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Brigata Sinigaglia

Questo libro fu scritto tra il mese di giugno ed il mese di agosto del 1945, sulla base di ricordi personali, sorretti da taccuini tenuti durante il periodo partigiano, sui quali erano segnate soprattutto le spese delle formazioni di cui via via feci parte. Tali ricordi furono integrati dai documenti del carteggio della Divisione Pinan-Cichero, tuttora conservati a Genova presso l’archivio del’Istituto per la storia del Movimento di Liberazione in Italia. Scopo del libro, fu principalmente quello di conservare tutto quanto la memoria fresca dei fatti mi consentiva, e di spiegare, attraverso una testimonianza diretta, che cosa fosse stato il movimento partigiano.137

Molte sono le memorie della prima ondata che, come quella di Lazagna, rielaborano e compattano in un solo testo i diari di brigata, gli appunti dei comandanti, i resoconti tecnico-militari da inviare ai comandi. Quello che interessa ai primi memorialisti è prima di tutto il fatto, il contributo militare dei partigiani alla Liberazione; la propria dimensione personale emerge solo in un secondo momento.

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Brigata Sinigaglia

Un esempio di questo tipo di memoria partigiana è Brigata Sinigaglia, di Angiolo Gracci, la cui pubblicazione è stata curata dal Ministero dell’Italia occupata nel 1945. La memoria si apre con una sezione introduttiva in cui Gracci indica velocemente i motivi per i quali ha deciso di scrivere. Questa parte introduttiva è accompagnata da una cartina della Val d’Arno, la zona d’azione della banda. La prefazione è breve e scarna:

Queste pagine, che sono quadri brevi e fugaci di una vita vissuta da gente del popolo in tempi d’eccezione, vogliono dare ai lettori e particolarmente ai giovani, l’impressione più obiettiva e fornire loro i motivi più veri attraverso i quali giudicare serenamente quel grande fenomeno nazionale che è stato il nascere e lo svilupparsi in Italia del movimento partigiano.[…] Scrivendo questo libro, io non ho fatto altro che ubbidire ad un comando che mi veniva dalla coscienza e dalla tacita volontà di tutti i miei compagni di lotta, in particolar modo di quelli che non sono più.138

Poche, acute parole dirette al lettore per introdurre la narrazione. Il racconto si apre con il protagonista che si prepara per salire in montagna con i partigiani, all’insaputa della famiglia. E subito, l’incontro con i partigiani:

137 GIOVANNI BATTISTA LAZAGNA, Ponte rotto: testimonianza di un partigiano della divisione garibaldina “Pinan-Cichero”,che cito dall’ed. Quaderni de “Il Novese”, Genova, 1966, p. 5. 138 A.GRACCI, Brigata Sinigaglia, cit., p. 7.

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Gli tesi la mano e mi presentai pronunciando semplicemente il mio nome di battaglia. «Io sono invece Baffo Rado. I compagni sanno già di te. Ce ne ha parlato Giobbe». […] «Hai una sigaretta? – Soggiunse – Tu vieni dalla città!» Ringrazia la mia previdenza. Cacciai le mani nel sacco e ne trassi fuori un pacchetto di «Macedonia». «Grazie, compagno, le fumerò alla tua salute!» Da quel momento mi sentii partigiano.139

Come si vede, il protagonista entra di botto nella realtà partigiana, e con lui anche il lettore. Gracci non mostra le sue riflessioni precedenti alla scelta, e nemmeno i suoi pensieri nell’impatto con questa realtà; non presenta, per ora, nemmeno i partigiani che incontra. E non esistono momenti descrittivi o parti più riflessive nei capitoli successivi, in cui si racconta un lancio di rifornimenti e un’azione di guerriglia. La narrazione è tutta concreta: dialoghi, ordini, movimenti, incontri. Gracci non mostra le sue emozioni nemmeno durante la battaglia. A scontro appena concluso non indugia sull’azione appena compiuta:

