Ottobre cesar

Page 1

Rivista online

Ottobre 2013


Al Suono Delle Eolie Al morir del suono delle Eolie placa l’ira e dorme l’errante Odisseo. I Ciclopi dal Mongibello lanciano incandescenti sassi, lapilli e sbuffano nubi nere, mentre le Sirene ammaliano i naviganti che osano varcare lo Stretto. Scilla e Cariddi si guardano in cagnesco nel tempo, al pizzichÏo delle Eolie, Omero canta, Vulcano e Stromboli chiamano il fratello Etna ed al risveglio trema Zancle e Rhegjon soave tramonto al morir del suono delle Eolie!


“ Cesar”

Indice “ Via Strata “ fra tecnica e realtà Sentimento più ricco del mondo Due gemelli nel mito : “Castore e Polluce e il tempio di contrada marasà a Locri “

L’ Evoluzione e la Creatività Concorsi e Novità Il vostro spazio-Richieste Eventi La Redazione Contatti


“ Cesar” Via Strata: fra tecnica e realtà "I Romani posero ogni cura in tre cose soprattutto, che furono dai Greci neglette, cioè nell'aprire le strade, nel costruire acquedotti e nel disporre nel sottosuolo le cloache" (Plinio il Vecchio)

Accostarsi alla conoscenza della Via Strata, o via lastricata, vuol dire affacciarsi all’alta genialità ingegneristica della tecnica costruttiva romana. Vuol dire conoscere momenti e fatti storici che ricostruiscono l’importantissimo contributo della civiltà di Roma alla storia degli impianti di pubblica utilità. Vuol dire scoprire ed accettare, incondizionatamente, l’elevata civiltà e l’innato progresso di un popolo tecnicamente perfetto, capace di dissipare la barbarie delle popolazioni autoctone conquistate. Saranno gli storici del passato ad immortalare la sapienza costruttiva romana, come i cultori del presente a riscontrare l’avveniristica qualità di un’opera, quella stradale, rimasta eccezionale fino al tramonto del mondo antico. Roma afferma prima, ed impone poi, il proprio dominio su popoli e territori colonizzati, proprio attraverso il complesso sistema viario che costituisce l’essenza stessa della vita della città e del suo sviluppo. Tale sistema appare inscindibile da quella politica espansionistica che accompagnerà Roma nello sviluppo del suo impero e che la renderà un’efficiente ed organizzata macchina statale. Osservare una strada romana, quindi, vuol dire fermarsi ad esaminare una molteplicità di aspetti: vuol dire riconoscerle una finalità strategica, per facilitare l’accessibilità alle colonie maritimae e di queste alla capitale, consentendo, così, la romanizzazione dei territori interessati e la progressiva espansione territoriale per la costituzione di nuove province; vuol dire riconoscerle una finalità meramente militare, per preparare una spedizione, consolidare una conquista o, più semplicemente, per spostare rapidamente le truppe in qualsiasi regione conquistata; vuol dire riconoscerle una finalità amministrativa, per collegare l’Urbe con le diverse città e queste, attraverso una fitta maglia di vie secondarie, per larghezza e costruzione, agli insediamenti minori; e vuol dire, infine, riconoscerle una finalità economica, per incoraggiare ed assicurare i commerci, favorendo lo spostamento di merci e mercanti, nonché la nascita di scambi culturali e di una vera e propria coesione in vasti territori, avendo la possibilità di essere solcata anche da gente comune oltre che dai messaggeri imperiali del cursus publicus1. Ecco che la scelta di un precipuo percorso stradale non era mai casuale, ma seguiva un progetto strategico, logico e funzionale che, per la natura pubblica che la strada rivestiva, imponeva il mantenimento di un iter del tutto invariato. La grande perizia tecnica dei costruttori, poi, visibile nella creazione di lunghissimi rettifili e nella novità di lastricare il pavimentum con lapidibus perpetuis1, secondo le disposizioni della lex Iulia municipalis1 del I sec. d.C., sancirono la grande genialità ed originalità d’invenzione romana che consacrerà, con tali espedienti, la propria grandezza, giunta indenne sino ai giorni nostri. Appare ovvio, quindi, il perché le strade romane si presentassero come delle vere e proprie “autostrade dell’antichità”. Il trasmissione dei commerci dopo; offrivano un diretto e più immediato contatto tra punto di partenza e punto di arrivo, fra centro e periferia, fra Stato ed impero. In più, tale espediente, risultava essere estremamente economico per lo Stato, oltre che essere meno invasivo per il naturale andamento del terreno.


