Rivista Marittima Dicembre 2018

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DICEMBRE 2018 - Anno CLI

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DICEMBRE 2018

RIVISTA

MARITTIMA

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SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/03 (CONV. IN L. ART. 1 COMMA 1 N° 46 DEL 27/02/04) - PERIODICO MENSILE 6,00 €

* RIVISTA MARITTIMA *

MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868

PRIMO PIANO

Un’Europa della Difesa: parliamone Giampaolo Di Paola

Gli sviluppi della difesa europea nel contesto geopolitico internazionale Circolo di Studi Diplomatici

L’Europa e la geopolitica «liquida» Danilo Ceccarelli Morolli


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Sommario PRIMO PIANO

6 Un’Europa della Difesa: parliamone Giampaolo Di Paola

PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE

50 Euronaval 2018, i primi cinquant’anni Michele Cosentino

64 Il Supporto in Servizio dello strumento navale, nuova frontiera della cooperazione con i vicini d’oltralpe Carlo Aliberti-Giacomo Montaruli

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Gli sviluppi della difesa europea nel contesto geopolitico internazionale

70 La strategia marittima olandese Antonello Rocco D’Avenia

Circolo di Studi Diplomatici

24 Le tendenze geopolitiche delle potenze attuali e le relate strategie marittime

Giuseppe Lertora

STORIA E CULTURA MILITARE

76 Il potere marittimo italiano nell’età crispina Fabio De Ninno

RUBRICHE

36 L’Europa e la geopolitica «liquida» Danilo Ceccarelli Morolli

42 I nuovi rischi globali e la sicurezza europea Beatrice Benocci

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86 Focus diplomatico 90 Osservatorio internazionale 99 Marine militari 113 Marine mercantili 115 Che cosa scrivono gli altri 122 Recensioni e segnalazioni 1


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RIVISTA

MARITTIMA

Mensile della Marina dal 1868

EDITORE

UFFICIO PUBBLICA INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DELLA MARINA MILITARE DIREZIONE E REDAZIONE della Rivista Marittima Via Taormina, 4 - 00135 Roma Tel.: 06 3680 7248-54 Telefax: 06 3680 7249 Internet: www.marina.difesa.it/conosciamoci/ editoria/marivista/Pagine/default.aspx e-mail redazione: rivistamarittima@marina.difesa.it

L’incrociatore portaeromobili GIUSEPPE GARIBALDI (C551) impegnato nell’Operazione EUNAVFOR MED - Operation SOPHIA, operazione militare di sicurezza marittima europea che opera nel Mediterraneo centrale.

DIRETTORE RESPONSABILE

A questo numero hanno collaborato

Capitano di vascello Daniele Sapienza

Ammiraglio (ris) Giampaolo Di Paola

CAPO REDATTORE

Ammiraglio di squadra (ris) Giuseppe Lertora

Capitano di fregata Diego Serrani

Professor Danilo Ceccarelli Morolli

Circolo di Studi Diplomatici

Dottoressa Beatrice Benocci REDAZIONE

Raffaella Angelino Gianlorenzo Pesola

Contrammiraglio (ris) Michele Cosentino Capitano di vascello Carlo Aliberti Capitano di corvetta Giacomo Montaruli

SEGRETERIA DI REDAZIONE

Massimo De Rosa Gaetano Lanzo UFFICIO ABBONAMENTI E SERVIZIO CLIENTI

Carmelo Sciortino Giovanni Bontade Tel.: 06 3680 7251-48 e-mail abbonamenti: rivista.abbonamenti@marina.difesa.it SEGRETERIA AMMINISTRATIVA

Tel.: 06 3680 7254 Codice fiscale: 80234970582 Partita IVA: 02135411003

Tenente di vascello Antonello Rocco D’Avenia Professor Fabio De Ninno Ambasciatore Elio Menzione, Circolo di Studi Diplomatici Dottor Enrico Magnani Ammiraglio Ispettore (aus) Pietro Verna Contrammiraglio (ris) Ezio Ferrante Dottoressa Alessandra Mita Ferraro Capitano di fregata Gianlorenzo Capano Contrammiraglio (ris) Luigi De Benedictis Rivista Marittima Dicembre 2018


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E D I T O R IALE

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icembre è solitamente tempo di bilanci. In un’epoca apparentemente dominata da percentuali e indici economici vari, le cifre della Marina sono quelle delle ore di moto delle sue navi e delle missioni compiute. Ma è impossibile oltre che sbagliato, voler ridurre l’attività degli uomini e delle donne della Marina Militare nello stretto spazio compreso tra un’ascissa e un’ordinata. Non è solo una questione d’impegno, di sacrifici e di aspirazioni. In questo secolo, definito ormai «Blue Century», che non solo rappresenta l’affermarsi del commercio marittimo globale, ma ha finalmente eletto il mare, a livello di cultura diffusa dell’umanità, il nostro Paese ha sempre più bisogno di una Marina che curi, protegga e porti avanti gli interessi strategici della comunità. Occorre cioè esercitare la marittimità, il potere marittimo, in chiave più moderna, secondo un approccio omnicomprensivo, orientato a una razionale integrazione interforze e attento a cogliere ogni utile sinergia sul piano delle cooperazioni inter-istituzionali e delle collaborazioni inter-agenzia. Tutto ciò, nella piena e tempestiva interoperabilità multinazionale, a partire dalle Organizzazioni e Alleanze di riferimento per l’Italia, come Nazioni Unite, Unione Europea e NATO. I mari e gli oceani sono il sistema circolatorio del pianeta, della sua economia, delle sue finanze e, cosa ancora più importante, delle risorse e necessità fondamentali che si materializzano nel lavoro, nel benessere e nel progresso di qualsiasi comunità. Il mare, sempre più protagonista di quello che i popoli di lingua inglese chiamano global common (patrimonio comune dell’umanità), non deve essere uno spazio immenso sempre più delimitato e segmentato, ma un complesso di beni e risorse — materiali e immateriali — il cui libero e continuo accesso (aperto, naturalmente, a tutti) deve avvenire in maniera legale, lecita e regolamentata dal complesso internazionale e riconosciuto degli Stati; in pratica un vero e proprio asse di chiglia del benessere e della prosperità di tutti noi. La Marina, i suoi uomini e le sue donne, hanno assicurato, nel 2018, ancora una volta come sempre, il proprio servizio, notte e giorno e con ogni tempo, sostenendo e proteggendo il traffico commerciale vitale del nostro sistema di vita e, assieme a questo, il sistema circolatorio mondiale attraverso quell’aorta fondamentale che è il Mediterraneo, un mare antico, e difficile, cerniera di tre continenti e sul quale si riflettono non solo gli accadimenti delle coste adiacenti, ma tutte le dinamiche internazionali. Numeri e statistiche abbondano anche in questo caso, ma non sono che il sigillo di uno stato di fatto. Il vero problema consiste, casomai, nella possibilità di diffondere quella cultura marittima e navale che è patrimonio di

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pochi. La marittimità non è solo il prodotto dei classici fattori identificati dallo statunitense Mahan nell’Ottocento: la posizione geografica e la conformazione fisica del territorio, il volume dei traffici marittimi e le dimensioni delle flotte militare e mercantile. L’autentica espressione marittima di un Paese è il frutto di una politica lungimirante che, su queste pagine, è stata definita «talassopolitica». Un termine forse ancora poco conosciuto, che auspica un rinnovamento in chiave moderna e contestualizzata di una politica del mare che veda nella marittimità e nell’unità del nostro sistema-Paese, concrete opportunità di sviluppo, progresso, stabilità e sicurezza. È importante quindi, che si affermi sempre più l’intima consapevolezza della rilevanza di una cultura marittima, preludio essenziale all’esercizio di un vero Potere Marittimo nazionale, da declinare secondo criteri più contestualizzati, più attenti e attagliati alle reali necessità e alle legittime aspirazioni di pace, benessere, sviluppo e progresso della nazione. È necessario perseverare in questa direzione, nella serena certezza che il nostro futuro è vivo e possibile, grazie alle potenzialità e alle capacità assicurate dal mare e sul mare, grazie anche all’opera, sullo sfondo, della nostra Marina. La Rivista Marittima assolve, da 150 anni, proprio a questa decisiva missione: promuovere il libero pensiero e dibattito, e diffondere il pensiero e la cultura marittima in Italia e nel mondo, concorrendo a conservare e rinnovare la sicurezza e l’identità marittima del Paese. Sarebbe difficile, tuttavia, pensare che qualsiasi progresso in direzione di una maggiore (e indispensabile) marittimità del Paese possa aver luogo senza un’azione omnicomprensiva e una sincera condivisione culturale, aperta soprattutto alle nuove generazioni, e alle loro esigenze. Proprio per questo è nostra intenzione, con il nuovo anno, proporre nuove forme divulgative della Rivista che possano risultare maggiormente fruibili come il formato digitale, da sfogliare sul PC, su un tablet o su uno smartphone. Nel 2018 la Rivista ha ricordato, infine, due significativi avvenimenti: la celebrazione del centenario della Vittoria, attraverso un numero speciale interamente dedicato alla fine della Grande Guerra, e la celebrazione dei 150 anni, inaugurati col primo numero pubblicato nel 1868, grazie a un apposito supplemento. La Vittoria nella Grande Guerra, conseguita con il contributo della Marina italiana sia a livello strategico, sia tattico, fu un’opera di mirabile e piena unità d’intenti e d’azione interforze. Un impegno e un sacrificio di tutto un popolo e di un’intera generazione sempre attuale e prezioso, da custodire con rispetto e da rinnovare, con orgoglio e fiducia, a guardia della pace nell’ambito di un continente solidale e sereno. I 150 anni della Rivista Marittima confermano, a loro volta, la passione che da sempre unisce i cuori e le menti di tanti autori e lettori che nel mare e nella marittimità del Paese e del mondo identificano correttamente una rotta globale di sviluppo, cultura, progresso, stabilità e sicurezza. Daniele Sapienza


