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NOVEMBRE 2019
RIVISTA
MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/03 (CONV. IN L. ART. 1 COMMA 1 N°46 DEL 27/02/04) - PERIODICO MENSILE 6,00 €
* RIVISTA MARITTIMA *
NOVEMBRE 2019 - Anno CLII
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Ciberspazio Umberto Gori
Maritime cybersecurity e maritime cyberwarfare Francesco Zampieri
Rischio cyber tra pericoli e nuovi assetti Massimo Franchi
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Sommario PRIMO PIANO
6 Ciberspazio Umberto Gori
PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE
52 La Marina italiana e lo snorkel Michele Cosentino
64 Luci nella notte Alessandra Fabri
SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
74 L’Istituto Italiano di Navigazione celebra i suoi 60
anni
Francesco Chiappetta
14 Maritime cybersecurity e maritime cyberwarfare Francesco Zampieri
24 Rischio cyber tra pericoli e nuovi assetti Massimo Franchi
80 Confidenze statunitensi Enrico Cernuschi
STORIA E CULTURA MILITARE
88 Breaking Hagelin Claudio Rizza
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Cyberwarfare: il lato oscuro dello sviluppo tecnologico
Paola Giorgia Ascani
46 Maritime cybersecurity: la Marina e il confronto con la minaccia globale Massimiliano Fara
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RUBRICHE
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Focus diplomatico Osservatorio internazionale Marine militari Che cosa scrivono gli altri
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RIVISTA
MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
EDITORE
UFFICIO PUBBLICA INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DIREZIONE E REDAZIONE Via Taormina, 4 - 00135 Roma Tel. +39 06 36807248-54 Fax +39 06 36807249 rivistamarittima@marina.difesa.it www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Pagine/Rivista_Home.aspx
DIRETTORE RESPONSABILE Capitano di vascello Daniele Sapienza
CAPO REDATTORE Capitano di fregata Diego Serrani
REDAZIONE Danilo Ceccarelli Morolli Raffaella Angelino Gianlorenzo Pesola Tel. + 39 06 36807254
IN COPERTINA: Il cacciatorpediniere lanciamissili ANDREA DORIA (D553), classe «Orizzonte» e la fregata missilistica antisommergibile CARABINIERE (F593), classe «Bergamini», in un’immagine elaborata dalla redazione della Rivista Marittima.
SEGRETERIA DI REDAZIONE Riccardo Gonizzi Gaetano Lanzo
NOVEMBRE 2019 - anno CLII
UFFICIO ABBONAMENTI E SERVIZIO CLIENTI Carmelo Sciortino Giovanni Bontade Tel. + 39 06 36807251/48 rivista.abbonamenti@marina.difesa.it
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FOTOLITO E STAMPA STR PRESS Srl Piazza Cola di Rienzo, 85 00192 Roma
HANNO COLLABORATO: Professor Umberto Gori Professor Francesco Zampieri Dottor Massimo Franchi Dottoressa Paola Giorgia Ascani Capitano di fregata Massimiliano Fara Contrammiraglio (ris) Michele Cosentino Dottoressa Alessandra Fabri Contrammiraglio (aus) Francesco Chiappetta Dottor Enrico Cernuschi Capitano di fregata Claudio Rizza Ambasciatore Paolo Casardi, Circolo di Studi Diplomatici Dottor Enrico Magnani Contrammiraglio (ris) Ezio Ferrante
Tel. + 39 06 36004142 Fax +39 06 36790123 info@essetr.it
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E ditoriale
«C
yber» è un confisso ricavato dal sostantivo inglese cybernetics, parola a sua volta derivata dall’antico greco kubernetes significante «timoniere» e quindi in senso lato «colui che guida e governa». Cyber dunque è propriamente espressione della cibernetica, scienza sviluppatasi nel corso del XX secolo. Il vocabolo oggi viene utilizzato per descrivere differenziati campi di studio e di applicazione che spesso hanno poco a che vedere con il concetto classico di cibernetica. Quando si parla di dominio cyber, si può certamente affermare come esso sottintenda la guida, il governo e il controllo del mondo digitale con le inevitabili ricadute sulla vita reale e sulla sicurezza di ciascuno di noi. Tali settori stanno conoscendo un inarrestabile sviluppo, per cui non è utopico immaginare come in un futuro tenderanno a soppiantare le tecnologie militari c.d. «tradizionali» odierne, rimodellando così anche gli archetipi strutturali delle Forze Armate nelle strategie di impiego, nelle modalità di comando e controllo e anche nella tipologia di assetti impiegati con estetiche e modelli completamente differenti. Pertanto, è possibile ipotizzare che le forze in campo competeranno e si confronteranno differentemente rispetto a come siamo abituati oggi, bensì assisteremo sempre più a conflitti tra «macchine» e poi tra uomini interagenti con macchine «intelligenti». Proprio per questo e partendo già dagli scenari attuali, alcuni analisti asseriscono sin d’ora che una prossima ed eventuale guerra sarebbe di brevissima durata ma allo stesso tempo di una intensità mai conosciuta in precedenza. Il riconoscimento ufficiale del «dominio cibernetico» (cyberspace) quale «quinto campo» operativo dopo quelli terrestre, marittimo, aereo e spaziale, risale al luglio 2016, anno in cui un Summit NATO indetto a Varsavia riconobbe il cyberspace come un nuovo fronte aperto lungo il quale l’Alleanza Atlantica deve essere in grado di difendersi, in pace e in guerra, esattamente come negli scacchieri tradizionali. Né va dimenticato che già due anni prima, durante un analogo summit a Cardiff, fu formalizzata la possibilità in determinate circostanze di far scattare il decisivo articolo 5 del Trattato nel caso di un attacco cibernetico. Volendo tentare una definizione, il cyberspace è un complesso network inter-dipendente dove agiscono in simbiosi sia la tecnologia dell’informazione (Information Technology, IT), sia le infrastrutture critiche nazionali (Infrastructures) sia, infine, i dati digitali (Resident Data). Questo «spazio» virtuale ingloba le reti mondiali Internet e delle teSEGUE A PAGINA 4
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lecomunicazioni, ovvero tutti i sistemi di computer e le correlate apparecchiature interne ed esterne di governo e controllo. Tuttavia una enunciazione definitiva di cyber appare difficile perché il lemma cyber è declinato in tanti e tali contesti specialistici come per esempio: cybersecurity, cyberwarfare, cyber war, cyber attack, cyberdefence, cyber intelligence, cyber conflict, eccetera. Probabilmente la maggiore difficoltà di una esatta definizione riguardo al significato di dominio cyber risiede nel fatto che esso travalica i confini della geografia politica e integra, connette, influenza e regola le maggiori strutture tecnologiche moderne, si tratti della finanza, dell’energia, della grande distribuzione delle materie prime (acquedotti, oleodotti, gasdotti), e delle comunicazioni (telefonia, satelliti, trasmissioni dati). Tutto ciò attiene, pertanto, alla Difesa, all’economia e, di conseguenza, al dominio, massimo su tutti, della politica degli Stati. Naturalmente lo «spazio» cyber è oggetto di inevitabile interesse