19 minute read
La cooperazione marittima tra i paesi adriatici
Il 19 dicembre 2020, i ministri degli Esteri di Italia, Croazia e Slovenia si sono riuniti a Trieste per discutere le modalità per potenziare la cooperazione trilaterale nel mare Adriatico in vista della proclamazione di rispettive Zone Economiche Esclusive (ZEE) (1).
Successivamente, sono iniziate trattative tra l’Italia e la Croazia per la delimitazione delle rispettive ZEE: nel frattempo la Croazia ha approvato la legge per la sua istituzione (2), mentre la nostra iniziativa è divenuta legge lo scorso 9 giugno (3).
Advertisement
Roma e Zagabria (cui va associata Lubiana) sono molto interessate a dare un assetto stabile ai limiti delle loro zone marine di giurisdizione, non foss’altro perché hanno un notevole sviluppo costiero. Le loro relazioni marittime avevano, tra l’altro, subìto un rallentamento quando, nel 2003, la Croazia aveva creato la Zona di protezione ittica ed ecologica definendo unilateralmente un confine provvisorio non concordato con noi (4), coincidente con quello della piattaforma continentale italo-iugoslava del 1968.
L’Adriatico, un tempo culla della Repubblica di Venezia che lo considerava il «suo» Golfo, è oggi un mare su cui si affacciano anche Bosnia-Erzegovina (5), Montenegro e Albania. Varie questioni di confine tra questi paesi attendono di essere risolte (6). Quella che è rimasta incompiuta è la definizione di una generale e condivisa governance del bacino (e dell’adiacente Alto Ionio). L’Italia può giocare un ruolo di primo piano per la sua realizzazione.
Le ZEE come spazio di cooperazione
Sempre più spesso si parla di territorializzazione dell’alto mare alludendo alle pretese eccessive di quegli Stati che vedono nella ZEE uno spazio di sovranità piena. Il problema è sorto negli anni Ottanta
Maritime Boundary Provisional Equidistance Line Implied Maritime Limit Straight Baseline Claim Internal Waters (IW) Territorial Sea (TS) Exclusive Economic Zone (EEZ) Hight Seas
Figura 1. Il confine della piattaforma continentale italo-iugoslava del 1968 come validato da Italia e Croazia nel 2005 (Sovereign Limits). Nella pagina accanto: Figura 2. Ipotetiche linee di equidistanza della piattaforma continentale italo-jugoslava (IBRU).
del secolo scorso quando, dopo l’approvazione della Convenzione del diritto del mare del 1982 (UNCLOS), è apparsa con evidenza la contrapposizione tra Stati (ma sarebbe più appropriato dire Potenze marittime) interessati alla libertà di navigazione delle loro Forze navali e Stati costieri (7). Questi ultimi erano, infatti, orientati a estendere ultra vires, al di là del dettato dell’UNCLOS, la loro giurisdizione extraterritoriale nello spazio della ZEE. Da questo punto di vista, può dirsi come alcuni paesi abbiano visto nella stessa zona una possibilità di acquisire nuovi territori, quasi si trattasse di spazi da conquistare. Potremmo far riferimento a quel che accade nel Mar di Levante; a occidente la proclamazione algerina della ZEE a nostro danno si presenta anche come un caso di scuola (8). Il fatto innegabile è, invece, che la ZEE è solo un’area di esercizio di diritti sovrani: questi sono relativi, tra l’altro, a sfruttamento di risorse ittiche, energie rinnovabili prodotte da vento, maree e correnti, come anche a protezione dell’ambiente marino (9).