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PRIMO PIANO

Un’Europa della DIFESA: parliamone Giampaolo Di Paola (*)

«L’

idea che il futuro sia differente dal presente è così repulsiva per il nostro modo convenzionale di pensare e per il nostro comportamento che, perlomeno la stragrande maggioranza di noi, se non tutti, oppone grande resistenza ad agire in pratica su di esso (il cambiamento). La difficoltà non sta tanto nell’abbracciare nuove idee, quanto piuttosto nell’abbandonare le vecchie …». Questo ben noto aforisma di Maynard Keynes, il famoso economista britannico del secolo scorso, è del 1937 ma come tutti i celebri aforismi ha una sua intrinseca verità e validità senza tempo ed è quanto mai pertinente oggi per la tematica in oggetto. Lo scenario di sicurezza che ci circonda sta cambiando in misura rapida e sostanziale. Lo avvertono i cittadini europei colpiti sempre di più nel quotidiano dalle notizie degli attentati terroristici, dalle crisi violente che circondano l’Europa a Sud con il conflitto Siriano, il vuoto di governabilità in Libia, l’instabilità (*) Ammiraglio. Nato a Torre Annunziata (NA) il 15 agosto 1944, è entrato in Accademia Navale nel 1963. Dopo la specializzazione presso la Scuola Sommergibili dal 1968 al 1974 ha prestato servizio con vari incarichi a bordo dei sommergibili e Unità navali tra cui quello di Comandante dellÊIncrociatore Portaeromobili G. Garibaldi nel 1989/90. Ha frequentato il NATO Defence College a Roma (Italia) e dal 1981 al 1984 ha prestato servizio a Saclant (Norfolk - Virginia, Stati Uniti). Dopo importanti e prestigiosi incarichi nellÊambito dello Stato Maggiore Marina nel 1994 è ÿCapo del Reparto Politica MilitareŸ dello Stato Maggiore Difesa e il 30 novembre 1998 ÿCapo di GabinettoŸ del Ministro della Difesa. Segretario Generale della Difesa il 26 marzo 2001, ha mantenuto lÊincarico fino al 10 marzo 2004 quando è stato promosso a Capo di Stato Maggiore della Difesa, incarico che ha mantenuto fino al 12 febbraio 2008 quando è nominato presidente del Comitato militare della NATO, composto dai Capi di Stato Maggiore dei ventisei Paesi dellÊalleanza. Il 16 novembre 2011 è nominato Ministro della Difesa della Repubblica Italiana e in tale ruolo ha ricoperto anche lÊincarico di cancelliere e tesoriere dellÊOrdine militare dÊItalia.

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Gli Stati membri dell’UE danno il via libera alla costituzione di una politica di difesa comune europea (Fonte: en.wikipedia.org). Nella pagina successiva: le bandiere di UE e UK. Indipendentemente dagli esiti della Brexit, il Regno Unito rimarrà agganciato alla dimensione europea di difesa (Fonte: tpi.it).

della sponda Africana e nel vicino e medio Oriente e a est la rinnovata assertività e a volte aggressività russa in Georgia, Crimea e nell’Ucraina Orientale. Il mondo che ci circonda è sempre più instabile e l’illusione di una Pax europea permanente tale da non richiedere attenzione alla propria sicurezza e Difesa è svanita. Un malessere e un’incertezza diffusa è divenuta parte di tutti noi cittadini europei e la Brexit è stato un effetto non la causa di questo malessere. Il richiamo del Presidente Trump agli Europei perché si facciano maggiormente carico della propria sicurezza e difesa sarà pure suonato ruvido e brusco ma non per questo meno vero e corretto. Da qui il risvegliarsi a livello europeo di una nuova attenzione alle tematiche della sicurezza e difesa europea. Ne sono testimonianza la «Dichiarazione di Roma» del 25 Marzo 2017, la «Reflection paper on the future of european defence» a firma Mogherini/Katainen, la «European defence initiative» con la nascita di un fondo europeo della difesa per la ricerca tecnologica e di un secondo per l’acquisizione di capacità militari. Per la prima volta dalla sua esistenza l’UE destina fondi europei espressamente alla dimensione di Difesa. Quindi le premesse per un rilancio della difesa europea «autonoma» ci sono purchè si facciano le scelte giuste e ci s’intenda sul significato di «autonomia». Con riferimento alle scelte giuste, la prima è una vera volontà politica di procedere su questa strada che presuppone un vero sforzo di armonizzazione della politica estera e di sicurezza, armonizzazione non solo a livello dei governi ma anche dei Parlamenti, visto che in molti paesi europei l’utilizzo dello strumento militare è approvato dal Parlamento, cosa non facile stante le diverse culture e concezioni nazionali sull’utilizzo dello strumento militare nella gestione delle crisi. La seconda riguarda l’illusione politicamente attraente che mettendosi insieme e spendendo meglio si possa spendere di meno. Se gli Europei intendono procedere sulla strada di una reale capacità militare all’altezza del potenziale economico, geo-politico e demografico dell’Unione devono spendere di più e meglio. Nessuna delle due condizioni da sola è sufficiente, entrambe sono necessarie. Kissinger ci ricorda che mai nella storia dell’umanità un’entità socio-politica-eco-

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PRIMO PIANO

Gli sviluppi della difesa europea nel contesto geopolitico internazionale A cura del Circolo di Studi Diplomatici (*)

(*) Il Circolo di Studi Diplomatici è unÊAssociazione fondata nel 1968 su iniziativa di un ristretto gruppo di Ambasciatori con lÊobiettivo di non disperdere le esperienze e le competenze dopo la cessazione dal servizio attivo. Il Circolo si è poi nel tempo rinnovato e ampliato attraverso la cooptazione di funzionari diplomatici giunti allÊapice della carriera nello svolgimento di incarichi di alta responsabilità, a Roma e allÊestero.

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Gli sviluppi della difesa europea nel contesto geopolitico internazionale

Atti del Convegno del 20 novembre 2018 Ricorre quest’anno il cinquantesimo anniversario della fondazione del Circolo di Studi Diplomatici che nacque nel 1968 per l’iniziativa di un gruppo di prestigiosi Ambasciatori che non volevano che il patrimonio di conoscenze e di esperienze accumulato nel corso delle rispettive carriere venisse disperso a seguito della loro cessazione dal servizio attivo. Da allora la tradizione delle sue riunioni settimanali per discutere dei temi dell’attualità internazionale non è cambiata, e non sono cambiate le sue tipiche modalità di espressione costituite dalle Lettere e dai Dialoghi Diplomatici. È cresciuta però la sua proiezione esterna, sia per la partecipazione dei soci del Circolo ad attività di formazione in ambito universitario e per l’alta amministrazione dello Stato, sia per l’apertura alla collaborazione con altre realtà attive nel settore delle relazioni internazionali. Questo Convegno ne è una concreta testimonianza.

Presentazione Intervento dell’Ambasciatore Giovan Battista Verderame «Fino a pochi anni fa l’idea della difesa europea sembrava ancora un sogno da visionari. Un sogno in cui l’Italia ha però sempre creduto, e ha sempre lavorato per realizzarlo. Oggi, superata la fase più critica della crisi economica nel nostro continente, gli europei si trovano di fronte a minacce nuove, la cui complessità richiede un livello di risposta sempre più integrato e sofisticato. In questo quadro, l’ambizione di questo Convegno è quella di fare il punto sulle iniziative intraprese in sede comunitaria per dare consistenza alla dimensione di sicurezza e di difesa dell’Unione Europea in un contesto geopolitico globale che presenta sfide che nessuno Stato membro — anche il più grande — può affrontare singolarmente, e di contribuire alla crescita della consapevolezza dell’importanza di un’azione sempre più coordinata e coesa in questa direzione. D’altra parte, non possiamo nasconderci che questa nostra Europa vive oggi una profonda crisi di identità e di valori, che attraversa anche l’Eurozona. L’avvio della PESCO sembra aver dimostrato che anche intorno alla collaborazione in materia di difesa si può ricreare una nuova comunanza di progettualità e di iniziative. La base, per questo come per gli altri settori

della vita dell’Unione, resta la ricerca ed il perseguimento di un interesse comune che non mortifichi gli interessi nazionali, ma ne consenta la tutela in un quadro unitario e coerente. Mai come oggi in Europa “tout se tient”. L’auspicio con il quale vorrei aprire i lavori di questo Convegno è che la difesa europea possa costituire una dimensione ulteriore del recupero di quella coscienza di sé che l’Europa sta purtroppo rischiando di perdere proprio nel momento in cui maggiore è l’esigenza, per questa parte dell’Occidente, di affermare la propria identità sulla scena internazionale».

