25° Anniversario del Congresso di Unificazione della CGT

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Proviamo a ricordare su queste pagine gli aspetti più importanti di ciò che è stata la ricostruzione di questo progetto, le nostre iniziative, le nostre discussioni, i nostri dubbi. Le ragioni? Molte, ma sopra tutte quella di trasmettere la nostra storia ai nuovi militanti, ai simpatizzanti, agli amici e amiche che lottano con noi o, semplicemente, che ci guardano con stima, magari senza conoscere esattamente quali sono stati i singoli passi e, soprattutto, quali sono state le motivazioni e i percorsi seguiti per arrivare fin qui. Abbiamo percorso tanta strada, però rimane molto da fare. Soprattutto, conquistare il nostro obiettivo finale, il nostro sogno: rendere possibile il cambiamento sociale per una umanità basata sulla giustizia e l'uguaglianza. Per realizzare ciò, il nostro modello sindacale contiene implicitamente una proposta di lotta coerente a conseguire questo profondo cambiamento sociale che trascende dal rigoroso quadro del «mondo del lavoro». Facendo in modo che la CGT, l'organizzazione che costruiamo con il nostro impegno quotidiano, sia simile alla società che noi cerchiamo di raggiungere e applicando i criteri e la logica con cui intendiamo sviluppare il nostro modello di società futura. Mantenendo coerenza tra ciò che facciamo quotidianamente e quello che vogliamo essere un giorno. In queste pagine cercheremo di dare forma organica a ciò che ancora non era stato stato riunito: descrivere e riflettere sugli aspetti e le ragioni fondamentali della nostra storia, sui quali si è costruita la nostra realtà attuale, senza dimenticare di rendere omaggio a quelle migliaia di donne e uomini che con costanza e in silenzio, senza medaglie né riconoscimenti, hanno contribuito allo sviluppo del nostro progetto. In particolare a tutti coloro la cui tenacia nel corso della storia, nei decenni d’esilio, di carcere e di repressione, ci sono serviti da punto di riferimento, da guida, da esempio di dignità e di speranza. E’ pensando a loro che volgiamo questo sguardo sul nostro passato recente e apriamo le porte al futuro, per non dimenticare tutto il bagaglio, che ci precede, di lotte ed esperienze libertarie sviluppatesi con oltre un secolo di presenza organizzata in queste terre iberiche, ed essendo consapevoli del fatto che lavoriamo per un futuro in cui i principi di uguaglianza, giustizia e libertà, dovranno essere i termini entro i quali sarà definita l'evoluzione della vita sociale.






Non mi importa di ciò che dicono se ciò che ho detto è certo Non mi importa quello che faranno, bensì di ciò che stato fatto. Le parole a poco servono, ciò che serve sono i fatti.

No me importa lo que digan si lo que he dicho es cierto. No me importa lo que harán, sino lo que quedó hecho. Las palabra poco sirven, lo que sirven son los hechos.

Sara Guillén “Berenguer” Sara Guillén “Berenguer”

“In ricordo degli incontri annuali di Bréziers e dei compagni e delle compagne del Gruppo Confederale dell’Emigrazione”


ANNIVERSARIO nniversario è parola che può essere messa in relazione con illecite pratiche di revisionismo o con una vanitosa autoconttemplazione; o anche con la nostalgia, gli eroici ricordi e le sconfitte affrontate con orgoglio. Vogliamo, in questo caso, che non sia nulla di tutto ciò: la celebrazione di questi 25 anni di sforzo collettivo nella promozione dell’idea libertaria, di una società autogestionaria e antiautoritaria, di un progetto di convivenza in libertà, al di fuori del potere e dello stato, deve invece rappresentare un momento di riflessione e di sintesi, e, soprattutto, un punto di svolta delle strategie sul futuro immediato, chiaramente critica e di confronto, sia dal punto di vista delle lotte dei lavoratori, quanto da quello dei movimenti alternativi che, su fronti diversi e sparsi (dalla ribellione dei precari, al movimento per la pace senza aggettivi, fino a coloro che coltivano la passione rivoluzionaria senza se e senza ma), provano, riprovano e riprovano ancora a darsi una fisionomia... E’ chiaro: esistono radici, tradizioni, percorsi storici e militanze all'interno della CGT. E’ altrettanto chiaro che il contributo dell’anarcosindacalismo alla lotta dei lavoratori e rivoluzionaria in queste terre è stato fondamentale e decisivo... ma noi, la Confederación General del Trabajo (e implicitamente tutto il mondo della disoccupazione), sappiamo anche, guardando indietro, in questo secolo e oltre che si è accumulato sulle nostre spalle, che ci sono state troppe inutili disquisizioni sulla legittimità dell’una o dell’altra proposta organizzativa, con un eccesso di storicismo in alcune occasioni e con troppo sradicamento in altre, troppi sguardi all’ideologia (per non dire di peggio) e, in alcuni momenti dolorosi, anche approcci inadeguati di fronte a problemi che avrebbero richiesto una immediata risposta.

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Perciò, pur riconoscendo i nostri legami con la tradizione anarcosindacalista iberica (centenaria, memorabile e talvolta contraddittoria), dobbiamo anche affrontare le questioni concrete: il rafforzamento dello Stato autoritario, neoliberista e informatizzato, il taglio progressivo delle libertà, anche se sappiamo essere soltanto formali; la nuova cultura legata alla produttività, dall'economia sommersa al problema strutturale di una disoccupazione che aumenta e colpisce sempre più i giovani; l'impero del consumo su scala planetaria; il riflusso della lotta operaia e il “bizzarro pattismo” messo in atto per salvare la “bizzarra crisi” mediante una non meno "bizzarra eliminazione" delle “dignità” sindacali; il controllo soffocante della vita quotidiana, il ricatto di una permanente minaccia nucleare rappresentato dalla belligeranza competitiva tra gli Stati... Il progetto di distruzione, in poche parole, di ogni speranza materiale di cambiamento per centinaia di generazioni future. Affrontiamo le questioni più evidenti, ma anche quelle che lo sembrano meno, con nuovi metodi operativi, con nuove forme di protesta e di lotta, con progetti originali, accentuandone la partecipazione e l’autogestione, la nostra capacità di condizionare e modificare le diverse realtà, nel rifiuto della gerarchia e del leaderismo, nel supporto per tutti quei movimenti che, purché non siano fine a se stessi, segnalino e mobilitino nella direzione di obiettivi concreti che possano essere anche nostri, accettando la nostra presenza insieme ai movimenti alternativi, e canalizzando il potenziale di resistenza che si annida ai margini del sistema. E questa lotta, che può essere nel segno di un militante sacrificio nel vecchio e rispettabile uso del termine, deve essere anche gratificazione personale, gioco e festa. Così la maturazione di questo 25° anniversario, deve esserlo soprattutto da un punto di vista giovane. Continuità e rottura. La CGT esiste non solo nella storia, non solo incarna una tradizione e prospetta una utopia, ma la vive qui e ora nella sua possibilità concreta. Questo “volantino”, che ha l'anonimato necessario per rappresentare qualsiasi lavoro collettivo, è un invito senza firma e senza data per il compleanno della CGT. Continueremo a crescere, continueremo a raccogliere forze, continueremo ancora ad aprire brecce contro il potere. Celebriamolo. Ingrandiamola.

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INTRODUZIONE

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n coincidenza col 25° anniversario del Congresso di Unificazione tenutosi il 29-30 Giugno ed il 1° Luglio 1984, abbiamo pubblicato questo volume che intende fare un viaggio attraverso la storia recente del nostro sindacato, la CGT, che da più di due decenni e mezzo sta lavorando per tornare a dare all’anarcosindacalismo organizzato il vigore e la forza che ebbe -come aspirazione e progetto integrale di cambiamento sociale- nel corso del secolo passato, sia nello stato spagnolo quanto sulla scena internazionale, fornendo alla classe operaia uno strumento utile per rispondere alle situazioni attuali. Un viaggio che in se stesso, anche, desidera servire da omaggio chiaro ed inequivocabile a tutte le compagne e compagni che, in un modo o nell'altro, hanno contribuito a che il progetto, iniziato sotto la sigla della CNT, e che dovettero trasformare per imperativo legale in quello di CGT, sia ora una realtà tangibile che plasma il presente e il futuro. Uno strumento utile per la classe operaia, appunto. Partiamo dal Congresso di Unificazione e, pertanto, i giorni 29 e 30 giugno e il 1° luglio 1984 rappresentano il minuto «zero» nella nostra storia recente. Un punto di partenza per individuare l'esatto inizio della fase attuale della nostra organizzazione. Questo è quanto abbiamo vissuto in questi 25 anni, in particolare nei primi giorni. Allora le dispute e le differenze erano fresche e recenti. Rapidamente, però, abbiamo imparato a dimenticare le rispettive provenienze e i rispettivi percorsi di scontro avvenuti nei momenti più duri del confronto, per integrarci in un progetto comune che faceva rinascere il sogno e ci riempiva di speranza. A partire dalla «carta bianca» che rappresenta ogni nuova opportunità e che saremmo pienamente disposti a sottoscrivere nuovamente nel presente.

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Chiaramente noi non siamo osservatori imparziali, né intendiamo esserlo. Questo libro nasce da esperienze di vita, da implicazioni dirette e dalla valutazione dello sforzo che ha richiesto il costruire una organizzazione, non da niente, ma dalle ceneri di quello che avremmo potuto essere e non siamo stati. Ricostruendo tutto sulla base dell’entusiasmo e dell’abnegazione. Proviamo a ricordare su queste pagine gli aspetti più importanti di ciò che è stata la ricostruzione di questo progetto, le nostre iniziative, le nostre discussioni, i nostri dubbi. Le ragioni? Molte, ma sopra tutte quella di trasmettere la nostra storia ai nuovi militanti, ai simpatizzanti, agli amici e amiche che lottano con noi o, semplicemente, che ci guardano con stima, magari senza conoscere esattamente quali sono stati i singoli passi e, soprattutto, quali sono state le motivazioni e i percorsi seguiti per arrivare fin qui. Abbiamo percorso tanta strada, però rimane molto da fare. Soprattutto, conquistare il nostro obiettivo finale, il nostro sogno: rendere possibile il cambiamento sociale per una umanità basata sulla giustizia e l'uguaglianza. Per realizzare ciò, il nostro modello sindacale contiene implicitamente una proposta di lotta coerente a conseguire questo profondo cambiamento sociale che trascende dal rigoroso quadro del «mondo del lavoro». Per descrivere ciò, allora, parliamo semplicemente di azione sindacale quando ci riferiamo agli aspetti concernenti la nostra attività lavorativa. Quando, invece, facciamo riferimento al resto degli aspetti della nostra vita, ciò è quello che noi definiamo come la nostra azione sociale. Questa pratica è organizzativamente consolidata con lo sviluppo di due aree di coordinamento interno che sono state i pilastri della nostra attività, la Segreteria di Azione Sindacale e quella di Azione Sociale, alle quali si è aggiunta, con uno speciale carattere trasversale, la Segreteria della Donna, cercando di ap-

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le, la Segreteria della Donna, cercando di approfondire la nostra visione egualitaria all’interno e fuori dell'organizzazione, insieme con altre aree di lavoro come l'immigrazione, i giovani... Questa è una divisione funzionale per il coordinamento, ma è anche parte di una concezione non gerarchica delle strutture interne, dal momento che tendiamo sempre ad aggiungere spazi di azione e diversi livelli di rivendicazione. Intendiamo accentuare, così, l'insieme delle aspirazioni e delle esigenze, a partire da un criterio fondamentale di solidarietà e di sostegno reciproco, per far entrare in ogni attività nel concreto questo impulso trasformatore che perseguiamo. Un impulso la cui efficacia sarà determinata a sua volta dal consolidamento della coscienza partecipativa e dalla capacità collettiva di decidere, lavorando in modo autonomo e coerente. Questa è l'azione diretta sviluppata nella sua forma più completa e senza altre delimitazioni che gli accordi assunti volontariamente e nei quali consideriamo l'organizzazione quale strumento imprescindibile alla concretizzazione dell'utopia e alla materializzazione della «Idea», che abita nei nostri cuori. Riserviamo in questo libro commemorativo uno spazio separato a quelli che noi chiamiamo «il grande impegno Confederale», cioè tutte quelle iniziative con le quali meglio abbiamo plasmato questo crogiolo rivendicativo che è l'essenza stessa della nostra organizzazione. Questi impegni che abbiamo deciso e attuato sono quegli stessi che sono serviti di riferimento nella lotta contro il capitalismo sfruttatore, genocida, guerrafondaio ed ecocida che ci sta conducendo alla distruzione. Abbiamo detto all'inizio di questa introduzione che è molto quello che abbiamo fatto, ma è molto di più quello che dobbiamo ancora fare. Vogliamo continuare ad essere una voce critica in un mondo dove le dissidenze sono sempre più necessarie. Un'organizzazione di lavoratrici e di lavoratori che intende ricostruire il messaggio di classe e di unità tra tutti coloro che sono sopravvissuti in ambienti di lavoro e sociali, sempre più opprimenti e sempre più frammendal INTRODUZIONE

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opprimenti e sempre più frammentati dal capitale. Una organizzazione sempre più forte per aiutare il consolidamento di uno spazio sociale anticapitalista e antiautoritario in confluenza aperta con coloro che, indipendentemente della loro origine, colore, o costumi, riconoscano se stessi in queste aspirazioni. Un impulso visibile e un costante impegno per la lotta contro il modello globale capitalista. All'interno della CGT siamo molto consapevoli dei nostri contributi e proposte, così come dei nostri squilibri ed errori. Poche organizzazioni sono in grado di mantenere in modo tanto costante e abituale un confronto così permanente ed intenso. E i nostri dibattiti organici sono la prova di ciò. Proprio per queste ragioni siamo abbastanza convinti che ciò che stiamo costruendo abbia bisogno di uno sguardo riflessivo sulla realtà più che di una autocelebrazione.

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Proprio come veniva attribuito alla CGT nel film fi “Il Principio di Archimede”, facciamo nostra la ffrase «ACCENDE LA FIAMMA DELLA RIBELLIONE» a cui aggiungiamo il nostro desiderio di coL sstruire, giorno per giorno, l’UTOPIA per completare il ssenso della nostra attività. Quello che vogliamo sottolineare è qualcosa che aabbiamo doppiamente appreso nella teoria classica e nnello sviluppo della pratica quotidiana: non vi è nulla di ppiù libertario, e quindi di più libero, in una società ed in uuna organizzazione, come la tolleranza e il consenso al momento di condividere spazi, accordi e differenze. m La società libertaria non può essere uniforme né cchiusa ed ermetica; si deve partire dalla accettazione ddelle differenze e da una regola basilare di rapporti che iinizino dal garantire il rispetto uguale per tutte le perssone e la realizzazione delle decisioni assunte in modo ccollettivo. Una cosa che dobbiamo considerare in via prioritaria -e non potremmo fare nulla di meglio per la classe operaia, per gli oppressi e gli sfruttati, per noi stessi in definitiva- è quella di lanciare qui e subito il nostro progetto. Facendo in modo che la CGT, l'organizzazione che costruiamo con il nostro impegno quotidiano, sia simile alla società che noi cerchiamo di raggiungere e applicando i criteri e la logica con cui intendiamo sviluppare il nostro modello di società futura. Mantenendo coerenza tra ciò che facciamo quotidianamente e quello che vogliamo essere un giorno. In queste pagine cercheremo di dare forma organica a ciò che ancora non era stato stato riunito: descrivere e riflettere sugli aspetti e le ragioni fondamentali della nostra storia, sui quali si è costruita la nostra realtà attuale, senza dimenticare di rendere omaggio a quelle migliaia di donne e uomini che con costanza e in silenzio, senza medaglie né riconoscimenti, hanno contribuito allo sviluppo del nostro progetto. In particolare a tutti coloro la cui tenacia nel corso della storia, nei decenni d’esilio, di carcere e di repressione, ci sono serviti da punto di riferimento, da guida, da esempio di dignità e di speranza.

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A tutte le donne e a tutti gli uomini che hanno lottato e dedicato la loro vita, con il loro profondo impegno e sacrificio, perché l’anarcosindacalismo potesse rimanere vivo. Ad essi, così come alle tante amiche e amici che hanno accompagnato il nostro viaggio, permettendoci di godere in ogni momento di un margine sempre più ampio di analisi e di azione. E’ pensando a loro che volgiamo questo sguardo sul nostro passato recente e apriamo le porte al futuro, per non dimenticare tutto il bagaglio, che ci precede, di lotte ed esperienze libertarie sviluppatesi con oltre un secolo di presenza organizzata in queste terre iberiche, ed essendo consapevoli del fatto che lavoriamo per un futuro in cui i principi di uguaglianza, giustizia e libertà, dovranno essere i termini entro i quali sarà definita l'evoluzione della vita sociale.

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Allegato 1 Le Radici storiche della CGT

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al momento in cui si costituì a Londra nel 1864, l'Associazione Internazionale del Lavoro - AIT - (la Prima Internazionale), le organizzazioni dei lavoratori spagnoli che si sono succedute nel corso del tempo, e delle quali la CGT si considera l'erede naturale, sono le seguenti:

Dal 1870 al 1881, la Federazione Regionale Spagnola. Dal 1881 al 1888, la Federazione dei Lavoratori della Regione Spagnola Dal 1889 al 1896, il Patto di Unione e di Solidarietà della Regione Spagnola. Dal 1900 al 1906, la Federazione Regionale delle Società di Resistenza della Regione Spagnola. Fino al 1907, l'Unione Locale delle Società Operaie di Barcellona. Dal 1907 al 1910, la Federazione Solidaridad Obrera. Dapprima a livello locale (Barcellona), e poi regionale (Catalogna). Dal 1910 al 1989, la Confederazione Nazionale del Lavoro (CNT). E, a partire dal 1989, la Confederazione Generale del Lavoro, CGT.

Per seguire questo processo storico, dobbiamo fare riferimento ai seguenti Congressi:

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II° CONGRESSO di Solidarietà Operaia di Catalogna Barcellona (Sala delle Belle Arti), 30 Ottobre - 1 Novembre 1910. Come risoluzione, il Congresso convenne: "... che si costituisce una Confederazione Generale del Lavoro spagnola, integrandola, temporaneamente, con tutte quelle società che non aderiscono alla UGT, a condizione che, una volta costituita la CGT spagnola, si cercherà di raggiungere un accordo tra le due Federazioni, per unire tutta la classe operaia in una unica organizzazione." Fu eletto Segretario Generale della nuova organizzazione colui che lo era già stato di Solidaridad Obrera di Catalogna: José Negre. I° CONGRESSO della CNT Barcellona (Sala delle Belle Arti), 8-10 Settembre 1911 Nel mese di Aprile 1913 fu celebrato a Cordoba un Congresso della Federazione Nazionale degli Agricoltori, una associazione indipendente, che apprezzò i principi dell'anarchismo agrario e preparò una rinascita in Andalusia. Alla fine del 1917 si creò la Federazione Operaia Regionale Andalusa (FORA), che ricoprì le funzioni di Comitato Regionale di Andalusia della CNT.


II° CONGRESSO della CNT: Madrid (Teatro de la Comedia). 10-18 Dicembre 1919.

III° CONGRESSO della CNT: Madrid (Teatro del Conservatorio). 11-16 Giugno del 1931. In questo Congresso si approvano le Federazioni Nazionali dell’Industria, come complemento delle strutture classiche dei sindacati, e le federazioni settoriali. Poiché vi sono due tendenze all'interno della CNT, si verifica una spaccatura al suo interno.

V° CONGRESSO della CNT Madrid (Casa de Campo). 8-16 Dicembre 1979. Dopo il V° Congresso si verifica una spaccatura nel movimento anarcosindacalista tra i due settori: la CNT-AIT, e il settore CNT-Congresso di Valencia. Cinque anni dopo il Congresso di Unificazione getta le basi della nostra organizzazione attuale, anche se una decisione politica confermata dalla Corte Suprema nel 1989 ha concesso l'uso della sigla storica ad una piccola sezione che resta al di fuori dei luoghi di lavoro.

IV° CONGRESSO della CNT Saragozza. 1 - 11 Maggio 1936 In questo Congresso partecipano 988 sindacati, che rappresentano 559.294 iscritti. Dopo la rottura del 1931, si ritorna all'unità. Nel contesto della transizione politica spagnola, e della morte del dittatore (20 Novembre 1975), la CNT viene legalizzata, come organizzazione sindacale, il 7 Maggio 1977 con Juan Gomez Casas, come Segretario Generale. Nell'Assemblea Nazionale Regionale del 22-23 Aprile 1978 viene scelto come nuovo Segretario Generale della CNT Enrique Marcos.

ALLEGATO 1 LE RADICI STORICHE DELLA CGT

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nalizzando il nostro sviluppo a partire proprio dal Congresso di Unificazione (29-30 Giugno e 1° Luglio del 1984), possiamo facilmente dedurne che tutto è stato straordinariamente difficile, senza tregua né respiro nelle nostre lotte. Non potrebbe essere altrimenti. Nessuno di noi si poteva diversamente illudere in circostanze tanto rapidamente mutevoli per la società spagnola, visti gli straordinari mutamenti che, dopo la morte di Franco, si sono verificati nello Stato Spagnolo. Il Congresso di Unificazione tra i settori maggioritari dell’anarcosindacalismo, giunse in un momento in cui si era esaurito il cammino iniziato nel 1976, e c’era dunque bisogno di un impulso diverso. Tutto era cambiato intorno a noi, il lavoro, la società, il mondo sindacale e la politica. Tutto era cambiato in modo che tutto seguitasse a rimanere uguale. Le mobilitazioni sociali del decennio precedente erano scomparse. Le innumerevoli sigle (partiti, sindacati, gruppi giovanili, associazioni...) che erano comparse all’inizio del tanto desiderato cambiamento sociale languivano e morivano una ad una. Lo spazio sindacale era occupato quasi interamente dal sindacalismo «istituzionale» di UGT-CC.OO (aiutato in aree specifiche dal sindacalismo simile, come quello di CIG, ELA, USO, CSIF...); ciò diede origine ad un nuovo modello di gestione burocratica che rompeva con la tradizione assemblearista e combattiva degli anni ‘60 e ‘70 per istituzionalizzarsi nell’egemonia totale di entrambe le organizzazioni. Le persone, i lavoratori soprattutto, cessarono di sentirsi protagonisti dei cambiamenti e delle lotte, dal momento che si riproduceva un modello politico di delega, che liquidava la coscienza di classe e sociale. Eravamo negli anni ‘80. Gli anni delle leggi di Riconversione e dei regi decreti di Ristrutturazione che avvieranno il processo di smantellamento del settore industriale.

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Processo che distrusse milioni di posti di lavoro stabili, riorganizzando i sistemi produttivi e causando il passaggio di migliaia di lavoratrici e lavoratori al settore dei servizi, alla disoccupazione o al prepensionamento. Tutto questo fu concordato e firmato da UGT-CC.OO provocando una disillusione enorme nel movimento dei lavoratori che, disorientati, delusi e disorganizzati, non furono in grado di reagire. Un cambiamento che mutò la speranza nella possibilità di una nuova società, e nell’accettazione dell’inevitabile introduzione del modello politico ed economico della democrazia capitalista occidentale. Nel 1984 si verificarono eventi di grande importanza nel mondo sindacale. Si trattò di un momento di svolta nel quale le CC.OO, con feroci discussioni interne e grande emorragia di militanti, decisero di non firmare l'Accordo Economico e Sociale, detto AES (nel 1981 avevano firmato l'Accordo Nazionale per l'Occupazione e nel 1983 l’Accordo Interconfederale per la negoziazione collettiva), distanziandosi dal governo del PSOE. Questo confronto, più formale che reale, portò alla dichiarazione l’anno successivo, nel 1985, del primo Sciopero Generale dopo la transizione. Sul piano politico e sociale il 1984 fu un anno fondamentale per la società spagnola. Il 30° Congresso del PSOE si impegnò a sostenere l'ingresso della Spagna nella struttura militare della NATO. Due anni prima, nel 1982, l'ultimo governo della UDC aveva firmato l'ingresso del paese nella sua struttura politica. Il PSOE vinse le elezioni generali quello stesso anno con una campagna elettorale nella quale coniò l’ambiguo slogan «OTAN de entrada NO», dopo aver promessa la indizione di un referendum prima di accettare tale integrazione.

