33 minute read

Evoluzioni asimmetriche

Gino Lanzara

Capitano di fregata (CM); laureato in Management e Comunicazione d’impresa e anche in Scienze diplomatiche e strategiche. Analista e studioso di geopolitica e di sicurezza, collabora in materia con diverse testate. Ha pubblicato il saggio Guerra economica: quando l’economia diventa un’arma. «... Il compito sarà arduo. Potrebbero esserci giorni oscuri davanti a noi, e la guerra ormai non può più essere confinata al campo di battaglia ...». Re Giorgio VI d’Inghilterra, 3 settembre 1939.

Advertisement

L’aggettivo asimmetrico, per quanto a la page, fa suo un modo flessibile di concepire gli eventi assimilabile a quello che ha riguardato l’analisi filosofica della natura dei conflitti, quanto cioè questi possano essere giusti, a partire da Sant’Agostino, passando per Francisco de Vitoria fino a giungere a San Giovanni Paolo II. Tanto per rimanere sugli evergreen, Sun Tsu affermava che come l’acqua si adegua al terreno che incontra, il soldato ottiene la vittoria adeguandosi all’avversario che affronta; per non esser da meno, per von Clausewitz la guerra non può che tendere all’estremo assoluto, anche se va considerato che gli eventi, non svolgendosi mai linearmente, sono oggetto delle influenze esercitate da antropologia, storia, politica ed economia, che allontanano la guerra da conseguenze assolute ponendo limiti precisi all’azione di militari ed esecutivi politici. Il termine simmetria deriva dal greco, e risulta composto da syn, che indica la simultaneità, e métron, che significa misura; di conseguenza l’asimmetria può essere presentata come la contrapposizione di grandezze reciprocamente non misurabili. La condotta bellica diventa componente logica che determina una successione di mediazioni, tra cui proprio quelle che riguardano il ruolo dell’asimmetria delle forze, dell’incertezza, della prevalenza della difesa rispetto all’attacco, dell’irrazionalità che caratterizza i movimenti di grandi masse di uomini e la loro linea di comando e che vanifica i piani già predisposti; essendo dunque impossibile preparare azioni ispirate ai criteri della guerra assoluta, von Clausewitz affida alla politica il compito di dirimere ogni possibile aspetto che possa manifestarsi. La condotta asimmetrica si fonda, dunque, sia sulle sollecitazioni che provengono dall’egemone che quanto più ascende alla superiorità militare convenzionale (1) tanto più incentiva gli avversari a perseguire sfide asimmetriche, sia sulla diversa velocità con cui i belligeranti conducono le operazioni; in sintesi, l’asimmetria positiva si fonda su di una capacità di accelerazione superiore a quella nemica, mentre l’asimmetria negativa dipende dalla

Evoluzioni asimmetriche

volontà e dalla capacità di rallentare il conflitto accettando però il maggior numero conseguente di vittime. Nell’asimmetria è l’assenza di limiti relativi ad attori e mezzi impiegati a risultare dirompente, benché l’asimmetria stessa (2) non sia mai stata espressione di violenze incontrollabili, totali e assolute, ma la manifestazione di una strategia complessa che mirava non al controllo del territorio ma, in senso lato, alla delegittimazione politica, economica e morale. L’asimmetria, in via concettuale e per quanto applicata agli eventi bellici, non può non attrarre per le teorizzazioni che ha determinato, e soprattutto per gli effetti che ha prodotto. Per millenni i più deboli hanno cercato di neutralizzare la supremazia tecnologica nemica ricorrendo agli stratagemmi più disparati, purché idonei per ogni contesto che richiedesse l’affermazione delle proprie linee politiche; di fatto, è la dimensione cognitiva più umana di uno dei mestieri più antichi che esistano al mondo, quello delle armi. Nel tempo sono variati i metodi, ma non gli intenti né tanto meno gli obiettivi. Oltre duemila anni fa le tribù germaniche hanno opposto resistenza a un esercito moderno sfruttandone gli errori tattici e scegliendo il terreno dello scontro, ineludibile principio dimenticato a Teutoburgo dagli stessi Romani peraltro già edotti nelle azioni di controguerriglia in Britannia, terra costellata di accampamenti e strade, o agli americani, in un Vietnam oggetto di addomesticamento grazie all’uso di defolianti chimici. La somiglianza con eventi più recenti, come quelli avvenuti in Cecenia, dove i russi hanno dovuto subire le iniziative di insorti peraltro spesso già appartenuti alle loro stesse Forze armate, o a Mogadiscio con il Black Hawk down, è più evidente di quanto non appaia, specialmente per quanto concerne gli scontri nelle aree urbane. Dato per scontato che il genius della guerra premia soprattutto i più sagaci, la differenza tra l’esperienza romana e quella russa, è che le Legioni hanno fatto propria la durissima lezione impartita da Arminio, imparando a combattere con intelligenza preservando l’integrità tattica delle forze. Operativamente non si sa cosa sia accaduto con certezza a Teutoburgo, ma di certo l’esito dello scontro fu deciso già nel momento della sua preparazione puntando alla frammentazione della fanteria romana, altrimenti imbattibile per via simmetrica. Roma scelse di rialzarsi e Germanico, con le sue forze, non molto tempo dopo, si adoperò perché ai Germani fosse noto il ritorno dell’aquila capitolina, facendo però attenzione a preservare l’integrità tattica e operativa in movimento, attendendo l’attacco nemico e utilizzando al meglio i mezzi disponibili nel combattimento ravvicinato. Anche in questo caso l’esito dello scontro fu deciso prima che i fanti arrivassero al contatto. Come Varo, i russi si sono trovati a dover combattere contro una società tribale, miopemente sminuita, e tuttavia padrona del terreno. Il modo più congeniale di cogliere di sorpresa il nemico è rimasto dunque il combatterlo dove meno se lo aspetta, come fece Germanico, capace di sfruttare al meglio le lesson learned, cosa non riuscita né alle Forze corazzate russe a Grozny — assimilabili alla fanteria legionaria di Varo — né agli americani in Somalia malgrado l’evidente superiorità tecnologica. Le foreste germaniche sono state sostituite dalle foreste urbane di strade e palazzi, mentre l’elemento cardine è consistito ancora una volta nell’efficienza e nella motivazione degli uomini. In tema di resistenza, secondo Carl Schmitt la lotta asimmetrica partigiana determina in ogni caso uno spazio più complesso perché il resistente, non combattendo in campo aperto, aggiunge alla tradizionale dimensione bellica una nuova profondità nella quale chi indossa un’uniforme è già condannato. Di contorno, un altro elemento appartenente alla modernità e rivelatosi fondamentale, ovvero lo sfruttamento strategico delle comunicazioni, ora quelle radio televisive e via rete, che conducono a un’altra forma di guerra la cui iniziativa non può né deve essere lasciata in mani nemiche. La prima lezione, valida per ogni contesto bellico, consiste dunque nel comprendere come imporre la propria volitività in modo egemonico e nel saper reagire tatticamente con la maggiore celerità possibile. Non a caso nel 900, il secolo delle guerre, si è sviluppato un modello conflittuale asimmetrico tra formazioni regolari e irregolari, che hanno trovato posto e dimensione nelle accezioni rappresentate da guerriglia e terrorismo (3), e che ora può essere definito come l’impiego di tattiche e tecniche innovative, convenzionali e non, da parte di comunità più deboli, statuali e non, contro avversari più potenti e tecnologicamente superiori. Il tutto, cercando