Introduzione Intervento dell’Ammiraglio Giampaolo Di Paola «Il mondo che ci circonda è sempre più instabile e l’illusione di una Pax europea permanente tale da non richiedere attenzione alla propria sicurezza e difesa è svanita. Un malessere e una incertezza diffusa è divenuta parte di tutti noi cittadini europei e la Brexit è stata un effetto non la causa di questo malessere. Il richiamo del Presidente Trump agli Europei perché si facciano maggiormente carico della propria sicurezza e difesa sarà pure suonato ruvido e brusco ma non per questo meno vero e corretto. Da qui il risvegliarsi a livello europeo di una nuova attenzione alle tematiche della sicurezza e difesa europea. Ne sono testimonianza la “Dichiarazione di Roma” del 25 Marzo scorso, la “Reflection paper on the future of european defence” a firma Mogherini/Katainen, la posizione espressa in materia di difesa dal presidente della Commissione Europea Juncker con la nascita di un fondo europeo della difesa per la ricerca tecnologica e di un secondo per l’acquisizione di capacità militari. Quindi le premesse per un rilancio della difesa europea ci sono purché si facciano le scelte giuste. La prima è una vera volontà politica di procedere su questa strada che presuppone un vero sforzo di armonizzazione della politica estera e di sicurezza, armonizzazione non solo a livello dei governi ma anche dei Parlamenti, visto che in molti paesi europei l’utilizzo dello strumento militare è approvato dal Parlamento, cosa non facile stante le diverse culture e concezioni nazionali sull’utilizzo dello strumento militare nella gestione delle crisi.

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PRIMO PIANO

Le tendenze geopolitiche delle potenze attuali e le relate

strategie marittime Giuseppe Lertora (*)

(*) Ammiraglio di Squadra (ris). Dal 12 dicembre 2006 al 28 aprile 2009 ha ricoperto la carica di Comandante in Capo della Squadra Navale, e per quasi due anni, quella di Comandante della Forza Marittima Europea (EUROMARFOR) in UNIFIL, durante la crisi libanese. Precedentemente, da dicembre 2005 a dicembre 2006, è stato Comandante in Capo del Dipartimento Militare Marittimo Alto Tirreno, e nel periodo aprile-ottobre 2004, il Senior National Representative Italiano presso USCENTCOM (Tampa, Florida), per le Operazioni Enduring Freedom e Iraqi Freedom. Comandante dellÊAccademia Navale, per un triennio, a cavallo del millennio; in precedenza ha svolto lÊincarico di Capo Reparto Aeromobili della Marina Militare per oltre un lustro, gestendo i programmi internazionali relativi ai velivoli AV-8B, quello dellÊelicottero EH-101, ed NH-90. Ha comandato fra lÊaltro la Fregata Maestrale e il Cacciatorpediniere Francesco Mimbelli e, in quanto Pilota di Marina, è stato responsabile di diverse componenti di volo imbarcate.

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ecentemente è stato presentato al Circolo Ufficiali della Marina di Roma un libro «speciale» sulla Geopolitica, del Professore Ceccarelli Morolli che, con estrema chiarezza e semplicità, ma anche con una sorta di crescente gradualità formativa — visto che sarà il testo per l’insegnamento ai suoi discenti universitari — pone in giusta evidenza il valore e il ruolo della geopolitica e della geostrategia, sua «sorella minore», nella vita di un Paese con riflessi sulla politica, sull’economia e perfino sulla sicurezza, per tacere del resto: strumenti essenziali per il perseguimento di certe proiezioni fisico-territoriali ovvero influenze su altri, soprattutto per giustificare la propria «espansione», rapportata utilmente al livello di ambizione di una Nazione, per rafforzarne i poteri in generale insieme con la specifica politica estera. La geopolitica, nel collocarsi a cavallo fra una disciplina di elevato profilo e una vera e propria scienza, esprime l’alta politica di un Governo e basa le proprie mosse non su dogmi ma su interessi specifici, facendo comunque riferimento primario alla geografia, alla cartografia e alla Storia dei popoli interessati, con un’analisi dei

loro usi e costumi e approfondimenti nel settore della diplomazia e dell’economia, a fronte dello scenario, delle minacce e dei rischi, contestualizzandoli e trattandoli in modo interdisciplinare. Avvalendosi quindi delle fonti dell’Intelligence e della funzione «abilitante» insita nelle Comunicazioni, si può sostanziare una serie di geopolitiche nei vari ambiti, da quella classica a quella delle periferie, da quella economica a quella diplomatica, da quella del Mare a quella della cultura, e via dicendo. Si deve quindi parlare di geopolitiche più che di una geopolitica generica; cioè di una serie di strumenti mirati per lo studio e l’analisi di situazioni e ambiti che richiedono uno specifico «knowhow», un patrimonio culturale dedicato da utilizzare in un approccio metodologico scientifico-probabilistico per impostare un ragionamento «geo» alla ricerca delle possibili linee proprie, nel novero della soluzione migliore che non può prescindere, altresì, da attente osservazioni e «intuizioni» degli addetti ai lavori. Le soluzioni così individuate debbono contenere in modo esplicito messaggi verso l’opinione pubblica al fine di confortarne la giustezza, ma anche una forza propagandista indirizzata a un mondo perfino pseudo-reale che giustifichi la proiezione fisica o

La geopolitica, nel collocarsi a cavallo fra una disciplina di elevato profilo e una vera e propria scienza, esprime l’alta politica di un Governo e basa le proprie mosse non su dogmi ma su interessi specifici, facendo comunque riferimento primario alla geografia, alla cartografia e alla Storia dei popoli interessati (Fonte: US Navy).

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PRIMO PIANO

L’Europa e la geopolitica liquida Danilo Ceccarelli Morolli (*)

(*) Professore ordinario nel Pontificio Istituto Orientale (Diritto Romano, Diritto Bizantino e Geopolitica). Professore associato di Istituzioni di Diritto Romano e Storia del diritto romano presso la Facoltà di Giurisprudenza dellÊUniversità G. Marconi di Roma e ivi docente di Geopolitica. ˚ Membro Corrispondente del Pontificio Comitato di Scienze storiche e della Società Italiana per la Storia del Diritto. In qualità di docente universitario ha frequentato (a.a. 2014-2015 - Sessione speciale) lÊIstituto Alti Studi per la Difesa (CASD) ed è Ufficiale Superiore della Riserva selezionata della MM.

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i deve a Zygmunt Bauman (1925-2017) l’affermazione che la società contemporanea, soprattutto occidentale, stia attraversando e conoscendo una fase definibile come «liquida» (1). In effetti la dimensione liquida sta contagiando tutte le strutture sociali, inclusi i così detti corpi intermedi. Il risultato della liquidità della società è sotto gli occhi di tutti e così da un mondo a «rischio» — come lo definiva Ulrich Beck (2) — si sta passando forse a un mondo che appare «in frantumi» (3). Pertanto si inizia ormai a parlare di geopolitica «liquida» (4). La vecchia Europa che per secoli ha guidato la civiltà occidentale, sembra oggi affrontare un’ultima sfida: quella della coesione e della tenuta dell’Unione Europea, unione che è stata realizzata a tappe e con fatica a partire dalla fine della Seconda guerra mondiale (5). Tuttavia l’UE non riesce a creare una vera e propria comune visione dei problemi internazionali. Se da una parte il diritto comunitario e con esso i Trattati hanno ridotto le sovranità statali, è pur vero che gli Stati membri restano sovrani, ciò comporta inevitabilmente che le differenze in materia di politica estera, così come di intelligence e di difesa, restano; anzi tali divergenze spesso si acuiscono, grazie anche al problema migratorio oltre che alla crisi economico-finanziaria. Sul piano dell’ordinamento comunitario, in materia di politica estera e di sicurezza comune (PESC), il Consiglio dei Ministri e il Consiglio Europeo deliberano all’unanimità. Anche dopo Lisbona, il sistema si fonda su meccanismi di cooperazione intergovernativa e dunque gli Stati membri conservano un ampio potere in materia. Le decisioni in tale ambito sono attuate dall’Alto Rappresentante per la politica estera. Il Consiglio agisce sulla base del consenso unanime degli Stati membri, che hanno il potere di esercitare il veto sull’adozione di una decisione (6). Il motivo «giuridico» potrebbe apparire semplice: l’UE non è una federazione (7). In aggiunta a ciò l’interesse nazionale statale blocca — spesso — la composizione armonica dei problemi. La moneta unica è quindi solo uno strumento di scambio commerciale, cioè non è il riflesso di una politica internazionale comune o comunque condivisa. I casi — ancora non risolti — della Libia e dello Shatterbelt ucraino sono un esempio eclatante di come l’UE non riesca ad attuare

