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Al comando di nave Vespucci. Quattro ufficiali di Marina «raccontano» la Diplomazia Navale
GIANFRANCO BACCHI. Capitano di vascello, nato a Forlì. Dopo aver frequentato il Liceo scientifico a Forlì, nel 1988 è entrato all’Accademia navale di Livorno. Appassionato di vela sin da ragazzo, ha partecipato a importanti gare internazionali. Tra il 2002 e il 2005 ha comandato la nave a vela Capricia, donata dalla famiglia Agnelli alla Marina Militare italiana nel 1993. Nella sua carriera ha assunto numerosi incarichi ed è stato insignito di vari riconoscimenti. Ha comandato il cacciamine Milazzo e il pattugliatore di squadra Bersagliere, è stato docente di Comunicazione presso l’Istituto Studi Militari Marittimi di Venezia dal 2010 al 2013. Dopo 3 anni alla NATO, dal 2013 al 2016, presso il Joint Force Command di Brunssum (Paesi Bassi), con il grado di capitano di vascello, ha ricoperto l’incarico di Capo Ufficio relazioni esterne e cerimoniale presso lo Stato Maggiore della Marina. Da ottobre 2019 a settembre 2021 è comandante della nave scuola della Marina Militare italiana Amerigo Vespucci, veliero varato nel 1931 e conosciuto in tutto il mondo. La nomina è stata effettuata dal Capo di Stato Maggiore della Marina. La decisione si è basata su una serie di fattori: i meriti acquisiti in carriera, le capacità generali e il curriculum. Determinanti sono stati il suo background nella vela e il precedente incarico nell’ambito del Cerimoniale e delle Relazioni esterne. Attualmente la sua destinazione di servizio è Venezia, presso Maristudi, dove nell’ambito della Direzione Corsi cura la progettazione del XIII Trans-Regionale Seapower Symposium of the wider Mediterranean, un convegno di interesse planetario che coinvolge i Capi di Stato Maggiore delle Marine del mondo oltre ai massimi rappresentanti di industria e organizzazioni internazionali. Il Simposio si terrà fra il 5 e il 7 ottobre 2022.
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CURZIO PACIFICI. Capitano di vascello, nato a Livorno il 19 novembre 1964. Dopo aver conseguito la maturità scientifica, ha frequentato l’Accademia navale nel quadriennio 1983-87. Al termine della stessa ha partecipato ai corsi di pilotaggio presso l’US Navy conseguendo i brevetti di pilota di ala fissa e ala rotante. Rientrato in Italia nel 1990, ha effettuato il passaggio macchina sull’elicottero AB 212 ASW presso la Stazione elicotteri di Catania, al termine del quale è stato imbarcato su unità della Squadra navale, fregate e caccia, nella base navale della Spezia e di Taranto, assolvendo numerosi incarichi operativi. Nel corso di questi imbarchi ha partecipato alle missioni in Golfo Persico e in mar Adriatico, sia sotto bandiera NATO sia UE. Nel comandato il cacciamine Termoli e nel 2003 la fregata Bersagliere. Nel 1996 è stato imbarcato sul cacciatorpediniere Mimbelli, dove ha svolto l’incarico di capo Reparto operazioni e Comandante in II. Tra gli incarichi di rilievo a terra, è stato assegnato al Comando Operativo di vertice Interforze (COI) come ufficiale di staff del Capo di Stato Maggiore della Marina, nel settembre 2006 è stato destinato presso il quartier generale NATO a Norfolk - Stati Uniti (Allied Command Transformation - ACT), quale responsabile della policy della Education & Training delle forze alleate e nel triennio 2009-12 è stato vice capo del 6° Reparto aeromobili dello Stato Maggiore Marina. Dal 29 ottobre 2012 è stato al comando della nave scuola Amerigo Vespucci fino al 4 ottobre 2016, compiendo due Campagne di istruzione in Nord Europa, nel 2013 e 2016, intervallate dai grandi lavori di ammodernamento dell’unità. Dal 30 ottobre 2017 è stato destinato all’ambasciata d’Italia a Mosca quale addetto navale, rientrando nell’aprile del 2016 all’Ufficio Pubblica Informazione e Comunicazione - UPICOM della Marina Militare. È laureato in Scienze marittime e navali, Scienze politiche e ha conseguito il master in Defence Studies presso il King’s College London.
