KMS #56 K-TECH
TECNOLOGIA AEROSPAZIALE La costruzione del composito in autoclave con fibre di carbonio prepreg, cioè pre-impregnate con la giusta quantità di resina, è la massima tecnologia in questo momento disponibile sia per il settore aeronautico sia aerospaziale. I materiali utilizzati sono composti di fibre di varia natura quali fibre di carbonio, vetro, kevlar 29/49, basalto, zylon, twaron, quarzo, lino, boro, ceramiche e altre, le matrici che “saldano” assieme queste fibre per conformarle secondo la forma desiderata, sono di tipo polimerico termoindurenti. Attualmente, in campo aeronautico e industriale, le matrici più utilizzate sono di tipo epossidico, estero-cianato, fenolico e poliammidiche. Queste sono le più note e le differenze sostanziali tra questi polimeri termoindurenti sono dovute a vari fattori quali: resistenza alla fatica meccanica, alle alte temperature, resilienza, resistenza allo sfilacciamento, basso punto d’infiammabilità, eccellenti qualità adesive, alto punto di fusione, capacita dielettriche e altre. Ogni tipologia di matrice possiede una o più caratteristiche che la rendono unica nel suo genere.
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PRE-PREG RRD ha scelto di realizzare le proprie tavole Top di gamma con fibre in Carbonio pre-impregnate, con matrici epossidiche. Questi materiali, devono essere
necessariamente stoccati all’interno di sacchi sigillati a una temperatura di -18°, la resistenza a temperatura ambiente (max 23°) non è mai superiore ai 30 giorni. Ci sono matrici a bassa temperatura che sono molto instabili, che possono reagire nel giro di poche ore o addirittura anche solo se esposte alla luce, motivo per il quale è importantissimo mantenere sempre tutti i preimpregnati rigorosamente al buio in cella sottozero, per evitare un prematuro decadimento del tack e di conseguenza anche l’indurimento della stessa matrice. TAGLIO E STRATIFICAZIONE Ogni qual volta si procede al taglio dei materiali necessari per la stratifica di un composito, occorre prima lasciare il sacco sigillato almeno 3/4 ore a temperatura ambiente, per permettere alla condensa di sciogliersi e al materiale di auto condizionarsi alla temperatura esterna. Questa fase è assolutamente necessaria, altrimenti rischieremmo di far inglobare nel composito, particelle di ghiaccio che andrebbero a inibire la catalisi del legame polimerico. In seguito si procede al taglio del materiale che è ricoperto da entrambi i lati da un film antiadesivo che serve per coprire e proteggere le fibre. In fase di stratifica è poi sfogliato da un lato, adagiato sul legno o Herex e sulle pelli precedenti, ripassato più volte per evitare il formarsi di bolle d’aria e solo in seguito “spellicolato”
e così preparato per una successiva stratifica, il posizionamento della grafica e per la fase finale del procedimento. Solitamente il tack (adesivo) utilizzato per adagiare i tessuti e tenerli fermi sugli stampi è già sufficiente, ma in caso contrario, si può procedere con il preriscaldamento delle pelli con il phon oppure semplicemente con il calore delle mani, la resina infatti non è liquida, ma in questo stato sembra piuttosto un biadesivo. Durante la lavorazione bisogna comunque ricordarsi di utilizzare guanti di cotone o in lattice, ed evitare sempre il contatto diretto con occhi e pelle, poiché si tratta pur sempre di componenti chimici irritanti e tossici. PREPARAZIONE FINALE DELLO STAMPO Dopo aver terminato la stratifica del composito, si utilizza un film distaccante non forato e aeratore, i preimpregnati infatti contengono una percentuale di resina che può variare dal 36 al 50%, la media è del 43%, ovvero la quantità esatta che occorre esattamente alla fibra per avere il prodotto finale ottimale per leggerezza e resistenza strutturale. Un eccesso di resina non è sempre sinonimo di qualità, anzi il composito sebbene possa presentarsi più rigido a un primo esame, non solo è più pesante, ma anche decisamente più fragile. Il composito è nato per sfruttare al meglio le qualità intrinseche delle fibre, la loro anisotropia è un notevole vantaggio perché si può realizzare un oggetto a seconda del suo utilizzo,
l’esempio per eccellenza è la natura, ma talvolta può anche risultare difficile prevedere l’andamento di danneggiamenti o fratture, motivo per il quale si preferisce avere una fibra che lavora all’ 85% con il giusto rapporto di resina che una fibra che lavora al 15% con un cattivo rapporto fibra/matrice. La resina epossidica non è altro che un collante sviluppato, per poter rendere stabile la conformazione dell’oggetto desiderato, le fibre da sole non potrebbero farlo.