da parte delle principali potenze, ma anche di quelle minori e, perfino, delle entità non statuali e, non ultime, delle organizzazioni criminali. La gestione del cyber, con i relativi problemi di sicurezza, è diventata così, troppo velocemente, cruciale. Per fronteggiare le minacce cyber esterne o interne (la cosiddetta guerra ibrida) che già sono in corso da anni, gli Stati dovranno anche provvedere a legiferare in tale ambito. A tal proposito, in occasione degli incontri del G7 a Taormina nel maggio del 2017, sono stati affrontati anche i temi della cybersecurity in relazione alla necessità di elaborare una strategia di difesa condivisa a livello internazionale. Si è discusso di regolamentare l’uso delle «armi informatiche» e sulla necessità di definire delle regole di «comportamento» da adottare nell’ambito delle operazioni condotte nel cyberspazio, tanto che è stata coniata l’etichetta «cyber diplomacy». Ma i problemi non mancano: il primo è proprio quello di identificare senza ambiguità e incertezze gli autori dell’attacco stesso. Servono poi gli strumenti di «triage» necessari per rispondere agli «incidenti» informatici. A tal riguardo possiamo sottolineare l’importante contributo italiano per l’approvazione, nell’aprile 2017 durante l’incontro G7 a Lucca, della Dichiarazione del G7 sul comportamento responsabile degli Stati nel dominio cyber. Tale dichiarazione non rappresenta ancora uno strumento normativo cogente, bensì una significativa dichiarazione di intenti, ma non per questo meno interessante di una norma. Siamo appena agli inizi e il percorso, anche sul piano del diritto internazionale, è in continua evoluzione. Concludendo: l’integrazione uomo-macchina originerà ulteriori problematiche (anche di natura bioetica) molto difficili da dipanare. L’elettronica ormai fa da padrone su tutti i tipi di mezzi e di armamenti e l’integrazione uomo-macchina è ormai un dato di fatto che ha già «contagiato» gli aspetti industriali. Occorre prepararsi a un «cyber future». La Rivista Marittima, da sempre sensibile agli aspetti più complessi del mondo contemporaneo, dedica il presente fascicolo a tale tematica. Trattandosi di un campo vastissimo, anzi sconfinato, la linea editoriale è stata quella di affrontare alcuni punti essenziali. Meridiani e paralleli, se vogliamo, ma senza i quali non si può navigare. Il dominio cyber, o se si preferisce il «mondo» cyber, rappresenta dunque sia un problema complesso e una sfida allo stesso tempo; ma come recita un aforisma attribuito a Galileo Galilei «dietro ogni problema v’è un’opportunità». DANIELE SAPIENZA Direttore della Rivista Marittima
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PRIMO PIANO
C IBERSPAZIO Impatto sulle relazioni internazionali e sulla conflittualità Umberto Gori (*) (*) Professore emerito nell’Università di Firenze. PhD in Organizzazione Internazionale (1969), dal 1975 al 2007 Professore Ordinario di Relazioni Internazionale e Studi Strategici presso «Cesare Alfieri» Facoltà di Scienze Politiche, Università di Firenze. Nel passato ha condotto corsi di Strategia Globale presso la Scuola di Guerra dell’Esercito e altre istituzioni militari. Ha condotto corsi per l’Istituto Diplomatico del Ministero Affari Esteri e per istituzioni specializzate del Ministero della Difesa, nonché all’ European Defence Agency (EDA). È stato inoltre direttore di ricerca per l’Unità di Analisi e Programmazione del Ministero Affari Esteri e per il Centro Militare di Studi Strategici (Ministero della Difesa). Le sue pubblicazioni (più di 200, tra cui 20 libri) riguardano tematiche di Organizzazione Internazionale, Relazioni Internazionali e Studi Strategici.
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(Fonte: twitter.com).
Ciberspazio e conseguenze sul sistema internazionale Il Glossario Intelligence definisce così il cyber-space, o spazio cibernetico: «l’insieme delle infrastrutture informatiche interconnesse, comprensivo di hardware, software, dati ed utenti nonché delle relazioni logiche, comunque stabilite, tra di essi. Include tra l’altro internet, reti di comunicazioni, sistemi attuatori di processo ed apparecchiature mobili dotate di connessione di rete». In altre parole, e più semplicemente, lo spazio cibernetico è un sistema a quattro strati con funzioni differenziate e interagenti. Gli strati sono: i fondamenti e le strutture fisiche (hardware); i blocchi logici che abilitano ai vari servizi (software); il contenuto di informazioni inserito, trasmesso e tra-
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sformato; gli internauti che interagiscono in questa arena in ruoli diversi. Il ciberspazio è quindi un’arena resa possibile dall’innovazione tecnologica che consente di operare su campi elettronici che trascendono i limiti tradizionali spazio-temporali. Tale arena dà luogo a inedite opportunità di competizione e conflitto, nonché di acquisizione di influenza e di potere. Questa quinta dimensione della conflittualità e della cooperazione si caratterizza come segue: sostituisce il tempo convenzionale con il real time; supera i limiti geografici e della localizzazione; scavalca i confini e gli ordinamenti giuridici; si modifica e si riconfigura in no time; abbatte gli ostacoli all’attività e partecipazione politica; oscura l’identità degli attori e della connessioni (problema c.d. dell’attribuzione); supera il problema
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ZAMPIERI_Layout 1 09/12/2019 17:16 Pagina 14
PRIMO PIANO
Maritime cybersecurity
e maritime cyberwarfare Francesco Zampieri (*)
Lo spazio cibernetico o cyberspace è considerato la quinta dimensione o domain, in aggiunta a quelle terrestre, marittima, aerea e spaziale (1). Tuttavia, mentre terra, mare, aria e spazio extra-atmosferico sono quattro dimensioni naturali, lo spazio cibernetico è l’unica artificiale, essendo stata creata dall’essere umano nella seconda metà del XX secolo. Come gli altri domini, anche quello cibernetico presenta implicazioni legate alla dimensione della sicurezza. La pervasività del mondo informatico e dello spazio cibernetico nella vita di tutti i giorni rende più che scontata questa affermazione, al punto che non dovrebbe destare sorpresa, eppure pochi prestano attenzione al fatto che la sicurezza informatica ha una dimensione talmente ampia da abbracciare persino l’ambiente marittimo, sino al punto di diventare parte della maritime security e delle attività che si svolgono nella «grande pianura liquida». Solo per limitarci a un macro-dato, considerando che il 90% del commercio globale si svolge oggi attraverso i mari, il dominio marittimo è di grande importanza per la vita umana e la sicurezza cibernetica è indispensabile per questo. Detto in termini diversi, rispetto ad altri settori, un piccolo numero di attacchi informatici nella dimensione marittima provoca conseguenze globali devastanti. 14
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(Fonte: huffpost.com).
