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Scrittura “a caldo” e “a freddo”
veri. Ecco perché quasi tutti rifuggono esplicitamente l’etichetta romanzesca: essi sono ben consapevoli che la veste narrativa, con cui il ricordo viene organizzato, può fare in modo che il lettore identifichi il testo di memoria come un romanzo. Altri studiosi hanno individuato una spiegazione più sottile per questi casi di sovrapposizione tra diario e romanzo: la maggior parte dei memorialisti, non essendo intellettuali, sente sulla propria pelle una sorta d’inferiorità nei confronti dei romanzieri, degli scrittori di professione, che è legata all’inadeguatezza che provano rispetto alla scrittura. Per molti di questi autori improvvisati il livello d’istruzione si fermava alla terza o alla quinta elementare; dopo gli studi, pochi hanno mantenuto l’abitudine a scrivere. Sottolineare il loro maggior interessamento verso la resa autentica della realtà dei fatti ‒ piuttosto che verso la costruzione letteraria della memoria ‒ serve a giustificare gli errori di scrittura e sintassi in cui spesso incorrono. Il diario presuppone poi una minor elaborazione rispetto al più impegnativo romanzo. Dice infatti Castelli:
Questa dichiarazione […] ci fa capire come il termine “diario” venga indebitamente attribuito a scritti di memoria da parte di partigiani non letterati, proprio in funzione antiretorica e antiletteraria.77
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Anche Giovanni Falaschi approfondisce la questione:
La scelta del fatto come protagonista delle memorie ha una funzione disinibitrice perché libera gli autori dal complesso d’inferiorità verso gli autentici scrittori: concentrando l’attenzione del lettore sui fatti raccontati piuttosto che sugli strumenti espressivi, anche i meno colti vincono le resistenze interne alla scrittura perché si identificano nei fatti e considerano secondari gli strumenti.78
Scrittura “a caldo” e “a freddo”
Dopo aver distinto diario e memoria, e spiegato le possibili mescolanze tra questi due generi, Castelli si spinge oltre: egli individua una ulteriore differenza all’interno dei testi di tipo diaristico che avvicina nuovamente questo genere agli scritti di memoria. Nota come anche una registrazione diretta degli eventi possa assumere sfumature stilistiche diverse: si può avere una scrittura a caldo, operata proprio a ridosso degli eventi, che darà vita ad un testo scarno, stringato, tutto
77 F. CASTELLI, Diari della “guerra breve”. Prime ricognizioni sulla diaristica resistenziale, cit., p. 267. 78 G.FALASCHI, La resistenza armata nella narrativa italiana, cit., pp. 27-28.
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concretezza e azione, concentrato sui fatti. Se la registrazione avviene a qualche giorno di distanza, o riassume gli eventi di due o tre giorni insieme, si avrà una scrittura a freddo, che lascia spazio anche alla riflessione: questo tipo di testo è molto più vicino allo stile della memorialistica. I due generi prima distinti, quindi, incrociano nuovamente le loro strade. Anche Augusta Molinari, studiando la memorialistica del partigianato ligure, arriva a conclusioni molto simili a quelle appena esposte a proposito della duplice funzione che la scrittura diaristica può assumere. Ella analizza il testo inedito scritto da Gualtiero Zanderighi, un partigiano semplice attivo in Liguria, studente universitario già avvezzo allo strumento della scrittura. A proposito del suo diario, la Molinari nota:
Il diario presenta un doppio registro di scrittura: è al contempo una cronaca dei fatti, sull’esempio dei diari di brigata, e una scrittura di tipo privato, quasi un diario intimo. L’evento e la percezione individuale dell’evento coesistono e la scrittura assume una duplice funzione. Da un lato quella di fissare nello spazio e nel tempo un percorso autobiografico, dall’altro di salvaguardare una sfera privata dall’incalzare degli eventi.79
Secondo la Molinari, il diario è utile non solo per prendere nota degli eventi vissuti: esso aiuta lo scrivente a «fissare delle coordinate spaziotemporali»80 salde in cui può collocare la proprio persona. In particolare, i partigiani sentono questo bisogno poiché le dinamiche della guerriglia li obbligano a vivere in un contesto sempre collettivo e provvisorio, in cui si perdono i punti di riferimento spazio-temporali e affettivi. In una situazione così precaria, la scrittura diaristica serve a prendere nota degli eventi bellici, ma dà anche la possibilità di mettere la guerra “in pausa”, e recuperare il contatto con il proprio io, in uno spazio che è solo individuale. La scrittura di riflessione a freddo, individuata da Castelli, è la più adatta per questo tipo di diario. La diversa funzione che può assumere la scrittura all’interno di un diario ne influenza anche la cronologia. Sandro Frigeri nota come la struttura cronologica del diario possa essere organizzata in modi diversi. Punto fermo della sua teoria è l’idea che un diario non è mai obiettivo, ma è sempre frutto delle scelte personali del suo autore, poiché ci possono essere giorni non menzionati, oppure solo accennati, e al contrario pagine intere dedicate ad un solo momento;
79 A. MOLINARI, La Resistenza in Liguria tra evento e racconto. Storie e memorie inedite del partigianato ligure, cit., p. 43. 80 Ibid.
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