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Lunga vita alle unità subacquee

Metodologie e programmi per l’estensione della vita operativa dei sottomarini convenzionali

Michele Cosentino

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Contrammiraglio (r) del Genio Navale. Ha frequentato l’Accademia navale nel 1974-78 e ha successivamente conseguito la laurea in Ingegneria navale e meccanica all’Università «Federico II» di Napoli. In seguito, ha ricoperto vari incarichi a bordo dei sottomarini Carlo Fecia Di Cossato, Leonardo Da Vinci e Guglielmo Marconi e della fregata Perseo. È stato successivamente impiegato a Roma nella Direzione generale degli armamenti navali, il segretariato generale della Difesa/Direzione nazionale degli armamenti e lo Stato Maggiore della Marina. Nel periodo 1993-96 è stato destinato al Quartier generale della NATO a Bruxelles; nel periodo 2005-11 ha lavorato al «Central Office» dell’Organisation Conjointe pour la Cooperation enmatiere d’Armaments (OCCAR) a Bonn. Ha lasciato il servizio a settembre 2012, è transitato nella riserva della Marina Militare e nel 2016 è stato eletto consigliere nazionale dell’ANMI per il Lazio settentrionale. Dal 1987 collabora con numerose riviste militari italiane e straniere (Rivista Marittima, Storia Militare, Rivista Italiana Difesa, Difesa Oggi, Tecnologia & Difesa, Panorama Difesa, Warship, Proceedings, ecc.) e ha pubblicato oltre 600 fra articoli, saggi monografici, ricerche e libri su tematiche di politica e tecnologia navale, politica internazionale, difesa e sicurezza e storia navale.

Personale della Brigata Marina «San Marco» in addestramento con il sottoma-

rino GIULIANO PRINI, in azione nel Golfo

di Taranto nell’ambito dell’esercitazione «Medusa». Le quattro unità della classe «Sauro» sono state sottoposte a importanti interventi di ammodernamento nel primo decennio del XXI secolo.

Il sottomarino a propulsione convenzionale è ormai diventato una risorsa chiave nello sviluppo e nella crescita qualitativa di uno strumento aeronavale bilanciato: questa considerazione è naturalmente applicabile alla stragrande maggioranza delle Marine militari del pianeta, che non possono permettersi, per una serie di motivi politici, economici e operativi, battelli a propulsione nucleare. Del resto, l’evoluzione delle tecnologie applicabili ai sistemi di piattaforma e a quelli di combattimento consente anche ai battelli non propulsi dall’energia atomica di mantenere il passo con le moderne dottrine d’impiego dei mezzi subacquei.

Breve analisi dei nuovi programmi

Tralasciando dunque le Marine che schierano sottomarini propulsione nucleare, l’attenzione di questo saggio si concentra sulla stragrande maggioranza di quelli in servizio, dotati appunto di propulsione convenzionale, per i quali sono in corso in diverse Forze navali programmi di ammodernamento incentrati su nuovi progetti e nuove costruzioni. In Europa sono almeno cinque le Marine impegnate in tal senso: in un’ideale carrellata da nord a sud, si parte con la Marina svedese alle prese con la costruzione di due unità classe «Blekinge» di progetto nazionale, seguita da quella norvegese e quella tedesca impegnate nella cooperazione per i nuovi battelli tipo U212CD. Segue la Marina olandese, che ha avviato un programma per sostituire i quattro battelli classe «Walrus» in linea ormai da lungo tempo, mentre per la Marina Militare è da poco partito il programma per la costruzione di quattro unità al momento denominate U212 NFS (Near Future Submarine): il panorama europeo è chiuso dell’Armada (la Marina spagnola), dove la principale priorità riguarda la costruzione di quattro nuovi sottomarini classe «Isaac Peral» per i quali è stato necessario risolvere gravi problemi progettuali. Al di fuori del continente europeo, i principali programmi subacquei per battelli convenzionali riguardano diverse nazioni, dalla Turchia all’India, dall’Egitto alle Marine che operano dall’altra parte del mondo, vale a dire Giappone, Corea del Sud e Australia: e proprio in Australia è in corso un programma di rilevante valore politico, militare ed economico, riguardante la costruzione di ben 12 sottomarini convenzionali della classe «Attack», con l’assistenza progettuale e tecnica dell’industria francese. Tutti questi programmi sono stati avviati negli ultimi anni, ma un elemento comune che ha interessato diverse Marine desiderose di fare un salto di qualità rispetto al passato riguarda un approccio cautelativo verso i nuovi progetti e che si sintetizza nel ricorso all’allungamento della vita operativa utile di battelli in linea da diverso tempo: si tratta di una scelta influenzata da diversi fattori, in primo luogo economici perché numerose Forze navali si sono trovate ad affrontare, in tempi diversi, scenari di disponibilità economica certamente non floridi e sono state dunque obbligate a fare ricorso a quest’espediente per mantenere in linea una flotta subacquea numericamente e operativamente credibile. Dal punto di vista tecnico, è importante ricordare che lo scafo di un sottomarino realizzato con acciai a elevata resistenza e di qualità è soggetto a una serie di sollecitazioni cicliche — dovute appunto ai cicli di immersione e ritorno a quote superficiali — che spesso non ne compromettono l’integrità strutturale nel corso degli anni di servizio preventivati in origine. In altre parole, se una Marina ha previsto che un battello, al momento della sua costruzione, potesse rimanere in servizio per 20 anni in condizioni di sicurezza garantite, il rateo d’impiego potrebbe essersi rivelato tale che dopo 20 anni, lo scafo si trova ancora in buone condizioni e in grado quindi di operare in sicurezza per un ulteriore intervallo di tempo.

