Rivista Marittima Gennaio 2020

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MARITTIMA

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MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868

SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/03 (CONV. IN L. ART. 1 COMMA 1 N°46 DEL 27/02/04) - PERIODICO MENSILE 6,00 €

* RIVISTA MARITTIMA *

GENNAIO 2020 - Anno CLIII

RIVISTA

GENNAIO 2020

Dalla stagnazione al rilancio del progetto europeo? Atti del Convegno Circolo di Studi Diplomatici

La Difesa come motore dell’integrazione europea Giampaolo Di Paola



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RIVISTA

MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868

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GENNAIO 2020 - anno CLIII HANNO COLLABORATO: Circolo di Studi Diplomatici Ammiraglio (ris) Giampaolo Di Paola Professor Fabio De Ninno Contrammiraglio (ris) Michele Cosentino Dottor Andrea Moretti Capitano di vascello (arq) Patrizio Rapalino Capitano di fregata Manuel Moreno Minuto Ammiraglio Ispettore Capo (ca) Renato Ferraro Capitano di fregata Claudio Rizza Ambasciatore Roberto Nigido Dottor Enrico Magnani Capitano di vascello (ca) Giuseppe Baldacci Contrammiraglio (ris) Ezio Ferrante Contrammiraglio (ca) Franco Prosperini Dottor Marco Flavio Scarpetta Professor Danilo Ceccarelli Morolli

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E ditoriale

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a parola Europa appartiene, come è noto, alla mitologia greca. Era una principessa di Tiro (antica città del Libano), figlia del re Agenore e, naturalmente, bellissima. Proprio per questo fu rapita da Zeus, signore degli dei, il quale, dopo aver assunto le sembianze di un toro, la portò, attraverso il mare, a Creta. Suo figlio, Minosse, divenne re di Creta e acquisì una tale fama di uomo giusto nei secoli che Dante, riallacciandosi ora alla nostra epica, lo pone a giudice dei dannati nell’Inferno. Più prosaicamente si intravede, in queste nozioni, traccia della grande civiltà minoica dell’età del bronzo: oltre 1.000 anni conclusi intorno al 1400 a.C. e caratterizzati, tra l’altro, dalla prima scrittura apparsa in Occidente e, non da ultimo, da una straordinaria capacità di navigazione e commerciale insuperata dalle comunità culturali del tempo e dei successivi secoli bui protrattisi fino a Pericle e a Roma. Non fu poi un caso che nella Grecia antica gli Elleni indicassero, da Omero in poi, col nome Europa, la propria civiltà contrapponendola all’Oriente. Indipendentemente dalle vicende delle piccole, gelose repubbliche elleniche e dell’immenso impero persiano, si trattò di una contrapposizione tra due concezioni diverse della vita: lo Stato al servizio del Cittadino a ponente, il Cittadino al servizio dello Stato a levante. L’equivalenza «Europa uguale Occidente» è rimasta, da allora, immutata con l’aggiunta, sul finire del XV secolo, del Nuovo Mondo, poi integrato, due secoli dopo, da quello Nuovissimo con l’aggiunta di aree dell’Africa e dell’Asia. Non si è trattato, come peraltro sempre nella storia dell’umanità, di un processo indolore, ed è solo la corta memoria delle ultime generazioni che permette di credere, con un certo ottimismo, che il rischio di guerre continentali sia svanito per sempre. Certo, nell’ambito di un percorso ideale il 1945 e la nascita, nel 1957, con i Trattati di Roma, dell’attuale Comunità Europea sembrano passi obbligati di una costruzione inevitabile all’indomani del conflitto mondiale, mentre la lunga stagione di pace è data per un fatto scontato (nel 2012 l’UE ha ricevuto il Premio Nobel per la pace per aver contribuito per oltre 50 anni alla pace, riconciliazione, democrazia e ai diritti umani in Europa). È parimenti giudicata immutabile la complessa organizzazione politica ed economica sovranazionale, oggi estesa a ben 28 Stati membri, denominata Unione Europea (trattato di Lisbona del 2007, ratificato nel 2009). Tuttavia, nonostante la moneta unica, l’Europa — e qui veniamo all’oggi — non è un polo geopolitico unitario e alternativo rispetto a quello statunitense o all’emergente realtà cinese, per tacere del risorgente, grande Stato russo. La sincerità e l’onestà intellettuale esigono, infatti, che, dopo tante celebrazioni, si riconoscano alcuni fatti nudi e crudi che si materializzano nell’oppoSEGUE A PAGINA 4

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sizione di forze centrifughe, pensiamo alla c.d. Brexit e all’appello all’Europa della Catalogna, e centripete, come nel caso speculare della Scozia. Le cause di queste differenti prospettive sono molteplici e solo il futuro ci potrà rivelare se siamo in presenza di un paradigma newtoniano di equilibrio instabile (e pertanto perfetto) sullo stile della secolare e collaudata confederazione svizzera dopo la guerra civile del 1847, oppure di un ritorno ad antiche e mai sopite divisioni, culturali e non solo, ispirate a un’ormai troppo lunga contingenza economica che sembra fatta apposta per rimettere tutto in discussione. È stato correttamente osservato che ciò che manca è, in primo luogo, uno «spirito europeo», ossia una reale, e non epidermica o superficiale tensione ideale. In altre parole, e l’esempio ci pare calzante, manca un Risorgimento unitario come quello italiano. Tutto ciò, si riflette immancabilmente sul piano politico e su quello, intimamente connesso alla Cosa pubblica, della Difesa. I fatti sono chiari. L’Europa, comunque la si intenda, è una grande realtà (non potenza) economica che registra primati mondiali nell’esportazione di manufatti e servizi. Uno dei pilastri indispensabili di questo stato di cose consiste in una strategia di sviluppo sostenibile che passa, a sua volta, attraverso la cosiddetta Blue Economy marittima. Parimenti quest’Europa ha una cantieristica mondiale all’avanguardia e una serie di reti di infrastrutture sensibili, marittime e portuali, impareggiabile. Per l’Italia, Paese pienamente inserito in questo contesto economico e marittimo, gli interessi strategici nazionali e le loro esigenze di supporto e di difesa sono tradizionalmente ancorati a un saldo e consolidato rapporto transatlantico, a un reale processo di integrazione europea e nel quadro di legalità internazionale garantito dalle Nazioni Unite. L’Italia, al centro del Mediterraneo Allargato, è una precisa realtà forse lontana (ma non poi tanto) da Azincourt, dalle pianure della Somme e da Berlino, ma non di meno reale e che risente in misura non trascurabile dei recenti o, meglio, eterni conflitti regionali tipici di quel bacino, sia in termini economici sia culturali. In particolare, l’economia nazionale (consumazione interna ed economia di trasformazione) tra importazioni ed esportazioni dipende dall’utilizzo del mare per quasi il 50% del PIL (Prodotto Interno Lordo). Terrorismo, pirateria, migrazioni illegali e incontrollate, traffici di armi e droga, utilizzo selvaggio delle risorse marine, inquinamento del mare e, non ultimi, conflitti in piena regola, assieme a una certa concezione della sovranità e dei fenomeni della territorializzazione dell’alto mare e della marittimizzazione delle controversie e dei conflitti, sono tutti nuovi fenomeni che generano instabilità e insicurezza. Sul mare, e questa è una nota solidamente positiva, le Marine europee hanno continuato a esercitare un’apprezzabile capacità di proiezione e integrazione. E vale la pena di sottolineare il fatto che sotto questo punto di vista l’Italia è, prescindendo dalla portaerei francese Charles de Gaulle, l’unico Paese europeo in grado di mettere in campo un gruppo portaerei con funzioni di deterrenza convenzionale, peraltro presto dotata di modernissimi velivoli di quinta generazione. Si tratta di capacità strategiche immediatamente dispiegabili che avranno sempre più peso nel quadro geostrategico del Mediterraneo e, di conseguenza, mondiale. In questo contesto di politica e di difesa europea, la Rivista Marittima giudica utile fare il punto nave. A questo scopo sono stati coinvolti intellettuali e studiosi, ancora una volta, di rango. Se il Cancelliere imperiale asburgico, Principe Klemens von Metternich, asseriva, due secoli fa, che l’«Italia è una espressione geografica», cosa si dovrebbe dire, oggi, dell’Europa? Quali possibilità di risorgimento si stanno concretizzando? Quali sono le possibili strategie di Difesa europea? A queste non peregrine domande di fondo la Rivista Marittima non ha la pretesa di dare risposte scolpite nel bronzo e per sempre, ma la serena certezza di suscitare un dibattito di libero pensiero. DANIELE SAPIENZA Direttore della Rivista Marittima