ANGELO PATRUNO. Capitano di Vascello, nato a Bari il 30 maggio 1967. Ha frequentato l’Accademia navale di Livorno, uscendone con il grado di guardiamarina nel 1989. Al termine del corso di Artiglieria navale presso il Centro di Addestramento navale della Marina Militare di Taranto (MARICENTADD) nel 1990, ha prestato servizio in qualità di ufficiale Addetto armi dapprima sull’incrociatore Andrea Doria e successivamente sulla corvetta Chimera. Nel 1997-98 è stato il comandante dell’unità ausiliaria Tremiti. Dal 1998 al 2000 ha prestato servizio in qualità di capo Reparto operazioni sulle fregate Lupo e Perseo. Dal 2000 al 2002 ha prestato servizio a Taranto presso il Centro di Addestramento della Marina Militare in qualità di ufficiale istruttore della Componente armi. Dal 2003 al 2005 è stato il comandante dei corsi del ruolo truppa presso la Scuola Sottufficiali di Taranto (MARISCUOLA). Nel 200607 è stato il comandante della nave scuola a vela Palinuro. Dal 2007 al 2009 ha prestato servizio come ufficiale responsabile della Lotta antiaerea e successivamente a capo del Reparto addestramento tattico presso MARICENTADD. Dal 2010 al 2016 ha prestato servizio presso il Comando NATO a «framework» italiano delle Forze marittime (COMITMARFOR), prima in qualità di capo Ufficio piani e, successivamente, in qualità di Capo di Stato Maggiore. Ha conseguito la Laurea in Scienze marittime della navigazione presso l’Università di Pisa e in Scienze politiche presso l’Università di Trieste. Ha frequentato il 6º Corso Superiore di Stato Maggiore Interforze (ISSMI) presso il Centro Alti Studi per la Difesa (CASD) di Roma. Nel 2016-17 è stato il comandante della nave scuola a vela Amerigo Vespucci. Dal 2017 al 2019 ha prestato servizio presso il comando della Seconda Divisione navale (COMDINAV DUE) a Taranto in qualità di Capo di Stato Maggiore. Da agosto 2019 ha assunto l’incarico di direttore della Direzione Fari e Segnalamenti del Comando Logistico della Marina Militare.
ROBERTO RECCHIA. Capitano di vascello, nato a Putignano (Bari). Ottenuta la maturità scientifica presso il Liceo scientifico statale di Putignano (1987) ha svolto il Corso Normale all’Accademia navale di Livorno (1987-91) conseguendo la laurea in Scienze marittime e navali presso l’Università di Pisa. Nel 2005 ha conseguito anche la laurea in Scienze politiche presso l’Università degli Studi di Trieste. Svolto il Corso di «Lotta sotto la superficie», «Lotta antisommergibile e Armi subacquee» presso il Centro di Addestramento aeronavale di Taranto (1992) e ottenuto il brevetto di operatore subacqueo abilitato al lavoro in carena presso il COMSUBIN della Marina Militare (1993) è stato capo Componente sonar e capo Reparto subacqueo della fregata Euro dal 1992 al 1995, partecipando tra l’altro all’operazione Sharp Guard (Ex-Jugoslavia). Ha conseguito la specializzazione in Contromisure mine e dragaggio presso l’Accademia navale di Livorno (1995) per poi essere capo Servizio operazioni del cacciamine Chioggia (1996-97), ufficiale in 2a del cacciamine Alghero (1997-98) e comandante del cacciamine Vieste (1999-2000) con cui ha partecipato, tra l’altro, alle operazioni di bonifica da ordigni bellici in mar Adriatico. Dopo l’abilitazione al «Comando navale» presso il Centro di Addestramento aeronavale e la Scuola comando di Augusta (1998) e il Corso Normale di Stato Maggiore presso l’Istituto di Guerra marittima di Livorno (1999) è stato designato quale «Principal Staff Officer» (capo dello Staff) della Forza navale NATO di Contromisure mine del Sud Europa (2000-01) imbarcato su unità navali delle Marine militari greca e turca. Successivamente ha svolto l’incarico di ufficiale di collegamento della Forza navale NATO di Contromisure mine del Sud Europa presso il Comando navale alleato del Sud Europa (2001-03). A completare gli incarichi all’estero, la designazione quale addetto Sezione operazioni ed esercitazioni UE presso la Rappresentanza militare italiana ai comitati militari della NATO e UE di Bruxelles (2003-06). In qualità di comandante in 2a di nave Bersagliere dal 2006 al 2008 ha partecipato all’operazione NATO Active Endeavour (lotta al terrorismo internazionale). È stato comandante di nave Anteo (2008-09), unità altamente specializzata quale nave appoggio subacquei e incursori della Marina. Prima di assolvere l’incarico di comandante di nave Amerigo Vespucci, dal 2017 al 2018, ha svolto diversi incarichi di staff presso gli Stati Maggiori Difesa e Marina. Attualmente è capo Ufficio sport, delegazione CISM e attività paraolimpica presso lo Stato Maggiore Difesa e, in virtù di tale incarico, capo Delegazione italiana presso il Consiglio internazionale dello sport militare (CISM) e vice presidente del Gruppo Sportivo Presidente Difesa (GSPD). Riveste, inoltre, l’incarico di presidente del Circolo ufficiali MM «Caio Duilio» di Roma ed è membro del Consiglio direttivo nazionale della Lega Navale italiana in quota Ministero della Difesa.