Pertanto, tenendo conto di quest’aspetto, l’attenzione di numerose Marine si focalizza sulla disponibilità di nuovi sistemi e sensori che, con i dovuti accorgimenti, possono sostituire quelli installati al momento della costruzione del battello. La contestuale manutenzione approfondita di altri sistemi imbarcati difficili da sostituire — si pensi al motore elettrico di propulsione o ai gruppi dieselgeneratori — e la sostituzione delle batterie di accumulatori, magari con elementi al litio di tipo moderno, possono rappresentare un insieme di misure finalizzate appunto a un «ringiovanimento» funzionale del battello e a consentirgli di rima-

Il sottomarino giapponese «Toryu», appartenente alla classe «Soryu», ripreso a Kobe nell’aprile 2021. La Marina giapponese ha adottato una politica di relativamente rapida sostituzione delle proprie unità subacquee giunte al termine della loro vita operativa, in netta controtendenza con quanto accade in numerose altre nazioni (Mitsubishi).

nere in servizio ancora per diverso tempo; ciò consente di colmare, almeno parzialmente, un gap capacitivo, e di avviare contestualmente il programma per un battello di nuova generazione in un clima di maggior fiducia. Come già accennato, l’allungamento della vita operativa di un battello in servizio rappresenta una metodologia di carattere generale seguita da diverse Marine, anche se è d’obbligo evidenziare che almeno una di esse agisce in controtendenza: in Giappone si assiste, infatti, a un ricambio generazionale di unità subacquee che ha luogo ogni 15 anni al massimo, con un rateo innovativo e costruttivo che non ha eguali in altre nazioni occidentali o occidentalizzate e di cui fa parte anche l’introduzione sui sottomarini di nuova costruzione di tecnologie all’avanguardia quali le batterie al litio e altri sistemi e sensori (1). Operando in tal modo, la Marina giapponese — ancora riduttivamente denominata forza di autodifesa marittima — soddisfa un requisito operativo e strutturale fondato su una componente subacquea forte di 22 battelli più o meno moderni, a seconda dell’opinione dei vertici navali nipponici.

La via italiana

Alle prese con gli incerti scenari del dopo Guerra Fredda e con l’insuccesso del programma nazionale per la sostituzione nel medio-lungo termine dei battelli classe «Sauro» con un progetto denominato «S-90», la Marina Militare ha notoriamente seguito la strada della cooperazione con la Germania che ha portato alla realizzazione dei quattro sottomarini classe «Todaro», in servizio a partire dal 2006. Nel frattempo, fu deciso di attuare un’importante iniziativa comunque finalizzata alla modernizzazione delle Forze subacquee italiane, sfruttando anche i risultati di alcune sperimentazioni di specifici apparati eseguite su un paio di battelli in linea: all’inizio degli anni Duemila, approfittando dei periodici interventi di grande manutenzione, la Marina Militare sottopose i quattro sottomarini della classe «Sauro» meno anziani — Salvatore Pelosi, Giuliano Prini, Primo Longobardo e Gianfranco Gazzana Priaroggia (2) — a un approfondito aggiornamento di alcuni fra i principali sistemi installati. Di particolare rilevanza è stata la sostituzione della suite elettroacustica, del sistema di comando e controllo e di quello per il lancio e la guida delle armi con un unico sistema integrato ISUS 90-20 di produzione tedesca: quest’ultimo — il cui acronimo sta per Integrated Sensor Underwater System — comprende, nella zona prodiera del battello, una base conforme passiva (avente però un maggior numero di elementi rispetto alle soluzioni precedenti e qualitativamente più performante) e un sensore attivo di foggia cilindrica, entrambi sistemati nella medesima posizione degli apparati precedenti; in coperta a prora è stato inoltre installato, l’RS 100, risponditore subacqueo che si attiva in caso di emergenza.

