MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
SPED. IN ABB. POSTALE - D.L. 353/03 (CONV. IN L. ART. 1 COMMA 1 N° 46 DEL 27/02/04) - PERIODICO MENSILE 6,00 €
* RIVISTA MARITTIMA *
SETTEMBRE 2019 - Anno CLII
RIVISTA
Geopolitica e geostrategia Pier Paolo Ramoino
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Cenni di storia della geopolitica Danilo Ceccarelli Morolli
SETTEMBRE 2019
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Sommario PRIMO PIANO
6 Geopolitica e geostrategia Pier Paolo Ramoino
12 Cenni di storia della geopolitica Danilo Ceccarelli Morolli
PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE
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Il mare e il suo Tribunale
Paola Giorgia Ascani
SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
52 Luna: 50o Anniversario dello sbarco Stéphan Jules Buchet
18 Le trappole della geopolitica Enrico Cernuschi
STORIA E CULTURA MILITARE
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68 Il Canale di Suez (1869-2019)
Antonello Gamaleri
76 Potere navale, strategia, ideologia e geografia (1861-1943)
L’industria navale italiana nella competizione globale
38 L’intelligence economica, natura e fondamenti Antonello Rocco D’Avenia
Fabio Caffio
Fabio De Ninno
86 L’identità marittima della grande Russia da Pietro il Grande a Putin Giulia Ragno
RUBRICHE
98 101 108 121 125 Rivista Marittima Settembre 2019
Focus diplomatico Osservatorio internazionale Marine militari Che cosa scrivono gli altri Recensioni e segnalazioni
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RIVISTA
MARITTIMA MENSILE DELLA MARINA MILITARE DAL 1868
EDITORE
UFFICIO PUBBLICA INFORMAZIONE E COMUNICAZIONE DIREZIONE E REDAZIONE Via Taormina, 4 - 00135 Roma Tel. +39 06 36807248-54 Fax +39 06 36807249 rivistamarittima@marina.difesa.it www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Pagine/Rivista_Home.aspx
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IN COPERTINA: la FREMM (Fregata Europea Multi Missione) MARGOTTINI, espressione tecnologica del Potere Marittimo Nazionale.
SEGRETERIA DI REDAZIONE Riccardo Gonizzi Gaetano Lanzo
Settembre 2019 - N. 8 anno CLII
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HANNO COLLABORATO: Contrammiraglio (ris) Pier Paolo Ramoino Professor Danilo Ceccarelli Morolli Dottor Enrico Cernuschi Dottor Antonello Gamaleri Tenente di vascello Antonello Rocco D’Avenia Dottoressa Paola Giorgia Ascani Contrammiraglio (ris) Stéphan Jules Buchet Ammiraglio Ispettore (ris) Fabio Caffio Professor Fabio De Ninno Professoressa Giulia Ragno Ambasciatrice Laura Mirachian, Circolo di Studi Diplomatici Dottor Enrico Magnani Contrammiraglio (ris) Michele Cosentino Contrammiraglio (ris) Ezio Ferrante Ammiraglio Ispettore Capo (ca) Renato Ferraro Contrammiraglio (ca) Giuliano Manzari Capitano di fregata Gianlorenzo Capano
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E ditoriale
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eopolitica; geostrategia; potere marittimo. Vocaboli e concetti, talvolta dall’apparenza ingombrante e apparentemente poco maneggevoli, che meritano adeguato approfondimento. La Rivista Marittima fin dalla sua nascita ha avuto il compito primario di promuovere, partecipare, elevare e diffondere la cultura e il pensiero marittimo e navale all’interno e all’esterno della Marina italiana e di sensibilizzare tutta la collettività in merito alla decisiva importanza che il mare riveste in capo alla sicurezza, alla crescita e alla prosperità del Paese e dei suoi cittadini. Questo libero dibattito in materia di scienze navali, siano esse di natura tecnica o morale, non può non toccare il tema del potere marittimo, a sua volta mezzo e scopo della geopolitica e della geostrategia. Un corretto apprezzamento del potere marittimo, infatti, non può prescindere dall’analisi e dalla genesi di queste discipline, ed ecco che la triade di apertura torna, puntualmente, completa e perfetta come i tre lati di un triangolo. Evidentemente si tratta di materie di studio e di approfondimento vaste e complesse, ma — non di meno — della massima attualità. Gli autorevoli Autori che hanno redatto gli articoli del presente numero espongono, con la consueta libertà di manovra e ampia latitudine intellettuale, il loro pensiero. La geopolitica è stata oggetto di ampie oscillazioni semantiche e interpretative nel corso di questi ultimi anni. La rinascita stessa e la recente diffusione a livello generale di questo termine sono, infatti, opera di un illustre geografo francese, Yves Lacoste. La geopolitica è così declinata, oggi, mediante la politica degli Stati nell’ambito delle relazioni internazionali e si appoggia, nel corso della propria elaborazione, su discipline diverse quali la geografia, l’economia, la scienza e la gestione dell’informazione, tenendo sempre in primaria e inevitabile considerazione l’identità, i valori e le tradizioni del proprio Popolo e della Nazione. Una corretta geopolitica, secondo un noto e autorevole studioso, il generale Carlo Jean: «dovrebbe in primo luogo proporsi di individuare le rappresentazioni geografiche che esprimono le percezioni profonde circa gli interessi nazionali e il senso dello spazio proprio di ciascun popolo e che affondano le loro radici nella sua storia e nella sua cultura e valori». È opportuno ricordare, a questo punto, che il termine geopolitica nasce a opera di uno studioso di scienze politiche, lo svedese Johan SEGUE A PAGINA 4 Rivista Marittima Settembre 2019
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Rudolf Kjellen (1864-1922). E proprio The State as a Living Form, opera pubblicata nel 1916, è generalmente considerata la maggiore fatica di Kjellen. Quel saggio contiene, in effetti, i cinque principi chiave che condizioneranno puntualmente la geopolitica tedesca del XX secolo e, con essa, inevitabilmente, quella europea e mondiale. E non è un caso che proprio in Germania, dopo la sconfitta incassata al termine della Prima guerra mondiale, l’opera di quello studioso svedese fornì a livello diffuso un’opportunità di futuro riscatto e rinascita nazionale. Le teorie di Kjellen furono il punto di partenza per il geografo e militare tedesco Karl Haushofer (1869-1946), che è considerato come il vero e proprio fondatore della «scienza» geopolitica. Tuttavia parte delle sue concezioni, come per esempio quella di «spazio vitale» (Lebensraum), furono largamente strumentalizzate dai nazisti per ammantare anche di scientificità le proprie mire espansionistiche che sfoceranno poi nella Seconda guerra mondiale. Il presunto legame tra «geopolitica» e Germania hitleriana pesò successivamente in modo molto negativo per la nostra disciplina nel dopoguerra. Tuttavia la Germania non fu il solo Paese a interessarsi di geopolitica. Oltre Manica il geografo e diplomatico Halford J. Mackinder (1861-1947), consegnò nel 1904, presso la Royal Geographical Society, una pubblicazione dal titolo: The Geographical Pivot of History. In essa l’autore identificava in un centro geografico, da lui definito Heartland, il perno — pivot — dei fenomeni geopolitici più diversi. La più nota (e abusata) citazione tratta da quel saggio recita, infatti: «Chi controlla l’Est Europa comanda l’Heartland: chi controlla l’Heartland comanda l’Isola-Mondo: chi controlla l’Isola-Mondo comanda il mondo». Queste teorie furono riprese durante la Guerra Fredda, ma oggi sono state da tempo riviste, spesso con esiti radicalmente diversi, in occasione di vicende come quella della corrente «One Belt One Road Initiative» cinese. Oltre oceano, nel corso dell’ultima decade del XIX secolo, il contrammiraglio dell’US Navy, Alfred Thayer Mahan (1840-1914), sebbene non fosse un geografo o un geopolitico nel senso accademico del termine, ma un ufficiale di Marina, pubblicò The Influence of Sea Power Upon History, un’opera di grande successo e oggetto di massima considerazione sia in patria sia all’estero. Gli Stati Uniti si avviarono, da allora, con passo sicuro sulla via del primato navale, politico ed economico mondiale. Per concludere, così come la geostrategia è la figlia naturale della geopolitica, per gli aspetti militari e inerenti la sicurezza, la strategia marittima è figlia del potere marittimo proponendosi lo studio dei metodi d’impiego degli elementi del potere marittimo quali: la flotta, le basi, la Marina mercantile, l’industria cantieristica, il commercio, la cultura marittima e navale. Una corretta strategia marittima e navale abbraccia così, inevitabilmente, diverse discipline e comprende, oltre agli aspetti strettamente operativi legati all’impiego delle navi da guerra, tutti gli aspetti e le varie discipline legate all’economia, alla diplomazia e, più in generale, alla cultura. Oggi, in un periodo di rivisitazione dell’idea europea, forse gestita per vent’anni in maniera decisamente continentale e angusta, è lecito che gli insegnamenti del passato siano portati a maturazione e considerati per quello che è il loro giusto peso. La nostra intenzione è quella di collocare il potere marittimo nel corretto quadro geostrategico e geopolitico (ed è bene aggiungere, a questo punto, geoeconomico, ovvero con ricadute immediate sui risparmi e sul futuro di ciascuno di noi) dello Stato e della comunità internazionale. Le pagine che seguono hanno lo scopo di assicurare al lettore un panorama aggiornato dell’arte unito alla speranza di valorizzare sempre più lo studio della storia e della geografia, discipline indispensabili per arrivare a una formazione e a una visione davvero «geo» senza dimenticare mai che il 70% del nostro pianeta è ricoperto dal mare e che il 90% del valore dei beni e dei servizi scambiati che sono alla base non della ricchezza, ma della vita tout court dell’umanità, viaggia e viaggerà sempre per mare. DANIELE SAPIENZA Direttore della Rivista Marittima
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PRIMO PIANO
GEOPOLITICA
E GEOSTRATEGIA Pier Paolo Ramoino (*)
(*) Contrammiraglio in riserva, è Vice Presidente del Centro Universitario di Studi Strategici e Internazionali dell’Università di Firenze, Docente di Studi Strategici presso l’Accademia Navale di Livorno e cultore della materia presso la Cattedra di Storia delle Relazioni Internazionali dell’Università Cattolica del S. Cuore a Milano. Dal dicembre 1996 all’agosto 1999 ha comandato, con il grado di contrammiraglio, l’Istituto di Guerra Marittima.
