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L’esigenza della ricostruzione storiografica

del tutto la sfera tematica ideologico-politica, così forte nelle prime memorie: nessuno dei memorialisti citati tocca questo tema. Ormai, a distanza di anni, non ha più senso professare confessioni ideologiche quasi morte, progetti che non hanno più ragione di esistere, ideali già riconosciuti anche dalle istituzioni. La dimensione collettiva del movimento è ancora presente, ma non è più così predominante da soffocare la soggettività dei testimoni. Ora gli autori – non dovendo dipingere la Resistenza secondo un’immagine solo eroica e positiva – danno finalmente spazio alle proprie riflessioni, fino a descrivere anche i lati peggiori del movimento partigiano, che prima venivano debitamente occultati. In queste memorie acquista maggior importanza, ai fini dell’articolazione narrativa, lo scarto temporale tra l’io maturo scrivente – che ha rielaborato gli eventi resistenziali a distanza di tempo – e l’io giovane del passato, il quale viveva immerso in quella dimensione di guerriglia e non poteva – proprio perché costretto ad una vita senza contatti esterni, sempre in fuga – avere una prospettiva di riflessione molto ampia. Data questa distanza temporale, i meccanismi della memoria individuale hanno avuto modo di agire, selezionando il vissuto di ogni memorialista sulla base di gerarchie d’importanza strettamente soggettive. Nelle memorie della prima ondata tutto ciò non si coglie poiché i protagonisti, avendo scritto subito a ridosso degli eventi, non hanno avuto né il tempo né gli strumenti per riflettere sui fatti appena vissuti.

L’esigenza della ricostruzione storiografica

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La memorialistica della seconda ondata non si esaurisce qui così semplicemente. Nonostante si senta ora il bisogno di concentrarsi di più sul lato umano del movimento partigiano, l’esigenza documentaria è ancora presente presso alcuni autori. I protagonisti si fingono storici, e, come fece – anticipando i tempi – il già citato Dante Livio Bianco, tentano una ricostruzione oggettiva della Resistenza nella zona in cui erano operativi. Questa volta, però, non vogliono più rivendicare un ruolo e un merito che sentono minacciati: il loro contributo è diretto

semplicemente ad aiutare gli studi storiografici. Le ricerche storiche pubblicate in questi anni hanno analizzato il movimento resistenziale italiano nel suo insieme;

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