«Ti sei comportato come un anziano, nonostante la tua faccia occhialuta da professorino» continuò ridendo Leopardo. Mi alzai e mi stirai. Le membra affaticate si erano indolenzite riposando nell’umidità della notte. Mi rivolsi ai compagni: «Bah! Riprendiamo la marcia, ragazzi, la sveglia al campo la dobbiamo dar noi questa volta».140

Nonostante egli sia sempre molto stringato nelle parti relative alle riflessioni personali, descrivendo di una battaglia diventa più preciso e loquace: anche una decina di pagine per rendere nei dettagli uno scontro tra partigiani e Tedeschi. Questa apparente prolissità è dovuta al fatto che Gracci vuole dipingere le dinamiche della guerriglia partigiana con precisione, sottolineando tutti gli spostamenti e le decisioni dei comandanti. Si tratta di una strategia ovviamente diversa da quella applicata dall’esercito regolare, che si fonda su una ottima conoscenza del territorio e delle retrovie, su rapidi spostamenti di piccoli gruppetti di uomini e interventi a sorpresa, per sfruttare meglio le armi troppo scarse. Dalle descrizioni accurate di Gracci emergono tutte queste peculiarità:

Furono distribuite munizioni supplementari e i capi di distaccamento controllarono i loro gregari. La colonna, in fila indiana, si mosse che stavano già sopraggiungendo le tenebre. Il bosco e la notte inghiottirono nel loro silenzio 120 uomini. Agli altri, quelli che rimanevano ai posti di vedetta e disponibili al campo, per lasciarli meno scontenti, si era dovuto promettere che la prossima azione sarebbe toccata a loro. La marcia d’avvicinamento fu dura e

139 Ivi, p. 18. 140 Ivi, p. 43.

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movimentata. Mantenere il collegamento in una formazione che procede in fila indiana, di notte, in zona di bosco e in zona di macchia, con terreno rotto e vario, quando poi si tratta di passare una strada battuta dal transito intenso del nemico, è cosa tutt’altro che piacevole; a tutto questo si aggiunge che non si può chiamare né passare una voce, essendo già troppo il rumore dello scalpiccio dei passi sul sentiero.141

La descrizione prosegue con il gruppo che si avvicina al comando di battaglione tedesco e ne circonda la villa:

In pochi momenti dalla porta di ogni dormitorio due canne di pistole furono puntate verso l’interno e i dormienti sorpresi e atterriti, accecati dalla luce delle nostra lampadine che venivano loro messe sugli occhi, alzarono tutti le mani.142

Conclusa l’azione, non si ha nessuna dimostrazione di soddisfazione da parte del protagonista, che passa subito a descrivere un altro attacco. Gracci si preoccupa di toccare tutti gli elementi peculiari della realtà partigiana, oltre alle battaglie e alla tecnica della guerriglia. Il terzo capitolo, per esempio, descrive la vita al campo, e ha in allegato un ordine del giorno, inviato dal comando di brigata, e il bollettino dei fronti, diffuso dalla radio. Si illustra la giornata tipica del gruppo partigiano, l’organizzazione del rancio, le gerarchie interne, le corvée dei rifornimenti, la pulizia delle armi, l’infermeria. È interessante la descrizione dell’ora di “istruzione”, in cui i comandanti mettono il gruppo a conoscenza dei movimenti alleati e tedeschi nella penisola. Questi momenti, in cui si discute anche di politica, servono per impartire la disciplina ai partigiani, a istruirli su certe tecniche di combattimento. I capitoli seguenti sono dedicati al rapporto tra partigiani e popolazione: Gracci sottolinea l’importante sostegno materiale dato dai contadini alla banda. In seguito si parla dei soldati stranieri che si sono uniti ai partigiani dopo essere giunti in Italia come prigionieri dei Tedeschi ed essere fuggiti dai campi di prigionia: sono russi, slavi, americani. Si torna poi a descrivere il progredire della lotta, fino alla liberazione di Firenze. Essendo Gracci un memorialista aderente solo ai fatti, che non lascia spazio per l’introspezione, anche la conclusione è in linea con questa impostazione. Poche personali parole, a chiusura di quest’esperienza:

141 Ivi, p. 31. 142 Ivi, p. 32.

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