L’aspetto più evidente e innovativo dell’ISUS-90-20 è rappresentato dalle quattro consolle multifunzionali ubicate sul lato dritto della camera di manovra dei battelli che, tramite appositi cabinet d’interfaccia, valorizzano le prestazioni dei sensori elettroacustici e l’impiego delle armi. Nel processo di ammodernamento dei predetti quattro battelli italiani, non meno importante è stata la sostituzione degli impianti per le comunicazioni con un sistema denominato IRCS (Integrated Radio Communication System), con capacità di trasmissione e ricezione anche nelle bande satellitari e dunque d’integrazione con altri tipi di piattaforme aeronavali. Da ricordare infine che il sistema di governo SEPA 8522 già presente sin dall’inizio su Longobardo e Gazzana, è stato installato anche su Pelosi e Prini, ottimizzando così il supporto lo-

Uno scorcio della camera di manovra del sottomarino PRIMO LONGOBARDO. In primo piano, i due periscopi Kollmorgen in posizione

sollevata, e sullo sfondo anche le consolle multifunzionali del nuovo sistema di gestione operativa ISUS-90-20, installato in occasione dell’ammodernamento dei battello.

gistico e l’addestramento del personale. Questa metodologia ha dunque permesso alla Marina Militare di prolungare la vita di servizio dei battelli più anziani, impiegandoli in determinati scenari operativi e anche per scopi addestrativi, conseguendo due obiettivi correlati: mantenere una flotta subacquea strutturata sul minimo numero di battelli — otto esemplari — necessari a soddisfare le esigenze della Forza armata e consentire la transizione verso sottomarini di nuova generazione a elevato contenuto tecnologico.

Nuova vita per i «Walrus»

Quando entrarono in servizio, a partire dalla seconda metà degli anni Ottanta, i quattro sottomarini olandesi classe «Walrus» (l’unità eponima, Zeeleeuw, Dolfijn e Bruinvis) erano fra i più avanzati battelli a propulsione convenzionale, progettati e realizzati in cantieri olandesi. Iniziata negli anni Settanta, la loro costruzione avrebbe dovuto seguire una determinata tempistica, ma il Walrus poté entrare in linea soltanto nel 1989, un ritardo dovuto principalmente a un furioso incendio scoppiato a bordo, causato proprio dall’elevato grado di automazione e dalle continue modifiche introdotte nel progetto iniziale su richiesta della Marina olandese (3). I «Walrus» sono stati frequentemente impegnati in operazioni d’intelligence nel Mare del Nord, nel Mediterraneo, nei Caraibi e anche in aree marittime del continente asiatico, ma la loro sostituzione con battelli di nuova generazione è stata più volte rimandata a causa di scarse risorse finanziarie disponibili; questo scenario — in cui si è inserita nel 2004 anche la chiusura dell’azienda Rotterdamse Droogdok Mij di Rotterdam, costruttrice dei «Walrus» — ha fatto anche paventare la dismissione delle quattro unità e lo scioglimento della Forza subacquea della Marina olandese. Maturata circa 10 anni orsono, una soluzione di compromesso è consistita nell’avvio di un programma di nuove costruzioni mediante una competizione internazionale tuttora in corso e nell’ammodernamento dei quattro «Walrus»; iniziata nel 2013, quest’attività è definita «IPW», acronimo di «Instandhoudingsprogramma Walrusklasse», che in lingua olandese significa letteralmente