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SOTTO VUOTO Terminata l’operazione d’imballaggio dello stampo stratificato con l’aeratore, si procede con inserire il tutto all’interno di un sacco che sarà sigillato e collegato da una valvola che provvederà ad assicurare il collegamento con la pompa del vuoto, la quale a sua volta aspirerà l’aria all’interno della busta sigillata. Dopo aver lasciato per almeno 25 minuti il sacco sotto l’azione della pompa, si procede con la verifica della tenuta con un vacuometro e poi successivamente si passa in autoclave.
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AUTOCLAVE Questa è la parte chiave di tutto il processo, se il sacco è ben sigillato, non ci sono problemi per portare a termine con successo il processo, in caso contrario una volta chiusa l’autoclave e mandata in pressione e temperatura, non si potrà fare più nulla e il prodotto dovrà essere eliminato. Tutte queste
operazioni sono molto delicate perché la pressione esercitata in autoclave è notevole, si parla di 4/5 bar, in altre parole circa 5 kg/cm2 , più o meno 0,8 Atmosfere. Forse questi numeri da soli non significano granché per la maggior parte dei lettori, allora proviamo a fare un esempio pratico. Supponiamo di mettere in autoclave una tavola lunga 140 cm e larga 43 cm, il tutto sviluppa una superficie di quasi 6000 cm2, moltiplichiamo questo parametro per 5 Kg e avremo una spinta di quasi 30 Tonnellate sulla superficie interessata! Per lavorare a queste pressioni bisogna che il manufatto che si trova all’interno dell’autoclave sia stato prodotto con una tecnica allo stato dell’arte, perché ogni più insignificante imperfezione può avere come conseguenza il danneggiamento oppure la rottura del prodotto in autoclave! CICLO DI CURA Una volta sigillata l’autoclave, s’inizia con una rampa di salita predeterminata di pressione e temperatura, il ciclo di cura dei nostri preimpregnati è variabile e studiato per il nostro specifico prodotto, e visto l’utilizzo combinato di vari materiali come Herex, legno, abs, pet, grafica, abbiamo standardizzato il processo con un parametro che è strettamente riservato, possiamo solo dire che la temperatura minima di cura per 1 ora è di circa 127°.
RAFFREDDAMENTO Terminato il ciclo di cura si procede con il raffreddamento che è una parte importantissima del ciclo, probabilmente il punto cruciale. Arrivati a una temperatura di circa 75° si provvede a diminuire la pressione in autoclave, e arrivati a pressione 0, si provvede ad aprire e estrarre il carrello con gli stampi. Quando il composito sarà perfettamente freddo (il legame polimerico si perfeziona a 24 ore dalla cura) solitamente il giorno dopo, si provvede a estrarre il tutto dalla busta e quindi si passa alla rifilatura al CNC, svasatura dei fori, controllo peso e controllo finale del prodotto per verificare che tutto sia realizzato a regola d’arte.. CONCLUDENDO… Un composito trattato in autoclave è il meglio che si può ottenere in campo ingegneristico, i parametri di rapporto fibra/matrice, assieme a quelli di pressione/temperatura, permettono di ottenere un prodotto privo di bolle d’aria, con un peso costante, rigidità costante, e quindi un controllo industriale di qualità elevatissima. E dopo tutta questa teoria sul perché e sul come èrealizzata la gamma Top dei twintip RRD, non vi resta altro da fare che provare una di queste tavole per capire come tutta questa tecnologia una volta in acqua si traduca non solo in prestazioni di punta, ma anche in comfort e facilità di utilizzo!