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L'anno seguente, nel 1985, il PSOE ed il governo, in una campagna per il SI con il supporto di media sempre più potenti che monopolizzarono le informazioni a senso unico, ottennero la sconfitta del NO e degli ultimi residui dell’impulso radicale della transizione. Nel 1984, inoltre, si intensificarono i negoziati che avrebbero portato, un anno dopo, lo stato spagnolo nell'Unione Europea, un processo che l'Europa, in particolare attraverso la collaborazione francese su questioni di carattere economico e di «sicurezza» con il governo spagnolo, stimolò e accelerò. Le prospettive per l'anarcosindacalismo non erano incoraggianti ed è proprio in queste circostanze che prese forma il nostro progetto rigeneratore: una scossa nel processo di esaurimento organico della CNT che si era posta in una posizione di emarginazione volontaria rispetto al mondo del lavoro. Noi eravamo ciò che, in quel momento, rimaneva di un movimento libertario con una splendida storia e che pochi anni prima era riuscito a brillare con forza e luce propria, ma che ora si era sciolto come neve al sole lasciando ben poco nella realtà. Anche l’insieme delle organizzazioni combattive e rivoluzionarie aveva perso peso ed esse praticamente scomparvero. La sinistra istituzionale, una volta installata al potere, modificò radicalmente il suo discorso sociale, e il movimento operaio venne annichilito proprio mentre i sindacati «istituzionali» si burocratizzavano sempre più attraverso privilegi, sovvenzioni e nepotismo. Il sindacalismo diventava così un ingranaggio in più del sistema politico ed economico assimilandone completamente i criteri. Il tessuto industriale scompariva e cominciavano i contratti temporanei, le riforme delle pensioni, gli accordi interconfederali con perdita di potere d'acquisto... Questo era il contesto e questa è stata la sfida che decise di affrontare la nostra organizzazione che, pur continuando a denominarsi CNT, era altresì totalmente convinta che vi fossero molte cose da cambiare.

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I contorni del dibattito che ne seguì non sono semplici e certamente non è utile sprecare troppe energie per raccontare uno sterile dibattito che non importa proprio a nessuno. Resta il fatto che l'impegno profuso in direzione del Congresso di Unificazione si prospettava come l’ultima possibilità di uscire dalla battuta d'arresto. Non bisogna dimenticare che il deterioramento delle condizioni di lavoro e sociali si produsse a causa della caduta di partecipazione dei lavoratori in termini generali, senza sviluppo di assemblee e senza mobilitazioni collettive. Si trattava di un momento di cambiamento generazionale nel quale scomparivano la militanza e le motivazioni che alimentarono le lotte della transizione. E’ allora che iniziarono ad apparire nuove forme di confronto sociale alternative al sistema, e forme di impegno basate su formule altrettanto nuove che delinearono un quadro dissidente che sfuggiva ai canoni classici delle lotte dei lavoratori. La società venne normalizzata nel quadro della democrazia borghese, come abbiamo già detto. Aumentò la smobilitazione sociale e la istituzionalizzazione della sinistra politica. Non c'è dubbio che in questa situazione la grande nota stonata era la nostra rinascita che portava avanti un progetto sindacale rinnovato. Aperta a coloro che volevano continuare a combattere contro il sistema capitalista e in rapporto con una nuova generazione di lotte basate sul concetto di resistenza di piccoli gruppi di auto-affermazione militante in assenza di una mobilitazione di massa e di un movimento operaio trasformatore. Ora, quasi senza rendercene conto, sono passati 25 anni dal Congresso di Unificazione ed il processo sociale è evoluto proprio sulle linee già allora definite. Così si può osservare come l'integrazione nella NATO e nell'Unione europea abbiano consolidato un modello politico e relazioni internazionali perfettamente omologati all'egemonia americana, benedetti dalle multinazionali e dalle altre organizzazioni del capitale: BM, FMI, UE, BCE... che ci governano con arroganza assoluta. Un mostro senza testa, invisibile, che limita i nostri diritti e dove i governi di turno non rappresentano altro che dei manichini messi lì per annullare ogni nostro potere di decisione.

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Un modello che apparve in tutta la sua evidenza con il coinvolgimento del governo di Aznar nell'invasione dell’Iraq, e che oggi mantiene un profilo più discreto con il governo Zapatero e la presenza delle truppe in Afganistan. Alla fine, nonostante gli slogan contro la NATO, l’insubordinazione all'esercito e la mobilitazione contro la guerra in Iraq o l'invasione di Gaza da parte di Israele, ci è stato imposto il modello guerrafondaio della globalizzazione economica e armata. Dalla ristrutturazione industriale, con le sue prime restrizioni economiche, si è passati alle successive riforme del lavoro. Disoccupazione, tempo determinato, precarietà, flessibilità e competitività sono state le parole che hanno caratterizzato questi anni. Competitività benedetta dall'Unione Europea, dalla Confindustria europea, dalla Confederazione Europea dei Sindacati e da coloro che realmente comandano in Europa: i banchieri e le multinazionali. Ora c'è una nuova parola: «flessicurezza», che potrebbe riassumersi come «ognuna di esse e tutte insieme». In parallelo si sviluppavano le privatizzazioni, il disinvestimento sociale, lo smantellamento del settore pubblico, e tutto ciò con la collaborazione essenziale del sindacalismo «istituzionale» di UGT-CC.OO e dell’annesso sindacalismo burocratico e corporativo. I meccanismi del bellicismo, della precarizzazione del lavoro e della sicurezza sociale, sono stati accompagnati da un aumento della repressione, della distruzione dell’ambiente e della disuguaglianza il cui risultato è la società in cui viviamo e nella quale veniamo intorpiditi dal consumismo, dal ricorso al credito, dalle fluttuazioni finanziarie e dalla possibilità quasi infinita dell’impiego delle nuove tecnologie. E tutto senza più bisogno di pensare. Fino a quando tutto esploderà nuovamente e ci toccherà entrare in un'altra crisi, l’ennesima, del sistema capitalistico. Noi, prima come CNT e dal 1989 come CGT, non abbiamo rinunciato alla lotta. Abbiamo continuato ad erigere un muro di coscienza, di risposte, di lotte e di solidarietà lungo 25 anni di azione continua in tutti i settori nei quali ci è stato possibile. Siamo andati controcorrente, mettendo in discussione il sistema e la logica del Capitale. Abbiamo difeso il lavoro e la sua ricchezza. Abbiamo lottato contro la militarizzazione, contro il degrado ambientale e contro la disuguaglianza.

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A partire dalle assemblee nelle più piccole officine fino allo Sciopero Generale, siamo rimasti sulla breccia. Questo sforzo, questa resistenza, ci ha condotti ora ad affrontare un momento storico nel quale riaffermiamo il nostro impegno a consolidare i risultati già raggiunti. Mentre il processo sociale ha fatto il suo corso all'interno della deriva neo-liberista, molte altre cose sono cambiate intorno a noi, poiché ci sono giunti molti sostegni e molta solidarietà dall'interno dei movimenti sociali nuovi e vecchi che contribuiscono in modo decisivo alla amplificazione dei nostri messaggi. Ora possiamo contare su una nostra accumulata esperienza e su una militanza giunta alla CGT con una molteplicità di motivazioni, cementando una organizzazione dinamica in permanente evoluzione. Si tratta di una militanza giovane che giunge con la rinnovata energia necessaria per iniziare una nuova fase e che lascia poche opzioni alla passività o alla illusione nelle istituzioni; una militanza che è frutto di una realtà che, puntando a condannare le generazioni più recenti alla precarietà, alla sottomissione e alla impotenza, configura invece una nuova presenza di uomini e donne che si formano nella lotta e con la mobilitazione. Le contraddizioni stesse del sistema capitalistico sono responsabili delle nuove risposte alle ingiustizie che essa genera. La disoccupazione, la violenza, la repressione, la corruzione, la speculazione, il degrado sociale... Una catena di sfruttamento che colpisce particolarmente l'immigrazione, le donne, i giovani..., mettendo lavoratrici e lavoratori di diverse origini in una concorrenza fratricida. Questo accumulo di esperienza, questa militanza a cui non cessano di aderire sempre più nuove compagne e nuovi compagni, insieme a questa interazione con i movimenti sociali nei quali siamo immersi, fanno sì che la CGT costituisca una indiscutibile realtà in molti luoghi di lavoro e nell’insieme della società. È da qui che solleveremo il prossimo impulso per tracciare il nostro cammino dall'utopia alla realtà. Perché l’Utopia ci serve per continuare a fare nuova strada.

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Allegato 2 Riforme del lavoro e patto sociale 1984-2009 1976

Legge 16/1976, dell 8 Aprile, sulle Relazioni nel mondo del Lavoro

1977

Regio Decreto-Legge 17/1977, del 4 Marzo sulle Relazioni Industriali

1977

Patti della Moncloa

1979

Accordo di Base Interconfederale UGT-CEOE (ABI)

1980

Accordo Quadro Interconfederale UGT-CEOE (AMI)

1980

Legge 8/1980, del 10 Marzo, Statuto dei Lavoratori

1981

Regio Decreto-Legge 9/1981, del 5 Giugno sulle Misure per la Riconversione Industriale

1981

Accordo Nazionale sull Occupazione (ANE) CEOE-UGT-CCOO

1983

Accordo Interconfederale per la contrattazione collettiva CEOE-CEPYME-UGT-CC.OO (AI)

1983

RD 2317/1983, attraverso il quale si regolano i contratti sull apprendistato e i contratti a tempo parziale

1984

Legge 27/1984, del 26 Luglio, su Riconversione e Reindustrializzazione

1984

Accordo Economico e Sociale (AES) UGT-CEOE-CEPYME-Governo

1984

Riforma dello Statuto dei Lavoratori

1984

Legge della Funzione Pubblica

1985

Legge 26/1985 sulle Misure Urgenti per la Razionalizzazione della Struttura e della Copertura della Sicurezza Sociale

1986

Ingresso dello Stato spagnolo nella ComunitĂ Economica Europea (CEE)

1987

Legge dei Piani e Fondi delle Pensioni

1988

Piano sull Impiego Giovanile

1992

Legge 22/1992 del 30 Luglio, sulle misure urgenti a favore dell occupazione e sulla protezione della disoccupazione

1993

Legge 22/1993, del 29 Dicembre, sulle misure fiscali, di riforma del regime giuridico della funzione pubblica e di protezione della disoccupazione

1994

Legge 10/1994 sulle Misure Urgenti per la Promozione dell Occupazione

1994

Legge 11/1994, del 19 Maggio, di Riforma dello Statuto dei Lavoratori, della Legge di Procedura del Lavoro e della Legge sulle Infrazioni e Sanzioni a difesa dell Ordine Pubblico

1994

Legge 14/1994 del 1 Giugno, con la quale si regolano le Imprese di Lavoro Temporaneo

1995

Legge 31/1995 sulla Prevenzione dei Rischi di Lavoro

1995

Patto di Toledo

2 26 ALLEGATO RIFORME DEL LAVORO...


1996

Legge di Razionalizzazione delle Pensioni

1996

Accordo sulla Risoluzione Extragiudiziaria dei Conflitti (ASEC) UGT-CC.OO-CEOE-CEPYME

1997

Accordo Interconfederale per la Stabilità dell Impiego UGT-CC.OO-CEOE-CEPYME

1997

Accordo Interconfederale sulla Negoziazione Collettiva UGT-CC.OO-CEOE-CEPYME

1997

Accordo sul Ripianamento del Deficit UGT-CC.OO-CEOE (AMI)

1997

Legge 24/1997, di Consolidamento e Razionalizzazione della Sicurezza Sociale

1999

Legge 39/1999, del 5 Novembre, Legge di Conciliazione della vita lavorativa e familiare dei lavoratori

2000

Legge Organica 8/2000, del 22 Dicembre, “Legge sugli Stranieri”

2001

Accordo (Governo, CC.OO, CEOE-CEPYME) per il Miglioramento e il Potenziamento del Sistema di Protezione Sociale

2001

Legge 12/2001, riguardante misure urgenti per la riforma del mercato del lavoro per l incremento dell occupazione e il miglioramento della sua qualità

2002

Regio Decreto-Legge 5/2002, riguardante misure urgenti per la riforma del sistema di protezione della disoccupazione e agevolazione dell occupazione

2002

Accordo Interconfederale per la Contrattazione Collettiva (Governo, UGT-CC.OO, CEOE-CEPYME)

2003

Legge 22/2003, sul Fallimento

2003

Accordo Interconfederale sulla Contrattazione Collettiva (Governo, UGT-CC.OO-CEOE-CEPYME)

2004

Legge 1/2004 sulle Misure di Protezione Integrale contro la Violenza Sessuale

2004

Patto Sociale “Competitività, Impiego stabile e Coesione sociale” (Governo, UGT-CC.OO-CEOE-CEPYME)

2005

Accordo Interconfederale per la Contrattazione Collettiva (Governo, UGT-CC.OO, CEOE-CEPYME)

2006

RDL 5/2006 del 9 Giugno per il miglioramento della crescita occupazionale

2006

Legge 39/2006 del 14 Dicembre, di Promozione dell Autonomia Personale e Attenzione alle persone in situazioni di dipendenza

2006

Legge 43/2006 del 29 Dicembre, per il miglioramento della crescita occupazionale

2007

Accordo Interconfederale per la Contrattazione Collettiva (Governo, UGT-CC.OO, CEOE-CEPYME)

2007

Statuto Fondamentale dell Impiegato Pubblico

2007

Legge Organica 3/2007, per l eguaglianza effettiva donna-uomo

2008

Misure economiche del Governo contro la Crisi

2009

Misure Urgenti contro la Disoccupazione

2009

Negoziazione di un nuovo Patto Sociale

ALLEGATO 2 RIFORME DEL LAVORO...

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I PRECEDENTI

L

a storia è un succedersi continuo di fatti in direzione della liberazione dell’umanità. L'origine del nostro ideale è tanto antico quanto le lotte popolari, anche se è solo nella seconda metà del XIX secolo, che iniziano a vedersi le forme di un movimento contadino e operaio organizzato. Ai moti spontanei del popolo contro la fame, l'ingiustizia e la miseria seguirono i primi embrioni di organizzazione operaia. Per quanto riguarda l'anarcosindacalismo spagnolo, l'origine della formulazione del sindacalismo rivoluzionario organizzato si potrebbe far coincidere con l'arrivo nella penisola iberica, nel 1868, dell’italiano Giuseppe Fanelli, collaboratore di Bakunin. La sua diffusione portò ad una prima generazione di militanti internazionalisti che espansero le idee dell'associazionismo internazionalista per gran parte della penisola, soprattutto in Catalogna, Madrid e Andalusia. Tra gli altri, ricordiamo Anselmo Lorenzo, Rafael Farga Pellicer, Fermín Salvochea, Francisco Mora... Per limitarci ai precedenti storici diretti, dobbiamo situarci nell'espansione della 1° Internazionale e nella creazione della sua sezione in Spagna con la fondazione della Federazione Regionale Spagnola nel 1870. Si aprì allora un periodo di organizzazione, di lotta, di repressione, di clandestinità e di riorganizzazione che portarono al Secondo Congresso della Confederazione Regionale delle Società di Resistenza «Solidaridad Obrera» (organizzato in Catalogna), tenutosi a Barcellona nel 1910 (dal 30 Ottobre al 1° Novembre) con lo scopo di dare forma organizzata, a livello iberico, ad un sindacalismo rivoluzionario che già era vivo in strada, nei campi, nelle fabbriche e nelle officine. In quel Congresso del 1910, lavoratrici e lavoratori di tutto lo stato si accordarono per creare «...una Confederazione Generale del Lavoro...». Questa organizzazione, finalmente sarebbe stata legalizzata come CNT e avrebbe portato ad un periodo di lotte e di conquiste rivoluzionarie già abbastanza conosciute e descritte, iniziando un ciclo di crescita del movimento

I PRECEDENTI

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te, iniziando un ciclo di crescita del movimento operaio interrotto solo dalla sconfitta nella guerra civile e dai successivi 40 anni di dittatura. Un regime che massacrò e decimò la militanza libertaria la quale, più di una volta, aveva tentato di rilanciare la lotta popolare per il rovesciamento della dittatura e la ricostruzione dei sindacati...; migliaia di compagne e di compagni furono vittime dell’esilio, della tortura, della prigionia e dell'assassinio. Dopo i 40 anni di repressione franchista, fu finalmente durante la transizione che si ricostruì la nuova CNT. L'organizzazione che era rinata nel 1976 riuniva un’amalgama di gruppi anarchici, antiautoritari, sindacalisti e anarcosindacalisti che erano già stati costituiti in precedenza. E nasceva dall'illusione di poter riproporre i discorsi e le conquiste rivoluzionarie realizzate 40 anni prima in una società che nel frattempo era profondamente cambiata e lanciata in un processo accele-

rato di trasformazione. La società e la classe operaia

30 I PRECEDENTI


rato di trasformazione. La società e la classe operaia erano fortemente motivati, con una infinità di organizzazioni e grandi speranze di poter cambiare tutto. C’era una energia che traboccava. C’erano idee, ma, in realtà, non avevamo nessuna organizzazione coordinata né un progetto definito per offrire risposte adeguate alla situazione. La legalizzazione dell’organizzazione nel 1977 diede un alito di speranza che portò all'apertura di locali, a una inaspettata crescita numerica e a una capacità di mobilitazione che fu dimostrata contro i patti della Moncloa, i conflitti di Cavatori, Petrolieri.... Ma la repressione selettiva da parte dello Stato verso il movimento libertario, gli errori strategici, l’autoemarginazione volontaria e le successive liti interne, vanificarono la possibilità di dare all’anarcosindacalismo una radicazione effettiva spegnendo la volontà di lotta di migliaia di compagne e di compagni.

I PRECEDENTI

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La perdita progressiva di presenza e di impulso non si verificò da un giorno all'altro. Si sviluppò gradualmente accelerando in specifici momenti, sia a causa di montature poliziesche (Caso Scala,...) sia per una serie di «caccia alle streghe» interne (espulsioni, chiusura dei locali, abbandoni,...). In queste circostanze si giunse al V° Congresso, nel 1979. Le divergenze interne precedenti non erano state nulla in confronto al processo di scontro e di persecuzione svolti da piccoli gruppi che si eressero a custodi della ortodossia e che operarono strutturalmente contro tutti coloro che mostravano pubblicamente il loro disaccordo con gli sviluppi del Congresso. All'interno di un ambiente che nulla aveva a che fare con una organizzazione libertaria, si verificò così una scissione all'inizio del 1980, materializzata poi attraverso un Congresso che ebbe luogo tra il 25 e il 27 Luglio dello stesso anno, dando origine alla CNT-Congresso di Valenza, con un nuovo approccio di attualizzazione della strategia sindacale e come alternativa pratica agli ambienti del settore CNT-AIT. Nel settore della CNT-AIT continuarono gli infiniti dibattiti, le tensioni e l’intolleranza che avevano causato la prima divisione. Tra il 12 ed il 16 Gennaio 1983, in un Congresso tenutosi a Barcellona, si decise di modificare le linee d'azione seguite fino ad allora e scommettere sulla partecipazione alle successive elezioni sindacali. Si continuò il dibattito nel Congresso Straordinario tenutosi a Torrejón (Madrid) alcuni mesi dopo, dal 31 Marzo al 3 Aprile, modificando gli accor-

di raggiunti in materia di elezioni sindacali, tra un

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di raggiunti in materia di elezioni sindacali, tra un vistoso depauperamento di militanti causato dalla volontaria assenza a questo incontro di molti sindacati e la rottura definitiva tra i due settori. Quando c'è un sentiero che termina occorre iniziarne un altro, e l'occasione si ebbe nella forma di Congresso di Unificazione. Tra il 29 Giugno e il 1° Luglio 1984, si celebrò quel Congresso che unificò la maggior parte dell’anarcosindacalismo attivo e gli permise di iniziare un nuovo percorso. Il settore CNT-Congresso di Valenza e la maggior parte del settore CNT-AIT si unificarono e guidarono questa nuova fase di recupero. Si formò la «nuova CNT», mentre un piccolo gruppo distante dalla realtà dei luoghi di lavoro si appropriò burocraticamente dell’apparato della CNT-AIT, e restò appiccicato alle sue sigle e ai suoi incarichi. L'organizzazione che nel Congresso di Unificazione del 1984 iniziava il suo viaggio riponeva le sue energie su qualche migliaio di affiliati e alcune centinaia di militanti incombustibili i quali avrebbero saputo ricostruire una proposta sindacale presentandosi alle elezioni sindacali. Decidemmo come idea tattica, non come principio, di partecipare ai Comitati di impresa, rinnovarli, ed avviare un percorso atto a rompere l'emarginazione e l'isolamento, smettendola con lo sterile dibattito interno ma sviluppando un'attività volta ad integrare i nostri criteri partecipativi alla dinamica sindacale dei luoghi di lavoro. Tutto ciò senza gettar via le nostre radici. Durante questo periodo le condizioni circostanti stavano velocemente cambiando. La società si era impantanata nella delusione enorme seguita alla transizione e, conseguentemente, aveva persa l'energia e la volontà necessarie per il cambiamento sociale. Era stata sospinta, con disincanto, tra i comodi meandri di una democrazia formale la cui principale forza era la normalizzazione delle ingiustizie in cambio della promessa effimera di garantire a tutti l'accesso a maggior benessere e consumo.

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34 I PRECEDENTI

La nostra organizzazione attuale non è più quella del 1976 né quella del 1984. La nostra realtà organizzativa è avanzata moltiplicando sia iscritti e militanti che simpatie e sostegni in un difficile processo di impegno sociale e sindacale. Ci siamo espansi sul territorio, anche nelle aree in cui l’anarcosindacalismo era ormai in stato di torpore o quasi scomparso, e abbiamo mantenuto la presenza dove la crisi fratricida ci aveva arrecato tanti danni. Ci siamo consolidati e allargati nei territori che non avevano cessato di essere attivi e, oggi, ci troviamo in una situazione ottimale per un ulteriore sviluppo del nostro progetto. Ma la cosa più importante è che la nostra organizzazione, nel prendere le decisioni che assunse, ha iniziato ad accumulare un grande bagaglio di esperienze nella storia delle recenti lotte. Un bagaglio autodidatta sviluppato in oltre due decenni di presenza nei comitati di impresa, nelle commissioni negoziali, nei comitati di sciopero, nelle mobilitazioni settoriali, nelle lotte sociali, nelle campagne di «solidarietà» attiva e negli scioperi generali. Dando forma e corpo ad una strategia sindacale originale che non era contenuta nei libri ereditati dalla nostra storia, e con un’azione militante e impegnata, fatta di lotte, fallimenti, vittorie, insuccessi e successi, siamo tornati ad essere un punto di riferimento vivo per la classe lavoratrice.


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Allegato 3 Cronologia del processo di divisione

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ALLEGATO 3 CRONOLOGIA DEL PROCESSO...


ALLEGATO 3 CRONOLOGIA DEL PROCESSO...

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LA CARTA DI IDENTITÀ: LE SIGLE E I SIMBOLI

CGT

è, ai sensi dell'articolo 1° del proprio statuto, «una associazione di lavoratori e di lavoratrici che si definisce anarcosindacalista, e quindi: di classe, autonoma, autogestionaria, federalista, internazionalista e libertaria». Definizione che riassume la propria carta di identità e rappresenta la base su cui costruire il nostro presente, collegandolo con il bagaglio storico ereditato da quelli che ci hanno preceduti con le loro lotte. Preservare il contesto storico ed essere uno strumento che incide sul presente, sono due condizioni che determinano il processo evolutivo che abbiamo seguito come organizzazione mantenendo al contempo la nostra fisionomia di spazio aperto a tutti i lavoratori e a tutte le lavoratrici in applicazione pratica dei principi dell’anarcosindacalismo. Questo è il duplice obiettivo che nel corso degli anni ha determinato le successive rotture all'interno della CNT ricostruita negli anni '70 e, in ultima analisi, rappresenta il percorso del Congresso di Unificazione nel 1984 e del cambiamento di sigla nel 1989 che dovette fare la maggioranza anarcosindacalista «per imposizione politica», trasformando la denominazione da CNT a quella di CGT, e recuperando lo storico nome che era stato concordato originariamente nel 1910. Ricordiamo che l'origine diretta della nostra organizzazione risale infatti al 1910. Convocati su richiesta dell’organizzazione catalana Solidaridad Obrera, che realizzava il suo 2° Congresso, i rappresentanti dei sindacati e delle associazioni operaie di tutto lo stato decidevano: «Che si costituisce una Confederazione Generale del Lavoro spagnola, integrando temporaneamente tutte quelle Società che non aderiscono alla UGT, a condizione che una volta costituita la CGT spagnola, si cercherà un ac LA CARTA DI IDENTITÀ

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costituita la CGT spagnola, si cercherà un accordo tra le due Federazioni, allo scopo di unificare l’intera classe operaia in un’unica organizzazione...» Questa Confederazione nacque come CGT, fu legalizzata formalmente pochi mesi dopo come CNT e dopo una lunga serie di rotture e riunificazioni, fu finalmente ricostruita intorno alla sigla decisa in un primo momento. Da allora, la CNT, raggruppò la parte più combattiva e impegnata della classe operaia, guidando la rivoluzione spagnola del 1936 e alcuni degli eventi fondamentali per il movimento operaio nella penisola iberica e in Europa, con una generosità senza confini, con una dedizione cieca ma mai settaria, assumendo a volte anche posizioni controverse e rischiose in difesa della classe operaia. Una sigla storica che abbiamo difeso «con fede e con valore» fino a quando il governo spagnolo, tramite la Corte Suprema, si è pronunciato contro di noi. Una sentenza politica con una spiegazione chiara. Quella CNT «unificata», liberata dai vecchi schematismi e rancori, rinnovata, viva, dinamica nei luoghi di lavoro, creatrice di vitalità nella società e con tutto il suo bagaglio storico, non era ciò che più conveniva al potere istituzionale durante il processo di degrado della vita sociale, economica e politica che era stato progettato negli anni ‘80 allo scopo di soffocare l'impulso di trasformazione e portare la società all’apatia e alla delusione. Non convenivamo né al governo né ai datori di lavoro, e la Corte Suprema si impegnò a chiudere una situazione in cui le lavoratrici e i lavoratori avevano già dato il loro verdetto, legandosi progressivamente a un'organizzazione che ha rappresentato la storia, ma lotta nel presente e propone di conquistare il futuro. Anche se non ha più molto senso perdersi in domande come «cosa sarebbe successo se...?», ciò che è certo è che la decisione politica della Corte Suprema ha rappresentato per la nostra organizzazione la fine di un'era e l'inizio un altra, vista l’impossibilità di una unità anarcosindacalista in Spagna e, per estensione, a livello internazionale.