“ Cesar” tracciato diretto, l’assenza di tornanti e la presenza di minimi raggi di curvatura, avevano una triplice utilità: consentivano, finalmente, il passaggio, anche in simultanea, dei mezzi di trasporto1 (le cui caratteristiche costruttive ne avrebbero altrimenti impedito l’accesso); evitano allungamenti pericolosi per lo spostamento veloce delle truppe prima, e la sicura La strada così realizzata, dunque, diventava un vero e proprio punto di riferimento per cives e civitas, in quanto assicurava una puntuale definizione dei confini statali e, quindi, del territorio romano, oltre che essere un punto di partenza per quella organizzazione agraria che, per prima, contraddistinguerà l’organica ripartizione interna in centuriae1. Ecco perché la strada romana doveva essere sicura, difesa, mantenuta libera, puntualmente manutenuta e controllata per tutta la lunghezza. Solo così potevano scongiurarsi attacchi nemici, invasioni, restrizioni o, peggio, interruzioni di approvvigionamenti. Ma, sopratutto, poteva assicurarsi una via di penetrazione per un ulteriore espansione, nonché una via di fuga in caso di capitolazione ai nemici. Bisognerà aspettare la seconda metà del secolo scorso, con le moderne autostrade, perché tornino a realizzarsi concezioni simili alle vie consolari romane. Ritorna, infatti, il concetto della strada rettilinea, in cui si affrontano direttamente i dislivelli, evitando il disegno a tornanti; e, di conseguenza, la realizzazione di opere colossali quali ponti a numerose arcate, scavi di gallerie, tagli di coste rocciose e quant’altro. Se è vero che le più antiche strade romane, quelle, per intenderci, precedenti la grande espansione, ripercorrevano primitivi tracciati tortuosi1 in semplice terra battuta, scavati direttamente nella roccia o tutt’al più con il fondo rinforzato con ghiaia compressa, è anche vero che l’originalità e l’ingegno dell’Urbe si spinse a perfezionarne la struttura stradale, promossa dalla fine del IV e per tutto il III sec. a.C., mettendo in pratica i tre principi enumerati da Vitruvio: la solidità, l’utilità e la bellezza1. mettendo in pratica i tre principi enumerati da Vitruvio: la solidità, l’utilità e la bellezza1. L'acquisizione di questi nuovi criteri, affiancati alle nuove tecniche di ingegneria stradale, offrirono lo spunto, infatti, nel 312 a.C., al magistrato Appio Claudio Cieco, il censore, che, nello stesso periodo, realizzò il primo acquedotto di Roma (l'aqua Appia), come ne diedero menzione Livio1 e Diodoro Siculo1, a realizzare la costruzione della Via che da lui prese il nome e che, dai suoi stessi contemporanei, fu definita Regina viarum. Sebbene i romani fossero pienamente consapevoli del ruolo strategico che rivestiva la fitta maglia viaria da loro realizzata, non esiste in letteratura, purtroppo, una esaustiva e puntuale descrizione tecnica pertinente le modalità di costruzione stradale; non ci è dato di conoscere a fondo i modi con i quali gli ingegneri romani procedevano nelle varie operazioni sul terreno. Affacciarsi all’antica ingegneria stradale, quindi, vuol dire ricostruire passo passo le numerose operazioni tecniche costruttive: dai rilevamenti preliminari alla delineazione del tracciato, dalla costruzione delle massicciate alla pavimentazione. Senza contare l’attenta organizzazione del lavoro, degli strumenti e dei mezzi tecnici, delle suddivisioni delle competenze e delle specializzazioni, dei collaudi e di quant’altro. Per sopperire alla mancanza di testi specifici, studiosi ed archeologi, si avvalgono di alcuni passi del poeta Publio Papinio Stazio1, il quale ha descritto, in un testo esaltante l’imperatore, il cantiere della strada litoranea tra le foci del Volturno e Pozzuoli, ossia la via Domitiana, realizzata nel 95 d.C.. Per completezza e puntualità, poi, si suole affiancare tale contributo, per analogia, ai passi di Vitruvio1 ed a quelli di Plinio1, più precisamente dedicati ai sistemi di pavimentazione degli edifici. Il confronto di tali fonti storiche con lo studio diretto delle opere viarie, ha permesso di fare il punto sul processo di realizzazione delle strade pretorie o consolari e sulla straordinaria capacità dei romani di rapportarsi al territorio, adottando a seconda delle situazioni, le scelte di percorso e di tecnica costruttiva più opportune, lontane da regole rigide nei confronti


“ Cesar” Cesa dell’ambiente attraversato. o. Se anche anc l’indagine diretta dei siti ha dimostrato, to, dunq dunque, l’assenza di regole fisse nel tracciare un n percorso percor viario, di certo l’analisi attenta di ognuna una dell delle evidenze

studiate ha dimostrato la presenza di tre costanti: la linea retta, legata, come me detto, detto al concetto del rapido raggiungimento da un p punto al’altro, nonché alla necessità di superare perare molti m ostacoli naturali affrontando, spesso, so, pend pendenze molto forti; il percorso rilevato, ossia sia il percorso per ad un livello artificialmente superiore riore a q quello del terreno circostante, legato a motivi otivi di sicurezza, sia nei confronti dei pericoli provenien rovenienti dagli uomini (come le imboscate e glii attacchi di sorpresa), sia nei confronti di pericolii determ determinati da fenomeni naturali1; e la permanenza enza in q quota, che si ricercava nell’evitare il più possibil possibile i fondovalle, le bassure e le infossature, e, se nec necessario anche con il ricorso a lunghe deviazioni iazioni e perfino a brusche interruzioni dei rettilinei, inei, oltre che a cambiamenti di direzione. E’ chiaro che, per rispettare tali caratteristiche, i costruttori costrut dovevano affrontare diversi problemii e supe superarne molti altri attraverso la realizzazione ne di ver vere e proprie “opere d’arte” di vario tipo, o, quali p potevano essere i terrapieni, i ponti o le gallerie. Bisogna però ricordare chee i roman romani ricorrevano a queste opere solo quando do era assolutamente as necessario o quando la loro ro realizz realizzazione avrebbe potuto consentire, con il superam superamento di un ostacolo di per sé anche evitabile, vitabile, un più razionale e rapido sviluppo dell’intero ntero progetto. pro Ma come si articolava la costruzione uzione d di una strada e chi aveva il compito di realizzarla? lizzarla? Sebbene, come detto, sia impossibile le traccia tracciare un modello standard di edificazione stradale, tradale, viste le infinite variabili escogitate, dipendenti denti sop sopratutto dalla zona di costruzione, dobbiamo iamo comunque com immaginare la realizzazionee viaria articolata in precipui procedimenti tecnici. ici. Aveva Aveva, come fase iniziale, lo studio del terreno no di sup supporto che oggi, i nostri ingegneri, definirebbero irebbero “indagine geomorfologica”. Tale procedimen cedimento, per intenderci, consentiva agli architetti, tetti, un primo approccio all’analisi di quegli gli aspet aspetti pertinenti la consistenza del terreno interessa nteressato, con particolare attenzione alle fondazi fondazioni e alle eventuali opere di difesa o di consolida onsolidamento1, tenendo, in particolare consideraz nsiderazione, la protezione della strada dalle infiltrazioni iltrazioni d'acqua superficiali che potevano provocar provocarne dissesti e sprofondamenti.


