MARITTIMA
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MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/03 (CONV. IN L. ART. 1 COMMA 1 N°46 DEL 27/02/04) - PERIODICO MENSILE 6,00 €
* RIVISTA MARITTIMA *
DICEMBRE 2019 - Anno CLII
RIVISTA
DICEMBRE 2019
La long and winding road verso la Brexit Massimo de Leonardis
Maritibility: una nuova strategia per il dominio marittimo Andrea Margelletti
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RIVISTA
MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
EDITORE
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COPERTINA: Unità della Marina Militare in formazione, in un’immagine elaborata dalla Redazione della Rivista Marittima.
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DICEMBRE 2019 - anno CLII HANNO COLLABORATO: Professor Massimo de Leonardis Professor Andrea Margelletti Professor Alessandro Mazzetti Capitano di fregata Daniele Panebianco Dottoressa Beatrice Benocci Dottor Costantino Moretti Dottor Rodolfo Bastianelli Ammiraglio Ispettore (aus) Claudio Boccalatte Dottor Michele Maria Gaetani Dottor Enrico Cernuschi Ambasciatore Roberto Nigido, Circolo di Studi Diplomatici Dottor Enrico Magnani Dottor Luca Peruzzi Contrammiraglio (ris) Ezio Ferrante
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MESSAGGIO DEL CAPO DI STATO MAGGIORE DELLA MARINA
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a fine dell’anno è, come da tradizione, un momento di consuntivi e l’occasione per formulare qualche riflessione in merito a quanto è avvenuto nel corso di un lungo e intenso anno d’attività. Uno sguardo, a giro d’orizzonte, necessario per osservare il quadro generale delle operazioni e lo stato dei progetti, passati, conclusi o ancora in corso e, soprattutto, sul futuro. Sono lieto di farlo dalla plancia della Rivista Marittima, sede sin dal 1868 del miglior pensiero marittimo nazionale (e non solo), grazie al contributo di preziosi e illustri collaboratori, al supporto e alla vicinanza di tanti, affezionati lettori. L’attuale quadro geostrategico si conferma ancora una volta incerto e in continua evoluzione. Esistono numerosi fattori di rischio per la sicurezza (del Paese, comunitaria o internazionale) legati ai mutamenti dei fenomeni politici, economici, finanziari, energetici, ambientali e tecnologici. Oltre a ciò, nuove minacce, ma anche altrettante sfide, appaiono concretizzarsi sempre più all’orizzonte, si pensi, per esempio, ai cosiddetti nuovi domini operativi trasversali del Cyber-Space e dello Spazio. In tale contesto il mare e gli oceani continuano — e continueranno — a rivestire un ruolo fondamentale per lo sviluppo e il progresso del genere umano anche nel futuro. In particolare, il libero accesso alle acque internazionali costituisce sia un ambito privilegiato per i flussi economico-commerciali, con le conseguenti opportunità di prosperità, sia un dato di frizione fra gli Stati nell’affermazione dei propri interessi nazionali. Ciò non deve stupire, poiché da sempre il mare, con tutte le attività a esso correlate, ha rappresentato un «dominio» fondamentale attraverso e per mezzo del quale si sono affermati sempre più lo sviluppo e il progresso sociale, culturale nonché economico dei popoli e delle nazioni. Per tali ragioni il secolo attuale è etichettato, da diversi studiosi, come il Blue Century, ovvero il secolo dove economia, energia, alimentazione, sicurezza — nodi vitali della globalizzazione — posseggono tutti una precisa connotazione «blu». Dunque, non è un caso che i vertici e rappresentanti di ben cinquantasei Marine, assieme ai rappresentanti dell’intero ambiente marittimo, si siano riuniti in occasione del recente XII Regional Seapower Symposium (il forum internazionale che la Marina Militare ha organizzato, con lungimiranza, sin dal 1996 nella sede storica dell’Arsenale di Venezia). In tale simposio, tutti sono stati concordi sul fatto che il mare sia un «Global Common» dell’umanità; da tale visione discende ulteriormente la necessità di difesa e di salvaguardia di alcuni principi fondamentali quali: la liberta di navigazione nell’alto mare, il libero accesso alle risorse, lo sfruttamento sostenibile di quanto in esso contenuto e infine la sua protezione in quanto ecosistema vitale per il nostro pianeta. Sono tutte sfide queste che non possono essere più rimandate
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a un futuro indeterminato, bensì tali esigenze sono in atto e da tempo. Si tratta di impegni che potranno e dovranno essere affrontati con modalità coordinate e sinergiche sia a livello internazionale, tra le Marine di tutti i Paesi, sia a livello nazionale. In Italia, la Marina Militare, insieme al Corpo delle Capitanerie di Porto/Guardia Costiera, è dunque anch’essa chiamata a sviluppare una maggiore disposizione all’adattamento, all’inclusione, alla cooperazione, pur mantenendo le prerogative essenziali della propria identità, allo scopo di continuare a svolgere i propri compiti istituzionali nell’attuale scenario geostrategico; dalla difesa dello Stato e delle sue acque dalle minacce tradizionali, all’attenzione verso le nuove sfide, fino alla salvaguardia degli interessi vitali nazionali. Nel 2019 quest’impegno si è concretizzato fattivamente nel lavoro quotidiano, spesso arduo, protratto e quanto mai impegnativo, degli uomini e delle donne della Marina Militare unitamente all’opera del personale civile. Energie, fatiche, sforzi e fiducia sono ogni giorno profusi in mare a bordo delle unità di superficie, degli aerei, sui sommergibili e sul territorio mediante i mezzi, i materiali e le infrastrutture logistiche e d’arsenale che rappresentano «tutto quello che non si vede», ma senza i quali la componente operativa non potrebbe operare. È possibile sintetizzare l’attività del 2019 in mare, sempre diversa e imprevedibile, in tre tipologie d’interesse strategico per la nazione tutta: attività di presenza, sorveglianza e deterrenza; attività di capacity building; attività legate alla superiorità conoscitiva del quadro di situazione marittima o, come si dice talvolta, Maritime Situation Awareness. La funzione fondamentale di Difesa Nazionale e Sicurezza marittima, attraverso la presenza e la sorveglianza dei mari e la capacità di operare sul mare e dal mare e il supporto al sistema Paese, grazie alle campagne di promozione e sostegno dei prodotti nazionali, agli accordi e all’impiego concorsuale e duale degli uomini e mezzi della Marina. Non di minor rilievo l’attività svolta nella Cooperazione Internazionale, storica capacità connessa con lo strumento navale, meglio nota come «diplomazia navale». Infine, lo sviluppo capacitivo, sia operativo, per rinnovare e ammodernare la Flotta, sia tecnico-scientifico di impulso all’innovazione, alla tecnologia, integrando Difesa, Industria, Università, centri di ricerca e poli tecnologici. L’intersezione di questi domini funzionali costituisce il contributo della Marina alla cosiddetta «resilienza nazionale». Soltanto la Marina può compiere tali missioni, dal mare e sul mare. In particolare, nel così detto «alto mare» solamente le unità della Marina Militare possono assicurare, come da compito istituzionale, la tutela dei nostri interessi, la