Il sottomarino olandese BRUINVIS, in transito nello Stretto di Gibilterra. In evidenza, la cospicua

struttura che avvolge la condotta di scarico dell’impianto snorkel, che fuoriesce dalla parte superiore poppiera della falsatorre (US Navy). Nella pagina accanto: in alto, il lato dritto della camera manovra di un sottomarino olandese classe «Walrus» sottoposto al programma «IP-W»: oltre alle consolle multifunzionali del nuovo sistema di gestione operativa è visibile, sullo sfondo, quella per l’albero optronico di nuova installazione; in basso, il lato sinistro della camera manovra su un «Walrus» olandese, con le consolle aggiornate del sistema per la gestione della piattaforma e quella, in fondo, per il governo del battello (Damen).

programma di conservazione della classe «Walrus» e il cui obiettivo è quello di estendere di 10 anni la vita operativa dei quattro battelli, valorizzandone sia le capacità residue, sia quelle di nuova introduzione. Destinate a concludersi nel 2025, le attività del IP-W prevedono un trattamento di controllo e preservazione dello scafo dei battelli, il potenziamento dell’impianto di governo (i «Walrus» sono dotati di superfici di governo poppiere a «X» e la consolle del timoniere è stata riequipaggiata con display a colori e comandi automatizzati) e dei sistemi dedicati alla navigazione (con l’installazione della cartografia elettronica, di un nuovo sistema inerziale dell’azienda francese Safran e di un sistema automatico d’identificazione), l’imbarco di un nuovo impianto per la produzione di acqua dolce (necessario a causa delle lunghe missioni spesso intraprese da questi battelli), il potenziamento delle capacità di processazione delle informazioni provenienti dai sensori elettroacustici, l’installazione di un sonar attivo per la scoperta delle mine e di altri oggetti subacquei di produzione tedesca (ELAC Nautik), un miglioramento delle capacità di comunicazione e integrazione con altre unità di superficie e velivoli cooperanti (sfruttando soprattutto le bande satellitari di trasmissione SHF), la sostituzione del periscopio d’attacco con un albero optronico non penetrante L3/KEO

Model 86, la riconfigurazione di alcuni locali interni per permettere il trasporto e il supporto a favore di operatori delle forze speciali e, soprattutto, l’installazione del nuovo sistema di gestione operativa CAMS/Force Vision Guardion, sviluppato dalla Marina olandese. Naturalmente, nel corso dell’IP-W si è anche proceduto alla revisione generale di tutti gli altri impianti di bordo e alla sostituzione delle batterie, provvedendo a eliminare le obsolescenze e a introdurre, per quanto possibile, componenti di origine commerciale.

Sotto il profilo estetico, la maggior parte di quest’interventi non sono visibili dall’esterno, eccezion fatta per il parco alberi e antenne (4). Come già accennato, il sistema di gestione operativa è stato ammodernato mediante il software appartenente alla famiglia «Guardion», sviluppato dalla Marina olandese e correlato agli analoghi sistemi presenti sulle fregate lanciamissili classe «Tromp», sui pattugliatori oceanici classe «Holland» e sull’unità d’assalto anfibio Johan de Witt; in materia di interfaccia uomo-macchina, i vecchi schermi sono stati rimpiazzati da una serie di nuove consolle multifunzionali, a cui si aggiunge quella per il controllo dell’albero optronico. Il programma «IP-W» è stato affidato all’azienda olandese Damen Marine, capocommessa di una serie di attività in cui sono coinvolte altre aziende locali, mentre tutta la tempistica ha subìto delle variazioni importanti dovute a una pausa di riflessione tecnica e adattamento degli interventi seguita alle lezioni apprese nella fase iniziale del programma stesso: il primo battello sottoposto ad ammodernamento è stato lo Zeeleuw, che ha completato i lavori alla fine del 2018, seguito nell’attività dal Dolfijn, dal Bruinvis (interventi in corso) e dal capoclasse Walrus (inizio attività nel 2022). La pianificazione degli interventi è stata rimodulata per tener conto dei ritardi nell’approntamento dello Zeeleuw, nonché per permettere alla Marina olandese di disporre sempre di due battelli pronti all’impiego; di conseguenza, la conclusione dell’IP-W su tutti i battelli è stata prevista per il 2025, in modo da capitalizzare l’esperienza acquisita con l’ammodernamento dei primi battelli e addestrare convenientemente gli equipaggi alla condotta dei nuovi sistemi imbarcati.

