La guerra dell'acqua

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La guerra dell’acqua L’oro blu

L’acqua è un bene comune dell’umanità, una risorsa pri­ maria e sempre più preziosa tanto da essere ormai con­ siderata alla stregua di un bene di consumo e per questo soggetta alle leggi del mercato. Intorno all’acqua infatti oggi si muovono grandi interessi economici, tanto che ci si riferisce a essa come “l’oro blu” e per essa si arriva ormai a combattere vere e proprie guerre. Questo principalmente perché, quando l’acqua inizia a scarseggiare, una delle conseguenze più immediate e più gravi è il crollo della produzione di derrate alimentari, come il mais o il riso. Come abbiamo visto, la carenza di acqua ha numerose cause e tra esse non vanno dimenticati il cambiamento climatico, il water grabbing (furto dell’acqua, da parte di un Governo o un’autorità che la sottrae alla popolazio­ ne), le infrastrutture carenti che favoriscono la disper­ sione dell’acqua, l’aumento dei prezzi a causa delle privatizzazioni (sempre più Governi scelgono di cedere la gestione delle acque a società private), la competizione con altri settori (per esempio produzione di elettricità da fonti fossili).

Tensioni internazionali stanno crescendo anche in Africa e in particolare in Etiopia, dove grandi opere idrogeologi­ che, come la Grand Renassaince Dam, costruita sul Nilo Azzurro, hanno spinto il Governo egiziano a minacciare ritorsioni nel caso si fosse verificata una forte diminu­ zione della portata del fiume e dei sedimenti ricchi di nutrienti fondamentali per l’agricoltura. Tensioni simili sono in corso anche in Kenya con la rea­ lizzazione della diga Gibe III, che sarebbe causa di un crollo drastico del livello delle acque del lago Turkana, fonte di sostentamento per decine di etnie stanziate nel­ la regione, le quali potrebbero dare avvio a una serie di guerre tribali per il cibo e l’acqua. Un’altra area a rischio è il bacino idrico del Mekong, fiume dell’Indocina, dodicesimo al mondo in termini di portata (475 km³ annui), che per migliaia di anni ha so­ stenuto centinaia di comunità indigene.

La Banca mondiale ha contato ben 507 conflitti legati al controllo delle risorse idriche, compresa la recente guerra civile in Siria, dove secondo diversi esperti molti anni di siccità hanno contribuito allo scatenarsi della crisi. Ricordiamo anche la siccità globale del 2016, che ha ag­ giunto 50 milioni di persone nella lista della popolazio­ ne colpita da “fame estrema”; la tragedia in Sud Sudan di inizio 2017, dove le persone si sono letteralmente uccise a vicenda per la poca acqua rimasta nei pozzi; le prote­ ste in Bolivia e Cile contro le privatizzazioni. In alcuni casi questi conflitti possono assumere una dimensione internazionale. Uno dei punti “caldi” è, per esempio, il fiume Indo che alimenta il settore agricolo ed energetico di due Paesi nemici di lunga data, India e Pakistan. Il fortissimo prelievo di acqua per scopi agricoli ha spesso scatenato dure invettive politiche da entrambe le parti, ma per fortuna, finora, non si è mai arrivati a un vero e proprio scontro.

Negli ultimi anni tuttavia la costruzione di oltre 39 grandi dighe lungo il suo corso sta modificando il regime in modo sostanziale, così come è avvenuto con la costru­ zione della diga delle Tre gole in Cina, che ha causato il trasferimento forzato di 1,2 milioni di persone. Entro il 2030, secondo i dati delle Nazioni Unite, addirit­ tura il 47% della popolazione mondiale vivrà in zone a elevato stress idrico.

I conflitti per l’acqua nella storia

Fonte: Ideegreen.it

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L’ecomafia Il termine “ecomafia” è un neologismo che serve a indi­ care tutte le attività criminose che danneggiano, in un modo o nell’altro, l’ambiente circostante. In Italia, di ecomafie in senso generico si inizia a parlare nel 1982, quando un decreto legislativo sancisce l’esi­ stenza di rifiuti pericolosi e tossici. Le ecomafie gesti­ scono pevalentemente lo smaltimento di questi rifiuti in zone dove non sarebbe consentito, provocando l’inquinamento dell’ambiente e in particolare delle acque, su­ perficiali o profonde. Il termine diventa però ufficiale dal 1994, quando l’asso­ ciazione ambientalista Legambiente pubblica uno studio intitolato: Le ecomafie – Il ruolo della criminalità organizzata nell’illegalità ambientale, in collaborazione con i Carabinieri e l’istituto statistico Eurispes. I reati “ecomafiosi” possono essere commessi nella produzione, nel trasporto e nello smaltimento dei rifiuti. Il produttore può dichiarare il falso sulla quantità o sulla tipologia di rifiuti da smaltire oppure incaricare dell’ope­ razione imprese che lavorano sottocosto e con metodi illegali.

I numeri dei reati contro l’ambiente stanno crescendo a dismisura, così come il fatturato dell’ecomafia, che nel 2018 è aumentato del 9,4%, raggiungendo quota 14,1 miliardi di euro. Fortunatamente però aumentano anche gli arresti, registrando un +139,5% di ordinanze di custodia cautelare rispetto al 2017. La Campania detiene la maglia nera per i reati ambientali, fenomeno tra l’altro prevalentemente meridionale, che interessa per oltre il 42% Calabria, Puglia, Sicilia e appunto Campania (dati di Legambiente).

Il business dell’ecomafia Agroalimentare 1

Rifiuti speciali 3,2

Animali e piante protette 3,2

Abusivismo edilizio 2

14,1 mld (+9,4% dal 2016) Mercato illegale: 11,4 mld

Inquinamento ambientale 1,3

Incendi boschivi 0,2

Archeomafia 0,2

Corruzione ambientale 0,3

Investimenti a rischio: 2,7 mld

Fonte: Legambiente/Il Sole 24 Ore

Per quanto riguarda il trasporto, possono venire manomessi i documenti di classificazione della merce, in modo da dirottare il carico o farlo scomparire. Nelle operazioni di smaltimento le truffe riguardano in­ fine finte trasformazioni, bancarotte fraudolente degli impianti di trasformazione, con il conseguente abban­ dono sul posto dei materiali, trattamenti inadeguati, ab­ bandono di rifiuti in discariche abusive.

L’economia sommersa, informale e criminale In alcune realtà mondiali, sia nei Paesi a sviluppo avanzato sia in quelli in via di sviluppo, all’economia regolare si affiancano attività generatrici di reddito che sfuggono al controllo della Pubblica amministrazione. Per indicare queste forme eterogenee che non rispettano le regole ufficiali vengono utilizzate diverse definizioni, sintetizzabili in tre categorie: • economia sommersa, ovvero l’insieme delle attività di produzione di beni e servizi legali di cui la Pubblica amministrazione non è a conoscenza (a causa dell’evasione fiscale o del mancato rispetto delle regole amministrative); • economia informale, che consiste nel lavoro precario effettuato dal singolo individuo per esempio in campo artigianale, commerciale o dei servizi alla persona; • economia criminale, che persegue l’ottenimento di guadagni illegali anche attraverso reati. • In contesti caratterizzati da scarsità di iniziative pubbliche, dall’incapacità da parte delle istituzioni di soddisfare i fabbisogni primari dei cittadini, da un’inesistente o

inadeguata tutela del lavoratore, la cosiddetta “economia informale” diventa spesso una necessità e l’unica fonte di imprenditorialità, poiché nasce dalle peculiarità del territorio, dal rispetto dei legami familiari e del clan, dalla solidarietà all’interno del villaggio.

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