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L’Ossola libera
La guerra concede migliori condizioni di vita a chi nella normale articolazione sociale prima doveva dipendere dalle classi benestanti: è un ottimo esempio di rovesciamento che la particolare condizione bellica opera sul vivere civile.
Nelle memorie resistenziali, quindi, vengono distrutti i vecchi ruoli sociali costituiti dal regime fascista e sostituiti da una nuova configurazione del vivere civile fondata sui valori positivi della dimensione partigiana: l’etica personale, l’attiva responsabilità individuale nella gestione della propria vita e di quella della comunità, il rispetto dell’altro, l’aiuto reciproco.
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L’Ossola libera
L’annullamento della dittatura e dei ruoli sociali imposti dal regime e la successiva proposta positiva della nuova società partigiana si realizzano compiutamente nelle parti in cui i memorialisti raccontano la breve esperienza dell’Ossola libera.
Durante la Repubblica ossolana il mondo allegro del partigianato scende dalle montagne e invade anche fisicamente il luogo per eccellenza del regime, la città. Tutti i memorialisti ossolani descrivono una prima fase di euforia generale e di felicità per la liberazione, dovuta – oltre che alla festa per la sconfitta dei repubblichini – proprio alla riscoperta della libertà individuale di cui si parlava in precedenza. Ecco le impressioni di Franco Fortini, che inizia la sua breve esperienza partigiana proprio nella libera Domodossola:
Dovunque, una folla eterogenea, giornalisti, avventurieri, stranieri. In ogni angolo della città, una attività incredibile. Qui è riunito un gruppo di donne che discutono sul modo migliore di organizzare i comizi di propaganda nei paesi della valle; in un altro locale una folla di ragazzi e ragazze deliberano sulle possibilità di raccolta di indumenti e viveri per l’inverno […]; qui si trasforma in sede di partito il negozio d’un fascista scappato, là si aspettano o si commentano le notizie dalla linea, che recano auto infangate piombando a grande velocità in mezzo alla folla col loro carico di partigiani appesi alle portiere. Dappertutto, una eccitazione, una partecipazione, le donne fiutando una libertà violenta e precaria, gli uomini godendo l’aria della retrovia; il tu militaresco, nelle conversazioni; le dichiarazioni politiche aperte e rapide; gli animi sospesi ad eventi incerti e perciò facili allo sbaraglio.545
545 F.FORTINI, Sere in Valdossola, cit., pp. 178-179.
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Al di là della profondità critica che porta l’intellettuale a cercare i motivi di quell’allegria nella provvisorietà – già percepita – del momento di libertà dal fascismo, anche Fortini resta impressionato dal clima di festa incontrato nella città, dove i partigiani danno sfogo alle tensioni accumulate durante la guerriglia recuperando il senso del vivere civile, urbano, e i civili riscoprono le responsabilità della gestione della cosa pubblica. Racconta Ester Maimeri:
Vado a Domo, che bello! La cittadina è tornata viva, facce allegre e per le strade circolano tante belle macchine piene di allegri partigiani. Tutti giovani, tutti tenenti o capitani.546
Anche Bruno Francia ricorda l’eccitazione di quei momenti:
Consegnando il denaro a Barimba, Barbis si raccomandò di non provocare disastri, ma di divertirci comunque, poiché avevamo tutti i diritti per farlo. Ci divertimmo, eccome! A Caddo, a ballare e in cerca di belle ragazze…Altri finirono al Luna Park, composto da un’autopista e due tiri a segno.547
Aristide Marchetti, con la sua solita stringatezza, coinvolge la popolazione civile di Domo nell’eccitazione che anima i partigiani:
Dal campanile di una chiesa – un magico carillon – si diffondono le note del Piave. La popolazione sembra impazzita: uomini, donne, bambini sulla strada ci abbracciano, ci baciano, ci guardano con curiosità, con meraviglia, con amore, ci parlano, parole che vengono dal cuore…548