Sinora la competizione aveva riguardato le energie fossili e le risorse minerarie della piattaforma continentale (idrocarburi, noduli polimetallici, «terre rare», ecc.). Negli ultimi anni, sempre più spesso in Mediterraneo si è però affermata la prassi di far coincidere il limite del fondale con quello della soprastante colonna d’acqua (10). In sostanza, si dice ZEE ma ci si riferisce implicitamente anche alla piattaforma continentale. Il fatto è che per la piattaforma sono prevalenti gli aspetti per così dire patrimoniali, in quanto essa appartiene per diritto originario allo Stato costiero e ne rappresenta un prolungamento del territorio emerso. Qualcuno ritiene quindi che la piattaforma è intangibile essendo un bene della nazione, con la conseguenza che le pretese contrarie sarebbero configurabili come una minaccia all’integrità territoriale (11) del paese di riferimento. Se si pensa alle royalties che lo Stato percepisce dalle concessioni offshore o ai benefici che alla sua economia vengono da petrolio e gas estratti, si ha una chiara idea di quella che è la valenza finanziaria delle risorse del fondale. Il futuro, tuttavia, va verso la dematerializzazione delle fonti energetiche: da quelle fossili si passerà infatti alle rinnovabili: per esempio, sole, vento e anche, quando la tecnologia lo permetterà, correnti e maree. Tutto questo ha già trovato collocazione nel concetto di transizione energetica verde, il cui avvio è già avvenuto nei paesi del Nord Europa. L’Italia, per parte sua, si sta rapidamente riposizionando, ma con un suo profilo esclusivo: moratoria delle concessioni offshore di idrocarburi (12), uso del gas liquefatto (LGN) importato dall’estero in appositi hub, installazioni di impianti eolici in mare (si veda cartina in Figura 3 nella pagina successiva).
Intanto, la Direzione generale per le risorse minerarie ed energetiche dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse (UNMIG) del ministero dello Sviluppo economico, cui competeva sinora la concessione dei permessi estrattivi in zone di piattaforma continentale aperte alla ricerca, è passata — assieme ad altre unità organizzative del ministero dell’Ambiente — alle dipendenze del neocostituito ministero della Transizione ecologica (13).
Il problema è che la visione italiana in Mediterraneo non è ancora condivisa dagli altri paesi; né l’UE — che sinora incoraggiava gli Stati membri a estrarre più energia fossile nell’ambito della strategia di «Energy Security» (14) — sembra abbia elaborato una chiara politica dedicata alla transizione energetica in mare.
Per noi, la sfida sarà quindi di realizzare soluzioni congiunte con i paesi frontisti per lo sfruttamento delle rinnovabili, nel momento in cui concorderemo i confini delle ZEE. A oggi, questo non è stato possibile per l’estrazione degli idrocarburi; anzi, ci sono stati casi in cui Montenegro (15) e Grecia (16) hanno debordato sul versante italiano nel condurre attività offshore. Per non dire della Croazia cui viene addebitato, com’è noto, di captare anche il gas da giacimenti a cavallo, che noi non sfruttiamo adeguatamente. Domani, ragionando sulla colonna d’acqua, potremmo convincere i nostri vicini a con-
Categories of area protection in the Adriatic sea
EU Natura sites (2014)
Nationaly designated areas (2014) Emerald network sites (AL) Emerald network sites (MN) Tegnue sites (IT) Artificial_reefs (IT) Jabuka pit fishery protection zone Biological protection zone - ZTB (IT) Adriatic EBSAs (CBD) Miramare SPAMI (IT) Torre Guaceto SPAMI (IT) Potential SPAMI site
Figura 3. Tipologia di impianti a energia eolica offshore (La Stampa). In alto: Figura 4. Ipotetiche linee di
equidistanza Italia-ex Juogoslavia (Maritime Briefings, Durham University, IBRU 1996).
dividere soluzioni innovative come le wind farms offshore, qualora si scelga di localizzarle in aree di sfruttamento congiunto ricadenti sui due versanti della ZEE.