40 LA CARTA DI IDENTITÀ


tà anarcosindacalista in Spagna e, per estensione, a livello internazionale. Quattro diverse organizzazioni, oggi, si dicono eredi della stessa storia. E purtroppo è praticamente impossibile sedersi a discutere attorno allo stesso tavolo. Si tratta di un evento senza precedenti, anche se tutta la storia dell’anarcosindacalismo è piena di divisioni e riunificazioni. Fino ad oggi il settore denominato «storico», è in «possesso e godimento» della sigla CNT per «verdetto politico-giudiziario», e si è mantenuto assolutamente negativo ad ogni tentativo di dialogo o collaborazione con uno zelo intransigente tale da apparire quasi come parte della sentenza giudiziaria. La verità è che l’immenso patrimonio storico confederate ha subito la stessa sorte, cioè dilapidato da parte dello Stato e consegnato a una minoranza il cui più grande impegno sembra essere quello di opporsi all’evidenza e di ignorare coloro che rappresentano la realtà vivente dell’anarcosindacalismo nei luoghi di lavoro. Comportandosi in numerose occasioni come se l’esercizio di negazione della nostra esistenza, fosse la loro unica giustificazione ad esistere. Nel momento storico in cui il governo di Felipe Gonzalez raggiunse una decisione attraverso la Corte Suprema, ci colse un grande dilemma. Avremmo dovuto prendere la decisione di ottemperare alla sentenza imposta dal Tribunale Supremo secondo la quale «tutti i sindacati legalizzati si denominano CNT» e convivono nello stesso invo-

lucro uccro biologico quale quuale "tutti i

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CNT» e convivono nello stesso involucro biologico e quindi restano nel limbo delle battaglie in cui ci aveva costretto il settore «storico»? La minaccia costituita da questa ipotesi avrebbe significato chiudere con l'entusiasmo e l'impegno che si stavano sviluppando, rinunciando a compiere le nostre scelte di lotta sul posto di lavoro. Ciò non potevamo permettercelo. Abbiamo cercato vari modi e fatte diverse proposte per continuare ad operare, nonostante le precarie condizioni in cui si sviluppava la nostra Azione Sindacale, ma fummo costretti a rifiutare di perderci nelle sterili e viscerali polemiche con determinate persone insediate nel settore “storico”, che avevano già dato prova sufficiente di intransigenza e di autoritarismo. Questi, tra gli altri, furono i motivi che alla fine ci fecero decidere irreversibilmente di continuare sotto la sigla della CGT. E diciamo «continuare come CGT» perché i sindacati che si coagularono attorno alla sigla CGT non emersero dal nulla. Erano la parte più consistente dei sindacati costituenti la CNT che, uno per uno, nelle assemblee degli iscritti, senza rinunciare né al proprio

bagaglio né alla propria identità, hanno accett

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bagaglio né alla propria identità, hanno accettato la modifica statutaria del nome. Mantenendo la stessa origine, la stessa identità e la continuità statutaria. A proposito di questo fatto, cioè della frase riportata nella sentenza relativa all’uso delle «sigle» che ci esclude esplicitamente in materia patrimoniale, sosteniamo il diritto della CGT a rivendicare il nostro patrimonio storico. Un diritto che si basa tanto sui simboli, dato il nostro collegamento diretto con la storia, quanto sui fatti, data la nostra realtà sindacale. Un diritto sul quale la CGT è ferma, perché ciò è storicamente e moralmente giusto e perché non possiamo consentire ad una decisione dello Stato di bloccare assurdamente l’immenso patrimonio storico dell’anarcosindacalismo. Un passo che in quel momento provocò un doloroso dibattito, ma che ha aperto una strada che fortunatamente ora possiamo iniziare a considerare soddisfacente. In questo percorso abbiamo recuperato l’acrol’ cro-

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cronimo originale della CGT (quello approvato nel 1910), che ci consente di continuare a rivendicare il nostro passato, il nostro presente e un futuro libero e egualitario. La CGT si definisce anarcosindacalista. Noi manteniamo lo storico «A las barricadas» (Alle barricate), come inno assolutamente universale e la stessa bandiera rossonera della nostra origine. Continueremo a chiedere, dunque, che venga adeguatamente quantificato e restituito il patrimonio storico perché possa essere utile alle lotte attuali del movimento operaio. Noi integriamo alla simbologia della nostra organizzazione un simbolo che ci identifichi maggiormente ed in modo esclusivo: le mani allacciate del movimento libertario che è ora presente in quasi tutte le lotte che avvengono nello stato spagnolo. Siamo l'espressione vivente delle lotte storiche del movimento operaio, guidate dall'idea che l'emancipazione sarà opera dei lavoratori e delle lavoratrici stesse e oggi rappresentiamo una nuova possibilità per la realizzazione di questa stessa emancipazione. Una organizzazione per le lavoratrici e per i lavoratori, che rivendica il suo passato e impara giorno dopo giorno a trasformare il futuro. Un compito in cui il protagonismo, la discussione, le decisioni... devono essere assunti da tutti attraverso le assemblee dei sindacati, senza influenze esterne né avanguardie dirigenti. Saremo ciò che vogliamo: uomini e donne liberi.

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Allegato 4 La carta di identità

Nessuno può dubitare seriamente del fatto che la CGT esista: ha statuti, affiliati e partecipa alla vita sociale di questo paese, in particolare alla vita economica dal momento che è una organizzazione di salariati, di lavoratori e lavoratrici, come indica il nome stesso." ... "l’impegno per evidenziare questa identità rappresenta un criterio guida per definire la nostra azione. Ciò è confermato direttamente quando l'analisi del nostro operato ci indica che effettivamente stiamo rispettando questi criteri."

ORGANIZZAZIONE ANARCOSINDACALlSTA "Il punto di partenza ... è molto chiaro: un insieme di persone percepisce la sua condizione soggettiva di lavoratori di un'impresa come fatto molto negativo. Si considerano oppressi e sfruttati e ritengono anche che le loro condizioni di lavoro non sono affatto giustificate." "Il primo passo, quindi, è quello di istituire una organizzazione per difendere i diritti dei lavoratori" ... "la scelta è chiara quando si sviluppa in modo molto concreto la forma organizzativa anarcosindacalista. Senza l'organizzazione dei lavoratori non è possibile lottare contro l'oppressione e lo sfruttamento ". "La grande sfida dell’anarcosindacalismo oggi, come alle sue origini, è quella di costruire una organizzazione che non cada nei difetti intrinseci

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ALLEGATO 4 LA CARTA DI IDENTITÀ

che sembrano minare tutte le organizzazioni rivoluzionarie."

DI CLASSE "Ci sono, pertanto, i datori di lavoro che hanno la proprietà dei mezzi di produzione, e i lavoratori che hanno solo la loro forza-lavoro che mettono in vendita sul mercato del lavoro." "Ma non basta raggruppare coloro che ricevono un salario per essere definiti come sindacato di classe, ... È soprattutto necessario che vi sia coscienza di classe, ... occorre che i lavoratori dipendenti, come si è detto, diventino consapevoli della loro ingiusta situazione sociale e la considerino quale realmente è, cioè come un valore negativo." "... per un sindacato che si considera "di classe" ... uno degli obiettivi a medio e a lungo termine è la rivoluzione sociale ... cioè la trasformazione radicale dei rapporti sociali di produzione".

AUTONOMA "... deve essere chiara l'autonomia del sindacato nei confronti di qualsiasi partito politico, svincolandolo, in particolare, dalle lotte elettorali per la costituzione di parlamenti rappresentativi". "Il problema centrale è, quindi, quello di rendere impossibile la manipolazione e la strumentalizzazione da parte di entità esterne al sindacalismo stesso, ...”


"... il rifiuto di accettare questo tipo di divisione del mondo del lavoro che è stata imposta in altre realtà sindacali. Si deve respingere frontalmente qualsiasi concezione di trasformazione o di rivoluzione sociale che si articoli su un duplice livello di intervento. Da un lato ci sarebbero gli attivisti politici che si presentano in processi elettorali per difendere i programmi elettorali progressisti, nella migliore tradizione del socialismo o della socialdemocrazia ... Sull’altro lato ci sarebbero invece gli attivisti sindacali, che devono limitare le loro azioni entro i limiti ristretti delle fabbriche e alle condizioni di lavoro nelle stesse."

AUTOGESTIONARIA "L’essenza dell’autogestione è relativamente semplice da comprendere; consiste nell’affermare che gli esseri umani devono diventare protagonisti delle loro stesse vite, cosa che si traduce nella necessità di assumere decisioni su tutte le questioni che ci riguardano. ... il popolo prende il potere direttamente, senza intermediari." "Si tratta di garantire la partecipazione di tutti gli interessati al processo decisionale. Il principio di base di un sistema di autogestione è la partecipazione effettiva e costante di tutti gli interessati a tutti i processi di discussione e di decisione.”

FEDERALISTA "Il principio federativo è uno dei pilastri della tradizione del socialismo libertario. Anzi, in alcuni casi si potrebbe interpretare la pratica libertaria come una radicalizzazione del federalismo, che non è limitato alla vita politica ma diventa un principio regolatore della vita sociale in generale ... significa sostanzialmente la risoluzione di tutte le questioni per mezzo di accordi liberamente elaborati, liberamente assunti e liberamente sciolti." "D'altra parte partiamo dalla convinzione profonda che il sostegno reciproco, il mutuo appoggio, rappresenti il motore del progresso sociale e che solo attraverso la solidarietà gli esseri umani saranno in grado di risolvere i loro problemi." "Ciò è quanto si intende per affiliazione di una persona in un sindacato, perché quando si entra a far parte di un sindacato la prima cosa che si fa è di accordarsi con gli altri per lottare in difesa dei propri interessi con l'intenzione di modificare l'ordine prestabilito." "L’elezione di delegati, significherà che essi sono soltanto mandatari revocabili nel momento in cui superino il compito loro affidato e per il quale sono stati nominati." "Dal momento in cui il sindacato viene costituito, esso si federa con altri sindacati perché considerano che la lotta sociale ed economica che intendono portare avanti non può essere limitata al solo

ALLEGATO 4 LA CARTA DI IDENTITÀ

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derano che la lotta sociale ed economica che intendono portare avanti non può essere limitata al solo ambito economico ma deve abbracciare il complesso della vita economica e della vita sociale.” "L'equilibrio tra le esigenze che impone il coordinamento tra i diversi sindacati e la libertà che ciascun sindacato reclama per sé non ha una soluzione semplice e definitiva.” “L’equilibrio si manifesta in un altro tratto caratteristico importante ... Si tratta della solidarietà che deve esistere tra tutti i sindacati federati.”

INTERNAZIONALISTA "Fin dalle origini stesse del movimento operaio si è sostenuto che la lotta avrebbe dovuto essere internazionale e che sarebbe stata vittoriosa soltanto se avesse avuto come obiettivo una società senza classi e avesse dato un profondo senso internazionalista a tutte le lotte sindacali. " "Sembra, tuttavia, un compito non semplice quello di superare il nazionalismo, integrando l’intera classe lavoratrice in un unico progetto di portata globale. La internazionalizzazione dei processi di lavoro e della produzione di ricchezza sono in questo momento assolutamente generalizzati e ciò rende ben evidente che certo “internazionalismo” è l’essenza stessa del blocco dominante e della classe egemone, per la quale ben vale il detto che "il capitale non ha patria ".

4 48 ALLEGATO LA CARTA DI IDENTITÀ

"La risposta all’attuale situazione dei processi di globalizzazione, dunque, non può mai andare nel senso di difendere le conquiste raggiunte a livello locale, dopo decenni di dure lotte sindacali, prescindendo totalmente dal quadro generale nel quale sono inserite queste stesse condizioni." "Ed è per questo motivo che oggi come allora, ma più di allora, l'internazionalismo è una esigenza ineludibile dei lavoratori."

LIBERTARIA "E’ stata la tradizione libertaria ad imporre che questioni come l'autogestione e il federalismo diventassero pietre angolari dell’edificio sindacale. Al di là della analogia nella definizione degli orientamenti generali, il rapporto tra anarchismo e anarco-sindacalismo non è mai stato molto semplice." "E’ evidente il rischio di cadere in varianti del concetto di avanguardia, tanto estraneo al pensiero libertario, e ciò ha contribuito da sempre al fatto che gli anarchici considerassero negativamente tale modo di impostare le relazioni.” "... occorre prestare comunque attenzione a mantenere tale coerenza perché i mezzi usati non finiscano per portarci ad obiettivi ben diversi da quelli prefissati." "Inoltre, questa enfasi sulla dimensione etica riguarda nello stesso modo la pratica sindacale di tutti gli affiliati, singolarmente e collettivamente.”


"È qualcosa di più di un semplice sindacato, nel senso che all’interno della sua lotta sindacale si preoccupa di introdurre rivendicazioni che vanno al di là delle mere rivendicazioni incentrate su aumenti salariali e riduzione dell'orario di lavoro, anche se queste esigenze sono ben presenti e portate avanti." "Di qui il ricorso costante all’azione diretta come asse su cui si articola tutto ciò che intendiamo fare."

fare.” "La nostra possibilità di forzare una trattativa negli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici non è in funzione del numero di delegati che abbiamo o della percentuale che abbiamo ottenuto alle elezioni sindacali. Piuttosto, questa capacità sarà direttamente proporzionale a quella di mobilitare i lavoratori perché lottino in difesa di ciò che legittimamente loro appartiene.”

ALLEGATO 4 LA CARTA DI IDENTITÀ

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LA STRUTTURA TERRITORIALE E SETTORIALE

CGT

è una Confederazione di Sindacati che articolano la loro vita organica quotidiana attraverso le rispettive Confederazioni Territoriali. All'interno di ciascuna Confederazione Territoriale, i diversi Sindacati sono raggruppati nelle varie entità locali che costituiscono, così, le Federazioni Locali, Zonali o Provinciali. Il Sindacato locale, categoriale, interaziendale o unico, è la base organizzativa della Confederazione Generale del Lavoro, e il massimo organo decisionale del sindacato è l’Assemblea Generale dei suoi iscritti. Al di sopra del Sindacato si sviluppa la doppia struttura, territoriale e settoriale, in cui si articola l'organizzazione. La struttura territoriale sviluppa le proposta della CGT per il territorio e modula l'azione del lavoro locale. La struttura settoriale promuove e articola l'Azione Sindacale sui temi rivendicativi settoriali. Questa doppia struttura su cui si basa il nostro lavoro è stata definita dopo un lungo dibattito e qualche controversia nel corso degli anni, soprattutto nei dibattiti congressuali. Tale divisione funzionale, oltre al fatto che l’insieme della confederazione si presenti come una Confederazione di Sindacati locali, rappresenta il punto di partenza per comprendere i meccanismi del funzionamento interno e di quelli relativi ai processi decisionali. Tanto le Confederazioni Territoriali quanto le Federazioni Settoriali, ossia la Federazione Nazionale dei Sindacati della stessa categoria, fanno parte del Comitato Confederale della CGT. Attraverso le Assemblee Plenarie Confederali che si svolgono ogni due mesi si coordina il funzionamento dell'organizzazione tra un Congresso e l’altro.

LA STRUTTURA TERRITORIALE E SETTORIALE

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Nelle Plenarie sono i territori quelli che esercitano il diritto di voto. Per dare voce e partecipazione alle Federazioni di categoria, queste hanno a disposizione un voto che può essere usato solo per questioni di Azione Sindacale. Il risultato di tutto ciò è che, nell’insieme, debba essere la struttura territoriale, e pertanto i sindacati federati attraverso il territorio, quelli che hanno un peso determinante in qualsiasi decisione che assuma l’organizzazione. Attualmente, la struttura territoriale si basa su un totale di 185 sindacati di categoria, costituiti e federati. Questi Sindacati sono raggruppati in un totale di 85 Federazioni Locali, che formano a loro volta 12 Confederazioni Territoriali geograficamente definite che occupano praticamente l'intero territorio dello stato spagnolo e mantengono un continuo processo di espansione. Le Confederazioni territoriali costituite al momento sono:

Galizia (5 federazioni locali) Asturie (2 federazioni locali) Cantabria (2 federazioni locali, oggi organicamente legate alla Castiglia y Leon) Euskadi (4 federazioni locali) Aragona / Rioja (5 federazioni locali) Catalonia (21 federazioni locali) Baleari (2 federazioni locali) Pais Valencia / Murcia (9 federazioni locali) Andalusia (14 federazioni locali) Madrid / Castiglia-La Mancha / Estremadura (7 federazioni locali) Castiglia y Leon (12 federazioni locali) Isole Canarie (in via di costituzione con 2 federazioni locali)

Il consolidamento della nostra organizzazione è stato accompagnato dalla progressiva apertura di nuovi locali che sono stati fondamentali al momento di riunirci e rafforzare la nostra presenza in un numero crescente di contesti sociali. Questa strada non è stata facile, ma fin dal primo momento l’insieme dell'organizzazione ha mostrato la sua volontà di consolidare le strutture

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stabili e ricostruire il patrimonio che ci è stato negato e sottratto più volte. L'enorme e condiviso sforzo, che è un chiaro esempio dei nostri principi di solidarietà e di reciproco sostegno (Sindacati, Federazioni Locali,..), ci ha permesso di dotarci di locali propri nel maggior numero possibile di territori. Delle 90 sedi aperte di cui dispone attualmente l'organizzazione, oltre la metà rappresentano già un nuovo patrimonio confederale. Questo consolidamento di infrastrutture nostre, realizzato col principio della condivisione delle risorse attraverso la solidarietà interterritoriale, ha sostenuto la costituzione di nuovi nuclei, ci ha consentito di estendere l'organizzazione e portare le nostre proposte in modo sempre più diretto e vicino a tutto l’insieme del movimento operaio e dei movimenti sociali. Il processo di consolidamento ha facilitato lo sviluppo di una azione sociale, a partire dal livello locale, che ha permesso di promuovere mobilitazioni di vasta portata e di confluire con molti movimenti sociali attraverso il lavoro orizzontale e l’anticapitalismo. Esempio di tutto ciò è stata l’azione sindacale contro la precarietà e il collegamento con movimenti quali quelli dei «senza lavoro» o dei «Sans-papiers», guidati dai comitati di lotta contro la disoccupazione, contro la precarietà, di intervento, gruppi di solidarietà, di azione sociale, o direttamente da parte delle segreterie di azione sindacale.

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parte delle segreterie di azione sindacale. La struttura settoriale, le federazioni di categoria, pur se può sembrare che abbiano meno capacità di decidere per non avere, sulla carta, lo stesso ruolo delle Confederazioni Territoriali nel Comitato Confederale, sono essenziali nello sviluppo della organizzazione e del suo lavoro quotidiano. La struttura settoriale inizia dalla organizzazione federata dei sindacati di categoria, quelli di una stessa o simile attività professionale, allo scopo di coordinare e rendere più efficace l'azione sindacale della CGT. Queste sono denominate Federazioni Settoriali o di Ramo. Il nostro statuto limita ad un massimo di 13 le possibili Federazioni Settoriali (art. 23 dello Statuto Confederale, vedi Allegato 5), elenco che, a sua volta, definisce il numero massimo di Sindacati di Ramo in ogni singola Federazione Locale. Questo stesso modello può essere seguito per formare Federazioni Settoriali nell’ambito delle Confederazioni Territoriali. Tuttavia una federazione settoriale nazionale è composta direttamente da tutti i Sindacati della categoria corrispondente e non dalle Federazioni Settoriali di ambito territoriale inferiore. Sebbene la creazione e il ruolo delle Federazioni Settoriali abbia portato ad un dibattito durato decenni, all'interno della CGT nessuno contesta la loro necessità, mantenendo aperto un processo di approfondimento e di adeguamento di nuovi meccanismi per migliorare il lavoro sindacale. Nei Sindacati di ciascuna località si sviluppano i dibattiti più importanti della vita confederale, si materializzano le affiliazioni e si risolve il primo livello di reciproco sostegno e solidarietà, essendo i Sindacati di categoria quelli che decidono e avallano la costituzione delle Sezioni Sindacali a livello d’impresa.

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Attorno a questo schema di base si trova una complessa realtà di necessità e di lavoro. Sono queste esigenze di attività sindacale che ci hanno portato a dire che la CGT, in ogni settore, ha una voce sola e diventa essenziale, quindi, dotarsi in ogni circostanza di meccanismi chiari per prendere decisioni che garantiscano che ciò che viene fatto in nome della CGT è davvero la volontà di tutti gli iscritti alla CGT in ogni specifica area di interlocuzione, di rivendicazione o di azione. Data la continua crescita dell'organizzazione, alla realtà delle diverse Sezioni Sindacali d’impresa operanti a livello locale, si è aggiunta la costituzione di Sezioni Sindacali Nazionali, in corrispondenza con imprese di ambito multiprovinciale.

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Queste Sezioni Nazionali hanno acquisito in alcuni casi il nome di Sindacati Federali nella loro iniziativa pubblica, anche se, all’interno della struttura organizzativa, in realtà sono analoghe a delle “sezioni nazionali”. La possibilità di contrattare ed influire sempre più negli spazi di negoziazione, di dialogo o di rivendicazione oltre il livello locale o di una singola impresa, ci ha portati anche a costituire coordinamenti settoriali che combinano e guidano l'azione sindacale nell’ambito ogni volta appropriato. Questa forma di lavoro settoriale si sta anche mostrando adeguato per includere lavoratori e lavoratrici che si trovano in situazioni più precarie, legandoli ai nuclei che hanno migliori condizioni di lavoro e migliori opportunità sindacali. In tal modo sarà anche possibile ricercare e sviluppare forme di lotta e di azione sindacale al di là dell’appartenenza a uno o ad un altro settore produttivo in funzione della compresenza in un medesimo luogo di lavoro. Lo sviluppo di tutte le possibilità e dei piani di azione all’interno del rispetto per le strutture e per gli accordi confederali, permette di migliorarci come strumento di lotta e di consolidarci come alternativa reale. Vogliamo sottolineare che nel corso di tutti questi anni hanno lavorato nell'organizzazione un buon numero di compagni e compagne dell’esilio che, attraverso il Gruppo Confederale della Emigrazione, hanno partecipato a dibattiti e comizi. La loro presenza è sempre stata positiva e anche se, logicamente per via dell’età, a poco a poco sono calati di numero, essi ci hanno accompagnato e ci accompagnano ancora in ogni momento.

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Allegato 5 Struttura della CGT secondo i suoi Statuti

rticolo 9. La CGT è una Confederazione di sindacati che è strutturata nelle aree geografiche di cui all'articolo 3 della Statuto. I sindacati, tra loro federati, formano le varie Federazioni Locali, Distrettuali, Zonali o Provinciali e le Confederazioni Territoriali. I sindacati sono federati all'interno della Confederación General del Trabajo (CGT), attraverso le loro rispettive Confederazioni Territoriali.

A

Articolo 10. I Sindacati appartenenti ad una medesima o simile attività professionale si federano tra loro, al fine di costituire le denominate Federazioni Settoriali o di Ramo. A queste Federazioni si aggregheranno anche le corrispondenti Sezioni o Nuclei di settore integrati nei vari sindacati Unici e/o Mestieri Vari o Attività Diverse della CGT. Articolo 11. Il Sindacato è la base organizzativa della Confederazione Generale del Lavoro. Per costituire un sindacato settoriale è richiesto un numero minimo di 75 iscritti. Se non si potesse raggiungere tale numero, essi costruiranno una sezione nel sindacato dei Mestieri Vari o delle Attività Diverse. Questi, in quanto tali, saranno gli unici che possono costituirsi con un numero di affiliati inferiore a 75 e non minore di 10. I sindacati possono costituirsi in ambito locale, distrettuale, zonale o provinciale.