sicurezza del traffico marittimo in particolare e in generale. Ciò avviene, talvolta ma non esclusivamente, in cooperazione con alleati e partner. Questa complessa e diversificata attività è possibile grazie alle capacità delle unità della Marina Militare, in grado di permanere lontano dalle basi d’origine anche per periodi molto prolungati, assicurando una presenza consistente e persistente. In buona sostanza si tratta di un impegno per un mare più sicuro per tutti, allontanando gli effetti disastrosi dell’instabilità internazionale. Che si tratti di conflitti regionali, di terrorismo, di pirateria, dello sfruttamento irresponsabile delle risorse marine, dell’inquinamento, del traffico di esseri umani, dell’immigrazione incontrollata, del traffico di materiali illeciti, il problema non cambia al pari dell’obiettivo: il benessere della nostra comunità. Nel corso di quest’anno le innumerevoli attività hanno avuto risultati oltremodo positivi e benefici. I nomi — inevitabilmente internazionali poiché il mare unisce e non divide — delle operazioni nazionali e internazionali effettuate, o ancora in corso, sono: UNIFIL (Libano), Combined Maritime Forces (Oceano Indiano, Golfo Persico), Multinational Force & Observers (Stretto di Tiran), Forza anfibia italo-spagnola SIAF-SILF, Operation NATO Sea Guardian (Mediterraneo), Standing NATO Maritime Group
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2 e Standing NATO Mine Countermeasures Group 2 (Mediterraneo e Mar Nero), Eunavfor-Somalia Operation Atalanta (Oceano Indiano, Golfo di Aden), Eunavford-Med Operation Sophia (Mediterraneo), Operazione Mare Sicuro (Mediterraneo Centrale), Vigilanza Pesca, Constant Vigilance (Mediterraneo centrale), Campagna navale in Medio Oriente e Mar Arabico, Campagna navale High North 2019 (Artico). A queste vanno aggiunte le continue esercitazioni nazionali e internazionali, quali: Mare Aperto, Joint Stars, Formidable Shield, Oasis, Dynamic Manta e tante altre. Tutto ciò è avvenuto grazie alle capacità della Marina Militare di esercitare il comando, il controllo e il coordinamento delle forze coinvolte per mezzo della Sala Operativa del Comando in Capo della Squadra Navale (CINCNAV), nota come COMM (Centrale Operativa Marina Militare), e costantemente connessa con altri Centri di Controllo tra i quali, a livello nazionale, le Sale Operative del Comando di Vertice Interforze e la «Sala Italia» della Protezione Civile; a livello internazionale per contro, CINCNAV opera con i maggiori Comandi Operativi occidentali. Parimenti, la Marina ha prestato grande attenzione anche verso agli aspetti sociali. Mi piace ricordare, a titolo d’esempio e tra le molte, le attività veliche svolte a favore di persone affette da disabilità o che vivono condizioni di disagio psichico ed emotivo, senza tralasciare il concreto impegno con le ONLUS per interventi clinici a favore di bambini e adolescenti affetti da gravi malformazioni. Un impegno a 360 gradi svolto nella profonda consapevolezza che non si tratta solo di una precisa responsabilità etica ma anche di una straordinaria fonte di arricchimento reciproco. Reciprocità che si manifesta anche nella collaborazione instaurata con il mondo accademico e della ricerca, che si concretizza in attività di sperimentazione tecnologica in campi di interesse navale presso alcune strutture specialistiche universitarie. Il 2019 ha visto anche nuovi importanti avvenimenti relativi al nostro dispositivo aeronavale: il varo della Fregata Europea multi Missione (FREMM) Spartaco Schergat; l’entrata in Squadra Navale della FREMM Antonio Marceglia; il varo a Castellamare di Stabia della nuova Unità Anfibia Multiruolo Trieste (la maggiore nave della Marina italiana dal 1942); il varo del Thaon di Revel, capoclasse della nuova classe di unità denominate Pattugliatori Polivalenti d’Altura e la consegna di nave Angelo Cabrini, Unità Navale Polifunzionale ad Alta Velocità. Queste sono tutte nuove navi che rappresentano il frutto del pregiato e qualificato lavoro del nostro comparto industriale e della migliore espressione tecnologica del Paese, necessarie alla Marina per assicurare un contributo sostanziale alla difesa e sicurezza collettiva. Ma ancora più necessaria è la linfa che mantiene e sostiene tutte le Unità in vita, ovvero gli uomini e le donne della Marina oggi sottoposti a grande pressione lavorativa e psicologica, dovuta al numero veramente esiguo di personale a disposizione nell’ambito della Forza Armata (soprattutto se questo venga messo a confronto, secondo le debite proporzioni, al numero di personale delle altre Forze Armate e rispetto le percentuali riscontrate a livello NATO o dell’Unione Europea). Concludo queste mie brevi riflessioni asserendo che lo sviluppo e la crescita dell’Italia passano e dipendono dal mare, al pari della vita del pianeta. Se si riflette sul processo evolutivo storico si converrà che ciò è stato così in passato così come lo è oggi e lo sarà ancor di più nel futuro. Tutto ciò costituisce la nostra missione; è la nostra vocazione: assicurare la prosperità e la sicurezza del Paese, sul mare e dal mare, ora e per le nuove generazioni. Di cuore, infine, sono particolarmente lieto di quest’opportunità per formulare a tutti i lettori, vecchi e nuovi, della Rivista Marittima i migliori auguri di serene festività natalizie e di un prospero nuovo anno. Ammiraglio di Squadra Giuseppe CAVO DRAGONE
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La long and winding road verso la Brexit Massimo de Leonardis (*)
(*) Professore Ordinario (a. r.) di Storia delle relazioni e delle istituzioni internazionali e Docente di Storia dei trattati e politica internazionale nell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, dove dal 2005 al 2017 è stato Direttore del Dipartimento di Scienze Politiche. Presidente della International Commission of Military History, 2015-2020. Consigliere Scientifico della Marina Militare per l’area umanistica e Membro Decano del Comitato Consultivo dell’Ufficio Storico della Forza Armata. Dal 1999 coordinatore delle discipline storiche al Master in Diplomacy dell’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale. Membro della European Academy of Sciences and Arts e insignito della medaglia «Marin Drinov» della Accademia delle Scienze Bulgara.
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(Fonte: skytg.24.it).
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Dalla Brexit alla Brexmas Il risultato delle elezioni politiche del 12 dicembre 2019, con la netta vittoria del partito conservatore, lascia intravedere la fine della lunga vicenda della Brexit, l’uscita del Regno Unito dalla Unione Europea (UE), una «long and winding road», come il titolo della famosa canzone dei Beatles. La Brexit diventa Brexmas (uscita a Natale), poiché il punto fermo alla vicenda non avverrà il 25 dicembre, ma certo entro tale data i giochi sono ormai fatti. Il Primo Ministro conservatore Boris Johnson ha una sicura maggioranza per fare approvare entro la scadenza del 31 gennaio 2020 l’accordo per l’uscita del Regno Unito dalla UE. Ripercorriamo la storia di tale vicenda iniziata tre anni e mezzo fa, facendo qualche considerazione sul futuro.
