1939 , 1948, 1962 e 19694. vVi nter e Prost han no sottolineato che il tes to è una storia «puramente politica, diplomatica e militare», con pochissimo spazio dedicato alle questioni economiche e social i , ad esempio g li ammutinamenti e gli scioperi del 1917 sono discussi in appena un paio di pagine5 • Essendo centrata sulle grandi narrazioni politico -militari , questa storia tendeva anche a minimizzare lo studio della guerra vissuta dai soldati, ritenendo che la loro visione fosse ristretta al campo di battaglia dove si trovavano, quindi di scarsa utilità nella discussione dei problemi più generali6 • Così forte era questo orientamento, che Renovuin, pur essendo un reduce e un mutilato, nei suoi lavori non si servì mai della propria esperienza personale per narrare le vicend e delJa guerra7 •
Un altro esempio paradigmatico degli studiosi della prima generazione , per gli aspetti più strettamente militari, potrebbe essere quello di Basi! Heniy Liddell Hart (1895 -1970), emerso nel dopoguerra come il maggiore esperto britannico di teoria militare e i cui lavori storici ebbero una notevole influenza e importanza. Nato negli stessi anni di Renouvin e Pieri , anche Liddell Hart servì in guerra, arruolandosi volo ntario n ell ' agosto 1914. Ferito nel 1915, dopo un periodo di riposo ritornò in trincea col grado di capitano, partecipando alla battaglia della Somme (luglio-ottobre 1916), dove la sua uni tà fu quasi completamente annientata il primo g iorno dell'offensiva anglo-francese ed egli stesso fu ferito varie vo lte, prima di essere messo fuori combattimento, il 19 luglio, da un attacco con i gas . In seguito, rientrò in patria dove si occupò dell'addestramento delle reclute, ma l' esperienza sul fronte occidentale segnò profondamente la sua vita e il suo approccio ai probl emi militari 8 • Nel dopoguerra , oltre ad altri lavori sulla strategia e la teoria della guerra 9 , Liddell Hart si dedicò allo studio della prima guerra mondiale, emergendo rapidamente come uno dei principali critici della condotta della guerra britannica. Fatto quest'ultimo che lo spinse a mettere in discussione la metodologia della storia ufficiale prodotta dalJe forze armate del suo Paese, ritenuta eccessivamente provinciale e ac riticamente patriottica1° Sebbene la dimensione critica avesse una notevole importanza nel suo lavoro, anch ' esso condiv id eva alcuni tratti tipici della storiografia della prima generazione, centrandosi su una narrazione anglocentrica e nazional-imperiale11 Tuttavia, come per Renouvin, un punto era chiaro, ed era espresso di per sé nel titolo del suo volume, The Real War (pubblicato nel 1930 e poi più volte aggiornato e riedito con il tito lo The First World War) Per Liddell Hart la guerra che meritava di essere studiata era quella fatta da politici e strateghi:
Pieri s wrico militare
Qualcuno potrebbe dire che la guerra qui descritta non è abbastanza vera , in quanto la sua ·verità· andrebbe soprattutto ricercata nelle menti e nei corpi dilaniati dei singoli. lo non intendo affatto ignorare o negare questo aspetto della verità. Ma per chiunque cerchi, come faccio io nel mio libro , di vedere nella guerra un episodio della storia umana , questo aspetto è secondario. Proprio perché la guerra si ripercosse così intensamente sulla vita dei singoli, perché questi si contavano a milioni [ ] è necessario vedere la guerra in prospettiva , districandone i fili conduttori dell'aggrovigliata matassa delle miserie umane. f... 1È vero che più che nello scontro fisico delle forze la guerra venne combattuta nelle menti di alcuni individui Ma le idee e i sentimenti decisivi si svilupparono nei gabinetti ministeriali e nei comandi militari, non nelle file della fanteria o nella desolazione dei focolari sconvolti12 .
La storiografia italiana della prima generazione non si distinse da queste tendenze generali, se non per il ritardo con cui si mosse , per l'asprezza delle prime polemiche, legate principalmente alla necessità di spiegare Caporetto e per il fatto di essere presto condizionata daJ regime fascista. Come all'estero la memorialistica dei leader politici e militari, da Salandra e Cadorna, fu essenzialmente una difesa delle decisioni prese relativamente alla condotta della guerra13 Particolarmente rilevante fu il lavoro di Luigi Albertini, direttore del «Corriere della Sera» dal 1900 al 1921 e autore di una storia multivolume della crisi europea che condusse alla guerra14. Ma la storiografia in quanto ta le scontò un ritardo importante: gli archivi italiani sarebbero rimasti chiusi ancora più a lungo di quelli delle altre potenze e cominciarono ad essere aperti agli studiosi solo fra la fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, così come le collezioni di documenti ufficiali uscirono con estremo ritardo. Si pensi alla serie dei Documenti diplomatìci italiani dedicata al periodo della guerra, che com in ciò solo nel 1954 e fu completata nel 19831 5 .A.naloghe tempist iche ebbe la relazione ufficiale dell ' esercito, cominciata negli anni del fascismo e completata solo nel 1988 1 6 .
Molto di questo ritardo fu dovuto al regime, per cui la memoria della grande guerra «doveva grondare retorica delle qualità guerriere de l popolo italiano e del regime che lo governava», caratterizzandosi perciò per un forte controllo sugli studi e sulla costruzione della memoria pubblica 17 • Al colonnello Angelo Gatti , capo dell'ufficio stor ico nel periodo di Cadorna, autore del celebre diario su Caporetto pubblicato nel secondo dopoguerra, che gli chiedeva il permesso di studiare la battaglia, Mussolini prima rispose esortandolo a procedere nel la- - 116 - -
La Grande guerra di Pieri voro, poi fece marcia indietro asserendo che «non era il tempo di storia ma dei miti»18 •
Come all'estero, anche in I talia ci furono alcune eccezioni, a cominciare dai volumi della serie Carnegie dedicati al nostro P aese, fra i cui autori si annoverano Riccardo Bachi e Luigi Einaudi19 Oppure più tardi il lavoro di Omodeo, Momenti della vita di guerra, uscito nel 1934 e che attraverso diari e lettere, raccontava da un lato il ruolo fondamentale avuto dagli ufficiali di complemento e dall'altro sottolineava il richiamo ai valori risorgimentali dell'interventismo20 • A parte questi casi isolati, il controllo del regime però rimase forte e la storiografia orientata all'esaltazione incondizionata desiderata dall'alto , colpendo persino gli storici vicini al regime. Nel 1921, Gioacchino Volpe, che come abbiamo visto fu lo smdioso più vicino al fascismo in questi anni, ebbe da Luigi Einaudi il compito di scrivere una storia del popolo italiano nella prima guerra mondiale, come parte della serie di volumi Carnegie sull'Italia. Nel luglio 1923, Mussolini ricevette un'infonnativa secondo cui gli snidi di Volpe, che aveva avuto accesso ad alcune fonti dell'archivio storiografico della mobilitazione, stavano prendendo una deviazione sgradita al governo, in quanto lo studioso sembrava concentrarsi prevalentemente sulle agitazioni del 19172 1 Alla fine l'opera di Volpe non fu mai completata e nel 1930 , fece uscire solo un volume paziale Ottobre 1917. Dall'Isonzo al Piaue che ebbe il merito di rigettare la tesi di una cospirazione disfattista e provò ad identificare invece le cause militari della sconfitta, ut ilizzando anche spunti provenienti dalla commissione di inchiesta. Nonostante questo, il volume s i inserì pienamente nel contesto dell'atmosfera di esaltazione patriottica del regime, contribuendo anzi a sdoganare la parola «Caporetto» nell'opinone pubblica . Volpe av rebbe poi rimesso mano al testo negli anni Sessanta, nella speranza di rivederlo, ma lasciò perdere il progetto, mentre larga parte del resto della ricerca, in particolare dedicata al 1915 e al 1916, è rimasta inedita fino al 199822 • La storiografia ufficiale non fece meglio: i «generali della vittoria», il gruppo di leader militari che aveva controllato la macchina militare italiana nel conflitto, che comprese figure di primo piano del periodo fascista come Pietro Badoglio e Ugo Cavallero, cedette alla logica dell'esaltazione incondizionata della vittoria e della qualità dell 'esercito23 • Nel frattempo l'attività degli uffici storici mantenne una dimensione prevalentemente tecnica e, quando ne usciva, scadeva nel trionfalismo tipico del regime, privando gli studi di una documentazione indipendente e di un approccio critico 2 4 • Questo fra l'altro contribuisce anche a spiegare
Pieri storico militare la limitata collaborazione tra gli uffici storici e il mondo accademico di quegli anni: Pieri sc ri sse per l'esercito solo due rassegne piuttosto gen eriche di storiografia che coprivano il periodo dall'età classica alla storia contemporanea ed entrambe prima del 1930, quando come abbiamo osservato a suo giudizio l' ari a intorno agli studi milita,ri contemporanei cominciò a farsi troppo pesante25 •
I tentativi esterni di ricostruire le operazioni andarono incontro regolarmente alla censura. Oltre al caso di Bencivenga, che vedremo meglio in seguito, accadde alla collana «Storia della guerra italiana;,, diretta dal generale Aldo Calbiati, di incappare nella censura del regime. Uscita a Milano, tra il 1934 e il 1935, per l' editore Corbaccio, la collana si riproponeva di fornire una ricostruzione integrale della condotta della guerra italiana, anche sul mare e nell'aria, coinvolgendo autori di buon livello, come Aldo Valori e Riccardo Bollati. In realtà, il primo volume fu ritirato appena uscito e fatto riscrivere da un altro autore26 • Invece, l'ultimo, Giugno 1918 di Gianni Baj Macario, dedicato alla difesa del Piave, poiché esaltava il ruolo di Badoglio rispetto a quello del maresciallo Giardino, procurò all'autore le critiche di quest'ultimo, che si sentì svil ito, e un anno di confino 27 •
La chiusura degli archivi privò Fieri e gli altri storici delle principali fonti primarie archivistiche, un problema che lo avrebbe riguardato fino agli ultimi anni della sua attività:
Quanto alrufficio storico dello S.M., fa vedere alcuni documenti ai suoi amici, ma solo fin dove garba. Così dal 1930 il Geo. Bencivenga, scri vendomi , mi disse che sarebbe stato da pubblicare il diario del Ten, CoL Medico Casal i, medico di Cadoma, e sempre dietro a lui giorno e notte; e ancora nel '34 mi scrisse che si adoperava perché fosse pubblicato. Orbene il Gcn. Faldella ha potuto vederlo per alcuni punti in difesa di Cadorna; ma poi ci ha fatto sapere che il diario contiene giudiz i personali spesso aspri su molte persone e che perciò non è da pubb l icarsi 28 !
A questo si aggiungeva la diretta intromissione di esponenti de ll e forze armate nei tentativi dello studioso di recuperare documentaz ione , come accadde nel caso delle carte del colonnello Gatti, custodite dalla famiglia :
Il Prof. Gatti, storico della Musica, frate Jl o di Angelo Gani, mi fece d ire nel marzo dell ' anno scorso che desiderava farn1i esaminare alcuni documenti lasciatigli dal fratello. ch e d e molivano Badoglio per quanto riguar-
La Grande guerra di Pieri dava il 24 ottobre 1917. Stabilimmo, pel tramite di una professoressa torinese, un incontro nel maggio-giugno, alla villa della famiglia dei Gatti, nel Monferrato. Poi nessuno mi disse più nulla. Ora ho saputo che il Gen. Raffaele Cadorna sconsigliò vivamente il Prof. Gatti dal farmi vedere tali documenti, e lo indusse a cederli ad un e nte di Asti, con la clausola c he per vari anni ancora non debbano essere access ibili gl i stud io si. Nel 1935. il Gen. Bencivenga mi disse, a Roma , che il Gen. Adriano Alberti a veva fatto carriera per aver eliminato, come dire ttore dell'Ufficio storico dello S.M., i documenti su Caporetto che a Badoglio non garbavano. E la stessa cosa mi disse allora il maggiore Tosti. Così desidera la verità la consorteria dei badogliani ! ... 29
Solo nel 1963 , quando gli studi di Pieri erano ormai avviati alla fase conclusiva, e le sue ricerche sulla Grande guerra ormai completate, gli uffici storici avrebbero permesso ad un civile, Giorgio Rochat , di accedere per la prima volta per una ricerca indipendente30 • Va osservato che Pieri non ottenne maggiore collaborazione dai vertici delle forze armate, con cui pure ebbe una corrispondenza. Sono interessanti a riguardo alcuni suoi tentativi di contatto con Cadorna, avvenuti già nel 1921, dal quale Pieri si illudeva di poter avere informazioni aggiuntive che non comparivano nelle pubblicazioni del generalissimo, che peraltro così gU rispondeva:
(... ] Come avrà letto nella premessa al mio libro , io non avevo a mia disposizione che i comunicati ufficiali , perché tutti i documenti originali si trovano all'archivio storico del corpo di stato maggiore , col quale io non ho rapporto alcuno . D ' altronde quei documenti serviranno per la storia particolareggiata della guerra , la quale do vrà essere composta dallo stesso corpo di stato maggioré11 •
Anche questi contatti con le più alte cariche militari sarebbero stati segnati da una certa indipendenza di giu dizio dalla parte dello storico.
Nel 1923 Pieri avrebbe recensito le memorie del Cadoma per un quotidiano napoletano 32 , prestando però orecchio alle critiche di Oouhet, il quale nel 1916 aveva attaccato duramente la condotta della guerra da parte del comando supremo: le accuse erano finite in un memoriale sulla Strafexpedition, consegnato al presidente del consiglio Bissolati il 3 luglio 1916, che costò l'arresto all'autore3J Copia della recensione fu inviata a Cadorna che si prese la briga di scrivere privatamente a Fieri , dichiarandogli - non imprevedibilmente - sia che il Douhet era uno «spregevole libellista» sia che non era vero che aveva accusato le truppe di vig liaccheria nell ' ottobre del 1917:
Pieri s rorico militare
Nel bollettino del 26 ottobre non ho accusato le truppe - ossia l'esercito - di codard ia. H o soltanto accusato alcuni reparti della 2 • armata, ed ho anzi esal tato il valore delle altre truppe. Chi nega questo, non conosce il bollettino. Se io non avessi determinato di schivare le polemiche, avrei già da molto tempo dimostrato con quanta poca ragione mi attacchino su questo campo [... ]34
È comprensibile come queste prese di posizione di Pieri non aiutassero i suoi rapporti con l'istituzione militare ufficiale, soprattutto al tempo del fascismo 35 •
Era questo il riflesso di tutte le difficoltà che Pieri, da storico militare «la ico », dovette sperimentare per accedere alla documentazione. Tuie spirito di chiusura a difesa dell'istituzione sarebbe proseguito a lungo. Un piccolo, ma rivelatore, esempio può essere forse l'annotazione manoscri tta di Pieri che, ancora a metà degli anni Sessanta, nella quarta di copertina della propria copia della Grande guerra del generale Emilio Fal della, scriveva: «Recensione al vol. presente in Rivista militare, febbraio 1966, pp. 243-248, di E. Avallone (Elogio completo dal principio alla fine! Come Cadorna non ha mai errato, così Faldella non sbaglia o è criticabile!)»36 Nel testo. Faldella faceva va ri riferimenti al lavoro di Pieri, il quale scrisse al generale per ringraziarl o, ma nel contempo:
[ ] gli facevo garbatamente osservare che lui mi citava e mi elogiava in punti di scarsa importanza , mentre io avrei preferito che mi avesse citato, e confutato, là dove io facevo osservazioni importanti e nuove , com e dove indicavo i provvedimenti non adottati dal Cadorna, e di sua competenza, in vista dell'offensiva d'ottobre '17, e come là dove indicavo la ripetizione aggravata degli errori del maggio 1916. Al tempo stesso elogiavo va ri e parti dell ' opera sua. Il Faldella non ha mai risposto , prova che nulla aveva da rispondere, e ha finto d'essere impermalito 37 •
Sin dai primi anni Venti (e poi fino agli anni Sessanta!) lo studioso si mosse in un contesto molto difficile, nel quale reperire le fonti necessarie era complicato. se non impossibile: poi, con l'avvento del regime , la messa in discussione di temi scomodi poteva portare a pesanti censure. Stando alla testimonianza di Rochat , lo stesso Pieri sarebbe stato oggetto di un vero e proprio ultimatum, quando negli ann i Trenta provò a dedicarsi allo studio della battaglia di Vittorio Veneto: gl i sarebbe stato o rdinato di smettere, perché «la vittor ia non si mette in discussione»38 •
Tutte queste difficoltà spiegano perché Pieri ridusse consapevolmente la propria attività di cx-combattente-studioso negli anni Venti e
La Grande guerra di Pieri
Trenta. Per quanto a quel tempo uscissero le prime grandi sintesi sul conflitto all'estero, Pieri si limitò ad occuparsi soprattutto della «sua» guerra tra le Tofane e della discussione critica - sotto forma però solo di recensione - di numerosi testi stranieri e italiani. Come avrebbe dichiarato al generale Mario Nicolis Di Robilant, comandante della IV armata, con il quale pure fu in corrispondenza per il volume sulle Tofanéw, i tempi in Italia non erano maturi per sc rivere una storia integrale della Grande guerra:
Eccellenza.