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Tuttavia, se un gruppo di iscritti del settore corrispondente e in numero non inferiore a 75 decidessero di formare un sindacato settoriale di livello inferiore a quello cui appartengono al momento, ciò immediatamente e automaticamente andrà a modificare statutariamente il suo ambito di attuazione secondo la nuova situazione territoriale. In ogni caso, non potranno esistere in uno stesso ambito territoriale due sindacati dello stesso settore né due sindacati di Mestieri Vari o Attività Diverse. Articolo 12. I Sindacati possono costituire sezioni sindacali di impresa, di settore e/o di posto di lavoro. Articolo 23. Le Federazioni Settoriali o di Ramo avranno una struttura simile a quella della CGT, adattandola ai rispettivi ambiti professionali, sviluppando una propria normativa di funzionamento che, comunque, in nessun caso potrà essere in contraddizione con la normativa generale e gli accordi vigenti nella Confederación General del Trabajo. Queste federazioni sono strutturate nei rami di produzione o di servizio che sono elencati di seguito: Pubblica Amministrazione. Alimentazione, Commercio, Ristorazione. Banche, Borsa, Risparmio, Assicurazioni,Enti di credito, Poste e telegrafi. Coltivazione, Agricoltura, Allevamento e Pesca.


Costruzione, Legno, Ceramica e Sughero Energia, Mineraria e Chimica e affini. Istruzione. Spettacolo, Informazione, Stampa e Arti Grafiche Pensionati e Disoccupati. Pulizia e Mantenimento. Metallurgia. Sanità. Trasporti e Comunicazioni. Tessile, Pelli e derivati. Di fronte alla possibilità che emerga un nuovo settore o ramo non inquadrato tra quelli menzionati, sarà il Comitato Confederale riunito in ses-

sione ordinaria che deciderà in merito al riconoscimento del nuovo settore in quanto tale, e/o alla costituzione della Federazione corrispondente, in modo provvisoria fino al successivo Congresso ordinario. Articolo 25. Nelle imprese di ambito nazionale, senza violare l'accordo di cui agli articoli di cui sopra, possono essere costituiti sindacati federali o sezioni sindacali nazionali per il lavoro di coordinamento o organizzativo d’impresa e per la difesa degli interessi concreti del lavoro. I sindacati federali esistenti saranno integrati nelle Federazioni corrispondenti.

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a configurazione di una nuova azione sindacale che risultasse efficace rispetto ai problemi attuali della classe lavoratrice e di chiaro stampo anarcosindacalista, è stata condizionata da una serie di circostanze su cui dobbiamo riflettere per poter comprendere il nostro processo evolutivo. Anzitutto, abbiamo dovuto affrontare i cambiamenti politici ed economici avvenuti nello Stato spagnolo, in Europa e nel mondo; poi le mutazioni fatte dal capitale allo scopo di continuare a sopravvivere e a riprogrammarsi, per imporre i suoi obiettivi; e infine il nostro processo di ricomposizione per una alternativa che abbiamo rincorsa dopo anni di "traversata nel deserto" e iniziata col Congresso di Unificazione, per ricostruire l’ingranaggio organizzativo sindacale e le risposte strategiche che abbiamo saputo dare. Nell'analizzare il contesto sociale e lavorativo in cui si è riorganizzato il nostro progetto, abbiamo visto come alla forte e generalizzata smobilitazione è seguito il processo di ristrutturazione industriale e le prime riforme sul lavoro flessibilizzato, all'interno di un consenso sociale avvallato dai sindacati «istituzionali». Tutto questo sullo sfondo della integrazione nell'Unione Europea e nella NATO. Le caratteristiche di questa situazione sono state costanti nel corso di questi due decenni e mezzo, facendola diventare sempre più complessa e acuta col passare del tempo. Il capitalismo, nella seconda metà del secolo scorso, ha fondato la sua legittimità sulla capacità di promettere un futuro di benessere basato sulla ridistribuzione della ricchezza e su un benessere economico che si traduceva in consumi, rendendo il proletariato un produttore/consumatore con prospettive di stabilità economica e ampie prospettive di lavoro. Le trasformazioni avvenute in questi ultimi anni - la globalizzazione neoliberista - hanno fatto saltare per aria queste illusioni. Il nuovo capitalismo non si basa L’AZIONE SINDACALE

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basa più sulla stabilità delle sue strutture, ma sulla costante minaccia di crisi sistemiche in nome del massimo profitto basato sulla speculazione, la deregolamentazione dei rapporti di lavoro e la loro flessibilizzazione totale, la precarietà e la distruzione dei diritti del lavoro e sociali. Tutto questo in nome della competitività più accentuata, espressione diretta del darwinismo sociale neoliberista. L'impatto sulla classe lavoratrice e sulla società è stato brutale. La terminologia tipica dell'ideologia capitalista è stata introdotta in modo chiaro nella società attraverso nozioni gestite e divulgate dai media informativi del potere e dagli «agenti sociali». Si parla sempre più di competitività, valore, flessibilità, I+D+i (Ricerca + Sviluppo + Innovazione tecnologica), produttività e lotta contro l'inflazione...; e sempre meno di investimenti sociali, occupazione stabile e miglioramenti salariali.

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Vi è stato un cambiamento qualitativo in ciò che tradizionalmente è chiamato il «bilanciamento delle forze» allorché le burocrazie dei grandi sindacati si sono di fatto poste al fianco del neoliberismo, accettando il declino delle condizioni di lavoro. Accompagnandolo ad un monopolio di rappresentanza e di meccanismi di negoziazione. Il risultato finale è stato, come abbiamo già detto in precedenza, il disincanto, la smobilitazione e l'individualismo. Arginare la ristrutturazione del mercato del lavoro (riforme del lavoro, meccanismi di regolazione dell’impiego, licenziamenti individuali, esternalizzazioni, delocalizzazioni, ecc.) e difendere i diritti sociali e le libertà civili richiede una volontà sindacale capace di confrontarsi con la logica del mercato capitalistico, al fine di cambiarla con un’altra logica che privilegi la ridistribuzione della ricchezze e il lavoro, lungo un percorso di autogestione. La fermezza della nostra azione è determinata dalla necessità di mostrare alla società la gravità delle politiche che, in nome della libera concorrenza e del mercato, distruggono le relazioni sociali, le relazioni basate sulla solidarietà, il rispetto per una vera democrazia e i diritti di tutti. Negli interventi e nelle azioni contro queste politiche, la CGT sta prendendo forma giorno dopo giorno, attraverso processi costanti di lotta e di conflitto, che sono diventati nel corso degli anni il nostro miglior corso di formazione e il nostro miglior biglietto da visita. Sono stati la coerenza sindacale, il nostro lavoro sui tavoli negoziali, le mobilitazioni e, in ultima analisi, il nostro impegno continuo contro l'ingiustizia, lo sfruttamento e la repressione, ciò che ha dato il necessario equilibrio alla progressiva crescita sul terreno della presenza organizzata e del continuo radicamento nei posti di lavoro. Il processo ha richiesto un lavoro pianificato costante, fermo e coerente. Il primo passo fu quello di presentarci alle

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primo passo fu quello di presentarci alle elezioni sindacali, assumendoci il rischio di una marginalizzazione che però non lasciava altre opzioni. Poi venne l'assimilazione del lavoro «all'interno dei comitati», imparando a mantenere fermezza in uno spazio che abbiamo trovato confuso, disordinato e ostile. In queste circostanze, la successiva battaglia è stata quella della trasparenza, garantire che le riunioni fossero reali; che gli atti trascrivessero davvero ciò che era accaduto; che i lavoratori e le lavoratrici conoscessero il contenuto del contratto; che fossero coinvolti nei conflitti, trasformando ogni situazione in una spinta alla partecipazione. Abbiamo posto il nostro ruolo correttamente e non ci siamo lasciati catturare dai giochi di potere sviluppati dal sindacalismo «istituzionale» ormai tutt’uno con le direzioni delle imprese. Abbiamo unito i tavoli di contrattazione collettiva con le parallele assemblee. Diffondere informazioni e favorire la partecipazione ha cominciato ad essere parte della nostra identitàà ooperativa e il lavoro che ci ha permesso di sviluppare pare le nostre no rivendicazioni, motivando i lavoratori e le lavoratric lavoratrici a lottare per i loro interessi. Questa

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lottare per i loro interessi. Questa fase è quella che ci ha permesso di evidenziare le nette differenze tra i negoziati con o senza la presenza della CGT. L'ingresso ai tavoli dei negoziati ha rappresentato per la nostra organizzazione un cambiamento di prospettiva ancora maggiore di quanto di per sé aveva significato il lavoro quotidiano nei comitati di impresa. La forza, ai tavoli di negoziazione, dipende dalla credibilità delle proposte che si rappresentano e dal sostegno reale su cui si può contare nei luoghi di lavoro. Abbiamo dimostrato che siamo in grado di influenzare i negoziati quando le nostre proposte rivendicative diventano abbastanza forti, anche in quei casi nei quali non siamo direttamente rappresentati a detti tavoli. Abbiamo avanzate richieste esigendo tutto il possibile con l’appoggio dalle manifestazioni svolte dai lavoratori e dalle lavoratrici, ottenendo miglioramenti concreti che ci hanno consentito successivamente di superare i limiti contrattuali imposti dai datori di lavoro e dai sindacati istituzionali creando speranza e possibilità di nuove richieste e nuove lotte. Abbiamo dato un nuovo impulso alle sezioni sindacali come soggetto prioritario e strumento organizzativo nell’impresa, a differenza della segretezza e del collaborazionismo espressi dagli altri modelli sindacali, e come meccanismo di partecipazione al fine di aumentare la nostra efficacia di fronte ai problemi immediati. Abbiamo iniziato con mobilitazioni promosse dalla CGT di propria iniziativa, allo scopo di consolidare il lavoro sindacale nelle prime manifestazioni sviluppate dalla CGT quando si trovava completamente sola nell’ambito di imprese e settori in cui le nostre proposte incontravano un sufficiente sostegno. Finalmente arrivarono i primi successi contro la precarizzazione delle condizioni di lavoro e i licenziamenti repressivi, praticando quel «fatti valere» che abbiamo difeso allora come un messaggio, uno slogan, e che è rimasto nel nostro linguaggio come un segno di identità in qualsiasi occasione.

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Infine, la elaborazione di strutture di coordinamento più grandi e con più capacità di lavoro organizzato ha permesso di sviluppare rivendicazioni e spazi di azione al di là della realtà di ciascuna singola impresa, proiettandosi su un numero maggiore di realtà settoriali in cui, a poco a poco, stiamo introducendo le nostre proposte di concretezza rivendicativa sui luoghi di lavoro e sui tavoli di negoziazione. Durante questo processo vi è stata una apertura decisa alle nuove realtà e alle generazioni più giovani. Lavorare sulla precarietà, come paradigma del deterioramento del lavoro e del sociale, e dare costanza all'impegno del nostro sindacato con coloro che sono più disagiati, ha facilitato l’ingresso di lavoratori e di lavoratrici giovani, ed ha accresciuto il prestigio e la credibilità della nostra organizzazione. La configurazione di questa strategia sindacale, fortemente dibattuta e consolidata, ha definito criteri concreti di funzionamento. L'azione sindacale è una applicazione pratica del nostro modello, in modo che tutte le caratteristiche e le peculiarità della nostra organizzazione (trasparenza, partecipazione, azione diretta...) devono essere presenti in tutte le fasi del suo sviluppo. Il radicamento delle nostre proposte è stata senza dubbio la prima sfida che abbiamo dovuto affrontare in questi ultimi decenni, seguito da costanti e successivi piani di crescita e di espansione degli spazi per le nostre idee, sapendo perfettamente che la crescita migliore è quella che si basa sul consolidamento delle nostre proposte sindacali e sociali. Essere «una sola voce in ciascuna impresa» ci ha permesso di crescere su posizioni condivise e di stabilire meccanismi per raggiungere accordi, a volte, prima ancora di qualsiasi interlocuzione o tentativo di negoziazione. Il saper mobilitare, quando la consegna imposta sui luoghi di lavoro dai sindacati «istituzionali» era «patteggiare e non muoversi», ci ha permesso di distinguerci dalle parole vuote di chi avrebbe voluto mantenere la forma senza alcuna sostanza.

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I progressi nel coordinamento delle azioni sindacali, superando il giorno per giorno e affrontando la sfida continua di andare «oltre» ha permesso di aumentare l'influenza dei nostri metodi, facendo della CGT uno spazio per lottare, partecipare e decidere. Assicurare il sostegno e la solidarietà con i mezzi tecnici ed economici adeguati, ma soprattutto l’appoggio dell'organizzazione a ciascuna delle lotte intraprese, ci ha dato la forza di chi affronta i problemi sapendo ciò che fa e la fiducia di chi sa di essere appoggiato. Mantenere una azione sindacale di natura confederale, sommando rivendicazioni, lotte e proposte, ci ha presentati in chiave rivendicativa, combattiva e partecipativa, di fronte ai problemi di fondo, rendendoci credibili agli occhi della classe lavoratrice e della società. A fronte dell’invasione delle proposte neoliberiste e delle divisioni imposte alla classe lavoratrice attraverso i nuovi modelli di produzione, la nostra sfida è stata quella di mantenere l'unità nei messaggi e nelle risposte della CGT alla classe lavoratrice, divenendo così una organizzazione che non cessa di crescere e non si esime dal confronto con i problemi del lavoro e con le lotte per la risoluzione dei conflitti specifici. Abbiamo optato per trovare un equilibrio tra l'essere una organizzazione di rappresentanza nei luoghi di lavoro, rispondendo alle esigenze quotidiane che tale responsabilità impone, e il fatto di essere una organizzazione trasformatrice che vuole proporre, rivendicare e mobilitare per la globalità delle situazioni e dei problemi che interessano la classe lavoratrice e la società nel loro insieme. In questo modo siamo passati dalla mera attività sindacale nei luoghi di lavoro allo svolgimento di un lavoro capace di incidere su tutta la società. Siamo coscienti del fatto che non possiamo permetterci in questo processo di costruzione di limitarci alla sola strutturazione di coordinamento delle sezioni sindacali sotto la sigla della CGT, né dedicarci a realizzare esperimenti discorsivi o avventuristici, evitando la connessione organizzativa diretta con le lotte reali di ogni giorno nei luoghi di lavoro. L’AZIONE SINDACALE

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ganizzativa diretta con le lotte reali di ogni giorno nei luoghi di lavoro. Nella CGT abbiamo un grande compito davanti a noi. La ridistribuzione della ricchezza e del lavoro è stato uno degli scopi fondamentali della nostra organizzazione negli ultimi decenni, ed è su tale rivendicazione di fondo che dobbiamo ancora lavorare, senza però rinunciare a nessun progresso concreto rappresentato dalla volontà di rivendicazione, di mobilitazione e di miglioramento, attraverso la partecipazione e il processo decisionale. La sfida è di migliorare le condizioni di lavoro ed economiche dei lavoratori ponendo l'accento su altre focalizzazioni rivendicative, pur mantenendo una prospettiva globale sul miglioramento degli altri fattori che influenzano direttamente la nostra vita (pensioni, sanità, istruzione, assistenza...), sulla sostenibilità delle risorse e sul rispetto dell'ambiente, generando sui luoghi di lavoro una coscienza forte ed estesa in questa direzione. La CGT è un'organizzazione di lavoratori e di lavoratrici che assumono le proprie decisioni, e che mantengono coerentemente una lotta sociale antagonista e di trasformazione contro il modello collaborazionista dei sindacati «istituzionali»; contro il modello di cinghia di trasmissione in cui sono altri che decidono; contro il modello incoerente di chi firma manifesti e fa proclami ma accetta la logica della competitività e del capitale nelle imprese. Abbiamo dimostrato la nostra capacità di costruire un più ampio quadro di rivendicazioni e di mobilitazione, fornendo un accesso diretto al nostro progetto ad una sempre crescente quantità di lavoratori e attuando, in modo organizzato, la lotta contro un mondo imprenditoriale che utilizza la dispersione delle imprese e la deregolamentazione permanente delle condizioni di lavoro per degradare e flessibilizzare l'occupazione, distruggendo i diritti e le garanzie, sia del lavoro che sociali. Stiamo portando la nostra organizzazione fino all'ultimo angolo dove si annida la precarietà, rompendo, con rivendicazioni e lotte unificanti, la divisione che vorrebbero imporci allo scopo di indebolirci. Noi siamo coscienti dei cambiamenti che si sono prodotti nella

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Abbiamo coscienza in ogni momento dei cambiamenti che si sono prodotti nella classe lavoratrice, e di quali sono i settori più colpiti dalla precarietà e dalla perdita di diritti all’interno di un processo socio-economico del tutto negativo. E’ per questo che la CGT, che si è impegnata contro l'ingiustizia, tenterà in ogni modo di sviluppare un’azione sindacale sempre adeguata alle circostanze col fine di abbattere la tirannia del capitale.

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Allegato 6 Lo statuto dei delegati della CGT

delegati e le delegate dei lavoratori, del comitato di impresa o del consiglio dei delegati eletti dai lavoratori dell’impresa o di un settore su proposta della sezione sindacale (che predispone preventivamente la lista) devono rispondere alla loro duplice condizione di rappresentanti della CGT e dei lavoratori della loro impresa o settore.

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Le duplice qualità di rappresentante dell’organizzazione e di difensore dei diritti legittimi dei lavoratori che rappresenta presuppone un forte impegno dalla Confederazione in termini di relazioni, formazione ed informazione. Tutti i membri della Confederazione devono essere in grado di accedere a questi elementi che devono essere forniti con sollecitudine a tutti coloro che ci rappresentano e sono l'immagine della CGT di fronte sia all’impresa che ai lavoratori. Analogamente ciò vale anche per coloro che decidono di rappresentare la CGT a titolo individuale o pensano, essendo autosufficienti, di non stabilire ancora alcun vincolo con l'Organizzazione. Per tutti questi motivi e per una migliore rappresentanza della CGT nelle varie imprese e nei diversi settori e un migliore coordinamento e coinvolgimento dei nostri delegati con e nella Organizzazione è

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ALLEGATO 6 LO STATUTO DEI DELEGATI...

zazione è necessario stabilire un codice di diritti e doveri allo scopo di: Ampliare il rapporto organizzativo diretto attraverso successive conferenze settoriali e territoriali, realizzare riunioni periodiche nei sindacati, ... Rafforzare l'attività formativa con iniziative territoriali e settoriali in grado di fornire conoscenze più specifiche ed esperienze più dirette che li aiutino nell’adempimento delle loro funzioni ed in un maggiore e migliore coinvolgimento nelle attività confederali. Potenziare la trasmissione di informazioni, tanto a livello confederale che settoriale e territoriale per facilitarne gli interventi sindacali e nel sociale. Impegnare nelle iniziative organiche più generali i delegati e le delegate. Creare coscienza sull’utilizzo di tutte le ore sindacali e riaffermare che una parte di esse deve servire a stabilire i necessari collegamenti con l’Organizzazione: attraverso la comunicazione, la consultazione, le riunioni, le conferenze, l'attività formativa e l'assunzione di responsabilità organiche. Stabilire una condotta etica rigorosa, sia nell'utilizzo delle ore sindacali a livello aziendale, di sezione sindacale, di sindacato o di struttura territoriale o settoriale, quanto in rappresentanza del sindacato che gli ha dato fiducia.


di sezione sindacale, di sindacato o di struttura territoriale o settoriale, quanto in rappresentanza del sindacato che ha dato loro fiducia. In questo senso occorre insistere su varie questioni su cui è sempre bene riflettere specificamente nei nostri accordi di ambito e di applicazione generale. Le ore sindacali sono uno spazio di tempo libero che serve a rappresentare i lavoratori o, su designazione diretta, l’Organizzazione. Le ore sindacali non sono patrimonio personale di qualcuno, ma appartengono all’Organizzazione, in quanto vengono ottenute sotto la sua sigla... E i diritti acquisiti parallelamente derivano anche dalle medesime circostanze.

Le Sezioni Sindacali e/o il Sindacato devono ottenere informazioni tempestive e regolari sul computo delle ore sindacali che attengono ai suoi delegati, per ottenere da esse il rendimento ottimale Nessun delegato della CGT può fare utilizzo di ore sindacali per questioni private o diverse dall’attività organizzativa o sindacale. Nessun delegato della CGT può trasferire (o accumulare) ore sindacali ad altri attraverso accordi individuali indipendentemente o contro la decisione della corrispondente Sezione Sindacale o, in sua mancanza, del Sindacato.

ALLEGATO 6 LO STATUTO DEI DELEGATI...

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L ' I N I Z IATI VA S O CI AL E E I MO V I ME NTI S O CIALI

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onvertire la nostra attività sul posto di lavoro in un progetto di trasformazione sociale esige una collaborazione comune tra Azione Sindacale e Azione Sociale. Azione Sociale non è un elemento accessorio e secondario della nostra attività. Risulta impossibile sviluppare completamente il nostro modello sindacale senza una proiezione sociale profonda e senza una relazione stabile con i movimenti sociali. La CGT è una organizzazione sindacale di lavoratori e di lavoratrici con la volontà di essere uno strumento di emancipazione. Da questa premessa pretendiamo di agire con criteri trasformatori, cercando di mettere insieme una nuova maggioranza sociale che possa permetterci di cambiare il modello di società. A fianco delle rivendicazioni nell’ambito delle relazioni produttive nelle piccole imprese e nell'industria, abbiamo permanentemente mantenuto un campo rivendicativo ed attivo nell'ambito del sociale. Così, quando è iniziato il nostro cammino dopo il Congresso di Unificazione le nostre attività nel sociale si sono incentrate attorno alla lotta contro l'adesione alla NATO e sulla mobilitazione contro l'espansione dell’energia nucleare, mentre in tempi più recenti le nostre azioni sociali si sono sviluppate in molti altri campi, con un particolare protagonismo nella mobilitazione contro la guerra, la richiesta di alloggi degni ed accessibili o il sostegno della lotta degli gli immigrati di fronte all’illegalità e allo sfruttamento, incorporando azioni di tipo ecologista, l’obiezione fiscale, l'occupazione, e la gioventù con le sue numerose problematiche... Cronologicamente l’azione nel sociale della CGT inizia il suo percorso con il supporto alle lotte antimilitariste in un itinerario di continuità con la campagna contro la NATO ed allacciandosi con il movimento di insubordinazione all'esercito. L'INIZIATIVA SOCIALE

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mento di insubordinazione all'esercito. Mentre in un primo momento è stata sostenuta la obiezione di coscienza, successivamente la CGT si è impegnata nella strategia di insubordinazione rispetto al servizio alternativo (PSS). Questa azione di radicalizzazione contro l’esercito e il militarismo, ha avuto un’eco di particolare importanza sociale perché era ed è un sentimento radicato di generazione in generazione e continua latente anche nella nostra società. Lo dimostra il numero impressionante delle campagne: contro la guerra in Bosnia, in Iraq, il traffico di armi, le spese militari...; per l'obiezione fiscale..; attraverso successive iniziative: pubblicazioni, marce a Rota o a Torrejón, occupazioni di aree militari, convocazione di uno sciopero generale contro la guerra nel 2004... L’ecologismo e la lotta contro l’energia nucleare è stato un altro dei temi di cui si è occupata continuamente la nostra organizzazione, e questo si è riflesso sui nostri accordi, pubblicazioni e campagne. A volte come attività di carattere generale ed altre in risposta a fatti concreti: il cavo di Tarifa, la discarica di Nerva, la chiusura di Garoña, l'ILP contro l’energia nucleare nell’anno 1988, l'incidente della petroliera Prestige e il paradigma del NUNCA MAIS, il Piano Idrologico Nazionale (PHN), le lotte contro gli inceneritori, i poligoni di tiro, la speculazione paesaggistica ed ambientale, gli OGM, la sovranità alimentare... La situazione in materia di immigrazione e la quantità di problematiche che hanno vissuto e vivono gli immigrati, è stato un altro campo di attività, lungo tutti questi anni, diventando in alcuni momenti specifici una delle priorità della CGT. Il cinismo inonda la nostra società di fronte a realtà come quella dello Stretto di Gibilterra, le recinzioni di Ceuta o Melilla, i CIE (Centri di Detenzione per gli stranieri), lo sfruttamento del lavoro al limite della schiavitù, il progressivo inasprimento delle leggi sull'immigrazione (come la recente Direttiva Europea, nota come quella «della vergogna»), le molestie e le discriminazioni in generale, la mancanza di diritti di cui soffrono quelli che sono arrivati in questa «civilizzata» Europa in cerca di un nuovo orizzonte per la loro vita.