“ Cesar” Cesa Decisa, dunque, in linea di massi massima, la direzione del percorso, gli agrimensori1 1 procedevano alla realizzazione materiale ale della strada, seguendo fasi che si modellavano o in base alla morfologia del terreno che he avreb avrebbe accolto la via. Venivano, quindi, geometricam metricamente disegnati sul terreno, attraverso traverso l’ausilio di uno strumento semplice ma funzionale, funziona la groma1, i punti in cui sarebbe passata sata la fu futura via, attraverso un preciso allineamento ento rett retto, detto rigor, che avrebbe fatto da base se al futu futuro asse stradale. A tale progettazione seguiva, guiva, p poi, la tracciatura, sul terreno, di due sulci su (solchi), distanti fra loro quanto l’ampiezza piezza de della futura strada1, che permettevano no di delimitare de lo spazio all’interno del quale sarebbe rebbe st stata scavata la successiva fossa di alloggiamento giamento (gremium). Lo scavo di quest’ultima, poi, oi, veniv veniva effettuato dai libratores che, con l’ausilio degli aratri e della manovalanzaa di legi legionari, schiavi e prigionieri di guerra, liberavano ravano iil terreno fino a che non si fosse raggiunta ta la rocc roccia o uno strato solido e se anche, questo, non fosse risultato sufficientemente consistente sistente, ma fosse stato paludoso e fangoso, o, si sare sarebbe provveduto al consolidamento dello stesso mediante m l’utilizzo di pali di legno giustapp giustapposti, poggiati su pali, di uguale fattura, conficcat onficcati in profondità nel terreno (Fig.1), com’èè stato p per la costruzione della città d’acqua, “Venezia”. nezia”. All’interno dello scavo, quindi, venivano vano disp disposti quattro strati sovrapposti: sul fondo o del gremium veniva gettata una massicciata di pietre piuttosto grandi (statumen)(fig2), alta ai sessan sessanta

centimetri e legata con malta alta ed argilla, che fungeva da probabile fondazione zione del della strada, sopra questa veniva posto, to, di sol solito, uno strato di pietrisco di più piccola fattura iinsieme a frammenti di cotto legatii e comp compattati con calce e pozzolana (ruderatio o rudis) ((Fig.2), utilizzati con il chiaro intento ento di rrendere più solido lo strato e, nello stesso o tempo, tempo di consentire il drenaggio delle acque d’infiltra d’infiltrazione. Alla ruderatio veniva sovrapposto, o, poi, un uno strato di sabbia e pietrisco piuttosto sto gross grosso (nucleus) (Fig.2), opportunamente livellato ellato e ccompresso con apposita battitura (fistucatio) catio) e ccol passaggio di pesanti rulli (ingenti aequanda uanda cy cylindro). Ed infine, sul nucleus, era inserito serito il pavimento stradale (summum dorsum, summa crusta c o pavimentum) (Fig.2). Tale le pavim pavimentazione poteva essere realizzata in semplice mplice terra t battuta (viae terranae); con ghiaia ia o pezzame pezz minuto di pietra pressata (a costituire ire le viae via glareae stratae o glareatae); da blocchi irregolari ir di pietra basaltica (silex) o, semplicemen icemente, da lastre squadrate (saxum quadratum), atum), cche costituivano la massima espressione della via strata. Generalmente, per la robustezza bustezza e durevolezza del suo materiale, era proprio oprio la lastricatura l basaltica quella più ricercata cata per la realizzazione finale della strada.


“ Cesar” Essa si presentava composta, solitamente da grosse lastre di pietra poligonale (basoli)1 affondate in un letto di sabbia e ben connesse tra loro, anche con l’ausilio di pietre più piccole (o “zeppe”) inserite come raccordo nelle commessure più larghe. Alcune viae erano anche fiancheggiate, sui due lati, da un filare di umbones1, poste a delimitare il piano stradale nonché a definire il limite dei marciapiedi (crepidines), realizzati da pavimentazioni e dimensioni diverse, e strettamente riservate a cavalieri, pedoni ed animali. Erano presenti, poi, per la maggiore, i gomphi, ossia pietre squadrate di maggiori dimensioni, destinate, secondo alcuni, a rendere più agevole la salita e la discesa da cavallo. La carreggiata. infine, si presentava convessa, ossia costruita a doppio declivio o a schiena d’asino, con il punto più elevato al centro dell’asse tale da creare delle vere e proprie pendenze che consentissero il deflusso dell’acqua piovana verso le canalette di scarico poste ai due lati della strada. L’opera stradale terminava, quindi, con il collaudo del percorso, nonché la posa delle pietre delimitanti il tracciato ed indicanti le distanze, ossia il posizionamento dei miliari1 e dei tabellarii1. Alla luce di tale excursus, dunque, l’antica strada romana, a ben vedere, offre più chiavi di lettura. Non esclusivamente una mera dimostrazione tecnica dell’alta ingegneria romana, ma, prima di tutto, una sponsorizzazione della potenza dominatrice dell’uomo estesa anche al controllo della natura ed all’incisivo condizionamento dell’assetto del territorio. Identifica una civiltà all’avanguardia e se ne fa portavoce nei secoli. Riconosce, idealmente, la figura dell’Imperatore e ne dispiega la sua potenza per sempre. Dott.ssa Clara Cesario

Clara Cesario nasce il 13 marzo 1975 a Cosenza e vive a Napoli, dove lavora dal 2000 come responsabile di cantieri archeologici di terra e subacquei. Si laurea nello stesso anno in Lettere Classiche Presso l’Università degli Studi di Messina, discutendo una tesi in Numismatica greca e Romana con i Prof.ri Maria Caccamo Caltabiano e Daniele Castrizio. Consegue, nel 2007, una seconda laurea in Archeologia presso la Seconda Università di Napoli, discutendo una tesi in Aerotopografia archeologica con i Prof.ri Fabio Piccarreta e Fernando Gilotta. Si specializza nel 2012 in Beni Archeologici con una tesi in Numismatica con la Prof. Rosa Vitale e consegue il Master di II livello in Beni Archeologici reali e virtuali fra mare e terra, discutendo un progetto di lavoro pertinente lo studio ricostruttivo del porto militare di Miseno (NA). E’ impegnata nello studio storico-archeologico dell’intero territorio campano ed ha, all’attivo, diverse pubblicazioni di settore.


