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e a livello di autori

sovrumana. L’ho spinto io stesso a scrivere per noi la sua esperienza. E ne è venuta questa straordinaria e puntigliosa confessione.71

Risulta chiaro dalla prefazione che Il mio granello di sabbia è racconto di memoria a posteriori, elaborato dopo i fatti vissuti. In effetti, Bolis non parla del suo testo come di un “diario”. Egli dice invece:

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Questa cronaca di una vicenda capitatami a Genova negli ultimi tempi della dominazione nazifascista – che dedico ai compagni genovesi in riconoscimento della coraggiosa assistenza prestatami – non ha pretese letterarie né intendimenti di apologia o di polemica. Non quindi difesa della tesi del suicidio, né atto di accusa contro i nemici e tanto meno valorizzazione del mio comportamento, ma semplice esposizione di fatti e chiarificazione di circostanze, alternate al ricordo di quei pensieri e stati d’animo che mi è sembrato indispensabile per comprendere un episodio forse di per sé interessante, non essendo di tutti i giorni l’esperienza di un suicidio mancato. L’unico pregio di questa storia è dunque l’assoluta autenticità di quanto vi si narra […]. Alla stessa urgenza di verità attribuisco l’uso della prima persona, fastidiosa per ovvi motivi, ma che alla fine ho accettato per evitare inutili artifizi e muovermi con più naturale linguaggio.72

Alla luce di queste chiarificazioni, non si spiega come abbia fatto Battaglia a definire diario un testo che non presenta né contemporaneità tra fatti e racconto di essi né scansione cronologica, anzi è accompagnato da pochissime date, quelle essenziali a contestualizzare i fatti narrati.

...e a livello di autori

La confusione tra diario e memoria non è solo indice di poca attenzione da parte degli studiosi. Anche gli autori di memorie cadono in questo errore. Molti sono gli scritti di tipo autobiografico che si autodefiniscono, a partire dal titolo oppure nella prefazione, “diario partigiano”, e che poi diario non sono: anzi, molto spesso sono delle normali narrazioni di memoria. Tra gli esempi riportati da Castelli, troviamo Soldati senza uniforme,73 di Giovanni Pesce, che sceglie per il suo testo il sottotitolo fuorviante di Diario di un gappista. Seguono altri esempi, come La morte ha bussato tre volte. Il diario di un torturato nell’Inferno di via

71 LUCIANO BOLIS, Il mio granello di sabbia, che cito dall’ed. Torino, Einaudi, 1995, p. 91. 72 Ivi, p. 3. 73 GIOVANNI PESCE, Soldati senza uniforme. Diario di un gappista, Roma, Edizioni di cultura sociale, 1950.

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Tasso74 di Curatola, e Vecchi partigiani miei di Piero Carmagnola: entrambi i testi sono presentati dai loro autori come diari, nonostante non lo siano. Ecco la prefazione di Vecchi partigiani miei, in cui Carmagnola specifica:

Non è un romanzo, e non è l’esaltazione della guerra partigiana. È il diario di un partigiano qualunque appartenente a una delle gloriose formazioni della val di Lanzo. È il diario di seicento ragazzi giovanissimi che per venti mesi hanno lottato strenuamente contro l’invasore tedesco e il tiranno fascista. È stata una lotta dura, sanguinosa, sovente crudele, e gli avversari hanno combattuto senza esclusione di colpi.75

Si avrà occasione più tardi di analizzare nel dettaglio questo testo: qui preme evidenziare quanto Carmagnola sottolinei che il suo testo «non è un romanzo» bensì un diario. A ben guardare, il racconto non ha assolutamente la forma diaristica, ma somiglia proprio ad un romanzo. Non ha scansione cronologica e cronachistica bensì parti descrittive, dialogiche, riflessive, anche molto personali. Eccone uno stralcio esemplificativo:

Il rumore del motociclo concilia il sonno. Tra le palpebre socchiuse osservo le persone che mi circondano. Poi, a poco a poco, mi addormento. A Torino siamo alle nove circa. Mi sembra di vivere in un sogno. Mi piace figurarmi di essere una pedina in un grande gioco di scacchi – il gioco della guerra. Ho sempre timore che qualcuno si interessi troppo di me – invece, per fortuna, sono insignificante a tutti. Ognuno ha le sue preoccupazioni, e se le tiene per sé – sfollamento, casa sinistrata, caro-vita, chiamata alle armi…Non c’è nessun volto sereno. Ognuno corre dietro a un suo pensiero, e vi fantastica su.76

È probabile che Carmagnola fosse consapevole della somiglianza tra il suo testo e un romanzo canonico; in effetti, uno scritto di memoria è molto vicino, come configurazione narrativa, al romanzo. A mio avviso, Carmagnola – e con lui altri autori di memorie – preferisce l’etichetta diaristica perché la considera una garanzia di veridicità degli eventi narrati. Il “diario” è interpretato come una cronaca oggettiva, che descrive i fatti così come sono avvenuti. Il “romanzo”, invece, può far pensare che nell’elaborazione del testo ci sia un margine d’invenzione, di libertà creativa dell’autore nel racconto degli eventi vissuti. Ma i testi di memoria partigiana non lasciano troppo spazio alla fantasia, anzi raccontano fatti reali nella loro tragicità, che devono colpire proprio in quanto

74 CURATOLA, La morte ha bussato tre volte. Il diario di un torturato nell’inferno di via Tasso, Roma, De Luigi, 1944. 75 PIERO CARMAGNOLA, Vecchi partigiani miei, Torino, Stamperia artistica nazionale, 1945, p. 9. 76 Ivi, p. 15.

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