La mia esperienza è nata l’8 ottobre 2019, anche se sarebbe forse più opportuno affermare che ha avuto origine il 5 luglio 1989, giorno in cui per la prima volta ho potuto leggere la frase «non chi comincia ma quel che persevera» sul quadro in legno fissato a proravia dell’osteriggio di poppa.
In quel momento ho sentito l’odore caratteristico del Vespucci, un misto fra canapa, manilla, legno e scarico dei diesel prodieri che fuoriesce dal fumaiolo sul ponte delle barche. Quello stesso odore, memorizzato dai miei recettori olfattivi, si è ripresentato 30 anni dopo ed è stato immediatamente riconosciuto. Questo è il primo elemento identificativo di questa nave, che la rende già di per sé unica e inconfondibile. Ho vissuto, con ogni probabilità, il biennio più controverso della storia del Vespucci: un periodo nato con un progetto di straordinario impatto relazionale, un Giro del Mondo su 33 tappe e 18 mesi di fuori sede, finito nell’isolamento di due Campagne d’Istruzione «locali» condotte senza la possibilità di ricevere visitatori e guardando il mondo dal mare. Un dramma sociale come la pandemia da Covid-19 ha trasformato la straordinarietà di un’emergenza sanitaria in una delle più grandi opportunità formative e comunicative mai sperimentate. Io, il 122o comandante dell’AmerigoVespucci, da «timoniere» di un’icona nazionale in giro per il mondo con programmi pianificati, concordati e approvati, a nocchiero di una vascello in giro per il mare alla ricerca del vento e delle migliori condizioni di navigazione. Nel maggio del 2020, al termine di un durissimo lockdown nazionale, ho ricevuto il più bello degli ordini che un marinaio possa mai augurarsi: «molla gli ormeggi e vai dove vuoi, dove ritieni più opportuno veleggiare massimizzando il risultato formativo».
E così ho fatto.
Il bilancio di questi due anni è nelle parole di un mio ufficiale che alla domanda «cosa abbiamo perso con l’annullamento del Giro del Mondo?» Ha risposto «tanto». «Cosa abbiamo guadagnato in questi due anni di navigazione insieme in Mediterraneo, alla ricerca del vento e delle onde?» Ha risposto «di più».
Cosa sono stati questi due anni di comando per me?
Di più.
Gianfranco Bacchi
Come ufficiale di Marina, ho sempre ritenuto il comando di una nave militare lÊambizione più elevata che si possa raggiungere nella propria ÿvita operativaŸ di marinaio.
E il comando di nave scuola AmerigoVespucci, la nave più bella del mondo, è stata lÊesperienza più significativa, impegnativa e appagante della mia vita professionale, il coronamento di una carriera e di una vita dedicata al mare e alla Marina.
Comandare vuol dire impiegare al meglio, uomini e mezzi per assolvere una missione, e nel caso di nave VespucciunÊulteriore funzione risulta fondamentale, determinata soprattutto dalla tipologia di questa nave del tutto sui generis: addestramento e rappresentanza, ovvero attività formativa ed educativa a bordo e diplomatica a terra e allÊestero. Quindi addestrare e soprattutto formare il personale alla vita di bordo, allÊandar per mare, allÊarte marinaresca, a vivere e lavorare in squadra, e per gli allievi a diventare parte di un corso di Accademia e a rappresentare il proprio paese. UnÊesperienza impegnativa ed esaltante che li legherà tutta la vita.
E questo per il comandante non è affar da poco: lÊesempio è insito nella funzione, ma avere quale massima priorità anche lÊeducare assorbe un grande impegno e, al contempo, grandissima soddisfazione, nel portare avanti con il suo stile personale le molteplici attività a bordo; ciò rende ogni campagna dÊistruzione unica sia per chi la vive in navigazione sia per chi la scopre come visitatore.
LÊallievo, nel suo battesimo del mare, impara le fondamenta dellÊarte marinaresca, dallÊuso della bussola magnetica e del sestante, alle manovre fisse e volanti dellÊalberatura, dal lavorare in squadra a valorizzare il tempo. Patrimonio di conoscenze che arricchirà tutta la sua vita professionale e personale.
Questa varia e interessante, quanto faticosa, attività a bordo, rende questo incredibile vascello ancora più attraente e di successo nella sua missione di rappresentanza. Dovunque approdi, le persone che si accalcano per visitare la nave e le autorità invitate a bordo oltre ad ammirarne la bellezza, sono colpite dalla poliedricità delle attività che si svolgono a scopo formativo.