Le sono mo l to obbligato della cortese sua comunicazione del 6 febbraio u.s. circa alcune mie recenti recensioni di studi sulla Grande Guerra . Ho notato però che qualche mia asserzione le è dispiaciuta perché ribadirebbe vecchi errori . E di ciò sono assai dolente. Ritengo anche io pienamente che non sia ancora giunto il momento di scrivere la storia della Grande Guerra . E proprio per questo ri mando a miglior tempo il maggior lavoro. Ma si possa fin d'ora di sbarrare il campo da false versioni e da leggende astutamente create sotto i nostri occhi e continuamente ripetute; ed è quello che cerco di fare come studioso e come combanente - ormai da vari anni, spinto soltanto da sete di verità . Perciò tanto più mi ha colpito la s ua asserzione che io ribadirei vecchi errori [ ...]40 •
Nonostante tutto, attraverso lo studio della guerra nel Trentino e i contatti con gli studiosi tedeschi che ne conseguirono, assieme a quelli con Bencivenga, approfittando del «ba sso profilo» conquistato dalle sue recensioni su ll a •<Nuova Rivista Storica», Pieri avrebbe maturato la propria visione critica della Grande guerra, di fatto avviandone lo studio scientifico in Italia.
La guerra tra le Tofane
Il primissimo scritto di Fieri sulla Grande guerra fu una nota manoscritta inviata al senatore Francesco D'Ovidio 41 , un docente universitario noto per essere uno dei maggiori filologi italiani, e rigirata da quest'ultimo alla Commissione d'inchiesta su Caporetto . La commissione fu voluta alla fine del 1917 , dalle opposiz ioni e dagli ex-neutralisti allo scopo di accertare le cause della sconfitta. Il governo e soprattutto il Presidente del Consiglio Vittorio Emanuele Orlando, pur non potendo evitare la costituzione dell ' organismo, resa necessaria dall'impatto che la rotta di Caporetto aveva avuto sull'opinione pubblica, attuarono
Pieri storico militare una tattica dilatoria nel convocarla. Riunita ai primi del 1918, la commissione fu mista, metà militare e metà civile, sia il governo sia i militari agirono premendo sull'organismo per cercare di condizionarne il lavoro. La commissione sperimentò numerose difficoltà a interrogare i militari coinvolti dall'inchiesta, perché le operazioni erano ancora in corso. Al termine dei lavori, nell'estate 1919, se le conclusioni assolsero il governo Boselli (venendo incontro alle pesanti pressioni di Orlando in tal senso) dalle responsabilità politiche della sconfitta. I risultati però ebbero il merito di affermare una tesi di fondo secondo cui la causa di Caporetto era da ricercare in una serie di responsabilità individuali dei generali, da Cadorna a Capello, combinatesi con la stanchezza delle truppe, sostanzialmente smentendo le accuse di disfattismo mosse dal generalissimo alle truppe e al Paese, confermandone invece le responsabilità42
Il manoscritto di Pieri fu terminato nel dicembre 191843 e il testo quasi integralmente sarebbe finito nella primissima pubblicazione di Pieri sulla Grande guerra, uscita nell'agosto 1919: un articolo in due parti su Caporetto, scritto assieme a Novello Papafava e Pietro Silva, pubblicato sull'«Unità», la rivista di Salvemini44 • L'inchiesta deU'«Unità» avrebbe ripreso in varie parti il lavoro della commissione d'inchiesta. Pieri scrisse le parti dedicate allo schieramento italiano e alle operazioni della battaglia, riprendendo il memorandum che aveva preparato per D'Ovidio 45 Il testo pubblicato in effetti appare modificato in minima parte rispetto all'originale, prevalentemente per questioni di stile. Le differenze più rilevanti sono in apertura e chiusura del manoscritto, nella prima parte è infatti presente una dichiarazione di intenti, poi omessa nella pubblicazione, nella quale si annunciava a D'Ovidio la volontà di:
(... ] presentarle una narrazione, per quanto succinta della battaglia di Caporetto , esponendo «sine ira et studio» quanto vidi o udii personalmente in quei tristi giorni o quanto mi risultò dall'aver interrogato minutamente. durante la prigionia, decine e decine d'ufficiali presi dal nemico nella nostra ritirata46 •
Nella chiusura della pubblicazione scomparivano invece le conclusioni del manoscritto, che affermavano:
Pertanto il disastro di Caporetto non era irreparabile. e agli italiani, ammaestrati dall'avversa fortuna, era dato di poter resiste su di un fronte accorciato e di prepararsi per la rivincita. Questa in breve fu la battaglia di Caporetto. Come conclusione, faccio mie le parole pronunciate dall'On.
La Grande guerra di Pieri
Orlando alla camera il 22 dicembre 1917: «Se gravissima fu la sciagura che ci colpì, tra le complesse cause di essa nessuna tocca l'onore del nostro esercito, che dall ' [illeggibile] sacrificio risplende sempre egualmente terso e immacolato~ 4 7 •
La chiusura del testo pubblicato invece si limitava a registrare che «quella che doveva essere la gigantesca Sedan della III armata, poté limitarsi alla perdita di 60 mila uomini, non tutti nemmeno delle truppe d el Carso, sul Tagliamento, fra Codroipo e Latisanaé8 • Un'altra smussatura di qualche rilievo era la trasformazione di «Cadoma» in «il nostro comando supremo», in alcuni passaggi49 Comunque è difficile credere che si trattasse di un tentativo di ridurre le responsabilità del generalissimo, che erano chiaramente affermate in entrambe le versioni:
[... ) la superi orità della concezione del piano d 'attacco nemico sopra le previsioni e i criteri di difesa del comando supremo italiano. In altre parole , Cadorna si lasciò trarre in inganno sovra il punto dove si sarebbe sferrata l'offensiva nemica50 •
Per rendersi conto dell'importanza di questa precoce intuiz ione, basti pensare che, a distanza di cento anni, gli studi più recenti continuano a mettere in evidenza come Cadorna sottovalutò la possibilità di uno sfondamento n el settore dell'alto Isonzo e che questo ebbe un ' importanza decisiva nella sconfitta italiana 51. Il resto dello scritto era dedicato più che altro a ricostruire gli eventi tatt ici e operativi della battaglia, evidenziando con molto anticipo alcuni elementi che sarebbero regolarment e riapparsi nelle ricerche successive : il pessimo coordinamento tra la fanteria e l'artiglieria; la lentezza nelle manovre difensive; la mancanza di riserve e la perdita del controllo della situazione da parte del comando supremo nei primi tre giorni dell'offensiva 52 • Una osservazione impor tante fu quella del pessimo trattamento dei soldati riservato nelle retrovie, di cui si incolpavano gli alti ufficiali di carriera:
Il Generale Capell o era maestro nello stancare e irritare al massimo grado le truppe, pretendendo da loro sempre di più. quanto meglio si comportavano. I generali in sottordine seguivano per lo più le orme del maestro . Scarsiss imi i riposi. e per lo più in luoghi umid i poco soleggiati, inadatti, con un contatto così amorevole con gli alti comandi, che i so ld ati, appena giunti al sosp irato riposto, desideravano tornare in trincea 53 •
Il dato di maggiore interesse è la possibilità per Pieri di rivolgersi direttamente ad un parlamentare per raccontare la propria versione dei fatti da combattente. Non solo, ma questa versione poté essere inserita nella documentazione ufficiale e poi pubblicata, quasi integralmente, da una rivista, segnalando possibilità di apertura e dibattito che ben presto sarebbero mancate. Come sottolinea Labanca, a partire dall'autunno 1919, anche a causa deJla difficile situazione interna (si stava aprendo il biennio rosso), la scelta della classe politica, anche dei neutralisti cattolici e giolittiani, fu quella di mettere da parte le polemiche sulla guerra, sia sull'ingresso sia su Caporetto, «archiviando» in un certo senso quello che stava emergendo sia nella pubblicistica sia dalle carte della commissione d'inchiestaM. Come vedremo, questa «libertà» di pensare aUa Grande guerra in senso critico sarebbe presto scomparsa.
Dopo il pezzo su Caporetto, sempre su spinta di Salvemini, Pieri cominciò a lavorare ad un articolo che doveva trattare della guerra sulle montagne del Trentino dove aveva combattuto:
Quanto a l mio articolo sulla guerra delle Tofane l'ho già steso e lo ripulirò entro il mese ventu ro: ho scritto anche a vecchi conoscenti per avere notizie precise. Sarebbe intitolato: La i:,,uerra fra le Dolomiti - La mina del Castelletto; in tre capitoli (... ]. È s tata la più gra11de mina della guerra mondiale: 35 tonn ellate di gelatina! Io fui per quattro mesi ufficiale d'avamposto durante i lavori ed ebbi la medaglia di bronzo nell'azione sopra l'escavazione. Ho inquadrato il lavoro in rutte le azioni della zona. E questa estate conto d'andare una settimana al passo Falzarego, dove c'è un albergo non troppo caro, e rived ere quei posti: non potrebbe venire anche lei?55
Il saggio in questione sarebbe uscito però solo nell'annata 1925 (pubblicata nel 1927) dell'Archivio per l'Alto Adige, con il titolo L' Alto Adige nella Guerra Mondiale, il 1915-1916 tra le Tofane. Il testo era una dettagliata ricostruzione delle opera7.ioni nel settore dove Pieri era stato impiegato con il battaglione Belluno nella conquista del Castelletto. Oltre alla ricostruzione, meritevole per il dettaglio, il dato più importante è l'attenzione portata da Picri ai lavori di area tedesca e soprattutto a quello del generale Cletus van Pichler, capo di stato maggiore della difesa austriaca del Tirolo meridionale. Anche se Pieri definisce il suo lavoro i<tendenzioso» (e nelle successive edizioni «non sereno») non esita a citarlo ripetutamente come fonte 56 •
Oltre a essere in contatto con lo stesso Pichler57, per la scrittura del testo lo storico italiano si servì ampiamente di una memoria appositamente compilata dal maggiore Karl von Raschin , comandante del 1 ° reggimento Kaiser-Jager, una de ll e unità che Pieri si trovò di fronte nelle fasi finali dell'assalto al Castelletto e schierata nel settore delle Tofane agli inizi dell'ottobre 1915 :
Traggo queste notizie, che rettificano quelle date da Kaiserjacher-Busch [s ic] citato, da una particolareggiata relazione che il maggiore del 1 ° Regg. Kaiser-Tager Car i von Raschin ebbe la grande cortesia di stendere a compimento di questo mio lavoro. Do in appendice la parte più saliente di questo suo Skizze ueber die Tofana-Kampfe im Jahre 1916, redatto sopra i l suo diario personale e le relazioni di combattimento dei suoi dipendenti. e colgo l'occasione per ringraziarlo ancora58 •
Negli anni successivi il lavoro di Pieri sulle Tofane sarebbe stato rivisto e ripubblicato in due edizioni, una nel 1930 e l'altra nel 1932, con il titolo La nostra guerra tra le Tofane A spingere P ieri alla revisione del testo, come annunciava egli stesso nelle due introduzioni, fu in parte la pubblicazione di opere ufficiali, come il secondo volume della relazione dell'Ufficio storico dell'esercito, edito nel 1929 e dedicato alle operazioni del 19155 9
Soprattutto però fu l'approfondirsi dei contatti con altr i ex -militari asburgici (ora studiosi) e tedeschi che s i stavano dedicando a studi sulle operazioni nel settore del Trentino . Con molti di essi Pieri stabilì una vera e propria collaborazione-corrispondenza per la ricostruzione degli avvenimenti . Tra questi possiamo ricordare Josef Polzleitner, autore di una monografia dedicata al 165° battaglione di fanteria impiegato sul fronte italiano 6<>, di cui si trovano tracce nella corrispondenza di Pieri61 e Viktor Schemfil (1879 -1960), ufficiale del 3° reggimento Kaiserjager e autore nel dopoguerra di una serie di monografie sulla guerra nelle Alpi dolomitiche , tra cui una dedicata al Col di Lana62 • Quest'ultimo assieme al Pichler fu il più importante esponente della storiografia regionale che nel dopoguerra ebbe come protagonisti exufficiali asburgici di origini tirolesi 63 . Rilevante fu anche la corrispondenza con Guido Burtscher, un ex-tenente , autore di un volume pubblicato nel 1933 dedicato proprio alle Tofane. I rapporti con quest ' ultimo portarono ad una «simpat ica collaborazione», come la definì Pieri nel s econdo dopoguerra, tale da tenere ne l 1931 un sopralluogo congiunto in Trentino per meglio definire l'andamento delle operazioni da entrambe le parti 6 .i,.
Pieri si avvalse anche della collaborazione di alcuni ufficiali italiani che avevano servito nel settore delle Tofane, per vagliare le informazioni ricevute dai suoi corrispondenti:
Pieri storico militare
Rettifiche del colonnello Carlo Rossi alla descrizione del combattimento di Fontananegra del 19-7-1916, contenuta del vo lume dello Schemfil (Da lettera del 13 febbraio 1928) . [...]Nel complesso l'azione è descritta bene, salvo alcune in esattezze che, a semplice titolo d'informazione, qui metto in evidenza: a) Il fuoco della nostra artiglieria durò 10 minuti esattamente per parte di una sezione da 75 mm, postata sulla Forcella Fontana Negra e diretta contro le posizioni avanzate nemiche65 •
Il corrispondente di maggiore interesse però fu il generale tedesco Konrad Krafft von De!Jmensingen (1862-1953), con il quale Pieri intrattenne una notevole corrispondenza, che trascese la guerra sulle Dolomiti. Si trattava dell'ufficiale comandante dell'Alpenkorp, costituito dal)' esercito tedesco nel 1915 per s uppo rtare la difesa austriaca del Trentino, allo scopo di impedire agli italiani una rottura del fronte verso nord che avrebbe potuto minacciare la Baviera.
