Rivista Marittima Luglio-Agosto 2018

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RIVISTA

MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868

SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/03 (CONV. IN L. ART. 1 COMMA 1 N° 46 DEL 27/02/04) - PERIODICO MENSILE 6,00 €

* RIVISTA MARITTIMA *

LUGLIO-AGOSTO 2018 - Anno CLI

LUGLIO-AGOSTO 2018

PRIMO PIANO

La strategia energetica italiana Costantino Moretti

L’Italia e l’Artico Enrico Cernuschi

“High North”: la missione in Artico della Marina Militare Roberta Ivaldi e Maurizio Demarte


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Sommario PRIMO PIANO

6 La strategia energetica italiana Costantino Moretti

SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE

72 Le spedizioni italiane al Polo Nord: dal Duca degli Abruzzi a “High North” Anna Maria Biavasco-Aldo Caterino

18 Il ruolo dei traffici marittimi nel sistema economico

nazionale

Luca Sisto-Matteo Pellizzari

28 Per una strategia marittima nazionale Fabio Caffio

38 L’Italia e l’Artico Enrico Cernuschi

48 La strategia marittima russa

STORIA E CULTURA MILITARE

78 L’affondamento della Principessa Mafalda Domenico Vecchioni

Antonello Rocco D’Avenia

54 L’importanza del dominio marittimo lungo la Northern Sea Route Federica Santoro

PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE

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High North: la missione in Artico della Marina Militare

Roberta Ivaldi-Maurizio Demarte

84 La lunga guerra di Giuseppe Brignole, Tenente di vascello di complemento Mariano Gabriele

RUBRICHE

96 Osservatorio internazionale 105 Marine militari 116 Nautica da diporto 121 Che cosa scrivono gli altri 124 Recensioni e segnalazioni Rivista Marittima Luglio-Agosto 2018

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RIVISTA

MARITTIMA

Mensile della Marina dal 1868

EDITORE

UFFICIO PUBBLICA INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DELLA MARINA MILITARE DIREZIONE E REDAZIONE della Rivista Marittima Via Taormina, 4 - 00135 Roma Tel.: 06 3680 7248-54 Telefax: 06 3680 7249 Internet: www.marina.difesa.it/conosciamoci/ editoria/marivista/Pagine/default.aspx e-mail redazione: rivistamarittima@marina.difesa.it DIRETTORE RESPONSABILE

High North 2018: l’equipaggio di nave ALLIANCE nel mare Artico. La foto è di Marco Villa, Istituto Idrografico della Marina.

A questo numero hanno collaborato

Capitano di vascello Daniele Sapienza

Dottor Costantino Moretti

CAPO REDATTORE

Dottor Matteo Pellizzari

Capitano di fregata Giovanni Melle

Ammiraglio Ispettore (ris) Fabio Caffio

REDAZIONE

Tenente di vascello Antonello Rocco D’Avenia

Raffaella Angelino Gianlorenzo Pesola

Dottoressa Federica Santoro

Dottor Luca Sisto

Dottor Enrico Cernuschi

Professoressa Roberta Ivaldi

SEGRETERIA DI REDAZIONE

Capitano di fregata Maurizio Demarte

Massimo De Rosa Gaetano Lanzo

Dottoressa Anna Maria Biavasco Dottor Aldo Caterino

UFFICIO ABBONAMENTI E SERVIZIO CLIENTI

Ambasciatore Domenico Vecchioni

Carmelo Sciortino Giovanni Bontade

Professor Mariano Gabriele

Tel.: 06 3680 7251-48 e-mail abbonamenti: rivista.abbonamenti@marina.difesa.it

Dottor Enrico Magnani Contrammiraglio (ris) Michele Cosentino Contrammiraglio (ris) Stéphan Jules Buchet

SEGRETERIA AMMINISTRATIVA

Tel.: 06 3680 7254 Codice fiscale: 80234970582 Partita IVA: 02135411003

Contrammiraglio (ris) Ezio Ferrante Capitano di fregata Leonardo Merlini

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E D I TO R IALE

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eograficamente l’Artico è la regione del nostro pianeta che circonda il Polo Nord e include l’area compresa a nord del Circolo Polare Artico, LAT. 66°33'39" N. Non si tratta, come nel caso dell’Antartide, di un continente, ma di uno specifico oceano e dai territori più settentrionali dell’Asia e dell’America appartenenti al Canada, alla Danimarca, alla Finlandia, all’Islanda, alla Norvegia, alla Svezia, alla Russia e agli Stati Uniti. La calotta polare artica è, in effetti, una superficie ghiacciata e galleggiante, in continua mutazione dell’Oceano artico e costituisce una regione fondamentale per l’equilibrio climatico del pianeta e del relativo ecosistema. L’estensione e la posizione di questa massa di ghiacci varia a seconda delle stagioni e delle correnti marine ed è oggetto di continue novità e scoperte. Tra l’altro, è recentemente tornata navigabile dopo secoli e secoli. È il mitico «passaggio a nord-ovest» che ha costituito il sogno (ma anche l’assillo), di decine di esploratori e navigatori alla ricerca, dal XVI secolo in poi, di una rotta più breve per passare dall’Oceano Atlantico al Pacifico. L’Artico è il maggiore laboratorio a cielo (e mare) aperto del globo. E proprio qui si è andata intensificando, per forza di cose, la presenza e l’attività degli Stati che vi si affacciano, in quanto legittimamente attratti dalle emergenti prospettive di sfruttamento delle risorse energetiche e ittiche. Si pensi soltanto al fatto che in quell’area sono quotate, secondo le stime, il 15% delle riserve di greggio mondiale e il 30% di quelle di gas naturali, senza trascurare le enormi quantità di nickel, platino, cobalto, manganese, oro, zinco e delle proteine, vitali per il genere umano, rappresentate dalle risorse ittiche. Si tratta, pertanto, di un’area geografica decisiva per gli equilibri strategici mondiali e nella quale gli effetti del c.d. «global warming» si sentono più immediati e amplificati che non altrove. Il surriscaldamento globale, infatti, oltre a mutare paesaggi e stili di vita apparentemente consolidati dalla metà del Cinquecento in poi, sta modificando le politiche degli Stati e le correlate scelte economiche, commerciali, energetiche e militari. Eppure ciò che sfugge ai più alle nostre latitudini mediterranee è la portata di quello che sta accadendo nel grande e deserto nord, dove la riduzione dei ghiacci ha scatenato una vera e propria «corsa». Due potenze mondiali in particolare, Russia e Cina, stanno investendo miliardi di dollari sulla rotta polare, oggi nota come la «via della seta polare». Un cambiamento di rotta, insomma, radicale che, al di là della metafora, è immediato nella dialettica tra gli Stati interessati, a partire da Washington. In tale contesto si inquadrano i primi due articoli della sezione «Primo Piano» che illustrano, non a caso, la strategia energetica italiana, il primo con particolare riguardo al petrolio e al gas mentre il secondo descrive il ruolo rivestito dal traffico marittimo rispetto al sistema economico nazionale. Uno sguardo a 360° viene quindi indirizzato a tutto il «Grande Nord», dove il nostro Paese sta dimostrando, senza inutili clamori, ma col duro lavoro quotidiano di molti, un rinnovato impegno. È infatti per il secondo anno consecutivo che nave Alliance — di proprietà NATO, ma battente bandiera della Marina Militare e con un equipaggio con le stellette italiano — effettua una lunga campagna navale di ricerca scientifica: High North, dap-