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Carta geografica del globo del XVII secolo. In basso, il professor Federico Ratzel (Fonte: it.wikipedia.org).
Due argomenti spesso sovrapposti Che la geografia influenzi la politica degli Stati è un concetto abbastanza intuitivo che si è affermato nell’ultimo secolo tra gli studiosi di strategia. Alcuni studiosi, spesso più citati che veramente conosciuti, ne hanno fatto cardine delle loro teorie e in alcuni casi hanno fortemente influenzato in senso ideologico il pensiero politico dei propri governi cercando di giustificare i comportamenti storici e prevederne i futuri. Il termine geopolitica (1) è nato nel secolo Ventesimo proprio per individuare, nello svolgere del tempo, le relazioni dell’uomo con il territorio, avendo come obiettivo la volontà di spiegare come gli elementi geografici
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possano influire sulle possibili azioni-reazioni tra i protagonisti strategici. Pur non volendo citare i molti protagonisti di queste discussioni non possiamo trascurare i maggiori caposcuola iniziando con Federico Ratzel (1844-1904) che immagina lo «Stato» come un organismo vivente, a cui si applicano le leggi fisiche della nascita, crescita, sviluppo e declino, indicando in modo dinamico nello «spazio» e nella «posizione» gli elementi fondamentali della sua evoluzione. Il più noto dei suoi allievi può essere considerato Karl Haushofer (1869-1946) caposcuola della cosiddetta scuola di Monaco, che indica nella volontà di conquista di uno spazio vitale la logica politico-strategica dei grandi popoli. Sempre lo spazio è l’elemento centrale della scuola anglosassone, che con Sir Halford Mackinder (18611947) indica, quale obiettivo delle potenze mondiali, il dominio del mondo nella sua globalità, indicando alcune particolari aree quali zone privilegiate per poter raggiungere tale dominio (2). Pur se i moderni mezzi di comunicazione hanno in un certo senso ristretto lo spazio, come era visto nei secoli scorsi, le teorie citate conservano ancora un loro fascino di cui tener conto nel provare a studiare le volontà di potenza dei protagonisti delle relazioni internazionali. Gli studiosi di «strategia marittima», che hanno in Alfred T. Mahan (1840-1914) il loro evangelista, hanno chiaramente accettato la logica geopolitica dello scrittore americano che individua i seguenti fattori del «potere marittimo» di una nazione: — Geographical Position; — Phisical Conformation; — Extent of territory; — Number of population; — National Character; — Character of the Governament (3).
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ceccarelli storia geopolitica_Layout 1 23/10/2019 09:34 Pagina 12
PRIMO PIANO
Cenni di storia della GEOPOLITICA Danilo Ceccarelli Morolli (*)
(*) Professore ordinario nel Pontificio Istituto Orientale (Diritto Romano, Diritto Bizantino e Geopolitica). Professore associato di Istituzioni di Diritto Romano e Storia del diritto romano presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università G. Marconi di Roma e ivi docente di Geopolitica. È Membro Corrispondente del Pontificio Comitato di Scienze storiche e della Società Italiana per la Storia del Diritto. In qualità di docente universitario ha frequentato (a.a. 2014-2015 - Sessione speciale) l’Istituto Alti Studi per la Difesa (CASD) ed è Ufficiale Superiore della Riserva selezionata della MM.
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Il prolificare, anche in Italia, di centri di studio geopolitici ma anche di riviste specializzate rappresentano un chiaro esempio del successo che questa disciplina riscuote attualmente (Fonte: ansa.it).
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ttualmente la geopolitica sembra conoscere un momento di vera e propria rinascita. La fine dell’ordine bipolare ha generato nuovi orizzonti di riflessione. In Italia è rinata una vera e propria «scuola» di geopolitica, tra i cui nomi di spicco — oltre a C. Jean — si annoverano (a mero titolo d’esempio): L. Caracciolo, G. Dottori, D. Fabbri, T. Graziani, G. Lizza, A. Margelletti, C. Pelanda, P. Savona, P. Sellari, S. Silvestri, G. E. Valori e molti altri ancora che qui è impossibile elencare senza compiere dimenticanze. Parimenti gli studi di geopolitica si sono rinverditi negli Stati Uniti, ove docenti e intellettuali come: S. Brzezinski (1928-2017), S. Cohen, F. Fukuyama, S. Huntington, H. Kissinger, E. Luttwak, J. J. Mearsheimer, Parag Khanna, hanno gettato le loro teorie geopolitiche. Perfino in Russia, dagli anni Novanta del secolo scorso, l’interesse verso tale disciplina è rinato grazie a studiosi come: I. Gaidar, A. Kozyrev, N. Nartov, D. Trenin, A. P. Tzygankov, G. Zyuganov. Chiaramente le posizioni tra gli studiosi del settore non sono, come ovvio che sia, coincidenti fra loro, anzi nel complesso scenario della dottrina si è spesso dinnanzi a interpretazioni e teorie spesso diametralmente opposte. È possibile però asserire che oggi l’importanza della geopolitica stia aumentando anche nella percezione e nelle sensibilità delle élite maggiormente accorte e competenti.
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cernuschi trappole geopolitica_Layout 1 23/10/2019 10:19 Pagina 18
PRIMO PIANO I quattro grandi (inglese, statunitense, francese e italiano) a Versailles, nel 1919, mentre ridisegnano il mondo. La geopolitica visse, allora, la propria grande stagione, sia pure favorendo gli errori di quel trattato e la successiva, nuova guerra mondiale (da Nuova Storia Contemporanea).
Le trappole della geopolitica Un’analisi serena per un problema molto serio Enrico Cernuschi (*) (*) Laureato in giurisprudenza, vive e lavora a Pavia. Studioso di storia navale ha dato alle stampe, nel corso di trent’anni, altrettanti volumi e oltre 600 articoli pubblicati in Italia, Gran Bretagna, Stati Uniti e Francia sulle più importanti riviste del settore. Tra i libri più recenti Gran pavese (Premio Marincovich 2012), ULTRA - La fine di un mito, Black Phoenix (con Vincent P. O’Hara), Navi e Quattrini (2013), Battaglie sconosciute (2014), Malta 1940-1943 (2015), Quando tuonano i grossi calibri. Gli italiani dell’Invincibile Armata (2016), Sea Power the Italian Way (2017) e L’ultimo sbarco in Inghilterra (2018).