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Europa in cerca di un nuovo orizzonte per la loro vita. Perché non vengano dimenticate, dobbiamo mantenere nella nostra memoria le immagini delle autoreclusioni di immigranti avvenute a partire dal 1997 (simili a quelle avvenute per 300 famiglie a Parigi il 18.3.1996, da cui hanno copiato il modello) a Barcellona, Madrid, Palma, Huelva, Murcia, Almeria, Malaga, Valencia... L’autoreclusione nell'Università Pablo de Olavide di Siviglia (UPO) nel 2002: 400 immigrati rinchiusi in risposta al vertice dei capi di stato europei convocato da Aznar per rafforzare le leggi in materia di immigrazione. Il confinamento di solidarietà di El Salvador (al controvertice di Siviglia per sostenere la chiusura dell’UPO), le marce che hanno raggiunto i campi di Huelva (2001), Cuenca (2002), Murcia (2002) e Jaén (2004), le migliaia di azioni e di manifestazioni,... Il confino volontario nella sede della CGT di Barcellona (giugno 2004) con un protagonismo singolare: perseguitati dalla polizia in tutta la città, 350 immigrati privi di documenti si rifugiarono lì per oltre un mese, con il sostegno continuo della organizzazione. La CGT si è impegnata a fornire supporto e sostegno a praticamente tutte le mobilitazione sull’immigrazione; pubblicando fogli informativi, attuando campagne di sensibilizzazione, editando guide e manuali di consigli utili, convocando conferenze e incontri (il primo di carattere confederale dal 3 al 5 maggio 1985 presso l'Ateneo di Madrid, proprio dopo il Congresso di Unificazione), aprendo i locali a una lunga lotta che condividiamo pienamente per il riconoscimento e la dignità di tutti gli esseri umani. Negli ultimi dieci anni abbiamo visto la nascita del cosiddetto movimento antiglobalizzazione che, senza definire qualcosa di preciso, canalizza e rende visibile un rifiuto del processo di globalizzazione capitalista, sviluppando una pratica di azione orizzontale con una buona dose di immaginazione e spontaneità che ha spinto milioni di persone in tutto il mondo a mobilitarsi.

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La CGT, che può essere considerata un pioniere del Movimento Antiglobalizzazione date le nostre rivendicazioni, gli obiettivi e le pratiche, ha partecipato attivamente promuovendo manifestazioni di grandi dimensioni, da un lato, e dall’altro molti coordinamenti locali con altri movimenti sociali che hanno contribuito in modo decisivo a configurare una realtà sociale di base e combattiva chiaramente differenziata da coloro che, autodichiarandosi in collegamento col movimento no-global, hanno invece creato strutture gerarchiche, dipendenti dal finanziamento di determinate Amministrazioni, e che sono invece collegati politicamente con alcuni governi oppure pretendono di riformare il sistema capitalista dando copertura e giustificazione al sindacalismo «istituzionale» (CES) più sottomesso. Ciò è stato causa di una diminuita capacità di mobilitazione del cosiddetto movimento no-global, ma non ha impedito che le idee anticapitaliste e antiautoritarie abbiano avuto un forte impulso che continua oggi

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tarie abbiano avuto un forte impulso che continua oggi con una molteplicità di nomi e di forme e, soprattutto, ha generato una globale coscienza critica. Ma questo elenco dovrebbe includere anche il supporto al movimento delle radio libere, all'occupazione dei centri sociali, alla lotta per un alloggio decente, contro la repressione e per la libertà, per l'abolizione del debito estero, il software libero...; la denuncia delle varie leggi sull'istruzione, della precarietà, della situazione generale della gioventù... Per esemplificare questo tipo di lavoro, dettagliamo alcune iniziative che, pur rappresentando un elenco incompleto, non devono essere dimenticate: La campagna per il NO alla NATO (1985-1986). L'ILP contro l'energia nucleare (1988). Gli uffici di informazione per l’Obiezione Fiscale (la prima nella sezione sindacale della CGT nella Agenzia Tributaria di Madrid). La rivista di azione sociale «Agitaciòn», della quale sono stati pubblicati quattro numeri in formato murale (1988/1989) e che per problemi economici cessò le pubblicazioni quando il progetto ancora non era stato sviluppato, raccogliendosi però come testata all’interno delle pagine di azione sociale di Rojo y Negro. Il collegamento con i movimenti sociali attraverso manifestazioni e marce convocate contro la disoccupazione. La campagna «Joven explotado ¡explota!» (Giovane sfruttato, esplodi!) (1998) con la quale si diede una spinta alla partecipazione di giovani nella CGT. La campagna Contro l'Europa del Capitale nella prima metà del 2002. Le giornate «Pensar en precario» (2003), che sono servite come punto di incontro per l’insieme delle situazioni che danno forma alla precarietà .

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I 6 «Tintos de Verano» svoltisi dopo il 2003, luoghi di incontro e di coordinamento estivi per i movimenti sociali. Il lavoro continuo sulle questioni dell’immigrazione lungo l'intero percorso della vertenza. L’edizione di materiale comune tra CGT, Baladre e Ecologistas en Acción, e della comune rivista pubblicata tra Libre Pensamiento, Ecologistas e Lletra A: «La Costituzione dell'Europa del Capitale» (inverno 2004-2005), «Vivere con dignità è un diritto» (inverno 2006-2007), «Economia sociale, economia verde» (primavera 2008) e «Tempo di crisi: un momento di lotta» (primavera 2009). La notevole presenza di contenuto sociale nelle piattaforme rivendicative della CGT nella sua contrattazione collettiva. I movimenti sociali soffrono di una repressione costante, qualitativamente diversa in alcuni aspetti, rispetto alla repressione che avviene nel mondo del lavoro e con la quale, come sindacato, abbiamo più familiarità. Ciò ha motivato un lavoro specifico promosso con la realizzazione di varie riunioni confederali, l’edizione di guide orientative per diffondere le necessarie conoscenze e facilitare le risposte adeguate di fronte alle molteplici situazioni di repressione nelle quali i militanti della CGT e dei movimenti sociali vengono via via coinvolti. Le azioni effettuate in difesa dell’ampliamento degli spazi di libertà individuale e collettiva, e la rottura con modelli di non-solidarietà e di modelli consumistici generano un attacco immediato da parte delle istituzioni. Ciò implica un maggiore livello di responsabilità, impegno e solidarietà di fronte alle misure coercitive. Per ricercare un livello più alto di libertà individuale e una completa autogestione della società e delle nostre vite.

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Sulle esperienze di interazione tra sociale e sindacale, la CGT ha elaborato una Carta dei Diritti Sociali, con la quale abbiamo messe insieme la totalità delle realtà rivendicative e dei piani di azione che sono nella prospettiva dei diritti: cioè «il diritto di avere dei diritti». La Carta dei Diritti Sociali rappresenta uno strumento rivendicativo per il raggiungimento della piena libertà degli individui, a prescindere della loro origine, etnia, cultura, sesso, orientamento sessuale, età, reddito o formazione. Questi sono diritti per tutti. I diritti sociali, nella loro conquista e nella loro definizione, devono essere il risultato di un processo di democrazia partecipativa e di autogestione orientato alla soddisfazione progressiva delle necessità umane e di sostenibilità della vita. Devono vincolare le società e le persone nel loro riconoscimento ed esercizio. Ogni diritto riconosciuto deve essere difeso e salvaguardato contro il predominio della competitività, contro la ricerca esclusiva della produttività, contro il criterio del massimo rendimento, contro la minaccia di delocalizzazione e di segregazione delle attività produttive, contro gli espedienti nella regolazione dell’impiego, contro la privatizzazione dei servizi sociali, contro la crescente e costante precarizzazione della vita umana. E dobbiamo discutere in modo approfondito della necessità di avanzare proposte di decrescita che, a partire dalla denuncia delle disuguaglianze sociali e del saccheggio capitalista sull’ambiente, permettano di eliminare il consumismo e le sue conseguenze. Scommettendo su uno sviluppo sostenibile, sulle energie rinnovabili e non distruttive, sulla sovranità alimentare contro le multinazionali, sul commercio e sul trasporto di prossimità, le cooperative di consumo.., per la agroecologia come modello di produzione, in ultima analisi, allo scopo di cambiare l’attuale crescita produttivistiL'ATTIVITÀ SOCIALE

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ca per la soddisfazione piena dei bisogni reali dell’umanità. Per incoraggiare spazi di autogestione capaci di superare gli stretti margini del capitale attraverso la creazione di nuove realtà. La CGT è presente nel nascente e ampio movimento della cultura libera, nello sviluppo di iniziative culturali di base, in cui l'autogestione e la cooperazione tra uguali rappresentano aspetti fondamentali utili a costruire una nuova identità culturale, diversa e plurale, che sappia rispondere con nuove linee guida alla mercificazione generalizzata della cultura e dell'innovazione scientifica e tecnologia. Siamo una organizzazione che ha l'obiettivo di diventare maggioranza consapevole, che si muove verso un cambiamento profondo e radicale. Su questa strada rivolta verso i nostri obiettivi finali, abbiamo scelto di estendere una coscienza critica ed ampliare le nostre visioni in un processo di coerenza, a partire dalle lotte condivise con l’insieme delle lavoratrici e dei lavoratori

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a fronte dei problemi e delle situazioni che ogni giorno si ripropongono. Il nostro lavoro rivendicativo non si può fermare davanti alle porte delle imprese, perché siamo una organizzazione trasformatrice che pretende un cambiamento sociale in profondità, e perché le nostre rivendicazioni di migliori condizioni di lavoro e di vita, coinvolgono numerose questioni che vanno oltre il semplice lavoro. Durante questi 25 anni con la nostra attività, al di là dei limiti imposti dall’ambito strettamente lavorativo, abbiamo cercato di sviluppare una coscienza sociale critica e antiautoritaria, da diversi punti di vista:

Discutendo, facendo accordi e, di conseguenza, mettendo la nostra organizzazione davanti a tutti i problemi della società moderna. Movimentando e dibattendo nei posti di lavoro sui problemi di carattere sociale partendo dalle nostre posizioni e dal nostro impegno. Sostenendo e mobilitando, sia all'interno che all’esterno delle imprese, sulla base di un criterio di condivisione, di solidarietà e di giustizia. Portando ai movimenti sociali il nostro modo di vedere e le nostre posizioni praticate quotidianamente sul posto di lavoro e negli impegni assunti giorno per giorno, contro la dittatura del capitale. Formulando un nostro discorso verso la pubblica opinione sui diversi problemi e rivendicazioni di carattere sociale che si sono succeduti. Contribuendo a creare spazi di fiducia, collaborazione e confluenza con quei movimenti sociali che operano con analoghi criteri di anticapitalismo e orizzontalità. Partecipando a larghe intese per difendere posizioni in situazioni che hanno richiesto da noi risposte sociali massicce e urgenti.

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Tutti questi piani, sviluppati in maniera organica, ci hanno portato ad una vasta serie di connessioni, di radicamenti e di nuove realtà. Aggiungendo, soprattutto, nuovi criteri di analisi e nuove prospettive di lotta a un movimento operaio in costante cambiamento ed evoluzione. Dobbiamo considerare che ora i contributi della nostra organizzazione sono più necessari che mai perché, lentamente ma inesorabilmente, siamo diventati il referente della sinistra reale e l’organizzazione avente concreti obiettivi di trasformazione con maggiori capacità di offrire risposte di mobilitazione ed influenza sociale. Il che rappresenta una grande responsabilità in un momento come questo. Dobbiamo difendere e promuovere l’uguaglianza, i servizi pubblici, alloggi decenti, l’assistenza integrale, le prestazioni sociali, i trasporti, le pensioni, la sanità, l'istruzione pubblica e molti altri aspetti che sono fondamentali nella vita di qualsiasi lavoratore. Dobbiamo rafforzare e ampliare la carta dei diritti sociali universali ed egualitari della quali ci siamo dotati come segno distintivo in un intervento senza sosta a favore dell’uguaglianza effettiva per tutti. Se facciamo un esame completo dei fatti specifici, analizzandoli uno ad uno, ci accorgeremo immediatamente che la storia della nostra azione sociale è una radiografia delle inquietudini sociali succedutesi nella nostra storia recente e delle attività più rilevanti dei movimenti sociali avvenute nell’arco di questi 25 anni. Basti, per ora, la breve elencazione che abbiamo dato in questo capitolo ad evidenziare l'importanza della nostra azione sociale, sia per l’ insieme dei movimenti sociali che per la società nel suo complesso.

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DONNA Poiché la prima misura della rivoluzione libertaria consisterà nell’assicurare l'indipendenza economica degli esseri umani, senza distinzione di sesso, l'interdipendenza creatasi tra l'uomo e la donna con essa sparirà. S’intende, pertanto, che i due sessi saranno uguali, tanto in diritti come in doveri... Congresso della CNT a Saragozza, 1936 Accordo su «famiglia e relazioni sociali»

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o sforzo compiuto dal movimento libertario nella lotta per l’uguaglianza reale tra uomini e donne e per l'integrazione della donna nella sfera pubblica e collettiva è storicamente documentato. Gli Atenei, le scuole razionaliste, i collettivi, la militanza nei sindacati, il nuovo modo di intendere la famiglia e le relazioni di coppia... fino alla legislazione sui diritti della donna, nei discussi mesi della partecipazione della CNT nel governo della repubblica durante la guerra civile. Possiamo citare il decreto firmato da Juan García Oliver nel quale si concedeva alle donne piena capacità giuridica, diritto che non si sarebbe riconquistato fino all'epoca «democratica» attuale; o il fatto aneddotico che il primo ministro donna nella storia della Spagna fosse Federica Montseny. Egualmente dobbiamo citare i progressi sugli aspetti ginecologici e sanitari, l’aborto, la prostituzione... L’universo libertario è affollato di pensatrici e pensatori, di donne e di uomini che segnarono profondamente col loro esempio, durante tutto il suo percorso, la liberazione della donna, ed ancora oggi molte di quelle giuste rivendicazioni derivano dalla filosofia anarchica. Ma evidentemente questa strada era piena di immense difficoltà perfino dentro il mondo anarcosindacalista, dove la organizzazione Mujeres Libres ( DONNA

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dacalista, dove la organizzazione Mujeres Libres (Donne Libere) ebbe un protagonismo singolare di fronte alla cultura dell'oppressione maschilista. Il franchismo riportò tutte quelle conquiste all’epoca delle caverne ed una repressione politica, culturale e sociale atroce sommerse la società spagnola con la retrocessione della donna alla schiavitù del lavoro domestico, la dominazione patriarcale ed il giogo della emarginazione. Doppiamente depredata, in qualità di lavoratrice e nella sua condizione di donna, fu convertita in anello fondamentale della catena di sfruttamento capitalista. Col passare degli anni molte cose sono cambiate ma, nonostante la lotta storica delle donne e dei risultati ottenuti, la situazione di oppressione continua a mantenersi,

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ottenuti, la situazione di oppressione continua a mantenersi, nonostante i cambiamenti, nelle forme concrete della discriminazione. È necessario rivendicare l'uguaglianza assoluta, come discorso radicale ed anticapitalista, sia dentro la nostra organizzazione che fuori, nei confronti dell’intera società, in ogni proposta che lanciamo e, soprattutto, nella pratica della costruzione di quei mondi distinti che desideriamo. Continuiamo a vivere in una società che è basata sulla disuguale ripartizione dei lavori e delle ricchezze, dove le disuguaglianze lavorative e familiari si retroalimentano. Le donne assumono i lavori domestici non rimunerati, invisibili e socialmente poco stimati. Ed il «mercato» offre alla donna, maggioritariamente, lavori altamente precarizzati e mal rimunerati, discriminandole in maniera generalizzata sia in materia salariale che di promozione sociale. Viviamo un momento storico per l’emancipazione, ma i progressi ottenuti possono diluirsi in un mare di valori tradizionalisti e con una grande debolezza nella difesa dei diritti e degli spazi conquistati. Ci sono, dall'altra parte, la soffocante campagna di informazione e le imposizioni da parte dal potere nelle quale il successo del femminismo viene misurato solo attraverso il suo processo di istituzionalizzazione. Non ci si può liberare dall’alto. La liberazione e la ricerca di uguaglianza devono realizzarsi all’interno della società e da parte della società stessa, e non da una élite economica e politica che riproduce i ruoli maschilisti. Non si ottiene la parità nei ministeri e nei consigli di amministrazione, si conquista l’uguaglianza in tutti gli ambiti, soprattutto nelle realtà sociali delle lavoratrici. La CGT è e deve essere protagonista attiva nella mobilitazione di

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la mobilitazione di un femminismo fondamentalmente anticapitalista, antipatriarcale ed antiautoritario, capace di integrare la lotta contro gli altri assi di potere e di dominazione sociale che appaiono intrecciati: l’orientamento sessuale, l'identità di genere, ecc., ricostruendo un discorso proprio su questi assi e sulla nostra esperienza storica. Non è facile quello che ci proponiamo, perché ci troviamo di fronte ad un mondo piagato dalle disuguaglianze, dove le basi dell’oppressione sociale si incrociano e si rinforzano mutuamente. In questo panorama, il genere sessuale è un fattore di vulnerabilità che non può in nessun caso essere distinto in forma isolata dagli altri fattori di dominazione sociale. L'incorporazione della donna nella sfera pubblica, collettiva ed economica ha evidenziato che stiamo per essere testimoni di un momento di crisi dei ruoli nei quali il sistema socioeconomico si sta riorganizzando e sta lasciando intravedere tale conflitto di logiche sociali. È un periodo che dobbiamo utilizzare per avanzare critiche profonde, interrelazionando la nostra critica egualitaria ed anticapitalista. Pertanto, la sfida è quella di dare a questo problema la dimensione che merita, approfondendo il concetto di «cura della famiglia e della casa», evitando la mercificazione e l'approccio economicistico di questi lavori fondamentali nella vita umana, sul piano sociale e su quello economico. La lotta della donna per l'uguaglianza reale non è qualcosa del passato. Per questo motivo la CGT ha appoggiato in ogni sua istanza tutte quelle rivendicazioni che hanno sempre continuato a porre e riproporre l'eterna aspirazione per l'uguaglianza, comprese le relazioni tra donne ed uomini all’interno del sindacato. Così, certamente, l'hanno inteso quei gruppi di compagne che hanno adottato distinti modi di presentarsi: Mujeres Libres, Mujeres Libertarias, Grupos de Mujeres de CGT (Donne Libere, Donne Libertarie, Gruppi Femminili della CGT)... sviluppando un costante ed intenso lavoro durante tutti i 25 anni della nostra storia. Al di là della specificità del lavoro dei Gruppi di Donne o della costituzione della Segreteria della Donna e delle diverse visioni esistenti nel campo del femminismo libertario, la lotta per l'uguaglianza reale è trasver

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smo libertario, la lotta per l'uguaglianza reale è trasversale alla totalità dei campi di attività e deve rimanere presente nelle differenti aree di attività tanto sindacali come sociali. E ci riguarda in tutta l'organizzazione. Del lavoro realizzato durante questi due decenni e mezzo, vogliamo offrire una panoramica sintetica su alcuni dei fatti fondamentali soprattutto per quanto riguarda la loro influenza nello sviluppo degli avvenimenti.

8 Marzo: Tutti gli 8 marzo, Giorno Internazionale della Donna, puntualmente la CGT partecipa alla celebrazione dei diritti conquistati attraverso le lotte e continua a rivendicare tutti quelli che rimangono da ottenere, presentando la sua campagna ogni anno, stando presente e animando i cortei. I messaggi approfondiscono sempre i concetti di uguaglianza e diritti, lavorando perché la concretezza vada oltre gli enunciati ufficiali, agendo per trasformare la realtà.

25 Novembre: Progressivamente, mano a mano che cresce la sensibilità sociale contro la violenza sessuale, acquisisce maggiore eco la data del 25 Novembre. Anche la CGT è presente in questa giornata coi suoi messaggi e i suoi cortei. Di fronte ad una malattia sociale, che riflette la parte più sordida dello sfruttamento e della dominazione, dobbiamo essere assolutamente inflessibili agendo contro la violenza sessuale, appoggiando chi ne soffre e combattendo chi la esercita.

Incontri dei Gruppi Femminili A partire dallo stesso Congresso di Unificazione sono stati stabiliti differenti livelli di connessione tra i gruppi di donne organizzati intorno alla CGT. Questi gruppi di donne hanno funzionato in certe occasioni con totale autonomia dall'organizzazione ed altre volte con un chiaro vincolo organico attraverso la Segreteria di Azione Sociale o la Segreteria della Donna DONNA

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di Azione Sociale o la Segreteria della Donna. In un primo momento l'organizzazione appoggiò gli incontri celebrati dai collettivi di Donne Libertarie. La prima volta i giorni 2 e 3 Marzo del 1985 sotto lo slogan «Donna e Lavoro», ed il secondo i giorni 12 e 13 Ottobre dello stesso anno a Valencia. In quella occasione parteciparono i gruppi costituiti a Barcellona, Alicante, Burgos, Granada, Malaga, Madrid, Valencia, Siviglia e Saragozza. Da allora si è stabilito, attraverso il contatto permanente e la periodicità degli incontri, un funzionamento che, oltre ai gruppi organizzati specificamente come «Donne Libertarie», andava esteso all'insieme di donne che partecipano alla CGT. Come continuazione diretta di questa esperienza, ed a partire dall'anno 1997 ad iniziativa dell’«area della donna» della Segreteria Confederale di Azione Sociale, si sono convocati periodici «Incontri di Donne della CGT». Nel Giugno di quell'anno si formalizzò il primo incontro di questo percorso ed il secondo in Ottobre, per poi continuare in maniera regolare. Quando, nell'anno 2001, si creò la Segreteria Confederale della Donna si intensificò la dinamica di campagne, pubblicazioni ed incontri.

Rivista Mujeres Libertarias (Donne Libertarie): Come iniziativa propria del gruppo di Mujeres Libertarias di Madrid, e con la partecipazione di numerose affiliate della CGT, si iniziò a pubblicare la rivista «Mujeres Libertarias». Il numero 0 uscì nell'estate del 1985. Questa rivista pubblicò 15 numeri, con l'ultimo in corrispondenza col primo trimestre del 1993. La pubblicazione ebbe una significativa influenza nell'ambito del femminismo, specialmente in campo libertario e, ovviamente, all’interno della nostra organizzazione, nonostante le difficoltà della sua distribuzione dovuta agli scarsi mezzi di cui si disponeva in quel momento.

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Edizione della rivista Mujer Trabajadora (Donna Lavoratrice): A partire dal XI° Congresso si considerò necessario coprire il vuoto costituito dal non poter contare, come CGT, su un portavoce pubblico che trasmettesse la visione femminile dell'organizzazione. Dalla Segreteria di Azione Sociale fu deciso di pubblicare la rivista «Mujer Trabajadora». Il numero 1 si pubblicò nel Dicembre del 1990. Di questa rivista si pubblicarono sette numeri, di cui l'ultimo nell'estate del 1993.

Campagna donna, guerra, rivoluzione: In coincidenza con l'esordio del film «Libertarias» del regista Vicente Aranda nella primavera del 1996, la CGT organizzò una campagna sotto il titolo «Donna, Guerra Civile e Rivoluzione Sociale (1936-1996)». Questa iniziativa, attraverso l’affissione di manifesti, servì come filo conduttore per la celebrazione e il tributo alle donne che parteciparono alla lotta contro il franchismo. Le celebrazioni cominciarono i giorni 17 e 18 Aprile a Valencia e continuarono per Madrid, Valladolid, Saragozza...

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Conferenza internazionale delle donne anarcosindacaliste Durante questi due decenni e mezzo si sono prodotti numerosi incontri internazionali nei quali ci sono state riunioni di donne e si è andata tessendo, a poco a poco, una rete di contatti parallelamente allo stabilimento dell'estesa rete di relazioni internazionali della CGT. Vogliamo ricordare in maniera speciale un'iniziativa della nostra organizzazione gemella, la SAC della Svezia, che approvò in un Congresso della sua organizzazione la celebrazione di una Conferenza Internazionale di Donne Anarcosindacaliste che si celebrò, poi, nell'estate del 1997 a Stoccolma, costituendo una pietra miliare nella proiezione delle nostre relazioni internazionali.

Vertenza della CGT contro Renault per discriminazione di genere Alla lotta quotidiana nelle imprese contro la discriminazione della donna e per l’uguaglianza effettiva si sommano importanti iniziative giudiziarie quali, tra le altre, sottolineiamo quella realizzata nella FASARENAULT. Si tratta di una lotta sindacale che durò dal 1992 fino all'anno 2000 per discriminazioni compiute verso le donne nelle contrattazioni interne alle officine. Detto procedimento, con risultato finale favorevole alla tesi difesa dalla CGT, suppose 7 sentenze consecutive. Tre del Tribunale Superiore della Castiglia e Leone, tre della Corte Suprema ed uno del Tribunale Costituzionale. Il nostro lavoro ottenne non solo la vittoria giudiziale, ma anche la vittoria sociale agli occhi dell'opinione pubblica. La Corte Suprema nella sua terza sentenza, dopo i chiarimenti della Corte Costituzionale, sentenziò che l'impresa aveva discriminato le donne, dando ragione alla CGT. Il passo successivo fu la contrattazione per l’assunzione immediata di donne a tempo indeterminato. Questa fu la prima sentenza a riconoscere una discriminazione per ragioni di genere nell'accesso all'impiego, in funzione della esclusione delle

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cesso all'impiego, in funzione della esclusione delle donne da posti di lavoro a tempo pieno e a rapporto contrattuale fisso.