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Dalla stagnazione al rilancio del progetto europeo? Atti del Convegno del 5 dicembre 2019

A cura del Circolo di Studi Diplomatici (*)

(*) Il Circolo di Studi Diplomatici è un’Associazione fondata nel 1968 su iniziativa di un ristretto gruppo di Ambasciatori con l’obiettivo di non disperdere le esperienze e le competenze dopo la cessazione dal servizio attivo. Il Circolo si è poi nel tempo rinnovato e ampliato attraverso la cooptazione di funzionari diplomatici giunti all’apice della carriera nello svolgimento di incarichi di alta responsabilità, a Roma e all’estero.

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Dalla stagnazione al rilancio del progetto europeo?

Intervento del Dottor Roberto Santaniello Buongiorno a tutti! È arrivato il momento di avviare i lavori di questo convegno organizzato dal Circolo di Studi Diplomatici e dall’Università degli Studi Link Campus University. Il tema è di grande attualità, «dalla stagnazione al rilancio del progetto europeo». Il campo di discussione è vasto e i protagonisti rilevanti, a cominciare da Romano Prodi che conosce bene l’Unione Europea, visto che ha servito come Presidente in un periodo particolarmente fecondo del processo d’integrazione. Accanto a lui abbiamo nuovi e «vecchi» protagonisti della politica europea: sto pensando a Bruxelles e all’Ambasciatore Cavalchini, affiancato da colui che avrà il timone di questo processo alla Farnesina, per giungere a Riccardo Perissich che è stato, oltre che Direttore Generale per il mercato interno dell’industria, anche Capo di gabinetto di un indubbio protagonista della politica europea, Altiero Spinelli. Vorrei menzionare inoltre Adriana Cerretelli che ha narrato i tempi belli e meno belli della politica europea. Il processo d’integrazione ha avuto momenti di stallo e altri di grande iniziativa. Siamo in un momento di ripartenza dove tutta la nuova governance europea è stata rinnovata e tutti i protagonisti hanno intrapreso un ruolo istituzionale e tra questi, dopo più di sessant’anni, il timone dell’Unione Europea torna ad un tedesco, nella persona di Ursula von der Leyen, che ha il compito di coniugare un nuovo programma, in particolare di mettere in campo ed applicare il paradigma dello sviluppo economico, il green deal. Sussistono anche altre importanti questioni che hanno a che fare con la democrazia e penso in particolare alla conferenza sul futuro dell’Europa. L’Italia è un paese straordinario e incredibilmente vivace sulle questioni europee; il dibattito sul MES sta diventando un vero e proprio terreno di scontro e speriamo che coloro che devono assumere le relative responsabilità politiche e istituzionali possano uscire da questa impasse poco favorevole che sta attanagliando il governo e l’opposizione in questi giorni. Vi ringrazio per l’attenzione e ancora benvenuti.

Intervento dell’Ambasciatore Paolo Casardi Cari amici, vorrei per prima cosa portare a tutti i partecipanti il saluto più cordiale da parte dei soci del Circolo di Studi Diplomatici. Vorrei inoltre ringra-

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ziare il Dr. Santaniello per le sue parole e per averci ospitato in questi locali. Si tratta in realtà di un doppio ringraziamento, perché, già l’anno scorso, di quest’epoca, eravamo qui a parlare delle prospettive per la Difesa europea. È stato quello un Convegno davvero ben riuscito anche per la qualità e l’esperienza degli intervenuti, che hanno approfondito l’argomento sia dal punto di vista politico che industriale, dandoci molte interessanti chiavi di lettura sullo stato di avanzamento dell’identità di Difesa europea. Ringrazio anche il Professor Vincenzo Scotti, di cui a seguire leggerò un breve messaggio, Presidente della Link Campus University, con la quale stiamo collaborando a due diversi progetti, sostenuti dal Ministero degli Esteri. Il primo ha previsto ben sette Dialoghi sui principali sviluppi internazionali, nonché il presente convegno. Il secondo è stato un progetto di grande valore per la digitalizzazione dell’archivio del Circolo di Studi Diplomatici, che, come sapete, contiene un’accurata valutazione su ognuno degli eventi e crisi internazionali intercorsi dal 1968 e costituirà un importante contributo alla ricerca scientifica in questa materia. Stamattina il convegno tratta un tema di ampio respiro, ovvero il futuro dell’Unione Europea. Siamo molto grati al Presidente e Professore Romano Prodi, l’uomo politico e accademico certamente più preparato a rispondere agli interrogativi posti dall’attuale situazione. Analogamente, vorrei ringraziare il Presidente Pier Ferdinando Casini che più di ogni altro conosce il mondo parlamentare in Europa e fuori, come ha dimostrato con il grande successo di quella che noi chiamiamo «diplomazia parlamentare» ottenuto solo pochi giorni fa nel portare l’Italia con l’accordo del Governo venezuelano di Maduro, due deputati italo-venezuelani rifugiati da sei mesi presso l’Ambasciata d’Italia a Caracas. Siamo grati anche agli altri partecipanti Vincenzo Celeste, Luigi Guidobono Cavalchini, Adriana Cerretelli e Riccardo Perissich, che verranno presentati dal mio collega, Vice Presidente Maurizio Melani. Vorrei infine ricordare che il titolo di oggi: «L’UE dal ristagno al rilancio del progetto europeo» era stato scelto dal compianto Ambasciatore Gianfranco Verderame, nostro amato Presidente scomparso prematuramente nel maggio scorso e saluto la presenza della

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La Difesa come motore dell’integrazione europea Giampaolo Di Paola (*)

(*) Ammiraglio. Nato a Torre Annunziata (NA) il 15 agosto 1944, è entrato in Accademia Navale nel 1963. Dopo la specializzazione presso la Scuola Sommergibili dal 1968 al 1974 ha prestato servizio con vari incarichi a bordo dei sommergibili e unità navali tra cui quello di Comandante dell’Incrociatore Portaeromobili G. Garibaldi nel 1989/90. Ha frequentato il NATO Defence College a Roma (Italia) e dal 1981 al 1984 ha prestato servizio a Saclant (Norfolk - Virginia, Stati Uniti). Dopo importanti e prestigiosi incarichi nell’ambito dello Stato Maggiore Marina nel 1994 è «Capo del Reparto Politica Militare» dello Stato Maggiore Difesa e il 30 novembre 1998 «Capo di Gabinetto» del Ministro della Difesa. Segretario Generale della Difesa il 26 marzo 2001, ha mantenuto l’incarico fino al 10 marzo 2004 quando è stato promosso a Capo di Stato Maggiore della Difesa, incarico che ha mantenuto fino al 12 febbraio 2008 quando è nominato presidente del Comitato militare della NATO, composto dai Capi di Stato Maggiore dei ventisei Paesi dell’alleanza. Il 16 novembre 2011 è nominato Ministro della Difesa della Repubblica Italiana e in tale ruolo ha ricoperto anche l’incarico di cancelliere e tesoriere dell’Ordine militare d’Italia.