“ Cesar” Cesa “Il sentim imento più ricco del moondo, mescolatoo com’ è a polvere di marmo” m -N. Poussin

Se per “Rovine” il filosofo o e socio sociologo Simmel parla di “un luogo da cui la vita si è ritirata, ma che tuttavia ospita la forma ma più p presente della vita passata”, al contrario,, sospens sospensione propria è lo sguardo che si posa suii margin margini e sui residui come di uno “spazio tra lee cose, se senza però il valore astratto del vuoto”,per ”,per la teoria scientifico-socioantropologica di Bruno La Latour , a cui risale anche la coniazionee del ter termine “rovina” configurandola come sostanza tanza capace cap di sospendere il tempo, filtratotra ratotra lle immagini dei ruderi e lontano dalla linearità earità consuetapresentataci daii manua manuali scolastici, di un passato tenacenella suaa natura di eterno superstite. Tanto più che la rovin rovina reintegra il tempo con lo spazio, ma sii tratta di d uno spazio arrestato, incompiuto, poiché oiché il rrudere si presenta scolpito nella materia.. Spesso le rovine hanno suggerito invece una pros prospettiva positiva, rispetto a quella negativa va che i ssuoi materiali declinanti sembrano assecondar econdare, concorrendo semmai ad elevare lo spirito irito umano. uma E quanti esempi si potrebbero trarre rre dall’ dall’inesausto Gran Tour intrapreso per secolili da tanti tan illustri visitatori, poeti, certo scrittori, rittori, a contatto con le rovine più nobili, siano lee forme classiche del Colosseo o le antiche abbazie bazie go gotiche del Medioevo, pur provando non dii rado un uno strano disorientamento quando ci si ren rende conto che i vivi non potranno colmare re le orm orme dei morti. Da esse si evoca la gloria, qualità ualità po postuma per eccellenza affibbiata ad ogni grande ccapolavoro, che segna le immagini di una “rovin “rovinosa perfezione” in un indissolubile legamee con la decadenza, mescolate poi in un ibrido do comp composto dall’alternarsi di “basso” nel declino o del passato pas e ”alto” nella memoria dei monumenti, menti, cche fa affermare allo studioso Deakin ch’”esse ”esse ci dicono del potere rigenerante che anima la polvere della grandezza che si sgretola”,, nell’am nell’ambito di una natura che spessotutela e conser conserva le rudi vestigia. Accanto a cui vi è la potenza otenza e grandezza che paiono contraddistinguerle, rle, alme almeno, in quello che viene dagli studiosi definito finito <<il << periodo d’oro>> della Ruinologia unico b baluardo della scienza contro l’oltraggio del tempo, temp di cui una segreta attrazione per la rovina è connessa al suo estremo senso di fragilità lità e, insieme, ins alla forza del suo perdurare nella “perman “permanenza del finire”, ecco che la loro potenzaa sta dun dunque nell’essere incompiute, poiché proprio rio in vir virtù della loro natura informe, suggeriscono no un arresto ar nel movimento;


“ Cesar” potremmo tradurre questa infinita geometria ferma nello spazio, in una figura spirituale: il senso di acquietamento, sperimentato da numerosi osservatori in presenza di antiche rovine, come quando diviene possibile contemplare a lungo una gran raccolta di fregi marmorei del “Sacro Partenone” sentendosi penetrati dalla loro bucolica promessa di quiete, nell’immobilità della loro esistenza, come la visione di un’antica cerimonia religiosa di un passato che talvolta sconfina nella “reliquia”senza indurre alla confidenza, semmai esortando ad una solenne (meglio luttuosa) meditazione, la quale promana dairuderi e induce insieme sensazioni contrarie, perturbanti, presenti con forza nella tradizione letteraria, e, del resto,sono ambigue emozioni che percorrono anche le antiche mura di castelli romantici come Combourg di Chateaubriand. “Ritorno a casa” è questa l’immagine che, ancora Simmel, impiega per dar corpo al senso di quiete a cui sovente esse inducono nei visitatori più attenti, mentre contrasti vari nelle dissonanti spinte le animano in una “inimicizia delle parti”: è un conflitto che sta nel rudere in rovina, ancora una volta fra il suo altalenante tendere verso l’alto nello spirito originario del progetto e verso il basso nello sprofondare sul terreno. Così come non è deciso del resto, l’esito della lotta tra l’atto di violenza operato dall’uomo sulla natura (cui la pietra è sottomessa controvoglia) e la rivincita della natura stessa, che sembra piegare l’opera umana alle sue inesorabili leggi; di qui quel sentimento ambivalente che si prova, poiché tra i vecchi ruderi risuonano sia gli echi di una tragedia cosmica consumata nei secoli di storia del mondo, sia le note più dolceamare della malinconia nel vederle deturpate: ossia la percezione del passato che si esprime con un linguaggio antico di spirito e natura, in atto all’interno di una visione armoniosa. E’ tuttavia il valore estetico delle rovine che unisce le disarmonie nella forma smussata della quiete, ma esse sono ancor più un mondo morale ed etico intrinseco, come uno specchio opaco ci esorta ad una presa di misura della drammaticità dell’esistenza: buone a riflettere non solo stati d’animo illusivi, ma anche ad incontrare il passato proprio nel punto della sua estrema vulnerabilità. “Ruina docet”: evocando la celebre coppia “documento/monumento” dello storico Jacques Le Goff, vi si conferisce un aspetto ufficiale anche quando non minore è il grado di visionarietà dei ruinisti e, d’altro canto, anche Goethe osserva già con stupore e devozione le rovine, dove non fu il senso estetico ad attrarlo e innalzarlo spiritualmente, ma il suo senso etico e morale; ecco che poeti e cultori del passato celebrano in esse un vuoto “capace ancora d’impressionare il passaggio nella mente”, con termini usati in effetti in senso fotografico. Seppur sublimato, il passato magniloquente che aleggia sulle Piramidi di Giza, circondate da desolazione e business, fa riconoscere chiaramente che lo splendore della rovina sta nel clamoroso impatto della sua caduta e nella brusca usura che lo separa dal presente cresciuto proprio lì, tutt’attorno: la rovina diventa il monumento attendibile e vivo delle altezze del suo precipitare, estranea al tempo in cui si ritrova immersa e fatta di una materia impalpabile. Questo “racconto in piedi” è in netta contrapposizione con le “macerie”, relitti affondati, puro ingombro vuoto a perdere, di cui parla uno tra i più grandi ruinisti del tempo, Thomas Bernhard, che con una forte nota morale, narra “dei ruderi prima che diventino macerie”: ecco dove sta la vita sopravvissuta della rovina, nella sua anacronistica sfida al presente in memoria di un passato che la storia ha ferito; di qui ne scaturisce poi un immagine nuova e ambivalente dell’”impronta” che più attiene alla materia, come di una traccia che parla sia del contatto del piede che sprofonda nella sabbia, e sia, insieme, della perdita per l’assenza del piede stesso nella sua orma, pur essendo così, mezzo di chi si aggira tra le rovine incuriosito, appassionato, o esperto, e ne ricompone il loro originario