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PRIMO PIANO

I NUOVI RISCHI GLOBALI

e la sicurezza europea Beatrice Benocci (*)

C

on l’approssimarsi della fine del 2018 sempre più osservatori hanno iniziato a trattare il tema della sicurezza globale. La geopolitica è tornata nuovamente e prepotentemente al centro dell’interesse degli studiosi e degli attori internazionali. Un nuovo termine, lo Sharp Power, ha guadagnato velocemente le pagine delle testate internazionali. Questo mutamento è la conseguenza di un’evoluzione delle relazioni internazionali, di un processo iniziato all’indomani della fine del sistema bipolare, segnato dal crollo dell’impero sovietico (26 dicembre 1991) e chiaramente non concluso. Siamo di fronte a un sistema in costante divenire che però inizia a scrivere i nuovi e futuri scenari globali. Tre sono gli attori che hanno determinato questo repentino e ultimo cambiamento che chiama in causa noi Europei: Donald Trump, Xi Jinping e Vladimir Putin. Ancora una volta l’Europa comunitaria, che non è un soggetto di diritto internazionale, in quanto priva di una sovranità, e che non possiede un esercito europeo, è costretta a rileggere il suo ruolo e le sue azioni in un contesto in continuo cambiamento che richiede sempre più coesione e capacità di in-

(*) Giornalista, è dottore di ricerca in Storia delle relazioni internazionali. Dal 2004 collabora con le Cattedre di Storia Contemporanea e Storia delle Relazioni Internazionali del DSPSC dellÊUniversità di Salerno; recentemente ha iniziato una collaborazione con la Cattedra di Sociologia dellÊEuropa. ˚ membro dei seguenti centri di ricerca dellÊUniversità di Salerno: Modulo Jean Monnet - Centro Studi Europei; Centro di Ricerca interdipartimentale sul conflitto in Età Contemporanea; Osservatorio Memoria e Legalità dellÊUniversità di Salerno. Tra le sue ultime opere: La Germania necessaria. LÊemergere di una nuova leading power tra potenza economica e modello culturale (2017); Ulbricht versus Brandt, la costruzione di unÊidentità tedesco-orientale alla luce della Ostalgie (2018); A Twenty-Five Year Transition. The Forms of Power and the Alleged Crisis of the Nation-State in the Contemporary Age (2018).

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tervento, non solo in campo economico e culturale (settori in cui l’Unione Europea eccelle), ma anche e, soprattutto, nel settore militare. Dopo anni di incontrastato successo del Soft Power torna prepotentemente sulla scena il vecchio Hard Power, preceduto da una comunicazione violenta, volta a distruggere la narrazione di coloro che si riconoscono come competitor, lo Sharp Power di cui è stato, sin da subito, abile maestro Donald Trump.

Il mondo globale attuale: un lento divenire Il tempo che viviamo, detto del post-bipolarismo, non è sicuramente un tempo di pace: imponenti flussi migratori, guerre di religione, conflitti economici e guerre ci-

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Centrale Operativa di Combattimento (particolare) di nave CAVOUR.

bernetiche (info warfare e cyberwar) caratterizzano ormai da anni la vita della comunità internazionale. A ciò si aggiunge la lunga crisi economica innescata dai titoli subprime, giunta ora nella sua terza fase, che ha minato la sicurezza e i sistemi di welfare delle cosiddette economie avanzate, creando il presupposto per la nascita o la ricostituzione di movimenti populisti e di estrema destra, a loro volta destabilizzanti. L’idea che si potesse dar vita a un sistema globale incentrato sul neoliberismo, su una globalizzazione pacifica e fondata sulla cooperazione internazionale alla cui testa si sarebbero posti gli Stati Uniti

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d’America, è progressivamente naufragata o almeno per il momento congelata. Per comprendere appieno il cambiamento che abbiamo vissuto in questo quarto di secolo è necessario ricordare quali furono le conseguenze immediate e di medio periodo della fine del bipolarismo. Gli anni Novanta furono testimoni di una sorta di entusiasmo globale. Come ha ricordato Federico Romero, Washington guardava a un nuovo ordine mondiale, fondato su una comunità internazionale di carattere cooperativo, sostenuta da un modello liberista, in costante espansione, a sua volta garantito dal successo indiscusso della Silicon Valley (2011). In definitiva, con la caduta della «dittatura» sovietica si creavano i presupposti affinché il mondo della cosiddetta anglosfera, «fosse il centro intorno al quale avrebbe potuto svilupparsi una nuova comunità mondiale, un punto di raccordo per i movimenti democratici del mondo e infine un ulteriore punto di coagulo per l’intero Occidente» (Donno, 2017).

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PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE

EURONAVAL 2018

I primi cinquant’anni Michele Cosentino (*)

L’

edizione 2018 di Euronaval, l’esposizione internazionale che si tiene ogni due anni a Parigi nel sedime dell’aeroporto di Le Bourget, ha avuto un’importanza peculiare perché corrisponde al 50o anniversario dell’evento: risale infatti al 1968 la prima edizione di quello che allora si chiamava

«Le Bourget Naval», sulla falsariga di quanto già avveniva nel settore aeronautico e con l’obiettivo di promuovere in Europa l’industria cantieristica e sistemistica transalpina. Nel 1994 si ebbe il debutto del termine «Euronaval», proprio per enfatizzare l’apertura verso i prodotti navali realizzati da altre aziende europee, mentre negli anni successivi l’evoluzione qualitativa si è coniugata con l’ampliamento dell’evento alle tematiche ri-

(*) Contrammiraglio in riserva, ha completato lÊAccademia Navale nel 1978 e si è laureato in Ingegneria Navale e Meccanica presso lÊUniversità di Napoli. Dal 1987 collabora con la Rivista Marittima e con diverse case editrici italiane e straniere ed è autore di numerosi libri, saggi e articoli.

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Un USV tipo «Inspector 90» equipaggiato con un UUV tipo «Seascan» e con un mezzo analogo «K-STER» per le operazioni di contromisure mine secondo il concetto UMIS-T (Fonte: ECA).

guardanti la sicurezza marittima in senso lato, la relazione fra lo spazio e il mare, l’impiego di velivoli non pilotati sul mare e dal mare, la tutela dell’ambiente marittimo e la digitalizzazione degli spazi marittimi. In pratica, per 50 anni Euronaval è stata la vetrina privilegiata per presentare le innovazioni tecnologiche nel settore navale militare, enfatizzando una serie di passaggi rilevanti quali, in ordine cronologico, la sostituzione dell’elettricità al vapore per azionare gli impianti di bordo, il consolidamento dell’impiego dell’energia nucleare sul naviglio militare, le prime forme di stealthness introdotte

nelle linee progettuali, la definitiva affermazione del mezzo aereo imbarcato, la proliferazione missilistica, la valenza dell’interfaccia uomo-macchina, le nuove tecnologie per le costruzioni navali militari, la navigazione automatizzata e il potenziamento delle capacità di scoperta subacquea.

Qualche cifra Prima di entrare nel dettaglio per descrivere alcuni fra i principali prodotti esposti dalle aziende presenti a Parigi dal 23 al 26 ottobre, è bene ricordare alcune cifre relative

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PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE Le Unità Navali Classe «Orizzonte» italiane e francesi. In basso: le attività che compongono il Supporto in Servizio (Fonte: Autori).

Il Supporto in Servizio dello strumento navale nuova frontiera della cooperazione con i vicini d’Oltralpe Siglato a Roma l’accordo italo-francese Il Supporto in Servizio di un sistema rappresenta il 75% dei costi durante l’intero ciclo completo di vita. Cooperare in questo settore consente di condividere e di abbattere parte di questi costi e permette di ampliare la base statistica così da ottimizzare anche le spese per le scorte e gli interventi manutentivi. Nell’ambito della cooperazione con la Marina Francese nel campo navale, attiva dal 1994, lo scorso 26 settembre a Roma, si è deciso di cooperare nel supporto della classe FREMM a partire dal 2020 e successivamente delle classi LSS e «Orizzonte» trasformando la DP FREMM di OCCAR in una Divisione per il Supporto Navale a partire dal 2022.