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Le trappole della geopolitica
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enatores boni viri, senatus autem mala bestia (i senatori sono dei bravi uomini, il Senato è una bestia cattiva). Tutti noi abbiamo studiato, al ginnasio o al liceo, questa frase, magari sottolineando divertiti l’ultima parola. Per la geopolitica vale, viceversa (a parere di chi scrive, naturalmente) l’esatto contrario. L’arte della geopolitica (ché di arte si tratta, più che di scienza) è, infatti, virtuosa, mentre sono casomai discutibili certi suoi interpreti o interpretazioni. Le pagine che seguiranno hanno lo scopo di distinguere alcune questioni di metodo relative allo studio o, come capita più spesso, alla volgarizzazione ed eccessiva e disinvolta semplificazione di certi temi e schemi geopolitici; lo scopo (Castigat ridendo mores) (1) è quello di proporre al Lettore una chiave di lettura serena e il più possibile disincantata di questioni, ahimè, di stringente e grave attualità e che coinvolgono e hanno spesso coinvolto anche la Marina Militare, a sua volta uno strumento senz’altro importante nell’ambito di una politica internazionale talvolta difficile da comprendere e da spiegare, ma — non di meno — indispensabile per la vita quotidiana, il benessere e il futuro del Paese. Essendo il mondo tornato dinamico dopo la pausa (quante volte rimpianta!), del globo congelato in due blocchi della Guerra Fredda, l’interpretazione della geopolitica è tornata di grande attualità. È un fatto che la facile equazione indotta: geopolitica = nazioni = Italia = fascismo o dittatura, con risultato finale negativo, era — fino a qualche tempo fa — ancora la regola. Date queste premesse diversi maîtres à penser (o presunti tali) escludevano a priori la stessa categoria della geopolitica, liquidata alla stregua di una pseudo scienza utilizzata dai regimi dittatoriali per meri scopi propagandistici. Il mondo era così immaginato alla stregua di un’arcadia idilliaca dove non esistevano contrasti di sorta tra i popoli, tutti tra loro fratelli e volti soltanto al bene collettivo, oltre che a un’unione ecumenica universale che avrebbe assicurato la prosperità e la felicità di tutti, data la perfetta uguaglianza tra loro degli esseri umani e delle loro esigenze. Le cose, naturalmente, erano piuttosto diverse rispetto al panorama convenzionale appena descritto. Ed è affascinante notare come le tappe più importanti del dopoguerra abbiano coinvolto spesso la Marina Militare a fianco delle altre Forze Armate. Adriatico, Albania, Ju-
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goslavia sopra e sotto i mari; Somalia 1 e 2; Golfo di Aden e Oceano Indiano, cieli dell’Afghanistan, Timor Est, Haiti, di nuovo il Libano, Libia e così via con l’aggiunta, per far buon peso, dell’attività ordinaria. Un duro apprendistato che però, alla lunga, è servito sicuramente anche alla classe politica. Ministri, sottosegretari o presidenti di commissioni parlamentari hanno così perfettamente compreso cosa significassero certe curiose espressioni come «ore di moto», «pezzi di rispetto», efficienza e operatività. Non che la cosa abbia influito significativamente in sede di stanziamenti, ma almeno, dopo anni e anni, certe nozioni sono passate sotto la pelle, tipo l’estrema affidabilità delle Forze Armate in generale e della Marina Militare in particolare, dei suoi uomini e donne, oltre al concetto di prontezza operativa e al fatto che il mare unisce e non divide. Ed è a questo punto che occorre prestare la massima attenzione. La nostra Marina Militare è tra le maggiori e più tecnologicamente avanzate flotte del mondo, occorre quindi impiegarla secondo una ponderata ed efficacia strategia navale e marittima. Da tempo diversi editorialisti di fama hanno cominciato a scrivere di confronti economici e strategici in atto, di legittimi interessi nazionali (in primo luogo il lavoro e il benessere dei cittadini) e di aggressioni e rivalità, più o meno mascherate, in corso qua e là nel pianeta senza essere immediatamente accusati di nazionalismo o, addirittura, di perseguire nostalgie inconfessabili. Anche gli intellettuali di casa nostra si stanno interessando sempre più alla geopolitica proponendo interpretazioni e soluzioni. È un fatto, però, che la geopolitica pone più di una trappola ai propri esegeti. Basti pensare alla triste sorte di Karl Haushofer, massimo nome tefrancese del 1941 relativo all’ desco in materia, ma Manifesto intesa economica e alla comunità d’intenti anche maestro di Ru- di quello che oggi chiamiamo l’asse franco-tedesco (Fonte autore). dolf Hess (a sua volta
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gamaleri_Layout 1 21/10/2019 13:39 Pagina 26
PRIMO PIANO
L’industria navale italiana nella competizione globale Cultura, ingegneria, tecnologie e sistema con l’indotto qualificato Antonello Gamaleri (*)
L’industria navale, con intelligenza e pragmatismo, ha valorizzato tutti gli investimenti dei decenni passati e si è lanciata in una moderna eccellenza (Fonte: rw-italia.it).
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L’industria navale italiana nella competizione globale
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ll’inizio degli anni Novanta al mondo della cantieristica italiana si sono presentate opportunità di nuovi tipi di navi e di nuovi armatori internazionali. Queste novità sono state colte e successivamente coltivate con tenacia nella competizione internazionale insieme con la cultura per un prodotto di altissima qualità. L’industria navale ha con intelligenza e pragmatismo valorizzato tutti gli investimenti dei decenni passati e si è lanciata in una moderna eccellenza. La gestione moderna di progettazione e produzione, che sono i due principali processi di questa industria, ha trasformato i cantieri navali in un’industria di produzione di navi con un percorso di sviluppo continuo verso un chiaro obiettivo di modernizzazione per sopravvivere nella competizione. Per raggiungere tale risultato non è bastata solo la bravura: ci sono voluti anche animo, passione, consapevolezza, etica e coraggio. Questa industria inoltre, unica tra tante, suscita un particolare amore per il prodotto, la nave, che spazia senza interruzione dagli operai sino ai dirigenti, amore che si esprime apertamente nella cerimonia del varo, dove si uniscono tradizione, orgoglio delle capacità presenti e speranza. In questa particolare industria la mancanza di tempo e di margini sono una caratteristica costante. Appena si è conquistato un contratto firmato per la progettazione e costruzione di navi ecco che si è già in «ritardo». Bisognerebbe già aver ordinato i materiali, l’acciaio, i motori, i main items per rispettare le obbligazioni tecniche contenute nella specifica contrattuale appena firmata. Non si ha tempo, nel processo di progettazione e sviluppo delle navi, per approfondimenti che porterebbero a meno errori. Sono stati studiati diversi accorgimenti negli anni per affinare i dati per le stime e per anticipare informazioni di progettazione ed essere «pronti» al momento della firma di un ordine. La soluzione di anticipare attività che potrebbero servire è un rischio e un costo, ma in un mercato conosciuto e con opportune metodologie può essere in parte affrontato.
Strategie industriali e competizione internazionale La competizione è in genere indirizzata sui settori aggredibili del mercato internazionale. In Italia ci si è concentrati su navi ad alto valore aggiunto in numero limitato di pezzi e che necessitano di grande capacità di padroneggiare e ottimizzare i processi di ingegneria e di produzione, con innovazione e tecnologia, mentre altri Paesi a basso costo del lavoro si sono specializzati in navi a basso costo e tecnologie più semplici. L’industria navale italiana può essere competitiva nelle navi da crociera di alta gamma e grandi dimensioni, le navi traghetto passeggeri, le navi speciali, le navi militari e sommergibili di elevato contenuto tecnologico per la Marina Militare e per Marine estere di Paesi non auto produttori, gli yachts a motore di varie dimensioni e mega yachts. Dall’ordine conquistato con fatica sul mercato per la costruzione di una o, in qualche caso, più navi, sulla base di un prezzo, di una specifica tecnica e di un Piano Generale si deve passare a una nave galleggiante e navigante con certe caratteristiche indicate in specifica. Per trasformare obbligazioni contrattuali in nave si va da 24-26 mesi per traghetti passeggeri di circa 200 milioni di € a 3032 mesi per una nave cruise ripetuta di oltre 300 m di lunghezza del valore di circa 600 milioni di € (si parla di nave navigante con marmi e tappeti, cabine, radar, motori, luci e cucine). Non esistono altre industrie capaci di tali performance: trasformare e far girare cifre del genere in pochi mesi realizzando in tempo prodotti a specifica. Bisogna integrare, coordinare, decidere, ordinare, produrre e installare prodotti di un enorme numero di diverse tecnologie e attività con margini di costi, di tempi e di appuntamenti ristrettissimi. I processi di ottimizzazione per mezzo di Concurrent Engineering, di project management, di pianificazione e controllo sono indispensabili per portare in fondo l’impresa con il margine stimato e sperato. Tutto il complesso di in-
(*) Laureato in ingegneria navale e meccanica, già dirigente di aziende internazionali è stato Direttore tecnico del Settore traghetti passeggeri e navi da trasporto di Fincantieri Direzione Navi Mercantili dal 1998 al 2002; dal 2003 al 2009 è stato Direttore della Progettazione di base e preventivazione della Direzione Navi Militari. Ha poi continuato come consulente di Finmeccanica (ora Leonardo) fino al 2013. È membro dell’European Technical Committee dell’ABS, dell’Italian Technical Committee del LR e del Naval Vessels Classification Committee del Bureau Veritas. Morosini 64-67 (corso Barracuda) e Accademia Navale (corso Antares).