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MARITIBILITY Una nuova strategia per il dominio marittimo
Andrea Margelletti (*) (*) Presidente del Ce.S.I. - Centro Studi Internazionali. Docente presso la Facoltà di Scienze delle Investigazioni e della Sicurezza dell’Università di Perugia e Narni, la Scuola di Formazione della Presidenza del Consiglio, la Scuola Ufficiali e Sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri, la Scuola Superiore della Polizia di Stato, l’Istituto Alti Studi per la Difesa dello Stato Maggiore della Difesa, il Centro Studi Post-Conflict Operations dell’Esercito Italiano, la Scuola di Polizia Tributaria ed il Centro Addestramento di Specializzazione della Guardia di Finanza, il Centro Interforze Intelligence dello Stato Maggiore Difesa. Membro del Gruppo di Riflessione Strategica del Ministero degli Affari Esteri e dell’Osservatorio per la Sicurezza Nazionale - OSN del Centro Alti Studi Difesa - CASD. Commentatore RAI, Mediaset, CNN, Al Jazeera, SKY, MSNBC, TV2000 e Radio Rai per quanto attiene a problemi internazionali. Editorialista del Messaggero, Il Mattino e del gruppo QN Quotidiano Nazionale ed è, inoltre, nell’Editorial Advisory Board del Journal of Current Affairs, rivista dell’Islamabad Policy Research Insitute (IPRI). Autore del libro Un mondo in bilico edito da Eurilink. Accademico ad Honorem dell’Accademia Angelica Costantiniana, Commendatore pro merito Melitensi dello SMOM – Sovrano Militare Ordine di Malta e Cavaliere dell’OMRI – Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Primo e unico membro onorario delle Forze Speciali Italiane.
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Questi dati suggeriscono, evidentemente, quanto la Comunità Internazionale dipenda fortemente dall’uso libero, ma regolamentato, dei mari e degli oceani e delle loro risorse. In effetti, nell’odierno mondo globalizzato, il dominio marittimo ha un ruolo centrale e sta diventando sempre più un elemento di connettività e crescita economica. Poiché i mari e gli oceani hanno acquisito una rinnovata importanza, è impellente delineare un rinnovato approccio strategico che affronti tutti gli aspetti relativi al settore marittimo. Partendo da ciò, vorrei introdurre un nuovo concetto, il Maritibility. Maritibility include al suo interno quattro parole chiave che possono essere considerate i pilastri di una nuova strategia olistica per il dominio marittimo: Governability, Responsibility, Compatibility, Sustainability.
Governability
Nave CAVOUR, un progetto interamente italiano, rappresenta l’investimento tecnologico più importante del sistema industria difesa nazionale. La Nave risponde all’interesse di disporre di uno strumento navale con elevate capacità di Comando e Controllo, da impiegare quale strumento operativo per la gestione di qualsiasi tipo di operazione necessaria per la sicurezza globale e la tutela degli interessi nazionali nel mondo.
P
erché il mare è importante? Richiamare alcuni dati sicuramente aiuta a ricordare la centralità del mare nella quotidianità della Comunità Internazionale: — l’economia mondiale generata dagli oceani è valutata intorno a 1,5 trilioni di dollari all’anno; — circa il 90% delle merci nel mondo viaggia via mare; — 350 milioni di posti di lavoro a livello mondiale sono legati alla pesca; — si stima che entro il 2025 il 34% della produzione di petrolio greggio proverrà da giacimenti offshore.
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Poiché il dominio marittimo è un’incredibile fonte di benessere e crescita economica, è fondamentale garantirne un uso corretto e sicuro. A tal fine, è opportuno delineare tre livelli di governance per il mare: locale, regionale e internazionale. A livello locale, ogni Stato dovrebbe definire politiche adeguate per le acque su cui si estende la propria sovranità. Tale regolamentazione dovrebbe essere modellata seguendo non solo gli interessi economici, politici e di sicurezza dello Stato, ma anche i suggerimenti del cluster locale del mare. La «blue community» di un Paese, infatti, rappresenta la voce più forte da ascoltare quando si adottano politiche per il mare. Si pensi a tutte le associazioni che si occupano del mare, al comparto commerciale marittimo e delle commodities, all’industria cantieristica, alla Marina Militare e alla Guardia Costiera e a tutte le altre autorità del settore, e così via. Questi attori sperimentano in prima persona ogni giorno le problematiche normative del settore marittimo, ne sono diretti testimoni. Come tali, dovrebbero essere ascoltati e le loro istanze dovrebbero essere presentate con una sola unica voce. Il secondo livello della governance del mare è regionale. Il contesto regionale deve riuscire a inquadrare correttamente le normative locali per il mare. A questo proposito, l’Unione Europea può essere presa
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PRIMO PIANO
L’Italia, l’Europa e la Brexit La rinnovata voglia tedesca della CED nei nuovi scenari geopolitici mondiali e mediterranei
Già da qualche tempo il tema dell’Esercito Comune è tornato a occupare le pagine centrali dei maggiori quotidiani e rotocalchi europei. Una necessità sentita sin dall’inizio del progetto europeo. Infatti, non ancora stipulato l’accordo sull’acciaio e il carbone (CECA), le sei nazioni, grazie anche all’impulso italiano, iniziarono a ragionare sulla necessità di dotarsi di una Comunità Europea di Difesa (CED). Certo la guerra di Corea agì come acceleratore mutando però molte prospettive.
Alessandro Mazzetti (*)
(*) Dottore di ricerca in Storia delle relazioni internazionali. Collabora con le Cattedre di Storia contemporanea e Sociologia dell’Europa dell’Università di Salerno.
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(Fonte: mef.gov.it/ eunews.it-brexit).
