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Alberto Bianco
scolastiche e in ogni opportuna occasione. Affinché non cedano al pessimismo.313
Oltre al bisogno di difendere gli ideali resistenziali, dalle parole di Fiore emerge un altro elemento che verrà affrontato più avanti: la scrittura come risposta all’esigenza testamentaria della “restanza”, di fronte al tempo che scarseggia. Con Carassi e i coniugi Fiore abbiano l’esempio di due ex partigiani che, ritiratisi dalla scena e rimasti nel quasi totale silenzio, difendono la Resistenza con la pubblicazione dei loro ricordi solo negli anni ’90. Altri invece decisero, dopo la Liberazione, di far valere ancora “la scelta” partigiana. Questi si misero da subito all’opera scrivendo, raccogliendo e pubblicando documenti, fondando associazioni e organi di studio, scrivendo i testi che sono stati etichettati come “memorialistica della prima ondata”. Lo scopo del loro impegno era la creazione di un “mito della Resistenza”, che tenesse vivi gli ideali partigiani anche per il futuro.
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Alberto Bianco
Tra questi “partigiani per la vita” figura Alberto Bianco, fratello di Dante Livio, che insieme a Giorgio Agosti314 è stato intellettuale attivo all’interno dell’Istituto per la storia della Resistenza torinese. La sua testimonianza partigiana è conservata dalla penna di alcuni collaboratori di Giovanni De Luna; lo studioso aveva infatti registrato il racconto orale di Alberto tra il 1989 e il 1990, trascrivendolo poi successivamente nel fedele rispetto della registrazione e della prima persona. Il breve scritto non è tanto importante per il suo valore formale intrinseco quanto perché è un modo per ricordare gli sforzi di Alberto Bianco nel progetto di tutela i valori partigiani. Nell’introduzione al testo, De Luna sottolinea l’importanza dell’attività culturale su cui Bianco si è concentrato dopo la Liberazione, sostenendo le attività
313 ADELIO E FAUSTA FIORE, Memorie di un ribelle, settembre 1943-maggio 1945, con pres. di Giancarlo Pellegrini, Foligno, Editoriale umbra, 1995, p. 90. 314 Per l’interessante carteggio tra Dante Livio Bianco e Giorgio Agosti, vedi GIORGIO AGOSTI, DANTE LIVIO BIANCO, Un’amicizia partigiana: lettere 1943-1945, introd. Di Giovanni De Luna, Torino, Bollati Boringhieri, 2007.
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dell’Istituto Storico della Resistenza in Piemonte, dell’istituto di Cuneo, della Fondazione Dalmazzo e del Museo del Risorgimento torinese:
La partita decisiva dunque, doveva giocarsi sul piano della storia e della memoria, quasi che Giorgio [Agosti] avesse anticipato il terreno su cui oggi si sviluppano con più insistenza le istanze di normalizzazione revisionista, sia storiografiche che politiche. Giorgio morì cinque anni or sono. Alberto restò fino all’ultimo per condurre quella battaglia. Quello che è stato il loro impegno diventa per noi che restiamo un obbligo morale, carico di responsabilità civile e di consapevolezza critica.315
L’attività di Bianco e Agosti e dei molti altri agenti di memoria – storica, culturale ma anche personale – nella costruzione del mito della Resistenza va qui sottolineata paradossalmente perché i dibattiti revisionisti degli anni ’90 ne evidenziano il parziale fallimento. I due studiosi avevano avviato da subito il processo di tutela degli ideali resistenziali poiché nutrivano già il presentimento che non sarebbero resistiti al tempo; per gli stessi motivi anche gli altri maggiori protagonisti del movimento resistenziale hanno subito steso la propria testimonianza. Ed è da quei testi di prima memoria che il “mito della Resistenza” si sarebbe dovuto formare; come è accaduto per il Risorgimento, le cui storie si sono costruite sugli scritti di Pellico, Abba e dei molti altri garibaldini che hanno scritto.
Tra Resistenza e Risorgimento corre in realtà una grossa differenza. La scuola pubblica italiana imponeva un tipo d’istruzione molto legata ai temi e agli ideali risorgimentali: Le mie prigioni e Cuore, per esempio, erano alcune delle letture preferite. Attraverso questi testi i valori risorgimentali hanno avuto modo di diffondersi, e di cementarsi nell’opinione pubblica. Ciò ha permesso che nascessero le storie leggendarie sui Mille, su Garibaldi “eroe dei due mondi”, e che si dimenticassero i lati meno nobili dell’impresa garibaldina. Al contrario, la Resistenza nelle scuole italiane non è mai penetrata in questi termini. Alla guerra resistenziale si accenna, ancor oggi, come ad un momento storico tra i tanti, senza che ne venga sottolineata la peculiarità. Non ho notizia di programmi scolastici nazionali in cui siano inseriti testi di memorialistica partigiana tra le letture obbligatorie. È molto difficile che un soggetto si costruisca l’immagine di una
315 MICHELE CALANDRI, ALESSANDRA DEMICHELIS (a c. di), Alberto Bianco: testimonianza partigiana, pres. di Giovanni De Luna, Savigliano, L’artistica, 1999, p. 12.
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