Una volta affascinati da questo contesto, apprezzano anche lÊospitalità italiana e le sue eccellenze enogastronomiche, presentate senza sfarzi ma con elegante semplicità e qualità. Ancor di più la disponibilità e lÊattenzione dellÊequipaggio e degli allievi nellÊaccompagnare i visitatori e presentare la nave, le sue caratteristiche e di concerto lÊItalia.
La nave, infatti, è pur sempre un pezzo dÊItalia che viaggia e ormeggia nei paesi stranieri.
Inoltre, nave Vespucci, nella sua unicità ed eccellenza, risulta peraltro decisamente economica ed ecosostenibile. Grazie alla sua magnifica progettazione (lo stesso ingegner Rotundi aveva costruito già nel 1931 lÊunità con una propulsione diesel-elettrica) e ai grandi lavori di ammodernamento del 2014, la nave ha tutte le predisposizioni per un impiego rispettoso dellÊambiente, dal razionale trattamento dei rifiuti liquidi e solidi, alla propulsione elettrica e al basso impatto acustico, un vero connubio di tradizione e innovazione che permette a oltre 400 persone di vivere e lavorare insieme, spostandosi a 10 nodi a vela, con un impatto minimo per lÊambiente, se comparato con la stessa realtà a terra.
La Marina è la Forza armata più abituata a lavorare in contesti internazionali e tutto il personale ha esperienza, sin dalla giovane età, a rappresentare la propria nazione.
Va evidenziato, infatti, che una nave militare quando entra in un porto straniero svolge anche unÊattività diplomatica; sin dallÊepoca dei vascelli del XVII secolo, stimola la comunicazione, lo scambio culturale, il confronto costruttivo.
E nave Vespucci è una perfetta ambasciatrice itinerante che svolge il suo compito in maniera diretta ed efficace.
Parlando di diplomacy è interessante raccontare lÊesperienza della Campagna di istruzione del 2013 in Nord Europa, ove risalimmo il Tamigi fino a Londra, lÊElba fino ad Amburgo, lo Schelda fino ad Anversa e il Tago fino Lisbona. Soprattutto lÊesperienza di Londra fu straordinaria.
LÊingresso allÊormeggio a Canary Wharf, nellÊEast End di Londra, avvenne in piena notte a causa delle maree e così la manovra fu vista da pochi cittadini occasionali. Ma al mattino, dai vari palazzi di vetro della City, tutti gli impiegati di una delle piazze finanziarie
più importanti del mondo, poterono ammirare il Vespucci con gli alberi che svettavano al cielo tra i grattaceli e i vari nocchieri a 50 metri di altezza che lavoravano alle vele.
Eravamo arrivati nel cuore di Londra e i cinque giorni di sosta furono un successo di visite, eventi e manifestazioni a bordo.
Molte autorità locali, colleghi britannici della Royal Navy compresi, davvero non si aspettavano che una nazione, peraltro lÊItalia, potesse ancora avere una tale unità in efficienza e soprattutto in grado di esprimere in pieno la sua capacità di formazione, una tradizione mantenuta e anche innovata. Per gli anglosassoni fu una vera espressione di meraviglia e stupore: per la bellezza e imponenza dellÊalberata, per lÊordine e la complessità dellÊarmamento, con tutte le manovre rigorosamente manuali, in fibra naturale di canapa, manilla e sisal.
LÊapprezzamento da parte dei locali fu unanime, lo stesso ambasciatore dÊItalia rimase profondamente emozionato dal successo di questa sosta e alla partenza, pianificata sempre in funzione delle maree il sabato dopo mezzogiorno, volle imbarcare per sperimentare lÊuscita sul Tamigi. Gran parte della popolazione era assiepata lungo i docks, per vedere il disormeggio: grazie allÊaddestramento già raggiunto dagli allievi e alla preparazione dellÊintero equipaggio, dal nostromo ai suoi fedeli nocchieri, lÊimpresa fu un successo: lasciare Londra ÿa velaŸ lungo il Tamigi, con il tricolore a riva.
Attività che ha dimostrato non solo la bellezza della nostra amata nave, ma anche la capacità di navigare ancora a vela con unÊunità di oltre 4.000 tonnellate, mantenuta in piena efficienza e splendore grazie al nostro personale, militare e civile.
E quindi il Vespucci conferma la capacità di fare naval diplomacy per lÊintero comparto ÿMade in ItalyŸ a tutta la comunità internazionale, inorgogliendo il sentimento patriottico in ambito nazionale.
Una diplomacy che riesce a promuovere un messaggio di solidità del paese, di concretezza e professionalità del personale, di passione e dedizione dei nostri giovani, di bellezza ed efficienza dei nostri tesori.