“ Cesar” Ces disegno con gli occhi di un n “flane “flaneur”, nonostante il volto canonico non è certo qu quello del viandante, bensì quello etereo d di un “angelo” sollecitato dalla storia che “ha il viso vis rivolto al passato”. E’, in tedesco, “trùmm “trùmmer” il termine corretto ad indicare l’accatastamen tastamento delle macerie, ossia “rovine su u rovine” come ben suggerisce il ruinista e antropologo pologo Marc M Augè, esse sono traccia inerte del passa passato, sequenza muta di un tempo àfono, laddove la rovina costituirebbe invece l’incrocio crocio di passati multipli che regalano ancora, purr essend essendo trascurati, chiari segni di esistenza: è dunqu dunque “vita storica” sprofondata nelle disimmetrie metrie de del trascorrere inesorabile del el temp tempo. In questa “sospensione eterna”, tra pure ure lo sca scarto sociale e l’imperante consumismo o odier odierno, la rovina fa sentire un forte monito: le Respo Responsabilità. Sta a noi infatti far si ch’essa ’essa ci eesenti tanto dal suo senso di fine, quanto dalla fine fin della sua materia stessa tra parole che risuonano risu solitarie, quando ci si trova fra i labirinti delle d rovine, come fra i Sassi della Murgia rgia Ma Materana o attraversando con un rapito sguardo uardo i gioielli g in muratura delle antiche cascine ascine d della Bassa Padana, piccoli mondi scomparsi arsi e pezzi pez di un mosaico sommerso; termini ini quali qual “riparazione” e “restituzione” sembrano voler alludere a all’esistenza di un conto in sospe sospeso, o meglio, ad un debito da assolvere, che ogn ogni uomo ha nei confronti della “vita già vissu vissuta”, un pegno verso ciò che fu costruito prima d’ora, d’ poiché “è la fine stessa del passato ato che d decide dell’esistenza del presente”. Ciò è amme ammesso a patto che in quella vita trascorsa sa ma pa palpitante nel cuore delle rovine, si riconosca sca ognuno ogn di noi (o che almeno si rassomigli), i), come prova inequivocabile che da quella traccia ia siamo intimamente segnati, anche che se so solo da piccoli frammenti.

Ma è proprio questo il dramma ramma m moderno, conservare esili fili di storia consideran nsiderandone il “rischio” dei meccanismii della so società burocratica, ove la conquista del potere otere in ogni parte della terra assomiglia sempre mpre più al suo letale morbo, di cui la vittoria sulla lla natur natura produce più rifiuti che felicità, quei ei rischi per cui l’apice della crescita coincide con n il colla collasso della fine, tutte qualità di un degrado egrado radicale, attribuite tanto alle macerie quanto anto alle rovine. E’ sorprendente ancora, quando ando lo spazio pieno di detriti viene scrutato incredulam redulamente, con fini economici e lucrosi, visto che la tempesta capace di scompigliare il volo olo gettando getta alla base cumuli di rovine, altro ltro non è che ciò che viene chiamato con un pericoloso ricoloso equivoco “progresso”. Si vengono a forma formare dei legami contro la crescente liquefazione zione che ch erode le strutture, i gruppi, la comunità, unità, ccosì che tra le mura sconnesse delle rovine, ne, negli affranti bui che cedono sotto il peso delle pie pietre, la fineè segnata irrimediabilmente nei ruderi, rude


“ Cesar” la quale è, per alcuni, un catalogo di quesiti muti. La realtà è poi alludere a quelli che saranno “paesaggi con rovine” come in certe incisioni del Piranesi, all’origine, appunto, dell’Archeologia, dove a fianco di nuovi abitati, sopravvivono tracce degli antichi insediamenti abbandonati, per cui, infine “le rovine bisognerà cercarle tra le case ristrutturate”.

Alessia Mainelli

Alessia Mainelli nasce il 4 agosto 1991 a Cinquefrondi e vive a Gioia Tauro, studia Archeologia presso l’università Unical di Cosenza. Ha collaborato come volontaria al parco archeologico dei Taureani , inoltre ha partecipato allo scavo archeologico presso Sant’ Eufemia d’Aspromonte nell’anno 2012-2013.


“ Cesar” Cesa Due gemelli nel mito: Castore re e Pol Polluce e il Tempio di Cont Contrada Marasà a Locri. Castore e Polluce, ovvero ero i Dioscuri, Dio conosciuti anche con il nome di Tindaridi, Tindaridi erano i figli gemelli del re di Spartaa Tindare Tindareo e di Leda. La leggenda vuole che Zeus, s, invagh invaghitosi di Leda, si unì a lei sotto forma di cigno cigno; da questa unione Leda partorì due uova; va; da un uno nacquero, presso Sparta, Polluce ed Elen Elena, figli della divinità, e dall’altro Castore e Clitemnestra, Clitem figli di Tindareo. Polluce era ra figlio d di Zeus e quindi immortale, a differenza del fratello, frate Castore, figlio del re spartano, complet completamente umano. Nell’immaginario mitico, o, Casto Castore e Polluce, sono raffigurati come due gi giovani nudi a cavallo, avvolti da un mantello antello color rosso porpora che coprono loro le sspalle e dotati di lancia o di spada. Indossano ssano un copricapo a punta e una stella adorna dorna i capelli. In diverse raffigurazioni la stella tella è sostituita s da un’anfora chiusa colmaa di sem sementi o da un serpente (Fig. 1).

Fig. 1 - Dioscuri all’alba - Area del Campidoglio - Roma

Si unirono agli Argonauti uti dura durante la spedizione, guidata da Giasone e Medea, per la ricerca del vello d’oro; in quella lla occas occasione, dopo aver placato una tempesta, ricevettero ricevette la nomina di protettori dei naviganti. ganti. Po Polluce, abile nella lotta, sconfisse, in una na gara di pugilato, Amico, il re dei Bebrici, ci, popo popolazione mitica della Bitinia. Fondarono,, in Colc Colchide, in loro onore, la città di Dioscuria.