Evoluzioni asimmetriche

di sfruttare sia le vulnerabilità dell’egemone, sia la sua reazione violenta produttrice di danni collaterali utili a suscitare risentimento nella popolazione, dove peraltro il fattore tempo, più o meno protratto, diviene fondamentale per calcolare e proiettare i costi materiali. Non è inopportuno rammentare che l’espressione guerra asimmetrica è stata coniata nel 1975 da Andrew Mack (4) nella sua analisi «Why big nations lose small wars», utilizzato per definire le tattiche vietcong contro l’esercito degli Stati Uniti; attualmente si può sostenere che, da un punto di vista quantitativo l’asimmetria è stata determinata dal successo statunitense nella Guerra Fredda, fatto che ha amplificato la distanza, in termini di possibilità e capacità belliche, tra gli Stati Uniti e il resto del mondo. La capacità logistica americana di schierarsi ovunque, unitamente alle potenzialità dell’industria nazionale degli armamenti, ha creato un’asimmetria di fatto che rende impossibile qualsiasi ipotesi di confronto frontale. Ciò che quindi caratterizza l’asimmetria è l’aspetto qualitativo, gli attori interessati, le tattiche, le armi impiegate; in questo campo non vi sono indicazioni precise riguardo ai soggetti, poiché possono essere stigmatizzati come chiunque sia in possesso delle capacità necessarie al perseguimento di uno scopo politico (5). La guerra si evolve e progredisce, procede per generazioni: dalla 3a, propria del conflitto 1939-45, si è passati allo scontro caratterizzato dalla confusione nell’individuazione dei limiti tra guerra e politica della 4a, per giungere alla 5a condotta con azioni non cinetiche che interessano l’ingegneria sociale, la disinformazione (6), gli attacchi informatici, le tecnologie emergenti come l’AI (7). Counterinsurgency (8), Small Wars, Low Intensity Conflict, Fourth Generation Warfare, Peace keeping, Guerre ibride. Numerosi gli Stati coinvolti, diversi gli approcci: i francesi (9) in Indocina e Algeria; gli inglesi in Irlanda del Nord; gli israeliani, votati alla difesa dell’integrità territoriale con la forza e con un incomparabile servizio informazioni; i russi a Grozny; gli americani in Vietnam. Da tutte queste esperienze emerge il fatto che gli insuccessi derivano da svariati elementi: mancanza di

volontà politica conclusiva, uso spropositato della forza, incapacità di soffocare le ribellioni adattandosi alla realtà oggettiva, in un contesto in cui l’opinione pubblica non tollera caduti, non accetta danni collaterali, non gradisce le inevitabili asperità né di un intervento rapido e violento né di una lunga e costosa campagna. La guerriglia, ritenuta da Clausewitz di supporto all’azione convenzionale, indebolisce il nemico affamandolo e privandolo dei rapporti gerarchici, eliminando le autorità locali, infiltrandosi nei gangli organizzativi, amplificando propaganda e disinformazione. Non a caso secondo H. Kissinger «La guerriglia vince se non perde, l’esercito convenzionale perde se non vince». Alla inevitabile controguerriglia si è sostituita una strategia che punta a eliminare le cause che hanno portato alla guerriglia tentando di ristabilire una stabilità sociale da contrapporre al terrorismo basato sull’uso calcolato della violenza e mirato a esercitare coercizioni o intimidazioni volte a raggiungere obiettivi politici, religiosi, ideologici. Un conflitto controinsurrezionale si vince distruggendo l’apparato politico amministrativo guerrigliero, e la distruzione delle Forze armate sovversive non è un obiettivo ma un mezzo per conquistare il sostegno popolare. Thomas Edward Lawrence (10), per il quale combattere gli insorti è una faccenda laboriosa e lenta, come mangiare la minestra con il coltello (11), probabilmente non avrebbe mai immaginato di poter influenzare il Generale Giap, il vincitore dei francesi a Dien Bien Phu nel 1954, specialmente sia per quanto

I vietminh innalzano la loro bandiera sulle posizioni francesi conquistate a Dien Bien Phu (wikipedia.org).