Le scelte scandinave

La Marina norvegese ha in servizio sei sottomarini classe «Ula» (il battello eponimo, seguito da Utsira, Utstein, Utvaer, Uthaug e Uredd), progettati e costruiti dalla corporate tedesca Thyssen Nordseewerke ed entrati in servizio fra il 1989 e il 1992: il progetto è il frutto di una cooperazione fra Norvegia e Germania, dove esso è noto come «U-Boot-Klasse 210». Il programma di ammodernamento dei battelli norvegesi è iniziato nel 2006, a cura di aziende tedesche, ed è consistito nella sostituzione di circa 60 sistemi e impianti, con interventi riguardanti i periscopi, gli apparati di guerra elettronica e di navigazione inerziale, l’impianto di governo (anche gli «Ula» sono dotati di superfici di governo poppiere a «X»), le batterie e gli apparati per le comunicazioni; anche in questo caso, si è provveduto alla revisione generale di tutti gli impianti e apparati non soggetti a sostituzione. Gli interventi sui battelli norvegesi — di cui non sono peraltro trapelate molte informazioni di dettaglio — sono stati scaglionati nel tempo sia per evitare l’indisponibilità operativa di un numero troppo elevato di unità, sia per consentire anche la sostituzione della suite elettroacustica e del sistema di gestione operativa (molto probabilmente il MSI-90U), attività queste, affidate alla Kongsberg, azienda norvegese specializzata nel settore e che ha fornito quelli destinati anche ai bat-

telli italiani classe «Todaro» e a quelli tedeschi coevi. Per concludere, va ricordato che la pianificazione di lungo termine della Difesa norvegese — redatta nel 2020 — prevede che gli «Ula» rimangano in linea fino a quando non vengono sostituiti, verso il 2030, dai nuovi sottomarini tipo U212CD, citati in apertura.

L’approccio della Marina svedese all’ammodernamento della propria componente subacquea è stato invece più articolato, perché al 2015 risale la firma di un contratto per la costruzione di due nuovi sottomarini — battezzati Blekinge e Skåne — e per il contestuale ammodernamento di altrettante unità già in servizio, il Gotland e l’Uppland; poiché l’entrata in linea dei battelli di nuova costruzione è prevista per il 2024 e il 2025, l’ammodernamento dei due «Gotland» assicurerà sia un’ordinata transizione verso i sottomarini di nuova generazione, sia il mantenimento di una flotta subacquea quantitativamente coerente con le esigenze operative della Marina svedese. Il Gotland è rientrato in servizio nel 2018 e sebbene non vi siano evidenze immediate sugli interventi eseguiti, un occhio esperto percepisce che la lunghezza del battello è leggermente aumentata: infatti, nei cantieri della Kockums — società svedese con un passato di realizzazioni subacquee assai importante e progettista anche della classe «Blekinge/A26» — si è provveduto al taglio dello scafo resistente in due parti, all’inserimento di una sezione aggiuntiva e alla sostituzione di circa 20 sistemi, impianti e apparati, per lo più identici a quelli installati sui «Blekinge». Oltre che assicurare una determinata disponibilità operativa della flotta subacquea svedese per il prossimo decennio e l’essenziale continuità alla base industriale subacquea nazionale, l’ammodernamento dei battelli classe «Gotland» costituisce anche un importante raccordo tecnico e operativo con il programma «A26/Blekinge», perché l’installazione di apparati identici sulle due tipologie di battelli significa una riduzione sia dei costi per l’addestramento e la manutenzione, sia dei rischi legati alla realizzazione di un nuovo progetto.

Concepiti durante le ultime fasi della Guerra Fredda, i «Gotland» erano ottimizzati per i complessi scenari operativi localizzati nel mar Baltico, nel Kattegat e a ridosso del Mare del Nord e il loro progetto rappresentava un altro tassello della centenaria tradizione subacquea svedese. Equipaggiati con un impianto AIP (Air Indipendent Propulsion) sin dall’inizio, Gotland e Uppland sono entrati in servizio nella seconda metà degli anni Novanta e sono stati oggetto di alcune migliorie già negli anni scorsi, in particolare l’installazione di un nuovo sistema di gestione operativa (il SESUB 960B della Saab) e il potenziamento delle capacità di raffreddamento degli impianti, necessario per permettere ai battelli di operare anche in teatri marittimi fisicamente più «caldi» di quelli nordeuropei. Tuttavia, gli interventi avviati in tempi più recenti sono certamente più invasivi e finalizzati a consentire l’allungamento della vita operativa dei battelli oltre il 2030; in primo luogo è stata installata una nuova suite elettroacu-