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l tentativo di realizzare la CED vide la piena partecipazione italiana al progetto europeo, infatti per De Gasperi, che si avvalse dell’aiuto di Spinelli, era un’importante opportunità per far uscire l’Italia dall’isolamento politico e porre le basi per la realizzazione di una Costituente; in più essa era anche «Strumento decisivo di solidarietà europea federativa, può essere un patto comune di difesa e un esercito al servizio di tale patto» (1). Un insieme di fattori, tra cui il ripensamento francese, ossia del principale Stato promotore, fecero decadere il progetto dell’Esercito Comune. Indubbiamente una grande occasione sprecata poiché, come ebbe a sottolineare lo stesso De Gasperi il 15 novembre del 1950, la CED non era solo un progetto d’integrazione militare, ma anche e soprattutto politica (2). Con la dipartita della
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CED, si abiurò alla possibilità di una vera e propria politica estera comunitaria e il progetto «Esercito Comune» non sarà più ripreso per lungo tempo. Certo nell’incedere degli anni il tema della difesa comunitaria verrà risollevato in modo assolutamente sporadico e non sistemico, ma senza mai sortire alcun effetto, quasi esclusivamente per accontentare quello sparuto corpuscolo di studiosi e statisti che ravvisavano in esso un passaggio indispensabile per rafforzare il processo comunitario. A questo punto è doveroso fare, per quanto ovvia, un’importante osservazione riguardo il ruolo svolto dalle Forze Armate, ossia che queste non esistono solo per assolvere un ruolo di difesa territoriale, ma sono un eccezionale strumento di politica estera come è stato molto brillantemente rile-
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Le possibili evoluzioni del concetto di difesa del XXI secolo Daniele Panebianco (*)
(*) Entrato in Accademia Navale nel 1990, ha servito sia a bordo di numerose Unità Navali, sia in diversi Staff multinazionali, tra cui il Commander Italian Maritime Forces, il Maritime Command Naples, il Quartier Generale della NATO Training Mission-Iraq e il Supreme Headquarters Allied Power Europe. Ha partecipato a numerose attività e operazioni militari a livello nazionale, NATO, UE e Nazioni Unite. Specializzato in Contromisure Mine Navali, è stato comandante di Nave Gaeta e della Squadriglia Cacciamine Costieri 54. Di recente, ha ricoperto l’incarico di Capo Sezione Superiorità Conoscitiva presso il Centro Innovazione dello Stato Maggiore della Difesa. Dal 18.06.18 al 5.09.19 è stato il Consigliere del Ministro della Difesa per l’attuazione del Programma di Governo e Project Manager del Progetto ministeriale «Duplice uso sistemico: impiego innovativo delle Forze Armate al servizio del Paese». Attualmente, presta servizio presso lo Stato Maggiore della Marina, 3° Reparto «Pianificazione e Politica Marittima — Relazioni Interministeriali e Inter-Agenzia».
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In un’epoca rapidamente mutante, l’autore intende proporre una serie di riflessioni che riguardano le possibili evoluzioni del concetto di difesa, o, se si vuole, l’ideale passaggio da «Forze armate 3.0», cioè nella loro attuale accezione, a «Forze armate 4.0», cioè in grado di adattarsi e rispondere al «nuovo che avanza», cogliendone le opportunità. Il quadro di riferimento, le tendenze e le implicazioni a medio/lungo temine Il concetto di sicurezza intesa nel senso più ampio ha subito un’intrinseca evoluzione a partire dal secolo scorso, da quando, cioè, l’uomo si è trovato, per la prima volta nella sua storia plurimillenaria, in situazioni che non hanno precedenti, soprattutto per la
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consistenza e la rapidità degli accadimenti e dei cambiamenti. La popolazione è triplicata, gli Stati sono quadruplicati, mentre la pervasività di un’evoluzione tecnologica, estremamente innovativa e rapida, ha cambiato radicalmente le abitudini delle persone comuni, il modo di combattere delle Forze militari, portando addirittura l’uomo sulla Luna. Le relazioni internazionali hanno assunto un carattere sempre più fluido e dinamico, e sono stati creati nuovi riferimenti socio-culturali. Il complesso e la complessità delle attività e dei comportamenti umani ha portato alla continua impennata di tutti gli indicatori di stress ambientali, modificando addirittura i cicli naturali e, se vogliamo, lo stesso Pianeta. Due guerre mondiali, seguite dall’affermazione di un nuovo ordine internazionale — che ha formalmente bandito la guerra come strumento di soluzione di controversie e posto al centro il valore dei diritti umani in tutte le loro forme — non hanno, tuttavia, risolto la permanenza di una violenza generalizzata, che si è trasformata nei modi, ma non nel suo fine di infliggere letalità e sofferenze pur di avvantaggiare chi la perpetra. Il XXI secolo si è aperto, infatti, con il «capolavoro» strategico-militare di Al Qaeda negli Stati Uniti e le sue implicazioni globali, cui è seguita la Primavera araba, la nascita di Daesh (che ha reso i cittadini comuni sempre più consapevoli di essere essi stessi parte dei nuovi battle ground), la ripresa del fenomeno migratorio e la convergenza su di esso di numerosi interessi e attività criminali, dal traffico di esseri umani, a quello della droga e della merce contraffatta, al contrabbando, al commercio di armi, al terrorismo. Nel 2007, si è materializzato quanto già da tempo gli strateghi avevano paventato, ovvero il primo attacco cibernetico su vasta scala contro uno stato sovrano (Estonia); l’anno seguente, l’azione militare tradizionale — l’hard power — combinata con attività malevole nello spazio cibernetico e la «nuova propaganda» (Strategic Communication, STRATCOM) — il soft power — hanno inaugurato, in Georgia, la prima «guerra ibrida». Si tratta di un concetto non nuovo nella Storia (1), ma che ha fatto assumere alla «guerra» e, più in generale, alle minacce, un’accezione olistica — lo smart power — nuovamente applicato in Crimea nel 2014.
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GRAN BRETAGNA
La Brexit e il desiderio di Impero Beatrice Benocci (*)
(*) Giornalista, è dottore di ricerca in Storia delle relazioni internazionali. Dal 2004 collabora con le Cattedre di Storia Contemporanea e Storia delle Relazioni Internazionali del DSPSC dell’Università di Salerno; recentemente ha iniziato una collaborazione con la Cattedra di Sociologia dell’Europa. È membro dei seguenti centri di ricerca dell’Università di Salerno: Modulo Jean Monnet - Centro Studi Europei; Centro di Ricerca interdipartimentale sul conflitto in Età Contemporanea; Osservatorio Memoria e Legalità dell’ Università di Salerno. Tra le sue ultime opere: La Germania necessaria. L’emergere di una nuova leading power tra potenza economica e modello culturale (2017); Ulbricht versus Brandt, la costruzione di un’identità tedesco-orientale alla luce della Ostalgie (2018); A Twenty-Five Year Transition. The Forms of Power and the Alleged Crisis of the Nation-State in the Contemporary Age (2018).
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Il 2 dicembre 2016, alla Chatham House di Londra, in qualità di Ministro degli esteri, Boris Johnson teneva il suo primo discorso politico dal titolo «Oltre la Brexit: una Gran Bretagna globale» (Fonte: commons.wikimedia.org/Open Government Licence version 1.0). In basso, la Regina Elisabetta II (Fonte: commons.wikimedia.org/ United Kingdom Open Government Licence v3.0).