“ Cesar” Cesa Furono protagonisti della lla caccia al cinghiale Calidonio, inviato da Artemide mide a devastare le terre del re Oineo e successivam cessivamente presero parte alla lotta contro Teseo, seo, che rapì la loro sorella Elena nascondendola dola ad Afidne, antica località della Diaria attica. ca. Il mi mito tramanda inoltre che Afareo di Messenia, ssenia, ffratello di Tindaro, era padre di due gemelli, elli, Ida e Linceo. Castore e Polluce desideravano ravano ssposare le figlie di Leucippo, Ilaira e Febe,, le quali qual erano state promesse ai loro cugini. Durante i festeggiamentii per la ccattura di un gregge, Castore e Polluce, rapirono apirono le due spose e nella lotta che ne seguì, uì, Casto Castore fu ferito a morte da Ida, immediatamente amente folgorato da Zeus con un fulmine, mentre entre P Polluce colpì Linceo con una lancia, ferendolo rendolo gravemente. Polluce chiese di poter vivere, ivere, co come Castore, un giorno sull’Olimpo e uno o nell’Ad nell’Ade, dividendo la sua immortalità. Nel mondo iitalico fecero la loro comparsa nella Battaglia taglia della de Sagra (VI secolo a.C.), a Locri Epizephiri,, durante la quale, secondo la leggenda, combatter mbatterono a fianco dei Locresi, conducendolili alla vit vittoria. L’area archeologica di contrada ontrada Marasà, ubicata alle spalle del Museo Naziona Nazionale di Locri, è caratterizzata da un imponente onente santuario, composto da un temenos, ovvero vvero il recinto r sacro all’interno del quale sorgevano rgevano gli spazi e gli edifici di culto, alcuni altari ari ed il tempio. Nel 1890 Paolo Orsi condusse se le prim prime indagini archeologiche del santuario,, ma anc ancora oggi non è stata individuata l’estensione ensione complessiva dell’area di culto. Il santuario rio fu er eretto intorno alla metà del VIII secolo a.C., co contemporaneo alla fondazione della colonia onia e si distinguono differenti fasi di frequentazione; tazione; la prima, di VII secolo a.C., è caratterizzata zata da un tempio di età arcaica, realizzato in blocchi di arenaria, costituito da una cella allungata ata con pronao (22 x 15 m.) e altre strutture coeve: oeve: forse fo degli altari (Fig. 2). Particolare del tempio di Marasà arasà VIII-VI secolo a.C.

I blocchi di arenaria del el tem tempio furono sostituiti in una seconda fase, nnel VI secolo a.C., da blocchi squadrati drati ddi calcare e la cella fu divisa in due navate vate da una fila di colonne di legno, andate ate pe perdute. Dinanzi al pronao, furono aggiunte iunte uulteriori colonne, creando un tempio “ibrido” esastilo-periptero (35,5 x 17 m.) m.).Nella prima metà del V secolo olo a.C a.C., il tempio subì una ulteriore modifica: fica: la struttura originaria fu abbattutaa e fu eeretto un tempio ionico con orientamento ento ddiverso rispetto a quello di etàà arcaica. arcai


“ Cesar” Cesa L’edificio templare presentava entava u un’estensione maggiore (45,5 x 19 m.) ed era costituito da blocchi di calcare di pregiata giata qu qualità. Le analisi petrografiche hanno permesso rmesso d di stabilire la provenienza dei blocchi dalla cit città di Siracusa. Il tempio manteneva la sua ua perist peristasi “esastilaperiptera” della fase arcaica caica che circondava la cella con pronao ed opistodomo stodomo. Durante gli scavi del tempio ionico, furono sscoperte le sculture in marmo dei Dioscuri. Il gruppo (Fig. 3) fu rinvenuto venuto da Paolo Orsi durante la campagna di scavi de del 1890-91 e doveva far parte, probabilment bilmente, della decorazione scultorea del frontone tone occidentale occ del tempio ionico; la loro precisa recisa co collocazione non è stata ancora chiarita; forsee come co acroterii, posti alle estremità opposte ste del ttetto o come decorazione interna del timpano. pano. Le statue, in marmo, databili abili tra l’inizio del V a.C. e il primo quarto del IV sec. a.C a.C., provengono da Paros, una na delle p più grandi isole dell’arcipelago delle Cicladi, adi, situa situata nel mare Egeo. Il gruppo statuario di destr destra risulta essere quello meglio conservato: o: la test testa fu ritrovata nell’area all’interno erno del temenos; del gruppo di sinistra si possiedono dono so solo alcune parti, successivamente ricostruit icostruite, con un’integrazione in gesso chiaro, durante urante il primo restauro degli inizi del XIX IX secolo secolo. Una statua acefala, rinvenuta nella zonaa antistante antista il tempio, dovrebbe rappresentare esentare o una Nereide, divinità marina associabile ile ai tritoni trit che sorreggono i cavalli dei Dioscu ioscuri o una Vittoria celebrante la vittoria di Locri cri nella Battaglia della Sagra.

Fig. 3 – Il gruppo dei Dioscuri

Non è chiara l’appartenenza nenza d della Nereide/Vittoria ai Dioscuri, anchee se es essa è spesso associata a Castore e Polluce, olluce, co coi quali forma un unico gruppo scultoreo. eo. Nonostante Nono tutta una serie di elementi a disposizio isposizione degli studiosi, non è stata ancora stabilita, ita, con c sicurezza, quale sia la divinità tutelare lare del santuario: molto probabilmente Zeus, per er il rinv rinvenimento di una statuetta, raffigurante te il pad padre degli dei, all’interno della cella del tempio mpio di fase arcaica; forse Poseidone, a causaa della p presenza della statua acefala della nereide ide e de dei tritoni che sorreggono i cavalli bianchi chi dei ““gemelli mitici” e riconducibili alla sfera del el mond mondo marino. L’ipotesi più accreditata e sicura sicuramente la più certa rimane quella dell’appartene partenenza del culto a Castore e Polluce, i quali ali parte parteciparono alla Battaglia della Sagra conducendo ducendo l’esercito di Locri alla vittoria contro la città n nemica di Crotone.

