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RAIMONDO MONTECUCCOLI L’etica militare

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Raimondo Montecuccoli (Pavullo nel Frignano 21 febbraio 1609 – Linz 16 ottobre 1680) fu un condottiero al servizio del Sacro Romano Impero e teorico militare a cui si deve il primo riuscito tentativo di fare dell’arte della guerra una vera e propria scienza.

Montecuccoli nei suoi numerosi scritti non si occupa solo di strategia, tattica, organica e logistica ma anche di etica militare, da lui considerata come fondamentale per il combattente. Grande soldato dotato di una vasta e non comune cultura, Raimondo Montecuccoli era un uomo di profonda religiosità (nella giovinezza era stato avviato alla carriera ecclesiastica prima d’intraprendere il mestiere delle armi non poteva non contemplare la dimensione spirituale del combattente. La prima domanda che Montecuccoli si pose è perché si combatte e la risposta per lui non poteva che essere una sola: per la vittoria. Questa però non deve avere dei limiti che poi sono funzionali alla vittoria perché possa dirsi completa. Il primo limite è la popolazione civile che deve essere risparmiata non si rivolga contro il vincitore. Montecuccoli aveva assistito al sacco di Magdeburgo del maggio 1631 e aveva ben presente l’odio implacabile che le violenze contro gli abitanti avevano ingenerato contro le truppe cattoliche vincitrici. Con l’odio non si alimentava la pace bensì la guerra. Così come la pace non si ristabiliva con le distruzioni: per questo Montecuccoli teorizzava, laddove possibile, lo scontro in campo aperto lontano dai centri abitati e dal- le loro zone produttive. L’obiettivo era quello di riavviare al più presto la normale vita sociale ed economica nelle la pace nei territori conquistati. Dunque per Montecuccoli la guerra era uno strumento per il conseguimento di un preciso obiettivo e possibilità nelle mani del sovrano che poteva utilizzarla solo se avesse avuto a disposizione, pronto e combattivo, un esercito formato e

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Da questa esigenza derivava dunque la necessità di disporre di un esercito permanente che sostituisse le milizie temporanee, per lo più composte da mercenari, reclutate in tempo di guerra. Un esercito permanente che combatteva non più per il bottino ma - li, doveva avere con quest’ultimo un indissolubile legame personale e ciò era rappresentato dal giuramento di fedeltà prestato dalle truppe. Ma il giuramento era anche un atto di fedeltà verso sé stessi: ci s’impegnadi combattere con valore. Quello che oggi ci sembra scontato appariva rivoluzionario nel XVII secolo poiché voleva dire valorizzare l’individuo, le

Raimondo Montecuccoli era però un realista e raccomandava sempre che i soldati venissero pagati puntualmente sia per evitare i saccheggi sia per mostrare quell’attenzione e cura senza le quali l’esercito è destinato alla rovina: “Decade la milizia colà dove de’ soldati poco conto si tiene” scriveva Montecuccoli nei suoi cele- berrimi “Aforismi dell’arte bellica”. Nei pensieri etici di Raimondo Mon- quale non solo deve essere costante esempio di valore ma esercitare anche l’azione di comando con onestà d’intenti e, soprattutto, giustizia. Il Capitano deve sempre premiare generosamente i suoi meritevoli soldati perché le parole di lode non bastano: soldo garantito, rifornimenti adeguati, cure in caso di necessità; in una parola, il Capitano deve preoccuparsi di quello che oggi noi chiamiamo “benessere del personale”. Il condottiero modenese capì per primo che la cura del soldato ne aumentava la motivazione al combattimento.

Anche le pene assumono per Montecuccoli un valore etico: chi sbaglia paga. Dunque nessuna attenuante per chi tradisce il giuramento prestato, nessuna comprensione verso la disobbedienza: mancanze punite con severità. La disciplina come asse portante ed indispensabile dell’esercito è un dogma al quale Montecuccoli sarà sempre fedele. Al riguardo, scrisse: “La disciplina è sopra tutte le cose necessaria al soldato, senza cui la gente armata è più dannosa che utile, più a’ suoi, che al nemico, formidabile”. L’etica militare professata e promossa da Montecuccoli è ovviamente per le guerre che lo segnarono) e delle sue esperienze sul campo ma trae anche origine dall’insieme di valori di una società moderna di cui fu uno dei rappresentanti più emi-

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