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ondra is in trouble, again. Il 28 agosto 2019 il premier inglese Boris Johnson ha chiesto e ottenuto dalla Regina Elisabetta la prorogation of Parliament, ovvero la chiusura del Parlamento dal 3 settembre al 14 ottobre, al fine di ridurre al minimo i tempi della discussione sulla Brexit in previsione della scadenza del 31
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ottobre. Fatto questo inusitato — la prorogation è ammessa, ma normalmente dura meno di una settimana — e che ha portato a una protesta immediata di una larga parte delle forze politiche e dei cittadini inglesi che, in poche ore, contro il provvedimento hanno raccolto oltre un milione di firme. Alla base della richiesta del leader conservatore, che ha finito per suscitare tardivamente anche il malumore e il risentimento della sovrana, il forte convincimento di voler procedere velocemente e senza intoppi alla conclusione della Brexit, che a sua volta costringe il Paese in una sorta di limbo da quasi tre anni. Del resto, Johnson non ha mai nascosto di preferire un’uscita senza accordo dall’Unione Europea. La questione però non è semplice, né si presta a semplificazioni, poiché non si tratta di lasciare una mera zona di libero scambio o di pagare delle passività finanziarie. Per un qualsiasi Stato comunitario uscire dall’Unione Europea significa affrontare una procedura complessa, articolata e molto costosa (peraltro mai attivata finora), e per gli inglesi significa anche avere ben chiaro il ruolo che il Regno Unito, nuovamente battitore libero, potrà assumere nell’assetto economico e geopolitico globale. L’attuale situazione è figlia di una promessa elettorale del conservatore David Cameron. Nel 2015 il premier Cameron, pressato dai suoi colleghi di partito che ritenevano ormai mutate le condizioni che avevano spinto Londra a entrare nell’UE, aveva affermato che era giunto il momento per gli Inglesi di dire la loro sull’appartenenza all’UE attraverso un referendum, così come era già avvenuto nel 1975 (1). Del resto, i conservatori mal tolleravano i provvedimenti comunitari per i sussidi ai migranti, così come l’impegno economico volto a salvare gli Stati in
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PRIMO PIANO
Lo stato della difesa europea nell’analisi della Corte dei Conti europea Costantino Moretti (*)
(*) Analista internazionale. GiĂ esperto economico-finanziario presso il Ministero degli Affari Esteri. Collabora con riviste del settore della sicurezza e della difesa oltre che con testate accademiche di politica internazionale.
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La sede della Corte dei Conti europea a Kirchberg in Lussemburgo e, in alto a destra, il logo ufficiale (Fonte: eud.eu).
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a Corte dei Conti europea (CCe), costituita nel 1977, dal 1993 è a pieno titolo il revisore esterno delle finanze dell’UE. I suoi compiti principali sono quelli di contribuire a migliorare la gestione finanziaria, promuovere la trasparenza e il rispetto dell’obbligo di rendicontazione della gestione dei fondi comunitari e fungere da custode indipendente degli interessi finanziari dei cittadini dell’UE. Sino a pochi anni fa l’attività della CCe sulle questioni relative alla sicurezza e alla difesa comune, così come quella delle altre istituzioni europee, era molto
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residuale in ossequio alle numerose limitazioni imposte su tale specifico settore da vari accordi comunitari, non ultimo il trattato istitutivo dell’UE. Infatti, l’architettura di una difesa comune ha rappresentato, sin dagli albori dell’istituzione europea, un tema oltremodo sensibile. Chiaro esempio è la brevissima stagione, dal 1952 al 1954, vissuta dalla Comunità Europea di Difesa; iniziativa naufragata per il veto posto dalla Francia. Da allora e per lungo tempo, il tema non ha trovato praticamente più spazio nelle agende ufficiali europee, nel riconoscimento implicito che le questioni inerenti la difesa dovessero essere di esclusiva competenza dei singoli Stati membri e che comunque, in un mondo diviso in blocchi, la difesa e la sicurezza nell’Europa comunitaria fosse garantita dalla NATO. Bisogna aspettare la metà degli anni Novanta del secolo scorso per assistere a un ritorno di fiamma, almeno nei circoli europeisti, dell’idea di costituire una difesa comune. Al riguardo è da ricordare l’opera dell’associazione Eurodefence e, al suo interno, dall’azione svolta dalla delegazione italiana, a lungo coordinata con instancabile dedizione e perizia dall’Ambasciatore Pietro Calamia. Solo a partire dal 2014 l’UE ha definitivamente preso coscienza che l’attuale contesto storico internazionale, caratterizzato dall’emergere di un nuovo periodo di «disordine mondiale», necessitasse di un’azione corale anche nei settori relativi alla sicurezza e alla difesa, come dimostrato, da ultimo, dalla proposta avanzata dalla Commissione europea d’in-
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PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE
La procedura di IMPEACHMENT contro il Presidente degli Stati Uniti Rodolfo Bastianelli (*)
(*) Nato a Roma il 5 Novembre 1969. Laureato in Giurisprudenza a Roma, ha effettuato un corso di specializzazione post-laurea presso l’Institut Français des Relations International (IFRI) a Parigi. Dopo avere lavorato presso le riviste Ideazione e Charta Minuta, dal 2011 segue la politica estera per L’Occidentale. È Professore a contratto di Storia delle Relazioni Internazionali e collabora inoltre con LiMes, Informazioni della Difesa, Rivista di Politica, Affari Esteri e il settimanale on-line dello IAI, Affari Internazionali. Collabora con la Rivista Marittima dal 2009.
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Le discussioni di queste ultime settimane in merito alla messa in stato d’accusa dell’inquilino della Casa Bianca, hanno riproposto nel dibattito politico statunitense la questione dell’«Impeachment» (Fonte: cnn.com). Nel riquadro il Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump (Fonte: nydaily.nyc).
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SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
Il Circolo di Marina della Spezia Un circolo militare poco convenzionale Claudio Boccalatte (*)
(*) Ammiraglio Ispettore del Genio Marina proveniente dal Genio Navale, dopo aver terminato il servizio attivo nel 2017 come Direttore del CISAM di Pisa, è attualmente nella posizione di ausiliaria. È entrato nell’Accademia Navale di Livorno nel 1975 e ha conseguito con lode la Laurea in Ingegneria Navale e Meccanica presso l’Università degli Studi di Genova. Collabora con varie riviste, e in particolare con la Rivista Marittima dal 1992; dal 2006 cura la Rubrica Scienza e Tecnica. È Fellow della Royal Institution of Naval Architects e Presidente della Sezione della Spezia dell’ATENA (Associazione di Tecnica Navale).
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Un’immagine notturna della facciata del Circolo Ufficiali della Spezia ai nostri giorni. (Fonte immagini del presente articolo: Circolo Ufficiali della Spezia).