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Il Supporto in Servizio dello strumento navale, nuova frontiera della cooperazione ... Carlo Aliberti (*) - Giacomo Montaruli (**)

P

er Supporto in Servizio di un sistema complesso, quale può essere considerata un’Unità Navale, si intende l’insieme delle attività necessarie a garantirne l’efficienza e l’efficacia operativa, mirando, in ottica di Through Life Management, al miglioramento delle prestazioni e dell’affidabilità (mediante trasformazioni vita durante), al prolungamento della vita operativa (mediante ammodernamenti) e alla gestione della dismissione del sistema stesso. L’importanza del Supporto in Servizio appare evidente se si considera che il costo di acquisizione rappresenta solo una minima parte (25%) dei costi direttamente o indirettamente associati al sistema complesso durante il suo ciclo di vita (dalla progettazione al disarmo), costituendo il rimanente 75% il costo del supporto. Cooperare con partner esteri nello strategico settore del supporto consente quindi di condividere e, di conseguenza, abbattere parte di questi costi. Inoltre, una cooperazione, se nella fase di acquisizione del sistema consente la condivisione delle informazioni legate alla sola fase realizzativa, nella fase del supporto in servizio estende tale condivisione all’intero periodo di funzionamento reale del sistema, permettendo di disporre di una base statistica ed esperienziale ben più ampia, con conseguente possibilità di ottimizzare le scorte e gli interventi manutentivi e, quindi, con ricadute significative in termini di contenimento della spesa e miglioramento dell’operatività conseguibile. Volendo fare un raffronto utilizzando un esempio della vita di tutti i giorni, si potrebbe paragonare una cooperazione internazionale estesa al Supporto in Servizio di una nave alla condivisione della «vita matrimoniale», una cooperazione limitata alla sola fase di acquisizione alla condivisione del solo «giorno del matrimonio».

La cooperazione Italia-Francia L’ormai consolidata cooperazione con la Marina francese nel campo navale vede il suo avvio nel 1994, quando l’allora Ministro della Difesa italiano, assieme ai suoi omologhi francese e britannico, firmarono il Memorandum d’Intesa che poneva le basi per un importante esempio di cooperazione nel settore navale, il Progetto Orizzonte. L’accordo aveva per oggetto lo sviluppo, la produzione e il supporto di una nuova generazione di cacciatorpediniere. Seppure il Regno Unito abbia poi rinunciato a proseguire il percorso avviato, l’Italia e la Francia hanno raggiunto l’ambizioso obiettivo di costruire quattro navi su progetto comune con tecnologie europee condivise: Nave Doria e Nave Duilio, consegnate alla Marina Militare Italiana rispettivamente nel 2007 e nel 2009, Nave Chevalier Paul e Nave Forbin, consegnate alla Marine Nationale Française rispettivamente nel 2009 e nel 2010. Per quanto attiene al Supporto in Servizio delle suddette navi, nel settembre 2013 è stato firmato il Technical Agreement che disciplina lo scambio di parti di ricambio tra le nazioni e nel novembre 2015 il Comandante Logistico della Marina e il Direttore della Direction Central du Service de Soutien de la Flotte hanno firmato il Technical Agreement relativo allo scambio reciproco delle informazioni inerenti gli eventi tecnici, con lo scopo di ampliare il campione statistico e agevolare l’adozione di azioni comuni. Per favorire tali attività, sono state aperte rappresentanze militari all’interno delle rispettive organizzazioni logistiche delle due Marine, prevedendo il distacco presso il Comando Logistico della Marina Militare, con sede a Nisida (Napoli), di un Ufficiale francese e presso la Direction su Service de Soutien de la Flotte (DSSF) di Tolone di un Ufficiale italiano. Sempre nell’ambito della cooperazione navale, nel 2003 a Parigi, era stato firmato dai Ministri della Difesa

(*) Capitano di vascello laureatosi in Ingegneria Navale nel 1995 e, dopo circa 10 anni di imbarco su sommergibili e Unità di superficie, si è specializzato Ingegneria Logistica. Dal 2007 al 2011 ha prestato servizio presso lÊOCCAR Central Office di Bonn come ILS Officer, dove ha ottenuto diversi riconoscimenti per le attività innovative portate avanti nel Through Life Management. Attualmente riveste lÊincarico di Capo Ufficio Logistica Integrata presso il Comando Logistico della Marina Militare. (**) Capitano di corvetta laureatosi in Ingegneria delle Telecomunicazioni nel 2005 e, dopo circa 7 anni di imbarco, si è occupato del supporto logistico alle Unità Navali in servizio nella sede di Taranto. Attualmente è in servizio presso il Comando Logistico della Marina Militare Italiana in qualità di Capo Sezione Nuovi Programmi e Cooperazioni internazionali dove si occupa della preparazione del Supporto Logistico Integrato nellÊambito dei programmi di cooperazione internazionale.

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PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE

La strategia marittima

OLANDESE

Un esempio di integrazione nella politica estera di difesa UE Antonello Rocco D’Avenia (*) (*) Tenente di Vascello, appartenente alla Componente Subacquea e Ufficiale in II del SMG Longobardo. Dopo aver frequentato lÊAccademia Navale dal 2003 al 2008 ha svolto lÊincarico di Ufficiale di rotta e Capo Servizio Operazioni sul SMG Gazzana partecipando a numerose attività nazionali e NATO. Nel 2016 ha partecipato presso il quartier generale di Northwood-Londra (UK), alla missione europea di antipirateria Atalanta.

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Forze navali olandesi in addestramento (Fonte: maritiemland.nl).

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el corso della sua storia, il Regno dei Paesi Bassi ha dimostrato di possedere capacità marittime tali da ritagliarsi un ruolo primario nella scena internazionale. La tradizione marittima olandese si fonda su un territorio frastagliato e discontinuo, estremamente caratteristico per i suoi 450 km di costa irregolare che consentono ai grandi delta di tre importanti corsi d’acqua: il Reno, la Mosa e la Schelda, di sfociare su tre articolati specchi di mare: la Waddenzee, il Zuiderzee e il Mare del Nord. Tale conformazione fisica fu il primo fattore che favorì lo sviluppo della storia marittima olandese: il Regno dei Paesi Bassi dimostrò un così sapiente uso delle acque interne e del mare, che storicamente è possibile fare un parallelismo solamente con la Repubblica di Venezia, che condivise con Amsterdam, benché in epoche e regioni diverse, lo sfruttamento della natura acquea del territorio per l’ascesa a potenza marittima. Il secondo fattore chiave per lo sviluppo delle città olandesi fu la loro posizione geografica: centrale e protesa verso l’Atlantico. Esse iniziarono ad avvantaggiarsi dei commerci marittimi dal tardo Medioevo, quando tutte le principali città portuali dell’Europa settentrionale si congiunsero nella Lega Anseatica: un’associazione aperta e senza statuto, basata solo su comuni interessi

commerciali, che generò quella facoltosa classe mercantile che disegnò l’anima del periodo d’oro olandese: il XVII secolo. In questo periodo, lo stato dei Paesi Bassi si dimostrò molto ambizioso: il colonialismo iniziò verso la fine del XVI secolo e si spinse dal Nord America al Sud Africa, dal Brasile all’arcipelago dell’Indonesia. Oggi, il Regno dei Paesi Bassi non ha più colonie, ma la Marina Reale olandese contribuisce alla sicurezza marittima, oltre che del proprio stato continentale, di sei isole caraibiche quali Aruba, Bonaire, Saba, Sint Maarten, Sint Eustatius e Curaçao.

La strategia marittima La strategia marittima olandese attuale riveste un ruolo indispensabile per tutta l’economia del Paese: grazie all’attività dei suoi porti, i Paesi Bassi sono uno dei primi 10 esportatori al mondo e la città di Rotterdam, considerata la «porta» d’Europa, è il porto più grande del vecchio continente. Dal documento governativo «La strategia marittima olandese 2015-2025» che illustra la visione del regno olandese in tema marittimo per l’attuale decennio, si evidenzia come nell’anno di riferimento 2013, il settore marittimo abbia impiegato circa 224.000 persone e realizzato un fatturato totale di 21 miliardi di euro, equi-

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STORIA E CULTURA MILITARE

Il potere marittimo italiano

nell’età crispina Fabio De Ninno (*)

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i primi del XX secolo, l’Italia liberale, unificata da poco meno di quarant’anni si affacciava alla scena internazionale come l’ultima delle grandi potenze. Tale posizione era il riflesso anche della debolezza marittima del paese, in termini industriali e commerciali, in un mondo che, avviandosi al completamento della prima globalizzazione, si caratterizzava come epoca dell’imperialismo e del colonialismo, fenomeni politici che erano la diretta emanazione della capacità di proiezione degli Stati europei su scala mondiale. I limiti del potere marittimo italiano si riflettevano anche sulla Regia Marina che stava allora uscendo da una crisi cominciata negli anni Novanta del secolo precedente. Le difficoltà marittime e navali italiane di quegli anni sono particolarmente interessanti per comprendere gli anni formativi della Marina Militare italiana e le relazioni tra istituzioni navali e la dimensione marittima del paese. Nelle élite politiche italiane, la consapevolezza del legame del paese con il mare si era manifestata precocemente. Sin dal Risorgimento, politici e intellettuali, a cominciare dallo stesso Cavour, si erano espressi a sostegno di una politica marittima espan-

(*) Professore a contratto e assegnista di ricerca presso lÊUniversità di Siena, segretario di redazione di Italia contemporanea, coordinatore del progetto della bibliografia italiana di storia militare 2008-2017, del Centro interuniversitario di studi e ricerche storico militari. Collabora con il Second World War Research Group del KingÊs college di Londra. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Fascisti sul mare: la Marina e gli ammiragli di Mussolini (2017) e I sommergibili del fascismo (2014), oltre a numerosi capitoli e articoli in pubblicazioni scientifiche italiane e straniere.