Creazione della Segreteria della Donna - CGT Nel XIV° Congresso celebrato a Valladolid nell’Aprile del 2001, dopo una lunga ed intensa discussione circa le differenti visioni su come realizzare l’impegno organico delle rivendicazioni sulla situazione della donna, si optò per creare la Segreteria Confederale della Donna. Questa innovazione suppose anche la definizione di una nuova cornice organica per i gruppi di donne dell'organizzazione, dove continuano a coesistere varie forme e formule di concepire la lotta della donna contro la discriminazione e per l'uguaglianza.

bina mo che com : un neologis di e r) Cuidadanía re (cuida etti del cura nc co i ed ritto le parole uppone il di danía) e pres da iu (c za an curati a cittadin e ad essere re ra cu di le fondamenta nde il concet italiano este In à. et ci so carico della status. te” e del suo to di “badan

*

La Cuidadanía: (vedi nota *) L’insieme di prospettive che rappresentò il lavoro della Commissione Confederale Contro la Precarietà a partire dall'anno 2003, intrecciando le analisi del movimento femminista con la pratica sindacale della lotta contro la precarietà, hanno concretizzato nuovi modi di vedere per l'insieme dell'organizzazione. Così, a metà strada tra la pratica giornaliera e la teoria economica, la CGT concorda di difendere e diffondere il concetto di «cuidadanía», legando tra loro criteri classici della nostre idee con nuove valutazioni. In definitiva: che l'economia venga posta al servizio delle necessità umane, che venga riconosciuto il lavoro di chi cura e che il produttivismo non ci derubi della vita.

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Omaggio a Mujeres Libres: Con l’occasione del settantesimo anniversario del primo congresso di «Mujeres Libres» si è voluta ricordare la sua visione dei problemi delle lavoratrici e la singolarità di essere il primo movimento organizzato a lottare per l'uguaglianza dei diritti da una prospettiva l a

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di classe. La sua lotta fu condotta per mettere in condizioni di uguaglianza la donna e l'uomo nella lotta globale del movimento libertario per la trasformazione sociale. L'omaggio, che si celebrò a Saragozza dal 15 al 20 Ottobre del 2007, è consistito in cinque giornate di dibattito ed una manifestazione finale. I temi delle giornate ruotarono intorno ai temi dell'educazione non sessista, delle donne nella rivoluzione, su donna e repressione, su donna e precarietà e sul ruolo della donna nell'anarchismo spagnolo. La manifestazione finale, che si concretizzò nell'omaggio di tutta la CGT a «Mujeres Libres», contò sulla presenza di militanti femministe libertarie di tutte le epoche, da alcune delle fondatrici fino alle compagne entrate nel Sindacato più recentemente. Lo slogan di queste giornate, «Proiettando illusioni e facendo storia», rimane, insieme all'emotività degli abbracci finali, come inizio di una nuova epoca di lotta e di speranza.

Critica all'attuale quadro legale. Oggi dobbiamo continuare ad avanzare. Senza fare un passo indietro. Osserviamo, invece, un rischio di regresso nelle conquiste realizzate oppure uno scolorimento di immagine su temi come l'aborto, l'uguaglianza effettiva, la dipendenza... Le leggi promulgate dal governo del PSOE legge sulla Parità, legge contro la Violenza Sessuale, legge di Dipendenza - sebbene costituiscano un progresso, hanno una componente propagandistica attraverso la quale si manifesta la pretesa, da parte del legislatore, di erigersi come il più alto difensore dei diritti sociali. Scommettere su un'economia liberale ad oltranza, con la sua sequela di precarietà e distruzione di diritti a tutti i livelli, e tentare di farci credere che tutto ciò non è incompatibile con l'esistenza dei diritti sociali, è un esercizio di mera ipocrisia. La legge sulla Parità (2007), nasce per inserirsi in un sistema disuguale. Non realizza una messa in discussione del resto delle disuguaglianze sociali, ma il suo

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delle disuguaglianze sociali, ma il suo obiettivo è quello di equiparare donne ed uomini nel seno di una struttura gerarchica. Intende l'uguaglianza come incastonatura in una cornice di normalizzazione dell'inserimento nel lavoro delle donne sotto i paradigmi della flessibilizzazione e della competitività. La legge di Dipendenza (2006) appare in un contesto di inesistenza di una responsabilità sociale nella custodia delle persone non autosufficienti, derivata dalla preponderanza della logica dell’accumulazione. La legge non risolve il profondo deficit di diritti, non lo riconosce come un diritto universale. Istituzionalizza la figura della persona che cura in famiglia, perpetuandone il ruolo di genere. Subordina anche le necessità della popolazione alle necessità mercantili (imprese private), non garantendo il diritto a vivere dignitosamente in una situazione di dipendenza. La legge Integrale contro la Violenza Sessuale (2004), offrì una risposta urgente ad una situazione di emergenza e di allarme sociale provocato dall’elevato numero di violenze di uomini contro le donne, con un carattere protezionistico ed assistenziale. Lo stato, attraverso questa legge, si assegna il ruolo di «salvatore», quando invece la violenza è intrinsecamente relazionata con la gerarchia, il patriarcato, l'educazione dominante e l’atavica disuguaglianza culturale. Manca la coscienza educativa per essere davvero inflessibili nella denuncia di atteggiamenti e situazioni che generano quella stessa violenza. Mancano anche i presupposti che assegnino le risorse di ogni tipo necessarie a favorire l’uscita da situazioni di sfruttamento e violenza. L'unica conclusione logica su tutto ciò è che la lotta deve continuare e che, finché si mantengono livelli di disuguaglianza e discriminazione, la CGT deve essere impegnata in tutte le battaglie affinché vadano in quella direzione, vincolando l'insieme della nostra attività a questo obiettivo.

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LE GRANDI LOTTE

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n questo capitolo raccogliamo quelle iniziative che meglio han saputo rappresentare tutte le nostre prospettive, inserendole in un discorso unitario. Iniziative che possiamo considerare come le «Grandi Lotte» che hanno dato complessivamente una spinta al lavoro della CGT incentrato sul miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia, delineando i momenti più alti della nostra attività come organizzazione e della nostra connessione con la società. Ivi compreso un numero elevato di mobilitazioni che costituiscono un magnifico viaggio attraverso l'evoluzione della nostra storia.

1° Maggio Ogni 1° di Maggio, la CGT è scesa nelle strade ed ha promosso manifestazioni destinate a mantenere un atteggiamento di protesta, costantemente aggiornato con i più gravi problemi che hanno investito, in ogni circostanza, la classe lavoratrice. Il 1° di Maggio non è solo una vacanza, ma è un giorno collettivo di mobilitazione, di lotta e di memoria. La celebrazione del giorno internazionale dei lavoratori ha la sua origine nello sciopero per il conseguimento delle 8 ore di lavoro giornaliero che iniziò a Chicago il 1° Maggio 1886. Vi fu una brutale repressione in cui la polizia aprì il fuoco sui manifestanti causando un numero imprecisato di morti, feriti e centinaia di arresti. Seguì un processo-farsa che emise la condanna a morte e l'esecuzione per cinque lavoratori anarchici. Un chiaro esempio di terrorismo di stato che la classe operaia di tutto il mondo sta ancora celebrando. Le manifestazioni indette dalla CGT per il 1° Maggio 2009, l’ultimo celebrato, hanno avuto come parola d’ordine «Basta con gli scioperi addomesticati e i licenziamenti selvaggi ", oltre ad un appello allo uno Sciopero Generale, chiu

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i licenziamenti selvaggi», oltre ad un appello allo Sciopero Generale, chiudendo il cerchio iniziato durante la «Transizione» con il primo appello del 1° Maggio 1978, dopo la legalizzazione del 1977. Mantenendo la stessa forza rivendicativa, il medesimo spirito combattivo e la stessa parola d’ordine, 31 anni dopo, davanti ad una situazione che continua a richiedere sforzi, impegno e lavoro organizzativo.

Rappresentatività Abbiamo detto nel capitolo relativo all’Azione Sindacale, che il grande salto di qualità compiuto dalla nostra organizzazione nel suo impegno con gli interessi della classe lavoratrice è rappresentato dall'ingresso ai tavoli di contrattazione collettiva; e qui vogliamo ribadirlo. E’ l'impegno di ciascuno dei militanti della CGT ciò che costituisce il lavoro quotidiano della nostra organizzazione nel raggiungimento degli obiettivi che raccogliamo nei nostri accordi. L'esercizio di influire e di migliorare le situazioni specifiche, proseguendo nel lavoro rivendicativ partendo da una visione molto ampia, è ciò che dà vo f forma tangibile a tali accordi. Noi non vendiamo fumo con delle teorie, non i incoraggiamo scelte puramente individualistiche, e non l lanciamo proclami, senza appoggiarli con il nostro imp pegno organizzato. Lavoriamo pensando al futuro, ma d dando risposte a ciascuno dei problemi immediati, pers seguendo chiari miglioramenti che permettano di antic cipare progressi di carattere generale in ogni situazione, e facendolo a partire dalla partecipazione e dalla presa d coscienza collettiva. Tutto viene realizzato perché di s siamo effettivamente nei luoghi lavoro con una visione g globale della trasformazione sociale. Negoziando e mobilitando con una visione amp ed integrale di ciò che stiamo chiedendo in ogni pia m momento, inquadrando le rivendicazioni lavorative e salariali in una cornice nella quale la riduzione della giornata lavorativa, il conseguimento dell'uguaglianza o la solidarietà siano aspetti fondamentali di una prospet

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giornata lavorativa, il conseguimento dell'uguaglianza o la solidarietà siano aspetti fondamentali di una prospettiva di ripartizione del lavoro e della ricchezza. A volte i nostri metodi e il nostro modo di procedere ci sono sembrati un po’ lenti, ma è anche importante che il processo si realizzi in modo cosciente e sappia raccogliere i nostri concetti partecipativi ed organizzativi. Vogliamo arrivare più lontano, migliorando le condizioni immediate, e vogliamo farlo tra tutti i lavoratori e tutte le lavoratrici.

Contro la Riforma del Lavoro L'evoluzione delle condizioni di lavoro ha subito un graduale declino proporzionato all’avanzata delle posizioni del capitale e i postulati neoliberisti. I diritti hanno subito una regressione con un'imposizione graduale della precarizzazione lavorativa che si è concretizzata sotto forma di diminuzioni salariali, instaurazione della flessibilità a tutti i livelli, incrementi della produttività senza controllo, modalità precarie di contrattazione, perdita di diritti... L'introduzione della competitività come criterio egemonico ha forzato la moltiplicazione solo dei profitti imprenditoriali. Durante questi due decenni e mezzo si è mantenuta costantemente una situazione di patto sociale permanente, a volte in modo attivo, con la firma di accordi a livello globale tra i datori di lavoro, i sindacati e il governo, e altre volte passivamente, semplicemente lasciando fare ai governi. Si sono succeduti vari cicli di riforme a cascata, sia nella legislazione del lavoro come della previdenza sociale. Abbiamo visto come progressivamente si è impiantata la temporalità, si sono legalizzate le ETT (Imprese di Lavoro Temporaneo), si sono moltiplica te le formule di LE GRANDI LOTTE

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prese di Lavoro Temporaneo), si sono moltiplicate le formule di contrattazione e, contemporaneamente, si sono abbassati gli obblighi a carico degli imprenditori, facilitando il licenziamento, incentivando la mobilità geografica e funzionale, deregolando la giornata di lavoro, allungando gli anni di calcolo per le pensioni... A volte come «decretazas» (decretacci) o iter parlamentari di nuove leggi, altre sotto forma di patti sociali o accordi interconfederali, e quasi sempre col consenso di quelli che si sono arricchiti in tutti questi anni con l'introduzione legale dei criteri neoliberisti. I risultati di questo processo sono la deregolamentazione delle condizioni di lavoro a beneficio del capitale ed una classe operaia frazionata, divisa e smobilitata a fronte delle migliaia di milioni di Euro, diritti e prebende accumulati da chi ha avallato questo modello con la sua lealtà ai criteri del capitale. Ognuna delle riforme del lavoro, e ciascuno dei tagli alla sicurezza sociale, sono stati contestati dalla CGT con tutta la nostra forza e sempre. Anche le riforme del lavoro, la distruzione dei diritti ed il Patto di Toledo stesso, punto di svolta sul taglio alle pensioni. Le ETT, l’ASEC (Accordo sulla risoluzione extra-giudiziaria dei conflitti di lavoro), gli accordi nazionali per la contrattazione collettiva, i successivi progetti e le direttive europee, ... hanno ricevuto da noi una risposta.

Contro gli Infortuni sul Lavoro In tutti questi anni è stato costante l’impegno della CGT contro gli infortuni, uno dei problemi più gravi che dobbiamo affrontare nel mondo del lavoro e nei suoi risvolti sociali. La incidentalità è direttamente in relazione alla precarietà, all'occupazione temporanea nel lavoro, alla mancanza di regolamentazione in materia di subappalto, alla diffusa inosservanza della legislazione in vigore e alla mancanza di volontà governativa di guidare una vera politica di prevenzione. E’ fuor di dubbio che le autorità preposte non si sono impegnate in una sola azione per migliorare la stabilità in materia di occupazione e sicurezza del lavoro. Il 90% dei nuovi contratti sono stati temporanei, ac

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ro. Il 90% dei nuovi contratti sono stati temporanei, accumulando il triplo di incidenti rispetto ad altre forme di contratto. Oltre il 90% delle imprese non ottemperano sistematicamente alle regole di base per la prevenzione dei rischi e rimaniamo in cima alla lista dei paesi europei con il tasso più elevato di incidenti, con quasi il doppio dei decessi rispetto alla media UE. Si conoscono le cause di tale carneficina, ma coloro che potrebbero e dovrebbero interromperla guardano altrove e si limitano a condurre costose campagne mediatiche che responsabilizzano le vittime piuttosto che i colpevoli, ripartendo i soldi destinati alla Sicurezza Sociale tra Mutue del Lavoro, organizzazioni imprenditoriali e sindacati istituzionali. L’impegno contro gli infortuni è stato sviluppato con la stessa intensità in tutta l'organizzazione in un'attività quotidiana che, al di là della normativa di riferimento del «28 Aprile» e della creazione di una Segreteria della Sicurezza del Lavoro dal 1997, ha permeato tutti i gruppi di lavoro in tutte le attività.

NO alla NATO Riflettevamo, nella valutazione del contesto sociale durante il Congresso di Unificazione del 1984, che uno degli aspetti che creava maggiore preoccupazione era l'entrata dello stato spagnolo nella NATO. La nostra organizzazione, in quel momento ancora CNT, ebbe una posizione chiara e molto precisa rispetto a questa questione. Così «Solidaridad Obrera», portavoce dell'organizzazione, nel suo numero 2 del Giugno 1985, diceva che: «La CNT, ribadendo la propria posizione di base contro la guerra ed il militarismo in tutte le sue forme, posizione che ha mantenuta in tutte le sue manifestazioni sin dalla sua creazione, dichiara il suo rifiuto dei blocchi militari (NATO e Patto di Varsavia) e del militarismo crescente spagnolo e internazionale oltre che all'esercito (braccio armato dello Stato) e allo Stato stesso, essendo entrambi i principali nemici della libertà e della ri

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to dello Stato) e allo Stato stesso, essendo entrambi i principali nemici della libertà e della rivoluzione sociale. Pertanto, dobbiamo continuare a dire non solo No alla NATO, ma anche a tutti i blocchi militari e al militarismo in generale». Lo stesso numero di Solidaridad Obrera del Giugno 1985 preannunciava già la possibilità che future consultazioni sarebbero state un inganno. Prima della convocazione di un referendum circa la permanenza dello Stato spagnolo nella NATO, abbiamo lanciato una campagna attiva di informazione e di mobilitazione favorevole al voto per l’uscita immediata. Si stabilì anche che la nostra lotta doveva passare attraverso la partecipazione attiva ai gruppi antimilitaristi, ai comitati antiNATO e ai collettivi pacifisti. Quando finalmente il governo socialista indisse un referendum, che si tenne il 12 Marzo 1986, con l’ambigua e manipolata domanda «È opportuno per la Spagna rimanere in seno all'Alleanza Atlantica alle condizioni concordate dal Governo della Nazione?» la nostra organizzazione sviluppò una campagna chiedendo alla gente di votare NO, puntando decisamente per l’uscita dalla NATO. Alla fine il referendum fu vinto dal «SI», che cadde come un’autentica mazzata sul morale dei movimenti sociali che si erano opposti attivamente alla NATO. La rabbia provata davanti alla poderosa campagna referendaria truccata e manipolata dal PSOE, che ottenne di far capovolgere i pronostici, poté essere compensata solo dall'enorme impulso che pochi anni più tardi acquisì il Movimento per l'Insubordinazione. Per il nostro sindacato, a parte il colpo morale, questa significò la nostra prima grande campagna realizzata come organizzazione davanti all'insieme della società. Una campagna nella quale dissipammo davvero tanta speranza e sforzo militante.

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Contro l'integrazione nell’Europa del Capitale Dopo il nostro Congresso di Unificazione, abbiamo lavorato contro l'integrazione spagnola nell'Unione Europea «del capitale e delle multinazionali». Così osserviamo che nel numero 1 di Solidaridad Obrera, del Maggio 1985, ci ponevamo già una visione critica e lungimirante su ciò che ci si poteva aspettare. L’integrazione nella Comunità Europea pretendeva di presentarsi come un fatto di grande novità, quando in realtà l'adesione alla CEE è stato solo il culmine di un processo che, già dagli anni '60, con i primi movimenti di apertura del regime di Franco all'esterno, derivati dal Piano di Stabilizzazione, ha avuto come obiettivo l'adeguamento progressivo dell'economia spagnola al capitalismo internazionale. L'allora CEE (oggi UE) rappresentava un mercato comune basato su norme e politiche economiche più o meno standard per i suoi membri. Queste regole del mercato partivano da quattro tipi di libertà: di circolazione delle merci, di circolazione dei capitali, di circolazione della mano d’opera e di definizione di prestazioni e di servizi. Quattro regole che tradizionalmente il capitalismo ha utilizzato come forma per massimizzare i profitti e ottimizzare lo sfruttamento. A quel tempo prevedevamo le conseguenze che sarebbero derivate da quella integrazione, sulla base degli effetti negativi che il mercato comune stava già producendo su determinati gruppi sociali, regioni e industrie, e degli effetti della liberalizzazione intrapresa nel corso del decennio 19741984, nello stato spagnolo. Il risultato prevedibile era una nuova riconversione industriale ed un indebolimento delle capacità di difesa delle persone sog

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le capacità di difesa delle persone soggette al predominio delle forze del mercato nei rapporti sociali ed economici. Da allora fino ad oggi, la CGT si è opposta alle fasi successive del progetto di integrazione europea aderendo al coordinamento dei movimenti sociali che lottano contro questa «Europa dei mercanti». Questa opposizione ha le sue radici nello squilibrio esistente tra l'Europa del Capitale, così come l’hanno progettata, e l’Europa sociale, praticamente inesistente. Abbiamo partecipato ai contro-vertice convocati in opposizione ai vertici dei Capi di Stato, al movimento anti-Maastricht, al coordinamento delle Euro-marce, alla campagna «UE ¿pa' qué?» e, in generale, a tutte le manifestazioni che sono state organizzate contro l'Europa del Capitale.

movimen

La campagna della CGT «Contro i tagli sociali», del 1996, venne iniziata e realizzata insieme ad altre organizzazioni sociali, sindacali e politiche per denunciare le crescenti ingiustizie e l'esclusione sociale, prodotto dell'immenso potere delle multinazionali e delle politiche neoliberiste imposte in tutto il mondo dal capitale come la «unica economia possibile». Tra le politiche contro le lavoratrici e i lavoratori è compresa la recente firma dell’Accordo sulle pensioni, che faceva parte degli impegni del Patto di Toledo. Questa campagna unitaria è stata coordinata attraverso il Movimento contro l'Europa di Maastricht. Il 15 dicembre 1996, 10.000 persone hanno partecipato a Madrid alla manifestazione contro l'Europa del Capitale e le ingiustizie che essa rappresenta. E’ stata convocata dal LE GRANDI LOTTE

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senta. Fu convocata dal movimento antiMaastricht e sostenuta dalla CGT. Nel comizio finale intervennero rappresentanti dell’ambito sindacale, della lotta contro la disoccupazione ed ecologista. In modo coerente con la nostra posizione, iniziò la campagna attiva per il «NO» al referendum del Febbraio 2005, concernente il Trattato definito come «Costituzione europea» che pretendeva di dare un aspetto democratico alle decisioni prese in precedenza dalla élite politica e dai poteri economici e militari, e vendere come «sicurezza» dei cittadini la loro sottomissione ai dettami del capitale, facendo loro optare per il neoliberismo competitivo antisociale ed anti-ecologico, e ponendo le basi per una società autoritaria e poliziesca all’interno e militarista ed oppressiva verso l'esterno. Allo stesso modo è stato anche respinto il nuovo trattato dell’Unione Europea, firmato a Lisbona nel Dicembre 2007 con l’intento di sostituire la fallita accettazione della Costituzione Europea. Questo trattato ha messo in moto le strategie definite nel Consiglio Europeo di Lisbona del 2000, basato sulla competitività e assunto dalla Confederazione Europea dei Sindacati. Pertanto, nel corso di questi avvenimenti è stato messo in discussione ad alta voce il ruolo di assoluta complicità giocato in tale processo da parte dei sindacati «istituzionali» integrati nel CES, che hanno accettato tutte le misure definite dal processo di costruzione europea: il Trattato di Maastricht, l'accordo di Lisbona, la Costituzione Europea, il Trattato per l’Unione, ... così come tutti i criteri ivi difesi: la competitività, la liberalizzazione, la privatizzazione, le delocalizzazioni, e, ora, la «flessicurezza». Attualmente la CGT ha avviato con diversi gruppi sociali la campagna «UE ¿pa qué?,

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Attualmente la CGT ha avviato con diversi gruppi sociali la campagna «UE ¿pa qué?, ¿pa quién?» (UE, perché? per chi?) in opposizione alla costruzione di una Unione di Stati su un modello socialmente ingiusto, militarista, ambientalmente insostenibile e non democratico, le cui politiche producono occupazione precaria, ostacolano l'accesso alla casa, privatizzano l’istruzione e la salute, promuovono la mobilità motorizzata aggravando i problemi ambientali ed energetici. In tempi di «crisi», la UE ribadisce la sua scommessa di dare ulteriore impulso alla liberalizzazione, cercando di utilizzare gli stessi meccanismi che hanno portato a questa stessa crisi. I piani di salvataggio, le misure politiche messe in atto dal capitalismo per cercare di salvare il salvabile, così come l'atto violentemente antidemocratico di ripetere il referendum in Irlanda, confermano l'interesse zero della UE a «salvare» le persone e il pianeta. Di noi, e dei nostri diritti, non le importa nulla. E per noi, dunque, deve continuare l’impegno di lotta contro l'Europa del Capitale.