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prima 2017 e ora 2018. Sono missioni di ricerca e di studio alle quali partecipano ricercatori e scienziati dei principali istituti di ricerca italiani, tra i quali il CNR, l’Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale di Trieste (OGS) e l’ENEA (nuove tecnologie e sviluppo economico sostenibile). Queste campagne di studio e di raccolta dati, oltre ad aver conseguito importanti e riconosciuti risultati scientifici, hanno altresì il merito di riportare l’Italia nel novero dei grandi «players» internazionali impegnati nell’ambito della ricerca scientifica artica. Un fattore tanto più significativo se si considera l’acquisizione, nel 2013, dello status di «Osservatore permanente del Consiglio Artico» da parte dell’Italia. È questo un risultato di prima grandezza riconosciuto al termine di una lunga campagna diplomatica che ha visto, ancora una volta, la Marina in primo piano, come già all’epoca della circumnavigazione del globo da parte della pirocorvetta Magenta, prima ambasciatrice dello Stato e del lavoro italiano in Cina e in Giappone nel 1866. Un successo, beninteso, che rappresenta solo la base di partenza per un più ampio e lungo cammino che il sistemapaese percorrerà in un’area nevralgica del futuro. Studiare e comprendere lo scenario Artico significa, in altre parole, essere presenti e tutelare i propri legittimi interessi nell’ambito delle dinamiche «talassopolitiche» che sempre più influenzeranno questa delicata parte del globo e, di riflesso, gli equilibri strategici mondiali. Ecco che anche in questo numero possiamo individuare ulteriori elementi che individuano la strategia di una «talassopolitica» nazionale: lo studio delle complesse relazioni che corrono tra le componenti fisiche, chimiche, geologiche e biologiche del sistema marino in tutta la sua complessità, in questo caso dell’Artico; la promozione e il rafforzamento della collaborazione internazionale, diplomatica e scientifica, destinata a concretizzare le attuali politiche di cooperazione e di dialogo: sia a livello multilaterale sia regionale, nel caso specifico nell’ambito della politica artica dove trova la propria piena attuazione e validazione nell’ambito della risoluzione del Parlamento Europeo «European Parliament resolution of 12 March 2014 on the EU strategy for the Arctic» (questo documento riconosce la complessità delle sfide che interessano l’Artico e sottolinea la necessità di interagire nelle varie dinamiche geopolitiche attraverso forme di attiva partecipazione ai vari consessi internazionali quali l’Arctic Council (AC), il Barents Euro-Arctic Council (BEAC) e il Northern Dimension (ND), oltre ai periodici policy framework tipici di tutte le aree vitali); la capacità di impiego «dual use» delle unità battenti la bandiera della Marina Militare, a conferma dell’attenzione della Forza Armata nei confronti dell’ecosistema «blu» e, nel caso specifico, di quello Artico. Daniele Sapienza


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PRIMO PIANO

La strategia energetica

ITALIANA

Gli interessi nazionali in materia di sicurezza energetica. Prospettive e connessioni con le politiche europee

Costantino Moretti (*)

Sicurezza energetica e dipendenza energetica Il ruolo centrale che i prodotti energetici hanno nell’attuale contesto socio-economico mondiale è ben noto. Così come è altrettanto noto il fatto che tali beni abbiano assunto una rilevanza strategica globale, almeno a partire dall’embargo petrolifero decretato dall’Organization of the Petroleum Exporting Countries (OPEC) nel 1973 nei confronti dell’Europa occidentale a seguito delle vicende belliche dello Yom Kippur, facendo diventare la questione energetica una delle più delicate e complesse sulla quale si contrappongono e si fronteggiano numerosi attori internazionali anche non statuali. Uno dei tanti aspetti della questione energetica e, quindi, dei processi di stabilizzazione o evoluzione

degli assetti geostrategici globali è la sicurezza energetica (1), un concetto facilmente intuibile che però ancora non ha trovato una definizione certa e condivisa a livello internazionale (2). La difficoltà di trovare una definizione univoca di sicurezza energetica deriva dal fatto che ogni paese od organizzazione internazionale interpreta il concetto in base a una eterogeneità e molteplicità di evidenze e circostanze, interne ed esterne, che spesso sono difformi da quelle utilizzate da altri paesi od organizzazioni internazionali nel concepire o valutare la propria. Inoltre, anche nello stesso paese il concetto di sicurezza energetica può mutare nel tempo in quanto le evidenze e le circostanze alla base del concetto sono variabili nel tempo. Tra i fattori che influenzano la sicurezza energetica di una nazione possono

(*) Analista internazionale. Già esperto economico-finanziario presso il Ministero degli Affari Esteri. Collabora con riviste del settore della sicurezza e della difesa oltre che con testate accademiche di politica internazionale. 6

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Attività dell’italiana ENI in Kazakhstan (Fonte: eni.com).

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essere annoverati, in maniera non esaustiva: il grado di sviluppo economico, scientifico e tecnologico; il sistema politico-amministrativo; la potenza militare nonché il livello sociale e culturale della popolazione. Per i paesi importatori di materie prime energetiche, come l’Italia, il concetto di sicurezza energetica è strettamente connesso a quello di dipendenza energetica. Con tale termine s’indica lo stato nel quale si trova un paese importatore di materie prime energetiche. La dipendenza energetica può essere calcolata e consiste nel rapporto percentuale tra la quantità netta delle importazioni di prodotti energetici e il consumo interno lordo di energia maggiorato delle scorte immagazzinate. Pertanto, un risultato positivo rappresenta un paese importatore netto, quello negativo un paese esportatore netto di energia e un risultato superiore al 100% indica che alcuni quantitativi di prodotti energetici importati sono

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stati stoccati (3). Nel 2015, secondo i dati di Eurostat (4) rilasciati a giugno 2017, la dipendenza energetica dell’Italia era di +77,1%, una percentuale nettamente superiore alla media dei 28 paesi dell’UE, la quale nello stesso anno era di +54,0% e, comunque, ben lontana da quella fatta registrare dagli altri principali partner europei: Regno Unito +37,4%; Francia +46,0% e Germania +61,9%.

La politica energetica italiana Il 10 novembre 2017, il governo italiano ha firmato il decreto di adozione della «Strategia Energetica Nazionale 2017» (SEN) (5) nella quale sono descritti gli obiettivi programmatici della politica energetica del Paese sino al 2030, con proiezioni dello scenario al 2050. Essi sono: 1) tendere a un allineamento dei prezzi energetici italiani a quelli europei (6); 2) de-carboniz-

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PRIMO PIANO

Il ruolo dei TRAFFICI MARITTIMI nel sistema economico nazionale Una visione d’insieme del comparto marittimo nazionale e la sua importanza nella crescita economica del Paese

Luca Sisto (*) - Matteo Pellizzari (**) (*) In Confitarma dal 1989, dove attualmente ricopre la carica di Direttore generale. Dal 2001 è stato anche a capo del Servizio Politica dei Trasporti, ove confluiscono i lavori della Commissione Navigazione a Corto Raggio, della Commissione Navigazione Oceanica e del Gruppo di Lavoro ÿOperatività naveŸ al cui interno i CSO delle aziende associate discutono in particolare i temi legati alla maritime security. Quale presidente vicario dellÊIstituto Italiano di Navigazione, con delega per la navigazione marittima, ha promosso in questi ultimi anni una serie di attività istituzionali e di iniziative culturali, tutte legate alla diffusione della cultura marittima e trasportistica in particolare. (**) Laureato in Giurisprudenza presso lÊUniversità di Trieste, consegue il master in Politica ed economia e trasporti, organizzato dalla stessa università. In Confitarma dal 2005, attualmente è funzionario del servizio Politica dei trasporti e della Direzione Generale per i lavori parlamentari. Collabora al coordinamento dei lavori delle Commissioni Navigazione a Corto Raggio e Navigazione Oceanica, nonché del Gruppo di Lavoro ÿOperatività naveŸ. Svolge lavoro di analisi delle principali tematiche afferenti la navigazione, dal 2011 si occupa anche di maritime e cyber security.