UnÊimmagine altamente positiva di una Italia che funziona.
Curzio Pacifici
Luglio 1986, New York; nave AmerigoVespucci entra nella baia di Hudson per partecipare alle celebrazioni del bi-centenario della Statua della Libertà. Il famoso fiume che attraversa la città simbolo degli Stati Uniti ha sostituito il manto azzurro di cui normalmente si veste con un manto bianco punteggiato dalle migliaia di candide vele delle piccole e grandi imbarcazioni che in un numero imprecisato hanno mollato gli ormeggi tanto dai piccoli porticcioli di stazionamento quanto dai lussuosi Yachting Club e sono accorse a salutare la nave scuola della Marina Militare italiana, al secolo «la nave più bella del mondo». Tale fu, infatti, lo storico apprezzamento pervenuto circa sessanta anni fa dall’USS Indipendence, portaerei americana della classe «Forrestal» che incrociò il nostro veliero in navigazione e volle sancire con un messaggio trasmesso a lampi di luce quello che diventerà uno degli aneddoti maggiormente conosciuti che ha coronato la lunga storia della «Signora dei mari». Ma in quel giorno d’estate del 1986, mentre tutti gli skipper, da quelli provetti ai meno esperti, fanno a gara per passare il più vicino possibile alla fiancata a strisce bianche e nere del Vespucci, su uno dei pennoni dell’albero di maestra, con lo sguardo fiero rivolto verso i grattacieli della «Grande mela» e nella mente un bagaglio di sogni non ancora realizzati, un allievo dell’Accademia navale, al termine della prima classe, sta vivendo una grande e irripetibile emozione. È allineato e a stretto contatto di gomito con i suoi compagni di corso, anch’essi rapidamente schierati dopo la «salita a riva» per il «saluto alla voce». Ha poco più di diciott’anni, e in quel momento, a bordo di quel maestoso bastimento, amato e acclamato da tutti, si sente al centro del mondo.
Luglio 2017, sono trascorsi trentun’anni dai festeggiamenti a New York ma lo scenario si presenta immutato. Migliaia di imbarcazioni rendono gli onori all’AmerigoVespucci che, di ritorno dal Canada, primo Stato del continente americano visitato dopo la partenza per la campagna d’istruzione di quell’anno, si dirige al posto d’ormeggio, al «Pier», assegnato all’interno dell’enorme sorgitore commerciale della città che «non dorme mai». Il veliero solca ancora le acque della baia di Hudson e sfila nuovamente, questa volta a vele spiegate, di fronte alla fiaccola simbolo della democrazia americana. Il ragazzo che trentun’anni prima guardava verso un orizzonte ancora incerto e non definito, è a bordo della nave e anche se con qualche ruga sul volto ha conservato lo stesso sguardo fiero di un tempo. Questa volta però il suo «posto di manovra» è sul «banco di quarta», ha un binocolo al collo e una radio portatile nella mano destra; i suoi occhi passano rapidamente e alternativamente dal profilo dello scafo alla banchina in avvicinamento e la sua voce e i suoi gesti sono rivolti agli ufficiali che in plancia ripetono i suoi ordini al timoniere e alle macchine. Quel ragazzo è tornato a bordo dell’Amerigo Vespucci e ne è adesso il suo comandante.
Mi è sembrato essenziale, cercare di condensare in un momento specifico, quasi in una sola immagine l’esperienza che senza ombra di dubbio rimarrà il più bel «regalo» che la Forza armata mi ha fatto in tutti questi lunghi ed entusiasmanti anni di servizio.
Comandare l’Amerigo Vespucci è stato un condensato di emozioni che non è semplice elencare, perché di fatto non sono riconducibili a una semplice lista. Ognuna di esse mi ha continuamente accompagnato sia di giorno sia di notte lungo i 365 meravigliosi giorni di comando e ha assorbito le mie giornate fondendomi e rendendomi corpo unico con la «mia» nave. Il Vespucci ha questo magico potere, riconosciuto da tutti quelli che hanno avuto la fortuna di essere parte del suo equipaggio. Riesce a stimolare un senso di appartenenza non comune. Si sente di far parte di qualcosa di unico. Si è pervasi dall’orgoglio di appartenere a pieno titolo a quell’indiscusso gioiello della marineria italiana che prevale senza rivali in ogni ipotetico confronto con altri velieri sulla scena internazionale.