Circa le Tofane, ebbe importanza soprattutto la copia manoscritta di un diario (Tagebuch), il cui o riginale era negli archivi di Berlino, e che raccontava la prospettiva di Dellmensingen sul fronte trentino dal giugno 1915 all'agosto 191566 • Pieri se ne servì ampiamente per aggiungere la narrazione tedesca a quelle italiane e austriache, completando così la ricostruzione degli avvenimenti con fonti provenienti da tutte e tre le parti in causa, vagliandole criticamente, trasformando la natura del volum e da memorialistica a monog rafi ca, come lo stesso Pieri ci tenne a sotto lineare nell'introduzione alla seconda edizione:
Concepito in origine, su la base soprattutto di memorie mie personali, come semplice narrazione degli ostinati e sanguinosi attacchi al Caste lletto e della successiva grandiosa mina, venne via via amp l iandosi per collocare l' episodio nel quadro di tutte le operazioni contro lo sbarr a· mento austriaco Alto Cordevole Val parola.(... ] e la narrazione minutissima delle gesta del a0 reggimento Kaiserjiiger nella guerra mondia le, del Ten. Co l. Schemfil, fondamentale soprattutto per le operazioni dell ' ottobre-novembre 1915 e importante per la lotta di mine sul Piccolo Lagacciò . Inoltre, potei da varie parti ottenere nuovi dati e informazioni; e di particolare interesse fu la mia corrispondenza con S.E. il generale Krafft von Dellmensingen [. .. )67
L' approccio di Pieri era molto originale per i tempi, trattandosi - come egli stesso ebbe modo di rivendicare - di ,,un esempio di collaborazione tra ufficiali italiani, austriaci e tedeschi»68 • Ottenne il plauso degli ex-nemici, un dato piuttosto raro per la storiografia della prima gene-
La Grande guerra di Pi er i razione, a causa del suo carattere fortemente nazionale. Ancora oggi, Giorgio Rochat , nella sua tes timonianza su Pieri, l' ha ricordato come <•la più bella monografia che c'è su lla Grande guerra - monografia settoriale non di una battaglia singola - proprio perché fatta da uno che c'era stato, con le testimonianze, con le poche cose scritte e con i tedeschi o con gli austriaci »69 .
Da un punto di vista metodologico, certamente uno dei grandi meriti di Pieri, lo ha intuito Labanca, fu quello di rappresentare uno dei primi inco ntri tra storici austriaci e italiani, dai quali egli fu non probabilment e ma - alla luce della documentazione - certamente influenzato 70 • Questa attenzione a quanto dicevano gli ex avversari, assieme all ' accoglienza delle voci più indipendenti provenienti dalla storiografia nazionale, contribuì non poco alla maturazione della «visione critica» che Pieri ebbe della Grande guerra italiana nel suo complesso.
Una visione critica della Grande guerra
Ne l primo dopoguerra, il conflitto appena concluso e soprattutto Caporetto avevano lasciato spaccature profondissime nell'opinione pubblica. inasprite dai risultati dell ' inchiesta voluta dal governo Orlando nella quale erano emersi tutti i limiti e gli errori del comando supremo , guidato da Cadorna, assolvendo nel contempo i cosiddetti disfattisti (giolittiani, cattolici e socialisti) dall'aver causato il crollo del fronte 71 • Dopo l'inchiesta, le forze annate si trovarono di fatto messe sotto attac co, anche dagli ambienti democratici, a cominciare proprio dal gruppo raccolto intorno all' «Unità» cui Pieri contribuiva72 • Le prime aspre polemiche furono però rapidamente messe a tacere dal fascismo, il quale in tema di gestione della memoria della Grande guerra attuò una precisa s trategia di silenziamento delle critiche e di coatta 'pacificazione', mentre il Paese scivolava nella dittatura, anche allo scopo di conquistare il consenso dei militari necessario per il consolidamento del potere di Mussolini. Emblematico, da questo punto di vista, fu il conferimento del grado di maresciallo d ' Italia tanto a Diaz quanto a Cadorna, scelto come una sorta di pacificazione obbligatoria e ufficiale delle due fasi della guerra, volta a chiudere le precedenti polemiche73 • Come parte di questo processo, il fascismo censurò le opinioni critiche, las ciando per esse so lo alcuni limitati spazi, che poterono sopravvivere a patto che il confl itto fosse comunque esaltato nel giudizio di «una guerra come giusta, popolare , innovatrice e vittoriosa»7 4
Pieri trovò il proprio spazio critico prevalentemente sulla «Nuova Rivista Storica» e in misura secondaria su altri periodici che gli consentirono la pubblicazione di schede, recensioni e rassegne (non saggi). Attraverso queste pubblicazioni egli cosh·uì una propria «visione critica» complessiva del conflitto. Naturalmente, da storico militare della prima generazione, Pieri si focalizzò soprattutto sui nodi della condotta della guerra italiana, mantenendo al tempo stesso l'esaltazione patriottica, non sorprendente nell 'ex-ufficiale interventista e salveminiano del 1914-1915. Apparentemente, ma solo apparentemente, c'era qui un punto di contatto con il regime.
Al centro di questo complesso rapporto stava il giudizio sul valore del combattente italiano (cui pure Caporetto aveva inflitto un duro colpo) e che divenne un punto centrale nelle reazioni critiche di Pieri alle accuse o ag li stereotipi frequentemente rivolti dagli autori stranieri. Nel 1928, scrivendo la recensione al volume dello studioso francese Bertrand Auerbach L'Autriche et la Hongrie pendant la guerre' 5 , pur riconoscendone i pregi e definendolo «ricco d ' informazioni» e «utile sotto molti riguardi», s i scagliava contro l'autore:
Quanto alla guerra su l fronte italiano, l'A. confessa di non essere un tecnico e di non volers i porre dal punto di vista ita li ano , e si serve quasi esclusivamente del quinto volume della nota opera Der Grosse Krieg dello Schwane (Leipzig, 1922)76, fonte assai importante. ma ostilissima all'Italia e da usare con molta prudenza: bastava che l'A. si fosse messo dal punto di vista dell'obiettività [ ... ]. Le battaglie dell' Isonzo sono tutte uguali, non si distinguono che per il numero ordinale; gl i Austriaci senza vestiti, senza nutrimento, senz'armi resistono sempre. Che dire di Caporetto? (... ] E cita con vera gioia il famoso comunicato di Cadorna, così come fu diramato in Francia: «le fameux communiqué de Cadorna, du 28 octobre, flétrit le défaut de resistence d'une partie de la 2 • armée, qui se rendit à l' ennem i 'criminellement et ignominieusement'» [ ... ]. Inutile dire che i tre corpi italiani s'arresero senza combattere così come, per citare un so lo esempio, i corpi francesi 30° e 11° il 27 maggio 1918. Quanto all'epica difesa del Piave del giugno 1918, che segnò il vero tracollo della monarchia [asburgical, il merito fu tutto della piena del fiume; e po i gli Austriaci erano spossati e mal nun·iti ! ! ! ... Non parliamo di Vittorio Veneto; fu vinto un esercita già disfatto, e del resro, se merito ci fu, esso spetta soprattutto a Inglesi e Francesi 77 !
Non era una reazione nazionalistica ottusa e chiusa. Infatti , tali stereotipi hanno avuto a lungo persistenza nelle narrazioni straniere sul fronte italiano, spesso trascurato oppure oggetto di eccessive semplifica- zioni , se non di veri e propri stereotipi , specie nella pubblicistica (anche recente) straniera7 8 • Agli studios i che pure non risparmiavano critiche agli italiani ma che egli rit eneva attendibili, come Dellemsingen, autore della relazione ufficiale tedesca sulla operazioni in Italia 7'>, Pi eri riconosceva che le informazioni contenute nei loro lavori, per quanto potessero risultare sgradite nella penisola, andavano comunque prese in considerazione per tracciare il quadro degli eventi :
Quanto all'altra grave questione dello stato d'animo d i parte delle truppe , non si può negare però che il Dellmensingcn ci dia notizie gravi , e per noi dolorose , ma di fronte aJle quali sarebbe vano chiudere gli occhi . Un fenomeno come quello di Caporetto è troppo complesso perché si possa spiega rl o con una so la causa , e della depressione morale del momento non s i può non cene re conto , salvo ricercare a quale categor ia di disfattisti - socialisti, giolittiani, clericali - essa spetti soprattutco, e se non vi abbia avuto parte anche il cattivo governo del soldato al fronte . Così ad esempio leggiamo (I , 57) che quattrocento nostri prigionieri in parte eran nirbati, in parte li e ti, e gridavano: «Viva la Germania!»[ ... ]. E la descrizione della rotta nella pianura friulana è dolorosa e impressionante, sebbene orma i g ià notissima. Nell'insieme p e rò i tedesch i avevano l'impressione che la crisi morale fosse soprattutto nella II Armata: i reparti della III armata e deJla zona Carnia si dimostravano assai più solid i80 •
Persino le commissioni di conco rso non poterono nega.re che questo e ra uno dei suoi più grandi pregi, quando affermarono che «gli scritti rece nti sulla guerra mondiale, sia quelli di rico struzione particolare, sia qu elli polemici con critici militari stranieri hanno pagine ed efficaci e vive anche perché vissute da valoroso soldato»81 •
Che quella di Pieri non fosse una posizione nazionalista e patriottarda, lo d im ostra, parallelamente. il suo rapporto con la pubblicistica e la nascente stor iografia italiana, a cui lo studioso prestò attenzione soprattutto nelle sue voci critiche. In una delle prime Rassegne di storia mil itare, intitolata Per la storia della guerra sul fronte italiano, uscita nel 1925, eg li diede ampio spazio ad autori che non erano particolarmente ben visti dall'ambiente militare. Tra questi, Douhet, con il suo Diario critico di guerra in due volumi, che in sostanza raccoglieva le osservazioni maturate prima di essere arrestato 82 • Per il lavoro di quest'ultimo, Pieri dimostrò un certo apprezzamento, soprattutto per le critiche alla condotta tattica del Cadoma:
Il quale dimostra senza dubbio acutezza d'ingegno e studio appassionato dei problemi militari. [.. -1 Le critiche maggiori alla condotta della guerra sull'Isonzo e, nel maggio-giugno 16, sugli altipiani, non sono quindi frutto di osservazioni e di esperienza diretta. Ad ogni modo il Diario, sebbene spesso prolisso e ridondante di ripetizioni, contiene molte osservazioni giustissime. Vi si pone in rilevo la deficienza di mezzi con cui si è entrati in campagna, le lungaggini burocratiche ed ostruzionistiche dei comandi e dell'amministraz ione militare, il terrore della responsabilità, gli uffici inutili o troppo numerosi di personale imboscato nelle retrovie, l'inframmettenza degli alti comandi in quistioni di ultimo ordine e la loro assenza quando davvero c ' è ne è bisogno, gli ordini e i contrordini, il fare e disfare. Le critiche al famoso libricino all'attacco frontale del Cadorna sono nell'insieme cose giuste, e giustificato è il ripetuto lamento che non si sia fatto tesoro dell ' esperienza di nove mesi di guerra sul fronte francese e che si voglia avanzare a qualunque costo contro i reticolati intatti. Conveniamo coll'autore anche quando lamenta il cattivo servizio d'informazioni del Comando supremo, la mancanza d ' unità e d'organicità in mo lte azioni e lo stillicidio dei piccoli fatti d'arme, voluti per ambizione di qualche Comando, o per far apparire qualche cosa su l bollettino, su quel bollettino ch'egli trova non di rado ricco di esagerazioni e travisamenti 83 .
In particolare, il riferimento alla «libretta rossa» non era casuale . Come è noto, questo breve testo di 62 pagine, distribuito agli ufficiali ai primi del 1915, conteneva le norme per l'impiego tattico offensivo della fanteria e faceva dell'assalto frontale la forma pr in cipale di attacco, ignorando di fatto tutte le difficoltà di avanzare in un terreno allo scoperto, dichiarando al contempo che la guerra di trincea costituiva un'eccezione rarissima 84 A riguardo va ricordato il peso che per Pieri, come per gli altri storici della sua generazione, aveva una esperienza diretta dei combattimenti e la sua memoria e i suoi studi sul conflitto ne furono profondamente segnati. Come ricorda Rochat, per lo studioso, la libretta d ivenne oggetto di «odio, molti l'hanno buttata via dimenticata ecc . quelli che la ricordavano . .. Pieri stava ancora male quando ne parlava» 85
Nella stessa rassegna, lo storico esprimeva il suo apprezzamento anche per il lavoro di Novello Papafava, un altro ex -c ombattente ed autore di matrice democratica, capace di prestare attenzione alle questioni militari 86 Ex ufficiale degli alpini come Pieri, Papafava nel dopoguerra fu autore di una serie di libri di un certo pregio, tra cui Appunti militari, nel quale sottolineava come tra le basi del disastro di Caporetto c'era il dissidio tra Cadorna e il generale Capello sullo schieramento della II
La Grande guerra di Fieri armata87 .Un aspetto che secondo Pieri, l'autore aveva espresso «con una acutezza e chiarezza che non si potrebbero desiderare maggiori[ ... ] una delle cause non ultime del disastro» 88 • L'approccio di Pieri invece si faceva molto più critico nei confronti della pubblicistica dei militari , spesso prodotta in senso auto-assolutorio. Nel 1931, attaccò duramente il volume del generale Felice De Chaurand Come l'esercito italiano entrò in guerra, secondo il quale la forza armata:
[... } ad onta delle diverse crisi che aveva dovuto traversare, degli stanziamenti perennemente insufficienti dell'antimilitarismo , dell'incuria dell'opinione pubblica e dei governi, e via di seguito, rappresentava nel 1914 uno strumento solido [.. .j. Se nel maggio 1915 l'efficienza militare italiana non era maggiore, la colpa fu esclusivamente dei governi e della classe dirigente del paese, che non avevano curato nel modo dovuto gli ordinamenti militari della nazione. In tutto questo c' è senza dubbio del vero; ma s iamo di fronte a una tesi esclusivista, e di conseguenza unilaterale: infallibilità dei militari di professione, errori continui dei non militari 89
Analoghe erano le critiche di Pieri al marescia.llo Giardino 90 • Nei suoi tre volumi di memorie riprendeva molte delle giustificazioni addotte dai militari per spiegare il disastro del 1917, a cominciare dal cedimento morale e dalla tesi che avendo l'esercito italiano portato avanti tre anni di offensive consecutive mancava di un'appropriata esperienza della guerra difensiva. Commentava Pieri:
L' A. attribuisce la rotta dell'ottobre '17 unicamente, anche per la rottura iniziale, alla mancata resistenza delle truppe, al cedimento morale. Ma non porta un solo dato di fatto al riguardo. contrariamente al suo metodo abituale. Nel secondo volume, al contrario, egli pone in rilievo come il Comando supremo, e non quello soltanto, fossero in vista della battaglia difensiva , preoccupati che non si ricadesse negli errori del passato (Il, 280,238,241,303,358,361). Dunque già prima della commissione d'inchiesta, elementi responsabili, che non dovevano fare la storia a scopo polemico [ ... ] si riteneva che avessero contribuito al rovescio con numerosi errori di carattere tecnico. Interessante poi quest ' asserzione (II, 040): «Era questa la prima battaglia difensiva , in una guerra nuova, senza dottrina stabilita». L' esperienza nostra nel Trentino, quella francese <li Verdun, e la stessa difensiva tedesca contro Nivelle prima e contro gli inglesi poi. nel "17, non avevano insegnato nulla, e si era giunti alla battaglia dell'ottobre '17 senza alcuna difensiva?! 91
Sempre nella recensione a Giardino. Pieri sottolineava quello che a suo parere era uno dei maggiori limiti imputabili a Cadoma: il rapporto tra il comando supremo e il governo. In tutte le potenze coinvolte nel conflitto questo costituì uno dei nodi gordiani dei rapporti tra militari e politici, ma in Italia esso conobbe un assestamento assai particolare. a causa del vero e proprio isolamento ed esclusivismo voluto da Cadoma nella gestione delle operazioni 9'1 Ecco il giudizio di Pi eri già nel 1927:
In un altro punto ci permettiamo di dissentire: là ove l'A. si scaglia contro !"on. Orlando e due altri ministri rei di aver domandato al comando supremo se fosse preferibile ponar senz'altro la difesa al Mincio. n fatto rientra nella delicata questione dei rapporti tra Governo e comando supremo in tempo di guerra. Riteniamo che il Capo del governo abbia non solo il diritto, ma il dovere di sapere come vanno le cose, e quando occorra anche di dar le direttive. Nel caso particolare. !'on. Orlando aveva toccato con mano i risultati ultimi delrinfallibilismo cadomiano; il nuovo capo di stato maggiore era poco noto, dei sottocapi uno aveva avuto il suo corpo d'armata sommerso e l"altro aveva garantito, a Roma, alla Camera, il 24 ottobre. che tutto era ben disposto per rintuzzare l'offensiva. Che c·è di strano dunque, che il capo del governo. ossia la suprema autorità gerarchica responsabile, ,·olesse veder da vicino gli uomini del comando supremo e discuter con loro'? Proprio uno dei meriti del Diaz fu quello di stabilire rapporti cordiali e di sincera collaborazione col governo!. .. 9".