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Vista dalla plancia di Nave MARGOTTINI, impegnata nel dispositivo Eunavfor Atalanta 2018, per contrastare la pirateria (sul vetro, la rappresentazione grafica delle aree coinvolte nella missione). Sopra: un mercantile nazionale supportato dal 30° Gruppo Navale della Marina. La moderna riproposizione del fenomeno della pirateria si è manifestata al largo della Somalia, all’imbocco del Mar Rosso.

P

ossiamo davvero pensare di giocare un ruolo di primo piano nell’economia mondiale, senza partecipare — e possibilmente vincere — sulle rotte del trasporto di merci e persone, nei complessi e dinamici mercati dei noli? Nell’attuale quadro congiunturale — che finalmente registra alti ritmi di crescita economica in tutte le economie avanzate, in primis del-

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l’area euro con la crescita annua nel 2017 più alta dell’ultimo decennio, negli Stati Uniti con la disoccupazione ai livelli più bassi dal 2000 e nei paesi BRIC con la ripresa dell’export legata all’aumento dei prezzi delle materie prime — ritorna a crescere il commercio mondiale dopo la decelerazione registrata negli ultimi cinque anni. In questo contesto, si palesa l’importanza delle compagnie di navigazione, che da sole muovono — attraverso navi moderne e sempre più grandi — il 90% dei prodotti mondiali. In una parola: lo shipping, vero motore della globalizzazione, capace di mettere in rete le economie dei mercati, maturi e crescenti, del mondo. Va detto che, nonostante una domanda di trasporto in continua crescita, la redditività delle navi non cresce ancora in egual modo, almeno in alcuni settori che scontano la cosiddetta «overcapacity» ovvero una grande offerta di naviglio costruito negli ultimi anni che contribuisce a calmierare le rate di nolo. Comunque, l’«Italia del mare» continua a giocare un ruolo di primo piano nel contesto europeo e mondiale. La nave, se presa a unità di misura della nostra «marittimità», ci pone tra le principali flotte (potenze marittime) al mondo: la terza dei grandi paesi riuniti nel G20. Oltre 16,5 milioni di tonnellate di stazza (circa 1.500 unità superiori alle 100 gt), con posizioni di assoluto rilievo nei settori più sofisticati: dai ro/ro — le navi dotate di rampe capaci di accogliere e togliere dalla strada fino a 250 tir a viaggio, comparto nel quale siamo leader mondiale — alle navi da crociera, passando per le cosiddette product tankers, navi per il trasporto di prodotti raffinati derivati dal petrolio. E non solo. Una flotta giovane (il 60% del naviglio ha meno

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Caffio - SMN_Layout 1 20/09/2018 09:41 Pagina 28

Il porto di Genova (Fonte: adriaeco.eu).

PRIMO PIANO

Per una strategia marittima nazionale Punti di forza e obiettivi dell’Italia sul mare 28

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Caffio - SMN_Layout 1 20/09/2018 09:41 Pagina 29

Fabio Caffio (*)

Q

uando si parla di interessi marittimi nazionali, in Italia il discorso assume un’ambivalenza di fondo: si va da una grande ricchezza di spunti di riflessione a una vaghezza di propositi. Il problema sta nella mancanza di un documento di sintesi che definisca i contorni di una Strategia Marittima Nazionale e sia un riferimento, tanto per le Amministrazioni pubbliche competenti, quanto per i principali attori privati come Confitarma, Federpesca o Assoporti. Insomma, come avviene in certi Paesi del Nord

Europa, un testo che indichi la policy governativa mirata allo sviluppo e alla difesa degli interessi del cluster marittimo. La mancanza di un tale documento è stata giustamente messa in evidenza da chi, in tempi recenti, ha indicato come paradossale la scarsa coscienza marittima del nostro Paese (1). Eppure, gli indici di marittimità del nostro Paese sono parecchi. Tra l’altro, si tratta di quelli che l’Amm. Virgilio Spigai, in un non dimenticato saggio, indicava anni fa come «fattori di spinta al mare» (2), punti di forza di un’economia nazionale dipendente quasi per intero dai traffici marittimi. Fatto

(*) Ammiraglio Ispettore (CM) in riserva, Presidente Fondazione Marittima Ammiraglio Michelagnoli ONLUS, esperto di diritto internazionale marittimo, autore di numerosi articoli e pubblicazioni di settore, tra cui il Glossario di Diritto del Mare, ripubblicato recentemente a dicembre 2016 (IV edizione).

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PRIMO PIANO

L’ITALIA e l’Artico

Enrico Cernuschi (*)

L’

origine dei grandi fenomeni è spesso banale. Dal punto di vista logico la ritirata dei ghiacci artici, in corso sin dalla metà dell’Ottocento dopo i tre precedenti secoli della cosiddetta Piccola era glaciale (1), è — o dovrebbe essere — un argomento d’attualità sulla bocca di tutti. Nel nostro pianeta, infatti, non

esistono, al di là delle banchise polari, altre aree ignote aperte all’esplorazione e alla scoperta di nuove rotte. Posto che tutti sanno, sin dai tempi delle elementari, che l’economia mondiale (2) è stata rivoluzionata dall’apertura dei canali di Suez e di Panama, la concreta possibilità di percorrere via mare, con regolarità, il mitico Passaggio a NordOvest (con i conseguenti, enormi risparmi di

(*) Laureato in giurisprudenza, lavora come funzionario in una delle maggiori banche italiane. Studioso di storia navale ha dato alle stampe, nel corso di venticinque anni, altrettanti volumi e oltre 500 articoli pubblicati in Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia sulle più importanti riviste del settore. Tra i libri più recenti Gran pavese (Premio Marincovich 2012), ULTRA - La fine di un mito, Black Phoenix (con Vincent P. OÊHara), Navi e Quattrini (2013), Battaglie sconosciute (2014), Malta 1940-1943 (2015), Quando tuonano i grossi calibri. Gli italiani dellÊInvincibile Armata (2016), Il Potere Marittimo nellÊambito mondiale e Sea Power the Italian Way, entrambi usciti nel 2017.

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Nave ALLIANCE in navigazione notturna nel Mare Artico.

tempo e denaro per tutti) appare intuitiva e misurabile in termini ben superiori rispetto ai minuscoli aggiustamenti nell’ordine dello 0,1% del PIL che agitano periodicamente la stampa, le televisioni e le stazioni radio nostrane e straniere (3). E invece niente, o quasi. La natura peggio che inospitale delle distese di ghiaccio polari non facilita né invoglia, naturalmente, lo studio di quelle latitudini, ma chi scrive ritiene che la ragione profonda e ultima di questo stato di cose risalga, in realtà, a una causa assolutamente insignificante: la struttura universale dei mappamondi. Una volta che si prescinda dagli antichi, costosissimi e grandi globi terracquei come

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quelli che troneggiano, per esempio, nella Biblioteca centrale del Ministero della Marina, i mappamondi scolastici e domestici che tutti noi abbiamo maneggiato da bambini collocavano, invariabilmente, sulle calotte polari gli attacchi (opachi) del globo alla struttura col piedistallo. Il risultato finale, favorito a sua volta dal disinteresse nei confronti dei due poli sempre manifestato degli atlanti e dai manuali scolastici, visto che non c’erano capitali, confini e popolazione da far mandare a memoria agli scolari in vista dell’interrogazione del giorno dopo, ha fatto sì che l’Artico e l’Antartico passassero in secondo piano nella mente dell’uomo della strada.