Mentre sfoglio i ricordi di quel fantastico anno trascorso con Lei, mi soffermo su di una foto. A prora, impettiti e soddisfatti vi sono il comandante e il nostromo che posano felici a prora. Alle loro spalle troneggiano in primo piano i famosi «scopamare», vele aggiuntive di «bel tempo» che i bastimenti utilizzavano durante le traversate oceaniche caratterizzate da brezze leggere per raccogliere la maggiore quantità di vento possibile e «guadagnare» così qualche decimo di nodo in più velocizzando così il viaggio. La foto è stata scattata durante la traversata dell’Atlantico verso ovest, condotta tra Sines, graziosa cittadina del Portogallo, famosa per aver
dato i natali al famoso navigatore Vasco de Gama e Port Hamilton nelle isole Bermuda, dopo una breve e consueta sosta a Funchal, nell’arcipelago di Madeira, storico «trampolino di lancio» dei navigatori oceanici prima del grande salto. Di quei giorni ho ancora ben impressi nella mente il silenzio prodotto dallo spegnimento del motore, il movimento lento ma imponente della nave sulle onde, il suono prodotto dal vento nelle vele, le formazioni nuvolose libere di spostarsi negli immensi spazi acquei, le limpide stellate notturne e un profondo senso di pace e di benessere. La gioia di essere esattamente nel posto in cui si è sempre sognato di essere.
Ma, una nave è un magnifico amalgama tra l’acciaio con cui è costruita e gli uomini e donne che la abitano. E io infatti ho ancora un limpido ricordo dei loro occhi, gli occhi degli uomini e donne del mio equipaggio mentre con grande professionalità guidano i visitatori sul ponte di coperta della nave e con dovizia di particolari provano a raccontarla. L’equipaggio del Vespucci si nutre, infatti, della consapevolezza dell’ammirazione di quella gente che sbalordita cammina tra gli ottoni luccicanti e le «manovre correnti», chilometri di cavo di fibra vegetale, la cosiddetta «manilla», ordinatamente e impeccabilmente raccolte e fasciate in ritagli di tela olona (il materiale di costruzione tradizionale delle vele del Vespucci) su cui qualche ispirato nocchiere di bordo ha dipinto il profilo della nave e le sue iniziali dorate «A» e «V».
E per ognuno di loro, per ognuno di quegli ufficiali, sottufficiali o militari di truppa con cui ho condiviso quell’avventura, ho un ricordo che conservo gelosamente nel mio cuore. Ognuno di loro ha contribuito a far sì che la missione della nave fosse portata a termine con successo e forse inconsapevolmente ma con grande generosità ha contribuito affinché il mio sogno fosse realizzato. Sono oggi consapevole di aver richiesto loro tanto, tantissimo, ma l’importanza e la rilevanza degli eventi che ci hanno visto protagonisti, primo fra tutti l’aver ospitato a bordo il Capo dello Stato in visita ufficiale in Canada, lo imponevano senza alcun risparmio di energie.
Ma non è stato solo l’equipaggio «fisso» della nave a regalarmi delle forti emozioni e a rendere indelebile il ricordo di quel fantastico anno trascorso a bordo. Sono stati, infatti, gli allievi in formazione e addestramento a
bordo del Vespucci, coloro che hanno vieppiù impreziosito la mia esperienza. Per tramite loro, ho sentito su di me e sul mio equipaggio un’enorme responsabilità. Le famiglie di provenienza di quei ragazzi in primo luogo, ma nondimeno la Forza armata, stavano affidando a me e ai miei uomini e donne il compito di plasmare i marinai di domani. Sono stato sempre consapevole che l’immagine e l’esempio forniti loro durante quell’unico e inimitabile battesimo del mare, li avrebbero accompagnati lungo tutto il percorso professionale che era lì ad attenderli. Nei loro sguardi ho potuto leggere giorno per giorno la maggiore consapevolezza di sé unita a una crescita individuale e di gruppo. Tra di loro, come è sempre accaduto e sempre accadrà sul Vespucci si sono creati legami inscindibili che andranno al di là del tempo e delle differenti strade che ognuno di loro percorrerà. Si è generata quella forza invincibile che è la forza del gruppo. Nelle difficoltà e nel confronto costante con i propri limiti e con il tentativo di superarli, essi hanno trovato linfa vitale per alimentare la coesione e la condivisione degli obiettivi. «E pluribus unum», da molti uno, come recita il motto iscritto sulla bandiera del mio corso di Accademia.
Ho trascorso un’esperienza indimenticabile, a cui dedico ogni giorno un piccolo ma intenso ricordo benché siano trascorsi ormai più di quattro anni da quando ho disceso per l’ultima volta il barcarizzo della «Signora dei mari» e ho mollato personalmente e simbolicamente il cavo alla lunga durante il suo disormeggio dal porto di Civitavecchia, con a bordo ormai il mio successore, nuovo comandante della nave, proprio per tagliare anche fisicamente con un gesto il cordone ombelicale che visceralmente mi aveva legato a quella nave fino a un istante prima. Da allievo a comandante, da New York a New York, il cerchio della vita, dopo traiettorie imprevedibili, è ripassato magicamente dopo trent’anni dal punto di partenza. Questo è il messaggio che vorrei trasferire a quei giovani che avranno la voglia e la pazienza di leggere queste righe. Basta crederci e volerlo fortemente. In fondo, se a pensarlo era quell’indiscusso genio italico che fu Leonardo da Vinci dobbiamo necessariamente credergli: «Non chi comincia ma quel che persevera».