Ma al di là delle proprie dirette esperienze di combattente, dei contatti con gli cx-avversari, e dei commenti di Papafava, o di Giardino, o di altri, l'impostazione critica e il giudizio indipendente che Picri andava formandosi dovette molto all"influenza che su di lui ebbero la corrispondenza e i lavori di due ex combattenti: come abbiamo detto, il generale tedesco Dcllmensingen e il generale italiano Rob erto Bencivenga, con i quali sarebbe entrato in contatto tra il 1927 e il 1930.
Il primo. oltre a comandare l' Alpenkorp in Trentino n el 1915. fu nell'ottobre 1917 capo di stato maggiore della 14• Armata austro-tedesca. una unità d"élite che ebbe il ruolo principale nello sfondamento del fronte italiano su ll 'Isonzo. Del lavoro del generale tedesco, lo stu dioso italiano aveva una certa stima, e ancora nella sua sintesi del 1965 . avrebbe definito Der Durchbruch am Isonzo un volume «fra i più importanti della storiografia sulla guerra italo-austriaca>19\
Picri scrisse a Dellmcnsingen nell'estate del 1927. inviandogli copia della recensione che aveva scritto sul suo volume. ma passò quasi un
La Grande guerra di Picri anno prima che i due riuscissero ad entrare in contatto 95 • Fece segu ito l'invio da parte dello sto rico italiano della prima versione del suo sagg io sulle Tofane, al q u ale il tedesco appose alcune ch iose riguardanti a lcune azioni tattiche italiane e racco ntando le vicende della guerra nel Trentino dal proprio punto d i vista96 In seguito, le loro discussioni si spostarono sui problemi p iù generali de l fronte austro-italiano e in u n a lunga lettera del maggio 1928, Dellmensingen espose una serie di a m pie cons iderazioni ad un testo inviato da Pieri sulla battaglia di Capo retto, cominciando col confermare alcuni problemi interni all'eserc ito italiano riguardanti gli alti com an di e i co ll egamenti:
Onoratiss i mo Signor Professo re, [...] La sua descrizione delle cause della sconfitta di Caporetto è assai chiarame n te congegnata ed è la migliore che io per o ra abbia letto da par te italiana . La sua op i ni one si accosta a quella de l come Novello Papafava dei Carraresi. la cui opera io potei conoscere solo recentemente c intorno alla quale io più volte sono stato in corrispondenza coll'autore. Già nel mio l ibro io pote i ind icare come importanti cause della rotta l'inefficiente accordo fra i maggiori capi (Cadorna-Capello) e la mancanza di reazione da parte dell'artiglier ia. C h e la mancanza di collegamento fra i reparti di truppa sia in ciò fondata, che solo nell'ultimo tempo p ri ma dell'attacco ebbero luogo notevoli movimenti di truppe, mi sembra a lquanto dubbio. Se esse nel presidio del setto re di combattimento fossero subito e solo state i mpegnate per la durata di molte ore, la situazione sa rebbe rimasta la stessa o poco diversa Ammetto piuttosto che il collegamento fra le unità di combattimento e le diverse parti del retrostante schieramento, in montagna posso essere più gravoso e tale da esse r mantenuto solo con un assai maggiore scemp io di tempo, che in pianura o in collina. A ciò si aggiunge, a mio avviso, la circostanza che gl'ltaliani fin'allora non avevano avuto alcuna seria occasione di difendersi contro un poderoso e veramente moderno attacco Perc iò i capi, e specialmente quelli di minor grado non conoscevano abbastanza le d iffico l tà di questa difesa, che per d i più d"altra parte in montagna sono ancora magg iori 97 •
Dell m ens ingen poi offriva alcune consideraz io n i sui metod i tattici italiani e su l loro impatto nella battaglia. A suo giudizio, uno dei problem i princi p ali de l Regio eserc ito era che l'esperienza italiana era condizionata fortemente dall a guerra contro gli a ustriac i, che non disponevano dei mezzi dei tedeschi . Ad esempio, un fattore chiave del successo iniz iale di Caporetto sarebbe stato il violento bombardamento d'artiglieri a , molto superiore a quelli a cui gli italiani erano ab ituati . Dellmen-
Pieri storico militare singen poi sosteneva che l'artiglieria italiana aveva aperto il fuoco di soppressione dell'attacco troppo tardivamente, confermando l'esistenza di collegamenti inefficienti tra la fanteria e le batterie. Infine , invitava Pieri a non esagerare l'importanza del gas, sul quale egli aveva fatto soprattutto conto per gli effetti morali «perché il soldato italiano ancora appena poteva avere imparato a conoscere, ma bene delle s ua perfidia e terribilità già poteva aver udito»98
Dellmensingen poi discuteva la questione de!Ia penetrazione nella «porta di Poni» e nella valle di Plezzo, dove le forze degli Imperi centrali avevano effettuato i due sfondamenti decisivi nello schieramento italiano, sostenendo che non era vero che era mancata la resistenza. Infatti, secondo il tedesco, a pesare furono soprattutto i metodi tattici tedeschi che non erano familiari a molti ufficiali italiani, come egli ebbe modo di apprendere dagli interrogatori, né riteneva che la situazione sarebbe stata rovesciata daI1'arrivo tempestivo delle riserve itaiiane99 • Infine, nella seconda parte della lettera, si intratteneva nuovamente sulla guerra nel Trentino, esprimendo la considerazione che per gli italiani sarebbe stato possibile conseguire successi molto maggiori di quanto avevano fatto nel 1915 100
Le conside razioni di Dellmensingen ebbero una notevole importanza per Pieri. Ancora nella biografia di Badoglio firmata con Rochat ed edita nel 1973, riguardo alla questione del mancato impiego delle artiglierie , una delle principali responsabilità imputate al futuro maresciallo nelle fasi iniziali di Caporetto, lo studioso si sarebbe richiamato al gene rale tedesco 101 • Parte delle considerazioni espresse nella lettera sul Trentino finirono nella seconda edizione del volume sulle Tofane, come appendice1 02 . Infin e, la prima parte, quella su Caporetto, fu pubblicata alla fine del 1928 sulla «Nuova Rivista Storica», dove Pieri approfittò per esporre la tesi secondo cui o ltre alla superiorità tattica tedesca avevano pesato so prattutto cause endogene, di fatto contraddicendo, almeno in parte, Dellmensingen: a) Il dissidio Cadorna Capello e, di conseguenza, la crisi dello schieramento e il tardivo invito di rinforzi alla nostra sinistra sull'Isonzo; b) il mancato sbarramento della stretta a Nord di Foni sull'Isonzo; c) il mancato o deficiente collegamento tra il IV, il VI1 e il XVII Corpo e colla Zona Carnia: d) il mancato tiro di contropreparazione e di sbarramento da pane dell'artiglieria del XXVII Corpo d'armata ; e) il precipitato abbandono d ella stretta di Saga Tutti fatti, questi, la cui responsabilità potrà essere palleggiata fra un comando e un altro, un generale e un altro, ma è in fondo questo affare secondario 10.3.
La Grande guerra di Pieri
Senza questi limiti ed errori «nonostante le condizioni di stanchezza, gli Austro -tedeschi no n sarebbero andati oltre un grosso successo locale», suffragando le tesi di Angelo Gatti, espresse in un volume del 1 921, secondo cui mo lto della sconfitta si doveva al logoramento inflitto alle truppe dalla condotta dell'a lto comando, senza il quale non si sarebbe verificato il disastro 104. A conclusione del ragionamento, Pieri sostenne la necessità che per comprendere davvero la questione si arrivasse ad un <<esame sereno, attento e minutissimo, delle diverse situazioni dalle due parti, ora per ora . Questo esame ancora manca»1 05
In questi passaggi crediamo emerga tutta l'apertura culturale e storiografica di Pieri, capace di affermare la necess ità di integrare le due prospettive in anni difficili come quelli del fascismo. Volendo, sempre nelle stesse righe, troviamo anche il limite (più che comprensibile per un ex co m battente) di Pieri, e del suo tempo, che era quello di una rivendicazione patriottica del valore del combattente italiano senza che però - nel suo caso - questo significasse ignora re la ri cerca delle cause della disfatta . D'altra parte, questo era avvenuto anche nella sua storia del Rinascimento: era nella capacità (o meno) di combattere degli italiani (e non ne l valore degli avversari) che andavano ri cercate le cause della vittoria e della sconfitta.
A partire dal 1930, a integrare e a sorreggere la visione di Pieri sugli aspetti militari della partecipazione italiana alla Grande guerra sarebbe intervenuto il lavoro del generale Bencivenga, con la sua opera in più volumi Saggio critico sulla nostra guerra 106 L'autore era stato tra i più stretti collaboratori di Cadorna durante la guerra e nel gennaio 1916 fu posto a capo dell'ufficio segreteria del comando supremo, fungendo di fatto da capo di stato maggiore di Cadorna per le operazioni107. Essendo un colonnello, la sua funzione lo portò a svolgere funzioni molto più importanti di quelle che il suo grado avrebbe indicato. Ebbe parte rilevante nelle decisioni riguardanti la Strafexpedition e la presa di Gorizia, ma a metà del 1917 i suoi rapporti con Cadorna cominc iarono a guastarsi :
I miei rapporti col generale Cadorna furono più che filiali fino all'estate inoltrata del '17. Una sola nube passeggera velò per poche ore i nostri rapporti dopo Go ri zia, Cadorna improvvisamente mi chiese che cosa pensassi dei miei collaboratori (Pintor, Cavallero, Gazzera , Dusnasi) e se taluno di essi mi avrebbe potuto eventualmente sostituire. Io espressi senza reticenze il mio parere, il che tradiva tutto un ragionamento intimo che si svolgeva nella mente del capo, mi disse: ~s.M . mi ha detto che
Pieri storico militare
Lei appartiene alla massoneria, ed anche Badoglio . . .» Io seccamente rispos i che in vita m.ia non avevo mai accettato vincoli alla mia libertà d i pensiero e di azione, che non appartenevo ad alcuna setta o conventicola e se S.M. era così bene informato nei miei riguardi, v'era di che allarmarsi dell'esattezza delle sue conoscenze personali in altri campi ben più importanti108
Nell'agosto 1917 Bencivenga fu allontanato dal Comando supremo e gli furono inflitti tre mesi di arresti in fortezza. Dal 1 ° novembre 1917, fu al comando della brigata Aosta che condusse sul Grappa e sul Piave, conquistando una medaglia d'oro e una d'argento . Nel 1919 lasciò il servizio attivo e cominciò un'intensa attività di pubblicista e cr itico militare, per poi esse re eletto deputato, nel 1924, nella lista democratica e antifascista di Giovanni Amendola. Dopo l'omicidio Matteotti (1 O giugno 1924) si sch ierò apertamente contro il fascismo e partecipò alla secessione dell'Aventino, decadendo dalla carica in seguito ai provvedimenti di Mussolini contro i deputati aventiniani . Nel 1926, sfidò a duello Arnaldo Mussolini e non ricevendo soddisfazione accusò pubblicamente la famiglia del dittatore di viltà: di conseguenza fu radiato dall'esercito e condannato a cinque anni di confino che scontò sull'isola di Ponza. Fu durante questo periodo che cominciò la scrittura del suo Saggio critico, che uscì tra il 1930 e il 1937 presso alcune semisconosciute tipografie romane, rigorosamente soggetto alla censura preventiva sia del governo sia dei vertici dell'esercito. Come scriveva a Pieri, in relazione al volume sul 1916:
Carissimo e chiarissimo professore, ieri sera mi è stato comunicato il permesso concesso alla diffusione del mio libro e mi affretto a dargliene notizia.
Ma quale brutto quarto d'o ra ho passato! Il libro era passato alla censura politica; ma quando è andato nelle mani del gen. Pariani. questi pretendeva che il ministero della stampa mi imponesse alcune modifiche nella parte riguardante gli avvenimenti in Trentino. Preciso non so d i che si trattasse, so soltanto che avrei dovuto modificare cinque pagine! Può immaginarsi la mia rabbia in quanto le modifiche tendevano quasi certamente a travisare verità, o quanto meno ad offuscarla.
Il Pariani che nel 1916 faceva parte dello stato maggiore del V corpo, ed e ra uno dei più ardenti zelatori della marcia su Trento, vorrebbe nascondere il delitto allora commesso da lui e da i suoi altri colleghi trascinando quel buon uomo di Zopp i (un leggerone!) e influendo sullo stato maggiore della I armata. il quale a sua volta trascinava il buon Brusati a
La Grande guerra di Pieri concedere via libera al subordinato. Non solo , ma il Pariani, amico del Cavallero, cercava di influire anche sul C.S.; e quella lettera che si cita sovente per dimostrare come Cadorna approvasse l'offensiva in Val Sugana , fu portata proprio a ll a firma in mia assenza sorprendendo la buona fede del Cadorna. Al mio ritorno ne presi conoscenza e non mancai di farne un duro rimprovero al Cavallero, il qua le si è dimostrato incorreggibile, visto che ancora alla vigilia di Caporetto, tradiva il pensiero di Cadorna, nel colloquio con Capello!