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Quale può essere la dimensione politica di una entità di 500 milioni di persone senza una credibile ed efficace dimensione di difesa e di serie capacità militari? (Fonte immagine: iai.it).

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UE, potere navale e le Marine europee: tra modernismo e postmodernismo Alcuni spunti dalla letteratura internazionale Fabio De Ninno (*)

(*) Professore a contratto e assegnista di ricerca presso l’Università di Siena, segretario di redazione di Italia contemporanea, coordinatore del progetto della bibliografia italiana di storia militare 2008-2017, del Centro interuniversitario di studi e ricerche storico militari. Collabora con il Second World War Research Group del King’s college di Londra. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Fascisti sul mare: la Marina e gli ammiragli di Mussolini (2017) e I sommergibili del fascismo (2014), oltre a numerosi capitoli e articoli in pubblicazioni scientifiche italiane e straniere.

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La sede del Parlamento europeo a Bruxelles (Fonte: ec.europa.eu).

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Europa marittima, strategie, operazioni e assetti aeronavali Michele Cosentino (*)

(*) Contrammiraglio in riserva, ha completato l’Accademia Navale nel 1978 e si è laureato in Ingegneria Navale e Meccanica presso l’Università di Napoli. Dal 1987 collabora con la Rivista Marittima e con diverse case editrici italiane e straniere ed è autore di numerosi libri, saggi e articoli.

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Europa marittima, strategie, operazioni e assetti aeronavali

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ttore primario sugli scenari geoeconomici internazionali, l’Unione Europea ha imboccato da oltre un decennio un percorso di evoluzione politica che, per avere credibilità, deve contenere anche una dimensione militare, declinabile in termini di difesa e sicurezza. E proprio questa declinazione crea non pochi elementi di disturbo che ritardano l’attuazione d’iniziative a largo spettro, a loro volta discendenti dal consolidamento politico di strategie ben definite e immancabilmente legate alla diversa percezione della materia nelle singole capitali delle Nazioni UE. Un Tavola grafica riassuntiva delle missioni civili e militari condotte dall’Unione Europea all’inizio del 2018 e gli impegni in termini di personale. Obiettivi delle missioni rimangono il mantenirapido sguardo alla geografia europea fa ca- mento della pace, la prevenzione dei conflitti, della pirateria e dei traffici illegali, il rafforzadelle condizioni di sicurezza e il supporto alle regole del diritto (Fonte: European pire che il Vecchio Continente è sostanzial- mento Union, EEAS). In apertura: in alto, unità italiane, francesi e spagnole all’ormeggio nella Nuova Navale «Mar Grande» di Taranto in occasione del primo evento dimostrativo di mente una gigantesca penisola dell’emisfero Stazione OCEAN 2020, campagna internazionale concepita per dimostrare le capacità esprimibili dalorientale, a levante della quale si estende la l’impiego congiunto in ambiente marittimo di assetti aeronavali tradizionali e mezzi a controllo remoto (Fonte: Leonardo); in basso, un elicottero a controllo remoto AW HERO, rizzato sul massa continentale euroasiatica e che al suo ponte di volo di un’unità della Marina Militare impegnata in OCEAN 2020 (Fonte: Leonardo). interno comprende altre penisole protese siriano intrecciatosi con la lotta per contrastare il terroverso scenari marittimi caratterizzati da peculiarità e dirismo di matrice islamica e le azioni disgregatrici sponnamiche politiche diverse. Una navigazione in senso sorizzate da diversi attori statuali. In sintesi, le spinte antiorario che parte dalla massa continentale euroasiaesercitate, anche attraverso le direttrici marittime, da tica ci porta dapprima verso la penisola scandinava, afnordest e da sud contro l’ampio territorio dell’Europa facciata sul Mar Baltico, sul Mare del Nord e in generale e della UE in particolare obbligano a defisull’Atlantico settentrionale, dove la Federazione Russa nire strategie e azioni per salvaguardare la stabilità e il cerca di dimostrare, anche sugli oceani, l’ambizione benessere degli Stati membri. verso la rinascita di una potenza marittima che, nel bene Appare evidente che il benessere dell’UE, così come o nel male, ha destato in passato non poche preoccupaquello di qualsiasi Nazione o entità sovranazionale afzioni alle Nazioni occidentali e alle loro Marine, inquafacciata sui mari e sugli oceani sia legato al libero flusso drate sotto le bandiere della NATO. Proseguendo verso delle materie prime in entrata e dei manufatti in uscita, sud, la penisola iberica continua il suo ruolo di ponte in un contesto che deve rimanere necessariamente staverso l’Atlantico, ma a questa direttrice operativa si è bile e di conseguenza salvaguardato nella sua integrità. aggiunta quella rivolta a sud, in un teatro mediterraneo Ciò implica la definizione di strategie focalizzate non assurto alla ribalta delle cronache quotidiane e in cui esclusivamente sul teatro marittimo euromediterraneo l’Italia e la Marina Militare continuano a essere in ma riguardanti anche regioni e teatri limitrofi — il prima linea. Un ragionamento analogo si applica anche Medio Oriente, il Corno d’Africa e l’Africa sudoccidenalla penisola balcanica, al Mediterraneo orientale e tale — in cui possono generarsi azioni di disturbo alla all’Anatolia, grande penisola, quest’ultima, raccordata stabilità del predetto contesto. Da qui l’esigenza di una all’ampia propaggine marittima del Mar Nero: anche strategia europea di sicurezza e difesa che non può traqui la Federazione Russa sta cercando di consolidare scurare gli spazi marittimi interni ed esterni, doppiauna posizione militare quale logica conseguenza di mente importanti per l’Europa e per l’UE in quanto un’indubbia influenza politica favorita dal massiccio strumenti essenziali di collegamento fra le diverse entità intervento di forze militari, anche navali, in un conflitto

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In questi anni la difesa del ciberspazio è diventata una priorità strategica per la sicurezza nazionale (Fonte: sicurezzanazionale.gov.it).