Angelo Patruno
Nave Vespucci ha rappresentato una delle più intense, gratificanti e significative esperienze della mia carriera. Non potrò mai smettere di ringraziare la Marina per l’opportunità che mi ha fornito, per l’onore e il privilegio che mi ha concesso sia di viverla nel mio primo imbarco da allievo, sia nell’affidarmi, esattamente a 30 anni di distanza da quel battesimo del mare, il comando della nave più bella del mondo. Ricordo che la sola notizia della designazione, comunicatami dal capo di Stato Maggiore, aveva emotivamente travolto me e i miei cari, ma ben presto, l’iniziale entusiasmante gioia per il prestigioso impiego che mi veniva prospettato in quella lettera, ha lasciato pian piano posto alla pressione di quella enorme responsabilità che sarebbe derivata dal dover rappresentare, in quel ruolo, nelle interazioni con l’ambiente civile esterno che si vengono a creare quotidianamente, la Marina Militare e l’istituzione agli occhi dei cittadini ma anche il paese nelle occasioni di sosta in porti esteri.
Un’altra responsabilità che sentivo molto chiaramente era quella, ormai consolidata dalle precedenti esperienze, di divenire riferimento e guida per l’equipaggio e ancor più a bordo del Vespucci, anche per gli allievi della prima classe dei Corsi normali dell’Accademia navale che sarebbero imbarcati in occasione della Campagna addestrativa estiva per vivere il loro primo approccio con il mare.
Mi sono ritornate alla memoria, in modo molto chiaro, le immagini di quel film che era stata la Campagna di Istruzione del 1988 e il fatto di ricordare nitidamente il comandante dell’epoca, gli ufficiali di bordo, tanti membri dell’equipaggio che avevano condiviso con noi quell’ingresso nella grande «famiglia» della Marina ma anche, e soprattutto, i singoli episodi, gli eventi, gli avvenimenti, che in qualche modo erano stati una lezione appresa e un termine di paragone per il prosieguo della carriera, mi avevano dato conferma del fatto che l’esempio che avrei potuto, e dovuto, dare ai miei ufficiali, all’equipaggio e soprattutto a quelle future generazioni di ufficiali, sarebbe stato di fondamentale importanza nonché concreto elemento di supporto all’attività formativa dei giovani ufficiali di Marina.
In sostanza sono state queste le considerazioni di cui ho reso partecipe l’equipaggio nel corso della mia prima assemblea generale. Nave Vespucci è un simbolo dell’eccellenza del paese all’estero, vettore/strumento di diplomazia e pertanto era di fondamentale importanza che tutto l’equipaggio fosse all’altezza di quel compito, che tutti sentissero quella responsabilità di sentirsi «ambasciatori» dell’italianità nel mondo. Parimenti, lo stesso concetto valeva nel contesto nazionale e ancor più in quello Marina, per cui nave Vespucci rappresenta un’appendice delle attività formative svolte in Accademia.
Pertanto, le indicazioni fornite erano state quelle di improntare l’agire di ognuno di noi secondo tre caratteristiche: la passione, il buonsenso e la coerenza.
Con il termine passione intendevo trasmettere all’equipaggio il concetto di vivere ogni giorno a bordo con intensità, entusiasmo e partecipazione, con lo spirito di chi è appunto appassionato per il proprio lavoro e che sostiene questa passione nella continua ricerca del migliorarsi attraverso lo studio, la documentazione, l’approfondimento, la sperimentazione di nuove attività e soluzioni, la cura e l’attenzione nelle attività di competenza. Così come è indispensabile che si faccia sempre riferimento a una buona dose di buonsenso inteso come presenza di spirito e raziocinio che ci porti a considerare al meglio la situazione e ci consigli nell’adottare la soluzione più efficace e corretta nella risoluzione di una qualsiasi problematica o assolvimento di un determinato compito laddove i regolamenti o le norme non siano totalmente esaustive. L’ultimo requisito, quello della coerenza, sicuramente il più difficile da rispettare, lo ritengo determinante nell’affermare quell’azione di guida, esempio e riferimento che non solo il comandante ma qualsiasi ufficiale di bordo e membro dell’equipaggio deve esercitare nei confronti di colleghi, subalterni, allievi. Professare il «fate come dico ma non come faccio io» è sempre stato, in ogni organizzazione, non solo impopolare ma anche decisamente deleterio. In definitiva, come ogni comandante, avevo inteso impostare la mia azione di comando secondo il mio stile e le mie peculiarità caratteriali, sulla base delle esperienze professionali pregresse. Di certo, essere comandanti del Vespucci era qualcosa di più. Il solo pensiero di vedere inciso il proprio grado, nome, cognome e data di inizio di quella splendida avventura su una di quelle targhe di ottone che riportavano i nomi degli illustri predecessori, dava già da sé il senso di essere entrati nella storia, di quella nave, ma
anche della Marina Militare. Significava essere ricordati per il solo fatto di essere stati lì. Tuttavia, la sensazione era che ciò non poteva essere sufficiente, come non lo era mai stato per nessuno dei miei predecessori e come non avrebbe potuto esserlo per tutti coloro che mi avrebbero seguito. In ogni comandante nasce spontaneamente l’idea di legare il proprio nome a una qualche attività svolta in quel ruolo e ancor più sentita è questa prospettiva a bordo di nave Vespucci dove molto spesso, un evento, una circostanza, una particolarità aveva condizionato gli allievi nella scelta del nome del Corso.