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d'avenia intelligence economica_Layout 1 21/10/2019 15:07 Pagina 38
PRIMO PIANO
L’INTELLIGENCE ECONOMICA Natura e fondamenti Antonello Rocco D’Avenia (*)
(*) Tenente di Vascello, appartenente alla Componente Sommergibili, è Ufficiale in II del SMG Longobardo. Dopo aver frequentato l’Accademia Navale dal 2003 al 2008 ha svolto l’incarico di Ufficiale di rotta e Capo Servizio Operazioni sul SMG Gazzana partecipando a numerose attività nazionali e NATO. Nel 2016 ha partecipato presso il quartier generale di Northwood-Londra (UK), alla missione europea di antipirateria Atalanta.
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Dopo la caduta del muro di Berlino e l’avvento della globalizzazione, tutti i governi hanno riqualificato il lavoro delle proprie agenzie d’intelligence, adeguandole al nuovo contesto commerciale, facendo nascere lo studio dell’intelligence economica (Fonte: interno.gov.it).
Rivista Marittima Settembre 2019
a fine del bipolarismo ha permesso l’avvento di un mercato globale dove gli Stati hanno iniziato a guardare le questioni economiche come prioritarie, rispetto a quelle politiche e militari. La fine dei mondi contrapposti ha creato un mondo dapprima unipolare, poi multipolare dove le potenze hanno dimensione regionale ed il bisogno all’integrazione si scontra con la necessità di competizione. Si è venuto ad erigere un mondo a strati dove le diverse alleanze che vengono a nascere dalla necessità contingente, si sovrappongono e non eliminano quelle passate. In questi anni post Guerra Fredda, le riforme sono state imponenti e hanno coinvolto la cultura popolare quanto le istituzioni. Il fulcro di tutte le riforme è stata l’economia divenuta il pilastro attorno al quale ruotano le dinamiche politiche e ciascun attore, che abbia relazioni internazionali, acquista un peso politico in funzione di fattori economici piuttosto che militari: nasce la Geoeconomia. Lo Stato comprende che deve favorire il proprio substrato economico attraverso un sapiente uso della propria intelligence, che diventa così funzionale, non solo al tradizionale mondo militare, ma anche a quello economico. Con la caduta del muro di Berlino, tutti i governi hanno riqualificato il lavoro delle proprie agenzie, adeguandole al nuovo contesto commerciale, facendo nascere lo studio de l’intelligence economica. Essa è una disciplina che riguarda lo studio dell’informazione che sta alla base delle guerre economicofinanziarie, che hanno preso il posto di quelle belliche. Se lo strumento dell’intelligence economica è l’informazione colta e valorizzata, il fine è prendere decisioni corrette per lo sviluppo delle imprese e la sicurezza economica degli Stati. La raccolta di informazioni si svolge in linea di principio su fonti aperte. La realtà dello spionaggio industriale straniero e degli hacker informatici, impone una severa e austera protezione dei dati e delle informazioni che costituiscono il know-how di un’impresa e quindi di una nazione. Lo Stato non può che proteggere le proprie imprese oggetto di concorrenza sleale: la sicurezza economica statale riguarda proprio i fattori che determinano la competitività delle singole imprese. L’utilizzo dei servizi d’intelligence ha natura e fon-
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ascani tribunale del mare_Layout 1 23/10/2019 10:10 Pagina 44
PANORAMICA TECNICO-PROFESSIONALE
Il mare e il suo Tribunale I casi italiani al cospetto del Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare Paola Giorgia Ascani (*)
(*) Avvocato del Foro di Roma dal 2006, esercita prevalentemente in campo penale e tutela dei Diritti Umani. Patrocinante dinanzi la Suprema Corte di Cassazione e giurisdizioni superiori. Membro della Commissione Diritto e Procedura Penale del Consiglio dellÊOrdine degli Avvocati di Roma, ha pubblicato con la casa editrice Giuffrè contributi sulla disciplina dei contratti, brevetti e marchi e proprietà intellettuale. ˚ stata Tutor e membro del direttivo della Camera Penale di Roma e del Centro Studi Alberto Pisani. Ha curato, sotto il profilo giuridico e legale, progetti foto-editoriali in materia umanitaria e internazionale.
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specialità, e opera a fianco della Corte Internazionale di Giustizia, pur con competenze parzialmente diverse. Gli altri due organismi di risoluzione sono: il Tribunale Arbitrale ordinario, istituto ai sensi dell’allegato VII dell’UNCLOS e il Tribunale Arbitrale speciale, previsto dall’allegato VIII.
ITLOS - Competenze e Giurisdizione del Tribunale Internazionale del Diritto del Mare
Immagine dell’esterno della sede dell’ITLOS, ad Amburgo (Fonte: Tom Vierus).
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egli ultimi anni, sono stati numerosi i contrasti internazionali in ambito marino, alcuni dei quali hanno visto coinvolta anche l’Italia. Quali siano le normative e le convenzioni in base alle quali risolvere questo tipo di controversie internazionali è un punto di partenza molto importante, non solo per comprendere appieno le procedure, ma anche per saper valutare correttamente le condotte di uno Stato in campo internazionale e, di conseguenza, la sua piena credibilità sulla scena diplomatica e geopolitica. Tra le Istituzioni e gli Organi investiti delle eventuali risoluzioni a carattere contenzioso, il Tribunale Internazionale per il Diritto del Mare ha il più alto grado di
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L’Organo non viene spesso alla ribalta, pur facendo parte dell’Organizzazione delle Nazioni Unite e avendo una storia di decenni alle spalle che inizia nel 1982 in seno alla Conferenza delle Nazioni promossa a Montego Bay, allorché fu stipulata la Convenzione Internazionale sul Diritto del Mare (UNCLOS - United Nations Convention on the Law Of the Sea), poi entrata in vigore tra il 1994 e il 1996, in sostituzione definitiva delle precedenti quattro Convenzioni di Ginevra del 1958 in materia. L’Italia fu tra i primi Stati contraenti a ratificarla, nello stesso anno, con legge n. 689, e costituisce, ancor oggi, il punto di riferimento esaustivo di tutti gli aspetti che riguardano il diritto internazionale del mare, comprendendo anche tematiche di ordine non giuridico. Sotto il profilo giurisdizionale, sancisce regole per la risoluzione delle controversie e al fine individua, tra gli altri, il Tribunale Internazionale per il diritto del Mare (ITLOS - International Tribunal for the Law Of the Sea). La prima elezione dei 21 membri che lo costituiscono si svolse nel 1996. Da allora, i giudici sono scelti dai singoli Stati tra coloro che godono e offrono garanzia della più alta reputazione di equità, integrità e comprovata esperienza e conoscenza nelle materie inerenti il diritto del mare. Il Tribunale assicura la rappresentanza dei più importanti sistemi giurisdizionali mondiali e, a garanzia di equa distribuzione geografica, due giudici non possono avere la stessa nazionalità. La sua giurisdizione è ampia e riguarda: a) le dispute sull’interpretazione o l’applicazione della Convenzione (artt. 288, 297, 298), degli Accordi (art. 288, § 2), delle norme e le attività sui fondali marini (art. 187 sub a-f, 153 sub 2b); b) la propria giurisdizione. In ossequio al peculiare
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SAGGISTICA E DOCUMENTAZIONE
LUNA o 50 Anniversario dello sbarco La passeggiata di Aldrin sulla Luna; quasi tutte le foto ritraggono Aldrin perché la macchina fotografica era gestita da Amstrong (che si vede riflesso sul casco di Aldrin). In alto, il logo della Missione Apollo 11 (Fonte: NASA).