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D'AVENIA STARTEGIA MARITTIMA RUSSA_Layout 1 25/09/2018 11:40 Pagina 48

PRIMO PIANO

La strategia marittima

RUSSA Dalla guerra fredda alla fredda guerra

Antonello Rocco D’Avenia (*)

(*) Tenente di Vascello, appartenente alla Componente Subacquea e Ufficiale in II del SMG Longobardo. Dopo aver frequentato lÊAccademia Navale dal 2003 al 2008 ha svolto lÊincarico di Ufficiale di rotta e Capo Servizio Operazioni sul SMG Gazzana partecipando a numerose attività nazionali e NATO. Nel 2016 ha partecipato presso il quartier generale di Northwood-Londra (UK), alla missione europea di antipirateria Atalanta.

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D'AVENIA STARTEGIA MARITTIMA RUSSA_Layout 1 25/09/2018 11:40 Pagina 49

La strategia marittima russa guarda a nord, in direzione dell’Artico. Si prevede infatti che il riscaldamento della calotta polare porterà alla luce grandi quantità di petrolio e gas non ancora sfruttati. L’Artico inoltre, ha un’importante valenza militare, risultando il percorso di volo più breve tra Stati Uniti e Russia. In questo contesto si comprende perché la Russia possieda una sola portaerei varata 30 anni fa, ma disponga di una flotta di 40 rompighiaccio e soprattutto 50 sottomarini nucleari, la cui cantieristica nazionale è in continua evoluzione. A differenza degli Stati Uniti che possiedono 10 portaerei nucleari, per la Russia è il sommergibile la migliore arma strategica, per operare nell’Artico e per negare ampi spazi marini alle Unità nemiche.

L’entusiasmo dei cittadini russi alla Naval Parade 2018 a San Pietroburgo (Fonte: Russia Beyond - rbth.com).

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santoro strategia russa artico_Layout 1 25/09/2018 11:43 Pagina 54

PRIMO PIANO

L’importanza del dominio marittimo lungo la

NORTHERN SEA ROUTE Linee guida della strategia russa per l’Artico Federica Santoro (*)

I

n Artico, la Russia è lo Stato che presenta l’estensione costiera maggiore, seguita da Canada, Groenlandia (Danimarca), Alaska e Norvegia. È inevitabile che voglia mantenere inalterata questa sovranità su quello che somiglia sempre di più, strategicamente parlando, a un nuovo Mediterraneo. Le risorse minerarie e i giacimenti petroliferi e gasiferi dell’Artico offshore sono stati la causa che ha alimentato negli anni scorsi una serie di rivendicazioni nazionali e dispute di sovranità fra i cinque Stati confinanti, che hanno rivendicato aree più o meno estese di fondale marino come propria Zona Economica Esclusiva (1). Altra questione, tutt’oggi aperta, resta la navigabilità dell’Artico, nei passaggi a nord-ovest e nordest, che ridurrebbe di gran lunga i tempi della navigazione commerciale mondiale (2). Sebbene i climatologi abbiano più volte denunciato gli effetti del riscaldamento climatico sulla regione polare, e la riduzione della percentuale di ghiaccio nell’Oceano Artico, pochi avrebbero previsto un disgelo così veloce. Nel 2007, il Gruppo Intergovernativo sui Cambiamenti Climatici (IPCC) ha stimato che le estati artiche sarebbero state prive di ghiaccio a partire dal 2070. Tuttavia, osservazioni satellitari più recenti hanno spostato quella data al 2035, e simulazioni ancora più sofisticate, nel 2012, hanno anticipato le previsioni sullo scioglimento della calotta al 2020. Tali previsioni, richiedono di riconsiderare la centralità delle vie marittime del nord nel prossimo futuro nello scenario internazionale dei trasporti e dell’energia. La Russia, già dal 2008, ha predisposto le linee guida di una Strategia Artica volta alla difesa del proprio interesse nazionale puntando, sia allo sviluppo di progetti energetici

(*) Giornalista e ricercatrice, laureata in Comunicazione per la Cooperazione Internazionale presso lÊUniversità per Stranieri di Perugia, ha conseguito il titolo di Master in Geopolitica delle Risorse, Sviluppo Sostenibile e Studi Artici presso la Società Italiana per lÊOrganizzazione Internazionale, SIOI. Ha svolto lavoro di ricerca presso il Ce.Mi.S.S. dove ha partecipato alla stesura di uno studio, commissionato dallo Stato Maggiore della Difesa, sulla Belt and Road Initiative, svolgendo unÊanalisi sugli interessi cinesi e russi in Artico. Ha frequentato presso il C.A.S.D. il Corso COCIM sulla Cooperazione Civile-Militare ed è stata invitata, in qualità di osservatrice, alla Conferenza ÿGrowth in the ArcticŸ presso lÊHigh North Center di BŒdo, in Norvegia.

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santoro strategia russa artico_Layout 1 25/09/2018 11:43 Pagina 55

La Federazione russa mira a trasformare quella che, sotto l’Unione Sovietica, era una via marittima interna, in un’arteria del traffico per il trasporto globale delle risorse.

Mappa della regione artica che mostra la rotta del Mare del Nord, nel contesto del Passaggio a nord-est e Passaggio a nord-ovest (Fonte: en.wikipedia.org).

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IVALDI-DE MARTE_Layout 1 25/09/2018 11:44 Pagina 60

PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE

HIGH NORTH

La missione in Artico della Marina Militare Roberta Ivaldi (*) - Maurizio Demarte (**)

(*) Professoressa. Dal 2008 ha la cattedra di Geologia Marina presso lÊIstituto Idrografico della Marina. Ha conseguito nel 1997 il PhD in Scienze Ambientali, Scienza del mare (Università di Trieste) e nel 1993 il Diploma di Laurea in Scienze Geologiche (Università di Genova). Dal 2016 è membro del GEBCO–SCUFN (Genaral Bathymetric Chart of the Oceans–Sub Committee on Undersea Feature Names) come rappresentante IHO (International Hydrographic Organization). Ha partecipato a diverse campagne oceanografiche e ricerche in Mediterraneo, Atlantico settentrionale, Antartide e, nella campagna artica di Geofisica marina High North 17, è stata il Coordinatore Scientifico (SIC – Scientist in Charge). (**) Capitano di Fregata. Dal 2016 è Capo Reparto di Geofisica Marina e Oceanografia presso lÊIstituto Idrografico della Marina. Ha conseguito: Diploma di Laurea e Laurea Specialistica in Scienze Marittime Navali (2003-2008, Università di Pisa), Titolo di Master Universitario in Geofisica Generale e Applicata (2006, Consorzio Interuniversitario della Spezia-Pisa), Titolo di Master Universitario di II° livello in Geomatica Marina ÿTecnologie Avanzate Applicate allÊAmbiente MarinoŸ (2008, Università di Genova). Dal 1997 è specializzato in Idro-Oceanografia e dal 2003 è Idrografo-IDO, FIG/IHO/ICA Cat. A Level Hydrographic Surveyor. ˚ membro del Emergency Prevention Preparedness and Response (EPPR) WG dellÊArctic Council e dellÊArctic Regional Hydrographic Commission (ARHC) in rappresentanza dellÊItalia. ˚ stato Capo Spedizione (PI – Principal Investigator) della campagna artica di Geofisica marina High North 17.

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Nave ALLIANCE tra i ghiacci dell’Artico (marzo 2018). Sopra: l’equipaggio a prora dell’Unità.