Se ciò vuole la burrasca è passata; ma ahimè con quanta trepidaz ione mi rimetterò al lavoro per la campagna del 1917! 109
L'opera di Bencivenga fu importante perché offrì a Pieri (e ai suoi lett ori) una visione dettagliata dei problemi organizzativi e operativi d ell'esercito, facendone uno studio fondamentale tra quelli italiani della prima generazione. Pieri lesse approfonditamente i volumi, come si può dedurre dalla ricchezza di annotazioni, presenti nelle copie personali ora conservate nella Biblioteca nazionale di Torino. In particolare, il volume su Caporetto contiene centinaia di appunti. Un solo esempio: laddove Bencivenga afferma «pertanto gli avvenimenti dell ' autunno ' 17 mettono in primo piano la questione dell'ordinamento del Comando supremo e del suo funzionamento», Pi eri scrive di fianco «Ciò è certamente una questione di fondamentale importanza . Si doveva però pensa re che l'esercito in guerra aveva imparato ciò» 110 .Come vedremo, la questione della costituzione del comando supremo fu uno dei principali punti su cu i Pieri aderì alle tesi di Bencivenga e questa anno t azione è uno tra i moltissimi segni di quanto egli apprese dai volumi del colonnello.
È un dato di fatto che Pieri - fra i pochi che ne ebbero il coraggiorecensì i volumi sulla «Nuova Rivista Storica» nel 1930 , nel 1935 e nel 1940, dandone giudi zi estremamente positivi :
Il saggio critico sulla nostra guerra del Gen. Bencivenga occupa un posto a sé nella storiografia sulla nostra guerra.[ . . .] L'opera di B. è quindi particolarmente importante sia per la dottrina e l'acutezza delraucore, che p e r la sua partico lare posizione, la quale gli consenti di vedere e sapere molte cose , e d'aver contatti colle più alte personalità militari italiane e straniere. Soprattutto notevo le è l'esame della condotta strategica d e lla guerra. abilmente inquadrato nell'ampia e sicura visione delle linee maestre dello svo lgimento di tutto quanto il grande conflitto mondiale111 •
Anche per questo i due avviarono una fitta corrispondenza , cosa che permise a Pieri di aver accesso a molte considerazioni e notizie che
Pieri storico militare
Bencivenga poteva fornirgli privatamente e anche in anteprima rispetto alla pubblicazione. I due discussero così per via epistolare degli aspetti più vari della guerra italiana, a cominciare dal ruolo di Cadoma e del Comando supremo:
Purtroppo Cadorna, come anche Joffre, si dimostrò sempre eccessivamente preoccupato per la sua posizione; ciò lo indusse a dar corpo alle ombre e a commettere atti e manifestazioni ingiustificate. Così, dopo Gorizia, l'esaltazione di Capello da parte della stampa [ ...] destò le gelosie di Cadoma; il che condusse all ' allontanamento di Capello dalla fronte Giulia ed all'increscioso incidente con Bissolati112
Bencivenga contribuì anche a rafforzare alcuni punti di vista che Pieri aveva maturato autonomamente, come ad esempio quello riguardante il ruolo fondamentale degli ufficiali di complemento, anche a suo giudizio vera guida dei reparti:
Ella ha ragione d'insorgere contro l'insinuazione che la massa degli ufficiali in congedo non abbia dato tutto il rendimento che il paese aveva il diritto di attendere. Io sono testimone che i più fulgidi esempi di (illegibilc], di entus iasmo, di vo lenterosità, si ebbero nella élite degli ufficiali di complemento,( ... ] questa massa di giovani per lo più deJJa piccola borghesia (... ] che rivestivano il grado di ufficiale passando improvvisamente dal lavoro [illegibile] all'az ione di guerra1 13
Un altro aspetto essenziale che Pieri dedusse, anticipando lo stesso colonnello, fu la similitudine degli errori del comando italiano tanto nel corso della Strafexpedition quanto per Caporetto, riflesso di un lirnite più generale dell'impostazione di comando del Cadorna:
Caro ed illustre professore, ella ha messo il dito sulla piaga. È proprio vero che es iste una spiccata analogia tra gli avvenimenti del Trentino e quelli di Caporetto! Ma la ragione non è quell a che può apparire a prima vista, cioè il male endemico della nostra alta gerarchia-l'indisciplina! Già l'indisciplina germoglia so ltanto quando il capo non ha l'indispensabile ascendente sugli inferiori; ma soprattutto quando il superiore non sa o non vuo le imporre il proprio punto di vista per difetto di convinzione! È proprio il caso del generale Cadorna. Tutto quello che fu fatto per fronteggiare l'attacco austriaco nel Trentino è avvenuto rimorchiando la volontà del generale114 •
Tale problematica sarebbe stata esposta chiaramente soprattutto nell'ultima recensione su Bencivenga, dedicata al volume sulla guerra
La Grande guerra di Pieri nel 1917 prima di Caporetto, nel quale secondo Pieri emergeva chiaramente il limite dell 'offe nsiva a oltranza di Cadorna, che non aveva conseguito alcun risultato apprezzabile, esponendo l'esercito italiano alla tenuta di un fronte scomodo dal punto di vista strategico e tattico, logorando nel contempo il materiale umano:
Da ciò il diffu so senso di stanchezza e di sfiducia, nell'esercito e nel paese, sfmttato senza scrupolo dalla propaganda neutralista e disfattista. R esponsabile primo di questo stato di cose appariva ai più il gen. Cadorna, col cattivo governo degli uomini, colla cieca ostinazione in costosissimi attacchi frontali , colla mania della spinta sul Carso , là dove il nemico era più forte e nessuna sorpresa o manovra era possibile115.
Pieri condivideva con Bencivenga anche le critiche alla scelta di Cadorna di disporre di un alto comando estremamente ridotto, a causa del timore che la sua influenza potesse essere minata dai subalterni, rifacendosi proprio all'esperienza di quest'ultimo presso il comando supremo:
Ora costui [Bencivenga parlava di sé], semplice colonnello, godeva bensì la piena fiducia del generalissimo, ma di fronte ai Comandi d'armata non e ra nulla( ]. Insomma, il Cadorna non aveva voluto sottoposti troppo autorevoli, tali da menomare di fatto la sua autorità( ] egli non era in grado in ultima analisi, di controllare le armate. Se poco le controllava in periodi di sosta, meno ancora poteva farlo durante la battaglia . Una volta questa ini ziata, egli non era in grado di farsi un concetto proprio del suo sviluppo: non disponeva di mezzi propri di controllo, non disponeva di ufficiali di stato maggiore coi quali guidare la lotta. Questo spiega dunque la perplessità del Capo nell ' arrestare l'azion e di fronte al contrario avviso dei dipendenti Comandi. (Si ricordi che per di più il Capello asseriva d ' essere stato fermato dal Comando supremo nello sfruttamento della vittoria di Gorizia, e l ' infondata acmsa aveva trovata larga eco nei giornalisti, in uomini politici e tra gli stessi combattenti) [...]. Il troppo autoritarismo s i risolveva dialetticamente in mancanza di autorità! 116
Poco conta che il Cadorna avesse un'esatta concezione della moderna guerra di posizione , se poi eg l i non seppe e comunque non fu in grado di chiarirne e imporne l ' attuazione ai suoi più immediati e diretti sottoposti; e che strategicamente fosse ben edotto del principio dell'economia delle forze , se all'atto pratico lo lasciò violare continuamente attraverso la discorde o disarmonica azione dei suoi dipendenti! 117
Pieri storico militare
Affermare che troppo autoritarismo si traduceva in una mancanza di autorità, tra l'altro basandosi sulle affermazioni di un ex confinato come Bencivenga, ai primi del 1940, cioè quando Mussolini era diretto verso la guerra e qualunque dibattito critico interno aJ Paese era stato stroncato, è un'affermazione che rende grande merito all'autonomia intellettuale dello studioso. Infatti, ricorda Rochat, lo spazio accordato a Bencivenga da Pieri va considerato tra «le cose più coraggiose che ha scritto sul fascismo, e anche le più degne, politicamente degne, perché ricordava un uomo che si era fatto a Ponza vari anni di confino»118
Ci volle però la caduta del regime perché le sue dettagliate e lunghe, solo apparentemente tecniche recensioni, uscissero dalla «Nuova Rivista Storica» che comunque era letta nel migliore dei casi da qualche centinaio di studiosi e da qualche decina di storici accademici (una sede, insomma, appartata) . Solo con la fine deUa seconda guerra mondiale e la proclamazione della Repubblica italiana questi scritti di Pieri poterono essere messi assieme, in quelle recensioni che sarebbero confluite nel 1947 nel volume La prima guerra mondiale, problemi di storia militare, peraltro presso una tipografia torinese, e quindi con un pubblico molto ridotto.
Per la verità nel 1942 , come l'autore stesso ci ricorda nell'introduzione, era stato Omodeo a propone che gli studi di Pieri suJ conflitto potessero uscire in volume per l 'ISPI , suggerendo in seguito anche i criteri di revisione per formare una sintesi organica:
Napoli 27 aprile 1942 ho ricevuto e letto con moltissimo interesse la serie completa dei saggi che mi avete invi ato.
Caro Pieri.
Le mie impress ioni sono queste a) Gli studi sulla guerra europea sono interessanti quanto e qualcuno più di quelli sulla guerra italiana. Perciò invece di un'appendice conviene fa m e una serie a parte e intitolare tutto il volume: Problemi di stori a militare deJJa guerra 1914-1918. Conservasi anche in quegli studi su questioni dottrinali che non si riferiscono alla guerra combattuta (i problemi su llo Stato maggiore francese, sulla formazione dell'esercito tedesco fra le due guerre, eccetera) perché concorrono a informare sui problemi della tecnica militare. Lo studio Plutarco ha mentito a parer mio dovrebbe prendere posto a fianco dell'al rro sulla costituz ion e dell'esercito francese. I piccoli studi della guerra di montagna messi in serie, dovrebbero costituire una breve appendice. -- b) L'artico lo sulla biografia della guerra mondiale come primo articolo può andare , se del volume bibliografico si fa un cenno in nota, magari agg iun gendo alcuni periodici che nel testo si riferiscono ad esso, e si lascia sussistere col testo solo la pane che si riferi sce ai caratteri della prima guerra mondiale. Bisogna che i primi artico]j siano fra i più interessanti per incatenare l'attenzione del lettore. e) Riordinando il materiale conv iene eliminare le frasi che tradiscono la recensione, e le frasi che si adattano agli anni spesso lontani in cui sono state scritte. Date in vece il carattere che ai vostri lavori si compete di analisi continua della letteratura dell'argomento. A me con pochi colp i di lima è riuscito dare una continuità soddisfacente a ll e analisi su Carlo Alberto e sul Gioberti. Sarà così per le vostre analisi. d) Omettete qualche frase di convenienza e opportunità, che spesso si deve usare in un articolo, ma che in un libro è meg li o trascurare. Sarà anche necessario essere in qualche punto p iù esplicito, per quanto si riferisce alla parte di Badoglio e Caporetto, perché non tutti arriverebbero a intendere gli accenni sulla questione delle artiglierie che non funzionarono. e) Se vi riesce possibile qualche ritocco, accentuate qua e là l'assurdo dei tecnici di strategia di pretendere che l' apparecchio di guerra sia sempre pronto per le situazioni più impreved ibili , col risultato di impoverire tante altre forze etico-politiche che nel mondo moderno sono essenziali al successo definitivo. Nella prima guerra mondiaJe i tedeschi perdettero pur avendo riportato la vittoria sui campi di battaglia. E se in questa guerra gl'inglesi perderanno ciò sarà per un diminuito spirito politico che non per una revisione critica da parte dei tedeschi [... ]119 •
L' articolo in francese lo ometterei: così pure non credo che convegna quello sul capitano Guarneri con l'argomento del libro: mi dispiace, perché si tratta di un argomento assai commovente.
Negli anni successivi Pieri avrebbe lavorato a questo progetto, ma la genesi del libro fu complicata. Abbiamo visto che un bombardamento distru ss e le bozze e poi ci fu l'arresto del 1945. Infine , seguirono altre difficoltà di pubblicazione, dovute in parte alla crisi dell'ISPI e alle difficoltà poste dalla Mondadori a Omodeo per acquisire i diritti del libro. Insomma. in un'Italia onnai democratica, Pieri dovette ricominciare quasi da zero . Solo alla fine del 1945 riuscì ad ottenere dalla Facoltà di Magistero to rin ese i fondi necessari a provvedere alla stampa del libro , che poi fu effettivamente pronto per l'inizio del 1946 , come suggerisce anche la data della prefazione all'inizio del volume. per uscire l'anno successivo120 • Pieri attuò buona parte delle modifiche che gli aveva suggerito Omodeo, dividendo il volume in due grandi parti, di cui la prima dedicata ai 141 - -
Pieri storico militare caratteri generali della guerra europea, raccogliendo le recensioni sullo sviluppo degli eserciti francese e tedesco, alla guerra sui fronti occidentale, orientale, balcanico, alla crisi interna dell'Austria-Ungheria e anche alla guerra sul mare121 • La seconda parte invece è caratterizzata da una maggiore sistematicità, anche perché le recensioni furono disposte in maniera cronologica, per fornire un quadro completo della guerra italiana. Come sottolinea Rochat, nell'introduzione alla riedizione del 1986, gli elementi chiave di questo volume erano il muoversi su una prospettiva:
[... ] politico-strategica e operativa, con una netta esclusione dei problemi di politica interna, dell'organizzazione del consenso e dell'economia bellica. [... ] Il maggior contributo cli Pieri allo studio della guerra è però nell'analisi delle operazioni, che per lui non significa soltanto la ricostruzione dei combattimenti, ma anche di conoscenza critica dell'organizzazione di comando in tutte le sue articolazioni e nel suo funzionamento concreto. La produzione italiana sulla Grande guerra ha la tendenza a concentrarsi sulle scelte di vertice e sulle esperienze dei combattenti, saltando le fasi intermedie; Pieri invece ha una visione più complessa , conosce l'importanza della catena di comando e le difficoltà di tradurre i piani degli alti comandi in movimenti concreti sul terreno, la varietà di cause che concorrono a determinare il comportamento delle truppe e lo straordinario consumo di energia morale e intellettuale che richiedono non solo l ' assalto, ma anche la preparazione della battaglia e la vita ' quotidiana' di un esercito di trincea122 •
La parte del volume dove emerge maggiormente la sua qualità critica è probabilmente quella in cui confronta le tesi di Dellmensingen riguardo a Caporetto con quelle del Bencivenga. Peraltro, negli anni precedenti, Pieri aveva continuato a discutere con entrambi delle reciproche pubblicazioni, conducendo una sorta di dibattito per corrispondenza:
Convengo col Krafft che alla vigilia dell ' attacco dell ' ottobre 1917 era possibile rimediare in qualche modo al difettoso schieramento dell'ala sinistra della 2 armata. Bastava per questo occupare co ll e riserve la line massima di res istenza e sotto la protezione di queste forze ripiegare le prime linee. Era in sostanza una manovra di piazza d'armi! Ma bisognava avere il coraggio di pretenderla (come sarebbe stato dovere di Cadorna) o di attuarla (come sarebbe stato dovere del comandante della 2 armata) 1 1 •
Da queste conversazioni a tre nacque uno scritto pronto nella seconda metà del 1942124 e che sarebbe confluito nel volume del 1947, nel quale avrebbe lasciato esporre a entrambi le loro tesi, in una sorta di confronto botta e risposta 125 , al termine del quale Pieri riassumeva le posizioni, traendone delle conclusioni su Caporetto ben indicative del suo approccio ai problemi più generali della Grand e guerra: Di conseguenza, s iamo del parere che Caporctto costituisca una sorpresa strategica Così ad esempio fu una sorpresa strategica per i francesi la rottura del loro fronte allo Chemin des Damcs ( ]. Ma aJrinfuori di questi due punti, ci sembra importantissimo rilevare come il Krafft [ ] mostri in sostanza di condividere tutto quanto è di essenziale nella critica del Bencivenga: cattiva disposizione delle riserve. infelice impiego del VU Corpo. intempestive esitazioni neJrordine di ritirata dalrisonzo e dal Tagliamento. inutile sacrificio della destra della 2• armata e daJlc divisioni della Carnia. [...1Anche il Krafft respinge la semp licistica spiegazione dello 'sciopero militare· t... ]. Se deficienza vi fu nelle trupp e, (...] essa potrebbe se mai riscontrarsi nelle riserve del comando supremo; ma a questo proposito la prima spiegazione è da ricercarsi nel fatto gravissimo che esse non erano vere riserve. ma brigate scese a riposo [ ... ). Il Cadorna ha dato sì, spesso, degli ordini opportuni e saggi, e che mostravano in lui la visione chiara degli sviluppi della prass i guerresca e delle necessità nuov e. ma li ha dati burocraticamente . senza curarsi che fossero eseguiti . senza mirare a far sì che diventassero norma per tutto l'esercito in alto e in basso. Occorre invece che rordine pana da una profonda convi nzion e di chi lo emana e sia al livello della capacità tattica dei comandi e delle truppe.