Tra cyberspace e cyberpower La definizione più precisa di spazio cibernetico è quella fornita da Daniel T. Kuehl, il quale ha descritto il cyberspazio come «un dominio globale all’interno dell’ambiente informatico, il cui carattere distintivo e unico è rappresentato da un uso dell’elettronica e dello spettro elettromagnetico per creare, memorizzare, modificare, scambiare e sfruttare le informazioni attraverso sistemi interdipendenti e interconnessi che utilizzano le tecnologie delle
informazioni e delle comunicazioni» (2). Scendendo più nel dettaglio, va precisato che l’ambiente cyber è costituito da quattro distinti livelli: — il livello «fisico-infrastrutturale» rappresentato dall’hardware, dai collegamenti, dai satelliti, dai routers e dalle altre componenti della struttura fisica; — il livello «sintattico» che comprende il codice (software) che consente la formazione, l’invio, la raccolta e il controllo delle informazioni; — il livello «semantico» che riguarda l’interfaccia uomo-cyberspace, ovvero la modalità di scambio delle informazioni tra l’uomo e le macchine; — il livello umano, rappresentato dalle persone che usano i diversi dispositivi collegati alla rete, che sono titolari di identità digitali, che generano, raccolgono e scambiano informazioni cibernetiche e che interagiscono all’interno di questo spazio virtuale (3). Data la sua natura, il cyberspace non è un global common perché se è vero che l’accesso allo stesso è aperto a tutti, è altrettanto vero che almeno il 90% delle infrastrutture che permettono l’esistenza e il funzionamento del cyberspace (hardware, cablaggi, router, ecc.) appartengono a privati e che solo il restante 10% è gestito da governi. Inoltre, anche per il cyberspace si sta assistendo a tentativi di «territorializzazione», similmente a quanto è stato posto in atto per lo sfruttamento dell’alto mare. In parole povere, la natura di global common del cyberspace è più teorica che reale, al punto che gli Stati Uniti hanno definito il cyberspace un globally connected domain più che un global common. Come accennato poco sopra, la dimensione cibernetica presenta altresì un risvolto legato alla sicurezza e alla guerra. Lo spazio cibernetico è una componente importante sia delle forme di guerra più convenzionali sia della guerra asimmetrica e, ancor più, di quella ibrida. Proprio per agire militarmente — sia in termini offensivi che difensivi — nello spazio cibernetico, gli attori del sistema internazionale cercano di sviluppare una forma di cyberpower, ovvero la capacità di convertire le informazioni
(*) Dall’anno accademico 2000-2001, è un collaboratore assiduo dell’Istituto di Studi Militari Marittimi, dove ricopre la funzione di Coadiutore aggiunto per l’insegnamento di Polemologia e Storia Militare e di Strategia. Dal 2013 al 2017 ha collaborato anche con Océanides, un gruppo di ricerca internazionale che ha pubblicato una storia dell’influenza del potere marittimo sui destini dell’Europa, dall’antichità ai giorni nostri. Nell’aprile 2016, è stato invitato all’International Seapower and Security Symposium (SPS2016), tenutosi presso il Turkish War College di Istanbul, dove ha presentato una relazione sul tema della Maritime Security. Nel 2019, è stato relatore presso il McMullen 2019, un convegno internazionale di storia navale organizzato dalla US Naval Academy.
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PRIMO PIANO
RISCHIO CYBER
Tra pericoli e nuovi assetti Massimo Franchi (*)
(*) Consigliere strategico, autore, giornalista pubblicista e docente nel corso integrativo di Rischio Politico nella laurea magistrale in Finanza e Risk Management FRIM dell’Università di Parma A.A. 2017-2018 / 2018-2019, docente di Cybersecurity al Corso di Alta Formazione Universitaria per «Formatori e Gestori di Risorse Umane nel Sistema di Sicurezza, Protezione e Difesa civile» dell’Università LIUC, docente CISITA e docente IFOA. Subject Matter Expert per organizzazioni militari è conferenziere presso corpi di polizia economica finanziaria a ordinamento militare. Ha frequentato il 38° Corso Cocim presso il CASD ed è certificato COBIT 5 for NIST Cybersecurity.
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L’aumento del livello di rischio causato dalla pervasività dell’ICT (Information and Communication Technology) nelle operazioni navali impone nuove capacità di gestione dello stesso e focalizza l’attenzione sulle risorse umane impiegate in ogni ruolo, sia a bordo che a terra. Inoltre, le innovazioni tecnologiche in corso stanno modificando gli assetti organizzativi secondo logiche in uso nel settore privato o grazie ad accordi con grandi aziende multinazionali operanti nel settore dell’informatica. I dati ci dicono che progettare nuove architetture non basta: occorre ripartire dall’essere umano e incrementare il grado della sua consapevolezza.
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(Fonte: govtech.com).
el mondo globalizzato l’economia è divenuta centrale nelle scelte geopolitiche (1) che spesso sono da essa guidate. Quotidianamente in questo scenario complesso nel quale competono tra di loro una molteplicità di organizzazioni, dagli Stati nazione alle multinazionali senza una ben chiara bandiera di riferimento, si verificano minacce non chiare e nemici non più distintamente identificabili. Siamo arrivati a constatare la presenza di composite minacce asimmetriche all’interno di minacce ibride più insidiose e pervasive in cui i campi dell’analisi e dell’intelligence sono divenuti fondamentali con approcci sempre più legati all’intelligenza artificiale e al machine learning. In un precedente articolo uscito su questa Rivista (2), dedicato al concetto di risk management, ho scritto dell’importanza del «perimetro» che è stato identificato in termini più estesi anche dall’organo esecutivo italiano con l’istituzione del «Perimetro di sicurezza nazionale cibernetica», quale estensione del recepimento della direttiva NIS (3). Ebbene, nel mondo del cloud e della mobilità risulta molto complesso, anche per il semplice cittadino, definire in modo chiaro l’ecosistema cyber di riferimento e dunque il proprio perimetro. Ogni guerra è stata vinta nel passato grazie a capacità
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PRIMO PIANO
CYBERWARFARE Il lato oscuro dello sviluppo tecnologico Paola Giorgia Ascani (*)
(*) Avvocato del Foro di Roma dal 2006, esercita prevalentemente in campo penale e tutela dei Diritti Umani. Patrocinante dinanzi la Suprema Corte di Cassazione e giurisdizioni superiori. Membro della Commissione Diritto e Procedura Penale del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma, ha pubblicato con la casa editrice Giuffrè contributi sulla disciplina dei contratti, brevetti e marchi e proprietà intellettuale. È stata Tutor e membro del direttivo della Camera Penale di Roma e del Centro Studi Alberto Pisani. Ha curato, sotto il profilo giuridico e legale, progetti foto-editoriali in materia umanitaria e internazionale.
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Si definisce Cyberwarfare un insieme di «cyber attacchi che sono autorizzati da Stati contro l’infrastruttura informatica nemica insieme a una campagna governativa» (Fonte: Policy Digest).