I due sottomarini convenzionali della Marina norvegese UTHAUG e UREDD, in banchina nella base navale di Bergen: l’ammodernamento delle

sei unità della classe «Ula» ha permesso alla Marina norvegese di prepararsi meglio al nuovo programma U212 CD in cooperazione con la Germania (Royal Norwegian Navy). In basso: lo scafo del sottomarino

svedese GOTLAND, tagliato in due parti al fine di procedere agli interventi

di allungamento della vita operativa (Kockums).

stica, appartenente alla famiglia CSU 90-2 di produzione Atlas Elektronik e formata da una base conforme passiva prodiera a media frequenza, un sonar attivo antimine (sempre a prora), due sensori passivi lineari disposti lungo le fiancate del battello, in cui è probabilmente incorporata anche la determinazione passiva della distanza del bersaglio, un sistema per la rilevazione e misurazione del rumore proprio irradiato, e uno per l’intercettazione delle emissioni sonar avversarie. L’introduzione di questi nuovi sensori elettroacustici e dei relativi accessori per la processazione dei segnali ha comportato un incremento delle esigenze di raffreddamento degli apparati, a cui si è ovviato introducendo a metà circa della lunghezza dello scafo dei battelli — preventivamente tagliato a metà — una sezione lunga 2 metri, contenente tutti gli apparati necessari al potenziamento delle capacità refrigeranti complessive, soprattutto in prospettiva di operazioni nelle aree marittime «calde» accennate in precedenza. Mentre lo scafo resistente dei battelli era aperto, si è proceduto a eseguire numerosi ulteriori interventi, fra cui la sostituzione del precedente impianto AIP con uno di nuova generazione, totalmente integrato con il sistema di controllo della piattaforma (identificato come «Ship Control and Monitoring System, SCMS»); il precedente sistema per la gestione operativa è stato invece potenziato nella configurazione SESUB 960C, comprendente anche una nuova interfaccia uomo-macchina. Non vanno inoltre sottaciute le importanti migliorie introdotte in tema di impiantistica, in particolare ventilazione e condizionamento, raffreddamento delle batterie, assetto e compenso e controllo sentina, valvole a scafo, produzione acqua dolce e aria compressa, produzione/distribuzione di ossigeno, oleodinamico: il potenziamento di quest’ultimo si è reso necessario perché è stata modificata anche la configurazione di alberi e antenne, con la falsatorre quasi totalmente ricostruita per alloggiare un parco sensori che comprende adesso anche un periscopio optronico non penetrante (al posto del periscopio d’esplorazione) e due antenne aggiuntive dedicate alle comunicazioni. La zona anteriore della falsatorre comprende anche una garitta per la fuoriuscita e il rientro di operatori delle forze speciali. Migliorie sono state introdotte anche nelle sistemazioni per l’equipaggio e nei sistemi per le comunicazione, rafforzandone la resistenza contro attacchi cibernetici. Il costo delle operazioni

Il sottomarino UPPLAND in banchina: allo scafo resistente dei due battelli svedesi è stata aggiunta una sezione lunga 2 metri, contenente tutti gli apparati necessari al potenziamento delle capacità refrigeranti complessive, soprattutto in prospettiva di operazioni in aree marittime calde.

Al centro: l’UPPLAND viene movimentato all’esterno del capannone

impiegato per gli interventi di ammodernamento: ben visibili sullo scafo i vari sensori elettroacustici di nuova installazione In alto: il sottomarino

GOTLAND ripreso durante le prove al termine degli interventi, che gli

permetteranno di rimanere in servizio oltre il 2030 (Kockums).

di ammodernamento e potenziamento dei due battelli, già rientrati in linea da qualche anno, ammonta a 2,1 miliardi di corone svedesi, equivalenti a poco più di 200 milioni di euro, realizzando interessanti economie di scala per la già citata comunanza di sistemi fra i due «Gotland» e i futuri «Blekinge»; da rilevare infine che l’ammodernamento dell’Halland — terzo battello della classe «Gotland» tuttora in linea — rimane ancora materia di discussione politica all’interno del governo svedese.