La leggenda. interessata leggenda. ha parlato di improvvisa e imprevedibile rottura sul fronte militare deJr alto Isonzo, il 24 ottobre 1917. a cagione di un nostro sciopero militare. e di provvidenziali disposizioni del Cadorna che hanno permesso. attraverso una mirabile ritirata strategica, di ristabilire su l Piave la situazione. arrestando per sempre l'offensiva nemica. e salvando l'Italia. Lo studio spassionato degli avvenimenti, da pane nostra e da pane del leale avversario, consente oggi di ristabilire, nelle sue linee generali, la verità. Veritas filia temporis 126 •
Alla fine. dopo venti anni di dittarura e a trent'anni da Caporetto, Pieri era riuscito ad esprimere pubblicamente la propria visione critica della Grande guerra italiana.
Nel volume del 1947, questa pro spettiva critica emerge in senso maturo e si traduce in una demolizione dei miti giustificatori prodotti nel primo dopoguerra pe r occultare le responsabilità dei vertici militari e le difficoltà attrave r sate dall'esercito. L'esperienza personale in Pieri s i fondeva con la ricerca storica. In questa fase, se è pos s ibile un paragone con un altro autore della stessa prima generazione, Pieri ri-
Pieri storico militare corderebbe Liddell Hart (che pure non era uno storico) e le sue feroci critiche nei confronti dell'alto comando britannico, maturate negli anni Trenta, se solo Pieri avesse potuto parlare e pubblica r e - come faceva Liddell Hart - e cioè se non avesse invece vissuto in u n regime liberticida c h e di fatto gli impedì di esprimere le proprie opinioni 12 ; Quello che per Liddell Hart era stata la Somme per Pieri era stata Caporetto : m a l'uno poté scriverne già negli anni Venti e Trenta, l'altro dovette attendere (recensioni su una rivista tecnica a parte) la fine degli anni Quaranta128 •
Apogeo e limiti di un'interpretazione tradizionale:
L'Italia n e lla prima g uer r a mondiale
La sconfitta dell'Italia nella seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo portarono ad un rapido abbandono dell'interpretazione guerriera della prima guerra mondiale, che aveva caratterizzato la retorica del regime. Dopo il 1946, la nascita della Repubb lica, democratica e moderata, ebbe come conseguenza anche la crisi dei paradigm i nazional -liberali, come quello di Volpe . Si fece l argo allora il recupero dell'idea de ll a prima guerra mondiale come guerra patriottica, o come «quarta guerra d' indipendenza», idea lmente connessa alla nuova lotta per la liberazione che era stata la Resistenza.
Tale interpretazione, che si affermò presto n el disco r so ufficia le, era fortemente permeata dai valori de ll 'interventismo democratico e avrebbe avuto un ruolo centrale anche in larga p arte della storiografia sul conflitto fino a metà degli anni Sessanta129 Tra le grandi opere di questa corrente di studi vanno inseriti, oltre - come vedremo - alla efficace sintesi firmata da Picri, gli studi di Brunello Vigezzi sul periodo della neutral ità e la Storia poUtica della Grande guerra di Piero Melogran i , un'opera che, pur presentando alcu ni elementi di novità, è stata apprezzata per le sue ricerche arch ivistiche e la sua interpretazione «in chiave neo -moderata»130 •
Rispetto a questi studiosi, molto più giovani, P ieri era un combattente ed un esponente di quella <<generazione del 1915» che, pur con molte declinazioni diverse, raccolse i giovani interventisti della borghesia italiana (in particolare quella vicina all'interventismo democratico) sotto la bandiera degli ideali del Risorgimento, configurandola come una «terza generazione» di patrioti , «figlia dei figli» dei primi liberatori131. Quella generazione, a cinquant'anni dell 'i nizio della guerra, solo in parte accantonate le grandi polemiche dei primi due decenni postbellici, mirò a delineare il «passaggio alla storia del conflitto» 132 • Naturale evoluzione delle convinzioni maturate sotto, e sostanzialmente contro, il fascismo, perciò non deve sorprendere se il lavoro di Pieri come storico della Grande guerra rappresentò e per certi versi canonizzò il connubio di ideali patriottico-democratico-risorgimentali del primo ventennio repubblicano. Poco retorico e nazionalista, Pieri racchiudeva al tempo stesso la più alta rivendicazione del valo r e dell'operato del combattente italiano e la più sferzante critica dell'operato di Cadorna. Inviso a chi voleva una versione ufficiale e pacificata (co n Cado rna e Salandra) deHa guerra. Pieri garantiva d'altro canto un ' assunzione patriottica della giustezza dell'intervento e di una guerra vinta da un ' Italia liberale.
Fra i tanti suoi scritti, in Pieri la conn ess ione Risorgimento-pri ma gue rra mondiale emerge chiaramente in un saggio del 1961 dedicato alle Guerre dell'Unità Italiana, in cui analizza brevemente le tre guerre di indip en denza e la Grande guerra. Secondo l'autore, i quattro conflitti rinettevano la progressiva capacità degli italiani «finalmente. dopo secoli di servitù. rdii affrontare gli stra nieri in campo aperto e battersi contro il comune nemico »133 • L'ultima guerra, la prima guerra mondiale, era presentata in sostanzia le cont inuità con il Ri sorgimento. affermando che rappresentava rapice di questo sviluppo, in quanto finalmente:
[...] non solo rescrcit0 ma la na1ione interna si gettava con generoso s lanci o il 24 maggio 191 5. ponendo a repentaglio tutto il suo avvenire, era destinata a superare nella sua forma, nella sua durata, nella verità degli aspetti e dei problemi. nello sforzo del sacrificio, ogni previsione di tecnici e politici. In quest"opera grandiosa e per tanti lati d"improvvisaz ion e, rifulsero speciali qualità d'uomini e virtù n ascoste di un popolo. mentre la nazione rivelava una riserva d'energie impensata. Si ebbe allora veramente il popolo in armi guidato dalla borghesia in armi1~.
TI più importante lavoro dello stu dio so però fu L'Italia nella prima guerra mondiale. già ricordato. pubblicato inizialmente per la Utet (1960) nella «Storia d'ltalia>t diretta da Nino Valeri e poi per l'Einaudi (1965). come saggio autonomo. poi riedito nel 1968 con alcuni piccoli aggiornamenti. Quest'ultima edizione è quella più compl eta e rispetto alla precedente si arricchisce di un primo capitolo dedicato agli amecedcnti della guerra mondiale. fornendo un quadro gene rale della politica europea dal 1871 al 1914 1 :15. 1 el passaggio dal 1960 al 1965-1968 al-
Picri storico militare cune modifiche minori percorrono tutto il testo, assieme all'aggiunta di una cronologia dei principali avvenimenti della guerra.
La piena comprensione dell'importanza del lavoro di Pieri può avvenire, come nel caso della Crisi militare, attraverso una doppia prospettiva, da un lato comparativa rispetto ai più importanti studiosi della prima generazione di storici della Grande guerra e dall'altro nei confronti delle peculiarità nazionali della storiografia.
Negli anni Sessanta, quasi a indicare un pieno compimento della loro opera, i lavori degli storici della prima generazione furono ripubblicati: Renouvin uscì nel 1962 con una nuova edizione re1Jue et augmentée della sua monumentale storia del conflitto, mentre Liddell Hart fu ripubblicato nel 1964 e nel 1970 , come A history of the First World War, tradotto nel 1968 anche in italiano dall'editore Rizzoli 1 36 • A queste edizioni «matu re» ci riferiremo per comparare Pieri. 1\.tttavia, a riguardo è necessari a una precisazione: nel caso dell'Italia nella prima guerra mondiale è più difficile stabilire l'influenza diretta di grandi storici stranieri rispetto al saggio sul Rinascimento, in quanto mancano le note a margine e la Nota bibliografica aggiunta alla fine del testo è basata essenzialmente sulla letteratura nazionale , oppure sugli autori austro -tedeschi che avevano costituito già il riferimento precedente dello studioso. Pieri avrebbe poi fatto un altro piccolo aggiornamento bibliografico nell'edizione del 1968, inserendo ad esempio un riferimento al recente studio di Brunello Vigezzi sul periodo della neutralità, pubblicato nel 1966 e definito frutto di «una minutissima e acuta indagine»137 • Nel complesso perciò si trattava di una bibliografia aggiornata, ma essenzialmente nazionale o al massimo sufficiente per la guerra austro-italiana. Invece, dal punto di vista tematico, una comparazione degli indici dei tre volumi consente un rapido inquadramento degli aspetti comuni e delle differenze:
R enouvin, La. cri.•c curopéem,e l' t la Grmule guerre (cd. 19(-.4)
Parti e capitoli (p ag ine)
Introdu z ion e (1 a 4)
Lidd e ll Hart, L,, primn guerra. 111011dùi.le (trad. it. 1968)
Pa rti e cap itoli (pagine)
Dedi ca, Ring:raziamento , Indi ce d e lle cartin e, I?refa;i;ionc (5 -14)
Pieri, L' ltalin 11 ell a. prima guerra 1no11dia.le""' (cd . 196!1)
Parti e ca pi toli (pa g ine)
G li a ntccc nd ent i, L'ul timatum austriaco alla Ser b ia, La d ichiara-t ion e di neutra lità d ell ' Italia, Le proposte d el capo di stato maggio re, Le diffico ltà d e lla pos iz ione ita l iana; Sa land ra e d i San G iu liano; I primi quaranta g iorni d i guerra; Le press ioni dei belligeranti sull'Ita lia ; La politi ca d el l' Onorevole di San G iuliano : La nuova s ituazione dopo la battagl ia d ella Marna; Sarà poss ib ile in te rv en ire in Ottobre?; Il problema della mo b ilitaz ione e della radunata (1148)
Libro I: La vita politica , economica e sociale prim a ci e li.a g u erra d el 1914 (5130): Cap ito lo I - Il ruo lo dell'Eu ropa nel mon d o a Jl' inizio del XX seco lo: Cap ito lo IILa resistenza all'esp llnsione e uropea; Cap ito lo 1l[ - Il conti nente asiatico da l 1904 al 1914: Capitolo IV - li continen te ameri cano da l 1904 al 1914: Cap ito lo V - G li Sta ti europei dal 1 904 al 1914: Cap ito lo VI - I fa ttor i d ella sol idarietà intern az ionale
Libro fI : Le origini d e l connitto 1 3 '1-214: Cap ito lo I - Le rivalità tra le g randi potenze: Cap ito lo Il - Le iniz iative austro-tedesche (1905 -1911); Cap ito lo 111 - La ri s posta russa (1912-1913); Capitolo IV - Le inquietud ini de ll 'Europa: Cap ito lo - La c ris i del lug lio 1914
Parte l?dma - Le origini della gu erra (1 5-56)
Le corren ti neutraliste ; Le corren ti interven t iste; L'interventismo musso li niano ; L' impreparaz ione d egli elementi politici dir igenti; Le tra ttative del barone So nnin o; il Pat to di Londra; JI rafforzamento de l! ' esercito: An cora il prob le ma d e ll a mob ili tazione e d e ll ll radunata : Le giornate d i m aggio; Le rip ercuss ioni dell'intervento i ta liano nella monarc hia danubiana (48-77)
Parte Seconda - Le forze e i pi a ni c ontrappo s ti (57-8 0)
I p iani di fensivi degli imperi centra li; li p iano del ge n e rale Cadorna; Lo s ba lzo in izi ale; Le o p erazioni estive e autunnali ; La cr isi invernale; Il Conracl pre p a ra la grand e o ffensiva primave ril e; Le controm isure italiane e il di ss idio Jlni sati-Ca clorna; La Strafexpedition: Il momento cruciale (77 -105)
L ibro III : L'E u rop a in g u erra (agosto-d icembre 1 9 16) (215 422): Capitolo I - La relatività delle for1.e nell'agosto
1914: Capitolo Il - La campag na del 1914; Capitolo III - L'att itu d ine dei neutr i: interventi e mediaz ioni: Capi tolo IV - Le nuove cond izioni: la guerra lunga; Capitolo V - La lotta militare e d iplomatica nel 1915; Capitolo VI - Le l'i percu ss ioni poli t ich e della campagna del 1915; Cap ito lo VII - La guerm d'attrito; Capitolo VIII - Le cam pagne del 191 6 : Capi tolo IX - La sta nch ei-la d ei popoli: Cap ito lo X - L'offerta di pace de l d icembre
1916
Li b ro IV: L' intervento a m erican o e l' e p i logo (423-647): Cap ito lo I - L'entrata i n guerra d egli Stati Unit i; Cap itolo IlL'equi li brio delle forze e le manovre di pa ce (aprile-settem bre 1917); Capitolo Ili - La ro ttuta dell'equilibr io (ottobre 1917-marzo
19HI): Capitolo IV - La veglia d'armi: Capitolo V - La grru1 d e offensiva tedesca (marzo-luglio 1918); Capitolo VI - Il problenrn russo du,·ame J'eswte de l 1918 :
Capitolo Vll - L'offensiva degli alleati;
Cap itolo VIII - La r ichiesta d i armistizio:
<:ap itolo IX - Il cro ll o deg li Imperi centrali:
C ap itolo X - G li armisc izi
Lib ro V: La g u erra e l'evo lu z io ne d el m o nd o (21 542 2):
Cap itolo f - Le trasformazion i polit iche:
Cap ito lo Il - La vita econom ica: il d eclinc> dell'Eu ropa: Capito lo 1TI - Le t rasformazioni socia li; Capitolo IV - La vita rel igiosa;
Cap ito lo V - Il mov imento intellettuale
Pa rteTer:za - 1914- Il corpo a corpo (81 -1 511):
La ri t i.rata sulla Marna; li vento camb ia : Flusso. r inusso e ristagno; Il fronte rus so; TI dom inio de i mari; Scena I, I.a ba ttag lia che non ci fu , ma che capovolse la s ituaz ione: La Marna: Scena Il. Il campo de ll a leggenda : 'llrn ncnherg
La caduta del m inis te ro Sa landra: La pres a di Goriz ia: Le tre spallate autunnali sul Carso: Il nuovo cacottere della guerra. Verso la guerra totale: Luci cd ombre della gra nd e guerra; I piani per la pr imavera del 1917: L'offens iva del Kuk -Vodice e con tro l' Hermada: La batt ag lia dc ll' Ortigara; Le qua tto lettere di Cadrona a p res idente del Consiglio; La battagli a d ella Bainsi.zza; L'isolamento de l Cadorna e il d iss idio Cad orna ·Capello (105139)