Evoluzioni asimmetriche

concerne l’impossibilità di giungere a una grande battaglia per l’annientamento dei ribelli, sia quando ribadisce la necessità di disporre di un servizio informazioni che sostenga le forze locali nella condotta bellica e che aiuti a consolidare un favorevole effetto psicologico sulla popolazione; tutti elementi che il generale Petraeus, in Iraq, avrebbe fatto suoi puntando alla ricostruzione di un governo stabile in grado di comprendere cause e motivazioni degli insorgenti, ovvero con una politica capace di curare da sé i propri mali: da problema politico a soluzione politica con le Forze armate quale strumento dello stesso potere politico. L’asimmetria della guerriglia pone dunque problemi difficili: il corretto trattamento della popolazione, l’efficacia della risposta cinetica, il bisogno di sostenere una politica di ricostruzione mentre i propri uomini continuano a morire. A tal proposito, il Counterinsurgency Field Manual, pubblicato a cura dello US Army e dello US Marine Corps nel 2007, pone attenzione sugli aspetti politici, sull’interazione sociale, sull’intelligence, sulla flessibilità tattica, sui problemi culturali, puntando tuttavia su un aspetto incontrovertibile: distruggere è più facile che costruire (12). L’asimmetria conduce quindi a una dimensione concettuale foriera di sempre nuove tipologie conflittuali differenti dalla guerra convenzionale perché non ci sono solo soggetti politici forti dei loro eserciti, ma emerge anche l’intreccio di molteplici fattori che sanciscono la fine dell’ordine dello stato vestfaliano, titolare esclusivo del diritto all’uso della forza, che aveva il pieno controllo dello strumento economico e informativo, con regole precise che identificavano amici e nemici, combattenti legittimi e civili. Non c’è dubbio che i conflitti del passato siano simmetrici: riguardavano lo scontro di entità statali paritetiche, per mezzo di eserciti costruiti in maniera similare. La globalizzazione ha sottratto gran parte delle prerogative sovrane a favore di istituzioni sovraordinate o transnazionali, e l’ambito militare si è trovato a dover fronteggiare minacce provenienti da una costellazione di attori volti a sostenere il conflitto per elevare i loro contrasti a dignità nazionale e internazionale. Il libro Guerra senza limiti (13) dei colonnelli cinesi Qiao Ling e Wang Xiangsui, ha contribuito a definire con maggior precisione il concetto di guerra asimmetrica quale conflitto condotto dalla controparte debole con risorse scarse e metodologie belliche non convenzionali per colmare le proprie carenze militari, tecnologiche e finanziarie, trasformando i punti di debolezza dell’avversario in punti utili a colpirlo; compaiono nuove forme di guerra in uno scenario che trascende limiti e confini, dove tutti i mezzi devono considerarsi pronti, con un apparato informativo operativo, con la possibilità di considerare il campo di battaglia ovunque, con la sovrapposizione di armi e tecnologie in grado di cancellare i confini tra «mondo della pace» e «mondo della guerra». È dal 1991 con la Guerra del Golfo che l’arte della guerra inizia a cambiare per natura e funzioni così da riuscire a estendere l’asimmetria anche ad altri tipi di guerre, come le crisi finanziarie asiatiche del 1997, quella russa del 1998, l’attacco chimico alla metropolitana di Tokyo nel 1995 o l’attività qaedista di Bin Laden in Sudan nel 1998. Tatticamente i conflitti asimmetrici si fondano sia sulle diverse velocità, sia su una differente concettualizzazione di tempo e spazio. Di fatto, mentre in Cina si scriveva di guerra globale, consapevoli dei cambiamenti globali in atto, in occidente