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PRIMO PIANO
MARITIME CYBERSECURITY La Marina e il confronto con la minaccia globale Massimiliano Fara (*)
(*) Capitano di Fregata in servizio attivo, ricopre l’incarico di Capo Sezione Cyber Defense e responsabile del CERT Marina presso l’Ufficio Sicurezza Cibernetica, Informatica e delle Comunicazioni del Reparto C4S dello Stato Maggiore della Marina. Laureato in Informatica Applicata e in Scienze Marittime e Navali presso l’Università di Pisa, presso la quale ha frequentato anche il biennio di specializzazione in Sicurezza Informatica, è diplomato Communications and Information Systems Officer presso la United States Marine Corps University di Quantico (VA). Nella sua carriera ha comandato Nave Capri, la Compagnia Armi di Supporto del Battaglione Assalto «Grado» del Reggimento San Marco ed è stato Direttore del Centro Periferico Telecomunicazioni e Informatica di La Spezia. Ha ricoperto incarichi di staff nella Brigata Marina San Marco, a CINCNAV e presso lo Stato Maggiore Marina. Dal 2013 al 2017 è stato impiegato a Bruxelles come Action Officer del Direttorato Communications and Information Systems dello European Union Military Staff, presso lo European External Action Service.
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La difesa efficace della Maritime Cyber Security si ottiene raggiungendo un adeguato livello di Sicurezza Informatica e Cibernetica nei domini terrestre, aereo, navale e spaziale, tradizionalmente di interesse militare, muovendosi trasversalmente nel cyberspazio, considerato «il quinto dominio» anche in ambito NATO (Fonte: edition.cnn.com). Nell’immagine in riquadro: Unità della Marina Militare impegnate in una moderna esercitazione in Mediterraneo denominata «Mare Aperto 2019-2».
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l tema della Maritime Cyber Security, ovvero quello degli aspetti relativi alla sicurezza informatica e cibernetica nel settore marittimo, è stato precedentemente analizzato a livello europeo dall’Agenzia Europea per la Sicurezza di Reti e Informazioni (1), che nel 2011 ha pubblicato una «Analysis of cyber security aspects in the maritime sector». In ambito nazionale, invece, è stata la Confederazione Italiana degli Armatori (2) a produrre nel 2018 il suo «Vademecum per la sicurezza informatica (cyber security) a bordo delle navi mercantili nazionali», molto valido dal punto di vista pratico. In entrambi i documenti è stato adottato un approccio strutturato al fenomeno cyber, per via
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della crescente e ineludibile consapevolezza del problema, al fine di fornire un supporto, rispettivamente, ai Paesi Membri UE nel quadro della protezione delle infrastrutture critiche e agli armatori italiani per la protezione del naviglio mercantile. Il settore specificatamente militare, invece, è stato oggetto di attenzione a livello generale e con accezioni diverse, in un quadro più ampio di policy di protezione degli interessi nazionali, dell’Unione Europea e della NATO nello spazio cibernetico o cyberspace, definito come «l’insieme delle infrastrutture informatiche interconnesse, comprensivo di hardware, software, dati e utenti, nonché delle relazioni logiche, comunque stabi-
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cosentino snorkel_Layout 1 09/12/2019 17:04 Pagina 52
PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE
Alberi e antenne mimetizzati su un battello classe «Sauro - 4a Serie» affiorano dall’acqua mentre l’unità naviga a quota periscopica; la testa fluttuante in cima all’albero d’induzione snorkel — tutto di produzione italiana — è il secondo da destra e di essa è visibile la valvola di testa.
La Marina italiana e lo snorkel Michele Cosentino (*) (*) Contrammiraglio in riserva, ha completato l’Accademia Navale nel 1978 e si è laureato in Ingegneria Navale e Meccanica presso l’Università di Napoli. Dal 1987 collabora con la Rivista Marittima e con diverse case editrici italiane e straniere ed è autore di numerosi libri, saggi e articoli.
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La Marina italiana e lo snorkel
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otoriamente utilizzato per l’impiego dei motori termici a bordo di un’unità subacquea che naviga in prossimità della superficie, lo snorkel (1) è stato ritenuto per molti anni un’invenzione tedesca, dove avrebbe debuttato a bordo degli UBoote germanici nel corso del 1944. In realtà, lo snorkel ebbe origini e applicazioni differenti, con la Marina italiana destinata a giocarvi un ruolo importante (2).
Alla ricerca del motore unico Il sogno principale dei primi pionieri sommergibilisti era il motore unico, cioè un tipo d’impianto che permettesse al battello di navigare indistintamente in superficie e in immersione, senza dover ricorrere ad apparecchiature dedicate all’una o all’altra funzione. Ma la concretizzazione del sogno risultò molto difficile, soprattutto perché la tecnologia dell’epoca — più o meno in corrispondenza della Prima guerra mondiale — non permetteva di usare motori a combustione per la navigazione in immersione, obbligando al ricorso dei già diffusi motori elettrici e il motivo era palesemente semplice: non era possibile né aspirare l’aria per alimentare la combustione, né scaricarne all’esterno del battello i gas prodotti. Va tuttavia ricordato che furono fatti alcuni tentativi per sviluppare motori diesel a circuito chiuso e fra essi va annoverato il sommergibile Pochtovyi, un battello in servizio nel 1909 con la Flotta del Baltico della Marina russa; con una lunghezza di circa 35 metri e un dislocamento di 150 tonnellate in immersione, il Pochtovyi aveva un apparato motore per la navigazione di superficie formato da due motori a benzina da 130 cv ciascuno, uno dei quali veniva usato anche per la navigazione subacquea tramite l’alimentazione di aria compressa a 200 kg/cm2 conservata in bombole. I gas di scarico del motore erano espulsi fuoribordo per mezzo di una pompa azionata da un altro
piccolo motore, sempre a benzina (3); molto rumoroso, il battello poteva teoricamente immergersi fino a 30 metri, ma si limitava agli 11 metri consentiti dalle prestazioni della pompa e rimase in servizio fino al 1913. In pratica, la Marina russa provò a sviluppare il primo impianto di propulsione anaerobico, cioè indipendente dall’aria, peraltro destinato a sfondare sul mercato delle unità subacquee soltanto alla fine del XX secolo. Contemporaneamente agli esperimenti russi, la Marina olandese sperimentò la navigazione di sommergibili in affioramento, con il portello della falsatorre chiuso ma con un condotto di aspirazione e scarico ricavato nella medesima falsatorre e Il Maggiore del Genio Navale Pericle Ferretti, avente una triplice ritratto in grande uniforme ordinaria invernale; il giro di bitta sui galloni farà la sua funzione: l’estra- apparizione soltanto nel 1939 (Fonte: USMM). alto, il POCHTOVYI era un’unità subacquea zione dell’aria dai In della Marina zarista risalente al 1909 ed con un motore a benzina a ciclo locali delle batte- equipaggiata chiuso (Fonte: narod.ru). rie di accumulatori
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FABRI - FARI MM_Layout 1 09/12/2019 17:12 Pagina 64
PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE
Luci nella notte
Il Servizio Fari della Marina Militare Alessandra Fabri (*) (*) Laurea Magistrale in Gestione e Valorizzazione del Territorio presso l’Università La Sapienza di Roma. Laurea in Lettere Moderne con tesi di laurea in Geografia ambientale dal titolo «I guardiani del mare. Per una geografia dei fari in Italia». L’elaborato ha approfondito la tematica della situazione dei fari e dei progetti in corso per la loro valorizzazione e riqualificazione ambientale. Lavora presso un Ente Pubblico di Ricerca.