Davidee Mastroianni Mas


“ Cesar” Cesa L’ Evoluzione Evoluzio e la Creatività atività La creatività processii di inven invenzioni e immaginazione. Durante il Paleolitico litico l’h l’homo incideva sulla roccia nuove im immagini ottenute con strumenti rudimentali ntali , quali qu scalpelli o altri utensili. La creatività cre pittorica del nostro antenato , era ra quasi ssempre sviluppata in rapporto to ad eve eventi di vita quotidiana , come la caccia o altre ab abitudini giornaliere , molti studiosi udiosi so sostengono che queste raffigurazioni potevano vano essere es dei ritratti di riti propiziatori. Il loro intento era quello di voler animare ill posto in cui abitavano, come perr esempi esempio le pareti delle rocce ; la caratteristica principal principale che questi nostri antenati ti predili prediligevano erano le diverse peculiarità rocciose iose infa infatti non disegnavano l’ambiente este sterno come alberi o la varia natura che li circonda circondava , ma rimanevano fermi sulle lle confo conformazione , che le rocce gli offrivano. La maggior parte delle lle volte queste rappresentazioni artistiche , avevano vano una

funzione magico propiziatori piziatoria: servivano ad immaginare ciò che sarebbe bbe avvenuto avve durante la caccia , quando uando la preda sarebbe stata abbattuta ; Cosa più iù rara da scorgere in queste rocce erano o le figure figu , ad eccezioni di alcuni ritrovamenti archeolog rcheologici ove venivano rappresentate tate le vu vulve femminili , insieme degli organi genitali itali este esterni . Ritrovamenti archeologici logici rip riportano alla luce delle statuette femminili ili , con la testa e le gambe appena abbozzate zzate ,ci ,ciò che appare marcato e molto più evidente nte sono i segni della maternità … Studiosi udiosi e archeologi sostengono che le statuine fossero ssero state st create per indicare la figura femmin femminile come una divinità , capace di far sopravvivere ravvivere la specie ed è per questo che le Vener Veneri primitive , erano di buon auspicio per laa fecond fecondità del gruppo.


“ Cesar” Cesa Tutto questo ci porta allo llo studi studio essenziale della creatività sviluppatosii già dalle origini dell’uomo, in quanto ill pensier pensiero creativo abbraccia anche i primi ghirigori ori e le prime p decorazioni , effettuate da azioni azio intellettive e cognitive. Perciò la creatività è ill modo d di trovare soluzioni e informazioni del mondo ondo circostante cir e viene accostata al sinonimo onimo di cambiamento (Mthen) , associato ai processi cessi di invenzione e immaginazione. pale , sono quindi le incisioni rupestri. L’arte per definizione del paleolitico I ritrovamenti più remoti oti e con conosciuti di queste raffigurazioni , sono presenti esenti nella ne grotta di Lascaux in Francia , la scoperta di questa roccia è avvenuta casualmentee nel 19 1940. Quello che appare è una na sorta di Arca di Noè , in cui sono state contatee oltre ccinquecento specie di animali diversi … Elemento importante per i nos nostri antenati durante la Preistoria è sicuramente amente la scoperta dell’impronta della mano no ; gli aartisti con la postura della mano riuscivano no a esp esprimere azioni diverse , ma in origine queste iimmagini indicavano il dominio territoriale; Esempio storico di questa sta form forma creativa è il ritrovamento avvenuto a Santa Cruz, Cr in Argentina ,questa ha permesso ermesso variati studi sull’aspetto dei nostri progenitori enitori . Gli artisti o meglio i creatori eatori di questa meravigliosa eredità, erano per la maggior maggio parte dei nomadi che non avevano no un lu luogo ben preciso dove posizionarsi .Questi sti particolari partic vengono sottolineati dal modo semplice e rudimentale delle proprie capanne , costruite con pelli di animali e fogliame; creazioni azioni aassociate comunemente all’ homo abilis , prestan prestandosi anche alla costruzione di tombe be tram tramite la sovrapposizione di massi e costruzioni zioni di templi. t


“ Cesar” Cesa Durante il paleolitico superiore riore , si manifestano anche le prime espressionii di canto , e danza popolare. L’uso della voce e del can canto era già conosciuta ai primi cacciatorii , in quanto qua strumento di imitazione dei ei diversi molteplici versi degli animali. Associati alla danza popolaree furono furon gli strumenti musicali realizzati con l’argilla rgilla o iil legno . Strumenti innovativi e creativi ativi , sec secondo lo studioso tedesco Curt Sashs : strumenti musicali quali , sonagli e conchiglie sfregate appartengono al periodo riodo Paleolitico Pa , mentre tamburi flauti e arpe pe furon furono scoperti nel Neolitico , successivamente te nuove innovazioni si svilupperanno nel tardo Neolitico , come : xilofono , scacciapensieri e flauto uto a tra traverso. Nella grotta di Les trois Frere , sono state trovate , pitture manuali che illustrano trano danze da popolari con funzione religiosa iosa , e rraffigurazioni di strumenti musicali. Grotta che trasmette la vera ra essenza essen creativa della preistoria!

LM Evoluzione voluzione e Creatività


“ Cesar” Cesa Con Concorsi e Novità

Il vincitore re del concorso co

“Poesia Inedita” nedita”

Rocco Giuseppe Tassone Nato a Candidoni (RC) risiede ede a Gioia Gio Tauro. Laureato in Scienze Biologiche, è titolare della Cattedra di Scienze Naturalili presso i licei. Un gruppo di suoi alunni ha inoltrato o al Pres Presidente della Repubblica Italiana una richiesta hiesta per pe un’onorificenza al Merito. Con decreto del el P.R. del de 27 dicembre 2003 viene nominato inato Cavaliere Cav dell’Ordine al Merito della Repubblica a italiana ed iscritto nell’elenco nazionale dei Cavalieri avalieri al a numero 136626 sez. IV. Più volte giudice popolare presso la corte di assise. Poeta, storico, ico, scrittore scrit poliedrico e divulgatore scientifico. Collabora llabora a varie riviste a carattere storico-letterario io ed ha vinto i più importanti premi letterari in Italia ia e nel mondo. m Ha avuto assegnato il premio Anassilaos Anassilao alla carriera. Opere del Tassone sono state ate tradotte trado in inglese ed in bulgaro. Il Tassone è oggi considerato co il massimo esponente vivente dell dialetto calabrese e dell’etnografia religiosa. Ha a pubblicato pubblic oltre trenta volumi. Prof. Dott. Rocco Giuseppe eppe TASSONE TASSO Cavaliere dell’Ordine al Merito rito della Repubblica Italiana Grande Ufficiale Generale Ambasciatore Ambascia Plenipotenziario per l’Italia Gran Commendato mendatore Onorario e Cavaliere Templare Onorario rio de la Soberana Orden Templaria de San Josè - Costa osta Rica; Rica Cavaliere Sovrano Militare Ordine Ro Romano Adrianeo SMORA Accademico Federiciano - Accademico Accadem dell’Acc. Ecuatoguineana de Artes y Letras Accademico dell’Accademia a dei Bronzi Bro Accademico dell’Accademia a di Scienze, Scien Lettere ed Arti “Terra del Vesuvio” Accademico Vesuviano Acc. c. Int.Vesuviana Int.Ves Presidente Università “Ponti ti con la Società” - Presidente Premio “Umanità Fede e e Cultu Cultura” Casella Postale 13 Gioia Tauro auro CentroCen Trav. Giovanni XXIII, 89013 Gioia Tauro – RC - Italy tel. 0966.500143 - cell. 347.869636 7.8696365 – 329.9565709 – e-mail: rocco_tassone@yahoo. @yahoo.it


