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Diario come scrittura intima per intellettuali?
Diario come scrittura intima per intellettuali?
Riflettendo sulle differenze tra diario e memoria, un altro dato rilevante emerge dall’analisi del rapporto tra questi tipi di testo e la posizione sociale del loro autore: gli intellettuali sono estensori di diari, mentre le persone comuni si orientano verso la memorialistica.
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Non si vuole affermare che questa sia una regola ferrea: gli archivi della scrittura popolare conservano molti scritti diaristici di gente comune. Quella che viene qui rilevata è solo una tendenza generale, legata in particolare agli scritti pubblicati. Per esempio, si è parlato dei diari di Quazza e Artom: essi sono entrambi due giovani intellettuali torinesi, politicamente vicini al Partito d’Azione, freschi di formazione e attivi nel mondo della produzione culturale. Artom collabora come storico dell’età antica con la neonata casa editrice Einaudi, Quazza invece intraprende la carriera di storico dell’età contemporanea, che proseguirà nel dopoguerra. Anche Giaime Pintor – studioso e traduttore di letteratura tedesca per la Einaudi, ufficiale dell’esercito italiano poi passato alla Resistenza e morto su una mina – teneva un diario dei giorni di guerra, con l’obiettivo di farne un testo storico più articolato. Lo dice lui stesso:
Davanti a me l’ultima possibilità di vivere fisicamente questa guerra […] penso a che rare giornate si potranno vivere se l’estate vedrà ancora la guerra nell’Italia meridionale, e se saranno forse l’occasione di scrivere un Diario della guerra breve. Vedo bene un libro.89
È ancora una volta Franco Castelli a far notare questo elemento. Gli intellettuali redigono diari o brevi appunti non soltanto come aiuto per la memoria in quei momenti frenetici.90 Essi vedono in quelle note, in quelle pagine di diario la possibilità di un loro riutilizzo futuro, in funzione della creazione di un testo storico oppure letterario. Castelli dice:
Questo considerare il diario come momento inferiore, cronachistico, da superare, indica inequivocabilmente come, da parte dei partigiani letterati e con ambizioni scrittorie, si configuri il preciso intento di “to make history an immaginative thing”, come scrive Thomas Edward
89 GIAIME PINTOR, Doppio diario 1936-1943, Torino, Einaudi, 1978, pp. 184-185. 90 Si deve ricordare che spesso i partigiani più colti ricoprivano posizioni di responsabilità all’interno del gruppo e, dovendo prendere decisioni di tipo organizzativo e tattico, tenevano dei diari di “brigata” su cui annotavano spostamenti, rastrellamenti, ordini dal comando, le nuove acquisizioni oppure le perdite di uomini, ecc.: io mi sto riferendo a testi più personali, individuali, non ad uso “bellico”.
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