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I.2 - Il diario retrospettivo

Lawrence. “Far della storia una cosa dell’immaginazione”, sganciarsi insomma dal costrittivo predominio del fatto, nel salto auspicato e perseguito dal diario partigiano al romanzo (o al racconto) sulla Resistenza (anche se poi il risultato cui approdano gli autori citati sono opere di difficile catalogazione e intrise di autobiografismo, come Il partigiano Johnny o I piccoli maestri). Il “diario” come trampolino per il “libro” […].91

Non mi sembra il caso di approfondire troppo il discorso iniziato da Castelli sul diario come tappa preliminare per un prodotto letterariamente elaborato sulla guerra partigiana, dal momento che non è la diaristica che si vuole analizzare. È da notare, ad ogni modo, il fatto che gli intellettuali – più sensibili della gente comune ai cambiamenti epocali e alla percezione di momenti cardine – abbiano subito capito quanto il tema resistenziale potesse essere fecondo per il mondo della cultura storica, letteraria, filosofica e politica, e si siano subito attivati per mantenerne una traccia, utile per un progetto futuro. Per chiudere con un esempio, Artom – con l’occhio dello storico abituato ad armeggiare documenti e fonti di epoche passate – scrive il suo diario con la consapevolezza che in futuro diventerà fonte per la ricostruzione di un momento storico che, ai suoi occhi, rischia di non lasciare documenti a causa della clandestinità in cui i partigiani erano costretti a muoversi:

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Certe volte penso che questo mio diario in futuro sarà una interessante testimonianza, anche perché credo che pochi siano i partigiani che lo tengono con tanta assiduità e, d’altra parte, per ovvie ragioni si scrivono poche lettere confuse e prive di notizie politiche. Così si hanno importanti documenti di altre epoche in scritti vivi e quotidiani, come giornali personali ed epistolari.92

I.2 - Il diario retrospettivo

Dopo aver riflettuto sugli elementi che generalmente differenziano il diario dalla semplice memoria, Castelli individua un’eccezione alla regola: a metà strada tra queste due tipologie di testo se ne colloca una terza, che egli definisce del “diario retrospettivo”. Appartengono a questa categoria testi che hanno in apparenza la forma del diario, cioè la divisione cronologica e giornaliera per date, ma che sono frutto di rielaborazioni successive di appunti coevi, pagine diaristiche, annotazioni volanti.

91 F. CASTELLI, Diari della “guerra breve”. Prime ricognizioni sulla diaristica resistenziale, cit., p. 265. 92 E.ARTOM, Diari di un partigiano ebreo. Gennaio 1940-febbraio 1944, cit., p. 87.

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Non sono diario poiché non soddisfano il criterio della contemporaneità tra fatto vissuto e stesura narrativa di esso: possono per questo essere definiti, a pieno titolo, testi di memoria. Esistono molti più esemplari di diari “retrospettivi” che coevi. Solitamente, quando un diario che afferma di essere diretto è scritto di pugno da un partigiano caduto in battaglia, si ha l’effettiva certezza che si tratti di un esemplare coevo, senza interventi di rielaborazione successivi, a meno che non ve ne siano di mano del curatore. Nel caso di un diario la cui pubblicazione è curata dallo stesso autore, un margine seppur minimo d’intervento ci sarà, soprattutto se quel diario viene dato alle stampe per soddisfare una qualche ambizione letteraria. Dice Castelli:

In realtà, in questi diari ricostruiti a posteriori, si mette in moto un gioco di specchi tra verità (o veridicità) storica e fiction che si fa sottilmente intrigante: basti pensare che, in quelli che parrebbero veridici “ricordi di vita partigiana”, Stefano Brena introduce – per ben ventidue pagine! – un posticcio “diario di Sandro” (il protagonista), stipato di assurdità e inverosimiglianze, mentre al contrario, ne La scelta di Angelo Del Boca, che l’editore definisce “romanzo”, non possiamo non rinvenire, nei vari capitoli in forma di diario evidenti e inequivocabili tracce di autobiografismo.93

Anche il già citato Sandro Frigeri riflette sulla configurazione del “diario retrospettivo”, che, come sottolinea, «è in realtà un testo di memorie».94 Egli dice:

I diari retrospettivi, magari composti sulla scorta di appunti contemporanei ai fatti, sono frutto di una rielaborazione successiva, quando non sono addirittura scritti per intero nel dopoguerra […]. È il caso del “diario” di Pietro Chiodi […].95

L’esempio da lui riportato è Banditi di Pietro Chiodi, che assume la struttura cronologica tipica del diario ma non è scritto in una situazione di contemporaneità rispetto ai fatti che racconta. Chiodi lo sottolinea nella prefazione introduttiva:

Queste pagine furono scritte fra il 1945 e il 1946 allo scopo di rendere testimonianza su fatti a atteggiamenti contestati, di alcuni dei quali il loro autore era l’unico testimone sopravvissuto.96

93 F. CASTELLI, Diari della “guerra breve”. Prime ricognizioni sulla diaristica resistenziale, cit., p. 271. 94 S. FRIGERI, Memorialistica partigiana. Il problema della cronologia e la dimensione del ricordo, cit., p. 10. 95 Ivi, p. 15. 96 PIETRO CHIODI, Banditi, Torino, Einaudi, 1975, p. V.

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