“ Cesar” Rocco Giuseppe Tassone 1.Cavaliere della Repubblica 2003; 2. Grande Ufficiale Generale Ambasciatore plenipotenziario per l’Italia Gran Commendatore e Cavaliere Templare ordine di S.Josè caballero Honorario de la Soberana Orden Templaria de San Josè - Costa Rica 2013, 3. Cavaliere del Sovrano Militare Ordine Romano Adrianeo SMORA 2013, 4. Accademico Federiciano dell’Accademia Federico II di Corato 2003; 5. Accademico dei Bronzi dell’Accademia dei Bronzi Catanzaro 1983; 6. Accademico Terra del Vesuvio dell’Accademia Italiana di scienze lettere arti Terra del Vesuvio Nocera Inferiore 2008; 7. Accademico dell’Acc. Ecuatoguineana de Artes y Letras 8. Membro Honoris Causa “ per gli alti meriti acquisiti, in riconoscimento della Sua lodevole attività svolta ” nell’Albo Membri CDAP-UPCE (Centro divulgazione arte e Poesia-Pionieri della Cultura Europea) Accademia dell’ Antichissima città di Sutri 2001; 9. Socio onorario del centro culturale empolese 2010; 10. Accademico Vesuviano dell’Accademia Int.Vesuviana Marigliano 2012; 11. Duca di OtreboR 12. Senatore Leopardiano 2013; 13. Laurea H.C. in Lettere, Storia e Filosofia University Roberto I 2013; 14. Doctor Honoris Causa en Artes y Letras in data 29 luglio 2013; 15. Laurea Honoris Causa in Teologia Seminario Teologico neo Templario de la Soberana Orden Templaria S.Josì (Costa Rica) 9 agosto 2013 16. Laure H.C. in Filosofia Cristiana Istituto Teologico De Missao a Ultima Trombeta – ITMUT – Brasil 10 agosto 2013; 17. Membro Onorario Ass.ne Giovani Discepoli di Gesù Eucarestia 2013;


“ Cesar” Cesa Conc Concorsi e Novità Da mondo della ricerca : Dal

Daglili scavi di d Kaulonia una scoperta d’eccezione Gli archeologi dell’Università niversità di Pisa e della Scuola Normale hanno riportato alla luce una tabella in bronzo con c il testo più lungo in alfabeto acheo della Magna Ma Grecia La tabella di bronzo rinvenuta nvenuta a Kaulonia è infatti risultata essere un documen ocumento unico: pur ridotta in minuti inuti fra frammenti molto corrosi, dopo il restauro eseguito nel 2013 presso il locale Museo useo di Monasterace e la successiva applicazionee di avanzate avan tecniche d'indagine presso esso la SSNS, ha rivelato un testo greco del V sec. a.C., su 18 linee, in alfabeto acheo, o, con le lettere ordinate regolarmente secondo il sistema sistem di scrittura detto stoichedón. dón. Si ttratta di una lunga dedica votiva, in gran parte metrica, me che menziona tra l'altro o l'agorà (la piazza pubblica di ogni città greca, cuore uore della del vita politica e commerciale), ), una st statua e un elenco di divinità di grande interesse teresse p per la conoscenza dei culti. A breve n ne è prevista l'edizione, a cura del professorr Carmine Carm Ampolo, in collaborazione ione con un perfezionando della SNS. PER SAPERNE DI PIU’ : http://www.unipi.it/index.php dex.php/tutte-le-news/item/3111-dagli-scavi-di-kauloni kaulonia-unascoperta-d%E2%80%99eccezio 9eccezione


“ Cesar”

Davide Mastroianni Buongiorno. Mi piacerebbe poter collaborare con un articolo! Saverio Verduci come fare a scrivervi? faccio ancora in tempo a mandarvi qualcosa da pubblicare nel numero di settembre? Clara Cesario Salve, ditemi quando posso un contributo. Se ogni mese c'è un tema oppure è libero. Grazie

Anche tu puoi interagire con noi scrivendo articoli o semplicemente suggerendo cosa ti piacerebbe leggere su “ Cesar”….


“Cesar” Eventi

LA SERVA PADRONA Venerdì 18 Ottobre 2013 ore 21:15 Luogo: COSENZA (CS) La Serva Padrona, Arie e Duetti dall’aopera di Pergolesi e Angela Bianco soprano Andrea Graziano TEATRO A. RENDANO

AUTUNNO MUSICALE XIV EDIZIONE Sabato 19 Ottobre 2013 18:00 Luogo: COSENZA (CS) EMILE RIBASKI “IL PIANOFORTE “ TRA LE NOTE E L’ESSENZA INTIMISTICA MUSEO DEI BRETTI E DEGLI ENOTRI COSENZA

MOSTRA: PARTONO I BASTIMENTI Ottobbre 2013 ESPOSIZIONE FINO IL 27 OTTOBRE 2013 Luogo: COSENZA , PALAZZO ARNONE


“Cesar�

Direttore Generale Leandra Maffei Impostazione e impaginazione grafica Leandra Maffei Direttore al Marketing e alla Comunicazione Leandra Maffei Collaborazione Interna Saverio Antonio Modafferi Alessia Mainelli Immagini e Multimedia Banca dati Distribuzione su Piattaforma On-line

Scrittori della rivista

Clara Cesario Alessia Mainelli Davide Mastroianni


Contatti “CESAR”

Rivista Cesar

rivistaonline@outlook.com

346-0221535

Se desideri contattare la redazione di “Cesar” utilizza i recapiti sopra indicati , saremo a tua completa disposizione .

PUOI : richiedere la stampa della rivista utilizzare gli argomenti trattati da CESAR proporre argomenti collaborare con la REDAZIONE


Sponsor “Cesar”


I contenuti della rivista provengono dalla Banca Dati , piattaforma internazionale e ricerche dello scrittore .

CESAR Direzione Marketing e impostazione grafica : Leandra Maffei


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.