L’interesse scientifico in Artico della Marina Militare

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a presenza della Marina Militare (MM) in Artico risale all’inizio del ‘900 con le prime esplorazioni e, nel 1928, con una spedizione a supporto dell’impresa di Nobile, diventata anche la prima campagna idrografica artica con l’esecuzione di rilievi mirati alla produzione di documentazione e cartografia nautica. In particolare dall’Istituto Idrografico della Marina (IIM) sono state prodotte e stampate fino al 1968 due carte del Kongsfjorden (Baia del Re, Isole Svalbard): Ancoraggio di Ny Alesund (carta n. 872 - scala 1:7500) e Ancoraggi nella Baia del Re (carta n. 873 - scala 1:1500). Il recente interesse della Marina Militare e dell’Istituto Idrografico per l’Artico è stato concretizzato con un primo studio su un argomento di grande attenzione quale quello delle «Dinamiche della copertura glaciale artica e rotte di navigazione» a seguito dell’entrata dell’Italia, nel 2013, come «Observer nell’Arctic Council». Le specifiche capacità di operare in ambito polare sviluppate nel tempo da MM e IIM, risultano elemento essenziale nel loro ruolo ricoperto, ponendo particolare attenzione alla conoscenza degli oceani per favorire sostenibilità e salvaguardia dell’ambiente marino, minimizzando gli impatti. Questo ben si configura in un ambiente così fragile e sensibile alle dinamiche globali come l’Artico e trova una sapiente connessione tra le attività idro-oceanografiche sviluppate in campagne dedicate a formazione e ricerca con tematiche non solo ristrette all’ambito scientifico, ma anche a quello socio

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SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE

Le spedizioni italiane al

POLO NORD Dal Duca degli Abruzzi a “High North” Anna Maria Biavasco (*) - Aldo Caterino (**)

La corsa verso il Polo Nord Fin dal Cinquecento, numerose spedizioni marittime si avventurarono nel Mar Glaciale Artico alla ricerca del passaggio a nord-est (a settentrione della Russia) o di quello a nord-ovest (a settentrione del Canada), due vie più brevi e meno battute rispetto a quella del Capo di Buona Speranza per raggiungere l’Estremo Oriente. Lo scopo era evitare il monopolio ispano-portoghese sulle rotte commerciali verso i paesi delle spezie. I tentativi proseguirono anche nei secoli successivi, fino all’impresa del navigatore danese Vitus Bering che, al servizio dei Russi, costeggiando la Siberia, nel 1728 scoprì lo stretto che separa l’America dall’Asia, poi battezzato con il suo nome, sbucando finalmente nell’oceano Pacifico. Nell’agosto del 1778, durante il suo terzo viaggio nel Pacifico, questa volta alla ricerca del passaggio a nordovest, James Cook esplorò e cartografò le aree intorno allo stretto di Bering, toccando sia le coste dell’Alaska, sia quelle della Siberia e spingendosi fino alla latitudine di 77° 44’ Nord. Fu solo nel 1825, però, che un altro capitano inglese, William Edward Parry, partì con lo scopo dichiarato di raggiungere il Polo Nord. Dopo la sua, si avvicendarono numerose altre esplorazioni, soprattutto a opera della Royal Navy, che offriva avanzamenti di grado e altri vantaggi agli ufficiali e ai marinai che si imbarca-

vano come volontari per le pericolose imprese. I rischi, infatti, erano veramente enormi e centinaia di uomini non fecero ritorno, a causa soprattutto del gelo e delle malattie, tra cui in primo luogo lo scorbuto, dovuto alla carenza di vitamine. Anche la logistica aveva il suo peso: le nuove navi a vapore con lo scafo in ferro non erano molto più resistenti alla morsa dei ghiacci dei vecchi velieri con lo scafo in legno, che anzi erano più elastici e potevano sgusciare via più facilmente. Il passaggio a nord-ovest non fu completamente conquistato via mare fino al 1906, quando l’esploratore nor-

(*) Laureata in lingue e letterature straniere moderne, traduttrice. Ha insegnato allÊUniversità degli Studi di Genova dal 1997 al 2010 e lavora presso lÊUfficio Relazioni Esterne dellÊIstituto Idrografico della Marina dal 2011. Fra i tanti autori che traduce per varie case editrici ci sono Patricia Cornwell, Elizabeth George, Dan Brown, John Grisham e James Patterson. (**) Laureato in storia moderna, cultore di storia marittima. Ha lavorato presso la Biblioteca Universitaria di Genova e oggi lavora presso lÊUfficio Relazioni Esterne dellÊIstituto Idrografico della Marina. Collabora dal 1994 con lÊUniversità degli Studi di Trento e dal 2016 con lÊUniversità Link Campus di Roma e ha al suo attivo numerose pubblicazioni di storia navale.

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L’equipaggio della STELLA POLARE, 1899 (Fonte: Museo Nazionale della Montagna, CAI-Torino).

vegese Roald Amundsen, salpato giusto in tempo per sfuggire ai creditori che cercavano di bloccare la sua spedizione, completò un viaggio di tre anni con la Gjøa, una nave per la pesca delle aringhe opportunamente riadattata. Alla fine di questo viaggio, egli entrò nella città di Eagle, Alaska, e inviò un telegramma che annunciava il suo successo. La nuova rotta, tuttavia, non era commercialmente pratica: oltre al tempo impiegato, infatti, alcuni tratti del fondale erano troppo bassi e non consentivano il passaggio di navi con elevato pescaggio come quelle mercantili. Il 6 aprile 1909, l’esploratore americano Robert Peary affermò di essere stato la prima persona nella storia ad aver toccato il Polo Nord, anche se è stato posto in dubbio che lo abbia mai effettivamente raggiunto. Egli viaggiò con l’ausilio di slitte trainate da cani e tre diverse squadre di supporto che sostituì a intervalli in successione

prima di raggiungere il Polo. Molti esploratori moderni, compresi sciatori olimpici con attrezzature all’avanguardia, sostengono che Peary non avrebbe potuto raggiungere il Polo a piedi nel tempo da lui dichiarato. I primi uomini ad avere senza dubbio «calpestato» il Polo Nord furono i componenti della spedizione sovietica del 1948 sotto il comando di Aleksandr Kuznecov, che erano atterrati con il loro aereo nelle vicinanze e avevano percorso a piedi il tragitto sino al Polo. Il 3 agosto 1958, il sottomarino statunitense USS Nautilus raggiunse il Polo Nord senza emergere, poi continuò la navigazione sotto la calotta polare ghiacciata. Il 17 marzo 1959, il sottomarino americano USS Skate emerse al Polo Nord e disperse le ceneri dell’esploratore inglese Sir Hubert Wilkins. Questi viaggi facevano parte di esplorazioni militari promosse nel contesto

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STORIA E CULTURA MILITARE

L’affondamento

della Principessa Mafalda Domenico Vecchioni (*)

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Buenos Aires, di fronte alla sede dello Stato Maggiore della Marina, si erge un monumento dedicato al cadetto italo-argentino Anacleto

(*) Già diplomatico di carriera, ha ricoperto numerosi incarichi alla Farnesina tra i quali quello di Consigliere alla NATO, Vice Rappresentante Permanente al Consiglio dÊEuropa, Console Generale a Nizza e a Madrid e Ambasciatore dÊItalia a Cuba. Saggista, storico e divulgatore, ha al suo attivo diverse biografie storico-politiche (da Evita Peron a Raul Castro) nonché studi sulla storia dello spionaggio (Storia degli 007 dallÊantichità ai nostri giorni). Collabora abitualmente con BBC History Italia ed è Direttore della collana Ingrandimenti presso la casa editrice Greco e Greco di Milano.

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Nave PRINCIPESSA MAFALDA si appresta a partire alla volta di Buenos Aires (Fonte: wikipedia.it). Sotto: il busto dedicato ad Anacleto Bernardi, di fronte alla sede dello Stato Maggiore della Marina Argentina (Fonte: gacetamarinera.com.ar).