Stéphan Jules Buchet (*)
(*) Contrammiraglio in riserva, ricercatore storico navale ed esperto di storia della marineria, collabora con Lega Navale, Marinai d’Italia e la Rivista Marittima, per la quale dal 2002 cura la rubrica Nautica da Diporto, ha pubblicato oltre 200 articoli sull’argomento, e i volumi «Andar per Mare – La disciplina della Nautica da diporto» (quattro edizioni, due insieme ad altro autore) e «Non c’è secondo – Storia dell’America’s Cup». Per l’Ufficio Storico della Marina Militare, insieme ad altro autore, ha inoltre curato la nuova edizione dell’opera «La Preghiera del Marinaio» e scritto il libro «Il contributo della Regia Marina nella guerra del 1911-1912 contro l’Impero Ottomano».
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Luna: 50o Anniversario dello sbarco
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l leader dell’Unione Sovietica, Nikita Kruscev, a gennaio 1959 annunciò al mondo intero che la sonda Lunik 1 aveva impattato il suolo lunare, confermando la supremazia dell’Unione Sovietica nella corsa allo spazio. La notizia, che qualche anno dopo risultò falsa (1), colpì molto l’opinione pubblica mondiale e, in special modo, quella statunitense che subì un altro colpo con l’impatto del Lunik 2 il 12 settembre dello stesso anno (2). Ci vollero due anni prima di avere una dichiarazione d’intenti degli Stati Uniti; la dette il Presidente John Fitzgerald Kennedy durante una conferenza tenutasi prima della riunione del Congresso, il 25 maggio 1961: «… Io credo che questa nazione dovrebbe impegnarsi per raggiungere l’obiettivo, prima della fine di questo decennio, di far atterrare un uomo sulla Luna e di farlo ritornare sano e salvo sulla Terra. Non ci sarà in questo periodo nessun progetto spaziale più impressionante per l’umanità, o più importante nell’esplorazione a lungo raggio dello spazio; e nessuno sarà così difficile e costoso da realizzare …» (3). Con questo discorso viene indicato genericamente l’inizio della corsa alla conquista della Luna da parte degli Americani. Il programma spaziale americano da quel momento si dedicò maggiormente a quella missione, in particolare furono sviluppati più programmi riguardanti il comportamento degli equipaggi in as-
25 maggio 1961. Il Presidente Kennedy annuncia l’impegno degli Stati Uniti a mandare un uomo sulla Luna e farlo rientrare a terra prima del 1970 (Fonte: NASA).
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senza di volo, lo sviluppo di un nuovo razzo, le soluzioni tecniche per l’aggancio/sgancio in orbita di veicoli spaziali, le tecniche di allunaggio e decollo dal suolo lunare. Questi programmi furono elaborati e riuniti nel progetto «Apollo». In effetti, questo progetto fu deciso a gennaio 1960 e approvato a luglio dello stesso anno, quindi prima del famoso discorso di Kennedy ma ebbe il suo impulso grazie alle parole del Presidente e, soprattutto, grazie al flusso economico conseguente (4). Kennedy, fece chiaramente capire che gli Stati Uniti facevano sul serio, ribadendo l’impegno americano per la conquista della Luna in un altro discorso, il 12 settembre 1962: «Abbiamo scelto di andare sulla Luna in questo decennio e di fare le altre cose, non perché sono facili, ma perché sono difficili obiettivi, perché questo obiettivo servirà a misurare e organizzare al meglio le nostre energie e competenze, perché questa è una sfida che siamo disposti ad accettare… » (5). Fu deciso di utilizzare un programma a parte dedicato alle nuove tecnologie e allo studio del comportamento umano nello spazio prima di dedicarsi appieno alla missione lunare: il programma «Gemini» (6).
Il programma «Gemini» Il progetto «Gemini» fu la pietra miliare per la preparazione di astronauti da utilizzare per le missioni nello spazio e sulla Luna. Oltre allo sviluppo tecnico dei mezzi spaziali il programma e le missioni furono utili nel capire e trovare soluzioni per la vita degli equipaggi nella capsula o nell’attività extraveicolare (EVA). Inoltre, furono fatti test e ottenute soluzioni per l’aggancio in orbita fra veicoli spaziali (docking), avendo scelto di utilizzare mezzi con funzionalità differenti invece di procedere con un unico veicolo spaziale, e per proteggere il delicato rientro delle navicelle nell’atmosfera terrestre. Le dieci missioni «Gemini» con personale umano sono riepilogate in ordine cronologico nella Tabella 1. La nuova capsula aveva un diametro di 3 m, quasi il doppio della capsula Mercury (7) e lunga 5, 80 m e per l’immissione in orbita fu utilizzato il razzo Titan II, derivato dal Redstone utilizzato nel progetto Mercury. Tutti gli obiettivi principali furono raggiunti, così
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STORIA E CULTURA MILITARE
IL CANALE DI SUEZ (1869-2019)
Centocinquant’anni dall’inaugurazione, tra universalismi e interessi nazionali Il corteo di navi che il 17 novembre 1869 celebrò l’inaugurazione del Canale di Suez trasportava, oltre al chedivè d’Egitto, Ismail, molte teste coronate, a cominciare dall’Imperatrice Eugenia moglie di Napoleone III imbarcata sul panfilo Aigle, all’Imperatore Francesco Giuseppe e al Principe di Galles. L’Italia, benché non rappresentata da membri della Famiglia Reale, aveva inviato ad Alessandria una nutrita formazione navale (1). Sul panfilo dell’Imperatrice Eugenia vi era anche il progettista del Canale, Ferdinand de Lesseps, a testimoniare l’orgoglio della Francia per la realizzazione di un’impresa fortemente voluta. In realtà, i meriti non erano solo di de Lesseps, ma anche di tutti quelli, compresi alcuni italiani, che avevano creduto nella possibilità di realizzare il Canale di Suez, non solo per motivi commerciali e politici, ma anche in nome di ideali universalistici.
Fabio Caffio (*) (*) Ammiraglio Ispettore (ris), esperto di Diritto Marittimo, assiduo collaboratore della Rivista Marittima sin dal 1986, autore del Glossario di Diritto del Mare (IV ed., Supplemento Rivista Marittima, dicembre 2016), socio dell’Istituto Affari Internazionali sulla cui newsletter pubblica periodicamente contributi (affarinternazionali.it).
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Inaugurazione del canale di Suez. Arrivo dello yacht imperiale AQUILA a Ismailia. Dagli schizzi di Auguste Marc. Illustrazione dell’11 dicembre 1869 (Fonte: wikipedia.it).
