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VI. A VENDICARE ADUA

Vorremmo, come commento finale al documento, ribadire l'eccezionale importanza di scritti come questo. Di primo acchito sembra che le notizie riportate siano di scarsa utilità, tutt'al più un malinconico ricordo personale di giorni lontani. Invece da queste pagine ingiallite scaturisce la vera natura della guerra per gli umili protagonisti di quelle carneficine; un insieme di atti di obbedienza nei riguardi di qualcosa che assumeva contorni definiti nel Re o nella Patria. Ma, se pur obbedienti, non erano certo entusiasti di andare a combattere e l'ardore di uccidere neanche si affacciava alla loro mente. Ecco che la genuinità di questi diari diventa il fattore determinante: se essi fossero stati compilati pochi anni dopo la fine della guerra, gli avvenimenti descritti sarebbero stati gli stessi, ma l'autore avrebbe probabilmente calcato la mano su frasi sentite e risentite, su concetti retorici estranei alla sua natura; la macchina della propaganda avrebbe fatto da filtro ai suoi sentimenti e ci saremmo trovati a studiare documenti poco significativi della psicologia della nostra gente.

I fratelli Natale e Disma Rivara

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(testo di Caterina Bisio)

Ho avuto la fortuna di ritrovare le lettere qui riportate, ed altre, scritte tra mio nonno Natale Rivara, il fratello Disma ed i genitori: ho ordinato, nelle pagine che seguono, alcune immagini tra le più toccanti, o curiose o divertenti, così come emergono dalle lettere stesse. Sono scene di vita quotidiana, riflessioni semplici della vita in trincea. Non sono in grado di inquadrare questi fatti ed i luoghi nel succedersi degli avvenimenti di quegli anni, di riconoscervi battaglie, vittorie, sconfitte.

Posso solo iniziare dall'episodio dell'arruolamento, raccontato da Natale Rivara nelle sue Note 130 e che descrive, in parte, l'esperienza della Grande Guerra attraverso l'amicizia con il coetaneo Marcello Bosio di Finale Ligure: “(...) abbiamo dato gli esami scritti di licenza liceale nell'oratorio di San Filippo Neri in via Lomellini perché il liceo era stato occupato dai soldati richiamati dell'89° reggimento fanteria (...) quando ci chiamarono soldati nel marzo 1916, per sorte felice andammo entrambi a San Benigno. Fummo destinati a Savona (Legino). Dopo tre mesi di soldato e poi assieme sempre ci mandarono a Torino al Corso Allievi Ufficiali di Artiglieria alla caserma "Aricondi", poi a S. Maurizio al campo, dove dopo un esame di breve durata fatto in un campo sull'erba fummo dichiarati Aspiranti Ufficiali di Complemento e rimandati al Distretto di Genova. Dopo qualche giorno (...) ci imbarcarono sopra un treno diretto alla I armata a Vicenza. Eravamo in una ventina, li ricordo tutti (...) a Vicenza c'era Disma sottotenente che ci attendeva e ci fece visitare la città. Dalla I armata io e Marcello fummo destinati al 118° gruppo artiglieria a Zugna e mandati ad Ala (...) arrivati alla Zugna al 118° gruppo il maggiore Pozzati ci destinò alla 426a batteria mortai da 149 in affusto

130 RIVARA N. (s.i.d.), pag. 43.

rigido a paiolo. Alla sera ci misero a dormire nella stessa baracca piena di topi: la nostra prima notte di guerra (...) i due anni di Zugna li abbiamo trascorsi sempre in pericolo di vita, ma con tanta, moltissima allegria data dai nostri vent'anni (...)”.

Ritagliamo adesso un angolo che potremmo intitolare "L'intimità del soldato" attraverso queste missive. Natale arriva al fronte con l'entusiasmo che si ha a vent'anni. Tutto è ben diverso dai mesi passati alla scuola ufficiali. Tanto per cominciare se si vuole avere una baracca bisogna farsela:

Mi scuserete se vi scrivo sempre e solo cartoline ma il mio lavoro di capomastro impresario mi assorbe tutto il tempo. Figuratevi che cominciando dalle pietre andando alle tavole tutto si trova sul posto. Le tavole sottoforma di alberi che bisogna tagliare, squadrare e segare, un lavoro "corto"! non vi pare? Però la baracca ormai è a buon punto e tra un mese sarà abitabile (...) vi mando qualche stella alpina raccolta da me (...) sono molto dispiacente che sia partito il Punta ma tanto voi come Clementa131 non pensateci che vi sono certi più disgraziati di lui, la guerra è lunga e bisogna continuarla perciò bisogna farla tutti. Ormai è un anno che io sono quassù e chissà quanto tempo ancora ci resterò (...)