Marce contro la Disoccupazione Fino alla metà degli anni '90, la CGT ha partecipato e promosso decisamente una serie di iniziative che, a partire della grave situazione di disoccupazione che esisteva a quel tempo, sviluppavano una critica profonda del sistema capitalista e formulavano una serie di richieste: Settimana di 35 ore lavorative regolata per legge Pensionamento a 55 anni con il 100% dello stipendio Eliminazione del lavoro straordinario Espansione dei posti di lavoro nel settore pubblico Occupazione stabile Difesa del servizio pub LE GRANDI LOTTE

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Difesa del servizio pubblico e rifiuto della privatizzazione Rimozione delle Imprese di Lavoro Temporaneo Riduzione delle prebende ai privilegiati della politica Prestazioni sociali e pensioni decenti Aiuti sociali per alleviare situazioni estreme Pieni diritti per gli immigrati Sanità e istruzione pubblica, gratuita e universale Abitazioni dignitose di promozione pubblica Uguaglianza giuridica e reale per le donne Controllo sociale degli utili societari e loro reinvestimento in creazione di posti di lavoro La questione è, ancora una volta, che queste rivendicazioni restano in vigore a pieno titolo nella situazione creatasi con l'ennesima crisi del capitalismo.

collegandosi con dimostrazione anti-

la

La prima di queste Marce ebbe luogo nel 1993 su iniziativa di diversi movimenti sociali nei quali confluì la CGT. Si iniziò il 24 Giugno a Valencia, e i trecentocinquanta km di percorso furono divisi in dieci tappe. Durante l'ultimo giorno, il 3 Luglio, si riunirono alle porte di Madrid centinaia di manifestanti giunti da diversi territori e paesi per un ingresso congiunto in città che concluse la Marcia con un concerto di rock ad Arganda. La seconda, con il nome di "Marcia contro la disoccupazione e l'esclusione sociale” fu un'iniziativa assunta dalla CGT all’interno delle campagne guidate dal movimento contro la UE e costituita da tre colonne che partirono da Vitoria il 1° Dicembre e il 2 da Jerez e Valenza, arrivando a Madrid il giorno 11 dicembre 1996, LE GRANDI LOTTE

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do a Madrid il giorno 11 dicembre 1996, collegandosi con la dimostrazione antiMaastricht. Al loro arrivo a Madrid le tre colonne consegnarono, sia nel Palazzo della Moncloa come al Congresso dei Deputati, una lettera di denuncia delle politiche economiche e nella quale venivano proposte diverse misure per combattere la disoccupazione, per poi organizzare un raduno di 2.000 partecipanti alla Puerta del Sol, che è stato il primo atto del Forum Alternativo Contro l'Europa del Capitale. La terza marcia contro la disoccupazione fu organizzata con quattro colonne, in coordinamento con la «Marcia Europea contro la disoccupazione, la precarietà e l'esclusione sociale» nel mese di Aprile del 1997. Le quattro colonne che percorsero il territorio dello Stato spagnolo partirono da Tangeri (il giorno 11), Almería (il giorno 14), Vigo (il giorno 19) e Saragozza (il giorno 25), e attraversarono la frontiera a Irun, Somport e La Jonquera il giorno 30, per unirsi ai manifestanti francesi a Bayona e Perpignan il 1° Maggio. Le varie colonne convergenti da tutta l’Europa confluirono il 14 Giugno ad Amsterdam, dove si sarebbe riunita una Conferenza Intergovernativa nei giorni 16 e 17. Inoltre furono indette Marce contro la Disoccupazione in Catalogna, Galizia e Andalusia. In Catalogna, la marcia contro la disoccupazione e per un lavoro dignitoso, che fu organizzata dal Forum Civico per i diritti sociali in partecipazione con la CGT, percorse 100 chilometri tra il 15 e il 19 Aprile 1996, visitando 23 città di cinque

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zone della cintura industriale e a Barcellona, chiedendo soluzioni urgenti contro la disoccupazione. In Galizia, più di 500 persone iniziarono a Vigo, il 1° Maggio 1998, la «Marcia Galiziana contro la disoccupazione», che in 9 tappe raggiunse Santiago il 9 Maggio, dove avvenne una manifestazione. Questa marcia era organizzata dalla Assemblea dei Disoccupati, a cui partecipava la CGT. Come parte delle azioni del contro-vertice di Siviglia, nel 2002 si realizzò con il supporto della Euromarcia e una presenza internazionale una marcia (che si denominò di resistenza sociale) che, partendo da Almería il 15 Giugno, entrò il 21 Giugno a Siviglia nella tappa finale protetta da diverse centinaia di persone,

In difesa dei Servizi Pubblici Un'altra attività che è stata sviluppata in modo continuo, durante tutti questi anni, è stata la difesa del settore pubblico e degli utenti. Questo impegno è stato realizzato in campagne e azioni successive focalizzate tanto sui lavoratori e sulle lavoratrici degli stessi settori pubblici, quanto sull’intera società che deve essere la vera fruitrice e custode della risorse che generiamo con il nostro lavoro. La CGT ha agito in modo permanente a difesa della gestione e della titolarità pubblica di tutti i servizi di base, considerando che la privatizzazione rappresenta un attacco al nostro diritto di poter disporre di servizi essenziali pubblici, universali e di qualità. Le amministrazioni di tutti i colori politici, in combutta con i datori di lavoro e i sindacati istituzionali patteggiano ogni giorno, alle spalle della società e contro i suoi interessi, la privatizzazione di tutti questi servizi alla ricerca di benefici, trasformandoli in LE GRANDI LOTTE

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zazione di tutti questi servizi alla ricerca di profitti, trasformandoli in un commercio e facendoli cessare dall’essere un diritto. Questa è la norma del neoliberalismo: i servizi pubblici sono soltanto un settore col quale fare soldi alle spese delle nostre tasche ed in detrimento dei nostri diritti. L'integrazione nell'Unione Europea impone di assumere politiche neoliberiste che incidono direttamente sul mantenimento dei servizi pubblici quali, per esempio, la direttiva Bolkestein, in base alla quale essi devono essere liberalizzati e soggetti alle regole del mercato capitalista, al criterio della competitività e del profitto. Tra tutte le azioni intraprese, che costituiscono solo alcuni esempi di enorme lavoro, ci sono: La campagna in difesa delle «Imprese Pubbliche a beneficio di tutti» lungo tutto il 1994. La campagna «in difesa delle Imprese e del Settore Pubblico» nell'autunno-inverno del 1995-96 che si concluse con la manifestazione del 23 Marzo 1996 che, indetta dalla sola CGT, riunì 5.000 persone a Madrid. Le manifestazioni continue in difesa della Sanità Pubblica e dei Servizi Pubblici e le successive campagne in difesa della Pubblica Istruzione che si sono sviluppate continuamente in tutti questi anni. Le mobilitazioni indette nell’autunno del 1998, contro lo Statuto Fondamentale della Funzione Pubblica. Le proteste contro la legge sulle Poste, contro la privatizzazione di tutte e quante le imprese pubbliche e per la difesa di un sistema ferroviario pubblico e sociale. La manifestazione del 10 Marzo 2004, davanti al Ministero dello Sviluppo, su iniziativa della Federazioni dei Trasporti e delle Comunicazioni, e della Pubblica Amministrazione. Le campagne in difesa dei servizi pubblici sviluppate nel 2006, prima della manifestazione

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Le campagne in difesa dei servizi pubblici sviluppate nel 2006, prima della manifestazione del 10 Luglio nel 2008, parallelamente alla campagna contro la crisi.

Contro la precarietà Abbiamo parlato, con intensità crescente, di precarietà e di precarizzazione. Questi termini si riferiscono al degrado dei diritti fondamentali degli individui, delle lavoratrici e dei lavoratori in particolare, e la difficoltà sempre maggiore nell’accesso ad essi. Sebbene i vocaboli possano sembrare nuovi, il fatto è che noi da più di un decennio utilizziamo questi termini, e i concetti che inglobano, come una continuazione o una diretta estensione delle proteste contro la disoccupazione. È essenziale evidenziare l'alto livello di connessione tra i vari aspetti del lavoro e delle questioni sociali con quelli del sesso, dell’età, dell'origine... per definire le diverse facce della precarietà e per tener conto del fatto che il processo funziona come una catena che si sa dove inizia ma nella quale è difficile prevedere dove sarà ubicato l’ultimo anello. Per citare alcune tappe importanti di questo lungo e protratto impegno della CGT contro la precarietà basterebbe citare: La campagna «Per i nostri Diritti e contro l'Esclusione sociale». Lanciata all'inizio di Settembre del 1996, ha iniziato a materializzarsi concretamente il 29, con la manifestazione convocata a Madrid contro il Bilancio Generale dello Stato per il 1997 e con manifestazioni e occupazioni delle Delegazioni Aziendali nel giorno successivo. Nella primavera del 1998, la CGT lanciò la campagna «Azione diretta contro la disoccupazione» (manifestazioni presso gli uffici di INEM, occupazioni di ETT, accesso organizzato agli autobus senza pagare...), per esigere la riduzione dell'orario di lavoro e il

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nizzato agli autobus senza pagare...), per esigere la riduzione dell'orario di lavoro e il reddito di base per i disoccupati che ne sono privi. La CGT si è battuta ed ha lottato per la ripartizione del lavoro e della ricchezza, la riduzione dell’orario di lavoro, il salario sociale e servizi pubblici universali e gratuiti. La "Relazione sulla Precarietà Sociale" pubblicato dalla Confederazione nel 1998 come supporto informativo per la campagna ILP per le 35 ore. La campagna contro le ETT, che ha comportato un ampio lavoro sviluppato da tutta la CGT attraverso numerose iniziative tra il 1995 e il 2000, e che ancora rimane all'interno della nostra piattaforma rivendicativa come richiesta di messa al bando delle stesse e del loro utilizzo da parte delle imprese. La manifestazione contro l'esternalizzazione del lavoro e la precarietà il 29 Luglio 2000 a Madrid, che finì per essere violentemente attaccata da parte della polizia. La campagna «Contro la Precarietà e la Globalizzazione», tenutasi nel corso dell’autunno del 2000, che denunciò il degrado delle condizioni sociali e di lavoro e richiese politiche economiche volte a realizzare una distribuzione reale ed effettiva della ricchezza. La campagna collegata con il contro-vertice di Nizza contro il vertice dei capi di Stato della UE. La campagna iniziò «simbolicamente» a Tangeri, in collegamento con l'Associazione dei Laureati Disoccupati del Marocco (ANDC) il giorno 11 Novembre, ed è proseguita con dimostrazioni fino al 23 Novembre e, ancora nel mese di dicembre, a Madrid, Siviglia, Valladolid (il giorno 27), Barcellona, Palencia, Maiorca, Parla, Saragozza, Tarragona, ... Le iniziative sviluppate attorno alla alla serie di manifestazioni «Pensare in precario», avve

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Le iniziative sviluppate attorno alla manifestazione «Pensare in precario», a partire delle giornate del 24, 25 e 26 Gennaio 2003. L’insieme di manifestazioni del 1° Maggio 2003 con lo slogan «Contro la globalizzazione della precarietà e delle guerre». Il lavoro di documentazione e formazione predisposto dalla Commissione Confederale contro la Precarietà, costituita alla fine del 2003 attraverso la preparazione e la pubblicazione dei Materiali per la Riflessione. La campagna «Contro la precarietà e per i Diritti Sociali» che è stata sviluppata nel corso della prima metà del 2004, ebbe come obiettivo visibile e simbolico il Forum delle Culture, e culminò con la manifestazione tenutasi a Barcellona il 19 Giugno con la partecipazione di 5.000 persone. Il Forum delle Culture, organizzato a Barcellona dal Comune, dalla Regione Catalana e dallo Stato, effettivamente fu la vetrina degli speculatori, dei violatori dei diritti umani e, soprattutto, una bottega generatrice di sempre maggiore precarietà. La campagna «Che non te l'attacchino» nel 2005, come supporto propagandistico per un lavoro di formazione intorno a ETT, subappalto, cessione illecita, successione di imprese,... campagna che culminò con la giornata del 10 Giugno del 2006 a Madrid. La denuncia costante della precarizzazione del lavoro e del sociale in atto con iniziative di ogni tipo sviluppate dall'organizzazione nel suo insieme.

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I Contro-Vertici Dalla metà degli anni '90 è stato sviluppato, da parte dei movimenti sociali, un calendario di mobilitazioni parallele agli incontri organizzati dai capi di Stato, dalle organizzazioni finanziarie internazionali, dalle strutture militari o dai gruppi di paesi ricchi. Alcune di queste manifestazioni sono state coordinate su iniziativa delle Marce Europee Contro la Disoccupazione, nelle cui strutture e coordinamenti la CGT è stata una delle organizzazioni più attive, avendo promosse anche, durante quegli stessi anni, proprie iniziative e cortei, man mano che il movimento antiglobalizzazione diventava più ampio e diffuso. «No al 92». Nel 1992, si concentrarono nello Stato spagnolo una serie di eventi e celebrazioni. L'Expo di Siviglia, le Olimpiadi di Barcellona, Madrid capitale europea della cultura e il 5° centenario della scoperta delle Americhe. Nel complesso il 1992 rappresentò una operazione di grande sfoggio e un poderoso impulso nel consolidamento del progetto neoliberista, scommettendo su uno sviluppo centralizzatore, privatizzato, produttivista, disuguale e depredatore, incarnato perfettamente dall’inaugurazione del treno AVE (Alta Velocità) Madrid-Siviglia. Tutto questo con il vertice di Maastricht e il «Piano di Convergenza con la UE» varato dal governo come sfondo. Nonostante il dispiegamento propagandistico e repressivo, furono sviluppate manifestazioni e campagne di ogni genere da parte dei movimenti sociali di base, come la campagna «No al 92» a Barcellona o il Meeting Internazionale della Solidarietà a Siviglia dal 18 al 22 Aprile. La CGT, che partecipò a molte azioni unitarie, avviò diverse iniziative, come una grande assemblea confederale di delegate e delegati il 14 Febbraio a Madrid, una Conferenza alternativa sul disarmo e la solidarietà nel Mediterraneo,

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sul disarmo e la solidarietà nel Mediterraneo, che si tenne a Malaga nel mese di Giugno, o le Giornate della Solidarietà con l'America Latina che ebbero luogo nei giorni 1, 2 e 3 Ottobre a Madrid. La CGT contribuì anche a rafforzare lo Sciopero Generale del 28 Maggio. Madrid 1994. «Le altre voci del pianeta». Nell'ottobre 1994 si tenne a Madrid la Assemblea del Fondo Monetario Internazionale (FMI) e della Banca Mondiale (BM), che celebravano il 50° anniversario della loro creazione. In segno di protesta contro queste istituzioni e contro la politica che avevano sviluppato per mezzo secolo, si tenne a Madrid un forum alternativo, mobilitazioni popolari e azioni incorniciate nella campagna «50 anni bastano», per far conoscere le altre voci del pianeta. Le istituzioni finanziarie non sono centri di potere unico, ma operano interconnesse tra loro e con altre agenzie e strutture che garantiscono, ad esempio, la difesa militare del sistema. «Le altre voci del pianeta» è stata la voce dei deboli, degli emarginati, della stragrande maggioranza delle popolazioni condannate dalle loro politiche... Lione 1996. Un importante gruppo di militanti della CGT partecipò alla massiccia dimostrazione che contestò il vertice dei paesi più ricchi del mondo, il G-7, sviluppatasi nei giorni 27-29 Giugno. Si accusarono i rappresentanti del potere politico di essere gli esecutori delle politiche economiche disegnate dalla BM e dal FMI. Il forum alternativo si tenne con un buon livello di partecipazione e azioni di denuncia contro il vertice ufficiale e contro degli organismi arroganti, impuniti e oscurantisti.

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Madrid 1996. Il Forum Alternativo al Vertice Europeo si riunì a Madrid nei giorni 11-17 Dicembre con la partecipazione di più di 80 organizzazioni di tutto lo stato spagnolo e oltre 40 di altri paesi. Il Forum richiamò l'attenzione sulla trasformazione dell'Europa in uno stato mercantile, centralizzato e burocratico. Su questo Forum confluirono la seconda marcia contro la disoccupazione e la manifestazione indetta il 15 Dicembre dal Movimento anti-Maastricht. Amsterdam 1997. Dal 12 al 17 Giugno si celebrò nella capitale dei Paesi Bassi un Forum alternativo alla Conferenza intergovernativa che doveva discutere la riforma del Trattato di Maastricht. Con lo slogan «Per un'Europa diversa», Amsterdam fu il punto di arrivo delle Marce Europee contro la Disoccupazione, l'Esclusione e la Precarietà, che venivano da tutte le parti d'Europa, dopo oltre due mesi di viaggio, per convergere in una grande manifestazione. Colonia 1999. Per coordinare l'azione contro il Vertice dei Capi di Stato (3-4 Giugno) e la riunione del G8 (19 Giugno) che si sarebbero dovuti tenere a Colonia, si celebrò in questa città tedesca, il 23 e 24 Gennaio, una Conferenza Europea contro la disoccupazione, l'esclusione e il razzismo, alla quale partecipò una delegazione della CGT insieme ad altri 600 delegati provenienti da 14 paesi, in rappresentanza di 90 organizzazioni. Le manifestazioni ebbero inizio il 25 Maggio con un corteo, composto da 300 persone, che partì da Bruxelles per muoversi verso il Consiglio Europeo, attraversando Vilvoorde, Lovanio e Liegi, ed arrivò il giorno 25 a Colonia, dove si tenne una manifestazione che raccolse le rivendicazioni e gli obiettivi della mobilitazione, a cui era stato aggiunto il rifiuto della guerra, in funzione della quale la NATO si trovava allora in Iugoslavia. Il 29 maggio la manifestazione si tenne con la par

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Maggio la manifestazione si tenne con la partecipazione di 40.000 persone giunte da tutta Europa e da altri continenti. Praga 2000. Tra il 21 e il 28 Settembre si celebrò il 55° vertice del Fondo Monetario Internazionale e della Banca Mondiale, nel quale le due agenzie proponevano un nuovo programma di liberalizzazione dell’economia mondiale. Dopo le mobilitazioni di successo di Seattle, Washington, Londra e Melbourne, la strategia seguita dalle autorità ceche fu quella di criminalizzare i partecipanti al contro-vertice, definendoli «terroristi». Quattro giorni prima della manifestazione, il governo ceco revocò le autorizzazioni delle iniziative previste e coordinate attraverso il INPEG (Iniziativa Contro la Globalizzazione Economica). Nonostante la forte repressione, Praga fu un successo contro il Fondo Monetario Internazionale, la Banca Mondiale e la loro globalizzazione economica che il giorno 27, un giorno prima del previsto, dovettero chiudere l'incontro. Nizza 2000. Dal 7 al 12 Dicembre, si celebrò il Vertice dei Capi di Stato della UE, dove sarebbe stata proposta l'adozione di una Carta Europea dei Diritti Fondamentali regressiva, che definiva una Europa restrittiva e repressiva con le libertà e i diritti degli individui e altamente compiacente con i commerci, dove tutto ha un prezzo. Il 6 Dicembre, vigilia del vertice, in coda alla «sfilata» organizzata dalla CES, ci fu la manifestazione dei sindacati e delle organizzazioni alternative. Il giorno dopo fu raggiunto un grande aumento di partecipazione in mezzo ad un muro di polizia che bloccò e caricò i manifestanti con un uso spropositato di gas lacrimogeni. Barcellona 2001. Nel mese di Giugno fu annunciata una riunione della Banca Mondiale a Barcellona. Da parte dei movimenti sociali antiglobalizzazione venne LE GRANDI LOTTE

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sociali antiglobalizzazione venne convocato un contro-vertice dal giorno 22 al 25 nel quadro di una campagna contro la BM. Questo fatto motivò, da parte della stessa Banca Mondiale, l’annullamento dell'appuntamento per evitare le manifestazioni. Nonostante ciò, il 22 Giugno si procedé all'apertura della campagna Barcellona 2001 contro la Banca Mondiale, nel viale della Rambla del Raval in un clima internazionalista, solidale e disteso. Domenica 24 si celebrò l'atto centrale della campagna. Più di 30.000 persone manifestarono per la Paseo de Gracia. Era palpabile nell'aria la grande soddisfazione per essere stati in grado di organizzare questa mobilitazione nonostante le difficoltà e l'apparente interesse a smobilitare dopo la decisione della Banca mondiale di non tenere il suo vertice. Dopo la lettura del manifesto finale, quando la maggior parte dei partecipanti si stava ormai disperdendo per dirigersi all'assemblea del pomeriggio, poliziotti infiltrati tentarono di incitare i presenti e «misero in scena» una provocazione alle forze dell’ordine: immediatamente iniziarono cariche poliziesche massicce, con manganelli, fucili a pallottole di gomma e sale, così come arresti indiscriminati; questi fatti si prolungarono durante tutto il pomeriggio in differenti luoghi della città. Genova 2001. Il G-8 celebrò un Vertice dal 20 al 22 di Luglio. Analogamente alle precedenti mobilitazioni contro la globalizzazione capitalista, le autorità italiane, assistite dai mezzi di comunicazione molti dei quali sotto il controllo di Berlusconi, crearono un clima tendente allo scoraggiamento della partecipazione della popolazione alle manifestazioni. S’arrivò perfino a chiedere agli abitanti di abbandonare la loro città durante la celebrazione del Vertice dei Capi di Stato dei paesi più ricchi.

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Il 20 luglio, mentre i membri del G-8 stavano arrivando, più di 50.000 manifestanti decisero di avvicinarsi alla zona in cui il Vertice si sarebbe svolto, uno spazio di molti chilometri quadrati, che fu fortificato con alte reti di contenimento e dove l'accesso era vietato. In queste circostanze, il giovane genovese Carlo Giuliani, di 23 anni, fu ucciso da un poliziotto con un colpo a bruciapelo alla testa. Il giorno successivo, 21 Luglio, circa 200.000 manifestanti scesero per le strade di Genova per denunciare le politiche economiche del G-8, e di nuovo fu ordinato alla polizia di attaccare con cattiveria sorprendente i manifestanti. Alcune ore dopo la manifestazione, le forze anti-guerriglia si introdussero con incredibile violenza nel centro di coordinamento e della stampa del Genova Social Forum e in una scuola vicina dove alloggiavano un centinaio di giornalisti della stampa alternativa. Il 24 Luglio, circa 300.000 persone manifestarono per le strade d'Italia per protestare contro la violenza della polizia. Madrid 2008. «Meeting Sociale Alternativo al Petrolio». La CGT partecipò alla convocazione di questo Incontro, che ebbe luogo a Madrid dal 30 Giugno fino al 4 Luglio del 2008, organizzato contro il 19° Congresso Mondiale del Petrolio che si celebrava nelle stesse date, sia per smascherare il rifacimento d’immagine che si voleva portare a termine con il vertice, sia per dibattere sugli impatti e le politiche di queste compagnie transnazionali, e cercare alternative alla dipendenza dal petrolio che sta al centro di un modello di consumo irresponsabile ed insostenibile. Il momento centrale del Meeting Sociale Alternativo al Petrolio fu la manifestazione del 28 Giugno, convocata con lo slogan «Niente sangue per il petrolio».

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Genova segnò il momento più alto del movimento antiglobalizzazione in Europa. A partire da quel momento incominciarono a decadere le grandi manifestazioni internazionali ed a svilupparsi un calendario più fitto di manifestazioni e mobilitazioni di carattere nazionale e/o regionale. D'altra parte molte delle iniziative intraprese finirono per essere assorbite dalla struttura complessa ed abbastanza istituzionalizzata del Forum Sociale Europeo che vincola le organizzazioni alle quali dà copertura col sindacalismo istituzionale e riformista della Confederazione Europea di Sindacati, cosa che ha influito anche a sfumare tanto lo spazio quanto il senso delle mobilitazioni stesse. Anche così, la CGT ha continuato ad essere presente in praticamente tutte le mobilitazioni internazionali convocate in Europa a fronte delle differenti situazioni od eventi: Gothemburg 2001; Bruxelles 2001; Firenze 2002; Annemass 2003; Parigi 2003; Atene 2006...

ILP per la legge sulle 35 ore Tra il Dicembre 1998 ed il Giugno 1999, una piattaforma composta da CGT, IU, USO, STES, Aedenat e movimento anti-Maastricht, lanciò una raccolta di oltre 500.000 firme per presentare al Parlamento una Iniziativa Legislativa Popolare (ILP) con la quale si richiedeva una legge per attuare le 35 ore settimanali. La raccolta di firme iniziò il 14 Dicembre 1998, contemporaneamente in tutto il paese, accompagnata da tutta una serie di iniziative con le quali la CGT accelerò il suo impegno per la ridistribuzione del lavoro e del reddito, chiedendo la riduzione dell'orario di lavoro senza perdita di diritti e salario, la messa al bando del lavoro straordinario, la chiusura delle ETT e per un salario sociale, senza controprestazioni. La manifestazione del 20 Giugno 1999, convocata da tutte le organizzazioni che avevano sostenuta la raccolta di firme, riunì a Madrid circa 20.000 persone. L’appello all'unità e la necessità di mobilitazione, di confronto e l'internazionalismo per fermare la dittatura

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confronto e di internazionalismo per fermare la dittatura del capitale e ottenere la ridistribuzione di lavoro e ricchezza, furono una costante del dibattito. Nel novembre 1999 ebbe luogo in Parlamento il dibattito sulla Iniziativa Legislativa Popolare, per la quale erano state consegnate 700.000 firme, e che, come ci aspettavamo, fu respinta.