Evoluzioni asimmetriche

si è preferito non utilizzare terminologie tecnicamente attagliate ma politicamente poco gradevoli, ottenendo il risultato di rimanere spiazzati e sorpresi dall’11 settembre. I più deboli in quanto a risorse e a comando e controllo, bilanciano la debolezza ricorrendo a mobilità, attitudine offensiva, effetto sorpresa e a un’organizzazione più contenuta dedicata al perseguimento di uno scopo determinato. Numericamente i combattenti asimmetrici sono pochi, spesso circondati da fiancheggiatori occasionali, e le loro azioni riguardano l’uso del fattore temporale vincolato ad azioni di breve durata, altrimenti troppo dispendiose, e che impediscono contromisure strategiche caratterizzate da tempi dilatati contraddistinti da pause, accelerazioni e perdurante incertezza dell’esito ultimo. Lo spazio bellico muta: il campo di battaglia non è più ristretto in un ambito definito, si esplica ovunque, nel dominio concreto come in quello virtuale; strategicamente la guerra asimmetrica assume carattere globale: non conosce confini territoriali, è portata a estendersi a quanti più paesi è possibile, e i gruppi che la praticano, come accaduto in Afghanistan e Iraq, cambiano costantemente le loro tattiche operative per evitare che il nemico vi si possa adattare. Non a caso, nei conflitti asimmetrici afghano e iracheno, la minaccia più grave si è concretizzata negli attacchi compiuti con mine o IED (14) poco costosi, facili da disporre, difficili da individuare, capaci di portare la guerra da un livello di violenza organizzata a uno stato incontrollabile; nel contesto afghano si è poi associato uno degli attori asimmetrici più noti, Al Qaeda, originatore degli eventi dell’11 settembre capace di estendere lo spazio concettuale asimmetrico negli obiettivi (edifici civili e militari (15), nel metodo (dirottamento di aerei passeggeri), negli effetti economici (ingente danno finanziario provocato da un attacco del valore di relativamente poche migliaia di dollari). La guerra asimmetrica punta a risultati concreti, non offre spunti etici, determina confronti in ambito ideale e delle risorse, punta a obiettivi molteplici con soggetti statuali e non, contempla conflitti a bassa intensità con metodologie non tradizionali, prevede l’attacco alla cultura, cura la guerra psicologica con la manipolazione dei media, non trascura l’impiego di ogni tipo di risorsa, sia essa politica, economica, sociale. La guerra senza limiti non tralascia alcun mezzo, compresi quelli finanziari, si pone l’obiettivo del controllo del nemico costringendolo, dopo averlo portato al limite massimo di tolleranza, al compromesso. Il sistema asimmetrico conduce a una valutazione degli eventi da prospettive molteplici, e richiede una capacità di movimento strategica secondo linee d’azione lunghe con operazioni rapide e poco appariscenti. Jacques Baud nel suo saggio La guerra asimmetrica (16) sottolinea sia l’importanza della centralità dell’informazione che attribuisce maggiore o minore influenza alle decisioni da assumere, sia la diffusione della violenza innescata da passioni culturali ed etniche, sia la conquista dell’infosfera, il cyberspazio in cui le informazioni circolano e permettono l’interazione degli attori che prendono così contatto diretto con il pubblico, un insieme dinamico dei messaggi diffusi tramite media e rete; gli ultimi elementi da non sottovalutare riguardano l’approccio strategico indiretto sviluppato a suo tempo dalle forze del Patto di Varsavia finalizzato a mutare il sistema nemico, e la conversione della superiorità dell’avversario in debolezza. Baud individua infine 4 strumenti attraverso cui

Evoluzioni asimmetriche

la guerra asimmetrica si manifesta: la non violenza, la violenza politica, il terrorismo e la guerra della informazione. Sembra dunque arrivato il momento della fine del conflitto tradizionale, dell’essenza funzionale della pura forza militare, ribadendo l’inevitabilità della guerra declinata come non convenzionale o, per rimanere in tema, asimmetrica, cui rimangono associate le tre guerre indirizzate alla propaganda e all’inganno,

alla manipolazione dell’opinione pubblica, e all’uso della complessità della galassia del sistema legale internazionale per annichilire l’avversario. Le guerre non scoppiano più, sono cambiati i punti di riferimento; l’ultima guerra classica è stata quella combattuta nelle Falkland tra Regno unito e Argentina. Lo scontro globale rimane silenzioso sullo sfondo, si indirizza alla ricerca di un nuovo ordine planetario che determini il diritto a un’egemonia attenta alla difesa degli interessi, giacché non esistono più blocchi ideologici distinti in un mercato dove prevale, come sempre, la legge del più forte. In quest’accezione viene difficile anche delimitare il campo per ciò che attiene all’individuazione di amici e nemici: un paese avversario può diventare repentinamente un alleato e viceversa, basti pensare all’Iraq prima appoggiato dagli Stati Uniti nella sua guerra contro l’Iran, poi oggetto delle ripetute campagne intraprese dagli americani; ai mujaheddin afghani addestrati dalla CIA; all’attuale politica turca. Dopo il bipolarismo la teoria della fine della storia di Huntington, seppur circoscritta al termine delle ideologie, ha avuto breve durata, visto che il realismo ha impresso una direzione completamente diversa. Da un’altra prospettiva, l’aggettivazione asimmetrico può essere sostituita con ibrido che, se in letteratura non trova sempre definizioni coerenti, nell’analisi delle attività russe in Georgia e Ucraina può offrire spunti interessanti. Tenuto conto che la guerra ibrida influenza la politica interna, le attività perseguite comportano una combinazione di tattiche diverse, per cui le forze convenzionali possono trovare impiego nel sostenere quelle irregolari in un contesto dinamico che vede profilarsi una minaccia di più grave entità (es. l’uso del-

l’arma nucleare), mentre servizi di sicurezza e apparati propagandistici legittimano le azioni cinetiche convenzionali. È evidente che le attività ibride non rientrano nelle espressioni politiche ufficiali, e richiedono risposte che puntino a una spiccata capacità di reazione alle forme sovversive interne. La guerra ibrida compendia una vasta gamma di attività e tattiche che comprendono la guerra informatica (17), la guerra per procura con uso di terze parti non statuali e la guerra preventiva (18). Non a caso secondo la NATO «i conflitti ibridi comportano sforzi a più livelli progettati per destabilizzare uno Stato funzionante e polarizzare la sua società» fomentando eventuali spinte separatiste, cosa che presuppone il supporto di forze convenzionali magari schierate ai confini per effettuare esercitazioni campali e pronte a proiettarsi all’interno. Sotto quest’ottica la guerra ibrida russa può considerarsi basata su concetti di nuova generazione grazie a un amalgama di hard e soft power riscontrabile in svariati domini, e grazie a una capace e coordinata applicazione di strumenti militari, diplomatici ed economici. Benché sia stato oggetto dal 2013 di successive ritrattazioni, il pensiero del generale Valery Gerasimov (19), è ormai declinato come un’articolazione della più avanzata generazione delle tattiche di guerra ibrida, cui associa

