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QUI FINANZA DI MICHELE RUSSO, PARTNER DI EPTA PRIME

IL DEF 2019. LUCI, OMBRE E RIFLESSI SUI MERCATI

La programmazione economica e finanziaria dello Stato si è affermata nel nostro paese da diversi decenni. Nasce nel 1962, quando Ugo La Malfa, in qualità di Ministro del Bilancio, pubblica la “nota aggiuntiva” alla situazione economica del paese, concepita come una sorta di addendum alla “Relazione generale sulla situazione economica del Paese” ma si consolida qualche anno più tardi con il “Progetto 80”, senza dubbio il più ambizioso documento di programmazione mai concepito in Italia. Se sostituiamo la locuzione “documento di programmazione” con quella, forse più familiare, di “business plan” riusciamo ad avere un’idea di quali siano gli scopi dell’azione programmatoria dello Stato: disegnare una “strada” delimitata da idee strategiche forti, entro le quali sviluppare dei piani di azione. Il Progetto 80 intendeva guidare qualitativamente lo sviluppo economico dell’Italia per l’intero decennio degli anni Settanta del secolo scorso (nasce nel 1969 e, come si deduce dal nome, punta agli anni Ottanta); esso è stato concepito e realizzato dalla Segreteria della Programmazione del Ministero del Bilancio e della Programmazione Economica, guidata da Giorgio Ruffolo e composta da alcuni tra i migliori nomi dell’economia del tempo, tra cui Franco Archibugi, Manin Carabba e Paolo Sylos Labini. Alterne vicende di tipo politico ed economico portano ad un

accantonamento del “Progetto 80” e di tutti i successivi tentativi di pianificare lo sviluppo, tanto che, lo stesso sito del Ministero dell’ Economia e Finanza (che ha inglobato l’ ormai disciolto Ministero del Bilancio), ci informa che “dopo l'insuccesso della programmazione economica globale della fine degli anni sessanta e degli inizi degli anni settanta, esauritasi l'era della programmazione economica di settore della metà degli anni settanta, la Legge n. 468 del 5 agosto 1978 affianca alla programmazione economica la programmazione di bilancio”. Il DEF (Documento di Economia e Finanza), di cui molto si discute ogni anno, è esattamente questo: la rappresentazione dell’evoluzione del bilancio dello Stato per un triennio. Introdotto dalla già citata legge 468/78, è stato riformato due volte, nel 1988 e nel 2011. Attraverso il DEF, ogni anno entro il 10 di Aprile, il Governo in carica enuncia quelle che sono le sue priorità per il triennio successivo e descrive, di conseguenza, l’evoluzione del bilancio dello stato. Essendo la struttura del documento fondata su previsioni triennali a scorrimento (ogni anno nuovo si fa una previsione per il triennio successivo), è evidente che la massima attenzione viene data al primo anno di previsione. Il DEF 2019 espone, quindi, le previsioni per il prossimo triennio; in quest’ambito, quanto stimato per il 2020 non è par-

ticolarmente confortante. Come fa notare Giorgio La Malfa (il figlio del già citato Ugo, economista, grande studioso di Keynes ed uno degli osservatori più acuti della realtà italiana), il Governo prevede una crescita del PIL “tendenziale” ovvero, come si diceva qualche anno fa, a “legislazione invariata” dello 0,1%. Tale dato rappresenta il valore inerziale a cui tende il prodotto interno lordo senza tenere in conto gli effetti correttivi delle politiche economiche. A tale valore, si contrappone quello della crescita del PIL “programmatica” ovvero quello che si realizzerà a seguito degli interventi del Governo. Inutile dire che il secondo valore debba essere superiore al primo: se così non fosse, gli interventi previsti darebbero un contributo negativo alla crescita del PIL e tanto varrebbe non effettuarli affatto. È sulla grandezza della differenza positiva tra PIL tendenziale e PIL programmatico che si misura la forza dell’azione del Governo. Dobbiamo, purtroppo, constatare che tale differenza nel DEF 2019 è di soli 0,1 punti percentuali. Infatti, la crescita programmatica si attesterebbe al mero 0,2%. Un effetto quasi nullo. Quasi una dichiarazione di impotenza da parte dell’esecutivo che equivale a certificare, sempre secondo quanto dice La Malfa, “l’ammissione dell’inerzia e della possibilità di fare alcunché”. Questa situazione, certamente poco usuale, propone diversi interrogativi, in primis alla politica e poi anche agli operatori dei mercati dei beni e servizi e finanziari. La politica deve assolutamente indicare un sentiero di sviluppo; secondo l’opinione di La Malfa, come sempre condivisibile, esso passa per il rilancio degli investimenti pubblici e privati e per il sostegno all’edilizia sia tradizionale che, a maggior ragione, a quella per la riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati: una maniera, quest’ultima, di intervenire sullo stock di abitazioni esistenti con lo scopo di ridurre le emissioni di gas serra ed evitando il consumo del suolo che è tipico delle nuove costruzioni. Un ambizioso programma di investimenti pubblici necessita di fonti di finanziamento. Sempre secondo La Malfa, visto che le risorse del bilancio dello Stato sono state destinate ai due provvedimenti bandiera del Governo (quota 100 e reddito di cittadinanza), bisognerà “tagliare con nettezza la spesa corrente e sostituirvi una spesa per sostenere gli investimenti”. Quali i riflessi sui mercati finanziari?

È difficile fare previsioni in uno scenario di grande incertezza. Tuttavia, come spesso è stato ricordato anche a proposito di molti degli argomenti trattati in passato, è proprio l’incertezza che rende nervosi (e quindi instabili) i mercati. Oggettivamente, sono molte le variabili che, nel breve periodo, potranno influenzare i mercati. Un DEF che possiamo definire con un eufemismo “attendista” può essere interpretato come il segnale di un governo debole, attendista anch’esso e, quindi, nella visione di alcuni operatori dei mercati, privo di una strategia. A questo si aggiunga l’attesa delle elezioni europee di fine maggio. Un punto deve essere chiaro: le elezioni riguardano il Parlamento Europeo e, quindi, non hanno nulla a che vedere con la politica nazionale; per essa rappresentano una sorta di grande “sondaggio” sugli umori dell’elettorato che, solitamente, è incline a votare alle europee con una certa libertà. Proprio per questo, con lo scopo di evitare ulteriori nervosismi degli operatori, dovrebbero essere un’occasione per mettere a punto l’azione di governo e non per ricercare nuove soluzioni politiche nel Parlamento nazionale. Se così non fosse, sempre per usare le parole di Giorgio La Malfa, si dovrebbe concludere che i partecipanti alla maggioranza hanno messo in campo “un accordo per la conquista del potere che comprende poche cose ma esclude la possibilità di affrontare i veri problemi del paese”. Politica e mercati sono due ambiti separati che, però, si influenzano a vicenda. Le cinghie di trasmissione possono essere tante. Dal lato dei mercati, ad esempio, lo spread BTP-Bund, i giudizi delle agenzie di rating, l’andamento della borsa; dal lato della politica, una prospettiva di stabilità ed una visione chiara e definita di dove si sta andando. Occorre uno sforzo di pianificazione? Forse qualcosa di simile al Progetto 80?

IL DEF

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(DOCUMENTO DI ECONOMIA E FINANZA)

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