RIFLESSIONI SUL CONCETTO DI SICUREZZA NAZIONALE Approfondire il concetto di «sicurezza nazionale» è come entrare in un labirinto formato da mille e più strade ma fornito di una sola entrata e una sola uscita (1). Infatti la nozione stessa di «sicurezza nazionale» presenta numerose sfaccettature e diversi modi d’approccio — proprio come in un labirinto — purtroppo a volte condizionati da un’idea troppo estensiva del termine che porta ogni problema politicamente rilevante a trasformarsi in una questione di «sicurezza nazionale» rischiando di creare una tendenza alla «securitizzazione» (2) di ogni argomento di livello più tipica di regimi autoritari che non di uno Stato di diritto. Così già nel 1952 Arnold Wolfers definì il concetto di sicurezza nazionale come un «simbolo ambiguo» (3): il termine poteva assumere differenti significati per diverse persone così come non assumere alcun significato preciso. Andrea Moretti (*) (*) Vice Ispettore della Polizia di Stato in servizio alla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione – UCIGOS. È stato parte attiva in diverse indagini riguardanti il terrorismo interno ed esterno e dal 2007 è impiegato in attività di intelligence e analisi. Laureato in Giurisprudenza alla Sapienza di Roma, collabora con la cattedra di Diritto dell’Impresa presso la facoltà di Economia dell’Università Politecnico delle Marche (con riferimento agli aspetti geopolitici e geostrategici del settore «energia») ed è stato invitato come relatore esperto per conferenze sul tema della geopolitica nell’ambito del dottorato di ricerca in Scienze Giuridiche e Politiche presso l’Università G. Marconi di Roma e per conferenze sul tema della radicalizzazione religiosa nell’ambito del master di II livello in Prevenzione e contrasto alla radicalizzazione, al terrorismo e per le politiche di integrazione e la sicurezza internazionale (MaRTe) dell’Università degli Studi di Bergamo.

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Riflessioni sul concetto di «sicurezza nazionale»

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quasi settant’anni di distanza da tale definizione, questo aspetto continua a essere un «simbolo ambiguo» alla mercé di interpretazioni soggettive, di necessità politiche e di contingenze storiche, che rende opportuno delinearne i contorni e le sfumature non per mero esercizio filosofico ma per definire un concetto utile a fornire al decisore politico linee guida meno generiche da seguire nell’impostare le politiche estere e interne e per evitare di estendere il concetto stesso in maniera così eccessiva da farne perdere la sua coerenza teorica e la sua utilità pratica. Pertanto la sicurezza nazionale, intesa come area di studio della scienza politica contemporanea, nasce «ufficialmente» negli anni immediatamente successivi alla Seconda guerra mondiale: l’emergente contrapposizione Est-Ovest portò Harry S. Truman, 33o Presidente degli Stati Uniti d’America, a diverse riforme istituzionali, tra le quali si ricorda il National Security Act che segnò la nascita di due nuovi enti che avrebbero aiutato il Presidente nella protezione della nazione e dei suoi interessi: la CIA — Central Intelligence Agency e il NSC — National Security Council. La prima, erede dell’OSS, fu istituita per assolvere in tempo di pace le funzioni che proprio l’Office of Strategic Service aveva svolto durante il Secondo conflitto mondiale (ovvero la raccolta e l’analisi di informazioni al di fuori del territorio americano). Mentre al secondo ente fu affidato il compito di consigliare il Presidente nelle scelte di politica estera e di sicurezza nonché di coordinare le relative politiche tra i diversi dipartimenti. Inoltre, a partire da quel momento il Dipartimento della Difesa iniziò a finanziare centri di ricerca, organizzazioni private e università per colmare la mancanza di esperti in materia di sicurezza (4). Ecco allora che il concetto di sicurezza nazionale nasce come evoluzione di quello di interesse nazionale; durante la Grande Depressione si svilupparono pressioni sui decisori politici americani al fine di implementare politiche di welfare a beneficio dell’intera popolazione e non di singole lobby sub-nazionali. L’interesse nazionale aveva cioè una connotazione primariamente economica. Tale connotazione iniziò a trasformarsi durante la Guerra Fredda, quando il National Interest mutò in National Security Interest; ciò, come noto, avvenne in un clima che, fortemente dominato dalle armi nucleari, di-

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venne humus idoneo per concepire la sicurezza nazionale in termini puramente militari. All’epoca del mondo bipolare, gli armamenti nucleari divennero lo «strumento assoluto» del conflitto facendo retrocedere altri strumenti di governo (economici, diplomatici, energetici), fino ad allora usati parallelamente a quelli militari, a un livello secondario d’importanza (5). Tale visione era chiaramente caratterizzata da un’impostazione stato-centrica, nella quale lo Stato è l’unico oggetto della sicurezza e altri Stati sono l’unica fonte di minaccia; inoltre, le minacce sono di natura esclusivamente militare (6). È opinione di chi scrive che nell’attuale società liquida — per usare un’espressione di Bauman — l’iniziale visione appena descritta appaia troppo riduttiva e fortemente settorializzata. Credo che per affrontare l’argomento, così come sia possibile intenderlo al giorno d’oggi, sia corretto partire dalla semantica della parola «sicurezza» e seguire un percorso che inizi con l’analisi del termine in senso generale. Il Dizionario Enciclopedico Treccani definisce la sicurezza come «la condizione che rende e fa sentire di essere esente da pericoli, o che dà la possibilità di prevenire, eliminare o rendere meno gravi danni, rischi, difficoltà, evenienze spiacevoli, e simili» (7). La definizione sopra riportata, ritengo che si presti bene all’analisi delle caratteristiche ricorrenti di questo concetto, in quanto questa indica che si tratta di un obiettivo e di un sentimento collettivo, mostra che non tutto ciò che spaventa può essere considerato una minaccia. Bisogna quindi operare un razionale distinguo tra le minacce o i rischi genericamente esistenti in modo da concentrarsi su quanto realmente imminente o ragionevolmente potenziale. Un validissimo ausilio proviene dal glossario intelligence che considera la sicurezza nazionale quella «condizione in cui a un paese risultino garantite piene possibilità di sviluppo pacifico attraverso la salvaguardia dell’intangibilità delle sue componenti costitutive, dei suoi valori e della sua capacità di perseguire i propri interessi fondamentali a cospetto di fenomeni, condotte ed eventi lesivi o potenzialmente tali … è oggettivamente un bene costituzionale che gode di tutela prioritaria al quale va affiancata una dimensione soggettiva che indica la percezione, da parte dei cittadini, della capacità dello Stato di tutelare se stesso, la propria popolazione e i propri interessi impiegando

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Le navi stazionarie Un antico ruolo dello strumento navale da recuperare Patrizio Rapalino (*)

(*) Capitano di Vascello, giĂ Comandante del Secondo Gruppo Contromisure Mine della NATO tra il 2009 e il 2010. Ha diretto la Rivista Marittima dal 2011 al 2014. Ăˆ stato addetto per la Difesa in Libia da giugno 2015 a settembre 2019.

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Il Regio esploratore QUARTO qui ritratto in navigazione nel 1925. Nell’intervallo tra le due guerre, assieme al Regio incrociatore corazzato SAN GIORGIO, effettuò numerose missioni all’estero fino alla Cina e al Mar Rosso. Successivamente le due unità permasero in modo pressoché continuativo nelle acque spagnole durante la guerra civile (1936-1939) costituendo sede di comandi complessi, offrendo rifugio a cittadini stranieri e rappresentando gli interessi italiani nei confronti delle altre nazioni (Fonte: USMM).

