QUI FINANZA DI MICHELE RUSSO, EPTA PRIME
RECESSIONE IN ARRIVO? ISTRUZIONI PER L’USO
Nassim Nicholas Taleb è un matematico libanese, nato nel 1960 nel nord del paese. È famoso per aver elaborato la teoria del “cigno nero”, una metafora che ha lo scopo di studiare l’impatto di eventi molto rari ed imprevedibili sulle dinamiche sociali, economiche e anche personali. La finanza non ama i cigni neri: nell’ ipotesi di mercati comunque irrazionali, qualsiasi tipo di evento imprevisto od anche di incertezza viene letto molto negativamente e può innescare facilmente dinamiche di tipo recessivo. Come sarà l’andamento dell’economia nei prossimi mesi? C’è un cigno nero nei cieli del mondo? Le fluttuazioni dell’economia sono fisiologiche; alternano momenti di crescita a momenti di depressione. Tali movimenti possono essere talvolta molto ampi e profondi. Ne è un esempio il ciclo di decrescita iniziato con la crisi del 2008 e da cui il nostro paese non è mai sostanzialmente uscito. Molti economisti hanno cercato di prevedere inizio, fine ed intensità di questi movimenti ma i risultati non sono stati mai conclusivi. Pioniere degli studiosi delle fluttuazioni dell’economia
( 30 )
è Nikolaj Kondratiev, fondatore dell’Istituto di Congiuntura di Mosca, che elaborò la famosa teoria delle onde K (dall’iniziale del suo cognome): lunghi cicli di fluttuazioni economiche della durata di circa 50-70 anni. Forse anche per la sua prematura scomparsa (fucilato nel 1938 all’ età di 46 anni durante una repressione staliniana), i suoi studi non sono giunti a conclusioni definitive. Malgrado la mancanza di un solito substrato teorico, le previsioni sulle fluttuazioni dell’economia rappresentano un campo di interesse soprattutto per chi, attraverso di esse, cerca di prevedere gli andamenti dei mercati finanziari, delle materie prime e dei beni. L’economia degli Stati Uniti sta superando tutti i record storici di crescita: è reduce da un periodo di espansione senza precedenti con l’indice di Wall Street che ha fatto segnare diversi nuovi massimi. Tuttavia, sono presenti molti segnali di inversione di tendenza che meritano una doverosa attenzione. In particolare, la politica di dazi e sanzioni ed un tema più squisitamente finanziario come l’inversione della curva dei rendimenti. Le sanzioni economiche sono una forma di limitazione unilaterale dei rapporti economici che uno stato o un gruppo di stati impone su un altro stato o gruppo di stati. È una pratica con scopo punitivo nei confronti di nazioni che hanno violato il diritto internazionale. L’Italia, nel1935, è stato il primo paese ad essere oggetto di sanzioni a seguito dell’invasione del Regno di Etiopia. Ad oggi, sono in essere sanzioni nei confronti di diversi paesi ma quelle che colpiscono particolarmente l’economia italiana sono quelle nei confronti dell’Iran e della Russia. Semplicemente, aziende italiane (e di altri paesi che hanno aderito al blocco) non possono importare
ed esportate beni e servizi in Iran e Russia. Anche i dazi (imposizione di tasse all’ ingresso delle merci in una determinata nazione) rappresentano una forma, se non di limitazione, almeno di rallentamento dell’interscambio commerciale tra paesi. È noto l’atteggiamento dell’amministrazione Trump nei confronti del commercio internazionale: al contrario di quanto fatto dai suoi predecessori, utilizza le politiche commerciali come strumento attivo di politica estera. La guerra commerciale nei confronti della Cina e dell’Unione Europea (con particolare riferimento al contenzioso Airbus-Boeing) sono, senza dubbio, un freno all’espansione dell’economia ed un “incentivo” al rallentamento. Tra i segnali che anticipano una recessione, c’è il fenomeno della cosiddetta “inversione della curva dei rendimenti”. In una situazione fisiologica, se consideriamo un determinato emittente di titoli (per esempio lo Stato), è evidente che tanto maggiore sarà la durata del titolo in offerta, tanto maggiore dovrà essere la