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LA LEADERSHIP IERI E OGGI

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Con i cambiamenti organizzativi sempre più rapidi a partire dagli anni ottanta e novanta, la velocizzazione delle attività di lavoro e l’introduzione massiccia delle tecnologie il mondo è cambiato fortemente e, con esso, i modelli organizzativi di aziende, amministrazioni e istituzioni; sono mutate anche le richieste che le persone rivolgono alle istituzioni ed organizzazioni, per non dire del sentimento del tempo-spazio (Baier, 2004) e della maggiore complessità del mondo relazionale – oggi composto anche da robot, non solo da umani (Castiello d’Antonio, 2021). È quindi divenuto imperativo riuscire ad anticipare i mutamenti, avanzando verso nuovi orizzonti che possano supportare l’azione del team nel suo insieme – leader & follower – ma pure consolidando le acquisizioni maturate non certamente solo (né primariamente) nel campo delle ricerche e degli studi, bensì nel vivere in pratica le mille facce delle situazioni gestionali.

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Nel mese di marzo del 2016 ho avuto il piacere e l’onore di essere invitato a tenere una relazione all’Accademia Militare di Modena sul tema dell’etica della responsabilità, presente l’intero staff dell’Accademia e due classi di corso di allievi.

Il concetto di responsabilità può essere declinato secondo numerose prospettive. Una prima visione del concetto vede la responsabilità sulla base del binomio “commettere-omettere”, decisione si può incorrere nell’errore di commettere un errore oppure di omettere (ad esempio) di considerare informazioni rilevanti. Responsabilità davanti a se stessi, davanti agli altri e ai simboli che si rappresentano. In un vecchio libro che tratta della vita del soldato leggevo tempo fa che questo soldato, per operare al meglio, deve poter sentire di avere piena e comple- pri commilitoni e nelle proprie armi. Si dovrebbe però aggiungere un quarto vertice, credo imprescindibile, e cioè - ducia in se stessi è certamente una dimensione personale e soggettiva verso cui ogni persona ha la propria disposizione e rispetto a cui ognuno reagisce diversamente nel momento in cui essa è messa alla prova (Castiello d’Antonio, 2016).

I concetti di resilienza e, soprattutto, di hardiness sembrano pertinenti. Come hanno sottolineato Steven J. Stein e Paul T. Bartone (2020), riprendendo il lavoro di Salvatore Maddi (2002), la hardiness è molto più delle sue tre componenti (le cosiddette “tre C”: Commitment, Control e Challenge) e andrebbe vista come una disposizione della personalità che coinvolge caratteristiche cognitive, interpersonali ed emotive, e che si manifesta nel momento in cui la vita pone al soggetto il peso di un sovraccarico sotto forma di ciò che genericamente oggi chiamiamo stress (ma che può avere in sé si può consolidare, costruire e delineare al meglio, ad esempio per mezzo delle fasi di formazione e di addestramento, ma anche in relazione ai modelli di riferimento – e quindi ai modelli di leadership. In tal senso essa appare intimamente legata alla capacità del superiore di essere di esempio e di creare un clima organizzativo che possa contribuire a svie nell’ambiente che circonda il militare – non a caso qualche tempo fa è emerso il paradigma della leadership

Al di là della dimensione fondanteché essa vive solo se arricchita da numerose altre qualità attive non solo nel leader in quanto tale ma anche nel rapporto tra leader e follower (basti pensare al fattore “credibilità”) – nel contesto dell’etica della responsabilità emerge una forma di capacità auto- mettere di non sapere (o di non saper fare)”, utile antidoto rispetto al prendere decisioni solitarie ed errate così diffuse nelle situazioni di “solitudine manageriale” (Castiello d’Antonio, 2005; Kets de Vries, 1989).

Ciò di cui si ha urgente necessità è la dimensione dell’etica applicata, della responsabilità realmente vissuta, del “fare” etica e dell’essere responsabili: segnali che si incarnano nei fatti, nell’azione, nel comportamento visi- inutili parole. L’etica della responsabilità realmente applicata parla di sé in modo evidente e visibile, si manifesta nelle azioni e nelle conseguenze delle azioni, si rende tangibile agli occhi non solo di chi gestisce lo spazio delle responsabilità ma anche di chi è gestito, o di un semplice osservatore esterno.