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PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE

Gli Stati Generali del mondo UNDERWATER italiano Manuel Moreno Minuto (*)

(*) Capitano di Fregata, appartenente alla Componente Subacquea, è il Capo Reparto Operazioni del Servizio Addestramento del Comando Flottiglia Sommergibili. Entrato in Accademia Navale nel 1994, dopo aver conseguito la specializzazione in armi subacquee ha comandato nel 2008 il cacciamine Sapri e dal 2010 al 2013 è stato al comando del sommergibile Gazzana Priaroggia. Nel corso del 2014-15 ha frequentato il 17° corso ISSMI e il corso di Consigliere Giuridico delle Forze Armate presso il CASD di Roma. Dal 2013 al 2016 è stato impiegato presso la Centrale Operativa Marittima della Squadra Navale nella gestione di tutte le attività nazionali e fuori area della Marina. Collabora con la Rivista Marittima e l’Ufficio Storico della Marina dal 2006.

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Il sommergibile PIETRO VENUTI della Classe «U212A» 2a Batch, realizzato dal Cantiere Muggiano di Fincantieri, rappresenta una significativa evoluzione della classe «Todaro», frutto della collaborazione tra Italia e Germania. Nell’immagine in basso: vista laterale con in evidenza le forme di scafo ottimizzate per la navigazione sottomarina. In apertura: l’unità nel corso delle prove in mare nel Golfo della Spezia (Foto autore).

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SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE

Pietrino

Incisione olandese del tardo Cinquecento che illustra le brutalità della guerra. Nel riquadro, Pietrino Belli (Fonte: it.wikipedia.org).

BELLI Alle origini del dibattito bellico moderno Renato Ferraro (*)

I

o mi considero, forse con un po’ di presunzione, un ex giurista; nel senso che ho studiato giurisprudenza da giovane, laureandomi ventiduenne nel 1957. Però poi — anche se nell’esercizio della mia professione di Ufficiale delle Capitanerie di Porto ovviamente dovevo anche vedermela con questioni pratiche di diritto, soprattutto marittimo ma anche penale e amministrativo — i miei interessi culturali nel tempo si sono andati ampliando a vari ambiti, soprattutto alla politica internazionale grazie ai corsi seguiti in Marina (IGM, ISMI, CASD), tanto da sentire a un certo punto il bisogno di intraprendere studi anche in scienze politiche, laureandomi nel 1975. Ma dopo, a congedo avvenuto alla fine del 1999, mi sono dato soprattutto a studi e letture filosofiche. Purtroppo questa dispersione di energie mi ha fatto rimanere un mediocre dilettante in tutte le discipline; mediocre ma dilettante, nel senso che mi diletto molto a leggere (forse senza capire proprio tutto), e a scrivere cose probabilmente inconsistenti. Devo confessare che fino a qualche tempo fa scioc-

camente menavo quasi vanto di questa mia mediocrità, rifacendomi all’espressione di Orazio «aurea mediocritas». Però poi per caso ho scoperto che mediocritas non va tradotto «mediocrità», bensì «moderazione» oppure «via di mezzo»: ricordiamo la massima della Scolastica In medio stat virtus.

(*) Ammiraglio Ispettore Capo in congedo assoluto, già Comandante Generale delle Capitanerie, è laureato in giurisprudenza e scienze politiche e ha frequentato l’ISMI e il CASD. Dal 1986 al 1992 è stato vice-capo di gabinetto di tre Ministri della Marina Mercantile succedutisi nel tempo. Ha insegnato economia marittima nell’Università Statale di Cassino. Dopo il congedo (1999) ha frequentato un biennio di filosofia e conseguito tre master di II livello in Peace Building Management presso la Pontificia Facoltà Teologica San Bonaventura. Ha pubblicato alcune centinaia di articoli e recensioni sulla Rivista Marittima e su altre riviste specializzate. Collabora con la Rivista Marittima dal 1977. Suona il basso-tuba nella prestigiosa Statuario Band di Roma.

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Ma mi è rimasta comunque una predilezione per il jus gentium, che mi ha portato, per esempio, a partecipare alcune volte ai convegni magistralmente organizzati a San Ginesio dal Centro Internazionale di Studi Gentiliani, nel nome del grande Alberico Gentili: un’esperienza che suggerirei a tutt’i cultori della materia. Il quale Alberico Gentili, come tutti sanno, insieme con l’olandese Ugo Grozio (Huig de Groot) è considerato il padre del diritto internazionale moderno. Ma tutti i padri hanno ovviamente anche degli

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ascendenti. E uno di questi — anzi, forse il più importante di essi — è Pietrino (o Pierino, o Petrino) Belli da Alba, della cui lezione tratterò brevemente in questo scritto, e il quale ha, a sua volta, degli … antenati, come i fratelli Pietro, Baldo e Angelo degli Ubaldi, perugini, Bartolo da Sassoferrato, Francisco de Vitoria di Burgos; quest’ultimo, però, non sembra sia stato letto dal Belli. E, risalendo ancora più indietro nel tempo, si potrebbero anche citare Agostino, Isidoro di Siviglia, Tommaso d’Aquino (che poi era da Roccasecca) e altri, le cui opere facevano

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STORIA E CULTURA MILITARE

Missione senza ritorno Il piano, mai realizzato, dello spettacolare assalto al porto di Pola progettato dalla Regia Marina nella Prima guerra mondiale

Claudio Rizza (*)

(*) Ufficiale di Marina del Corpo di Stato Maggiore e laureato in Scienze Marittime e Navali e in Scienze Politiche. Ha ricoperto vari incarichi, a bordo e a terra, tutti inerenti la propria specializzazione di ÂŤDirettore del TiroÂť e di Comando a bordo. Collabora, oltre che con la Rivista Marittima, anche con il mensile Storia Militare.

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«Vi è da compiere un’ardua impresa di guerra che sarà da me condotta e nella quale vi sono novantanove probabilità su cento di lasciarci la pelle, e una di prendere una medaglia d’oro: vi avrei prescelto, se accetterete, per mio Comandante in 2ª, ma non vi posso ancora dire di cosa si tratta» (1). Con queste parole, scritte sul finire di settembre del 1918, l’allora Capitano di Vascello Alessandro Ciano, designato comandante della vecchia corazzata Re Umberto per una missione segretissima, si rivolse al comandante Ugo Perricone, suo compagno d’armi nel corso di un’importante missione internazionale nell’anteguerra (2). Ciano proponeva al comandante Perricone di affiancarlo in quella che, seppur non eseguita, fu ritenuta la più «geniale e audace operazione contro la Piazzaforte di Pola» (3) progettata nel corso della Grande Guerra. Una missione talmente segreta che nessuno dei pochi documenti scritti inerenti quella vicenda sopravvisse alla guerra.

La corazzata RE UMBERTO in navigazione nell’ultimo decennio del XIX secolo. Si noti la colorazione in uso all’epoca, definita «Vittoriana» in quanto adottata in prima battuta dalla Royal Navy, con scafo nero, sovrastrutture bianche e fumaioli e alberature in giallo ocra (Fonte: USMM).