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I fari nell’antichità
Il Faro di Punta della Guardia sorge su un’alta scogliera nella parte meridionale dell’isola di Ponza. Il faro era raggiungibile soltanto tramite una strada poco percorribile che dal paese conduceva fino alla torre, per questo motivo i guardiani dovevano sempre avere a disposizione le provviste necessarie da utilizzare in caso di cattivo tempo. Sopra: il Faro di Napoli posto sulla testa del molo San Vincenzo fu attivato nel 1916 e ricostruito nel 1950 a seguito della distruzione nel Secondo conflitto mondiale. Nel 2016 è stato il primo faro con ottica rotante ad accendere il suo fascio luminoso a LED (Fonte: Direzione Fari e Segnalamenti Napoli).
Quando parliamo del nostro Paese ci vengono in mente panorami straordinari, luoghi senza tempo e monumenti di cui andar fieri. Di questo immenso patrimonio fanno sicuramente parte i fari, le importanti e affascinanti sentinelle da sempre a guardia delle nostre coste. In queste pagine cerchiamo di raccontarvi l’evoluzione di queste splendide torri luminose, dai primi fuochi accesi sui promontori, fino alla realizzazione della rete dei fari italiana gestita dal Servizio Fari della Marina Militare.
I litorali fin dall’antichità hanno sempre costituito un serio pericolo per le navi che vi si approssimavano. Avvicinandosi a essi, infatti, incorrevano in tutti quei rischi legati alla navigazione sotto costa, rischi ancora oggi solo in parte mitigati dagli ausili elettronici alla navigazione e dalle moderne tecnologie. La cartografia dell’epoca non era sufficientemente dettagliata e spesso non riportava neanche indicazioni corrette. Per dare quindi supporto al passaggio delle imbarcazioni in zone particolarmente disagiate, la popolazione locale era solita accendere grandi falò che ardevano tutta la notte sulla cima di scogliere. La letteratura antica è disseminata di versi e raffigurazioni che ci narrano l’esistenza di primitive luci che brillavano come aiuto ai naviganti, primo fra tutti il grande faro di Alessandria d’Egitto, eretto da Tolomeo I per guidare le barche che navigavano il tratto di mare antistante il porto della città. Avere dei punti di riferimento luminosi lungo le coste era di fondamentale importanza per coloro che andavano per mare. Di giorno, ci si poteva orientare osservando le diverse tipologie di paesaggio e con quello che la natura o l’attività dell’uomo poteva offrire come punti di riferimento; la notte, invece, soprattutto se non era stellata, portava insieme all’oscurità
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SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
L’Istituto Italiano di Navigazione celebra i suoi 60 anni Francesco Chiappetta (*)
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L’Istituto Italiano di Navigazione celebra i suoi 60 anni
I
l 29 maggio 2019, presso il Cir1 colo Ufficiali della Marina Militare «Caio Duilio» di Roma, l’Istituto Italiano di Navigazione ha celebrato il 60mo Anniversario della sua istituzione. All’evento hanno partecipato un gran numero di Associati, esponenti delle istituzioni civili e militari invitate, personalità di rilievo del mondo accademico, scientifico, privato nonché operatori del settore della navigazione terrestre, marittima, aerea e spaziale. Hanno, altresì, partecipato un nutrito numero di allievi aspiranti ufficiali della Marina Mercantile che attualmente seguono gli studi presso l’Istituto di Istruzione Secondaria Superiore «Gio2 vanni Caboto» di Gaeta nonché studenti dell’Istituto nautico «De Pinedo – Colonna» di Roma. La serata è stata aperta dalla Presidente dell’Istituto, la dottoressa Palmira Petrocelli che, nel proprio indirizzo di saluto, ha ripercorso la storia dell’Associazione e evidenziato le numerose attività e iniziative avviate soprattutto negli ultimi anni, attraverso un rilevante numero di seminari e conferenze su molteplici temi nonché partecipazione a eventi anche a livello internazionale legati al settore della navigazione spaziale. Ha poi voluto sottolineare che, alla luce delle direttive ministeriali intervenute nel recente passato, l’Istituto, così come gran parte di altri Enti e Associazioni nazionali senza fine di lucro, non si avvale di alcun contributo economico esterno, basando le proprie attività esclusivamente sulle quote associative degli iscritti e quindi sull’attività di molti soci che, in modo del tutto volontario, perseguono gli scopi e le fina-
lità indicate nel proprio statuto. Successivamente, a cura del dottor Luca Sisto, Vice Presidente dell’Istituto con delega per le attività marittime, nonché Direttore Generale di CONFITARMA, sono state invitate a un saluto le varie Autorità intervenute. La prima a intervenire è stata la Senatrice Roberta Pinotti, già Ministro della Difesa dei Go-
(*) Ufficiale di Stato Maggiore della Marina Militare in ausiliaria dal 2016. Con prevalente esperienza operativa, segue temi di Difesa e Sicurezza Marittima. Consulente di CONFITARMA, socio dell’Istituto Italiano di Navigazione, svolge attività di docenza presso alcuni Atenei e Istituti di Formazione marittima, in particolare con l’Università degli Studi della Calabria (Presidente dell’Osservatorio sulla Sicurezza Marittima del Laboratorio di Intelligence; dal 2016 docente di Maritime Cyber Security al master in Intelligence). Collabora con la Rivista Marittima e altre pubblicazioni a carattere marittimo.