Per quanto mi riguarda, l’occasione di fare qualcosa di particolare e di unico, nacque allorquando mi fu resa nota, dal comando in capo della Squadra navale, la pianificazione della campagna addestrativa 2018. Tra le varie soste in porto programmate fra Mediterraneo, Oceano Atlantico e Mar del Nord, spiccava la sosta nella capitale islandese di Reykjavík dove nave Vespucci non aveva mai ormeggiato prima di allora. Già da sé, si trattava di qualcosa di unico, oltre a fare sosta in un porto per la prima volta, la nave avrebbe contestualmente superato il precedente limite di latitudine nord oltre il quale avesse mai navigato. Poteva sembrare sufficiente, ma era lì a portata di mano la possibilità di fare qualcosa di più. La programmazione della campagna addestrativa prevedeva, dopo la sosta a Reykjavík, di raggiungere il porto di Amburgo facendo rotta sud-est verso il Mar del Nord costeggiando a est la Gran Bretagna prima di intraprendere la navigazione fluviale dell’Elba.
La pianificazione condotta dall’ufficiale di rotta mi prospettava, fra le due ipotesi di trasferimento, quella di intraprendere una navigazione un po’ più lunga, con la possibilità alla partenza dall’Islanda di dirigere verso ovest, costeggiare l’isola e, una volta assunta rotta nord, superare il limite dei 66°33'39" di latitudine nord del parallelo che segna il Circolo Polare Artico, e portare la nave più bella del Mondo a solcare onde fino ad allora impensabili. Così fu. Lasciato il porto di Reykjavík all’alba e in anticipo sui consueti orari di partenza, con la sua maestosa lentezza, il vascello si è diretto verso il suo obiettivo. Alle ore 00:27 locali dell’8 agosto 2018, nave Vespucci oltrepassa il Circolo Polare Artico e intraprende, per la prima volta nella sua storia, la navigazione nell’Oceano Artico/Mar Glaciale Artico. Grandi festeggiamenti a bordo, battesimo del «ghiaccio» e un comune diffuso entusiasmo per aver raggiunto un obiettivo di una assoluta unicità! Ma non basta, le ore del mattino portano con sé un favorevole vento (decisamente freddo) da ovest che sembra voler accompagnare la navigazione artica. È immediata la chiamata al posto di manovra alle vele. Con un entusiasmo e una eccitazione mai apprezzata prima, nocchieri e allievi si arrampicano velocemente sulle sartie e in men che non si dica, mettono la nave in vela. Leggere la soddisfazione sui loro volti osservando i loro occhi brillare nel vedere in alto le vele gonfie spingere silenziosamente la nave, è impagabile. Sono appena stati protagonisti di un evento unico che influenzerà le loro vite, che segnerà indelebilmente le loro memorie. Il 6 settembre 2018 in Oceano Atlantico a largo di Cabo Finisterre nasce a bordo di nave Vespucci il Corso Akraton. Il loro motto: «Temprati dal ghiaccio, del mare i padroni», riporta alle esperienze estreme vissute durante la Campagna d’Istruzione a bordo di nave Vespucci, che li ha portati a spingersi fino alle terre islandesi e oltre, raggiungendo il Circolo Polare Artico, limite mai oltrepassato prima dalla Signora dei Mari. Aver superato le avversità della natura nordica ha più che mai consolidato l’intimo sentimento di unità e fratellanza, forgiando un Corso coeso e agguerrito. Nave Vespucci rimarrà un’indimenticabile esperienza professionale e di vita che mi terrà per sempre, profondamente ed emotivamente, legato alla sua storia e al suo splendido equipaggio.
Roberto Recchia