La situazione della cooperazione adriatica
La cooperazione tra gli Stati rivieraschi dell’Adriatico dovrebbe essere molto spinta in tutti i settori del dominio marittimo come, pesca, infrastrutture ed energia, ambiente, turismo, nello
spirito dell’art. 123 dell’UNCLOS che per i «mari semi chiusi» la prevede come un obbligo. Di questo si occupa l’Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI) lanciata dalla Dichiarazione di Ancona del 2000 sulla sicurezza e lo sviluppo dei paesi della regione ionico-adriatica (17), nel cui ambito l’Italia ha concluso nel 2000 ben 13 intese di collaborazione in materia di safety marittima (si veda Riquadro accanto) con tutti gli Stati della sponda balcanica, Grecia compresa (18). Prima ancora, il nostro paese aveva stipulato l’Accordo di Belgrado del 1974 per la salvaguardia dagli inquinamenti delle acque dell’Adriatico e analoga iniziativa aveva assunto nel 1979, con l’Accordo di Roma dedicato alla protezione dello Ionio. Nel 1996 da parte croata fu ipotizzato anche di dichiarare un’area dell’Adriatico: «area particolarmente sensibile» ai sensi della Convenzione MARPOL, ma la proposta (19) non ebbe seguito, forse per non limitare ulteriormente la libertà di navigazione del bacino. Un framework per riavviare la cooperazione nel settore della protezione ambientale è attualmente la European Union Maritime Strategy for the Adriatic and Ionian Seas (20)cheè incentrata sulla Blue Economy.
Sul piano bilaterale Italia e Croazia hanno inoltre dimostrato la loro capacità di attuare, congiuntamente, una gestione sostenibile delle risorse ittiche: essi hanno stabilito una nursery incentrata su misure di contenimento dello sforzo di pesca in un’area ricadente a cavallo dei due versanti delle acque di giurisdizione (21). Una zona congiunta di pesca era stabilita in passato nel Golfo di Trieste. In futuro se ne potrebbe dare attuazione alla zona promiscua di pesca prevista nelle acque territoriali di Pelagosa, dal Trattato di Pace del 1947 (22).
Il quadro del vigente spazio della cooperazione adriatica va completato con ADRION, iniziativa discendente dalla succitata Dichiarazione di Ancona del 2000 (23), relativa alla cooperazione tra le Marine di Albania, Croazia, Grecia, Italia, Montenegro e Slovenia: nel suo ambito è stata prevista l’attivazione di una On Call Maritime Force (OCMF) dedicata ad attività addestrative e/o reali
Gli Accordi di Ancona del 2000
Nel corso della Conferenza per la sicurezza e lo sviluppo dell’Adriatico (Ancona, 19-20 maggio 2000), l’Italia ha firmato vari accordi riguardanti la sicurezza marittima, tra i quali, con: 1) la Slovenia, la Croazia, l’Albania e la Grecia per la cooperazione nelle operazioni di ricerca e salvataggio in mare mediante la definizione dei limiti delle rispettive zone SAR; 2) la Slovenia, la Croazia, l’Albania, la Grecia, per l’adozione di un comune sistema di VTS (Vessel Traffic Service); 3) la Croazia e l’Albania per l’adozione di un sistema comune di rotte e di schemi di separazione del traffico; 4) la Slovenia e Croazia concernente un sistema di rapportazione obbligatoria (Ship Reporting Mandatory SystemADRIREP) per navi petroliere e navi trasportanti carichi pericolosi e inquinanti. 5) la Slovenia e la Croazia per un sistema comune di rotte e uno schema di separazione del traffico nell’Adriatico centrosettentrionale e nel Golfo di Trieste.
nei settori della presenza e sorveglianza, assistenza umanitaria, Disaster Relief, ricerca e soccorso. Di rilievo è anche la cooperazione stabilita tra i paesi aderenti per garantire la maritime security mediante scambio di informazioni concernente il traffico marittimo e l’inquinamento marino.
Il ruolo guida dell’Italia
Dopo anni di stasi delle relazioni marittime tra i paesi dell’Adriatico ora sembra arrivato il momento della ripartenza. Il vento delle ZEE che spira dal versante italiano e dallo Ionio (dove Italia e Grecia, con accordo del 9 giugno 2020, hanno confermato il preesistente confine della piattaforma continentale ai fini della ZEE) (24) ha ridato slancio al processo di definizione dei confini marittimi. Sullo sfondo resta ancora aperta la disputa tra Croazia e Slovenia per la delimitazione della Baia di Pirano e per l’accesso della Slovenia alle acque internazionali mediante un corridoio di transito.