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SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
CONFIDENZE
STATUNITENSI La difesa anti-missile dell’US Navy durante gli anni Sessanta Enrico Cernuschi (*)
L’
introduzione, a partire dal 1827, delle granate cambiò, come è noto, in maniera radicale la guerra sul mare e, di conseguenza, anche i rapporti di forza economici e diplomatici tra le grandi e le medie potenze. Detto in altri termini, la trasformazione, nel giro di una notte, dei fino ad allora pressoché inaffondabili vascelli (ship of the line) in fragili gusci d’uovo intenti a pestarsi con pesanti martelli, azzerò lo storico vantaggio numerico che aveva assicurato la fortuna, nel corso dei precedenti 250 anni, della superpotenza britannica. Ne approfittarono subito i Francesi i quali, pur disponendo — dopo Waterloo — di appena una dozzina di vascelli rispetto agli oltre 90 della Royal Navy, non esitarono a invadere, nel 1830, l’Algeria rompendo, in tal modo, l’equilibrio mediterraneo salvo innescare, nel contempo, una fino ad allora imprevedibile ridistribuzione delle carte dalla quale nacque, tra l’altro, il nostro Risorgimento. La reazione del Regno Unito e dell’Impero austriaco, tra loro tradizionalmente alleati sin dal Seicento e massimi beneficiari del Congresso di Vienna, fu (come è ovvio) immediata e molto seccata, ma priva di conseguenze pratiche in quanto gli Inglesi non ritennero utile rischiare la propria flotta e il proprio prestigio in uno scontro destinato a concludersi con un (*) Laureato in giurisprudenza, vive e lavora a Pavia. Studioso di storia navale ha dato alle stampe, nel corso di trent’anni, altrettanti volumi e oltre 600 articoli pubblicati in Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia sulle più importanti riviste del settore. Tra i libri più recenti Gran pavese (Premio Marincovich 2012), ULTRA - La fine di un mito, Black Phoenix (con Vincent P. O’Hara), Navi e Quattrini (2013), Battaglie sconosciute (2014), Malta 1940-1943 (2015), Quando tuonano i grossi calibri. Gli italiani dell’Invincibile Armata (2016), Sea Power the Italian Way (2017) e L’ultimo sbarco in Inghilterra (2018).
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Missile Tartar a bordo del «vecchio» DORIA nel 1965 (Fonte: Storia Illustrata). Sotto: un missile anti-nave sovietico Styx (Fonte: Storia della Marina).
reciproco, inutile annientamento. Fatte le debite proporzioni, e mutatis mutandis, la decisione statunitense di impegnarsi fino a un vero punto (salvo «riposizionarsi») nel teatro siriano davanti alla concreta possibilità russa di colpire, dal santuario rappresentato dal Mar Caspio, obiettivi navali nel Mediterraneo orientale coi propri nuovi missili cruise supersonici «Kalibr» lanciati dalle navi da guerra di Mosca (magari integrando la loro azione con gli ordigni aviolanciabili «Kinzhal»), non è gran che diversa. La dimostrazione del fatto che quella posta dalle granate non fosse una vuota minaccia arrivò, puntualmente, il 30 novembre 1853, a Sinope, nel Mar Nero, quando i Russi affondarono, coi loro 6 vascelli, 4 fregate (due turche e due egiziane) presenti quel giorno, facendole scoppiare una dopo l’altra assieme a 7 corvette e a un piroscafo. Per la verità, data la ben nota impossibilità, per una fregata, di opporsi a una nave di linea, quell’azione non provò, in effetti, nulla di nuovo, ma i giornalisti espressero, nonostante tutto, il loro verdetto, i politici lo fecero proprio e gli ingegneri di tutto il mondo cominciarono a porsi il problema di come rimediare. La nascita, di lì a poco, delle prime navi corazzate inaugurò un duello tra il cannone e le piastre (dapprima di ferro e ben presto d’acciaio) destinato a protrarsi per quasi un secolo, la cui più immediata, vivace ed efficace descrizione rimane, pur sempre, quella che Giulio Verne diede, nel 1865, col proprio immortale Dalla Terra alla Luna, quando scrisse della continua lotta, durante e dopo la Guerra Civile, tra l’artigliere Barbicane e il tenace Capitano Nicholl. Per la fine degli anni Quaranta del secolo scorso, in seguito all’arrivo ai vertici delle varie Marine di una nuova generazione di ammiragli, il regno della corazzata era ormai tramontato, cedendo sveltamente il passo alle portaerei. Le nuove costruzioni abbandonarono pertanto (portaerei escluse) la protezione passiva assicurata dalle
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STORIA E CULTURA MILITARE
BREAKING HAGELIN Come fu violata la macchina cifrante della Regia Marina nella Seconda guerra mondiale
Claudio Rizza (*)
(*) Ufficiale di Marina del Corpo di Stato Maggiore e laureato in Scienze Marittime e Navali e in Scienze Politiche. Ha ricoperto vari incarichi, a bordo e a terra, tutti inerenti la propria specializzazione di «Direttore del Tiro» e di Comando a bordo. Attualmente ricopre l’incarico di Capo Sezione Archivi presso l’Ufficio Storico della Marina Militare. Collabora, oltre che con la Rivista Marittima, anche con il mensile Storia Militare.
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Vista della facciata della «Mansion», ovvero l’edificio principale della tenuta di Bletchley Park, sede, durante l’ultima guerra, del Government Code&Cypher School (GC&CS) britannico. In alto, il laghetto di Bletchley Park e sullo sfondo, la «Mansion» (Courtesy of Bletchley Park Trust).
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RUBRICHE
F ocus diplomatico La crisi di crescita cilena Una pillola di storia cilena, dal 18 al 30 ottobre di quest’anno, ha cambiato volto e fama alle istituzioni, alla società civile e militare e al popolo cileno, precedentemente portati come esempio di sviluppo sostenibile di fronte all’intera America latina. Gli sviluppi di questa situazione ci diranno se questa pillola e quelle che seguiranno saranno in ultima analisi utili alla salute del Paese, in quanto foriere di soluzioni costruttive, o prevarrà il veleno della contestazione ideologica violenta e nichilista, che appare purtroppo bene organizzata (più di settanta stazioni della metro incendiate nello stesso pomeriggio) da gruppi che per il momento rimangono nell’anonimato. Da quel che appare, ancora «a caldo», le dimissioni del Presidente e la predisposizione di una nuova Costituzione sembrano gli obiettivi che il «movimento» vorrebbe raggiungere. I protagonisti del «movimento» non hanno fretta di esporsi né di chiedere negoziati. Tutti i manifestanti comunque invocano una migliore qualità di vita, che il liberalismo «puro» della scuola di Chicago non è riuscita ad assicurare. I fatti I numeri espressi dalla situazione di agitazione sociale in Cile, avviatasi con il rincaro dei prezzi della metro dalla notte del 18 ottobre u.s. alla fine del mese, sono impressionanti: secondo fonti locali, si tratta di una ventina di morti (alcuni non vengono denunciati come vittime dei disordini), oltre 6.000 arresti, decine di stazioni di metropolitana nella capitale devastate e incendiate, cortei, disordini, rapine e saccheggi in tutte le città del Paese. Anche la sede della nostra ENEL (che com’è noto, aveva acquistato una decina di anni fa la spagnola Endesa ed è quindi la più grande multinazionale di energia elettrica presente in Cile), è stata data alle fiamme, quale presunta responsabile degli aumenti tariffari. A ciò si è aggiunta (e non contrapposta, come a Parigi a seguito delle violenze dei gilet jaunes) una manifestazione pacifica di più di un milione di manifestanti nella capitale, venerdì 25