Tutti gli ufficiali della Marina Militare che sono stati destinati nella base della Spezia conoscono il Circolo Ufficiali «Vittorio Veneto», ubicato al numero 2 di Viale Italia, in posizione centralissima nei pressi dell’ingresso principale della base navale (la cosiddetta «Porta principale dell’Arsenale»). Nel 2013 il Circolo ha festeggiato, con un nutrito programma di manifestazioni sociali e culturali, il centenario dell’inaugurazione dell’attuale sede; tra le altre cose è stato scritto ed edito il volume Il Circolo di Marina della Spezia (1913-2013) di Giuseppe Benelli, Mara Borzone, Roberto Tartarini e dell’autore di questo articolo. Dal libro (che attualmente è inserito nel catalogo delle pubblicazioni dell’Ufficio Storico della Marina Militare) ho attinto quasi tutte le informazioni riportate nel seguito, e ricordo ancora con grande piacere l’emozione che ci coglieva ogni volta che si scopriva una nuova fonte documentale o si collegavano opportunamente le diverse fonti per ricavare informazioni storiche. Agli amici co-autori rinnovo tutta la mia stima e il mio ringraziamento. Rivista Marittima Dicembre 2019
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STORIA E CULTURA MILITARE
DOLLARI,
STERLINE E CORAZZATE
Navi e quattrini: la vera chiave dei rapporti internazionali nel 1914 e oggi Michele Maria Gaetani (*) - Enrico Cernuschi (**)
(*) Avvocato milanese classe 1970, oltre ad articoli in ambito giuridico, ha pubblicato dal 1996 studi storico militari e realizzazioni cartografiche per RID, Rivista Marittima (Stive ed Egemonia, supplemento 2007), Storia Militare, Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Marina Militare, Businaro-InEdibus, Ali Antiche. Ha inoltre contribuito a opere di altri Autori per Osprey e IBN. (**) Laureato in giurisprudenza, vive e lavora a Pavia. Studioso di storia navale ha dato alle stampe, nel corso di trent’anni, altrettanti volumi e oltre 600 articoli pubblicati in Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia sulle più importanti riviste del settore. Tra i libri più recenti Gran pavese (Premio Marincovich 2012), ULTRA - La fine di un mito, Black Phoenix (con Vincent P. O’Hara), Navi e Quattrini (2013), Battaglie sconosciute (2014), Malta 1940-1943 (2015), Quando tuonano i grossi calibri. Gli italiani dell’Invincibile Armata (2016), Sea Power the Italian Way (2017) e L’ultimo sbarco in Inghilterra (2018).
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oltanto la superba (e incosciente) natura degli uomini e delle donne moderne può indurre a credere che viviamo in un mondo nuovo. In realtà non c’è mai nulla di diverso, da Adamo ed Eva in poi, quando le cose si fanno serie e i nodi vengono davvero al pettine. Tanto più grave, infatti, è la crisi di turno, sia essa politica, economica, finanziaria o strategica, tanto invariabile è la ricetta: Potere Marittimo e bilancia commerciale in ordine. Queste ultime due condizioni, però, sono la semplice conseguenza di una corretta gestione delle priorità navali e marittime. Le pagine che seguiranno sono, a loro volta, una tra le tante dimostrazioni ragionate e contabili di queste semplici, grandi verità. Il fatto che si tratti, infine, di una storia dalle proporzioni enormi ma rimasta, fino a oggi, sepolta e, soprattutto, disseminata in una miriade di studi specialistici, non è — a sua volta — che la conferma dell’assunto, di per sé banale, secondo il quale i segreti non si rivelano. Anche perché, una volta che certi presunti misteri emergono, sia pure con fatica, dal calderone degli arcana imperii, tutti Una caricatura statunitense del 1896 in merito alla tradizionale rivalità anglo-americana (Fonte: In apertura: caricatura svizzera del 1915. Lo statunitense Zio Sam mentre alterna appelli gli attori del dramma del momento picryl.com). alla pace alla vendita di cannoni e munizioni (Fonte: Storia dello spionaggio, ed. De Agostini). (a partire dalle sempre sacrificabili nostro) di livello regionale, indebitato con l’estero pedine) si rendono istantaneamente conto della e con una modesta reputazione finanziaria (fosse trama della commedia e si regolano, per il seguito, pure in seguito a pregiudizi radicati e non supportati di conseguenza. Per lo meno fino a quando una da dati di fatto o da esperienze storiche pregresse), nuova, «moderna» generazione, spensierata e dicostretto ad affrontare una grave crisi politica ed mentica delle costose lezioni del passato, non deeconomica globale di natura esogena potendo concida di ripiombare nel medesimo errore per poi tare (proprio come l’Italia del 2019) soltanto sull’atuscirne, anni dopo, pagando un ennesimo, salatistivo della propria bilancia commerciale e su una simo prezzo. La vicenda oggetto di questi appunti valida Marina Militare affiancata da una consistente ricostruisce, pertanto, il più volte collaudato moMarina Mercantile. dello di successo perseguito da un Paese (come il
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RUBRICHE
F ocus diplomatico L’Argentina torna ai peronisti: la legge del pendolo in America Latina e l’ossessione del labirinto Nella prima selezione dei candidati alla presidenza dell’Argentina avvenuta nelle «primarie presidenziali» dell’inizio di agosto, il Presidente in carica Maurizio Macri era risultato secondo con quindici punti di distacco dal contendente sostenuto dal movimento peronista, Alberto Fernandez. Come era prevedibile, quest’ultimo è stato eletto Presidente al primo turno della tornata elettorale il 27 ottobre scorso, avendo superato il 45% dei voti espressi, e assumerà l’incarico il 10 dicembre. Il distacco tra i due candidati è risultato peraltro minore rispetto ai risultati delle primarie: circa 8 punti. Alberto Fernandez ha ricevuto 12.300.000 voti; Maurizio Macri 10.400.000. Macri è riuscito a recuperare parte del distacco grazie all’intensa attività elettorale condotta in tutte le province del Paese nella fase finale della campagna e all’approccio più concreto sui temi di fondo e meno centrato sui rischi per il Paese di tornare al peronismo, rispetto a quello adottato nei mesi precedenti. Il suo movimento politico ha perso comunque anche nella più grande e ricca provincia del Paese, quella di Buenos Aires che rappresenta il 40% dei votanti, dove è risultato eletto Axel Kicillof, che era stato Ministro delle Finanze nell’ultimo governo peronista. È significativo che i peronisti debbano la vittoria ai voti espressi soprattutto nelle estese e povere periferie esistenti al margine delle grandi città argentine (cosiddetto «conurbano»), nelle province svantaggiate del Nord e del Sud del Paese e a quelli dei lavoratori dipendenti; mentre i voti della Città di Buenos Aires, delle altre più importanti città del Paese e dei lavoratori indipendenti sono andati in gran parte a Macri. In vista delle elezioni, Alberto Fernandez si era sorprendentemente alleato con Cristina Fernandez de Kirchner, proponendola come Vice Presidente. Cristina Fernandez (nessuna parentela con Alberto), vedova di Nestor Kirchner, Presidente dell’Argentina dal 2003 al 2007, era stata eletta Presidente nel 2007, a seguito