La sentenza del 2017 della Corte arbitrale (25) non è stata ancora accettata dalla Croazia, anche se si colgono segnali di cambiamento nel fatto che Zagabria si coordinerà con Lubiana nel corso delle trattative per la ZEE. Quanto a Montenegro e Alba-
nia, è necessario avviare quanto prima il dialogo. Podgorica non si è detta vincolata — come Stato successore della ex Iugoslavia — al trattato del 1968, sicché sarà per noi necessario negoziare ex novo un accordo per colonna d’acqua e fondale. Le nostre relazioni con Tirana sono eccellenti: basterebbe un tavolo negoziale aperto a tutte le questioni marittime per trovare anche un’intesa sulla ZEE. D’altronde, l’Albania ha mostrato di essere ben conFigura 5. La zona di ripopolamento ittico della Fossa di Pomo-Jabuka con le adiacenti AMP (AMP Torre del Cerano). sapevole di quale sia il quadro giuridico applicabile nel momento in cui ha ottenuto dalla Grecia di deferire alla Corte internazionale di giustizia il problema della delimitazione laterale di ZEE e acque territoriali nelle acque prospicienti Corfù (26). L’Italia è interessata più di tutti alla governance del bacino adriatico, in primis per la tutela ambientale e la gestione della pesca sostenibile, ma anche per lo sfruttamento delle fonti energetiche rinnovabili, senza tuttavia abbandonare del tutto le fossili. Periodicamente si ventila anche l’ipotesi di utilizzare siti estrattivi non più utilizzati per adibirli, al largo di Ravenna, a stoccaggio di anidride carbonica (27). Un ulteriore tema di impegno in Adriatico, per l’Italia, è la libertà di navigazione. Il nostro paese è inoltre sempre stato l’alfiere della libertà di navigazione da quando ha assunto, sin dalla firma dell’UNCLOS, una netta posizione contro le restrizioni alla mobilità delle Forze navali nelle ZEE e nelle acque territoriali (28). Alcuni Stati adriatici hanno purtroppo mantenuto in materia, come retaggio della Guerra Fredda, una policy limitativa (29). Valgano per tutti le ricorrenti contestazioni rivolte a nostre unità, militari, mercantili o da diporto, per presunte violazioni ai principi del transito inoffensivo. È documentato, per esempio, un episodio in cui fu coin-
volto nel Golfo di Trieste il nostro Cavour (30). Se così è, è opportuno che in futuro si assuma in materia una posizione comune tra tutti i paesi rivieraschi, provvedendo anche a inserire norme di salvaguardia nei prossimi accordi di delimitazione della ZEE. Non a caso il citato accordo con la Grecia sulla ZEE del 9 giugno 2020 (31) contiene, al riguardo, una clausola dedicata a confermare l’applicabilità dell’art. 58 dell’UNCLOS (32) nella ZEE italo-ellenica.