La via d’acqua universale Il collegamento del Mediterraneo al Mar Rosso rappresenta, com’è noto, il punto di arrivo di un lungo processo che affonda le sue radici nella storia più antica dell’Egitto e nei progetti elaborati e/o realizzati nelle varie epoche dai Faraoni, dai Persiani, dall’Imperatore Traiano, dai Califfi Abassidi. Si pensò allora a canali trasversali tra il ramo orientale del Nilo e i Laghi Amari collegando questi con il Mar Rosso (2). All’inizio del Cinquecento, Venezia — per rimediare ai danni al suo commercio con Levante derivanti della scoperta portoghese della Via delle Indie — immaginò di scavare un vero e proprio canale tra i due mari (3). L’idea veneziana, dopo che la spedizione di Napoleone in Egitto la riportò all’attenzione internazionale, divenne realtà grazie alla determinazione del diplomatico francese Ferdinand de Lesseps. Questi, ottenuta la relativa concessione, nel 1859 dette avvio all’impresa avvalendosi delle capacità tecniche di Luigi Negrelli, ingegnere ferroviario di origine trentina e di nazionalità austriaca. Le finalità economico-politiche che animavano de Lesseps non devono tuttavia far dimenticare che tra i paladini del Canale vi era Prosper Enfantin, interprete del sansimonismo, movimento facente capo a Henri de Saint-Simon il quale aveva inserito il taglio dell’Istmo
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di Suez in un vasto programma di «rigenerazione sociale» del mondo (4). Enfantin partecipò alla costituzione della Société d’études pour le canal de Suez, spinto, sulla scia del suo maestro, da una visione universale: l’opera venne immaginata come mezzo per realizzare un nuovo ordine internazionale in cui la vitalità dell’Oriente si sarebbe saldata con il razionalismo dell’Occidente, il mondo mussulmano a quello cristiano (5). Così, quando nel 1854, Said Pashià, rilasciò a de Lesseps un firmano per realizzare il Canale, stabilì come condizione che l’opera sarebbe stata gestita da una compagnia a carattere «universale» (6), e che il transito fosse aperto a tutti gli Stati, su una base di completa eguaglianza (7). Questa clausola fu ampliata nel secondo firmano del 1856 il quale stabilì che il Canale dovesse essere un «passaggio neutrale» (8). La posizione iniziale dell’Impero Ottomano, cui spettava ratificare le decisioni dell’Egitto, era non favorevole a che il Canale, oltre che al traffico commerciale, fosse aperto al passaggio delle navi da guerra. Tali riserve furono successivamente superate con la Convenzione del 1866 tra il Governo egiziano e la Compagnia in cui si prevedeva che il transito dovesse essere aperto ai bastimenti di tutte le Nazioni, senza escludere, quindi il naviglio militare (9). La Convenzione era però un atto
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STORIA E CULTURA MILITARE
Potere navale, strategia, ideologia e geografia (1861-1943) Alcune riflessioni sull’Italia Fabio De Ninno (*)
(*) Professore a contratto e assegnista di ricerca presso l’Università di Siena, segretario di redazione di Italia contemporanea, coordinatore del progetto della bibliografia italiana di storia militare 2008-2017, del Centro interuniversitario di studi e ricerche storico militari. Collabora con il Second World War Research Group del King’s college di Londra. Tra le sue pubblicazioni ricordiamo Fascisti sul mare: la Marina e gli ammiragli di Mussolini (2017) e I sommergibili del fascismo (2014), oltre a numerosi capitoli e articoli in pubblicazioni scientifiche italiane e straniere.
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n un numero della Rivista come questo tornano utili le recenti riflessioni di Manlio Graziano sulla geopolitica, come scienza che mira a comprendere i cambiamenti nel momento in cui si verifica uno «shift of power» nel sistema internazionale e come questi possano essere osservati solo alla luce della complessa interazione dei fattori geografici, demografici, politici, militari e ideologici. Tale prospettiva può essere considerata vicina a quella degli storici, abituati in un certo senso a ragionare in senso «totale» e «complesso» (braudeliano, per gli addetti ai lavori). Infine, la stessa natura del potere navale definita dai teorici
come Mahan e Corbett è intesa come prodotto di una intersezione economica e sociale complessa. Nelle prossime pagine proveremo a ragionare in questi termini su alcuni momenti storici di «shift» che riguardarono l’Italia fino alla Seconda guerra mondiale e come le vicende della Marina si inserirono in esse in relazione a quelle più generali del Paese, determinandone il successo o meno. La narrazione che offriamo non ha pretesa di esaustività, lo spazio non ce lo consente, ma di sintetizzare alcuni grandi problemi alla luce delle categorie interpretative che possono essere offerte dall’interazione tra geopolitica e storia.
La R. N. CAIO DUILIO fu una corazzata della Regia Marina che, insieme all’ENRICO DANDOLO, faceva parte della classe «Duilio»; questa prestò servizio dal 1880 al 1909. Con i suoi 4 cannoni da 450 mm in due torri binate e la velocità di 15 nodi, al momento della sua apparizione fu, per le caratteristiche di velocità nonché per protezione e armamento, unanimemente riconosciuta come la corazzata più potente in servizio (USMM).
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STORIA E CULTURA MILITARE
L’identità marittima della grande Russia da Pietro il Grande a Putin Radici storico-culturali e geopolitiche dell’ambizione al Sea Power
Il desiderio navale russo per i mari caldi e più in generale per la superficie liquida, pur se condizionata da alterne vicende, trova le sue radici storiche nel 1682, anno della salita al trono dello zar Pietro il Grande. La natura continentale della Russia ha alterato la percezione esterna di questa vocazione e le vicende del Secolo Breve hanno favorito una visione della compagine sovietica come forza terrestre. Di fatto la configurazione geopolitica e culturale convalida ancora oggi la necessità della «Nuova grande Russia» di ricercare un’ampia apertura marittima per potersi liberare dalla compressione territoriale con azioni performanti orientate all’Hard Power.
Giulia Ragno (*) (*) Docente di Storia Contemporanea e Geostoria presso il liceo Archita di Taranto, si occupa dell’aggiornamento e della formazione istituzionale dei docenti in Area Metodologico-Didattica per l’insegnamento disciplinare anche in lingua straniera. Ha organizzato numerosi seminari storici in rete dedicati alla storia del Novecento per la preparazione degli studenti del Triennio fra cui: La problematica Balcanica, Il Rapporto fra guerra e guerriglia, La guerra di trincea.
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Il sottomarino SHARK assieme a unità navali zariste (Fonte: vk.com).
di chi ne eserciti la sovranità (zar, capo di partito, presidente) è simbolo dell’imperium connaturato alla sua stessa identità continentale protesa verso l’Europa e verso i mari, sia caldi che freddi, sia oceanici che chiusi. Tale principio, se inteso come caposaldo imprescindibile dall’identità geopolitica russa, potrebbe attenuarne i continui fraintendimenti e sottoporre il modus operandi sovietico a interpretazioni meno spigolose e severe: la visione occidentale, infatti, considera prevaricante la tendenza del Cremlino a spostare il suo baricentro in Europa mentre la mentalità russa soffre la continentalità e prova rammarico per il mancato riconoscimento delle sue aspirazioni marittime connaturate alla costruzione dell’Impero. Lo studio intende analizzare i fattori geografici, storici e culturali che decretano la dimensione imperiale del territorio ex sovietico non certo come parentesi storica quanto, piuttosto, come costrutto mentale alla luce di eventi chiave e di trattati e relazioni diplomatiche che ne ratificarono la sua vocazione e che attualmente condizionano i rapporti con Mosca. L’identità imperiale sarà infine considerata in stretta correlazione alla costante attenzione volta alla superficie marittima e al controllo della stessa come sinonimo di legittimazione territoriale sovrastatale, secondo criteri di continuità ideologica che, in una traiettoria circolare, ci rimandano alla nascita dell’impero.