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Francesco Crispi (Fonte: wikipedia.it).

siva, resa possibile anche dall’apertura del canale di Suez (1869), che aveva riportato la penisola in contatto con il centro delle comunicazioni marittime globali. Alle intenzioni però non seguirono iniziative politiche ed economiche realmente capaci di sfruttare appieno la trasformazione in corso nell’economia globale. Le cause erano molteplici, a cominciare dal ritardo dell’economia marittima italiana. Dai 18.083 bastimenti a vela e 118 a vapore, per rispettive 980.000 e 32.000 tonnellate, registrati nel 1870 si era passati a 7.822 e 158, per 922.000 e 77.000 tonnellate, nel 1880, per poi approdare a 6.442 e 290 per 634.000 187.000 tonnellate. La vela veniva sostituita dal vapore troppo lentamente. A due decenni dall’unificazione, tra il 1881-1882, un’inchiesta parlamentare concluse che la Marina mercantile italiana era incapace di tenere il passo con la modernizzazione tecnologica e commerciale in corso. Un declino testimoniato dalla riduzione del tonnellaggio della flotta mercantile e dalla persistenza di una larga componente a vela, mentre gli armatori continuavano a praticare strategie commerciali poco redditizie, subendo la concorrenza delle marinerie straniere, che conquistarono rapidamente il controllo delle rotte, come quelle dell’Adriatico, in precedenza appannaggio degli Italiani, i quali finirono col perdere anche quote cospicue del mercato interno. Lo stesso valse per l’industria cantieristica, che tentò di preservare posizioni di rendita, senza avviare una vera modernizzazione degli impianti e della produzione. Parte dei problemi erano dovuti al modo in cui il mondo politico ed economico reagirono alla crescente concorrenza straniera, producendo una reazione difensiva in nome dell’interesse nazionale a qualunque costo, piuttosto che la messa in atto di un tentativo di efficientamento del sistema commerciale e industriale marittimo del paese. Infatti, in seguito all’inchiesta, nel 1885 furono introdotte le prime convenzioni per favorire l’acquisto di navi moderne nei cantieri italiani e nel 1887 furono sovvenzionate le linee commerciali nel Mediterraneo e verso l’Estremo Oriente. Ebbe così inizio il protezionismo marittimo, uno dei tratti centrali dello sviluppo ma-

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RUBRICHE

F ocus diplomatico Il lento declino di Angela Merkel Nel gennaio 2017 il settimanale tedesco Der Spiegel coniò un neologismo d’impronta wagneriana: «Merkeldaemmerung», il crepuscolo della Cancelliera. Dopo 12 anni alla guida del governo tedesco, la stella di Angela Merkel cominciava a offuscarsi. Il suo cancellierato aveva raggiunto un apice tra settembre 2013 — quando i democristiani avevano ottenuto il 41% dei consensi alle elezioni federali, sfiorando la maggioranza assoluta dei seggi al Bundestag — e agosto del 2015, quando la Cancelliera aveva deciso — in maniera improvvisa e imprevista, che aveva colto di sorpresa il suo stesso partito — di aprire le porte del Paese a oltre un milione di profughi provenienti dalla Siria e dall’Iraq. Uno strappo che aveva destato molte perplessità tra gli elettori della CDU e soCancelliera tedesca Angela prattutto tra quelli della sua La Merkel (Fonte: wikipedia.it). consorella bavarese, la CSU, da sempre attestata su posizioni più conservatrici. In quell’inverno di un anno elettorale sembrava che il declino della Cancelliera fosse legato all’ascesa del suo principale rivale, il socialdemocratico Martin Schulz, che i sondaggi per qualche settimana davano virtualmente alla pari con la Signora Merkel. Poi i fatti presero una piega diversa, e le prospettive di Schulz si appannarono rapidamente in una rovinosa campagna elettorale. Alle elezioni del 2017 il partito socialdemocratico precipitò al suo minimo storico (il 20% dei voti), e l’alleanza democristiana CDU/CSU si confermò prima formazione politica tedesca: ma con un calo di oltre l’8% dei consensi rispetto al 2013. Inoltre l’opposizione di destra, «Alternative fuer Deutschland» (AfD), otteneva un sorprendente 12,6% dei voti, affermandosi come terzo partito tedesco ed entrando per la prima

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volta nel Bundestag a vele spiegate, con quasi 100 deputati: un successo che molti attribuirono alla scontentezza provocata nell’elettorato democristiano più conservatore dall’ondata dei profughi del 2015. Per Angela Merkel si trattò, in sostanza, di una vittoria di Pirro. Dopo un vano tentativo di creare un governo di coalizione con i liberali della FDP e i Verdi, essa si vide costretta una scialba riedizione della «grande coalizione» con i socialdemocratici: un «matrimonio di convenienza» imposto dalla ragion di Stato (l’esigenza di salvaguardare la stabilità politica del Paese), una soluzione accettata con riluttanza e malcontento dagli elettorati di entrambi i partiti, che rendeva paradossale la stessa definizione tradizionale di «Grosse Koalition», dal momento che le sue componenti avevano insieme raccolto poco più del 50% dei voti. Il nuovo governo entrò in funzione il 14 marzo 2018, dopo una crisi trascinatasi per quasi sei mesi: un’esperienza senza precedenti per la Germania del dopoguerra, ligia al valore prioritario della stabilità politica, che tra l’altro comprometteva la centralità di Merkel nel contesto europeo a vantaggio del dinamismo ostentato dal Presidente francese Macron. Da allora cominciò per Angela Merkel un lungo calvario. La prima crisi scoppiò nel giugno scorso tra le due componenti democristiane del governo, la CDU e la CSU guidata dal ministro dell’Interno Horst Seehofer. In vista delle elezioni regionali bavaresi di ottobre, questi puntava spregiudicatamente sul tema controverso delle migrazioni, avanzando una proposta di respingimento in frontiera dei migranti registrati in altri Paesi europei o che in essi avessero avanzato una richiesta formale di asilo politico: proposta cui Merkel si oppose, mostrando preferenza per una «soluzione europea» del problema. Dopo diverse settimane di incertezza, con serio pericolo di una crisi di Governo, Seehofer ritirava dimissioni rassegnate con troppa avventatezza, accettando un modesto compromesso. Seguì, nel settembre di quest’anno, il caso di Hans-

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RUBRICHE

Osservatorio internazionale

Siria: il ritorno

Il mondo arabo ha una particolare inclinazione nell’arte del disconoscimento. L’osservazione è specialmente pertinente nel caso della crisi siriana. Dopo aver cercato di rovesciare il governo Assad in tutti modi e sostenuto militarmente e finanziariamente l’opposizione armata e strizzato l’occhio a terroristi feroci e di ogni tipo, gli Stati arabi (con alcune poche eccezioni a cominciare dall’Algeria) hanno deciso di rivedere la loro strategia e reintegrare la Siria nella Lega Araba. Damasco era stata esclusa nel novembre del 2011 dall’organizzazione regionale, su iniziativa del Qatar al tempo in prima linea con gli Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita (ora diventati suoi nemici mortali), nel programmato «regime change» di Bashar al Assad. Il Parlamento Arabo, una delle organizzazioni ancillari del sistema della Lega Araba, ha appena invitato il Consiglio a riconsiderare la sua decisione di sospendere la partecipazione delle delegazioni siriane alle riunioni dell’organizzazione regionale. In una dichiarazione rilasciata al termine della sua sessione plenaria della prima settimana di dicembre al Cairo, il Parlamento Arabo (istituito nel 2001, attivato nel

2004 e dal 2012 provvisoriamente acquartierato presso il Parlamento iracheno a Baghdad, dopo essersi spostato in quell’anno dalla sua sede istituzionale originaria proprio a Damasco a causa della insurrezione islamista), ha chiesto al Consiglio della Lega Araba e alle sue commissioni competenti «di adottare le misure necessarie nel più breve tempo possibile per consentire al governo siriano di riconquistare il suo posto all’interno dell’organizzazione regionale». In questa occasione, il Parlamento Arabo ha espresso il suo sostegno al popolo siriano, chiedendo una maggiore vigilanza contro i piani internazionali e regionali che cercano di dividere il paese. La politica come si sa è l’arte della realtà (e del possibile) e il Qatar, che aveva promosso l’espulsione della Siria dalla Lega Araba per i rivolgimenti (per meglio dire le convulsioni) che sconvolgono quel mondo, si è trovato poi a far parte di un blocco di Stati che, con Iran, Turchia e Russia, hanno sostenuto la Siria e ne hanno di fatto evitato la caduta nelle mani di un regime islamico oscurantista. I regimi, che prima avevano tramato contro Assad, si sono piegati alla sonora sconfitta corroborata dalla notizia che oramai Damasco arriva a permettersi una amnistia per i renitenti al servizio militare, che il presidente iracheno Barham Salih effettuerà una visita ufficiale a Damasco entro la fine di dicembre per la prima volta dall’inizio della guerra civile nel 2011, e che il Presidente del Sudan, El-Bashir, visiterà Damasco nel mese di gennaio.