Conclusioni
L’Adriatico è al momento un bacino in cui vi sono ancora ampie zone di alto mare sia dal versante ita-
liano sia da quello orientale antistante Montenegro e Albania. Presto la situazione dovrebbe però cambiare a seguito di una proclamazione generalizzata di ZEE. Possiamo dire che questo trend evidenzia ricadute positive per lo sviluppo di quella Blue Economy che l’EU inquadra nell’ambito della propria politica marittima integrata (33). La certezza dei confini delle zone di giurisdizione dei paesi costieri sarà anche un ulteriore fattore che faciliterà l’ordinato svolgimento di tutte le attività marittime, evitando che vi siano aree franche di insicurezza. Con l’introduzione nella legislazione italiana dell’istituto della ZEE si porranno ora le condizioni per un nuovo assetto di un bacino troppo a lungo lasciato privo di un’architettura condivisa di goTHE IMO TRAFFIC SEPARATION SCHEME IN THE NORTH ADRIATIC AND FOR APPROACHES TO THE GULF OF TRIESTE AND TO/FROM KOPER vernance. La ZEE si sovrappone alla piattaforma continentale e quindi ha una Legend: Traffic lane for incoming ships (including to the port Koper) Traffic lane for outcoming ships (including from the port Koper) portata concettualmente più vasta: non Traffic separation zones solo idrocarburi fossili ma anche protezione ambientale, gestione sostenibile delle risorse ittiche e lotta alla pesca illegale praticata da paesi non mediterranei, energia verde dal vento prodotta in wind farms galleggianti. Tutti obiettivi che fanno parte dell’agenda mediterranea ed Figura 6. Schemi di separazione del traffico Nord Adriatico e Golfo di Trieste (PCA). europea e che dovrebbero perciò essere condivisi dai nostri vicini. In Adriatico ci sono tutte le premesse per una cooperazione ispirata ai principi guida dell’UNCLOS. In primis, quello secondo cui istituire ZEE non vuol dire appropriarsi di spazi di alto mare per territorializzarli, in quanto in esse — ferma restando la libertà di navigazione — la giurisdizione nazionale è dedicata alla Blue Economy e alla connessa tutela ambientale, pesca sostenibilee sfruttamento energie rinnovabili. Tutti obiettivi da tempo già considerati prioritari dall’Italia, anche grazie al ruolo di garanzia affidato alla Marina Militare dal Codice dell’Ordinamento Militare per la polizia dell’alto mare (34) e per la presenza e sorveglianza nella ZEE nazionale (35). 8
NOTE
(1) In https://www.esteri.it/mae/it/sala_stampa/archivionotizie/comunicati. (2) Zagreb, 05 February 2021 - Parliament unanimously declares Exclusive Economic Zone in the Adriatic, http://www.mvep.hr/en/info-servis/pressreleases/,36364.html. (3) È stato approvato, nella sua formulazione originaria, l’Atto Senato n. 2007; testo in http://www.senato.it/leg/18/BGT/Schede/Ddliter/53462.htm. (4) La decisione di istituire una siffatta zona di protezione (indicata in croato come ZERP, acronimo di Zaštićeni ekološko ribolovni pojas) è stata motivata con il fatto che il mar Adriatico è un mare chiuso o semi chiuso e che per le sue ristrette dimensioni le conseguenze di un eventuale inquinamento sarebbero molto più gravi che in altri mari. Rilevante anche la finalità di lotta alla pesca illegale indicata come prioritaria dalla Conferenza FAO di Venezia del 2003. Quella croata è quindi una ZEE minus generis in cui si esercitano parzialmentei diritti sovrani teoricamente spettanti secondo l’UNCLOS. Il confine della ZERPe� stato fissato a titolo provvisorio — in attesa di un accordo con l’Italia — sino al limite della piattaforma continentale stabilito dall’Accordo italo-iugoslavo del 1968. La decisione è stata da noi contestata, con Nota verbale del 15 marzo 2006, assumendo che la coincidenza tra i confini di fondale e colonna d’acqua non è automatica ma va negoziata con lo Stato frontista. (5) La Bosnia-Erzegovina, essendo provvista di una fascia costiera (sia pur della limitata estensione di circa 10 km) è a tutti gli effetti uno Stato costiero del mare Adriatico. Gli Accordi di pace di Dayton del 21 novembre 1995 hanno, infatti, previsto l’assegnazione di una zona di