P a t te Qu art a - 1 9 1 5 - Il pun to m orto (159-260) : r Darda11el li: La campagna tedesca; La prima ca m pagna d'Ita li a: La conquista della Serb ia: La spedizio ne di Salon icco: Meso po tamia; li fronte interno 1915: Scena
I: n asc it.a di un «piano» i Dardanelli: Scena
Il: Tra il d ire e il fare: lo sba rco a Gallipoli: 25 aprile 1915: Scena III: La nuvola di gas a
Yp ,es : 22 apr il e 1915 : Scena IV: La battaglia non voluta: Loos, 1 5 settembre 19'15
Il contrattacco st rategico degli Imper i centrali: L'episod io di Carwno: Swnchezw e disfattismo; Il Cadorna di fronte a ll a minacc ia su l medio e a.lto Isonzo: La rottura di 1blmino e Plczzo; Il crollo della fronte dell'I so nzo; Dal Tagliamento al Piave: L'esonero di Cadrona: li Cadrona e l e offensive del maggio ' 16 e de ll' ottobre '17; Italian i e au stro-tedeschi al P iave; La difesa del Grar pa e degli altopiani : Le riper<.-ussion i della sconfitta nel Paese: Oisfouismo e r ip resa patriottica; Il contracco lpo della disfa tt a presso gli a.ll eati (139 -1 79)
Pa r t e Q uin ta - 1 9 1 6 - • L'ar r etramento simultaneo~ (2'15422): La guer ra su i mari: Scena I. La macchina tritacarne - Ve rdun; Scena Il , L' offensi va di Brusilov; Scena
IIT. L'offensiva su ll a Somme: Scena IV, La co mparsa del ca rro armato; Scena V, La scomparsa d ell a Roman ia : Scena VI. La conqu ista di Baghdad ; Scena VII . I.a battaglia a mosca cieca: lo futland
114 punti di Wilson e la d ip lomaz ia a us triaca; 11 patto di Roma; La riorgan izzazione dell'Eserc ic o; 1 prodromi d ella g rande offensiva austro-ungarica; La battaglia del Pinve ; Nuov i dissensi inte rni: Ripresa naziona lista: La preparazio ne alla grande offens iva italiana: Vittorio Veneto. Le prime ard ue giornate: La cris i dell 'esercitO austro-ungar ico ; La vittor ia: I risulta t i della Grande guerra (179-207)
Conclusioni (741-744)
Parte Sesta - 1917 - 11 logormn ento (3B1464): li crollo della Ru ss ia: Lo sfo ndamento in Italia; La conqui sta di Gernsalemme; La co nqu ista d ell'Afr ica o riental e: La sco nJitta del sommergi bile; I rinforz i econom ici: La guerra a erea: La propagand a; Sce na I. L' offensiva vac ill ante e zop picanre: Arras. april e 1917 ; Scena JI . li capo lavoro d ell a guerra d'a ssedi o : Mcssin es : Scena lii. La srrada d i Pa sschcn da ele; Scena IV. La sorp resa d el carro arma to a Ca mb ra i; Scena V, Caporello
Indice ( 74 5 -773)
Parte Settima - 191!! - La fi n e (46 5-5 95) : Il piano tedesco ; La marea ri.ll uisce: Il cro ll o dell a Bulgaria; li primo seg no cl i pace: La breccia sulla linea H indenburg : Il crollo della 1\1rchia: Il croll o dell 'Austria ; Cala il s ipario s ul fro n te occ identale; Scena I. Il p ri mo sfo ndamen to; Scena Il . Lo sfondamento neJl e Fiandre: Scena lii , Lo sfon dam ento s uIl a Marna : Scena IV, La seconda bauag li a de ll a mar ina, lugl io 1918: Scena V, La •g iornata nera dell' ese rcito ted esco•: l'B agos to: Scena VI . Megi ddo : l' annientam ento delle a rmare tu rche: Scena VIT. La bau.ag lia di un sogno: St. Mih iel; Sce na VII I. La battag li a di u n inc u bo : Mosa-Argonne
Epilogo (5 95-606)
Bibliografia (60 7-62 ll) lodi ce d ei nomi (629-639)
Nota bib l iogralicn (207-226)
Cronologia (227-248)
I ndice de i nom i (248-25 3)
Da questo sguardo d'insieme emergono chiaramente le differenze di fondo neirimpostazione dei tre lavori. 1·opera di Renouvin mirava ad essere una storia complessiva e globale della guerra e infatti come ta l e fu giudicata sin dalla sua uscita negli anni Trenta 139 • Renouvin, in particolare pur riconoscendo l'importanza degli aspetti militari e il loro peso decisivo per l'esito finale, invitava comunque alla prudenza sottolineando come altre questioni, soprattutto la diplomazia e l'economia, dovessero essere· analizzate per una piena comprensione del conflitto:
Le peripezie della lotta militare, perché sono state drammatiche e. in fin dei conti decisive. hanno eclissato nello spirito dei contemporanei gli altri aspetti del conflitto. Pertanto. se vogliamo comprendere il senso e la portata di questi avvenimenti militari, devono essere collocati al centro di tutti gli altri elementi che hanno influito sull'esito della guerra. La diplomazia ha provato a modificare l'equilibrio delle forze; ella è riuscita a trascinare nella lotta una pane degli stati neutrali; ella si confrontava costantemente con la volontà degli avversari, per percepire le oscillazioni dell'opinione pubblica per trovare una breccia nella coalizione nemica. Certamente la diplomazia non è stata, nella maggiore parte dei casi che l'ausiliaria del soldato: ella ha sfruttato dei risultati acquisiti sui campi di battaglia; ma è un avvenimento diplomatico, indipendente dalrandamento de i combattimenti - l'intervento degli Stati Uniti - che ha cambiato il corso della guerra. Lo sforzo dei belligeranti per sfruttare al massimo le loro proprie risorse materiali e rovinare quelle del nemico hanno dato alle forze economiche un ruolo importante nel risultato della lotta. Infine, g li avvenimenti della politica interna hanno esercitato f... ] un'influenza sulla situazione militare: guardare la propria coesione morale. è stato. per ciascuno degli stati belligeranti. una preoccupazione essenzialc1,t.0
Tale attenzione si tradusse nell'approfondita analisi del primo libro. dedicato alla Vita politica. economica e sociale, prima della guerra del 1914, lungo oltre centoventi pagine, volto a ricostruire un quadro globale, non solo europeo. degli avvenimenti precedenti il conflitto14 1 • prima di guardare nel dettaglio le questioni d ipl omatiche che tra il 1905 e il 1914 portarono alla conflagrazione europca142•
Al contrario quella di Liddell Hart era dichiaratamente una storia che trascurava questi aspetti. per concentrarsi sulle dinamiche di natura prettamente militare. Come annunciava nelle prime pagine del suo volume, secondo lo storico britannico «Uno studio del processo di formazione dei ' mat eriali esplosivi' che costituiscono le cause fondamen-
150 - -
La Grande guerra di Pieri tali del conflitto non rientra nell'ambito di una breve storia d ella prima guerra mondiale» 143 • Per questo le origini della guerra erano discusse rapidamente, mentre invece, e contrariamente a Renouvin, ampio spazio era dedicato ai rapporti di forza militari, a comparare i siste m i d i reclutamento e i piani di guerra delle potenze coinvolte nel conflitto144 • Il volume Pieri stava in un certo senso nel mezzo e p ur mirando ad offrire una ricostruzione degli avvenimenti militari, partiva dal quadro politico generale dell'Europa, meno dettagliato e internazionale di quello di Renouvin, per poi concentrarsi sui problemi italiani, soprattutto la questione della neutralità e gli scontri tra vertici politici e militari in quel periodo. Scriveva Pieri :
La neutralità fu in generale bene accolta anche nei nostri ambienti militari. Tuttavia il reciproco contegno del Cadorna e del Salandra negli ultimi giorni di lug li o era un sintomo della deficientissima organizzazione nei rapporti fra il governo e l'alta gerarchia militare. [.. .) Or dunque il Cadorna pretendeva che, dichiarata la neutralità, l'esercito venisse subito mobilitato verso l'Austria , e questo a tre giorni di distanza dalla proposta di mobilitarlo contro la Francia e al soccorso della Germania! Tanto il Saland ra che il di San Giuliano ritenevano invece che una simile mobilitazione avrebbe avuto il significato di una minaccia di guerra, e avrebbe potuto scatenare sull'Italia parte delle forze degli Imperi centrali: dichiarare la neutralità e mobilitare l'esercito sul Piave e sul Thgliamento era una contradd izione in termini. E su questo punto tennero duro 145 I
La tensione tra questioni militari e politiche percorre tutto il volume di Pieri, a cominciare dalle pagine dedicate al periodo della neutralità, nelle quali, alle discussioni relative all'interventismo e al neutralismo, si affiancano i problemi della preparazione militare in senso stretto, dal riar m o alla radunata dell'esercito, fino alle giornate del maggio 1915 146 •
La storia di Pieri potrebbe così sembrare più «nazionale» delle altre due e questo in una certa misura è sicuramente vero, se non altro perché le dimensioni del vo lume rispetto a quelli di Renouv in e Liddell Hart non consentivano diversamente. Al tempo stesso però, abbiamo evidenziato come tutta la storiografia di questa generazione si ammantasse di un carattere prettamente nazionale, volto in buona parte a valorizzare lo sforzo dei relativi Paesi. Ad esempio, nel caso di Renouvin questo si traduceva nella certezza che la responsabilità ultima della guerra ricadesse esclusivamente sulle scelte degli Imperi centrali e in particolare della Germania:
Pieri stor ico militare
Le potenze centrali conoscevano il rischio. Esse Io hanno corso, ben decise preventivamente a imporre la loro volontà; quando hanno constatato che la Russia non intendeva cedere, esse hanno preferito la guerra generalizzata all'abbandono dei loro piani. La ferma decisione presa dalla Germania di «tenere a galla», anche a costo di un conflitto europeo, l'Austria-Ungheria, minacciata di dissoluzione dal movimento delle nazionalità, ecco qui senza dubbio la spiegazione della guerra del 1914-19181 47 •
Anche per Liddell Hart al Kaiser Gugliemo II spettava «una grossa parte - anzi la più grossa» delle responsabilità per lo scoppio della guerra 148 Pieri si trovava in una situazione diversa, in quanto era stata l'Italia a scegliere la guerra e nel suo lavoro si dichiarava critico del risultato conseguito dal patto di Londra, perché non apportava al Pae se va ntaggi decisivi nell'Adriatico in caso di vittoria e preparava il terreno della futura conflittualità con la Iugoslavia. Al tempo stesso, l'entrata in guerra, soprattutto il radioso maggio del 1915, aveva «certamente risvegliato in molta parte della borghesia e delle stesse masse popolari gl'impeti più generosi e le tendenze più nobili»149 .
L'ultimo aspetto rimand a a un altro tema che i tre storici avevano in comune, quello della guerra come banco di prova della maturità della nazione. Per Renouvin, più attento agli aspetti dell'alta politica, questo era letto nella capacità del governo francese di costruire una union sacrée, pur frutto di peripezie politiche, ma mai messa in discussione, costituendo un modello di solidarietà nazionale che non trova uguali nelle altre democrazie parlamentari e chiaramente opposto al modello politi co «i ncompiuto » della Germania imperialc1 50 . Invece, Pieri e Liddell Hart, forse maggiorn1ente attenti all'esperienza nelle trincee , tendevano a misurare la maturità dei rispettivi Paesi con la capacità delle forze armate di reggere il peso di un conflitto che diventava sempre più sanguinoso. Scriveva il primo riguardo la Somme:
Eppure, nonostante il fallimento su l piano militare, il 1 ° luglio fu una giornata di epico eroismo e, cosa ancor più importante , il positivo banco di prova della tempra morale delle nuove armate inglesi che, compiendo il più alto sacrificio dell'intera guerra , passarono attraverso la più infuocata e sanguinosa esperienza senza vacillare, anzi dando una splendida prova della loro forza d ' animo m .
Per Picri invece contava particolarmente la fiducia in un avvenuto processo di maturazione della nazione italiana in armi , attuato sotto la guida degli ufficiali di complemento durante la guerra. Isnenghi ha
La Grande guerra di Pieri richiamato come paradigmatico di questa lettura Omodeo e il suo libro del 1934, visto - al di là della retorica e della propaganda fascista - come una tappa fondamentale della creazione del mito del conflitto in quanto guerra di nazione e di popolo , una lettura poco interessata a n1tto quello che non rientrava nello schema concettuale della 'quarta guerra d'indipendenza' 15 2 E non a caso proprio a Omodeo si rifaceva Pieri, definendo il suo volume:
[ ...] straordinariamente imponante per la storia dell'animo con cui fu combattuta la grande guerra, per la documentazione di quanto, consciamente o no, fossero permeate dal migliore spirito mazziniano le migliaia di ufficiali di complemento, ed eletta espressione della piccola borghes ia ital iana, che credenti per prima cosa nella religione del dovere, avevano guidato nell'aspra lotta il popolo italiano condividendone sacrifici e speranze153
La guerra e le perdite inflitte agli ufficiali di carriera avevano poi spianato la strada perché le truppe fossero «guidate quasi completamente dagli ufficiali di complemento», i quali erano quasi tutti laureati o studenti che costituivano «il fiore veramente della futura classe dirigente italiana», rappresentante a sua volta uno :
[ ] straord inario ama lg ama fra questi giovani, nutriti, in gran pane di stud i classici e permeati in gran parte d'idealità risorgimentali, colla massa dei contadini e deg li operai coi quali non avevano quasi avuto contatti, ma che il supremo sacrifico affratellava fu una delle maggiori rivelazioni della guerra: ma troppi di loro pagarono colla vita l'anelito verso un'Italia migliore [. . .)154 .