Dall’altro lato del mondo: i «Collins» australiani

Esiste uno stretto legame fra l’industria subacquea svedese e l’Australia, perché l’attuale Forza subacquea della Marina australiana è formata da sei sottomarini raggruppati nella classe «Collins» e realizzati secondo un progetto noto come «Type 471», sviluppato in Svezia da Kockums negli anni Ottanta. I sei «Collins» sono entrati in servizio fra il 1996 e il 2003 e la Marina australiana aveva posto su di essi molte speranze, soprattutto perché numerosi sistemi imbarcati erano di provenienza statunitense: tuttavia, i risultati sono stati assai inferiori alle aspettative perché la vita in servizio della classe è stata funestata da numerosi inconvenienti tecnici che ne hanno compromesso l’affidabilità e la disponibilità operativa. Alcuni interventi importanti sono stati già eseguiti all’inizio del XXI secolo su quattro battelli — Dechaineux, Sheean, Farncomb e Rankin —, sui quali il sistema di gestione operativa AN/BYG-1 di produzione statunitense ha preso il posto di quello originario: altre migliorie minori sono state apportate negli anni successivi, in uno scenario tuttavia caratterizzato da incertezze di natura politica ed economica peraltro in fase di stabilizzazione soltanto da qualche anno. All’incirca al 2016 risale, infatti, un requisito operativo che prevede una flotta subacquea australiana formata da 12 battelli a propulsione convenzionale e in possesso di elevate doti di autonomia in immersione, caratteristiche essenziali per far fronte alle esigenze geostrategiche di un teatro in notevole fermento quale quello Indo-Pacifico; da ciò è scaturita la duplice decisione di procedere con la costruzione di 12 unità subacquea di nuova generazione — classe «Attack», di progetto francese — e di eseguire interventi scaglionati nel tempo per allungare la vita operativa dei «Collins» fino al 2050. Di conseguenza, alla fine del 2020 è stato stipulato un contratto per il «Project SEA 1439 Phase 6», riguardante l’ammodernamento della suite elettroacustica, compresa l’installazione di nuovi sensori attivi e passivi a prora e di un nuovo flank array lungo le fiancate dei battelli; nell’ambito del «Project SEA 1439 Phase 5B2» è previsto invece l’ammodernamento dei sistemi per le comunicazioni e per la guerra elettronica. Entrambe le attività vengono svolte tenendo conto dei cicli di lavori di grande manutenzione già programmati, ma sono soprattutto legate all’esigenza di avere sempre disponibili operativamente un determinato numero di battelli; di conseguenza, quest’approccio provoca un allungamento dei tempi per installare i nuovi sistemi e un continuo slittamento della conclusione degli interventi. La seconda delle decisioni accennate sopra — collegata ai tempi realizzativi degli «Attack/Project SEA 1000» — riguarda il LOTE (Life Of Type Extension), mirato appunto a far durare i «Collins» ancora per circa vent’anni e ammodernarli con le tecnologie disponibili, fra cui un albero optronico non penetrante al posto del periscopio d’esplorazione: per comprendere quale sarà la configurazione definitiva dei «Collins» è necessario comunque attendere le scelte di dettaglio della Marina australiana, legate sia all’integrazione — spesso non facile — fra i sistemi di nuova installazione, sia alle ripercussioni e ai benefici di natura socio-economico sulle piccole e medie imprese locali. Infine, è doveroso ricordare l’esistenza in Australia di una corrente d’opinione non del

Quattro sottomarini convenzionali classe «Collins» della Marina australiana navigano in formazione attraverso il Cockburn Sound, nell’Australia occidentale. Accanto: il sottomarino

nucleare d’attacco SANTA FE dell’US Navy chiude una linea di fila formata dai battelli australiani COLLINS, FARNCOMB, DECHAINEUX e SHEEAN (Royal Australian Navy).

tutto favorevole al programma «Attack», che ne evidenzia i costi assai elevati e i tempi di consegna (non prima del 2030 per il primo esemplare), ritenuti non adeguati alle effettive capacità operative richieste della Marina australiana e alle finanze del paese; pertanto, non è escluso che l’inizio del LOTE venga anticipato di un paio di anni in modo da evitare l’insorgere di un rischioso gap quantitativo nelle Forze subacquee australiane.

