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Gli altri testi di memorialistica partigiana
È dialettofona, ovviamente, la folla di Pieve, di cui fanno parte le domestiche di casa Maimeri: esse, per esempio, identificano i padroni e tutti i borghesi con l’appellativo «i sciuri».514 Anche Ester, vivendo a stretto contatto con la gente di paese, manifesta una buona conoscenza del vernacolo locale: lei è chiamata «ul cravet».515 Il dialetto, quindi, è uno strumento indispensabile poiché con esso la narratrice “territorializza” il suo racconto, rendendolo così molto più credibile e realistico. Senza esagerare: il vernacolo ritorna solo nelle scene corali, per dare quel colore popolare che altrimenti mancherebbe. In ultima analisi, il testo di Ester Maimeri racconta gli eventi resistenziali recuperando la percezione di ragazzina della protagonista, che vive la Resistenza e lì inizia il suo percorso di emancipazione e di crescita ben scandito nel tessuto narrativo. Il racconto è focalizzato sulle reazioni della narratrice agli eventi, anche drammatici, in cui si trova coinvolta. A dominare è sempre il senso dell’avventura, l’entusiasmo per l’azione, l’allegria giovanile: le emozioni, cioè, con cui Ester affronta gli incarichi di staffetta. Nonostante la figura della protagonista impregni di sé tutto il racconto, altri personaggi hanno spazio d’espressione: il padre, che è il suo principale punto di riferimento, e gli abitanti delle valli, attraverso cui si esprime la dimensione corale e popolare della guerra partigiana.
Gli altri testi di memorialistica partigiana
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Qui si conclude la panoramica sulla memorialistica partigiana ossolana. Essa riunisce autori dalla più varia provenienza, che hanno focalizzato il racconto sulla ricostruzione dei propri personali ricordi: Marchetti, Elsa Oliva, Fortini, Bianchi, Ester Maimeri. Altri hanno preferito dare più rilievo alla coralità del movimento, riducendo il peso della propria individualità: mi riferisco a Vandoni e Costantini. Francia e Manzoni hanno invece cercato l’equilibrio tra la narrazione memoriale e il resoconto storico e “didattico”, poggiandosi su documenti, studi storici e testimonianze altrui.
514 Ivi, p. 38. 515 Ivi, p. 40.
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Ovviamente, per realizzare questa panoramica sono stata costretta ad eliminare gli scritti marginali e poco interessanti, a volte per la loro brevità e essenzialità: tra questi la testimonianza di Cesare Bettini, Memorie di un partigiano. 516 Egli è stato comandante della formazione autonoma “Beltrami”, attiva in Ossola. Il suo scritto però è povero di riflessioni personali: un mero elenco di fatti, che non aggiunge niente di nuovo ai testi visti in precedenza. Ho ritenuto opportuno solo ricordarlo in questa sede ma evitarne un’analisi che sarebbe stata superflua. Stessa sorte è toccata al testo di Luigi Pellanda, L’Ossola nella tempesta. 517 Si tratta dello scritto di memoria del parroco di Domodossola, che ha vissuto gli eventi resistenziali da sacerdote, senza però farsi direttamente coinvolgere. Il suo scritto ricalca la struttura del testo di Antonio Vandoni, cioè la divisione aneddotica per racconti. Pellanda è intervenuto solo saltuariamente nella guerra partigiana: per contrattare gli scambi di prigionieri tra Tedeschi e partigiani, e nell’incontro per la resa di Domodossola. Vandoni, invece, ha svolto un ruolo stabile nella “Valtoce”, essendone cappellano: questo dà alla sua testimonianza tutt’altro spessore. Oltre agli scritti di poco interesse narrativo, ho ritenuto coerente non considerare i molti testi che toccano la zona dell’Ossola solo di sponda. Tra questi, tutta la memorialistica partigiana della Valsesia. I partigiani valsesiani hanno avuto ovviamente contatti con la vicina zona delle valli ossolane – Bruno
Francia si unisce appunto ad un gruppo di garibaldini mandati dalla Valsesia in Ossola – ma considerare anche le loro testimonianze avrebbe troppo allargato il bacino della mia ricerca. Per lo stesso motivo, non ho considerato la memorialistica partigiana legata alla zona della pianura novarese; essa, ad ogni modo, conta molti titoli, che si possono trovare in bibliografia.
516 CESARE BETTINI, Memorie di un partigiano, s.l., s.n., 1995. 517 LUIGI PELLANDA, L’Ossola nella tempesta, Novara, Tip. Provera, 1954 e 1955. Terza, quarta e quinta edizione: Domodossola, Ed. Libreria G. Grossi, 1972, 1985, 2002.
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