Se gli id eali di patriottismo e democrazia caratterizzavano tutti e tre gli studiosi nel giudicare la guerra condotta dai rispettivi Paesi, questo non si traduceva necessariamente in una denigrazione del nemico ed esaltazione incondizionata dello sforzo bellico nazionale. Per Liddell Hart, la guerra della Germania, capace di resistere per anni a nemici numericamente superiori, era «un'impresa davvero epica, sia sotto l'aspetto militare che sotto quello umano» 155 , mentre per Pieri, nel primo anno di guerra l'Austria-Ungheria era stata capace di uno sforzo di mobilitazione «grandioso» che in I talia era stato ignorato15 6 •
Il senso critico degli avvenimenti si rifletteva anche nelle dure sferzate di entrambi ai generali dei rispettivi eserciti. Abbiamo osservato come Liddell Hart fosse stato segnato dalla sua esperienza sulla Somme, ma anche riguardo le sanguinose azioni del 1915, come l'attacco coi gas di
Pieri storico militare
Ypres e la battaglia di Loos, si esprimeva in termini piuttosto aspri verso la leadership dell ' esercito britannico:
Ypres - Nel fuoco della battaglia è inevitabile e ampiamente scusabile che chi comanda commetta errori. Ma quando si ordinando attacchi condannati in partenza all'insuccesso per caso riuscissero risulterebbero utili, l 'operato dei capi appare indisGutibilmente condannabile. Di simili «omicidi colposi» in massa, siano essi dovuti a ignoranza, a una errata concezione della guerra o a mancanza di coraggio morale , i comandanti dovrebbero essere chiamati a rispondere davanti alla nazione 157
La differenza semmai stava nel fatto che Liddell Hart potendo scrivere in una democrazia aveva potuto esprimere liberamente queste critiche sin dagli anni Trenta. Invece, Pieri aveva potuto farlo solo nelle poco conosciute recensioni della «Nuova Rivista Storica». Solo nel secondo dopoguerra, in seguito alla maturazione democratica del Paese, i giudizi di Pieri sull'operato dei comandi italiani e soprattutto di Cadoma, ora non più protetto dalla censura del regime, si inasprirono e poterono essere pubblicati in un volume di ampia diffusione, affermando che «libretta rossa>> aveva imposto i principi «peregrini» e il «fa moso attacco frontale [che] tutto insegnava, fuorché il principio dell'infiltrazione, che rappresentò il maggior progresso tattico della prima guerra mondiale»158
La prima guerra mondiale di Pieri , se da un lato ricalcava chiaramente il modello più generale della storiografia internazionale sul conflitto, configurandosi come un importante esponente non solo a livello italiano di quella fase degli studi, dall'altro manteneva anche le peculiarità connesse all'esperienza politica italiana. In particolare, in Pieri è sempre visibile il richiamo al filone dell'interventismo democratico per il quale il conflitto avrebbe dovuto condurre in porto il p roc esso di maturazione democratica del Paese, motivo per il quale l ' Italia doveva schierarsi con le democrazie occidentali contro gli «stati autoritari» della Triplice. Il risultato atteso dalla guerra era quello di un riassetto europeo incentrato sulla piena indipendenza dei popoli, che rispettasse il principio della nazionalità1 5 9 In seguito, questo s i sarebbe poi tradotto nel supporto degli interventisti democratici alla politica delle nazionalità, poi adottata anche da Sonnino nel momento di massima difficoltà militare dell'Italia ed espressa dal patto di Roma dell ' aprile 1918 , per essere abbandonata con il crollo dell'AustJ.ia-Ungheria160 • Non è un caso che alcune delle principali critiche di Pieri nei confronti dei vertici militari riguardavano l'incapacità di comprendere l'importanza che la politica delle nazionalità poteva avere per contribuire al disfacimento dell ' impero asburgico 161 •
Pieri, come abbiamo osservato, semplicemente ribadì più volte - dal 1919 agli anni Venti-Trenta, dal 1947 al 1965 - la propria sostanziale adesione a questi valori che guidarono la sua interpretazione del conflitto e dei suoi risultati. Scrivendo a Salvemini nel luglio 1945, affermava che il problema dell'Italia di allora era lo stesso del 1914. E in esso la borghesia, persino la piccola borghesia, doveva per Pieri avere un ruolo i mportante:
La diagnosi del male nostro è tuttora quella da Lei enunciata alla pagina XXX del suo libro: Dal patto di Londra alla Pace di Roma; «quella piccola borghesia intellettuale, nella cui sovrabbondanza numerica, e miseria economica, intellettuale e morale, e inquietudine famelica, si deve ricercare una fra le cause più gravi e men correggibili del nostro malessere sociale e delle nostra crisi politiche». Diagnosi che parve fin da allora così esatta a Giustino Fortunato!. .. 162 •
Non che a Pieri sfuggisse che anche il campo interventista aveva le proprie ombre. Innanzitutto c'erano i socialisti rivoluzionari, desiderosi di accelerare il processo di disgregazione della borghesia, introiettando lo spirito rivoluzionario nelle masse di soldati. Dall'altro lato stavano invece i nazionalisti, con il loro progetto egemonico sull'Adriatico e «permeati di positivismo darwiniano e spenceriano», che pretendevano di atteggiarsi a irredentisti e continuatori del Risorgimento, a questi poi si accodavano i dannunziani che ne rappresentavano la radicalizzazione 163
Pieri, già interventista liberale democratico, si distingueva da entrambi i filoni. Lontano dai liberali di destra, come Salandra e Cadoma, s i sentiva ancora parte dell'interventismo salveminiano, repubblicano, anche bissolatiano : una serie di correnti che si fondevano nella volontà di creare «uno stato d'animo fra i combattenti che spingesse il governo a più ardite e radicali riforme e, soprattutto, alla speranza che la guerra portasse a un rinnovamento dell'Europa intera secondo i principi nazionali e democratici»164 . In sostanza, secondo Pieri, questo insieme di correnti rappresentava l'espressione migliore che il Paese aveva da offrire, in un intreccio di valori fra il mazzinianesimo e la democrazia . Era stato grazie ad essi che il Paese era uscito vincitore dal conflitto, facendo emergere appunto il meglio del Paese, o, come lo definì Pieri, «le forze vive della nazione dopo cinquant'anni di vita unitaria e Jibera»1 6 5 •
Non accettando che il fascismo potesse essere considerato una diretta conseguenza del conflitto, Pieri dipingeva il dopoguerra come un momento in cui all'Ital ia si erano aperte grandi opportunità, purtroppo andate perse, in quanto il Paese aveva:
[ ... ] sopportato virilmente l'immeritata sciagura di Caporeuo e perseverato nella lotta tino allo s facelo della grande potenza avversaria che provocava come contraccolpo, il cedimento della Germania. Ora ritalia usciva p iù di tutte le potenze europee dal grande conflitto, come quella che aveva soddisfatte le sue aspirazioni nazionali e di sicurezza. e al posto d"una grande potenza militare retrograda si trovava ad avere confinanti o vicini un certo numero di medi o piccoli stati chiamati alla vita libera e gravati di pesanti c difficili problemi interni: Stati dei quali essa avrebbe potuto in un ceno senso porsi alla testa, facendo opera illuminata di pace e di concordia. frenando il serpeggiare dei nazionali s mi egoisti cd avvelenatori, e trovando un invidiabile campo d'espansione economica e spirituale. In questo modo anche la crisi interna postbellica sarebbe stata meno grave e più breve. e la nuova Italia avrebbe potuto svolgere le sue naturali tendenze democratiche per portare a soluzione i suoi annosi problemi, senza dittatura e avventure, e senza le molte inattese dolorosissime esperienze. Oiis aliter visum: prevalsero a ltre tendenze e la magnifica occasione non fu saputa afferrare; e la vittoria rimaneva veramente mutilata 166 •
Con la fine del fascismo e soprattutto con la Resistenza. come vedremo. l'evoluzione della democrazia italiana poteva riprendere il cammino laddove esso era stato interrotto dal regime di Mussolini, in un ciclo ascendente che. comin ciato col Risorgimento e passando attraverso la guerra mondiale portava alla Repubblica. fondata sui valori della Resistenza. La prima guerra mondiale di Pi eri perciò metteva al proprio ce ntro tanto la capacità di combattere del popolo e degli italìani quanto l'azione progressiva (di maturazione) della borghesia. postasi alla guida dei combattenti : insomma, un'intima connessione tra guerra e politica. I grandi protagonisti di questa narrazione, come in generale per tutti gli storici della prima gene razione , reslavano politici e generali e centrale era la presentazione delle campagne e delle battaglie. con le annesse questioni di strategia, di scelte operative e in misura minore di tattica.
Propri o negli anni Sessanta però lo studio della storia della Grande guerra attraversò in Italia (come e forse più radicalmente che altrove) una fase di importante trasformazione. con l'affermazione di quella che è stata definita la «seconda generazione». Si trattava di studiosi nati e formati in una nuova atmosfera, frutto dei grandi cambiamenti che stavano attraversando l'Europa di quegli anni : non c'erano solo il definitivo tracollo degli imperi coloniali, la fine dell'età dell'oro e l'inizio della contestazione giovanile di ogni istituzione totale, ma si respirava soprattutto un diverso atteggiamento verso la guerra in generale. verso tutte le
La Grande guerra di Pieri guerre (la mobilitazione contro la guerra fredda e poi contro il Vietnam avrebbero avuto conseguenze profonde sulla percezione della guerra in sé). Gli storici che cominciarono a formarsi nei tardi anni Cinquanta e soprattutto negli anni Sessanta, giovandosi anche dell'apertura degli archivi (che permise l'accesso a nuova documentazione) e del crescente peso della storia sociale, avevano sempre meno da spartire con la generazione di Piero Pieri.
A livello internazionale tutto ciò indusse un generale ripensamento spostando gli interessi storiografici verso la critica dell'azione della classe dirigente liberale durante il conflitto, verso Io studio dei rapporti fra guerra e società, con un'attenzione crescente al fronte interno e alla guerra «dal basso»167 In Italia, più che altrove, questa generazione cominciò ad emergere in occasione del cinquantenario (1965 -1968 ), partecipando del clima antistituzionale di quegli anni e producendo una serie di monografie fondamentali e di rottura rispetto alla tradizione storiografica precedente168 .
Un anticipo di questa nuova stag ion e di studi si ebbe con il volume di Monticone su Caporetto . In realtà, Pieri fu interpellato dall'editore Einaudi per un parere circa la pubblicazione, sulla quale espresse un parere negativo:
Il lavoro del Dr. Alberto Monticone: La battaglia di Caporetto, costituisce certamente un'assai buona tesi di laurea, ed è da lodarsi chi in un Paese dove gli studi si storia militare sono così poco coltivati, affronta con serietà e spirito di verità certi problemi. Ma in realtà, all'infuori d ' alc,·uni meritevo li chiarimenti circa l'azione del Gen. Badoglio il 24 ottobre 1917, ben poco di sostanzial mente nuovo è dato riscontrare, e difetta la visione strategica della battaglia nel suo insieme. Perciò rimango perplesso circa il proporne la stampa a cotesta casa editrice 169 •
In seguito il volume uscì per una casa editrice romana e Pieri Io recensì positivamente ribadendo in parte le critiche espresse riservatamente, ma osservando nel contempo che «non esitiamo a sottolineare la serietà e l'importanza del lavoro del M. , il quale si è posto sulla buona via nello studio del grave p roblema»110 Mentre tra quelli successivi, vanno ricordati due lavori di Mario Isnenghi, il primo sui vinti di Caporetto e il successivo sul mito della Grande guerra, usciti nel 1967 e 1970 . Entramb i affrontarono temi assolutamente nuovi: la percezione di Caporetto attraverso la letteratura; la costruzione e l'efficacia dei miti legati al conflitto, attraverso le idee deg li intellettuali, più o meno combattenti 171 • Sempre nel 1967 uscì il saggio di Giorgio Rochat
Pieri storico militare sull'esercito italiano tra la fine della Grande guerra e l'avvento del fascismo, basato su lla pubblicistica dell'epoca, ma anche sulla prima ampia ricerca negli archivi militari da parte di un civile su un periodo ed un tema assai controverso. Il saggio tracciava sia l'evoluzione dell'istituzione in quei difficili anni sia il ruolo politico rivestito dai militari nelle vicende dell'Italia postbellica. identificando con chiarezza il tema dell'accordo politico tra fascismo e forze armate (un tema che ancora oggi riveste grande importanza negli studi su l regime). Al testo Pieri scrisse una prefazione elogiativa in cui ricono sceva l'innovazione e i meriti dell'allora giovane studioso17 2 •
Nel 1968, infine. uscì, con un impatto straordinario e per certi vers i ancora insuperato, una selezione antologica di sente nze dei tribunal i mili tari, a cura di Alberto Monticone ed Enzo Forcella: in quei testi era dimostrata per la prima volta in maniera chiara l'ottusità e la rigidità della disciplina militare assieme alla profondità del dissenso fra le truppe, un testo che - assieme agli altri sopra ricordati - mise in forte discussione resistenza di un patriottismo democratico-risorgimentale tra le truppe. Non a caso nell'introduzione i due autori criticavano proprio quell'Omodeo che aveva costituito uno dei riferimenti di Pieri:
Non si discute l'entusiasmo, il valore, lo spirit0 di sacrificio e la 'religione del dovere ' che le migliaia di ufficiali di complemento, espressione della piccola e media borghesia dimostrano nel corso della guerra Sta però il fatto che le lettere dei caduti ra ccolte dall'Omodeo e i valori che esse testimoniano costituiscono soltanto la testimonjanza dell'animo con cui gli ufficiali di complemento combatterono la loro guerra. Non dicono nulla s ull'animo con cui la combatterono i so ldati. La storia che ci raccontano i documenti di quest'ultimi è sensibilmente diversa da quella che raccontano i loro comandanti 173 •
Queste parole rappresentano ben e l'iniz io di una nuova fase culturale del Paese. e al suo interno l'avvio del tramonto della pro spettiva storiografica di Pieri, superata rapidamente negli anni successivi.
Erano anche gli anni in cui Pieri avrebbe progressivamente lasciato l'accademia. Per quanto concerneva la prima guerra mondial e, un'Italia diversa produceva una storiografia e prima ancora una percc1.ione diversa del conflitto di ormai mezzo secolo prima. Arrivava il tramonto di una storiografia di cui Pieri era stato il principale csponentem .
Le opere di Isnenghi , Rochat , Monticone-Forcella, come sotto lin ea Labanca, servirono da stimolo perché a partire degli anni Settanta il conf1itto fosse studiato anche in Italia come cesura tra l 'Italia liberale e
La Grande guerra di Pieri il fascismo, evidenziando anche i tratti di «corrusca e inquietante mod ernità» delle strutture repres s ive impiegate durante la guerra: la politica autoritaria dei governi, la repressione nelle fabbriche , la pesantezza della giustizia militare nei confronti della truppa , l'organizzazione ferr ea della mobilitazione militare175 Tutti aspetti che «mandavano in pezzi quel tanto di consenso risorgimentale che l'interpretazione patriottica tradizionale e nazionale di quarta guerra d ' indipendenza poteva ancora suggerire»176 . Ciononostante, non si deve dimenticare come i lavori di Pieri - dapprima ancora settoriali (Tofane) e poi coattivamente appartati (le recensioni e le rassegne) - avevano potuto essere conosciuti dagli specialisti (194 7) e dal largo pubblico (1960 -1965) solo al tempo della Repubblica democratica ed avevano rappresentato comunque il primo passo di un a storiografia accademica e scientifica, ma soprattutto critica e indipendente, sulla Grande guerra in Italia, un merito che risalta ancora di più alla luce degli anni difficili per il dibattito storiografico in cui essa maturò. Con il loro lavoro, Pieri e gli studiosi della sua generazione costruirono una visione dettagliata degli avvenimenti del conflitto, che consentì alle generazioni successive di storici del conflitto, quelle emerse alla fine degli anni Sessanta, di disporre già di un nucleo informativo e interpretativo di base consolidato sulla Grande guerra, consentendo alla ricerca di orientarsi verso tematiche nuove e non trattate. L' eredità s toriografica di Pieri relativa alla Grande guerra resta quella di una pietra angolare su cui l'edificio della storiografia italiana ha potuto svi luppars i nei decenni successivi.