La vocazione marittima dell’impero zarista
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a vocazione imperiale della Russia potrebbe apparire retaggio culturale superato dagli eventi storici che videro nella caduta dello zarismo l’evidenza di un cambiamento epocale. Di fatto la natura territoriale, geografica e culturale di questa ampia compagine sovrastatale ne giustifica, nell’ottica della continuità, la sua inequivocabile natura dall’origine ai giorni nostri. Il Cremlino, indipendentemente dal ruolo
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L’impero sovietico nasce con una forte aspirazione alla superficie liquida e alla cultura del mare connotandosi nella dimensione europeista piuttosto che asiatica e la nozione d’imperium travalica la semplice accezione di natura politica per qualificarsi come fattore di responsabilità morale. Dopo la caduta di Costantinopoli, nel 1453, i principi di Mosca si ritennero eredi dell’Impero Bizantino: espugnate le due Roma rimaneva la terza e non ci sarebbe stata mai la quarta. Allo scopo Ivan IV il Terribile si fece incoronare col titolo di Czar (Caesar) nel 1547 benché il territorio fosse ancora un Principato schiacciato a Occidente e a Sud da realtà politiche forti e, per questo, orientata all’espansionismo verso le pianure siberiane fino al Pacifico, sotto gli zar Michele I e Alessio I. Dal 1613
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RUBRICHE
F ocus diplomatico Crisi degli Stretti di Hormuz Il problema più urgente è diventato proteggere la navigazione lungo il Golfo Persico e in particolare negli Stretti di Hormuz. Arginare la «pirateria iraniana». Dal 12 maggio si ripetono sabotaggi e sequestri di navigli battenti differenti bandiere, talvolta non attribuiti, altre volte rivendicati da Teheran come operazioni di polizia per contrastare traffici illeciti di greggio. Di fatto, è in corso tra Iran e Stati Uniti un vertiginoso rimbalzo di misure e contro-misure che li ha portati in rotta di collisione. Secondo molti, sul filo del baratro. In questione, non solo gli assetti della regione mediorientale, ma la proliferazione nucleare in un’area prossima all’Europa (per di più nel momento in cui decade l’accordo INF del 1987). Guardare alla storia Impossibile decifrare gli eventi in corso nel Golfo Persico senza andare a ritroso di qualche anno, da quando Trump, appena insediato alla Casa Bianca, dichiara l’Iran «the most destabilising factor in the Middle East» procedendo nel maggio 2018 alla denuncia dell’intesa nucleare JCPOA, o di qualche decennio, dal momento dell’insediamento del regime khomeinista a Teheran nel 1979, o addirittura di secoli. Raccontano che quando nel Primo secolo a.C. Roma, super-potenza militare e tecnologica, giunge in Medio Oriente, le popolazioni locali assire anziché organizzare rivolte contro l’invasore cercano di intessere raccordi e alleanze. Come mai? Alle loro spalle premono da lungo tempo i Parti, potenza regionale, che tra incursioni e occupazioni perseguono la traiettoria verso il Mediterraneo. Le forze sono impari, quale migliore occasione per contrastarli? Roma organizza le difese, e insedia guarnigioni e fortificazioni lungo il limes tra Mesopotamia e Persia, incrociando Palmira, grande snodo di commerci e culture tra Oriente e Occidente. Questa storia è ancora perfettamente leggibile tra le imponenti rovine dell’antica megalopoli. Nel tempo, la Grande Siria di-
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venta «provincia romana» acquisendo un importante ruolo nell’Impero e un seggio al Senato, mentre i Parti rimangono per secoli un temibile concorrente militare di Roma sul fronte orientale. Eppure, non si trattava a quel tempo di perseguire una «difesa avanzata», o di pre-costituire una «profondità strategica». Nell’odierno Iran di Khamenei si riconosce tutta l’assertività di un popolo storicamente dominante in area. Capace, certo, di arretramenti, ma senza subire sconfitte, e gestendo l’avversario con tattiche sofisticate ed estenuanti. Arretramenti sì, capitolazione mai. Opportuno tenerlo presente nella gestione della crisi odierna. Genesi della crisi e reazioni dei protagonisti regionali Ma come si è arrivati alla crisi di oggi? È a partire dalla Siria che Trump avvia il progetto di smantellamento dell’ordine mediorientale immaginato da Obama, consistente in un riequilibrio delle influenze regionali mediante il recupero dell’Iran: di qui lo «sdoganamento» del Paese con l’accordo nucleare dell’estate 2015, che lo avrebbe liberato dalle sanzioni e riabilitato nel ruolo di co-protagonista dei nuovi assetti dell’area. A esso si oppone fermamente fin dall’inizio Israele. Che constata che Teheran, percorrendo la traiettoria storica verso il Mediterraneo, sta penetrando attraverso Siria e Libano fino ai suoi confini, direttamente o tramite gruppi affiliati. E dopo aver praticato per anni un approccio di prudente auto-controllo («il nostro nemico non è Assad»), avrebbe sfruttato, poggiando sulle inclinazioni di Trump, l’inedita sponda dell’Arabia Saudita, da anni alle prese con la ribellione degli Houthi foraggiati dall’Iran in Yemen. Non tutti i Paesi del Golfo si associano alla strategia anti-iraniana dei Sauditi; il Qatar prende subito le distanze, Oman e Kuwait mantengono una sorta di equidistanza, e da ultimo gli Emirati, ove circa 20% della popolazione costiera è di origine iraniana, si sfilano dall’alleanza con Riad riducendo i propri contingenti stazionati in Yemen dal 2015.
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RUBRICHE
Osservatorio internazionale
Stretto di Hormuz: Stati Uniti e Francia, coordinamento fra le Marine
bertà di navigazione nel Golfo (e Mare) Arabo-Persico, il governo danese si è detto disponibile a partecipare a una forza navale europea che però, secondo quanto riferito da fonti militari di Copenaghen, deve essere vista come parallela e vicina a quella angloamericana e non come suo sostituto.
Il 7 settembre il segretario statunitense alla Difesa Mark Esper e la sua controparte francese Florence Parly hanno discusso come la Marine Nationale francese possa coordinarsi con l’US Navy per garantire la libertà di navigaRussia-Turchia: difesa aerea e missilistica zione nello Stretto di Hormuz. «RicoDa settembre il personale dell’Aeronautica turca sta nosciamo che la frequentando un addestramento per i sistemi di difesa Francia ha inteantimissile S-400 («Triumph» in russo e SA-21 «Groresse a parteciwler» nella codificazione NATO). L’addestramento pare alla libertà all’uso dei sistemi S-400 è iniziato a Gatcina (vicino a di navigazione, San Pietroburgo), con la partecipazione di personale del portando le capacomando dell’Aeronautica militare nell’ambito del procità di libertà di getto del sistema di difesa navigazione nel Golfo e aerea e missilistica a lungo cercheremo di trovare raggio, ha dichiarato il mimodi per sfruttare e utiliznistero della Difesa turco il zare tale interesse per co4 settembre in un tweet. Anordinarsi meglio con la kara ha ricevuto i primi misnostra iniziativa», ha sili S-400 russi a luglio. La detto ai giornalisti un funconsegna della prima battezionario del Pentagono nel ria è stata completata il 25 corso di una teleconfeluglio. Il secondo lotto di renza in vista dell’inconequipaggiamento dell’Stro di Esper con Florence 400 è stato ricevuto il 27 Parly a Parigi. La Francia agosto e il periodo di conseStretto di Hormuz: il Segretario statunitense Mark Esper e il Ministro della ha escluso l’adesione a Difesa francese, Florence Parly. (Fonte: defence.gov). gna completato alla fine di una coalizione, guidata settembre, secondo il Minidagli Stati Uniti, di Paesi che proteggono le petrostero della Difesa turco. Secondo Ankara, i suoi prolunliere e le navi mercantili dalle minacce poste dalgati sforzi per acquistare un sistema missilistico di l’Iran nello Stretto di Hormuz, spingendo per difesa aerea dall’alleato statunitense tipo Patriot/Pacun’alternativa europea. In realtà le divergenze 3/THAAD non stavano andando verso il successo; la franco-americane sembrano più un gioco delle parti Turchia nell’aprile 2017, ha firmato un contratto con la che un confronto e una divisione reale, visti i sempre Russia per acquisire lo scudo antimissile S-400. Nel più stretti contatti tra Parigi e Washington in alcuni frattempo, İsmail Demir, presidente dell’associazione settori e scacchieri (il trasporto strategico in Africa turca delle industrie della difesa, ha dichiarato, il 4 setsubsahariana e le acque tra Taiwan e la Repubblica tembre, che gli S-400 saranno pronti a pieno regime, Popolare Cinese). Sul tema della sicurezza e della licompresi addestramento e altre attività, ad aprile 2020.
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RUBRICHE
Marine militari ALGERIA Lanci di missili da sottomarini
Dispiegamento di un task group
Nei mesi di agosto e settembre, la Marina algerina ha eseguito alcuni lanci di missili da crociera «KalibrPL» a cambiamento d’ambiente dai sottomarini Ouarsenis e Hoggar, in una zona di mare al largo della base navale di Mers el-Kebir. Appartenenti al tipo «Project 636/Improved Kilo» di origine russa, i battelli possono operare a una quota massima di 300 metri e hanno una dotazione di 18 siluri e 4 missili da crociera: quest’ultimi hanno una portata massima variabile da 800 a 1.000 miglia, conferendo alla Marina algerina importanti capacità di strike nella sua regione d’interesse. I missili hanno colpito obiettivi situati in un poligono dell’entroterra algerino.
AUSTRALIA Prove in mare per il Sydney Il terzo e ultimo cacciatorpediniere lanciamissili classe «Hobart», il Sydney, è impegnato in una campagna di prove in mare finalizzata a testare, in più fasi, i sistemi di piattaforma e quello di combattimento. L’esito positivo di questa campagna sarà propedeutico all’ingresso in servizio dell’unità, prevista per maggio 2020: importante in tal senso sarà anche la certificazione per l’impiego del nuovo elicottero imbarcato MH-60R «Romeo». Derivate da un progetto spagnolo, le unità classe «Hobart» hanno una lunghezza di 140 metri, una velocità massima superiore ai 28 nodi e un equipaggio di circa 200 uomini e donne. Gli «Hobart» sono equipaggiati con l’«Aegis Weapon System», incentrato sul radar a scansione di fase AN/SPY 1D(V) e sui missili superficie-aria della famiglia «SM-2»; una peculiarità delle unità australiane è la presenza del «Cooperative Engagement Capability» di matrice statunitense, una funzionalità che consente la condivisione di informazioni con altre unità navali, velivoli e siti terrestri al fine di creare un’unica panoramica tattica integrata e condivisibile dai vari assetti nazionale e alleati.