Evoluzioni asimmetriche

il concetto cognitivo di predvidenie (20). Secondo Gerasimov le regole della guerra sono cambiate (21), tanto che il ruolo degli strumenti non militari politici, economici, informativi, in coordinamento con il potenziale di protesta della popolazione, indirizzati al raggiungimento di obiettivi strategici, si è accresciuto spesso superando il potere della forza cinetica (22). Oltre alla combinazione di attività atte a influenzare la politica

interna, mutano anche gli spazi convenzionali dello scontro con il crescente utilizzo di armi di alta precisione: prendono piede le combinazioni di tattiche diverse, la guerra irregolare, la sovversione politica, l’inganno (23). Di fatto le teorie di marca cinese e russa indirizzate al perseguimento degli obiettivi strategici confondono guerra e politica e rappresentano la rottura degli schemi che avevano condotto nel 1991 gli Stati Uniti alla vittoria contro l’Iraq. In fondo già Clausewitz, con l’immagine del camaleonte, conferisce sembianze belliche differenti da porre in relazione agli effetti prodotti, come per esempio negli ambiti economici, finanziari, cibernetici, sociali: la guerra, ora più che mai, appare quale continuazione della politica con qualsiasi mezzo e in grado di ridurre il soft power incrementando il prezzo dell’hard valorizzando l’idea di pace negativa. Rimanendo in ambito asimmetrico, anche l’aspetto cognitivo (24) conserva la sua rilevanza, cosa che ha permesso, tra gli analisti americani, inaugurando dal 1997 il concetto di information dominance, di poter affermare che non è chi ha la bomba più grossa che prevarrà nei conflitti futuri, ma chi racconterà la storia migliore (25), sia individuando i punti deboli del concorrente, sia scegliendo la procedura d’attacco migliore grazie alle informazioni e alla loro diffusione grazie a internet e a un accurato uso del principio del divide et impera, fondamentale nel fiaccare il nemico al suo stesso interno. La guerra cognitiva punta a obiettivi tattici con orizzonti temporali brevi, oppure strategici con campagne protratte nel corso di anni, minando processi democratici, seminando dubbi, innescando disordini, evitando il confronto diretto convenzionale ad alta intensità. La guerra cognitiva (26) compendia capacità

informatiche, psicologiche e d’ingegneria sociale, sfrutta la rete e i social network per veicolare le sue informazioni verso influencer o gruppi predeterminati perché possano diffondersi rapidamente producendo effetti assimilabili a quelli ottenibili per via convenzionale ma con costi sociali contenuti; il conflitto cognitivo punta a seminare dubbi, porta a narrazioni contraddittorie, polarizza l’opinione pubblica, dà un senso ad atti socialmente destabilizzanti (27). Nella guerra cognitiva, mix tra cyberware e guerra psicologica, il vantaggio premia chi si muove per primo scegliendo tempo, luogo e mezzi dell’offensiva; si può dire che prima che la potenza tecnologica dell’informazione crescesse, era più facile carpire un segreto che diffondere una diceria. Tenuto conto che al termine della Guerra Fredda lo scontro si è spostato sul terreno economico e culturale concretizzandosi in operazioni di influenza che coinvolgono le modalità di raccolta e di sfruttamento delle informazioni atte a destabilizzare l’avversario, si può affermare che le operazioni d’influenza e informazione economiche sono un’eredità della information warfare anglosassone. In questo senso, la Scuola di Guerra Economica di Parigi inquadra la guerra cognitiva come l’utilizzo della conoscenza con un obiettivo conflittuale che sfrutta il concetto di perception management (28).