ottobre, seguita nei successivi giorni da un’ulteriore serie di cortei di protesta, ai quali però si sono collegati nuovi importanti episodi di violenza, incluse rapine e saccheggi di supermercati e grandi esercizi commerciali cui i Carabineros e l’Esercito hanno risposto con decisione e molti arresti. Si tratta della più grave crisi del Paese, da quando nel 1990 prese fine il regime del Generale Pinochet. Varie ONG, quali Human Rights Watch, Amnesty International, l’Istituto cileno per i diritti umani, parlano di abusi, torture e provocazioni da parte dei Carabineros e dell’Esercito chiamato in aiuto, che non avrebbero nulla da invidiare a quanto perpetrato dai loro padri, al tempo del golpe militare. L’ex Presidente della Repubblica Michelle Bachelet, alto Commissario dell’ONU per i diritti umani, su richiesta dello stesso Governo cileno, ha disposto una missione di verifica, già giunta a Santiago, che si protrarrà fino al 22 novembre. Per quanto riguarda l’Italia, la Commissione Affari Esteri della Camera ha dedicato alla questione un’audizione della Vice Ministro degli Esteri, Marina Sereni, la quale secondo notizie della stampa, ha sottolineato che l’Italia segue con ogni attenzione la crisi e la situazione del rispetto dei diritti umani in tutto il territorio cileno. Ha peraltro aggiunto che mentre la protesta civile rimane legittima, il nostro Governo condanna la violenza, da qualunque parte provenga. Ha ricordato che il Cile è una democrazia consolidata dove il livello di povertà, che era arrivato al 40% nel 1990, è sceso all’8% nel 2018 e ha anticipato una sua missione conoscitiva sul posto a partire dal 5 novembre. In ultimo la Sereni ha dato assicurazioni sulla sicurezza dei concittadini residenti (71.000 iscritti all’AIRE) illustrando anche i provvedimenti presi in tal senso dall’Unità di crisi della Farnesina e dalla nostra Ambasciata. Il Presidente della Repubblica Sebastian Pinera, a capo del Governo di centro destra, succeduto a quello di centrosinistra capeggiato dalla Bachelet, proviene dalle file di Renovacion Nacional una formazione politica conservatrice, ma di ispirazione liberale. Invece, la novità, nel panorama politico cileno degli
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RUBRICHE
Osservatorio internazionale
Egitto e Russia: frecce e amicizia
La fase attiva della manovra congiunta russo-egiziana di difesa aerea, «Arrow of Friendship-2019», è stata condotta con una certa complessità da unità delle due parti; nello specifico si sono svolte operazioni complesse di copertura di unità meccanizzate e corazzate, su settori assai ampi. Unità miste, dotate di BukM2E, Tor-M2E e Shilka-M4 e sistemi di difesa aerea portatili Igla-S (tutti sistemi di fabbricazione russa) hanno condotto prove di tiro, allerta e rischieramento nei pressi della megalopoli del Cairo. Unità corazzate egiziane hanno condotto il grosso delle operazioni a terra, anche in un contesto NBRCW (Nuclear, Biological, Radiological and Chemical Warfare). La «Arrow of Friendship-2019», svoltasi per la prima volta in Egitto dal 26 ottobre al 7 novembre, ha visto la partecipazione di oltre un centinaio di militari russi.
Corea del Sud: calo demografico e Forze Armate Uno dei temi più controversi della spinosa questione coreana è come ridurre la militarizzazione della penisola come elemento di stabilizzazione e mutua fiducia. Tuttavia, per anni le due Coree sono rimaste armate sino ai denti, sebbene in maniera e misura assai diversa. Ora Seoul si trova di fronte alle conseguenze del massiccio calo demografico e ha dichiarato che ridurrà il numero delle sue truppe a 500.000 unità entro il 2022; ultima mossa per affrontare le incombenti sfide della quarta più grande economia asiatica, che affronta il fenomeno connesso di una popolazione in rapido invecchiamento. Il Ministro delle finanze Hong Nam-ki ha anche affermato, spiazzando il Ministero della Difesa, che la Corea del Sud riformerà le Forze Armate del Paese con tecnologie avanzate come droni armati, satelliti da ricognizione e aerei senza pilota, quali moltiplicatori di forza e, in pratica, riorientando l’intero apparato difensivo nazionale immutato nei suoi principi costitutivi dal 1953, quando venne dichiarato il cessate-il-fuoco con l’invasore nordcoreano (e cinese). Il piano arriverà quando il numero dei giovani di leva, necessario per servire l’Esercito, scenderà a
225.000 nel 2025 per, poi, arrivare a 161.000 nel 2038 (rispetto a 360.000 del 2016). Nel 2018, la Corea del Sud disponeva di 600.000 militari delle tre Forze Armate, secondo il Libro Bianco della Difesa (in confronto, il documento riportava il numero del personale in servizio attivo della Corea del Nord pari a 1,28 milioni). Come accennato, la decisione arriva mentre la Corea del Sud sta attraversando una drammatica transizione demografica. Le statistiche prevedono che la popolazione del Paese raggiungerà probabilmente i 39 milioni nel 2067, in netto calo rispetto ai 51,7 milioni stimati nel 2019. L’anno scorso, il tasso di fertilità totale della Corea del Sud — il numero medio di bambini che una donna ha durante la sua vita — ha raggiunto un minimo record di 0,98 (molto inferiore al livello di sostituzione di 2,1 che manterrebbe la popolazione della Corea del Sud stabile a 51 milioni). In confronto, il tasso di fecondità media dell’OCSE, un gruppo di 36 nazioni per lo più ricche, si è attestato a 1,65. Il governo prevede di ridurre il numero di sergenti luogotenenti aumentando, nel contempo, il numero di capitani, sergenti di prima classe e primi sergenti. Prevede, inoltre, di aumentare la percentuale di donne che prestano servizio come ufficiali e di ufficiali fino all’8,8% (dall’attuale 6,2%). Attualmente, tutti gli uomini
Il Ministro delle finanze sudcoreano, Hong Nam-ki, ha recentemente affermato che la Corea del Sud riformerà le Forze Armate con tecnologie avanzate (Fonte: newsworld.co.kr).
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RUBRICHE
M arine militari AUSTRALIA Conclusione delle prove per il cacciatorpediniere lanciamissili Sydney Terzo e ultimo esemplare della classe «Hobart», il cacciatorpediniere lanciamissili Sydney ha completato il ciclo di prove in mare ed è pronto per la consegna alla Marina australiana, prevista per febbraio 2020. Il Ministro della Difesa australiano Linda Reynolds ha dichiarato che la positiva conclusione delle prove del Sydney rappresenta un importante traguardo raggiunto da tutti i partecipanti al programma, raggruppati sotto l’egida della «Air Warfare Destroyer Alliance» e comprendente enti governativi e le aziende ASC Shipbuilding, Raytheon Australia e Navantia Australia. Concluse le prove in mare, il Sydney è adesso impegnato nell’integrazione dell’elicottero imbarcato MH-60R. Le tre unità della classe — comprendente anche Hobart e Brisbane — hanno una lunghezza di 140 metri, sviluppano una velocità massima di oltre 28 nodi e hanno un’autonomia di circa 5.000 miglia a 18 nodi: l’equipaggio è formato da poco più di 200 uomini e donne. La dotazione elettronica comprende il «Aegis Weapon System», che coniuga il radar a scansione di fase AN/SPY-1D(V) con i missili superficie-aria Standard SM-2: dedicate principalmente alla difesa aerea di zona, le tre unità della classe «Hobart» sono anche equipaggiate con la «Cooperative Engagement Capability, CEC», che consente la condivisione di informazioni con altri assetti navali e aerei.