Bernardi, assurto a simbolo dell’abnegazione marinara per tutti i giovani coscritti della Marina Argentina e il cui destino rimase indissolubilmente legato alle sorti del transatlantico Principessa Mafalda. Ma chi era Anacleto Bernardi e in quali circostanze il suo nome fu per sempre associato alle tragiche vicende del piroscafo italiano? Figlio di genitori italiani, nato nella Provincia di Entre Ríos

nel 1906, Anacleto effettuò il suo servizio militare presso la base navale di Puerto Belgrano (Punta Alta). Esemplare aspirante ufficiale di Marina, nel 1927, in riconoscimento dei risultati ottenuti in Accademia, fu inserito nel gruppo di 40 cadetti destinati a fare un viaggio di istruzione intorno al mondo a bordo della fregata Presidente Sarmiento. Durante il viaggio tuttavia, poco prima di arrivare nello scalo previsto in Italia, il cadetto Bernardi contrasse una grave forma di polmonite e gli fu prescritto un periodo di riposo e il rientro in patria per la convalescenza. Arrivato così a Genova, fu trasportato, con l’aiuto del marinaio Juan Santoro incaricato di assisterlo, a bordo del Principessa Mafalda, che appunto si accingeva a salpare alla volta dell’Argentina. Il giovane italo-argentino mai avrebbe immaginato che quello sarebbe stato l’ultimo viaggio del transatlantico, durante il quale avrebbe perso la vita in circostanze particolarmente atroci. Nel 1906 (per una strana coincidenza lo stesso anno di nascita di Bernardi), i cantieri navali di Riga Trigoso (Genova) avviarono la costruzione di due piroscafi gemelli: Principessa Jolanda e Principessa Mafalda per conto del Lloyd Italiano. I nomi furono dati in onore delle figlie del re Vittorio Emanuele III. Il Principessa Jolanda fu varato nel settembre 1907 di fronte a centinaia di spettatori che passarono presto dall’entusiasmo iniziale alla delusione totale! In effetti avvenne qualcosa di straordinario e certamente non di buon augurio per il gemello Principessa Mafalda. Contrariamente alla prassi generalmente seguita, di lanciare cioè la nave con lo scafo vuoto e di completare i lavori successivamente una volta messa la nave a galla, gli ingegneri di Riga Trigoso, per accelerare i tempi di consegna, vararono il piroscafo già riempito di tutte le sue

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STORIA E CULTURA MILITARE

La lunga guerra di GIUSEPPE BRIGNOLE Tenente di vascello di complemento Mariano Gabriele (*)

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el novembre 1938 il nuovo ambasciatore di Francia André Francois-Poncet giunse a Roma carico di buona volontà e di speranze, non immaginando che il Duce lo avrebbe considerato pregiudizialmente «antipatico», né che il 30 dello stesso mese avrebbe assistito a una chiassata offensiva alla Camera dei Fasci e delle Corporazioni (1). Meno illusioni avevano i responsabili militari francesi, tanto che il Capo di S.M. della Difesa aveva chiesto, fin dal precedente agosto, di studiare un’azione offensiva dalle Alpi; ma i piani più completi contro l’Italia furono messi a punto dalla Marina, il cui capo di S. M., ammiraglio Darlan, intendeva bombardare Genova il primo giorno di guerra (2). Nel primo semestre 1939 la Marine Nationale definì i piani per sbarchi a Pantelleria e all’Elba, raid su Palermo, bombardamenti sulla costa ligure da Vado a Genova e interdizione, in cooperazione con i Britannici, del traffico tra Italia e Libia (3). Dopo un po’, tuttavia, gli SS. MM. alleati presero

a suggerire prudenza, forse attribuendo a Roma maggiori capacità militari di quelle che aveva. Gli strateghi che avevano suggerito un attacco immediato in Africa settentrionale ora volevano preventivamente il taglio delle comunicazioni marittime italiane con la Libia e almeno due mesi di preparazione. Inoltre, il trasferimento della Forza leggera d’attacco (3 incrociatori e 8 grandi caccia) da Sfax a Mers el Kebir, che il comandante della flotta del Sud, ammiraglio Esteva, annunciò a Cunningham il 1o maggio 1940 a Biserta, non era propriamente offensivo; Esteva confermò peraltro che 4 incrociatori pesanti armati di pezzi da 203 e accompagnati da cacciatorpediniere avrebbero colpito obiettivi sulla costa ligure (4) la prima notte seguente a una dichiarazione di guerra italiana. Questa maturò con la débacle dell’Esercito francese, ma l’attesa aggressione fu accompagnata da curiose modalità: «stretta difensiva» da parte dell’Esercito e dell’Aeronautica; per la Marina «vedremo poi» (5 giugno 1940); nella stessa seduta si udirono alcune sciocchezze circa il trasporto per mare senza convogli, un serio richiamo di Cava-

(*) Ha insegnato per 30 anni Storia Contemporanea e Storia e Politica Navale nellÊUniversità di Roma. Autore di 30 volumi e 120 saggi e pubblicazioni, ha ricevuto 5 premi scientifici in Italia e allÊestero e 2 giornalistici. Consulente storico dello Stato Maggiore della Marina, è attualmente copresidente della Commissione storica italo-tedesca e presidente onorario della Società Italiana di Storia Militare.


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I campi di prigionia in cui vennero rinchiusi gli internati militari italiani tra il 1943 e il 1945 (Fonte: Gerhard Schreiber, I militari italiani internati nei campi di concentramento del Terzo Reich (1943-1945), Ufficio Storico dell’Esercito, 1997). Il Tenente di vascello Giuseppe Brignole (Fonte: USMM).

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osservatorio_giugno_Layout 1 25/09/2018 11:48 Pagina 96

RUBRICHE

Osservatorio internazionale Giugno 2018

Irak, il nuovo che avanza?

che aveva liberato l’Irak dallo stesso Saddam. Ora le prospettive sono per lo meno confuse. Le elezioni legislative irachene, sono state vinte, nonoTemendo che il post elezioni in realtà non sia che il prostante tutte le previsioni lo dessero sconfitto, dal leader logo a una nuova guerra civile tra sunniti e sciiti, il Primo sciita Moqtada Al Sadr. Questo alleato del partito comuMinistro Al Abadi ha lanciato un accorato appello chienista locale ha schiacciato quello che sembrava essere il dendo ai partiti di non ammassare armi (sic). La fine della vincitore anche prima del voto, il Primo Ministro Haider sfida militare dell’IS e della secessione dei curdi iracheni Al-Abadi (sciita lui stesso, ma finito terzo). La vittoria non ha portato la tranquillità sperata e, secondo alcuni, il spariglia le carte a moltissimi, quasi a tutti. Questo però reingresso di Baghdad nel sistema di sicurezza prossimo solo all’inizio. Infatti nella lunga campagna elettorale, all’Occidente, aprendo la rinascita di una specie di Moqtada aveva compiuto delle trasferte a Riyhad e KuMETO (Middle East Treaty Organization)-CENTO wait City che avevano lasciato prevedere che, in caso di (Central Treaty Organization)-Patto di Baghdad del XXI vittoria, avrebbe avuto un orecchio e un occhio non disecolo, in cui tutti gli Stati della regione, liberatisi di gostante dalle sirene di queste due monarchie che vedono verni ostili si sarebbero riuniti in un patto regionale di siper ragioni simili sempre con preoccupazione l’Irak, e curezza, stabilità e cooperazione economica. Invece tutto soprattutto in tempi recenti, un Irak, se non allineato, alappare andare in direzioni opposte e divergenti, rifletmeno prossimo all’Iran e alla Siria. Ora, con la vittoria tendo il caos che guida il policy making mondiale e rein mano e con forze militari annerbate dai duri combatgionale. La coalizione contro l’IS, o almeno quello che timenti contro le milizie dell’IS, la situazione è differente ne resta, continua a operare nella mancanza di trasparenza e Al Sadr vuole giocare un ruolo centrale nell’Irak. La più assoluta, sia nei termini di bersagli, area di operapolverizzazione e il settarismo di ogni tipo e natura dello zione, partecipazione scenario iracheno e soprattutto di diredanno per il mozione politico-stratemento ragione al figica. La Turchia glio dell’antico sembra sempre più oppositore di Saddecisa a liberarsi di dam Hussein che si ogni laccio o lacpropone come eleciuolo con la NATO mento ineludibile noe chiudere una volta nostante le molte per tutte con il fenopreoccupazioni che meno curdo in casa questo genera, a copropria. La Siria resta minciare dagli Stati saldamente nelle Uniti, memori che mani di un regime proprio Moqtada lanche ha consolidato la ciò una insurrezione presenza russa nel violentissima contro le truppe della coali- Festa in piazza a Baghdad dopo la vittoria delle elezioni del maggio scorso del leader sciita Mediterraneo occiMoqtada al-Sadr (Fonte: nytimes.com). dentale e che funge zione internazionale