La «chirurgia subacquea»

L’approccio prescelto dalle Marine per prolungare la vita di servizio di naviglio subacqueo si riassume dunque in vere e proprie operazioni di «chirurgia subacquea» più o meno invasive e in passato riservate normalmente alle unità militari di superficie e al naviglio mercantile. Riassumendo quanto esposto, la chirurgia subacquea meno invasiva prevede la sostituzione di impianti e apparati senza dover tagliare in due parti lo scafo resistente del battello ed è normalmente applicata su unità di dimensioni relativamente generose («Collins» e «Walrus»); viceversa, più invasiva è la metodologia prescelta per i «Gotland» e per i battelli di dimensioni più contenute, come accaduto anche al sottomarino greco Okeanos (allungato fino a 62,5 metri) e ad alcune unità peruviane, tutte di fabbricazione tedesca e su cui è stata aggiunta una sezione di scafo contenente un impianto AIP con celle combustibili e relativi accessori (5). Un’eccezione a una regola generale legata alla tipologia di propulsione dei battelli ammodernati riguarda il sottomarino d’attacco a propulsione nucleare francese Perle, la cui zona prodiera è stata distrutta da un incendio a giugno 2020: in questo caso, è stato deciso di sostituire tutta la sezione danneggiata con quella, analoga, prelevata dal Saphir, appartenente alla stessa classe e che si trovava in disarmo già dal 2019. Da notare che il «nuovo» Perle avrà una lunghezza totale superiore di un 1 metro e un dislocamento maggiorato di 68 tonnellate rispetto ai valori precedenti l’intervento di chirurgia subacquea, perché il taglio dello scafo è avvenuto in posizioni diverse sui due battelli in modo da facilitare il ricollegamento dei componenti interni.

Come già accennato, tutte le attività condotte da diverse Marine e finalizzate all’allungamento della vita operativa dei battelli più anziani rimangono collegate a programmi di nuove costruzioni e, dunque, alla disponibilità economica per iniziarle concretamente. Questo legame crea non di rado pressioni a livello militare, politico e industriale e può portare a ritardi nelle decisioni per procedere con i contratti per i nuovi battelli: per esempio, in Olanda la decisione di spostare in avanti la conclusione dell’IP-W per i «Walrus» è strettamente legata a quella per completare la competizione in corso per i sostituti dei «Walrus» stessi: allo stesso modo, i ritardi per le nuove costruzioni possono derivare dal voler minimizzare e mitigare i rischi installando sui battelli ammodernati sistemi destinati anche a quelli nuovi. A fattor comune di tutti questi aspetti vi è l’opportunità offerta dalle moderne tecnologie subacquee per prolungare mediamente per almeno un decennio e in condizioni di sicurezza la vita operativa di battelli che hanno già svolto onestamente il loro lavoro anche negli scenari marittimi del XXI secolo. 8

Gli elementi usati per l’operazione di chirurgia subacquea ai battelli della

Marina francese: a sinistra, la prora del sottomarino SAPHIR, destinata a sostituire quella del PERLE, danneggiata da un incendio; al centro, la poppa del SAPHIR (già in disarmo) e a destra la poppa originaria del PERLE, non danneggiata dal predetto incendio (Naval Group).

NOTE

(1) Nella Marina giapponese sono in servizio 12 sottomarini classe «Soryu», con gli ultimi due esemplari parzialmente equipaggiati con batterie agli ioni di litio, imbarcate al posto di quelle tradizionali al piombo, per una valutazione operativa sul campo. Il successo della valutazione ha spianato la strada alla costruzione di una nuova classe di sottomarini, denominata «Taigei», al momento formata da quattro esemplari interamente equipaggiati con batterie agli ioni di litio. (2) I primi due appartenenti alla III Serie della classe «Sauro» (entrati in servizio alla fine degli anni Ottanta) e gli altri alla IV Serie (in linea dalla prima metà degli anni Novanta). (3) Una delle innovazioni dei «Walrus» è stata la concentrazione in camera di manovra di tutte le funzioni di comando e controllo della piattaforma e del sistema di combattimento, una soluzione che permise di ridurre la consistenza dell’equipaggio — da 65 a 50 effettivi — rispetto ai battelli della generazione precedente. (4) Prima dell’IP-W, sui battelli della classe «Walrus» era stata vistosamente modificata la condotta di scarico dell’impianto snorkel, che adesso fuoriesce dalla parte superiore poppiera della falsatorre e la cui forma suggerisce l’introduzione di accorgimenti per limitare la segnatura all’infrarosso del battello quando impegnato a ricaricare le batterie. (5) Questa metodologia è quella normalmente offerta dall’industria cantieristica tedesca costruttrice della numerosa serie «Type 209», offerta destinata a tutte le Marine europee, asiatiche e sudamericane desiderose di estendere la vita operativa del proprio naviglio subacqueo.

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