Dirigere le risorse umane in base ai empowered, e di ottenere un migliore engagement perseguibili – sottolineando il senso del coraggio e del servizio, tutto ciò rappresenta sicuramente il cuore (o uno dei cuori) dell’etica della responsabilità applicata alla leadership, ma non basta certamente l’enunciazione di tali concetti per il semplice ma basilare fatto che l’essere umano adulto ha necessità di riscontrare nei fatti ciò che si dichiara verbalmente. Dunque, il salto da compiere, nei piccoli come nei grandi gesti, è quello che conduce dalla enunciazione di principi, dalla declamazione di elementi etici troppo spesso general-generici, dalla dichiarazione di assunzione di responsabilità vaga ed imprecisa, al modello operativo dell’applicazione concreta, situato in uno spazio-tempo ed esterni al soggetto, e contenuto in il senso globale. Non si deve dimenticare che grandi aziende multinazionali in possesso di perfetti codici etici e altisonanti “carte dei valori” sono miseramente fallite perché svuotate (dissanguate, impoverite) proprio da quel management che aveva voluto codici etici e carte dei valori. In questo ambito ci si potrebbe domandare cosa hanno in comune leader e manager. Sicuramente hanno in comune l’assunzione di elevate nalizzata delle risorse (non soltanto umane), l’essere di esempio e il costi- tuire un modello di riferimento. Entrambi operano in reti relazionali e in sistemi aperti, sempre più spesso con gruppi di lavoro multietnici stessi in modo totale, essendo comunque posizionati in ruoli di visibilità nei quali si è osservati e giudicati dai collaboratori, dai pari livello e dai superiori. Leader e manager hanno a che fare con gruppi organizzati da gestire e con risultati da conseguire, quindi con le problematiche collega- tenimento di performance elevate. Entrambi assumono esplicitamente o implicitamente le responsabilità non solo organizzative e professionali, ma anche sociali ed etiche tipiche di coloro le cui decisioni e azioni incidono sulla vita di altri soggetti e sull’ambiente intorno. Entrambi pos- oggettivamente svantaggiare un collaboratore, limitarlo, deluderlo o danneggiarlo in qualche modo, optando (ad esempio) per la strada del male minore da arrecare al gruppo in vista del necessario conseguimento dell’obiettivo. della gestione del capitale umano, leader e manager hanno la responsabilità di creare il miglior ambiente possibile in cui vivere ed operare per l’organizzazione, per loro stessi e per - rativo di facilitare in tal modo il ragagire in uno spettro assai ampio che va, per esempio, dalla sana gestione d’Antonio, d’Ambrosio Marri, 2019) alla capacità di prevenire i “deragliamenti della leadership” (Castiello d’Antonio, 2011; 2013; 2018; Kets de Vries, Miller, 1984).

Bibliografia

Baier L. (2004), Non c’è tempo! Diciotto tesi sull’accelerazione, Bollati Boringhieri, Torino, 2004.

Castiello d’Antonio A. (2005), Solitudine manageriale e vicende organizzative. Personale e Lavoro. “Rivista di Cultura delle Risorse Umane”, 490, 25-32.

Castiello d’Antonio A. (2011), Leadership malata. Le patologie del management “Psicologia Contemporanea”, 228, 12-15. Castiello d’Antonio A. (2013), Valutare un leader. Come prevenire la leadership tossica, “Psicologia Contemporanea”, 240, 46-51.

Castiello d’Antonio A. (2016), Nella mente dei soldati, “Psicologia Contemporanea”, Castiello d’Antonio A. (2018), La leadership tossica, “Rivista Militare”, 4, 98-103.

Castiello d’Antonio A. (2021), Intelligen- organizzazioni. Su alcuni aspetti dell’IntelPersonale e Lavoro, “Rivista di Cultura delle Risorse Umane”, 638, 10-19.

Castiello d’Antonio A., d’Ambrosio Marri L. (2019), , Firenze. Giunti Psychometrics.

Kets de Vries M. F. R. (1989), Prisoners of Leadership, John Wiley & Sons, New York.

Kets de Vries M.F.R., Miller D. (1984), L’organizzazione nevrotica. Una diagnosi in comportamento organizzativo, Raffaello Cortina, Milano, 1992.

Maddi S. (2002), The story of Hardiness: Consulting Psychology Journal, raggiungere prestazioni elevate, Giunti

Stein S. J., Bartone P. T. (2020), Hardiness. Making stress work for you to achieve your John Wiley & Sons, Hoboken.

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