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RUBRICHE

Marine militari AUSTRALIA Selezionata la proposta britannica per le future fregate Il 29 giugno il primo ministro australiano Malcolm Turnbull ha annunciato la scelta della società britannica BAE Systems quale vincitrice della competizione internazionale per la costruzione di nove fregate antisommergibili derivate dalle future unità britanniche «Type 26». Le nuove fregate saranno raggruppate nella classe «Hunter» e verranno costruite in cantieri locali a partire dal 2020 per sostituire, nella seconda metà del prossimo decennio, le fregate classe «Anzac». Alla competizione internazionale partecipavano anche Fincantieri

e Navantia; secondo quanto riportato da fonti australiane, sulla decisione hanno influito molto le pressioni politiche nei confronti della Marina australiana.

Ammodernamento dei sottomarini classe «Collins» Le filiali australiane delle società Raytheon e Thales si sono aggiudicati il contratto per l’ammodernamento dei sei sottomarini australiani classe «Collins» e il primo battello a iniziare i lavori sarà il Waller. Assieme ad alcune piccole e medie aziende locali, le due società interverranno sulla suite elettroacustica, sostituendo il flank array con un modello di nuova generazione e altri componenti minori.

BRASILE Collaborazione fra Damen e Saab per le future corvette classe «Tamandaré» I cantieri olandesi Damen Schelde e la società svedese Saab hanno annunciato la loro collaborazione per partecipare al programma relativo a quattro future corvette classe «Tamandaré» per la Marina brasiliana. Secondo l’accordo, Damen Schelde si occuperà del progetto delle unità navali, proponendo il disegno «Sigma 10514» già prescelto da Indonesia e Messico, mentre la Saab fornirà il sistema di combattimento Secondo le informazioni finora divulgate, le future corvette dovranno essere costruite in Brasile o con un coinvolgimento significativo dell’industria locale, in associazione con un partner estero: le unità dovrebbero avere una lunghezza di 103 metri e dislocare intorno alle 2.790 tonnellate.

Entrata in servizio della portaelicotteri Atlantico Australia. Ricostruzione al computer delle future fregate classe «Hunter», che saranno riprodotte in nove esemplari a cura di BAE Systems (Fonte: BAE Systems). Sopra: due sottomarini classe «Collins» della Marina australiana in corso di ammodernamento a cura di Raytheon e Thales (Fonte: RAN).

In una cerimonia svoltasi a Plymouth il 29 giugno, è entrata in servizio la portaelicotteri Atlantico, già in

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RUBRICHE

Nautica da diporto

GOLDEN GLOBE RACE – IL RITORNO

Per commemorare la prima regata intorno al mondo a vela per solitari senza scalo che si svolse nel 1968-69, il primo luglio è partita la seconda Golden Globe Race della storia. Come allora, i solitari, che utilizzeranno imbarcazioni dello stesso tipo di quelle impiegate cinquant’anni fa, non potranno usufruire delle moderne tecnologie, ma impiegare sestanti, cronometri a mano e l’occhio senza ricorrere all’elettronica o ad apparati elettrici di ausilio alla navigazione. Per quanto attiene la sicurezza, questa sarà affidata agli organizzatori che monitoreranno la strumentazione di bordo, che potrà essere utilizzata dagli skipper solo in caso di necessità. The Sunday Times Golden Globe Race1968-69 Nel 1968 il giornale inglese The Sunday Times mise in palio un Trofeo, il «The Sunday Times Golden Globe», da assegnare al navigatore solitario che effettuava la circumnavigazione senza scalo del globo con partenza e arrivo dallo stesso porto, situato nell’emisfero settentrionale a nord del 40° parallelo, passando a sud dei capi Good Hope (Africa), Leeuwin (Australia), e Horn (America). Con lo stesso bando, il giornale istituì un premio supplementare in denaro per il navigatore solitario che compiva il giro del mondo più veloce, con partenza da un porto della Gran Bretagna nel periodo 1o giugno-31 ottobre. In entrambi i casi non erano permessi rifornimenti. In nove si avventurano nell’impresa e fra questi

l’italiano Alex Carozzo su Gancia Americano, un ketch di 20 m (66 piedi); lui, come altri sette solitari, cinque britannici e due francesi, non completò l’estenuante e drammatica traversata (vedasi Tabella 1), mentre uno non ritornò a casa, perché le condizioni meteo furono proibitive e i danni causati lungo il percorso atlantico furono notevoli. Il primo a partire dal porto di Inishnore (1o giugno 1968) fu il britannico John Ridgeway a bordo dello sloop di 30 piedi English Rose 1V che si ritirò dopo la traversata dell’Atlantico a Recife (Brasile) il 21 luglio. Sette giorni dopo un altro britannico iniziò l’impresa per concluderla, sempre per ritiro, a ferragosto; Chay Blyth, skipper dello sloop Dytiscus III (30’) partì da Hamble e arrivò fino a Tristan da Cunha, dove si ritirò il 17 settembre. Il 14 giugno fu la volta di Robin Knox-Johnston che a bordo del ketch di 32’ (9,5 m) Suhaili fu l’unico a completare la regata, traguardo a Falmouth (Regno Unito) il 22 aprile 1969 dopo una navigazione di 312 giorni. Al britannico, cui nessuno accreditava la vittoria finale con quella piccola imbarcazione, furono riservati grandi onori, compresa la nomina a baronetto. Il primo francese a lanciarsi nell’impresa fu Loick Fougeron a bordo del cutter di 35 piedi Capitaine Browne; partito il 22 agosto 1968 da Plymouth, si ritirò il 27 novembre approdando a St. Helena. Lo stesso giorno e dallo stesso porto di Fougeron prese il mare un altro francese, Bernard Moitessier. La sua

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RUBRICHE

C he cosa scrivono gli altri «Un mare di plastica» NATIONAL GEOGRAPHIC ITALIA, GIUGNO 2018

Quella in cui stiamo vivendo sarà probabilmente ricordata come l’Era della plastica, il cui uso sempre più intensivo e sconsiderato sta causando però un inquinamento di proporzioni veramente planetarie. E in particolare gli Oceani, che ricoprono oltre il 70% della superficie terrestre e costituiscono il 97% dell’acqua presente sul pianeta, sono i più colpiti da questa forma di inquinamento. Se infatti ogni anno nel mondo ben 8 milioni di tonnellate di rifiuti finiscono in mare, il 75% è rappresentato proprio dai più disparati oggetti di plastica. Sull’onda lunga quindi della Giornata mondiale degli Oceani, che si celebra ogni anno l’8 giugno, per ricordare l’importanza della tutela dei nostri mari e la cui edizione 2018 è stata dedicata per l’appunto all’inquinamento, veicolata dall’ONU all’insegna del motto «Clean Our Ocean!» e articolata in numerose iniziative locali, il mensile in parola, sempre attento di per sé alle tematiche ambientali, in un ampio reportage di ben 28 pagine a firma della giornalista Laura Parker con un ricchissimo apparato icnografico di Randy Olson, fa il punto sul problema che sta diventando sempre più inquietante. Come recitano in estrema sintesi i sottotitoli: «150 anni fa abbiamo creato un materiale leggero, resistente e poco costoso con una produzione di massa che si è affermata dopo la Seconda Guerra mondiale/Oggi quel materiale miracoloso contribuisce a far battere i cuori e a far volare gli aerei/Più del 40% viene utilizzato una sola volta e poi buttato via/Ogni anno ne finiscono in mare circa 8 milioni di tonnellate». Ma in realtà, si precisa, nessuno sa con esattezza