Arabia Saudita: padri e figli

Il presidente sudanese Omar al-Bashir e il siriano Bashar al-Assad a Damasco (Fonte: tpi.it).

Per il principe ereditario saudita Mohammed Ben Salman (MBS) ci sarà oramai un prima e un dopo il caso Khashoggi. Furioso per come è stato gestito il caso dell’assassinio del giornalista del Washington Post,

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Marine militari ARGENTINA Nuovi pattugliatori finanziati dalla Francia Nel corso della riunione del G20 svoltasi a Buenos Aires il 30 novembre-1o dicembre, il Ministro delle Finanze argentino Nicolás Dujovne e il suo omologo francese Bruno Le Maire hanno firmato un contratto di 319 milioni di euro per il finanziamento, a cura di Parigi, necessario alla realizzazione di pattugliatori d’altura. La prima unità trasferita alla Marina argentina sarà L’Adroit, il pattugliatore costruito con fondi della società Naval Group per fini promozionali e armato da un equipaggio della Marine Nationale: l’unità sarà consegnata nel 2019, dopo una revisione generale e un suo adattamento a specifiche esigenze della Marina argentina. Le altre tre unità saranno costruite da Naval Group in base al progetto «Gowind OPV-90».

AUSTRALIA Varo del primo rifornitore di squadra e avvio delle lavorazioni per il secondo Nel corso di una cerimonia svoltasi il 23 novembre a El Ferrol, la società cantieristica spagnola Navantia ha varato il primo rifornitore di squadra per conto della Marina australiana e ha dato il via alle attività lavorative per la realizzazione di un secondo esemplare. Le due unità sono state battezzate Supply e Stalwart: la loro costruzione rientra in un contratto del valore di 465 milioni di dollari, siglato nel 2016 sotto l’egida del programma australiano «SEA 1654 Phase 3 Maritime Operational Support Capability».

2000 per sostituire la Minas Gerais, risalente al periodo bellico. Prima di deciderne il ritiro dalla linea, la Marina brasiliana aveva valutato i benefici di un ammodernamento della São Paulo che avrebbe comportato interventi alquanto estesi nei sistemi di piattaforma (soprattutto propulsione e generazione dell’energia elettrica), per le catapulte a vapore e per i sensori e sistemi elettronici: i costi elevati e le incertezze tecniche degli interventi hanno indotto la Marina brasiliana a rinunciare all’ammodernamento, tenendo anche conto che durante i 18 anni di servizio in Brasile, la portaerei São Paulo ha navigato solamente per 206 giorni.

... e il varo del sottomarino Riauchuelo Il sottomarino Riachuelo, appartenente a una classe denominate «Scorpene-BR» in virtù delle sue origini francesi, è stato varato il 14 dicembre dalla società Itaguaí Construções Navais, situata a Itaguaí; dopo la discesa in acqua, il battello trascorrerà altri due anni in cantiere per l’allestimento e le prove in mare, con consegna alla Marina brasiliana prevista per il 2020. Primo esempio di collaborazione tecnica fra l’industria brasiliana e quella francese, nella fattispecie la società Naval Group, il Riachuelo ha un dislocamento in superficie di 1.870 tonnellate e una lunghezza di 71,6 metri; i suoi compiti riguardano la lotta antisommergibili e antinave, le operazioni speciali e la raccolta d’informazioni.

BRASILE La portaerei São Paulo ritirata dal servizio … Come già annunciato a febbraio dello scorso anno, il 22 novembre la Marina brasiliana ha ritirato dal servizio la portaerei São Paulo (A12); costruita negli Chantier de l’Atlantique per la Marina francese con il nome di Foch, l’unità era entrata originariamente in servizio nel 1963 e ceduta alla Marina brasiliana nel

Primo di una classe di nuove unità di progetto francese, il sottomarino brasiliano RIAUCHUELO è stato varato il 14 settembre (Fonte: Naval Group).

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Marine mercantili

Nuova diga foranea del porto di Genova: via libera alla progettazione con l’apporto del dibattito pubblico

A circa quattro mesi dall’entrata in vigore del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 10 maggio 2018, n. 76 «Regolamento recante modalità di svolgimento, tipologie e soglie dimensionali delle opere sottoposte a dibattito pubblico», è stato pubblicato il bando di gara per la progettazione della nuova diga foranea del porto di Genova — ambito Bacino di Sampierdarena — indetto dall’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa Spa (Invitalia) quale Centrale di Committenza per l’Autorità di Sistema Portuale del Mar Ligure Occidentale (valore dell’appalto € 13.654.784,96 inclusa l’ esecuzione delle indagini geologiche, geotecniche, archeologiche, di modellazione marina, fisica e di simulazioni di manovra propedeutiche all’attività di progettazione) (1). La nuova configurazione della diga vedrà un avanzamento a mare della struttura esistente di circa 500 metri, per uno sviluppo di poco meno di 5 km, su fondali medi di 40 metri dimodoché la Città della Lanterna potrà contare su un’infrastruttura che consentirà l’accesso al porto a navi di dimensione maggiore, fino a ospitare portacontainer con una capacità fino a 22.000 TEU. Il tutto — precisa il disciplinare di gara — in conformità ai Criteri Ambientali Minimi (CAM) (2) approvati dal Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare (MATTM) (3), nell’ambito del Piano Riquadro 1

Studio del moto ondoso «ad agitazione interna portuale» Le simulazioni di agitazione ondosa all’interno degli specchi portuali dovranno fare riferimento ai risultati conseguiti con il modello di propagazione del moto ondoso «da largo verso riva, estraendo i dati in corrispondenza delle imboccature». Tale modello dovrà essere in grado di: (i) riprodurre l’effetto combinato dei fenomeni che entrano in atto nella propagazione del moto ondoso all’interno di aree portuali (shoaling, rifrazione, diffrazione, attrito del fondo, frangimento, riflessione parziale e trasmissione di spettri d’onda) nonché i coefficienti di riflessione delle strutture e l’eventuale assorbimento dell’energia dell’onda, ad esempio in corrispondenza di una spiaggia; (ii) fornire come output i parametri dell’agitazione ondosa (altezza d’onda significativa, coefficiente di disturbo, eventuali effetti di risonanza all’interno dei bacini portuali).

Rivista Marittima Dicembre 2018

Riquadro 2

Studio di ingresso e uscita delle navi dalla nuova imboccatura Per lo sviluppo dello studio dovranno essere valutate le aree di manovra delle navi in esame, simulandone l’arrivo e la partenza dalla banchina assegnata in varie condizioni meteo marine. In particolare, il modello matematico utilizzato dovrà essere tale da sviluppare nella maniera più completa lo studio di manovrabilità attraverso simulazioni delle manovre di ingresso, accosto e uscita dall’area portuale che tengano anche conto della presenza di eventuali ingombri presenti nell’aera di manovra.

d’Azione Nazionale per il Green Public Procurement – PAN GPP (Decreto interministeriale 11 aprile 2008, aggiornato con DM 10 aprile 2013). Aspetti tecnico-operativi La redazione del progetto di fattibilità tecnica ed economica della nuova diga sarà articolato in due fasi intervallate, l’una dall’altra, dal dibattito pubblico di cui all’art. 7 del DPCM n. 76 del 2018. Nella prima fase, il progettista dovrà individuare e analizzare almeno tre possibili soluzioni progettuali alternative corredate da studi e indagini conoscitive (geofisiche (4), studio del moto ondoso «ad agitazione interna portuale» (Riquadro 1) studio di ingresso e uscita delle navi dalla nuova imboccatura (Riquadro 2) e predisposizione di indagini geotecniche), elaborando, in particolare, il documento di fattibilità delle alternative progettuali (DFPA) e il dossier di progetto per il dibattito pubblico. Dossier che dovrà essere scritto in «linguaggio chiaro e comprensibile» e in cui sarà motivata l’opportunità dell’intervento e descritta ogni singola soluzione progettuale proposta, comprensiva delle valutazioni degli impatti sociali, ambientali ed economici, in coerenza con le linee guida di cui all’articolo 8 del decreto legislativo del 29 dicembre 2011, n. 228, recante «Attuazione dell’articolo 30, comma 9, lettere a), b), c) e d) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, in materia di valutazione degli investimenti relativi a opere pubbliche». Nella seconda fase di elaborazione, il progettista svilupperà, nel rispetto dei contenuti del documento preliminare di progettazione (5),