Evoluzioni asimmetriche

Attualmente si può affermare che politica ed economia sono la guerra condotta grazie all’uso dell’informazione, e che la minaccia asimmetrica è rivolta contro l’intero sistema, in particolare contro interessi commerciali, industriali, tecnologici. I rapporti di forza si sviluppano intorno alle dinamiche economiche, visto che la maggior parte dei governi non tenta più di affermare il proprio dominio su altre nazioni, ma cerca di realizzare un potenziale industriale e commerciale in grado di generare ricchezza e lavoro sul proprio territorio. La competizione economica rimodella gli spazi disponibili per un confronto bellico convenzionale, ma il fine ultimo di accumulare potenza rimane lo stesso; gli attori principali sono gli Stati, controllori calanti del mercato e dei suoi flussi, e le imprese, che di fronte alla nuova declinazione competitiva geoeconomica e geoinformativa, hanno optato per il controllo dell’informazione strategica, dove riuscire a influenzare ogni decisione dei poteri pubblici diviene passaggio obbligato della competizione commerciale che rientra nella guerra dell’informazione, un’espressione della strategia di ogni paese che intende dare una propria interpretazione del rapporto intercorrente tra potenza e mercato. Sotto questo aspetto la globalizzazione, dalla fine del XX secolo, ha ridimensionato la rilevanza della Forza militare, che spesso non rende per quanto costa, e ha reso rilevanti economia politica e politica economica, e dove il mercato è lo strumento per conquistare potenza. A parte le teorie economico-politiche relative alle tipologie di pace susseguenti a un conflitto, le guerre economiche hanno determinato ampie caratterizzazioni di studi, come quelli Keynesiani, rivolti alla finanza di guerra e agli altri indicatori economici concorrenti. Interi settori economici hanno tratto spunto dalle esperienze degli economisti anglosassoni che, specie nel corso della Seconda guerra mondiale hanno partecipato alla pianificazione bellica con interventi così rilevanti da farli ritenere, dal Naval Institute americano, elementi rilevanti per la vittoria finale; interventi caratterizzati dall’uso di tecniche d’analisi innovative come la Teoria dei Giochi e la ricerca operativa. La guerra psicologica è una delle principali forme della guerra dell’informazione, forse la più sofisticata; rimasta a lungo lontana dagli interessi militari utilizza disinformazione, inganno, propaganda, ed è diretta verso il condizionamento e la manipolazione dell’opinione pubblica. L’arma psicologica si fonda su strutture organizzate ed è condotta da personale specializzato; lo stesso Clausewitz ha riconosciuto l’importanza dell’azione psicologica e morale durante la guerra. La guerra, al tempo dell’integrazione tecnologica, ha privato le armi della loro caratterizzazione rendendo indistinguibile il suo volto, ed è stata combattuta — e la si combatte — purché adatta alle armi a disposizione, ricercando un punto di equilibrio tra nuovi e vecchi dispositivi con un effetto moltiplicatore. Del resto al mondo non c’è nulla che non possa diventare un’arma: finanza, mercati, virus informatici, scandali. Dall’equilibrio del terrore fondato sulla mutua distruzione, si è passati all’indistinguibilità dell’avversario, con situazioni fluide e caotiche circa le posizioni degli schieramenti: il campo si amplia e invale il principio per cui vengono adottati tutti i mezzi utili al raggiungimento dell’obiettivo; tenuto conto che la guerra si mostrerà sempre di più con scontri sul web, sui mass media, sulle transazioni di cambio a termine, sarà necessario prevenire le azioni nemiche creando una realtà ibrida alternativa, ragion per cui l’esito dei conflitti risiederà principalmente nel creare e alimentare entropia in campo nemico, in un contesto in cui è utile, ma non vincolante, applicare le regole pur di manovrare con tempestività. Il campo di battaglia del XXI secolo tende a essere omnicomprensivo, tanto che la varietà di mezzi può generare o disordini nell’ordine cronologico degli avvenimenti, o nella delocalizzazione spaziale dello scontro che può quindi avvenire, come detto, ovunque. Anche gli oceani non sono immuni all’azione destabilizzante dell’asimmetria. L’attuale strategia dei paesi occidentali in particolare, richiede un accesso marittimo sicuro atto a garantire il perseguimento degli obiettivi politici nazionali; una superiorità convenzionale egemonica, anche e soprattutto in questo dominio, spingerà gli antagonisti a cercare vantaggi asimmetrici in sciami di mezzi sottili, mine, ordigni improvvisati, incursori, così come imparato a proprie spese prima dalla Royal Navy in Mediterraneo a opera della Regia Marina già nel corso della Seconda guerra mondiale, e poi dalla US Navy che in Vietnam, nel 1968, vide danneggiata la

Evoluzioni asimmetriche

La USS WESTCHESTER COUNTY LST-1167

fotografata a San Diego nel 1958 (history. navy.mil).

Qui sotto la USS WESTCHESTER COUNTY LST

nel novembre 1968, spiaggiata per riparazioni nella base statunitense di Dong Tam in Vietnam (virtualwall.org).

USS Westchester County LST (29) a opera di incursori vietcong, e nel 2000 la USS Cole ad Aden per un’azione suicida jihadista. Le armi marine possono sfruttare più assi: terra, aria, superficie, e sott’acqua: come gli IED terrestri, rappresentano una sfida a 360° amplificando l’impatto psicologico con un rapporto costo efficacia più che favorevole per l’attaccante (30). In conclusione, uno dei sistemi più diretti per tarare la potenza militare è quello di valutare la dimensione delle forze convenzionali; da questo punto di vista, gli Stati Uniti possono essere considerati meno potenti di quanto non lo fossero alla fine della Guerra Fredda; ovviamente la diminuzione delle dimensioni si accompagna alla compensazione offerta da una migliore qualità militare, tanto da poter essere certi che i progressi tecnologici hanno reso le forze statunitensi più letali che in passato, ma in grado di sollecitare i paesi concorrenti (Cina e Russia) a tentare di adeguare le proprie capacità belliche anche asimmetriche, innescando processi per i quali Washington potrebbe avere bisogno di non meno di 10/15 anni per ristabilire le distanze. Sotto un’accezione più ampia, è utile ricordare Max Weber per il quale uno Stato è «una comunità umana che (con successo) rivendica il monopolio dell’uso legittimo della forza fisica all’interno di un dato territorio» (31) mano a mano che quantità e tipi sempre maggiori di armi diventano accessibili per gruppi non statali politicamente, culturalmente ed economicamente motivati, alcuni Stati potrebbero diventare sempre più ingovernabili. Iran e Corea del Nord non hanno, né avranno, capacità pari a quelle degli Stati Uniti, tuttavia disporranno di capacità asimmetriche che, in caso di conflitto convenzionale, gli americani dovranno annichilire nel minor tempo possibile. Sta dunque crescendo una competizione strategica tra Stati, con la contestuale erosione del

Il cacciatorpediniere USS COLE DDG 67 classe «Arleigh Burke» è stato bersaglio di un sospetto at-

tacco terroristico nel porto di Aden il 12 ottobre 2000, durante un rifornimento programmato. L'attacco ha ucciso 17 membri dell'equipaggio e ferito altri 39 (wikipedia.org).