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quanta plastica non riciclata finisca in mare, destinazione finale degli scarti del nostro pianeta! Una stima approssimativa, che ci propone uno studio dell’University of Georgia (2015), parla di una quantità che si aggirerebbe tra 4,8 e i 12,7 milioni di tonnellate. L’aumento della produzione (407 milioni di tonnellate all’anno) ha infatti di gran lunga superato la nostra capacità di gestione dei rifiuti, tanto più che nel mondo se ne ricicla solo il 18% e quindi gli oggetti di plastica, una volta dismessi, si disgregano in frammenti sempre più piccoli che restano in giro per secoli! E il mare ne ha fatto le spese, in maniera più o meno eclatante. A titolo esemplificativo, le correnti che vorticano in senso orario nel Pacifico settentrionale hanno finito per formare arcipelaghi di rifiuti di milioni di km2 la maggior parte della plastica ridotta in granuli. Persino sulla banchisa dell’Artide si accumulano microplastiche provenienti da latitudini inferiori che, quando il ghiaccio in cui erano intrappolate si fonde, riprendono il loro viaggio per mare. E se gli Oceani piangono, il Mediterraneo non certo ride, come leggiamo sull’allarmante rapporto che ci propone il WWF Italia (www.repubblica.it/ambiente/2018/06/08/news/allarme _mediterraneo_e_soffocato_dalla_plastica). «Viviamo in una piccola ma micidiale trappola di plastica. Il Mediterraneo, che rappresenta solo l’1% delle acque internazionali, eppure ospita il 7% di tutte le microplastiche del Pianeta». Che cosa fa la comunità internazionale per far fronte a una tale emergenza, visto il carattere transfrontaliero dell’inquinamento? Al momento, nel dicembre dello scorso anno, l’UN Environment Assembly a Nairobi, ha approvato una risoluzione intesa «to eliminate plastic pollution in our seas» www.dw.com/en/un-resolves-to-end-ocean-plasticwaste/a-41690999). Una dichiarazione d’intenti certo («it’s not a legally binding treaty, it could pave the way to one»), che però rappresenta di per sé un primo passo per una presa d’atto di un problema che si sta facendo sempre più cogente, al fine di evitare, come si afferma con amaro sarcasmo, che «By 2050 Oceans will carry more plastic than fish». continua a leggere ... 121


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RUBRICHE

Recensioni e segnalazioni Alessandro Mazzetti

Marina italiana e Geopolitica Mondiale Il Ruolo della Flotta La Potenza e le trasformazioni alla fine della Grande Guerra Aracne Editrice Firenze 2017, Pagg. 330, Euro 23

Il complesso intreccio tra politica estera e politica navale italiana all’indomani della Grande Guerra rappresenta la trama centrale del volume in discorso, nell’assunto di fondo che «studiando la storia di una qualsiasi marina di una qualsiasi nazione noi ne studiamo in realtà la sua politica estera e la sua storia diplomatica». In tale prospettiva, dopo un ampio capitolo introduttivo dedicato alla «geografia e politica tra Ottocento e Novecento» di ben sessanta pagine, l’Autore cerca di coniugare i rapporti internazionali con le vicende interne della R. Marina, a cominciare proprio dalla Conferenza di Washington sulla limitazioni degli armamenti navali (1921-22), alla quale è dedicato un terzo circa del volume (e in cui ben viene posta in risalto, tra l’altro, l’azione dell’ammiraglio Acton, rappresentante della delegazione tecnica italiana). Unitamente alle trattative sul disarmo globale (dai lunghi lavori preparatori sino al naufragio della conferenza generale degli anni 1932-33), cioè i due eventi «che furono vere e proprie cartine di tornasole della politica delle Potenze uscite vincitrici dalla Grande Guerra». Dai rapporti «altalenanti» tra Roma e Parigi (tra gli «screzi» successivi al riconoscimento nella Conferenza di Washington della parità navale con l’Italia e l’ipotesi di formare addirittura un blocco continentale italofrancese in funzione antibritannica) a quelli più ostici con l’impero del mare britannico. Una Gran Bretagna che mira all’epoca a rafforzare la propria posizione nel Mediterraneo, un Mediterraneo oceanico, visto cioè come indispensabile trait d’union tra Atlantico e Paci-

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fico, applicandovi la tradizionale politica del Two Powers Standard (sempre in guardia per evitare che la somma delle flotte mediterranee fosse superiore alla sua stessa presenza navale nel Mare Nostrum), sino a mettere a disposizione della Società delle Nazioni la propria flotta in funzione anti-italiana nel momento culminante della «crisi di Corfù». E proprio il contenzioso con la Grecia viene analizzato con particolare attenzione, sia per la questione del pieno riconoscimento della sovranità italiana sull’arcipelago del Dodecanneso, di cui viene ricostruita puntualmente la storia diplomatica nei diversi momenti in cui si articola la controversia con l’Italia. All’uopo si fa rilevare come, nella prima, le istruzioni impartite alla Marina erano quelle di occupare l’isola di Samo e alcune isole minori, tra cui Corfù, «a carattere temporaneo e di pegno», effettuando una dimostrazione navale in stile gunboat diplomacy mentre, nella seconda fase, si procede di fatto all’occupazione dell’isola di Corfù in esito al fatto nuovo costituito dall’eccidio della missione del generale Tellini, capo della Commissione interalleata incaricata dalla Conferenza degli Ambasciatori di determinare i confini tra Grecia e Albania. Sicché, alla fine, quando Mussolini manifesta l’intenzione di non voler abbandonare l’isola greca, entrando così in rotta di collisione con la Società delle Nazioni e la Gran Bretagna, è proprio la R. Marina che, realisticamente, visti i rapporti di forza al momento con la Mediterranean Fleet, frena quel primo esempio di brinkmanship del capo del Governo, spingendolo verso una soluzione diplomatica della controversia stessa, peraltro con piena soddisfazione delle stesse richieste italiane. Molto positivo il giudizio espresso sull’azione del Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, ministro della Marina nel primo Gabinetto Mussolini (insieme al generale Diaz al dicastero della Guerra e, ricordiamo … al futuro presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, sottosegretario all’Industria!), di cui si pone in rilievo innanzitutto la visione del «ruolo internazionale della Marina», con le unità inviate a mocontinua a leggere ... Rivista Marittima Luglio-Agosto 2018


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RIVISTA

MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868

nel prossimo numero focus sulla «Strategia marittima»

LUGLIO-AGOSTO 2018 - anno CLI CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÀ AUTORIZZATA N&C MEDIA S.N.C. VIA S. ANTONIO, 1 21013 GALLARATE (VA) Tel. 0331 773802 Fax 0331 781471 www.necmedia.eu

REGISTRAZIONE TRIBUNALE CIVILE DI ROMA N. 267 31 LUGLIO 1948

Chiuso in redazione il 31 luglio 2018

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Rivista Marittima Luglio-Agosto 2018


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LUGLIO-AGOSTO 2018 - Anno CLI

LUGLIO-AGOSTO 2018

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