mare, in prossimità della citta bosniaca di Neum. Il regime delle acque di tale zona è quello delle acque territoriali: esse sono tuttavia inglobate interamente dentro le acque interne della Croazia nel Canale di Mali Stan sì da costituire una vera e propria enclave. Con Accordo del 30 luglio 1999, Croazia e Bosnia hanno stabilito che il relativo confine marittimo sia costituito dalla mediana tra la Penisola bosniaca di Klek e la Penisola croata di Peljesac. (6) Vedi T. Scovazzi, Recent Developments As Regards Maritime Delimitation In The Adriatic Sea, Maritime Delimitation (ed. by R. Lagoni), 197, Brill 2006. Un quadro di situazione generale, in parte ancora valido, è anche in M. Sersic, The Adriatic Sea: Semi-enclosed Sea in a Semi-enclosed Sea, La Mediterranee et le droit de la mer a l’aube du XXIe siecle (ed. G. Cataldi) Bruylant, Bruxelles 2002. Per la decisione arbitrale che ha definito l’assetto del Golfo di Pirano si rinvia alla successiva nota (25). (7) Cfr. F. Caffio, Il G7 e la libertà di navigazione, Rivista Marittima, 5, 2017, 8. (8) Vedi F. Caffio, Non lasciamo ad altri la delimitazione del Canale di Sicilia, in Limes, L’Italia è il mare, 10, 2020, 209. (9) Il testo dell’art. 56 dell’UNCLOS è il seguente: «1. Nella zona economica esclusiva lo Stato costiero gode di: a) diritti sovrani sia ai fini dell’esplorazione, dello sfruttamento, della conservazione e della gestione delle risorse naturali, biologiche o non biologiche, che si trovano nelle acque soprastanti il fondo del mare, sul fondo del mare e nel relativo sottosuolo, sia ai fini di altre attività connesse con l’esplorazione e lo sfruttamento economico della zona, quali la produzione di energia derivata dall’acqua, dalle correnti e dai venti; b) giurisdizione conformemente alle pertinenti disposizioni della presente Convenzione, in materia di: i) installazione e utilizzazione di isole artificiali, impianti e strutture; ii) ricerca scientifica marina; iii) protezione e preservazione dell’ambiente marino; (…)». (10) Un’approfondita trattazione è in I. Papanicolopulu, Il confine marino: unità o pluralità?, Milano, Giuffrè, 2005. (11) Cfr., con riguardo al caso di Malta, U. Leanza, Il nuovo diritto del mare e la sua applicazione nel Mediterraneo, Torino 1993, 321, nota (206). (12) Con il provvedimento «Milleproroghe 2021» (legge 21-2021) è stato stabilito che la moratoria sulle concessioni per le ricerche di idrocarburi continui fino al prossimo 30 settembre. (13) La riorganizzazione ministeriale è stata attuata con il decreto-legge 1° marzo 2021, n. 22. (14) Sulla European Energy Security Stretegy del 2014 v. https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN. (15) https://energiaoltre.it/il-paradosso-delle-trivelle-italiane. (16) https://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/news/home/1172406/il-no-triv-e-la-beffa-del-giacimento-di-leuca-sara-sfruttato-solo-dalla-grecia.html. (17) L’Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI) è un forum intergovernativo per la cooperazione regionale nella regione adriatico-ionica. La IAI nasce il 19-20 maggio 2000 con la firma da parte dei ministri degli Esteri di 6 paesi rivieraschi (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Grecia, Italia, Slovenia) della Dichiarazione di Ancona sulla cooperazione regionale quale strumento di promozione della stabilità economica e politica e del processo di integrazione europea». Iniziativa Adriatico-Ionica (IAI), esteri (https://www.esteri.it/mae/it). Informazioni aggiornate sulla IAI possono trarsi dal sito del Segretariato permanente (https://www.aii-ps.org/). (18) Su questi accordi si veda M. Gestri, I rapporti di vicinato marittimo tra l’Italia e gli Stati nati dalla dissoluzione della Iugoslavia, in N. Ronzitti (ed.), I rapporti di vicinato dell’Italia con Croazia, Serbia-Montenegro e Slovenia, Roma 2005, Luiss University Press-Giuffrè, 209. (19) Cfr. P. Komadina-D. Zec, The Adriatic Sea: a particularly sensitive area, Trasporti Europei, 1996, 42. (20) The strategy rests on 4 pillars: a stronger blue economy, a healthier