Spesso le lettere parlano del tempo, non però per mancanza di argomenti ma perché la mamma chiede sempre se fa freddo, manda calze di lana, vuole immaginare il figlio nell'ambiente in cui è:

Z.di G. 8-9-17 Cara mamma, incomincerò col dirti che oggi, anzi mezz'ora fa la mia baracca nuova minacciò nuovamente di volare nell'Adige, che vento! Sentissi gli urli che fa in questa gola, ti fanno rabbrividire, sembrano gridi di anime in pena. E quando una folata passa attraverso i reticolati le scatole vuote e i campanelli avvisatori suonano e fanno un concerto stranissimo (...) Domani tornerò in batteria e lascerò il posto a un altro così potrò continuare la mia provvista di legna per l'inverno, se mi lasceranno qui, se no ricominceremo da capo. Oggi guardando il calendario per mettere la data alla lettera ho visto che è la Madonna di Tuscia, che differenza Mamma da tre o quattro anni fa! Ma ritornerà il bel tempo e allora al passato diremo addio! (...)

Z. di G. 8-1-1918

131 Si tratta di Luigi Punta e Clementa Sangiacomo, sua moglie.

(...) si sta chiusi accanto alla stufa a sentire il vento che fischia tra gli abeti. La neve entra da ogni parte persino dal buco della serratura che gela e non si può più girare la chiave. Però sto bene (...)

Arrivano le feste anche al fronte, aumenta la nostalgia di casa ma per quel che si può ci si arrangia:

29-12-17 Carissimi, (...) il Natale come vi dissi nella cartolina l'ho passato benissimo. Quel giorno non sono arrivati né partiti colpi, neppure di fucile. Al mattino abbiamo mangiato qui in batteria roba leggera perché alla sera mangiammo a mezzanotte e poi abbiamo cenato ad una batteria vicina e vi trasmetto il menù avvertendo che quello della vigilia era molto più chic! (...) Pranzo di magro della vigilia fatto alla mia batteria: antipasto (sardine, acciughe, olive con burro) zuppa di fagioli con crostini, due piatti enormi di insalata russa di salmone fatta da me (maionese compresa) Trota al piatto (freschissime) e due dolci Torino tanto grossi che nessuno ne voleva più. Per la forma dei dolci ho preso un elmetto. Il totale è costato circa 160 lire (...)

Il fratello Disma, che lavora in uffici dell'esercito a Bassano (nel 1917 è comandante della 211a sezione di traino del 21° reparto del 9° parco autotrattrici a Vicenza e viene trasferito anche a Schio, Venezia, Cremona e Cervignano), passa un Natale meno allegro anche se più sicuro:

24-12-16 (...) Domani è Natale, cercherò di passarlo quanto meglio mi sarà possibile ma per passarlo bene vorrei passarlo con voi, vi assicuro che non ho mai desiderato tanto essere a casa come in questi tempi (...)

28-12-16 (...) il giorno di Natale l'ho trascorso in ufficio a scrivere (...)

Ma tra commilitoni, a differenza che con la famiglia, si può essere più schietti e riferire i sacrifici; così fa un certo Andrea, non identificato, con Natale Rivara:

Monte ..... 14 Novembre Caro Natale, ho ricevuto ieri la tua cara lettera (...) Qui da molto tempo abbiamo cominciato a vivere giorni crudi, perché la neve già in Ottobre ci fu visitatrice