Evoluzioni asimmetriche

vantaggio competitivo statunitense accumulato negli anni. La guerra, priva di regole e principi, considerate le difficoltà che genera, può solo — forse — essere gestita, anche perché gli attuali metodi impositivi condotti con la forza, pur entro soglie flessibili, sono di fatto tollerati. Il rischio più fondato risiede negli abbagli che, malgrado la tecnologia, continuano spesso a essere presi. Razionalizzata la minaccia nucleare e superata la contrapposizione bipolare della Guerra Fredda, l’Occidente ha preferito concentrarsi su un’immagine tradizionale della guerra, puntando sul peacekeeping, termine utile a tranquillizzare società troppo sensibili all’impiego militare, malgrado il contesto unipolare degli ultimi anni presentasse i conflitti di prossima generazione sotto una luce sì diversa da quella tradizionale, ma comunque minacciosa. La guerra, che lo si voglia o meno, si adatta, continua in forme più atipiche; pur assistendo a una relativa diminuzione della violenza militare, non si può negare che ci sia stato un aumento della violenza politica, economica e tecnologica. Qualunque forma la violenza assuma, la guerra rimane la guerra: un cambiamento esteriore non potrà impedire a qualsiasi forma di attrito di obbedire ai propri princìpi naturali. 8

NOTE

(1) Da considerare, per esempio, le cd. Star Wars di epoca reaganiana; di contro va considerato Roger Barnett, professore emerito al Naval War College, che più recentemente crede che gli Stati Uniti non siano mai stati più vulnerabili, visto che l’ordine internazionale è al limite se non già sceso allo stato di natura hobbesiano. Barnett crede che le limitazioni dell’uso della forza abbiano creato le condizioni per azioni asimmetriche da parte di avversari privi di morale o di limiti politici, che di fatto percepiscono le limitazioni americane come segni di debolezza. (R. Barnett, Asymmetrical warfare, Today’s Challenge to U.S. Military Power (Issues in TwentyFirst Century Warfare) Paperback, 2003. (2) La dottrina più recente la definisce come «guerra ambigua». Secondo Steven Metz e Douglas Johnson dell’US Army War College, l’asimmetria militare consiste nell’agire, organizzarsi e riflettere diversamente dall’avversario allo scopo di massimizzare i propri punti di forza, approfittando delle debolezze nemiche, controllando l’iniziativa o ampliando il margine di manovra. (3) Ricordiamo gli scontri tra Vandeani e Repubblicani francesi, oppure quelli tra Spagnoli e truppe napoleoniche. (4) Andrew J.R. Mack «Why big nations lose small wars: the politics of Asymmetric Conflict in World Politics», vol. 27. No. 2, Gennaio 1975. (5) In Iraq oltre alle Forze della coalizione internazionale sono state coinvolte anche le Forze armate irachene, organizzazioni militari e private di sicurezza, gruppi paramilitari legati a Moqtada al Sadr, varie milizie sciite e sunnite. Nello scenario siriano, oltre alla contrapposizione tra Assad e i ribelli, vi sono i curdi che aspirano alla creazione di uno Stato indipendente, le truppe russe di sostegno ad Assad e quelle occidentali che supportano i ribelli, Hezbollah, gruppi jihadisti, i miliziani dell’IS sedicente Stato Islamico. I nuovi soggetti asimmetrici possono essere molteplici: gruppi di potere economico-finanziario, mafie, lobby politiche, gruppi religiosi, gruppi di pensiero, servizi deviati, terrorismi locali e internazionali. (6) Basti pensare all’importanza assunta dalla manipolazione delle informazioni nelle relazioni internazionali nella guerra in Iraq. (7) Intelligenza Artificiale. (8) COIN. (9) L’esercito francese da lungo tempo impegnato nelle guerriglie coloniali, diede validi contributi allo studio sulla guerra asimmetrica attraverso il pensiero di diversi suoi ufficiali. Tra essi spiccano Jacques Hogard, Roger Trinquier, David Galula, quest’ultimo definito dal Generale Petraeus il von Clausewitz della contro insurrezione. (10) Lawrence d’Arabia. (11) Tratto da «I sette pilastri della saggezza». (12) David Galula nel suo saggio sulla controguerriglia: «promuovere il disordine è un obiettivo legittimo degli insorti. Aiuta a destabilizzare l’economia e quindi produce scontento, minando la forza e l’autorità di chi conduce la Coin». (13) Il testo fu scritto tra il 1996 e il 1999, e pubblicato in Italia nel 2001 da LEG; tuttavia già Il 2 maggio 1995 il giornale delle Forze armate cinesi Jie fang jun bao pubblicava un articolo di Hong Shan, della National Defence University, intitolato «La guerra di distruzione strutturale», in cui si affermava la necessità di attaccare le parti interne dei sistemi operativi avversari, una strategia deterrente atta a colmare il divario tecnologico. (14) Improvised Explosive Device. (15) WTC e Pentagono. (16) Editions du Roche, 2003. (17) Un aspetto della guerra asimmetrica è l’attacco alle infrastrutture informatiche di un paese, come quello avvenuto in Estonia nel 2007, che ha paralizzato i sistemi di istituzioni pubbliche, banche e imprese private, interrompendo i servizi essenziali e creando enorme danno economico. In Estonia l’asimmetria ha riguardato