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RUBRICHE

F ocus diplomatico Europa e Italia: un bilancio a fine anno Mi riconosco nella delusione espressa da molti convinti europeisti, ma anche da alcuni non disonesti euroscettici, sullo stato attuale del progetto europeo. Sono anche convinto al tempo stesso che i cittadini europei possano ricominciare ad avere fiducia nel futuro dell’integrazione economica e, in prospettiva, politica del nostro continente. Ho creduto sin da giovane nell’Europa così come progettata da Schuman e Monnet e sono convinto della validità del metodo funzionalista da loro inventato. Non mi sono mai spinto fino a ritenere possibile realizzare una vera unione politica di tipo federale tra i Paesi europei nei tempi contenuti nell’orizzonte temporale delle presenti generazioni. A suo tempo avrei preferito che si fosse continuato a parlare di «Comunità» anziché di «Unione» e che si fosse poi evitato di invocare l’adozione di una «Costituzione» a questo stadio ancora non sufficientemente avanzato della costruzione europea. Sono convinto infatti che le fughe verbali in avanti non producano risultati concreti e che anzi talvolta generino effetti contrari: temo che la mancata ratifica del trattato sulla costituzione europea mi abbia dato ragione. Ma ho creduto e continuo a credere nella possibilità di realizzare in tempi finiti una compiuta unione economica, che accompagni l’unione monetaria e metta al sicuro il mercato unico; di rigenerare e consolidare l’area Schengen ora scossa dall’immigrazione incontrollata; di creare infine una credibile capacità di difesa dei Paesi Europei intorno alle Istituzioni comuni che già esistono. Una autonoma capacità di difesa dei Paesi europei è resa tanto più necessaria dalla ripresa di vecchie minacce, dal sorgerne di nuove e dalle incertezze attuali nelle nostre alleanze. Una volta conseguiti questi obiettivi molto ambiziosi, ci si potrà dedicare a costruire una unione di Stati su base costituzionale federale, se le condizioni politiche lo permetteranno. Per ricominciare a costruire, è utile cercare di ca-

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pire intanto quello che non ha funzionato. A questo proposito vengono menzionati giustamente, tra le cause della crisi, la presenza del Regno Unito a partire dal 1973, la fine del confronto Est-Ovest, l’ampliamento a Est del 2004 e l’atteggiamento indecifrabile della Germania che, dieci anni dopo la riunificazione e l’uscita di scena di Kohl e della sua generazione, ha dimenticato il debito contratto con il resto dell’Europa. Per parte mia sottolineo soprattutto, tra queste cause, l’ampliamento a Est del 2004, che ha portato di colpo il numero dei membri dell’Unione da 15 a 28. Questa decisione fu a quel momento ritenuta indispensabile per ancorare i Paesi ex-comunisti dell’Europa centrale al nucleo dei Paesi da molto più tempo liberali e democratici dell’Europa Occidentale. Con il senno di poi ci si chiede se l’obiettivo non avrebbe potuto essere conseguito con modalità e tempi diversi. Quella decisione ha avuto comunque effetti devastanti sulla capacità decisionale dell’Unione: effetti derivanti sia dall’eccessivo numero dei membri, sia dalla presenza di nuovi Stati portatori non solo di interessi ma soprattutto di valori diversi da quelli del nucleo dei Paesi dell’Europa Occidentale. Perché l’Europa è attrezzata per mediare tra interessi diversi ma non tra valori diversi. Rimane il quesito se la frattura tra vecchia e nuova Europa (terminologia, da quello che ricordo, inventata da Bush junior) potrà essere ricomposta. A queste considerazioni aggiungo due elementi che si sono manifestati negli ultimi quindici anni e che hanno incrinato la coesione tra i Paesi Membri: uno interno all’Europa e uno proveniente dall’esterno. Il fattore interno è stato la progressiva perdita di fiducia tra i Paesi membri: su questo punto non ho esitazioni a chiamare in causa anche le responsabilità del nostro Paese. Dopo la creazione del mercato comune e poi del mercato interno, il progresso più significativo è stato l’unione monetaria: per stabilizzarla era indispensabile completarla con

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osservatorio gennaio_Layout 1 04/02/2020 18:56 Pagina 94

RUBRICHE

Osservatorio internazionale

Isole Chagos e Diego Garcia (Territorio Britannico dell’Oceano Indiano): Regno Unito accusato di «crimini contro l’umanità» da parte di Mauritius

Il Regno Unito è stato accusato di aver commesso «crimini contro l’umanità» per essersi rifiutato di consentire agli originali abitanti delle isole Chagos di tornare nelle loro vecchie case sulle Isole Chagos, nonostante una sentenza, all’inizio di quest’anno, da parte della più alta corte delle Nazioni Unite. Descrivendo il comportamento della Gran Bretagna come testardo e vergognoso, il Primo ministro di Mauritius, Pravind Jugnauth, ha affermato che si stava esplorando la possibilità di presentare accuse di crimini contro l’umanità contro singoli funzionari britannici presso il Tribunale Penale Internazionale (ICC, International Criminal Court). «È una violazione del principio fondamentale dei diritti umani. Non riesco a capire perché questo governo, la Gran Bretagna, sia così testardo», ha dichiarato Jugnauth. Gli anziani Chagossiani che vivono a Mauritius hanno fatto eco a quelle critiche e hanno accusato la Gran Bretagna di aver deliberatamente trascinato a lungo la questione nella speranza che la comunità semplicemente si estinguesse e che il problema si risolvesse da solo (o per «attrition»). All’inizio di quest’anno, Mauritius ha ottenuto una grande vittoria contro la Gran Bretagna quando la Corte internazionale di giustizia (ICJ) dell’Aja ha stabilito — in un parere consultivo — che le Isole Chagos dovevano essere consegnate a Mauritius per completare la sua «decolonizzazione». L’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha quindi votato per dare alla Gran Bretagna una scadenza di sei mesi per iniziare tale processo. La Gran Bretagna ha fermamente rifiutato di aderire. È passato mezzo secolo da quando la Gran Bretagna prese il controllo delle Isole Chagos dalla sua allora colonia, Mauritius, e sfrattò, in maniera forzosa secondo Mauritius, l’intera popolazione di oltre 1.000 persone per far posto a una base militare

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americana (US Naval Support Facility Diego Garcia) — parte di un accordo segreto negoziato alle spalle di Mauritius mentre quest’ultimo cercava di assicurarsi l’indipendenza dal Regno Unito. «La Gran Bretagna ha professato, per anni, il rispetto dello stato di diritto, il rispetto del diritto internazionale ... ma è un peccato che il Regno Unito non agisca in modo equo e ragionevole e in conformità con il diritto internazionale sulla questione dell’arcipelago di Chagos», ha insistito Jugnauth. Secondo la tutela legale del governo mauriziano, la Gran Bretagna è sul punto di trovarsi come uno Stato «paria», con una situazione in cui Chagossians — una popolazione deportata, vuole tornare e ha il diritto di tornare indietro con il Regno Unito che, invece, lo impedisce. La Gran Bretagna continua a insistere sul fatto che la sentenza ICJ sia sbagliata, si è scusata per il passato trattamento dei Chagossiani e ha promesso di consegnare le isole a Mauritius quando non saranno più necessarie per motivi di sicurezza, impegnando, altresì, oltre 40 milioni di sterline per migliorare il sostentamento dei Chagossiani che vivono a Mauritius, nelle Seychelles e nel Regno Unito. Il Regno Unito ha anche iniziato a permettere a piccoli gruppi di Chagossiani di tornare nell’arcipelago per brevi visite, ma a Mauritius questi tour sono stati condannati come un rozzo tentativo di dividere la comunità degli isolani. La posizione di Londra è stata considerata suicida da diversi parlamentari e lo stesso voto all’Assemblea Generale, nonostante una intensissima lobby angloamericana, ha visto un altissimo numero di astensioni, che sostanzialmente ha permesso alla mozione, ostile a Londra, di vincere la tensione con molte nazioni dell’EU che si sono astenute, quale segno di un crescente freddo con Bruxelles. I parlamentari critici affermano che il negoziato con Mauritius, sull’uso da parte di forze militari britanniche e terze (leggasi Stati Uniti), sia stato condotto male e svogliatamente e tutte le richieste di Port Louis sono state considerate come inaccettabili. Ora il

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Marine_militari_Layout 1 13/02/2020 13:58 Pagina 102

RUBRICHE

M arine militari ARGENTINA Consegnato il pattugliatore Bouchard

BRASILE «Scan Eagle» per fregate e pattugliatori d’altura

Alla fine di dicembre 2019 e con due mesi di anticipo rispetto alla scadenza contrattuale, la società francese Naval Group ha consegnato alla Marina argentina il pattugliatore d’altura Bouchard, ricavato dalla conversione dell’Adroit, unità sperimentale sviluppata a fini commerciali. Le attività di conversione e ammodernamento si sono protratte per 10 mesi e rientrano in un programma che prevede anche la costruzione di altre tre unità similari, realizzate secondo un progetto noto come «OPV 87» e da consegnare alla Marina argentina con cadenza semestrale, a partire dall’aprile 2021. Gli interventi di Naval Group hanno riguardato in particolare l’adattamento del sistema combattimento alle esigenze della Marina argentina, il potenziamento del sistema propulsivo e un incremento dell’autonomia operativa grazie all’installazione di nuovi impianti per la produzione dell’acqua dolce e l’imbarco di un cannone da 30 mm. Le attività di Naval Group comprendono anche il supporto addestrativo a favore degli equipaggi delle nuove unità, così come il supporto logistico. Al comando del capitano di fregata Daniel Eduardo Giudici, il Bouchard ha lasciato la base navale francese di Tolone il 16 gennaio, facendo rotta per l’Argentina.

La Marina brasiliana ha deciso di imbarcare sistemi tattici a pilotaggio remoto «Scan Eagle» a bordo delle fregate classe «Niteroi» e dei pattugliatori d’altura classe «Amazonas»: un sistema «Scan Eagle» comprende sei mezzi aerei a pilotaggio remoto e le apparecchiature di comando, controllo, lancio e recupero. Lo «Scan Eagle» verrà inizialmente utilizzato per consolidare i concetti operativi sviluppati per il suo impiego dalle unità navali, per poi espanderne le attività su naviglio di maggiori dimensioni di cui al momento non sono tuttavia noti i dettagli. L’acquisizione dello «Scan Eagle» sarà gestita attraverso i canali Foreign Military Sales (FMS) con il governo degli Stati Uniti.

BANGLADESH Contratto per nuovi pattugliatori d’altura Il 16 gennaio il cantiere Chittagong Dry Dock Limited ha stipulato un contratto per la costruzione di sei nuovi pattugliatori d’altura per la Marina del Bangladesh, un’attività che rientra nel programma di lungo termine per l’ammodernamento delle locali forze armate. Destinate a svolgere operazioni di sorveglianza, polizia marittima e contrasto ai traffici illeciti nella Zona Economica Esclusiva del Bangladesh, le nuove unità saranno realizzate con la collaborazione di una società cantieristica estera: esse avranno un dislocamento di circa 2.000 tonnellate, una lunghezza di 85 metri e un velocità massima di almeno 12 nodi.

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BULGARIA Consegna di elicotteri AS365N3+ «Dauphin II» Il 6 dicembre 2019, la Marina bulgara ha ricevuto un ulteriore elicottero tipo AS365N3+ «Dauphin II», prodotto dal consorzio Airbus e consegnato nell’aeroporto Chaika alla periferia di Varna. Il nuovo aeromobile è stato acquisito per sostituire un elicottero AS565MB «Panther», distrutto in un incidente occorso nel giugno 2017 ed è stato convertito per l’impiego navale in un’infrastruttura industriale situata a Brasov, in Romania. Da

L’elicottero AS365N3 «Dauphin II», entrato recentemente in servizio nella Marina bulgara (Fonte: Bulgarian MoD).

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baldacci voga reale turca_Layout 1 04/02/2020 18:12 Pagina 116

RUBRICHE

Storie di mare La Franca Contea, l’Accademia Navale e la Voga Reale Turca Il titolo sembra essere formato da tre realtà fra loro lontane, ma penso che un sottile legame fra di loro esista e così ne parlo in quel che segue. È il mattino del 25 Aprile 2019 e la data non mi invoglia a manifestare particolari segni di allegrezza. La considero piuttosto la ricorrenza del trionfo della sconfitta dei sentimenti che erano alla base dei migliori di noi e forse è per questo che inconsciamente quasi sempre si scrive «25 Aprile» e non «XXV Aprile» con i numeri romani come per esempio si fa col XX Settembre 1870, data della fine del potere temporale dei Papi. Sarà forse perché in molti non lo si percepisce come simbolo di un momento fondativo e perciò meritevole di essere espresso solennemente. Inconsciamente o meno, piaccia o non piaccia, il 25 Aprile resta qualcosa che sembra non far parte del patrimonio culturale e politico di tutti. Anche perché non tutti lo condivisero. Io, confesso, fra costoro. Sono appena suonate le ore 9. Dire che «le 9 sono appena suonate» è cosa che ci riporta davvero indietro nel tempo fino a quando, non esistendo ancora orologi da polso o comunque portatili, tutti indistintamente si rifacevano ai rintocchi delle campane dei conventi o delle campanelle collegate agli ancora misteriosi rotismi dei primi orologi meccanici la cui vita veniva dal lentissimo scendere dei pesi. Qualcuno certo ricorda di quanto parlai di tali orologi che oggi sopravvivono solo per addobbare qualche salotto, cosa che accade per gli austeri long case dai perfetti meccanismi o per le più ariose contoises dai lunghi pendoli decorati. Di queste ultime, originarie della Franca Contea ne parlai a lungo mosso dall’interesse che sempre avemmo per loro e che ci portò a dotarne la nostra casa con più di un bell’esemplare. Ma ecco qui, tanto per richiamarne la memoria, il quadrante di una Contoise fine 1700, anch’essa ormai ferma fin dal momento in cui Gigliola ci ha lasciato,

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come è accaduto a ogni altro orologio d’epoca presente in casa, dato che lo scorrere delle ore e dei giorni ha da allora perduto ogni significato essendosi per me fermato il tempo. Di questo esemplare riporto qui la fotografia del solo quadrante che ho fatto ora con l’iPad, tralasciando pendolo e pesi, anche se devo dire che anch’essi sono particolarmente belli, ma già il solo quadrante lascia capire la loro pregevolezza. Da notare che

gli ornamenti dei due angoli inferiori possono ruotare con appena un lieve tocco delle dita per dare adito ai fori quadrangolari dove inserire la manovella con cui dare la carica alle molle dei meccanismi delle ore e del suono. Sul quadrante è inciso, come d’uso, il nome del costruttore che non poteva essere che della Franca Contea luogo di nascita delle Contoises. Mi sono lasciato andare ai ricordi e alle immagini di

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RUBRICHE

C he cosa scrivono gli altri «I 500 anni di Magellano» STORICA NATIONAL GEOGRAPHIC,