poco cortese. Mentre ti scrivo nevica così forte che non si vede oltre 20 metri, io sono sotto la tenda e ogni tanto scuoto con i pugni le flessibili e gelide pareti della tenda perché minacciano di cascare sotto il peso della neve. Alla sera si veglia sotto la tenda giocando a carte, per tenersi caldo ci riuniamo persino in otto sotto a una tenda...Oh! come in queste giornate nebbiose, freddissime, si fa vivo il desiderio delle comodità delle nostre case e ognor più insistente la necessità della affettuosità di tutte le persone care! (...) Anche mio fratello è qui vicino a me. Dopo aver perlustrato per tre giorni queste posizioni, sotto la pioggia di acqua e di qualche shrapnel, sono riuscito a trovarlo il giorno 7 (...) il suo reggimento occupa le trincee che batte la mia batteria, la sua trincea la vedo come questo foglio di carta (...) Per poco un shrapnel non mi prese anche me percorrevo tranquillamente la strada (...) per circa mezzora nei camminamenti pieni di acqua e fango, ogni ventina di passi trovavo un fantaccino con la muta grigio fango, con la barba lunga, portano sulla faccia le traccie di chi vive per mesi in trincea, ogni tanto sporgono la testa fuori del parapetto osservano attentamente e poi si abbassano di nuovo, al mio passaggio mi danno uno sguardo interrogativo, qualcuno mi diceva come mai artigliere, ti fidi a venire fino qui?(...) In questo settore la lotta continua sempre accanitamente, non a mai sosta, il cannone rugge sempre notte e giorno. Dobbiamo lottare con un nemico che difende questo settore con la forza della disperazione usando tutti i mezzi sleali e atroci che la scienza e l'esperienza a suggerito (...) il pane che mangiano loro è misto a paglia macinata e per giunta scarsa razione. Distribuendo il pane a un branco di prigionieri il primo che a ricevuto una nostra pagnotta disse al distributore: quante parti debbo farne? quella è per te solo, a no, noi in Austria ne facciamo quattro parti! (...) Mai questa conca a ospitato tante migliaia di uomini come ora e mai a avuto un aspetto di solitudine come ora. Non si vede niente ne un essere vivente ne una luce, ne un pennacchio di fumo. La vita è tutta sotto il livello del suolo. Nella "Domenica del Corriere" uscita Domenica 14 portava una fotografia che rappresentava il traino di un pezzo della mia batteria. Io sono quello col gomito all'altezza della ruota destra che reggo una stanga, quello indietro isolato è il mio tenente. La fotografia è intitolata, "verso le cime" (...) tuo Andrea

Anche nelle difficoltà della guerra, che aumentano via via e fanno desiderare solo di tornare vivi, c'è tempo per pensare agli altri. E' il caso di questa lettera scritta subito dopo la ritirata di Caporetto:

3/11/1917 Zona di guerra Carissimi! questa mia lettera ha per scopo un'opera buona che credo anche voi approverete.C'è qui il mio attendente che è un friulano dei paesi invasi. Sua moglie, sua cognata e quattro bambini sono stati costretti a scappare se pure non sono rimasti in mano ai Tedeschi. Io spero che siano riusciti a venire in Italia e

questa mia è per dirvi se si potessero alloggiare alla Polidora. le due donne sono sane e robuste ed hanno sempre lavorato in campagna, un bimbo ha 8 anni e potrebbe aiutare Marcello e Battista. In ogni modo se non potrete prenderli tutti potreste almeno mandare una famiglia in Arquata da Emilio oppure in Ratua o in Alessandria e l'altra tenerla voi. Che ne dite? Povera gente bisogna cercare di pensarci tutti un po' e soffrire del male che han fatto quei mascalzoni. Io vi scrivo queste righe certo che voi me le approverete perché sapete meglio di me che il cuore è la miglior guida nelle buone azioni e poi anche dal punto di vista egoistico non è un cattivo affare: le donne del Friuli lavorano molto di più degli uomini che abbiamo noi. Finora non so ancora dove sono quelle disgraziate ma appena saprò il loro indirizzo vi avviserò subito. Abbracciandovi il vostro Natale

Se qualcuno della propria città o regione parte per la sospirata licenza lo si nomina anche postino e al ritorno "portabagagli". Scrive Natale:

8-1-18 (...) Tra qualche giorno verrà in licenza un soldato genovese della mia batteria e verrà anche ad Isola così sentirete da lui cosa faccio e come me la passo quassù. Potrete dargli anche qualcosa di buono da portare e fra l'altro vorrei sei bottiglie di Nasco che le debbo dare al Maggiore che gliel'ho promesse l'altra sera. Vi manderò per mezzo suo alcune fotografie che mi raccomando di non dar via e di tenerle unite perché voglio formare un bell'album (...). Sono dispiacente che non si sappia ancora niente del Tonino io però spero che sia prigioniero e salvo. Dite a Nena132 che le notizie brutte son sempre le prime a giungere (...) Quassù fa un tempo d'inferno da due giorni c'é una bufera che non permette di uscire (...).

I genitori mandano quel che possono ai figli in guerra, di solito viveri o indumenti, com'è il caso dell'impermeabile a Disma, richiesto insistentemente perché a Bassano diluvia. Ma la mamma del più caro amico di Natale, Marcello Bosio, commilitone, originario di Finale, non pensa che i fiori stiano bene solo per le occasioni di festa e manda (non si sa come) garofani della sua riviera in trincea e per di più a gennaio:

132 (Nena) Elena Assale, madre di Antonio De Lorenzi che abbiamo trovato tra i dispersi.

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