Evoluzioni asimmetriche

autori (hacker non identificabili); obiettivi (tutti civili privati); mezzi (reti di computer infettati); effetti economici (investimenti di poche migliaia di euro rispetto a danni milionari). Altro esempio di ibridazione asimmetrica è consistito nell’attacco russo alla Georgia del 2008, dove l’attacco convenzionale fu accompagnato da una campagna di attacchi informatici simile a quella estone. (18) Teorizzata contro un attacco imminente tuttavia non ancora portato. (19) Attuale capo dello Stato Maggiore generale delle Forze armate russe e vice-ministro della Difesa della Federazione Russa. (20) Lungimiranza. (21) La guerra ibrida russa, che come ovunque infrange la delimitazione «guerra-pace», economizza l’uso della forza, ricorrendo a operazioni informative che plasmano le narrazioni politiche in molti paesi per cui si ricorre a un numero elevato di canali informativi. La Russia utilizza anche proxy per promuovere i propri interessi esercitando una significativa influenza politica supportata dalla diplomazia tradizionale. Va anche ricordato che le attuali prospettive russe non sono legate a particolari ideologie, e la politica di Mosca può essere più flessibile. (22) Nei recenti moti kazaki si è notato l’uso di mezzi Leer 3, un sistema di guerra elettronica che rileva, blocca e trasmette falsi messaggi sui sistemi mobili di comunicazione. (23) Maskirovka, insieme di dissimulazione e disinformazione. (24) Il termine guerra cognitiva è da attribuire al generale dell’aeronautica statunitense, David L. Goldfein nel 2017. (25) Affermazione di John Arquilla e David Rundfeldt, esperti della guerra in rete (netwar) presso la Rand Corporation. (26) Nel contesto strategico francese, in contrasto alla politica estera e militare americana, la guerra cognitiva rientra nelle capacità di utilizzare la conoscenza a scopo conflittuale. (27) Per dare un’idea, un uso massivo di queste tecniche produrrebbe lo stesso impatto determinato dal permesso concesso da Guglielmo II a Lenin di raggiungere la Russia con un treno blindato nel 1917. (28) Secondo il Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, comprende quelle azioni che consistono nel fornire e/o nel camuffare un’informazione selezionata in modo da influenzarne emozioni, motivazioni e ragionamenti oggettivi.

(29) Landing Ship Tank. (30) Le mine marine costano poco, sono semplici da realizzare, hanno bassi costi di produzione per effetto della loro durata, possono rimanere efficaci per decenni dopo essere state costruite. (31) Dalla conferenza «La politica come professione», 1919.

BIBLIOGRAFIA

Bonaiti Emilio, La guerra asimmetrica, Ars Militaris. Berti Benedetta and Schweitzer Yoram, Hizbollah and the Next War with Israel: Experience from Syria and Gaza, INSS, Strategic Assessment, Vol. 17, 2014. Bennett Bruce W., Twomey Christopher P., Treverton Gregory F., What Are Asymmetric Strategies?, Rand Corporation, 1999. Breccia Gastone, Tre lezioni sulla guerriglia (III-manuale di controguerriglia), Limes, 2011. Catalano Claudio, Dai conflitti tradizionali a quelli asimmetrici, Treccani, Atlante Geopolitico, 2015. Chivvis Christopher S., Understanding Russian «Hybrid Warfare» And What Can Be Done About it, Rand Corporation, 2017. Cleveland Charles t. Egel Daniel, The american way of irregular war, An Analytical Memoir, Rand Corporation, 2020. Colella Roberto, Guerre asimmetriche: la convergenza delle armi classiche con quelle tecnologiche legate al cyberspace, Italian Institute for the future, 2016. Gagliano Giuseppe, Guerra cognitiva, disinformazione e movimenti sociali, Cestudec, 2013. Gagliano Giuseppe, Guerra psicologica. Saggio sulle moderne tecniche militari cognitive e di disinformazione, Cestudec, 2012. Gagliano Giuseppe, Guerra economica. Guerra della informazione, GoWare, 2018. Gagliano Giuseppe, La guerra asimmetrica e la strategia moderna, Osservatorio Globalizzazione, 2019. Giordano Danilo, I conflitti asimmetrici e i nuovi attori globali-Paper difesa e sicurezza, Istituto Alpha, 2016. Goulding Vincent J. Jr., Back to the F o the Future with Asymmetric We with Asymmetric Warfare, Vol. 30, 2000. Haesler John M., Lieutenant, US Navy, Naval war college Newport, r.i. sea devils, submersibles and underwater iEDS: asymmetric undersea threats to assured access in an operational environment. Melella Cosimo, Lo Giudice Emilio, Pro e (molti) contro della guerra cognitiva, Formiche, 2021. Mini Fabio, Le guerre non scoppiano più, Limes, 2015. Morgan Forrest E. Cohen Raphael s., Military Trends and the Future of Warfare The Changing Global Environment and Its Implications for the U.S. Air Force the future of warfare, Rand Corporation, 2020. Paul Christopher and Matthews Miriam, The Russian «Firehose of Falsehood» Propaganda Model Why It Might Work and Options to Counter It, Rand Corporation, 2016. QIAO Liang e WANG Xiangsui, Guerra senza limiti, a cura di Fabio Mini, LEG ed.,2001. Radin Andrew, Hybrid Warfare in the Baltics Threats and Potential Responses, Rand Corporation, 2017. Russell James A., Asymmetrical Warfare: Today’s Challenge to U.S. Military Power, Naval War College review, Vol. 57, 2004. Ruzza Stefano, Il rapporto tra guerra e asimmetria, Aracne Editrice, Archivio Istituzionale Open Access dell’Università di Torino, 01 gen. 2022.

This article is from: