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I.11 - Un percorso di sviluppo concluso
contenuto. Il testo che ne deriva, quindi, non rispecchia le intenzioni dell’autore, che forse, memorialista non voleva nemmeno essere. In ultima analisi, sembra scontato escludere questi testi nella “storia” dell’evoluzione del genere. Essi possono essere posti a sigillo definitivo di un percorso di sviluppo – complicato e altalenante – che è stato in continuo rapporto con la situazione socio-politica contemporanea alle varie fasi.323 Può essere utile ricapitolarne i momenti-chiave, a discorso concluso.
I.11 - Un percorso di sviluppo concluso
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Le prime scritture di memoria compaiono a ridosso della Liberazione, già a partire dalla seconda metà del 1945. Sono le testimonianze dei comandanti e dirigenti, i grandi nomi della Resistenza; testi ancora a metà strada tra la ricostruzione storica e memoriale, hanno lo scopo di fissare il ricordo e l’immagine di un momento storico vissuto come fondamentale. È forte l’esigenza agiografico-celebrativa, che si riflette in uno stile ridondante. I temi preferiti sono la commemorazione dei caduti, il ricordo degli eroi e dei grandi comandanti, descritti già come figure popolari leggendarie. L’esigenza celebrativa si unisce poi ad una più aperta difesa dei valori resistenziali, messi in discussione dalle forze politiche moderate verso la fine degli anni ’40. Una vola ristabilita l’importanza intoccabile della Resistenza, negli anni ’50 si pubblicano testi di memoria più originali. Ogni autore inizia a dar voce ai propri ricordi senza rincorrere un’immagine della guerra partigiana solo positiva, uguale per tutti. L’alone retorico-celebrativo si perde, lasciando spazio alla dimensione soggettiva con cui il protagonista ha vissuto gli eventi. Emergono nuove tematiche personali, legate all’importanza che la guerra partigiana ha avuto nel percorso di vita dell’autore. Nella seconda metà degli anni ’50 ‒ e in crescendo negli anni ’60 ‒ non sono più solamente i “grandi” partigiani a scrivere. Si pubblicano, infatti, le testimonianze dei “marginali”: prima le protagoniste femminili, e poi i partigiani semplici, i “gregari”. Anche questi testi sono un
323 Il percorso di sviluppo qui abbozzato tiene conto di tendenze evidenziate dalla lettura di più testi di memoria pubblicati nei decenni considerati: è ovvio che si tratta di un panorama complessivo e generale, motivo per cui le obiezioni alla regola sono certamente contemplate. Ogni testo avrà poi degli elementi suoi specifici, legati alle varianti evidenziate nella trattazione, su cui è possibile discutere nel particolare.
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contributo alla formazione di un’immagine diversa, più realistica e umana, della Resistenza, poiché permettono di avere uno sguardo diverso sul fenomeno, che acquista così una maggiore complessità. In questo percorso di sviluppo, gli anni ’60 – che vedono un aumento delle testimonianze dei “marginali”– costituiscono un’inversione di rotta. La rottura degli equilibri interni del paese, scosso dal ritorno in forze delle destre, dagli scioperi e dalle manifestazioni studentesche, si riflette sugli scritti memoriali. Oltre alla difesa degli ideali resistenziali di fronte ai movimenti neofascisti, si assiste all’aumento delle pubblicazioni che vengono da militanti di sinistra: essi rivendicano il contributo del loro partito alla Liberazione, e sottolineano la base operaia del movimento partigiano, da loro inteso come una tappa per la successiva rivoluzione operaia, da attuarsi dopo la Liberazione. Destinatario privilegiato di questi testi è il pubblico giovanile, protagonista delle lotte studentesche; in questo movimento di protesta la vecchia generazione dei partigiani rivede se stessa, e la possibilità di realizzare gli obiettivi resistenziali di democrazia e libertà, ancora lontani dalla loro attuazione.
Negli anni ’70 il clima di tensione legato al terrorismo – di sinistra e di destra – continua a mantenere gli scritti di memoria su una linea di condotta comune: difesa degli ideali della Resistenza per far fronte al ritorno della violenza, che si richiama senza vergogne alle azioni squadriste. Per avere di nuovo testi caratterizzati da una certa originalità nella resa narrativa, si devono attendere le pubblicazioni degli anni ’80. In coincidenza con un clima più disteso, di nuovo gli scritti di memoria diventano più pacati e soggettivi. Si è evidenziato come alcuni dei testimoni tentino ricostruzioni memoriali così originali da sfociare nella scrittura romanzesca. Addirittura, alcuni preferiscono deliberatamente la forma del romanzo, che – liberando l’autore dal vincolo della coincidenza narratore-protagonista – permette punti di vista diversi, più ampi e trasversali.
Gli anni ’90 – ultima “tappa” evolutiva del percorso – vedono i testi di memoria dividersi, inconsapevolmente, su due diverse direttrici. Si evidenziano, da un lato, scritti che nuovamente abbandonano la dimensione soggettiva del ricordo per difendere l’immagine della Resistenza a fronte degli attacchi legati al dibattito revisionista e alla strumentalizzazione televisivo-politica di esso. Seppur
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muovano dalla testimonianza diretta, questi testi tralasciano il racconto dell’esperienza partigiana personale per celebrarne l’immagine comune, sempre e solo positiva e eroica. La seconda direttrice di sviluppo è invece legata al bisogno testamentario dei protagonisti. Gli ultimi partigiani ancora vivi, spinti dall’esigenza di lasciare qualcosa di sé prima della morte, scrivono. I racconti nati da questo bisogno intimo ritornano ad essere più vivi, umani e realistici, a descrivere una guerra di popolo che ha avuto lati positivi, negativi, ma ad ogni modo importanti per la crescita individuale del loro autore. In ultima analisi, a esigenze testimoniali soggettive corrispondono testi originali, vivi e realistici, in cui il movimento resistenziale appare come un fenomeno “umano”, e come tale, ricco di contraddizioni, zone d’ombra. Quando invece i testimoni scrivono per rispondere ad una “domanda di memoria” che viene dall’attualità socio-politica instabile, il testo sarà “scontato”, perché aderente a un’immagine fissa e statuaria – solo eroica e celebrativa – della Resistenza. Il percorso di sviluppo della memorialistica partigiana che ne deriva, parlando in termini più schematici, risulta essere un’onda sinusoidale, determinata da queste due costanti. L’esigenza del ricordo personale corrisponde ai picchi verso l’alto dell’ipotetico grafico, mentre il bisogno di difendere memoria e immagine pubbliche della Resistenza si può leggere come la causa delle altalenanti “cadute” che si evidenziano nel cammino del “genere”. Fortunatamente, una volta scomparsi i testimoni diretti non si è smesso di parlare di Resistenza. Al contrario, si assiste oggi ad un forte ritorno d’interesse verso l’argomento in ambito storiografico, cinematografico ma soprattutto letterario. Una parte di queste pubblicazioni può essere letta sempre come una risposta al revisionismo “alla Pansa”, quello che rivaluta l’esperienza dei giovani repubblichini equiparati al fronte partigiano; ma ridurre tutto a questa corrente sarebbe una soluzione troppo semplicistica. Il tema resistenziale ritorna ad essere indagato poiché è un bacino gravido di comportamenti umani “al limite”, che apre interrogativi profondi legati alla morale umana e ai rapporti tra le norme etiche e il contesto in cui si devono applicare. Sebbene si tratti di azioni contestualizzabili in una contingenza storica precisa – la guerra – che può motivare atti come la delazione, l’omicidio a sangue freddo, eticamente impensabili in un quadro normale, è sempre l’uomo l’attore principale, colui che decide per le proprie
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