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di una intesa col marito che aveva preferito non ricandidarsi dopo il primo mandato, e poi ancora nel 2011 dopo la morte di Nestor nel 2009. Alberto Fernandez, personalità pragmatica, preparata e dotata di capacità amministrativa ma non di carisma come leader, era stato Capo di Gabinetto (nel sistema presidenziale argentino una sorta di Primo Ministro) di Nestor Kirchner e poi di Cristina fino al 2009, quando si era dimesso perché in disaccordo sulla gestione dell’economia e forse anche perché stanco di dover svolgere il ruolo di moderatore dell’«autoritarismo cleptocratico» di Cristina (espressiva e colorita definizione coniata da un ascoltato commentatore argentino). Cristina poteva contare sull’appoggio dei governatori peronisti, della maggioranza della dirigenza sindacale, di un gruppo importante di imprenditori e di un settore significativo dei mezzi di comunicazione. L’alleanza si è rivelata vincente perché ha saputo compattare intorno all’accoppiata Alberto-Cristina, grazie al seguito conservato da quest’ultima presso i peronisti, le varie anime e tendenze del peronismo: dal movimentismo post-rivoluzionario della sinistra di origine marxista; al sindacalismo tradizionalmente legato al peronismo; al populismo diffuso tra le masse di disoccupati che sopravvivono da generazioni grazie ai sussidi statali. Ma alla coppia dei candidati alla presidenza è andato anche il voto di non pochi conservatori e di elettori benestanti che, delusi dai risultati della gestione Macri, hanno preferito affidarsi a Fernandez, nonostante l’ingombrante presenza di Cristina nella formula proposta dal movimento peronista. Quanto al futuro dei rapporti tra il Presidente eletto e la sua Vice, che è facile prevedere saranno a dir poco complicati, i commentatori argentini si pongono adesso la domanda «Alberto al governo, Cristina al potere?». La frase ripropone in forma interrogativa il celebre slogan della campagna elettorale dell’anno 1973 («Campora al governo, Peron al potere») quando Hector Campora, sostenitore e agente politico in patria di Juan
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Osservatorio internazionale
Terrorismo internazionale: sguardo a Sud
Durante la più recente riunione ministeriale della coalizione globale contro Daesh, svoltasi a Washington a metà novembre scorso, il segretario di Stato americano Mike Pompeo ha annunciato che gli sforzi in atto per sconfiggere l’ISIS si sposteranno nel Sahel. Ciò significa che l’Africa occidentale sarà ancora di più nel mirino di quanto lo sia ora. A differenza di quanto è accaduto nel nord dell’Iraq e nella Siria nord-orientale, qui non si è verificato un vuoto improvviso di potere con lo scoppio di un conflitto e/o tentativi di rimozione di governi considerati ostili. La situazione nel Sahel è invece in condizione di degrado progressivo ormai da diversi anni. Detto questo, ci sono diversi fattori che la Coalizione ritiene debbano essere affrontati o che hanno avuto luogo e che influenzano gli eventi. La maggior parte delle questioni nella regione derivano da problemi di governance debole (o assente). I Paesi al centro di tutti gli sforzi sembrano essere il Mali e il Burkina Faso. Un’altra preoccupazione che deve essere affrontata è rappresentata dai confini porosi all’interno della regione. I gruppi militanti si sono dimostrati abili nello sfruttare il terreno usando le rotte commerciali utilizzate per centinaia di anni per spostarsi in tutta la regione. Il miglioramento della sicurezza delle frontiere sembra una soluzione semplice a prima vista, tuttavia la capacità di svolgere adeguatamente questa funzione sarà una sfida per i 5 Paesi del Sahel e i loro sostenitori. L’unico fattore che viene spesso trascurato nel contesto regionale è la situazione attuale in Libia, dove è in corso una nuova offensiva lanciata dal Generale Haftar dell’Esercito nazionale libico (LNA) contro il governo di accordo nazionale (GNA) che attualmente detiene il potere a Tripoli. Durante questa offensiva, l’LNA ha cacciato diverse milizie dalle loro basi, le quali sono state costrette a cercare nuovi santuari. Alcuni di questi gruppi si sarebbero spostati sia in Mali che in Burkina Faso, ma anche in Niger e Chad. Quali azioni ha intrapreso la coalizione globale? La Francia si era accollata in gran parte il ruolo guida in questo sforzo, anche per tutelare i propri interessi nella regione, che considera vitali e che non
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vuole siano minacciati, lanciando diverse operazioni nella regione, oggi fuse in quella pan-regionale chiamata Berkane, dopo il crollo del Mali a seguito di un colpo di Stato e un’insurrezione nel 2012. Ma la presenza di truppe straniere sta diventando sempre più mal sopportata dalle popolazioni locali, sottoposte alle rappresaglie dei gruppi armati in caso di cooperazione con le truppe francesi, alleate, locali e ONU. È probabile che si verifichi un aumento dell’attività degli Stati Uniti nella regione. Si tratterà di una (ulteriore) inversione della politica americana già annunciata un paio di anni fa dopo che quattro Berretti Verdi furono uccisi in un’imboscata nella regione. Tuttavia già diversi altri Paesi che confinano con il Golfo di Guinea hanno registrato segnali di un’accresciuta attività di gruppi prossimi all’ISIS. Come accennato, accanto al Mali e al Burkina Faso, la situazione in Niger sta diventando sempre più difficile; nella prima metà di dicembre, nel corso di diversi attacchi, sono caduti almeno un centinaio di soldati locali e alcune basi sono state saccheggiate e distrutte. In particolare, la regione di Liptako-Gourma, dove le frontiere di Mali, Niger e Burkina Faso sono prossime, è ora al centro delle operazioni di insurrezione e antiterrorismo. Già nel mese di settembre scorso almeno un centinaio di soldati maliani sono caduti in combattimento. Attività illegali come traffico di armi, droga, medicinali, veicoli, motociclette, carburanti, bestiame, estrazione dell’oro artigianale e bracconaggio sono fondamentali per la sopravvivenza dei terroristi nella regione di Liptako Gourma. A seguito dell’attacco il governo del Niger ha chiesto un’estensione di tre mesi a uno stato di emergenza, che è stato dichiarato due anni fa. L’Esercito del Niger sta lottando per contenere la diffusione di gruppi armati, che hanno dei contatti sempre più stretti con le milizie islamiste che devastano le regioni settentrionali della Nigeria e del Camerun. L’attacco di Inates è arrivato giorni prima di un vertice programmato in Francia, dove il Presidente Emmanuel Macron e cinque leader dell’Africa occidentale avrebbero dovuto discutere della sicurezza nella regione; incontro convocato a seguito dell’incidente che ha visto
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M arine militari ARABIA SAUDITA Assegnato contratto per le quattro unità tipo MMSC L’US Navy ha assegnato, il 20 dicembre, al gruppo Lockheed Martin, un contratto del valore di 1,96 miliardi di dollari per la costruzione delle quattro unità da combattimento multi-missione tipo MMSC (Multi-Mission Surface Combatant) destinate alla Marina dell’Arabia Saudita. L’unità capoclasse Saud risulta in fase di costruzione presso i cantieri Fincantieri Marinette Marine (FMM) a Marinette (Wisconsin), dove lo scorso 28 ottobre si è svolta la cerimonia del taglio della prima lamiera della medesima unità e dove verranno realizzate tutte e quattro le navi. L’unità capoclasse è destinata a essere consegnata nel giugno 2023. Successivamente all’assegnazione della commessa a Lockheed Martin, Fincantieri ha annunciato, il 27 dicembre, di aver ricevuto un contratto del valore di 1,3 miliardi di dollari per la realizzazione delle quattro unità navali per il Paese mediorientale.