Piena capacità operative per la classe «Canberra» A metà novembre, le due unità d’assalto anfibio Canberra e Adelaide hanno raggiunto la piena capacità operativa. Il traguardo ha riguardato non solo le due unità, ma anche gli altri elementi raggruppati in origine nel «Joint Project 2048», cioè i dodici mezzi da sbarco in dotazione e l’intera organizzazione di
supporto tattico e logistico. Configurate come «Landing Helicopter Dock, LHD», le due unità classe «Canberra» sono adesso in grado di svolgere tutte la gamma di operazioni anfibie, dagli assalti contrastati all’assistenza umanitaria a favore della popolazione civile colpita da calamità naturali. Con una lunghezza di 230 metri, un dislocamento di 27.500 tonnellate e una velocità massima di 20 nodi, le due unità possono svolgere operazioni di volo contemporanee per sei elicotteri e hanno una dotazione di quattro mezzi da sbarco, capaci di trasportare mezzi ruotati e cingolati dell’Esercito australiano.
BAHREIN Una seconda fregata classe «Perry» ceduta dagli Stati Uniti Il 23 ottobre, il Dipartimento di Stato di Washington ha approvato la vendita al Bahrein di una seconda fregata classe «Oliver Hazard Perry», già ritirata dal servizio nell’US Navy nel 2014; l’unità designata è la ex-USS Robert G Bradley, che affiancherà la gemella Sabha, già in linea con la Marina del piccolo emirato affacciato sul Golfo Persico. La cessione è gestita dalla «Defense Security Co-operation Agency, DSCA» e ha un valore di 150 milioni di dollari, compresi i costi di riattivazione, pezzi di rispetto, supporto e addestramento per l’equipaggio, attività a cura di una o più aziende non ancora identificate. La cessione della fregata era stata già discussa dal Congresso degli Stati Uniti sotto l’egida dell’«International Security Assistance Act» del 2018. Peraltro, non era chiaro se l’atto del Congresso riguardasse il Sabha o questa seconda unità, attualmente sottoposta a lavori di ammodernamento in un cantiere di Manama, ma l’annuncio della DSCA ha fatto luce sulla situazione; rimane ancora da definire se i sistemi ormai obsolescenti presenti sulla seconda fregata (per esempio la rampa singola per missili superficie-aria SM-1) saranno sostituiti con altri più moderni.
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RUBRICHE
C he cosa scrivono gli altri «Le Mediterranée stratégique. Laboratoire de la mondialisation» REVUE DĖFENSE NATIONALE, N.
822, JULLIET-SEPTEMBRE 2019
Sulle orme del grande Fernand Braudel, citato nell’epigrafe di copertina, Pascal Ausseur e Pierre Razouc, nell’introduzione al prestigioso trimestrale in parola, scrivono che, se il Mediterraneo non è più il centro del mondo, è pur sempre «un espace stratégique majeur, lieu de multiple confrontations entre des acteurs aux ambitions divergentes et opposée. Au cœur de la mondialisation, cette région à l’histoire si ancienne est particuliérement fragile et vulnérable face au nombreux défis [sfide] qui la conencernent. Plus que jamais, il est urgent d’y attacher la plus grande attention». Un contesto marittimo dunque in cui «le foyers de crise declarés ou potentiels sont nombreux — ragion per cui — la Mèditerranée et ses riverains se retrouvent plus que jamais au centre de préoccupations géopolitiques». Diviso in tre parti (Grand enjeux et principaux défis – Les foyers de crise – Dilemmes et ambitions des principaux acteurs), in venticinque contributi che si dipanano per ben 176 pagine, il periodico ci presenta un ricchissimo palinsesto mediterraneo che, tous azimuts, analizza in maniera rapida e incisiva le principali problematiche dell’ex Mare Nostrum e degli interessi geopolitici e geoeconomici posti in essere da vecchi e nuovi attori che, al momento, vi ruotano intorno, incrociandosi e talora scontrandosi. Al punto di domanda «Qui tient la mer en Méditerranée?», il vice ammiraglio Charles-Henri de la Faverie du Ché, prefetto marittimo del Mediterraneo, passa in rassegna le
flotte delle Marine militari, le cui bandiere sventolano nei vari quadranti marittimi. Innanzitutto, nel MEDOR (Mediterraneo orientale, «condensé des rivalités internationales») troviamo la flotta russa, che ha riacquistato un’influenza di primo piano dopo l’intervento nel 2015 nella guerra civile siriana a sostegno del regime di Damasco, quindi gli Americani (secondo il paradigma del «Dynamic Force Employement», professato dalla National Defense Strategy del 2018, al riguardo https://www.globalsecurity.org/military/ops/dynamicforce-employment.htm), le flotte della NATO (invero con un «Fianco Sud» più traballante vista l’intraprendenza unilaterale di Ankara e i rapporti privilegiati con Mosca, anche in tema di acquisizione di armamenti che pregiudicano la Ballistic Missiles Defense dell’Alleanza stessa, al riguardo https://www.nato.int/cps/en/natohq/topics_49635.htm). Quindi, sempre in termini di rassegna navale, la Marina turca (che nel 2021 disporrà della prima portaerei) e quella israeliana, mentre lo stesso Libano sembra voler riscoprire la propria vocazione marittima. Assente una flotta sotto le insegne europee, dopo che, dallo scorso 1o aprile, l’Operazione Sophia è stata privata della sua componente navale. Un’Unione Europea che l’autore vedrebbe volentieri «riappropriarsi» del Mediterraneo, anche per assumere la difesa d’ufficio dello Stato-membro della «Repubblica di Cipro» nei contenzioni con i Turchi, che intendono proteggere a oltranza gli interessi marittimi della «Repubblica turca di Cipro del Nord» (riconosciuta solo da Ankara!) nelle petizioni di principio sui diritti di sfruttamento dei ricchissimi giacimenti della ZEE dell’isola stessa (vexata quaestio invero, alla quale Nicolas Mazzucchi dedica uno specifico contributo con «les hydrocarbures de la discorde»). Le tensioni regionali fanno peraltro da volano al riarmo navale delle marine regionali con un preciso messaggio politico: Ankara verso Atene e Nicosia, l’Egitto verso la Turchia, il Marocco verso l’Algeria, e viceversa. Il tutto senza dimenticare la presenza della marina cinese «en pleine affirmation de
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RIVISTA
MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
NEL PROSSIMO NUMERO FOCUS SU INTERESSI NAZIONALI
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