remunerazione dell’investitore che lo detiene (il tasso di rendimento). Questo per una banale considerazione relativa alla rischiosità dell’investimento: tanto maggiore sarà la durata dell’investimento, tanto maggiore sarà il rischio a cui l’investitore si espone; quindi, investimenti più lunghi richiedono una remunerazione maggiore. Quanto sopra, vale sia al momento dell’emissione che durante tutta la vita del titolo che, soprattutto nel caso di titoli di stato, viene attivamente scambiato sui mercati per tutta la sua vita. In alcuni periodi storici, si è, però,’ osservato un comportamento anomalo dei rendimenti: quelli a breve termine sono risultati più alti di quelli a lungo termine; più interessante, questo evento ha anticipato l’inizio di una recessione di circa 14 mesi. Anche questa paradossale alchimia ha un suo razionale: se gli investitori (molto spesso professionisti) ritengono prossima una recessione, richiederanno rendimenti più alti per i titoli vicini alla scadenza in quanto percepiranno in essi un rischio di default maggiore legato alla situazione recessiva che si sta manifestando. La curva dei rendimenti dei “treasury” americani ha invertito i rendimenti a cavallo tra agosto e settembre 2019, quindi, secondo la regola dei 14 mesi, una recessione potrebbe essere attesa per la parte finale del corrente anno (tipicamente dopo le elezioni presidenziali negli U.S.A.). Fino a qui, nulla di “anomalo”. Un semplice alternarsi di fasi espansive e recessive. Purtroppo, un evento raro e poco prevedibile (secondo le idee di
Taleb) si è materializzato e c’è qualche probabilità che il cigno nero sia davvero in volo. Il riferimento, ovviamente, è all’ epidemia di coronavirus che inserisce nel quadro previsionale una variabile nuova e potenzialmente assai pesante. Il coronavirus origina nella città di Wuhan, nella provincia dell’Hubei, nella Cina centrale. Ad oggi, è presente anche in Italia che, per numero di contagiati, è il paese europeo che registra la maggiore presenza del virus.
?
Quali le conseguenze possibili?
La prima è di banale considerazione e riguarda principalmente la Cina dove, come conseguenza della presenza del virus e delle necessarie misure di contenimento dell’epidemia, l’attività economica sta vistosamente rallentando come testimoniato dal dato impressionante dell’inquinamento atmosferico. Infatti, le emissioni di anidride carbonica sono diminuite del 25%, i voli nazionali sono diminuiti del 70% e le importazioni di petrolio sono ai minimi. Minore crescita in Cina, significa una contrazione di alcuni settori industriali in cui l’Italia ha posizioni di leadership, come la moda ma significa anche minore presenza di turisti cinesi (o, in generale, asiatici) nel nostro paese con evidenti ricadute negative sui settori del trasporto e dell’accoglienza turistica. Purtroppo, il “fermo” della Cina ha anche altre ripercussioni: il riferimento è alle cosiddette “catene logistiche”. Le fabbriche moderne sono distribuite sul territorio in maniera molto accentuata: le parti necessarie per assemblare un’automobile in Polonia, possono venire da diverse parti del mondo. Non sorprendentemente, la Cina è uno dei paesi che ospita molti subfornitori, partecipanti alla catena logistica. Il blocco di questi produttori determina il blocco della catena con la conseguente impossibilità per l’offerta di venire incontro alla propria domanda. Già Apple, di cui parte della componentistica proviene dalla Cina, ha emesso un “profit warning” per i primi mesi dell’anno, dicendo esplicitamente che “l’offerta mondiale di iPhone sarà temporaneamente limitata”. C’è, quindi, una certa probabilità che il cigno nero continui a volare almeno fino all’ arrivo della bella stagione quando una delle modalità di trasmissione del virus (per via aerea e tramite le secrezioni) dovrebbe venire meno; ma cosa accadrà con il prossimo inverno? Riusciremo a sconfiggere il virus e fare, quindi, rientrare il cigno nero nel suo stagno?