marine environment, a safer maritime space, and responsible fishing activities. It builds on the Commission’s Blue Growth initiative and on the “Limassol Declaration on a marine and maritime agenda for growth and jobs”. (https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/IP_12_1306). (21) Le misure di protezione sono state recepite in Italia con il D.M. 1o giugno 2017, n. 467. (22) Questo Trattato, nel prevedere all’art. 11 la cessione all’ex Iugoslavia della piena sovranità sull’isola di Pelagosa e sulle isolette adiacenti, stabilisce che «l’Isola di Pelagosa rimarrà smilitarizzata» e che «i pescatori italiani godranno nelle acque adiacenti degli stessi diritti di cui godevano i pescatori iugoslavi prima del 1941». (23) https://www.marina.difesa.it/cosa-facciamo/cooperazione-internazionale/Pagine/adrion.aspx. (24) Greece and Italy Agree Maritime Boundary, 18 June 2020, Durham University, IBRU. (25) Accessibile in https://pca-cpa.org/en/cases/3. (26) Vedi, tra i tanti, Greece, Albania agree to go to Hague over maritime zones, says FM, Ekathimerini, 20.1020. (27) Vedi Cattura, stoccaggio e riutilizzo della CO�, ENI, https://www.eni.com/it-IT/attivita/gestione-anidride-carbonica.html. (28) Nel firmare l’UNCLOS nel 1984 e nel ratificarla nel 1994, l’Italia ha dichiarato che «Lo Stato costiero non gode, secondo la Convenzione, di diritti residuali nella zona economica esclusiva. In particolare, i diritti e la giurisdizione dello Stato costiero in tale zona non includono il diritto di ottenere la notifica di esercitazioni o manovre militari o di autorizzarle». Il nostro paese ha anche depositato una dichiarazione di analogo contenuto relativa alle pretese di subordinare a preventiva notifica/autorizzazione il transito inoffensivo di qualsiasi categoria di navi, comprese quelle da guerra. (29) Sulla posizione italiana in materia di ZEE in relazione ai compiti NATO, cfr. B. Vukas, The extension of jurisdiction of the coastal State in the Adriatic Sea in N. Ronzitti (ed.), I rapporti di vicinato dell’Italia con Croazia, Serbia-Montenegro e Slovenia, cit., 251. (30) Sulla vicenda del presunto sconfinamento della Cavour in acque territoriali slovene avvenuto il 22 gennaio 2015 in fase di navigazione nel Golfo di Trieste sulla rotta di accesso del versante sloveno vedi La Cavour in acque Slovene: vale la libertà di navigazione?, Il Piccolo, 30/1/2015 in https://ricerca.gelocal.it/ilpiccolo/archivio/ilpiccolo/2015/01/30/NZ_33_02.html. (31) La legge di ratifica dell’Accordo è stata approvata dal Parlamento italiano il 28 maggio 2021. (32) Il I comma di questo articolo così recita: «Nella zona economica esclusiva tutti gli Stati, sia costieri sia privi di litorale, godono, conformemente alle specifiche disposizioni della presente Convenzione, delle liberta� di navigazione e di sorvolo, di posa in opera di condotte e cavi sottomarini, indicate all’articolo 87, e di altri usi del mare, leciti in ambito internazionale, collegati con tali libertà, come quelli associati alle operazioni di navi, aeromobili, condotte e cavi sottomarini, e compatibili con le altre disposizioni della presente convenzione». (33) https://ec.europa.eu/maritimeaffairs/policy/blue_growth_it. (34) Vedi in materia, F. Caffio, La sicurezza dell’alto mare: ruolo primario della nostra Marina, Rivista Marittima, 5, 2019, 12. (35) L’articolo 115,1 del Codice dell’Ordinamento Militare (D.LGS 66/2010) affida alla Marina Militare il «servizio di vigilanza sulle attività marittime ed economiche, compresa quella di pesca, sottoposte alla giurisdizione nazionale nelle aree situate al di là del limite esterno del mare territoriale». Va da sè che questo servizio — il quale ha valenza autonoma rispetto alla c.d. Polizia dell’Alto Mare disciplinata dall’art. 111 dello stesso codice — si integra e coordina con le funzioni svolte in mare, per istituto, da Capitanerie di porto, Guardia costiera e Guardia di Finanza. Al riguardo cfr. V. Montanaro, A. Bielli, D. Panebianco, La Marina Militare per una strategia nazionale, Limes«L’Italia è il mare», n. 10/2020, 287.