DICEMBRE 2019

Cinque secoli fa, il 10 agosto 1519, salpava da Siviglia una spedizione di cinque navi a vela con 237 uomini d’equipaggio, al comando del portoghese Ferdinando Magellano (14801521), che aveva già maturato una lunga esperienza di navigazione nell’Oceano Indiano e che allora, sotto le insegne del re di Spagna Carlo I (il futuro imperatore Carlo V), basandosi sugli stessi presupposti geografici colombiani, intendeva «buscar el levante por el ponente» per raggiungere le favolose isole delle spezie, sfuggendo alle complicazioni geopolitiche create dalla bipartizione del globo terracqueo dettata dalla Raya di papa Alessandro VI (lo spagnolo

Rodrigo Borgia), riveduta e corretta dal trattato di Tordesillas del 1494. Se infatti la Bolla pontificia Inter Coetera concedeva ai sovrani spagnoli il possesso di tutte le isole e le terre scoperte (e di quelle che sarebbero state scoperte in futuro), a Ovest di una «Linea retta» (Raya) Polo Nord/Polo Sud, idealmente tracciata a circa cento leghe dalle isole Azzorre e Capo Verde, con il trattato di Tordesillas detta «linea» era stata spostata ancora più a ovest, sino a 370 leghe, permettendo così al Portogallo di reclamare il suo dominio sul Brasile (al riguardo per ulteriori approfondimenti, http://www.homolaicus.com/storia/moderna/ colombo/inter_coetera.htm). Dopo questa necessaria premessa, il problema di Magellano era quello di tro-

Mappa del periplo del mondo di nave VICTORIA redatta dal cartografo tedesco Heinrich Scherer (1702) - (Fonte: amarilloart.es).

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Recensioni gennaio_Layout 1 13/02/2020 14:08 Pagina 122

RUBRICHE

Recensioni e segnalazioni Giuseppe Conte

I senza cuore Scrittori Giunti Firenze 2019 Pagg. 420 Euro 19,00

L’articolo 1235 del vigente codice della navigazione stabilisce che «Agli effetti dell’art. 221 c.p.p. sono ufficiali di polizia giudiziaria … omissis … 2) i comandanti delle navi e degli aeromobili, riguardo ai reati commessi a bordo in corso di navigazione, … omissis …». Ma questa non è un’invenzione di Antonio Scialoja, il grande giurista ispiratore del citato codice (che è del 1942): da sempre il comandante della nave è maitre après Dieu e, come tale, responsabile del buon ordine a bordo, e quindi inquisitore degli eventuali delitti avvenuti sulla sua unità. Lo era anche nel 1116, anno in cui si svolge la vicenda narrata in questo strepitoso romanzo di Giuseppe Conte, il grande poeta e scrittore ligure, strepitoso ma anche sconvolgente per la crudeltà di certi misfatti che avvengono a bordo della galea genovese Grifona, armata e comandata da Guglielmo il Malo della storica famiglia degli Embriaci, in rotta per l’Atlantico per una missione misteriosa che sta particolarmente a cuore a Guglielmo: scoprire se la coppa di smeraldo da lui riportata dalla I Crociata alla quale ha valorosamente partecipato, e da lui donata alla Cattedrale genovese di San Lorenzo (dov’è tuttora conservata!), sia autentica o una copia. Questa coppa sarebbe stata donata dalla Regina di Saba a Salomone, e poi da Gesù usata nell’Ultima Cena. Guglielmo, nelle sue indagini sui crimini commessi a bordo, è affiancato dallo scrivano Oberto da Noli; ma i due non riescono a scoprirne l’autore (o gli autori), e solo per caso se ne viene a capo alla fine della vicenda: insomma, un libro di narrativa marinara (ahimè, quanto pochi nella nostra letteratura…) ma insieme un classico

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thriller, la cui imprevedibile soluzione si scopre solo alla fine. Ma di là dalla vicenda narrata, quello che anche può intrigare i lettori, specie quelli della Rivista Marittima, è l’uso di termini marinareschi in parte desueti, quindi non noti a noi vecchi marinai del Vespucci; per fortuna alla fine del libro vi è un glossario che chiarisce gli eventuali dubbi. Per esempio: «carrozza di poppa» è un «vano sopraelevato a poppa, formato da un telaio di legno e da stoffa, che fa da sala degli ufficiali»; «pianero» è un «remo più vicino alla corsia e dunque il più lungo dei tre remi di un banco»; mentre «postizzo» è il «remo mediano di un banco». E si potrebbero citare ancora molti di questi termini non più in uso, quindi da scoprire. Ma non basta: altro fattore di particolare interesse del libro è la rievocazione della grande cultura araba del nostro Medioevo: io non sapevo, per esempio, che Lisbona avesse goduto di grande magnificenza ai tempi del dominio saraceno e berbero, quando era conosciuta col nome di al-’Išbūnah; e, sempre a proposito della mia ignoranza in geografia, non sapevo che esiste una Cornovaglia francese (oltre quella britannica), la cui antica capitale era Quimper, in bretone Kemper (e come tale indicata nel romanzo): regione della quale Conte rievoca antiche, affascinanti leggende. Si ha anche un breve incontro con i Vichinghi (miei … vecchi amici, vedasi il mio «I Vichinghi alla scoperta dell’America», Notiziario della Guardia Costiera agosto/ottobre 2013), ma per fortuna senza conseguenze bellicose. Ancora due personaggi vorrei ricordare: Carnac il Mancino, un massiccio maestro d’ascia bretone che diventa la guardia del corpo di Guglielmo; e l’Abate Brendan: che si tratti di Brendan the Navigator? No, non è possibile: il secondo ha compiuto le sue epiche gesta nel VI secolo, molto prima del XII, quando si volge la vicenda narrata nel romanzo qui rassegnato. Per tornare alla cultura araba, va detto che Giuseppe Conte, l’Autore di questo splendido romanzo, ne è da sempre un fine conoscitore ed estimatore, tanto da aver scelto come suo pseudonimo Yusuf, che poi altro non è che il nostro Giuseppe.

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Renato Ferraro

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RIVISTA

MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868

NEL PROSSIMO NUMERO FOCUS SU VICINO E MEDIO ORIENTE

LA COLLABORAZIONE ALLA RIVISTA È APERTA A TUTTI. IL PENSIERO E LE IDEE RIPORTATE NEGLI ARTICOLI SONO DI DIRETTA RESPONSABILITÀ DEGLI AUTORI E NON RIFLETTONO IL PENSIERO UFFICIALE DELLA FORZA ARMATA. RIMANIAMO A DISPOSIZIONE DEI TITOLARI DEI COPYRIGHT CHE NON SIAMO RIUSCITI A RAGGIUNGERE. GLI ELABORATI NON DOVRANNO SUPERARE LA LUNGHEZZA DI 12 CARTELLE E DOVRANNO PERVENIRE IN DUPLICE COPIA DATTILOSCRITTA E SU SUPPORTO INFORMATICO (QUALSIASI SISTEMA DI VIDEOSCRITTURA). GLI INTERESSATI POSSONO CHIEDERE ALLA DIREZIONE LE RELATIVE NORME DI DETTAGLIO OPPURE ACQUISIRLE DIRETTAMENTE DAL SITO MARINA ALL’INDIRIZZO HTTP://WWW.MARINA.DIFESA.IT/CONOSCIAMOCI/EDITORIA/MARIVISTA/PAGINE/NORMEPERLACOLLABORAZIONE.ASPX. È VIETATA LA RIPRODUZIONE ANCHE PARZIALE, SENZA AUTORIZZAZIONE, DEL CONTENUTO DELLA RIVISTA.

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