Non è solo il momento di euforia e di allegria che Marchetti vuole si ricordi dell’Ossola. Nella zona sgombra dai fascisti il mondo partigiano costruisce le nuove istituzioni:
Con designazione del Comando Militare è stata costituita per la zona dell’Ossola una Giunta Provvisoria di Governo […]. Questa è la novità. Abbiamo un governo provvisorio, in formato ridotto, ma a noi piace lo stesso dire «il governo di Domo». A Domo non si è più nel territorio della Repubblica Fascista […]. I confini del nostro minuscolo stato sono a Mergozzo – liberata a mezzo trattative avventurose condotte da Marco e Justus – e Ornavasso, presidiata dalla Valtoce.549
Marchetti parla addirittura di un piccolo stato in cui regnano l’esuberanza giovanile dei partigiani, ma anche le loro regole, fondate sul dialogo democratico
546 E. MAIMERI PAOLETTI, La staffetta azzurra. Una ragazza nella Resistenza. Ossola 1944-1945, cit., p. 31. 547 B.FRANCIA, I garibaldini nell’Ossola, cit., p. 93. 548 A.MARCHETTI, Ribelle. Nell’Ossola insorta con Beltrami e Di Dio, cit., p. 139. 549 Ivi, pp. 140-141.
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e sulla partecipazione collettiva, sul coinvolgimento della gente comune che è ritornata ora a sentire la responsabilità individuale di cui era stata privata durante la dittatura. Le nuove istituzioni hanno preso il posto del regime fascista, creando un’isola di libertà. Dice Bruno Francia:
Tuttavia il governo ossolano lavorò, creò, elaborò principi democratici nuovi come se dovesse durare cent’anni. Niente fu trascurato: la giustizia, la pubblica istruzione, l’economia, la sanità, l’infanzia ecc. Tibaldi, Ballarini, Bonfantini, Floreanini, Malvestiti, Menotti, Nobili, Zoppetti, lavorarono veramente con impegno ammirevole per tutta la durata della Repubblica, consapevoli che alle loro spalle vi era non solo l’Ossola libera, ma tutta l’Italia ancora occupata dal tallone nazista.550
Ad ogni modo, questo momento di libertà è già percepito come effimero, impossibile da prolungare oltre le soglie dell’eccezionalità. Prima di tutto, per ragioni tattiche e militari: i partigiani non sono in grado di condurre un combattimento difensivo, poiché non hanno l’attrezzatura adatta e non sono tecnicamente preparati. La loro forza sta nella sorpresa, nell’improvvisazione e nell’agguato. In secondo luogo, la Giunta – nonostante manifesti un’alta coscienza di rifondazione democratica – non riesce a garantire nemmeno l’autosufficienza alimentare alle zone liberate, che presto vivono una vera e propria carestia. La perspicacia di Adriano Bianchi – e la distanza critica con cui egli racconta i fatti – permettono all’autore di mettere in luce le contraddizioni storiche della Repubblica dell’Ossola, definendola «un errore ed una trappola»,551 che però ha avuto il merito di «testimoniare un’opposizione irriducibile, di proporre al nostro popolo una scelta».552 La repubblica ossolana è stata importante proposta di alternativa alle istituzioni fasciste, ma ha significato anche un allargamento a tutti di quella libertà individuale che i partigiani sperimentano in banda:
La libertà, ardentemente e confusamente desiderata, acquisiva il suo significato e la sua dimensione più semplice: il sollievo, il poter rioccupare le strade e le piazze, il parlare di tutto con tutti, conosciuti e sconosciuti, il primo discorrere di politica senza riserve e timore.553
Al di là della festa e dello spirito rinnovatore con cui l’Ossola libera è stata vissuta, anche altri memorialisti ne hanno sottolineato i lati negativi, con la
550 B.FRANCIA, I garibaldini nell’Ossola, cit., p. 96. 551 A.BIANCHI, Il ponte di Falmenta 1944, cit., p. 145. 552 Ibid. 553 Ivi, p. 171.
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