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C he cosa scrivono gli altri «L’Indo-Pacifique à la croisée des puissances» REVUE DÉFENSE NATIONALE, JUILLET-AOðT-SEPTEMBRE 2018

Il ricchissimo palinsesto del prestigioso trimestrale in discorso, dedicato ai problemi strategici del sistema indo-pacifico, si apre con la presentazione dell’ex-diplomatico e primo ministro francese (dal maggio 2005 al maggio 2007) Dominique de Villepin e prosegue con ben ventidue articoli che, in maniera organica, fanno il punto critico sui diversi profili della tematica in questione. L’assunto di fondo è che «la trajectoire de collision des puissance chinoise et américaine est sans nul doute possible la grande affaire du XXIesiècle et l’espace Indo – Pacifique constitue la principale zone de contact des deux puissances». Di qui l’attenta analisi delle petizioni geomarittime di Pechino («les revendications grandissantes en mer avec ses activités continues de consolidation territoriale», su cui ormai c’è una letteratura infinita) e della strategia cinese «d’interdiction et de déni d’aire anti – accès (A2-AD)» (Julliet Genevaz), cui fa da pendant, nell’articolo di Tomonori Yoshizaki, la disamina della strategia statunitense. Laddove però alla Third Offset Strategy (TOS) invalsa all’epoca di Obama (http:// www.iris-france.org/wp-content/ uploads/2016/12/ARES-Group-Policy-Paper-USThird-Offset-Strategy-December2016.pdf) si va sostituendo in fieri una nuova visione in esito alla National Security Strategy e alla Nuclear Posture Review (NSS e NPS, entrambe varate nel 2018) ormai in piena éra Trump (pur con tutti i punti di domanda che gli analisti si sono già posti al riguardo, https://foreignpolicy.com/2017/12/18/ the-penta-

gons-third-offset-may-be-dead-but-no-one-knowswhat-comes-next/). In buona sostanza, fa rilevare il nostro Autore, se la visione obamiana puntava essenzialmente sulla «coopération sécuritaire maritime», cooptando paesi alleati e amici, quella di Trump, «plus inglobante», ci offre un’interpretazione più generale del sistema indo-pacifico «où une compétition geopolitique oppose des vision libres et de vision répressives de l’ordre mondial». Ma l’importanza del fascicolo in questione consiste nel non limitarsi — come di solito avviene in casi consimili — alla sola dialettica sino-americana e alla sua evoluzione, ma di allargare lo sguardo critico anche agli altri attori geopolitici regionali. Dai singoli casi-paese (tipo Vietnam, Indonesia e gli Stati insulari del Pacifico, sempre più «au cœur des rivalités stratégique», tema quest’ultimo precorso dalla Rivista Marittima col mio articolo Small Islands, Big Games, fascicolo 11/2017), alla novella strategia giapponese nella cosiddetta «zone grise», cioè quella soggetta alle provocazioni e incursioni cinesi in funzione delle rivendicazioni territoriali nel Mar cinese orientale, al ruolo emergente dell’Australia come potenza regionale secondo il programma portato avanti da ultimo nel Livre blanc sur la politique étrangére del 2017 e, soprattutto, all’India, la cui Marina Militare si propone come «net security provider» in funzione del contenimento della penetrazione cinese, specie dopo la recente installazione della base navale di Gibuti e la sempre più frequente presenza di sottomarini cinesi nel Golfo del Bengala e nel Mare Arabico. Sino infine ai grandi temi di fondo come il riarmo navale dei paesi rivieraschi e, per quanto attiene la strategia dei mezzi, l’accelerazione dei programmi di costruzione/acquisizione di sottomarini (in particolare Australia, Giappone, Vietnam, Singapore, Malesia e, all’attualità, anche Thailandia e Indonesia), tenendo sempre conto di come l’Indo-Pacifico si presenti pur sempre come «l’espace principal de la pro-

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Recensioni dicembre_Layout 1 29/01/2019 09:27 Pagina 122

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Recensioni e segnalazioni Giovanni Scarabelli

Lettere di FraÊ Giovanni Battista Tommasi dalla Sicilia ai Fratelli in Toscana (1800-1805) Edizioni La Villa Viareggio 2018 Pagg. 164 Euro 15

Le «complesse» recenti vicende che hanno riguardato il Sovrano Militare Ordine di Malta, tra cui le dimissioni del Gran Maestro, fra’ Matthew Festing, sembra si siano felicemente concluse con l’elezione di fra’ Giacomo della Torre a ottantesimo Gran Maestro. L’Ordine, nella sua plurisecolare storia, ha tuttavia certamente superato ben più gravi crisi e, fra tutte, certamente assume massimo rilievo il mancato ritorno a Malta dopo la perdita dell’isola e l’esilio dei Cavalieri a seguito dell’arrivo di Napoleone nel 1798. Ai maggiori studi su questo periodo di Michel de Pierredon (Histoire politique de l’Ordre Souverain de Saint Jean de Jérusalem (Ordre de Malte) de 1789 a 1955, Parigi 1956) e di Henry Sire (The Knights of Malta. A Modern Resurrection, Londra 2016) si aggiunge oggi il piccolo ma significativo contributo di Scarabelli con la pubblicazione delle lettere inviate da Giovanni Battista Tommasi, Gran Maestro dell’Ordine di Malta (Cortona, 1731-Catania, 1805), ad alcuni suoi fratelli in Toscana. Ma chi era Tommasi? Direi, prima di tutto, un religioso e poi un marinaio, ricoprì, infatti, tutti i gradi nella Marina dell’Ordine da semplice Caravanista nel 1749 a Comandante dei vascelli nel 1783. Inoltre, la maggior parte delle lettere, 97 su 139, sono scritte a un altro «marinaio», il fratello Rutilio, in forza per l’Ordine di Santo Stefano. Il curatore dell’opera aiuta il lettore con una breve

introduzione storica, indispensabile per comprendere le epistole scritte tra il giugno 1800 e il maggio 1805. Molto sommariamente. A seguito della perdita di Malta, un gruppo di cavalieri offre la carica di Gran Maestro allo zar Paolo I (un ortodosso, sposato, a capo di un Ordine cattolico!). Successivamente, nel 1799, il Gran Maestro von Hoempesch si dimette. Nel 1801, muore Paolo I. Nel 1802, si organizza una nuova elezione in Russia e si inviano quattro nomi (primo della lista è Tommasi) al Papa. Pio VII nomina Gran Maestro fra’ Bartolomeo Ruspoli (non presente nella «lista russa») ma questi rifiuta. Sempre nel 1802, viene firmato il Trattato di Amiens che prevede la restituzione di Malta ai Cavalieri. Nel febbraio 1803, il Papa nomina Gran Maestro, con procedura straordinaria, Tommasi, che a giugno fa ratificare la sua nomina da un’Assemblea di pochi membri dell’Ordine, racimolati a Messina. Nel 1803, Tommasi si trasferisce da Messina a Catania. Nel giugno 1805, solo un mese dopo l’ultima lettera qui pubblicata, Tommasi muore. Il carteggio ora pubblicato svela il pensiero e la grande sensibilità del personaggio storico che si trova ad affrontare un momento così delicato per il futuro dell’Ordine. Tommasi esprime nelle sue lettere la costante preoccupazione per le sorti dell’Ordine: «a me preme salvare l’Ordine e levarla dall’abbisso nella quale l’anno (sic) posta i miei predecessori» (4 maggio 1804) e le enormi difficoltà in cui deve barcamenarsi, «molto devo al mio buon temperamento, al mio sangue freddo ed alla mia maniera di pensare e prendere tutte le cose, tanti altri in luogho mio batterebbero il capo su di un muro e ci creperebbero di rabbia» (8 marzo 1804). Ed è proprio il suo stile diretto, familiare, a rendere le lettere di piacevole lettura. Alcuni esempi. Spietato è il giudizio verso il suo predecessore Hompesch, «… in poche parole egli fa pietà; sempre si consultò e visse con dell’anime vili, non deve maravigliarsi presentemente si ritrova solo isolato in mezzo ad

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MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868

nel prossimo numero focus sulla NATO e l’Europa

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