Fincantieri ha ricevuto un contratto del valore di 1,3 miliardi di dollari per la realizzazione delle quattro unità tipo MMSC per l’Arabia Saudita presso i cantieri Marinette Marine (Fonte: Lockheed Martin).
BANGLADESH Ricevute due fregate «tipo 053H3» Con una cerimonia tenutasi presso i cantieri cinesi Jiangnan di Shangai, una rappresentanza della Marina del Bangladesh ha preso ufficialmente in carico due fregate «tipo 053H3» ammodernate. Si tratta delle unità
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Jiaxing (521) e Lianyungang (522) che sono state ritirate dal servizio con la Marina della Repubblica Popolare cinese nel corso del 2019 e, in base a un accordo governativo siglato fra la Cina e il Bangladesh nel 2018, hanno subito lavori di rimessa in servizio e ammodernamento per essere trasferite al Paese asiatico, ricevendo il nome Omar Farooq e Abu Ubaidah.
CINA Consegnata la prima portaerei di realizzazione locale Il Presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, ha presenziato, il 17 dicembre, presso la base navale di Yulin sull’isola di Hinan, all’importante cerimonia di messa in servizio con la Marina del colosso asiatico della prima portaerei convenzionale completamente costruita ed equipaggiata in Cina. Si tratta dell’unità realizzata dai cantieri Dalian Shipbuilding Industry del gruppo CSIC (China Shipbuilding Industry Corporation) e battezzata Shandong (17). Quest’ultima, secondo quanto risulta dal disegno generale dell’unità, rappresenta uno sviluppo del progetto della prima unità battezzata Liaoning (16) e ricostruita a partire dallo scafo non completato della portaerei russa Admiral Kuznetsov ed equipaggiata con sistemistica e velivoli di produzione nazionale, entrata in servizio nel 2012. Non è noto quando l’unità entrerà in servizio, ma l’intensità attività di prove in mare e l’esperienza accumulata con la prima unità, fanno propendere per il raggiungimento di una capacità operativa iniziale molto presto. La nuova portaerei rappresenta un importante tassello nella politica espansionistica e di protezione degli interessi nazionali ben oltre i mari finora solcati, grazie a un programma di nuove costruzioni navali che comprende anche unità di scorta e difesa aerea, antinave e antisom nonché supporto logistico di nuova generazione unitamente a unità subacquee a propulsione nucleare e convenzionale anch’esse di ultima generazione. Impostata nel marzo 2015, varata nell’aprile 2017 e completata un anno dopo, la nuova portaerei presenta un dislocamento a pieno carico e dimensioni legger-
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C he cosa scrivono gli altri «Who Can Trust Trump’s America?» e «A Continent in peril» THE ECONOMIST, OCTOBER 19TH E NOVEMBER 9TH 2019 - CORRIERE DELLA SERA, 16 NOVEMBRE 2019
Con l’improvvido ritiro dei presìdi americani dal Nord-Est della Siria, controllato dalle milizie curde e la violenta offensiva lanciata da Ankara, il Medio Oriente sta esplodendo! Al riguardo il celebre politologo francese Gilles Kepel, autore del recentissimo libro Uscire dal Caos. Le crisi del Mediterraneo e del Medio Oriente, intervistato da Lorenzo Cremonesi per il quotidiano ambrosiano, non ha dubbi. Trump ed Erdogan «hanno forti interessi in comune e si sono intesi bene sulla Siria. Il primo ha come priorità quella di essere rieletto alle presidenziali dell’anno prossimo ed è convinto che riceverà più voti se riporterà a casa il massimo numero di soldati americani, anche a spese dei curdi. Il secondo mira invece a debellare una volta per tutte la zona autonoma curda di Rojava, alleata degli indipendentisti curdi in Turchia. Di qui lo scambio. Trump ha dato carta bianca ai Turchi in Siria. E, per garantirlo dalle accuse di aver indebolito gli alleati curdi nella lotta contro l’Isis, Erdogan gli ha permesso di uccidere [il sedicente califfo] al-Baghdadi [in verità ormai fuori gioco con le fortune periclitanti dell’ex Stato islamico, asserragliato nel suo nascondiglio del villaggio di Barisha, a soli cinque km dal confine turco]. Poi Trump ha cercato di propagandare il suo successo paragonandolo a quello di Barack Obama contro Osama Bin Laden nel 2011, capo carismatico e simbolo per tutti gli jihadisti […] E il paragone ovviamente non regge!». Una situazione invero complessa in cui gli avvenimenti si accavallano con rapidità sorprendente e in cui non ci si può non porre una serie di interrogativi come fa il settimanale
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britannico nel primo articolo in esame. Mentre i Curdi gridano al «tradimento» e alla «pugnalata alle spalle» da parte degli Stati Uniti, nonostante il loro contributo fondamentale nella lotta contro lo Stato islamico, l’Economist, ricostruendo le recenti vicende siriane, pone in risalto come la decisione del presidente americano «undermines America’s credibility around the world» per tre importantissime ragioni di fondo. Innanzitutto «seriousness e loyalty [nei confronti di alleati e amici] e quindi strategy»! Alla fine infatti tutto si è risolto a vantaggio del governo di Damasco che, con la necessaria alleanza stretta con le milizie curde alle corde, ha potuto rioccupare la regione del Rojava persa durante la guerra civile e, soprattutto, a favore dei Russi che si sono accreditati come arbitri dell’intera situazione. Gli improvvisi colpi di scena e i continui cambi di registro in politica e strategia da parte del presidente americano (con rapporti peraltro sempre più burrascosi col Pentagono e i vertici militari) sono pericolosi, conclude l’Economist, visto che «non si può usare l’America solo come una gigantesca clava commerciale sostitutiva dell’hard power». L’arma delle sanzioni (e tanto meno la loro minaccia) non rappresentano infatti un deterrente efficace e, soprattutto, non immediato. In una rapida panoramica della politica internazionale infatti si ricorda come, nonostante le sanzioni, «Russia still occupies Crimea and Kim Jong Un has his nukes», mentre Ankara, nonostante le minacce di embargo europee e quelle statunitensi dell’ultima ora, ha deciso lo stesso di condurre la propria guerra in Siria. Nel secondo articolo in esame è lo stesso presidente Macron a rilasciare una «caustica» intervista al settimanale britannico, toccando in maniera provocatoria due temi principali: la NATO e l’Europa. Pur riconoscendo i meriti degli Stati Uniti in difesa
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RIVISTA
MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
NEL PROSSIMO NUMERO FOCUS SU UNIONE EUROPEA E ORIENTAMENTI FUTURI
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* LA MARINA DEGLI STATI UNITI E IL SUO FUTURO *
MICHELE COSENTINO
LA MARINA DEGLI STATI UNITI E IL SUO FUTURO L’EVOLUZIONE GENERALE E LE PROSPETTIVE DI SVILUPPO
Supplemento alla Rivista Marittima - dicembre 2019
RIVISTA MARITTIMA