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Il 26 settembre un task group della Marina australiana, guidato dal cacciatorpediniere lanciamissili Hobart, ha iniziato un dispiegamento operativo che lo porterà nelle regioni marittime dell’Estremo Oriente e dell’Asia sudorientale. Oltre a essere il primo impegno di questo tipo per l’Hobart, il dispiegamento è il più importante fra quelli eseguiti dalla Marina australiana nel 2019. Oltre all’Hobart, il task group comprende le fregate Parramatta e Stuart, un sottomarino a propulsione convenzionale classe «Collins», i cacciamine Gascoyne e Diamantina, il pattugliatore costiero Ararat, il rifornitore di squadra Sirius e l’unità idrografica Leeuwin. Le unità non opereranno tutte assieme, ma saranno coinvolte in specifici eventi addestrativi con diversi partners regionali, partecipando inoltre a varie attività di rappresentanza. Il dispiegamento operativo ha una durata di quattro mesi e si concluderà a gennaio 2020.
Il cacciatorpediniere lanciamissili HOBART alla testa del gruppo navale australiano impegnato nel dispiegamento operativo nelle regioni marittime dell’Estremo Oriente e dell’Asia sudorientale (Fonte: RAN).
BRASILE Prove in mare per il sottomarino Riachuelo Il primo dei quattro sottomarini non nucleari realizzati per la Marina brasiliana e battezzato Riachuelo ha iniziato le prove in mare e ne è previsto l’ingresso in
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RUBRICHE
C he cosa scrivono gli altri «Mediterraneo, politica estera e nuovi attori geopolitici» AFFARINTERNAZIONALI, 7 AGOSTO 2019 - LIMES. RIVISTA ITALIANA DI GEOPOLITICA N. 6/2019
quella di Zohr, entrambi in acque egiziane. E al riguardo si sottolinea come «l’ENI si è sempre mossa molto bene nel settore, anche se in alcuni casi è stata lasciata un po’ isolata dal governo italiano. A questo proposito, la sfida più importante è relativa al fatto che la politica estera italiana nell’area non abbia unicamente carattere reattivo: l’Italia, dove non sia possibile operare con altri soggetti, dovrebbe — rimarca l’Autore — avere la capacità di agire unilateralmente a salvaguardia dei propri interessi». In tema poi di egemonie mediterranee, terminato l’assoluto dominio americano, che è durato, pur con le diverse gradazioni a fronte dell’insidia sovietica durante la Guerra Fredda, dalla fine della Seconda guerra mondiale al primo decennio del XXI Secolo, allorché il presidente Barack Obama ha deciso di farsi da parte, anche se non completamente, per lasciare la responsabilità alle medie potenze regionali amiche. E soprattutto ci si deve confrontare con la presenza, sempre più invasiva, di nuovi attori geopolitici. A cominciare dalla Russia che, dopo il successo in Siria, sta cercando di ritagliarsi e difendere degli spazi di manovra in quei vuoti nordafricani lasciati negli scorsi anni dagli Stati Uniti, puntando su di una variegata tavolozza strate-
«Negli ultimi anni il Mediterraneo è stato attraversato da profondi cambiamenti: non temporanei, ma veri e propri mutamenti strutturali, che per molti aspetti rispecchiano le trasformazioni dell’ordine mondiale — esordisce Mario Savina nel suo contributo sulla pubblicazione dell’Istituto Affari Internazionali in esame — A causa di questi cambiamenti, l’Italia si trova oggi costretta ad affrontare in maniera più sistematica la propria politica estera». Una politica estera che deve principalmente concentrarsi sul «fenomeno migratorio», esempio evidente di una dinamica che caratterizzerà l’aerea Mena (cioè i paesi del Medio Oriente e del Nord Africa) per i prossimi decenni e che, di conseguenza, necessita di un approccio strategico lungimirante e indirizzato alle molteplici cause del fenomeno stesso, contrastando il modo in cui l’intera Unione europea ha cercato di giocare il minimo ruolo nella gestione delle rotte migratorie che provengono da sud, lasciandone all’Italia quasi interamente la responsabilità. E, quindi, deve concentrarsi sulle «tematiche energetiche», le cui sorti sempre più strettamente si sono intrecciate tra l’Italia e i Paesi che si affacciano sul Mediterraneo, grazie soprattutto al lavoro svolto dall’ENI, a cui si deve la scoperta del mega-giacimento di gas Noor (oggi il L’attacco del Generale Haftar a Tripoli (Fonte: laciviltacattolica.it). più grande del bacino), succedutasi a
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Recensioni e segnalazioni Franco Giliberto Giuliano Piovan
Una specie di paradiso La straordinaria avventura di Antonio Pigafetta nel primo viaggio intorno al mondo Marsilio specchi Venezia 2018 Pagg. 298 Euro 18,00
Una strana coppia? No, un’accoppiata vincente! Franco Giliberto, giornalista e scrittore, nella sua vita avventurosa è stato anche legionario in Indocina; Giuliano Piovan è un autentico uomo di mare, ha navigato su navi militari e mercantili, è capitano di lungo corso insignito della medaglia d’oro di lunga navigazione. Mentre il primo assicura la gradevole leggibilità del libro, il secondo garantisce la proprietà del linguaggio marinaresco. Loro merito, dunque, aver reso accessibile anche ai non esperti, evitando eccessivi tecnicismi, la descrizione del primo viaggio intorno al Mondo iniziato con cinque navi sotto il comando di Magellano, capitano portoghese ma al servizio della Spagna; ma — morto costui in una battaglia con i nativi di un’isola del Pacifico — completato con una sola unità sotto il comando dello spagnolo Juan Sebastian Elcano, al quale è intitolata una nave scuola (brigantino-goletta) dell’Armada spagnola. Il lavoro dei due Autori si rifà principalmente alle memorie di Antonio Pigafetta, vicentino, non un uomo di mare ma il cronista della grande spedizione che si riprometteva di trovare il passaggio a sudovest, attraverso il quale «buscar el Levante por el Poniente», il sogno di Cristoforo Colombo che lo portò, invece, a scoprire l’America. L’obiettivo era quello di raggiungere le Molucche, produttrici delle preziose spezie, tanto desiderate e apprezzate in Europa. Pigafetta, mentre teneva un diario ufficiale
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tutto sommato asettico, curava nel contempo una sua segreta annotazione delle vicende, talvolta drammatiche per ammutinamenti con conseguenti esecuzioni dei ribelli, vissute nella lunghissima avventura. Ed è proprio questa seconda narrazione che ha ispirato il libro qui rassegnato. Lunghissima avventura che sembra inopportuno qui tentare di riassumere, sia per il susseguirsi di eventi, sia per non togliere ai lettori il godimento della sua lettura. Però un punto resta misterioso: perché mai un vicentino (quindi per nascita non un uomo di mare), uomo di lettere, di famiglia agiata, e innamoratissimo della fidanzata Cecilia, decide di portarsi a Siviglia per partecipare a questa spedizione dagli esiti dubbi? Bene, circola un’ipotesi di cui sono a conoscenza, ma della quale il libro non parla, et pour cause! Certo, non ne poteva parlare lo stesso Pigafetta, né quindi i due Autori del libro in esame, e vediamo perché. Il nostro Vicentino, come correttamente riferiscono Giliberto e Piovan, era Cavaliere dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, allora detto «di Rodi» (oggi «di Malta»). L’Ordine, infatti, aveva fin dal 1309 la sua sede nell’isola dell’Egeo, dove però era sempre più sotto attacco dalle flotte musulmane, con le quali era in costante conflitto, tanto che alla fine, nel 1523, ne fu scacciato dalle ingenti forze di Solimano il Magnifico, e solo nel 1530 ebbe da Carlo V Malta, auspice il Papa Clemente VIII, e poté insediarvisi. Era quindi comprensibile che l’Ordine, comunque grande Potenza navale, volesse cercare nuovi spazi dove estendere la sua presenza e — perché no? — nel Nuovo Mondo. Da qui l’ipotesi — ma che è più di una semplice ipotesi — che Pigafetta fosse una specie di agente segreto dell’Ordine, incaricato di vedere e riferire quali possibilità vi fossero di trovare nuovi spazi. Va ricordato, infatti, che l’Ordine, dal 1651 al 1665, possedé quattro isole nei Caraibi!
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Renato Ferraro
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