Contro l'Europa del Capitale Questo è il nome dato ad una serie di iniziative e manifestazioni, sviluppate congiuntamente dai movimenti sociali e sindacali più combattivi e di base, che fu iniziata nella prima metà del 2002 (dal Dicembre 2001 al Giugno 2002), periodo in cui la Presidenza UE spettava al Governo spagnolo La CGT si impegnò fin dall'inizio in queste manifestazioni, e fu una delle principali protagoniste di questa campagna, che iniziò il 24 e 25 Novembre 2001 con una assemblea aperta del movimento antiglobalizzazione, a Saragozza, alla quale parteciparono diverse centinaia di militanti. Alcune di queste iniziative furono: Manifestazione contro la LOU (Legge Organica sull’Università), il giorno 1° Dicembre 2001. Più di 10.000 studenti provenienti da tutto lo stato parteciparono alla dimostrazione promossa dal Coordinamento delle Assemblee di Scuole e Facoltà (CAEF) di Madrid e legalizzata dalla CGT. L'oggetto fu quello di opporsi a una legge che pretendeva di sottoporre l’insegnamento e la ricerca a criteri di redditività economica, favorire la concorrenza fra università e precarizzare le condizioni di lavoro dei docenti. Manifestazione del 2 dicembre 2001. Si riunirono 15.000 persone a Madrid sotto la denominazione generica di «lavoratori contro la globalizzazione capitalista», per mostrare la loro insoddisfazione verso le condizioni di lavoro e sociali, contro le ingiustizie

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introdotte dalle successive riforme del lavoro, i rinnovati tagli alla spesa sociale e le politiche di privatizzazione. Manifestazione a Barcellona. Il 14, 15 e 16 Marzo 2002, ebbe luogo a Barcellona il primo appuntamento dei capi di Stato dell'Unione Europea sotto la presidenza spagnola. Il giorno 16, il movimento antiglobalizzazione aveva lanciato un appello per andare a Barcellona, «Contro l'Europa del capitale», e contro questa iniziativa fu effettuato un imponente dispiegamento di polizia, venne sospeso il trattato di Schengen durante il periodo del vertice, e vi furono numerose provocazioni da parte di poliziotti infiltrati. L'evento riunì comunque mezzo milione di persone e rappresentò la più ampia manifestazione antiglobalizzazione a livello mondiale. Autosegregazione degli immigrati presso l'Università di Siviglia. Il 10 Giugno iniziò la protesta di più di 400 immigrati, presso l'Università di Siviglia «Pablo de Olavide», con la quale essi reclamavano dalla amministrazione l’apertura di un nuovo processo di regolarizzazione, per conseguire in tal modo la stabilizzazione della loro situazione. Non va dimenticato che il tema dell'immigrazione era la parte più importante all'ordine del giorno del Vertice dei Capi di Governo che doveva tenersi a Siviglia. Marcia-carovana della resistenza sociale, del Giugno 2002. Il segnale di partenza per il contro-vertice di Siviglia fu dato dalla marcia-carovana di resistenza sociale, che attraversò l’Andalusia partendo da Almeria, il 15 Giugno, fino a Siviglia dove arrivò il giorno 21, passando per Malaga, GraLE GRANDI LOTTE

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giorno 21, passando per Malaga, Granada e Jerez. Sciopero generale del 20 Giugno. La CGT, che aveva iniziato già un anno prima la campagna a favore dello Sciopero Generale, contemporaneamente aveva indirizzato ogni mobilitazione in questa direzione e, alla fine, riuscì a forzare le altre centrali sindacali ad indire unitariamente uno sciopero generale nell'ambito delle azioni previste per il semestre e come contrappunto all'apertura del vertice dei Capi di Stato a Siviglia. Auto-confinamento all’interno di «el Salvador». Il 22 Giugno, un centinaio di persone si rinchiusero nella chiesa di el Salvador di Siviglia, per mostrare la loro solidarietà con i braccianti immigrati che si erano invece rinchiusi nell’Università, dal 10 giugno, per esigere la regolarizzazione. Contro-vertice del 21 e 22 Giugno 2002 a Siviglia. Durante il vertice del Consiglio Europeo che terminò il semestre della presidenza spagnola della UE, la CGT si impegnò ad organizzare ed a partecipare alle manifestazioni progettate per protestare contro la barbarie del capitalismo globale. Più di 40.000 persone parteciparono alla manifestazione unitaria del giorno 22, in cui la presenza rosso-nera rappresentò uno dei blocchi più numerosi, più attivi e più combattivi. Questi sono gli eventi più significativi occorsi nell’arco di un semestre durato in realtà 7 mesi; tuttavia, occorre dire che furono effettuate molte altre manifestazioni a vari livelli, con un grande impatto sociale, mano a mano che si svolgeva la Presidenza spagnola, con eventi in diverse città: Burgos, Salamanca, Caceres, Murcia, Saragozza, Valencia...

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No alla guerra Dopo l'invasione dell'Afghanistan, gli Stati Uniti spostarono il loro obiettivo militare in Iraq, con il pretesto dell’appoggio di Saddam Hussein al terrorismo, l'esistenza di armi di distruzione di massa che non sono mai apparse e, anche, con quella più sfacciata di «liberare» il popolo iracheno dalla tirannia, Bush iniziò a preparare una guerra il cui vero obiettivo era quello di controllare le riserve di petrolio. Davanti all'evidenza delle intenzioni belliche degli USA, il 15 febbraio del 2003 si levò un clamore internazionale contro la prevedibile guerra dell'Iraq. Milioni di persone manifestarono ovunque, su tutta la faccia del pianeta. Nello stato spagnolo, le mobilitazioni più importanti furono le seguenti:

Albacete 25.000; Algeciras 15.000; Almeria 15.000; Ávila 6.000; Badajoz 2.000; Barcellona 1.300.000; Bilbao 100.000; Burgos 20.000; Cádiz 100.000; Ceuta 500; Ciudad Real 20.000; Córdoba 75.000; Cuenca 5.000; Ferrol 15.000; Girona 30.000; Granada 150.000; Guadalajara 6.000; Huelva 20.000; Huesca 5000; Jaén 25.000; La Coruña 35.000; Las Palmas 100.000; Leon 20.000; Lleida 30.000; •

Lleida 30.000; Logroño 55.000; Lugo 12.000; • Madrid 1.500.000; Málaga 50.000; Melilla 5.000; Murcia 60.000; Ourense 25.000; Oviedo 140.000; Palencia 15.000; Palma 50.000; Pamplona 25.000; Ponferrada 6.500; Pontevedra 35.000; Puertollano 4.000; Salamanca 20.000; San Sebastián 15.000; 00; Santa Cruz de Tenerife 50.000; Santander 35.000; Saragozza 400.000. S. Compostela 35.000; Segovia 10.000; Siviglia 200.000;

Soria 2500; Talavera 2.000; Tarragona 30.000; Toledo 15.000; Tortosa 600; Tudela 3.000; Valencia 500.000; Valladolid 30.000; Vigo 200.000; Vitoria 5.000; Zamora 6.500.

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Occorre evidenziare le manifestazioni di Roma (3.000.000), di Londra (1.000.000), di Berlino (500.000) e quelle che hanno avuto luogo in 250 città degli Stati Uniti. Circa dieci milioni di persone, in sessanta paesi e seicento città, il 15 Febbraio dimostrarono contro la guerra. Il 20 Marzo 2003, il Governo degli USA, sotto la presidenza di George W. Bush e il sostegno incondizionato dei governi di Tony Blair e José María Aznar, avviarono l'occupazione dell'Iraq: alle 4 del mattino, ora spagnola, iniziò il bombardamento della città di Baghdad e della sua popolazione. La CGT partecipò fin dal primo momento di mobilitazione alle manifestazioni contro la guerra, sostenendo tutte le manifestazioni e le mobilitazioni di ogni genere che si svolsero in ogni territorio, impegnandosi nella lotta per la la fine dell'invasione al punto di essere l'unico sindacato a proclamare 24 ore di Sciopero Generale contro la guerra.

Per i diritti sociali e la ridistribuzione della ricchezza Durante i primi sei mesi del 2006, la CGT ha sviluppato in tutto lo stato una campagna con questo slogan che intendeva unire la lotta contro la riforma del lavoro, la cui attuazione avrebbe avuto inizio il seguente 1° Luglio, con la lotta contro la direttiva Bolkestein, rendendo visibile anche ognuno dei problemi che stavamo affrontando sia a livello del lavoro che a livello sociale. La giornata di lotta del 10 Giugno aveva come obiettivo quello di unire tutte queste lotte in un unico atto, facendo risaltare che l’insieme delle aggressioni di cui soffriamo provengono dall’Unione Europea, influenzata nelle sue politiche dalle decisioni delle organizzazioni finanziarie, e dal Governo, che protegge gli interessi dei datori di lavoro, e rispondono tutte alla stessa logica. La giornata volle anche essere un giorno di solidarietà tra i tesserati.

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Nelle due settimane precedenti a Sabato 10 Giugno la CGT fu costantemente in strada, rendendo ben visibile ovunque il clima di lotta. Il 27 maggio militanti della CGT si concentrarono davanti alla porta del Salone dell’Automobile, per sensibilizzare sulle problematiche del settore (gli ERE, la delocalizzazione, la repressione sindacale, i subappalti,...) e sulle posizioni della CGT. Il 6 Giugno ci fu una concentrazione davanti alla sede della France Telecom in segno di protesta per le delocalizzazioni di servizi telefonici da Amena verso Cile e Argentina. Il 7 Giugno ebbero luogo concentrazioni davanti ai rivenditori autorizzati della Volkswagen contro le decisioni del gruppo (gli ERE, i licenziamenti, la repressione sindacale, la delocalizzazione) e il sostegno ai compagni della fabbrica di Landaben (Navarra). Il 7 giugno, due militanti si appesero sul viadotto di Madrid, portando uno striscione contro la repressione e i licenziamenti alla VW-SEAT. L'8 giugno vi fu una concentrazione all’esterno del Ministero delle Politiche Agricole contro la chiusura dello zuccherificio di Linares e in difesa del settore pubblico. L'8 giugno, due militanti della CGT si appesero per quattro ore alla pensilina vetrata della stazione di Atocha, mostrando uno striscione contro la riforma del lavoro, la direttiva Bolkestein e in difesa del servizio pubblico.

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La Giornata di Lotta del 10 Giugno riunì 20.000 persone provenienti da tutti i punti dello stato e rappresentò la più grande manifestazione realizzata dalla CGT da sola. Alla fine ci fu un incontro al quale parteciparono molti gruppi e movimenti sociali, chiuso poi con un concerto finale durato fino all'alba. La Giornata di Lotta Confederale tracciò il bilancio di un anno di duro lavoro, organizzando la risposta da parte di un ampio spettro di popolazione che non condivide una politica economica e sociale gravemente lesiva dei diritti delle lavoratrici e dei lavoratori.

Campagna contro la crisi Durante gli ultimi mesi (2008/2009), la CGT ha convocato numerose manifestazioni in tutti i territori contro la crisi, a volte da sola, e a volte integrata in piattaforme più ampie con movimenti sociali e sindacati. L'idea base della campagna della CGT è che, come lavoratrici e lavoratori, non siamo responsabili della crisi, che si tratta in realtà di una riorganizzazione interna del sistema capitalista, e che non siamo disposti ad essere quelli che ne pagano le conseguenze, per cui è necessario articolare una risposta globale. A questo scopo, la CGT ha organizzato una serie di iniziative con l'idea di continuare a preparare il clima propizio per un possibile sciopero generale, cercando la confluenza con altre organizzazioni sindacali e con i movimenti sociali. Per incominciare, nei giorni 26 e 27 Settembre del 2008 si tennero alcune Giornate di dibattito sotto il titolo «Una realtà di lotta e di impegno contro la crisi del capitale» durante le quali si affrontò il problema da distinti punti di vista: quello finanziario, quello dei diritti, quello lavorativo e quello delle migliori risposte da dare. Il 3 Dicembre del 2008, la CGT convocò una Assemblea di delegati e delegate, alla quale parteciparono circa 2.000 militanti, davanti al Ministero del Lavoro, per esprimere la nostra richiesta che la crisi non venga pagata con i licenziamenti e la perdita dei diritti. LE GRANDI LOTTE

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venga pagata con i licenziamenti e la perdita dei diritti. La nostra posizione, espressa nella risoluzione del 3 Dicembre, è un fermo rifiuto verso: L’uso di denaro pubblico per «nazionalizzare» le perdite nel settore bancario e dei datori di lavoro. La direttiva europea di 65 ore. La privatizzazione dei servizi pubblici, la direttiva Bolkestein e la direttiva sulle Imprese di Lavoro Temporaneo (ETT). La direttiva europea sulla migrazione di ritorno. Gli Espedienti di Regolazione del Lavoro (ERE), le chiusure, le delocalizzazioni, la disoccupazione, la pauperizzazione sociale, gli infortuni sul lavoro, La repressione del sindacalismo militante e dei movimenti sociali. Dobbiamo evidenziare che, in questi mesi, sono state portate a termine un’infinità di azioni e mobilitazioni in tutti i territori, per far conoscere le posizioni della CGT e consapevolizzare la gente sulla necessità di una risposta dura e ferma contro le nuove aggressioni che intendono imporci per uscire dalla loro crisi.

Verso lo Sciopero Generale In questo momento, dopo aver sviluppata la parte più importante della campagna contro la crisi, con la quale si è inteso dare maggiore consapevolezza alla popolazione sulle sue cause reali e le sue conseguenze, si stanno mettendo in marcia una serie di iniziative mirate a sviluppare maggiori impegno ed atteggiamento rivendicativo finalizzati alla proclamazione dello Sciopero Generale. A questo appello il nostro recente XVI° Congresso Confederale ha affidato una importanza fondamentale e dato un notevole impulso.

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L’

evoluzione del carattere rivendicativo e della volontà di progresso della nostra società può essere valutato attraverso la sequenza degli scioperi generali convocati in questi anni. Benché sprovvisti del carattere di trasformazione radicale, essi hanno tuttavia espresso i momenti di maggiore rifiuto sociale alle politiche dei governi che si sono via via succeduti. Tutte le proclamazioni di sciopero generale sono state effettuate con il coinvolgimento diretto di uno o di entrambi i sindacati «ufficiali» (la prima nel 1985, senza l'UGT e l'ultima nel 2003, senza le CC.OO), autentici artefici della pace sociale che ha permesso i processi di riforme lavorative, privatizzazioni, accordi... e, pertanto, responsabili anche di tutti i regressi e gli impoverimenti sofferti attraverso queste stesse riforme. Sebbene nessuno degli scioperi generali abbia avuto contenuti rivoluzionari, né abbia supposto una mobilitazione sostenuta nel tempo con un obiettivo di trasformazione sociale, bisogna valutarli positivamente all’interno di un contesto generalizzato di regresso dei diritti e come dimostrazione che il sindacalismo organizzato è uno strumento valido, nonostante le circostanze politiche, per frenare i tentativi di ridurre le conquiste acquisite in anni di lotte. Tutti gli scioperi generali indetti in questi anni hanno avuto un impatto positivo sulle politiche in vigore. In totale, durante questi 25 anni, sono stati convocati otto scioperi generali, cinque dei quali sono stati contro i governi del PSOE e tre contro i governi del PP. Essi sono stati motivati da diffusi rifiuti sociali a determinate politiche economiche, lavorative o sociali, contando su un ampio appoggio e seguito. La nostra organizzazione (nei due primi come CNT, nel 1985 e nel 1988, e nei seguenti come CGT) ha giocato in tutti un importante ruolo dinamico. Le proclamazioni di Scioperi Generali si sono sempre riferite a rivendicazioni ed esigenze sulle quali nel nostro sindacato si stava già riflettendo, dibattendo ed agendo. Ed è per c GLI SCIOPERI GENERALI

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zioni ed esigenze sulle quali nel nostro sindacato si stava già riflettendo, dibattendo ed agendo. Ed è per ciò che ci siamo impegnati ad organizzare e a dare spessore alla mobilitazione nelle varie occasioni con più convinzione, sforzo e lavoro del sindacalismo «filogovernativo» che pure li «certificava». I cambiamenti avvenuti nel sistema produttivo, con uno spostamento di posti di lavoro dal settore industriale verso i settori dei servizi e delle costruzioni, hanno modificato sostanzialmente il modo di realizzare l'azione sindacale. Stiamo parlando della scomparsa dei grandi centri di lavoro industriali e pertanto di un sindacalismo combattivo e fortemente organizzato con la sua struttura riconosciuta in termini di diritti sindacali. Si sono incrementati in modo molto significativo la temporalità e l'insieme di formule della precarizzazione. Tutto ciò ha inciso sul modo di sviluppare il lavoro sindacale, ma non ha limitato l'effetto degli scioperi generali che sempre, quando sono stati convocati, hanno raggiunto il loro obiettivo. Di tutto ciò dobbiamo essere soddisfatti anche nella CGT. 1°.- Lo Sciopero Generale del 20 Giugno 1985 (di 24 ore, convocato da CC.OO, USO e CNT (prima del cambiamento della sigla in CGT) contro il decretolegge di Riforma della Previdenza Sociale ed il taglio delle pensioni, quando erano ministri dell’Economia e Finanze Miguel Boyer e del Lavoro Joaquín Almunia. La principale misura consisteva nell’estendere da due ad otto anni il periodo per calcolare le pensioni e si ampliava da 10 a 15 anni il periodo minimo di calcolo per percepirla, rappresentando quindi il primo attacco frontale al sistema delle pensioni. Questo Sciopero Generale non fu assecondato dalla UGT. La nostra organizzazione denunciò la frode rappresentata dalla politica preventiva e fiscale del governo che, con un aumento del 16,6 % delle spese per gli Interni e la riduzione delle aliquote imprenditoriali, diminuiva notevolmente le spese di Educazione, Sanità, Abitazione e Previdenza Sociale. Le nostre rivendicazioni consistevano nella richiesta del ritiro del disegno di legge, della riduzione delle spese militare, della lottaotta contro l’evasione fiscale imprenditoriale e di una Previdenza Sociale pubblica, giusta e solidale.

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ta contro l’evasione fiscale imprenditoriale e di una Previdenza Sociale pubblica, giusta e solidale. Questo Sciopero Generale avvenne un anno dopo il Congresso di Unificazione, e rappresentò per noi la prima opportunità di agire nel quadro di un’ampia mobilitazione, rivolta verso l'insieme della classe lavoratrice. Questa opportunità, sommata all'enorme impulso sindacale che ci aveva dato la riunificazione confederale, provocò una risposta molto dinamica da parte delle diverse strutture locali ed una presenza, agli occhi dell’opinione pubblica, che oltrepassò ampiamente i limiti che apparentemente imponeva la nostra presenza reale. 2°.- Senza dubbio lo Sciopero Generale di più profondo significato fu quello del 14 dicembre 1988, di 24 ore, mentre il Governo socialista esercitava la sua seconda maggioranza assoluta. Quel 14 dicembre tutto il paese rimase paralizzato, infliggendo al Governo una lezione di umiltà.

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Lo sciopero venne indetto da tutti i sindacati, contro un'importante riforma del lavoro che supponeva di abbassare le tutele contro il licenziamento ed introdurre, attraverso il Piano di Impiego Giovanile, un modello di contratto temporale speciale per i giovani. Davanti a questi fatti, esigevamo: Il ritiro del citato Piano di Impiego Giovanile L'avviamento di un Piano Generale di Impiego Il recupero del Potere di Acquisto perso per l’inflazione L'incremento della copertura di disoccupazione L’equiparazione delle pensioni minime al Salario Minimo Interprofessionale Il diritto pieno di Negoziazione Collettiva per i Funzionari. Lo sciopero si trasformò in un'espressione generalizzata dello scontento per la politica economica del governo di Felipe González, perfino tra la sua stessa base sociale. Si calcolò che ad incrociare le braccia il 14 Dicembre fu più del 90 % della popolazione attiva, il che suppone che quasi otto milioni di persone raccolsero l'appello alla protesta contro la politica economica ed il piano di impiego giovanile. La riforma prevista fu ritirata e si incrementò la spesa sociale. L’anno successivo il PSOE confermò la sua maggioranza assoluta, anche se perse un numero importante di voti e di deputati. La convocazione di altre mobilitazioni di portata generale era una necessità che andavamo reclamando, vista la risposta offerta dal Governo al precedente Sciopero Generale del 20 Giugno 1985, che approfondiva il contenuto antisociale ed antisindacale della sua politica socioeconomica. Si trattava di trasformare quello che ad alcuni sembrava essere solamente una «riverniciatura di facciata», nel punto di partenza di un processo che avrebbe dovuto continuare con 48 o 72 ore di blocco produttivo ed altre mobilitazioni più dure, se il Governo non avesse modificato la sua politica economica e sociale.

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3°.- Di minore portata e ripercussione, ma di grande importanza simbolica, fu lo Sciopero Generale del 18 gennaio 1991 indetto da CC.OO, USO e CGT, già con la nostra attuale sigla, contro la prima Guerra del Golfo. Fu uno sciopero di 2 ore che esigeva la sospensione della guerra ed il ritorno a casa immediato delle truppe spagnole. Alle imponenti manifestazioni che si celebrarono durante tutta la giornata si unì poi anche la UGT, che pur non aveva indetto lo sciopero. 4°.- Il 28 Maggio 1992 fu indetto da CGT, UGT e CC.OO lo Sciopero Generale di 8 ore contro il cosiddetto «Decretazo». Nello stesso anno in cui tutti i politici volgevano i loro sguardi sull'Esposizione Universale di Siviglia e alle Olimpiadi di Barcellona, il Governo socialista approvava il decretolegge che tagliava le prestazioni per la disoccupazione. Il «Decretazo» consisteva in un taglio delle prestazioni, oltre che un irrigidimento delle condizioni per accedere alla loro percezione. Inoltre si stavano preparando nuove aggressioni alle condizioni di lavoro e ai diritti lavorativi con il cosiddetto «piano di convergenza con l'Europa»: mobilità funzionale e geografica, ed eliminazione dei pochi intoppi che ancora aveva la Confindustria nella disponibilità completa ed economica dei suoi dipendenti. L’opposizione della CGT a queste misure si univa al rifiuto delle politiche del Governo che includevano il patto di competitività, la privatizzazione della sanità e la riconversione industriale. Esigevamo una svolta sociale con proposte concrete: un contratto del settore pubblico con la creazione di nuovi settori industriali, maggiore copertura del sistema di protezione sociale, controllo e reinvestimento dei benefici imprenditoriali, creazione di impiego stabile, ecc.

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ditoriali, creazione di impiego stabile, ecc. La campagna preventiva della CGT a favore di uno sciopero generale in tutto il paese, come unica forma per far «riflettere» i responsabili governativi ed imprenditoriali, si sviluppò sotto lo slogan «Recuperiamo il 14-D» (riferito allo Sciopero Generale del 14 Dicembre 1988). La convocazione dello Sciopero Generale fu limitata tuttavia, già nel suo stesso progetto, dal fatto di rappresentare una risposta parziale rispetto alle misure ed all'atteggiamento del Governo e della Confindustria, e non poté raggiungere la dimensione e l'effetto di risposta ferma e decisa che avrebbe dovuto avere. Anche così, però, ottenne un notevole seguito, specialmente nella grande impresa, quella che esprimeva una maggiore volontà di opposizione a queste politiche economiche. Alla fine la legge che aveva sollevato le proteste non fu ratificata per lo scioglimento delle Camere del 12 aprile del 1993. 5°.- 27 Gennaio 1994, 24 ore. Il successivo Sciopero Generale venne indetto, dopo sei mesi di negoziati tra imprenditori, UGT-CC.OO e Governo, dopo che il governo del PSOE aveva approvata una riforma del lavoro che colpiva soprattutto i giovani. Con più del 20 % della popolazione attiva senza lavoro, lo Sciopero Generale del 27 Gennaio del 1994 fu un punto di svolta per il Governo socialista che perse quello stesso anno le elezioni al Parlamento Europeo. Ognuna delle misure che il Governo voleva imporre era una pesante ragione per appoggiare lo sciopero: i nuovi contratti di apprendistato, la legalizzazione delle imprese di lavoro in affitto (ETT), la flessibilità oraria, la mobilità funzionale e geografica, la diminuzione delle tutele e le facilitazioni al licenziamento... supponevano un attacco contro la classe lavoratrice che doveva trovare risposte a tutto tondo.

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doveva trovare risposte a tutto tondo. Lo sciopero fu un successo che però non garantiva il risultato del suo obiettivo: il ritiro delle misure proposte dal Governo. Sarebbe stato necessario tradurre il trionfo dello sciopero in un conseguimento di obiettivi, in modo che non si vedessero defraudati gli sforzi e le speranze in esso riposti da milioni di persone. E, la cosa più importante, si sarebbe dovuto mantenere il clima che aveva reso possibile lo sciopero e la decisione di continuare nuove mobilitazioni se la situazione l’avesse richiesto. La CGT uscì rafforzata da quello Sciopero Generale. L'unità di azione per questa convocazione, nella maggior parte dei posti di lavoro, con UGT e CC.OO, servì per convincere un maggior numero di lavoratori e lavoratrici. Ed ovunque rimase chiaro il nostro messaggio differenziato. La guerra di cifre fu un aspetto centrale della campagna antisciopero. Imprenditori, politici, mezzi di comunicazione ed intellettuali fedeli al regime arrischiarono tutta la loro credibilità per far fallire in primo luogo lo sciopero e, dopo, per farlo apparire come un fallimento. Tuttavia, l'evidenza del suo successo, superiore a tutte le previsioni, non impedì che si creasse la giusta e necessaria sensazione di trionfo. Forse la credibilità dei politici e dei mezzi di comunicazione non era mai scesa tanto in basso, perfino tra i settori sociali che non avevano aderito allo sciopero. Questo Sciopero si inquadrava nella fase finale del governo del PSOE con Felipe González come leader, che approvò con qualche modifica le riforme già decise, stabilendo «a posteriori» tutta una politica di concertazione coi sindacati maggioritari che finì per liquidare l'anima stessa delle mobilitazioni. 6°.- Il giorno 11 Dicembre 1996 si realizzò quello che possiamo considerare il primo Sciopero Generale contro il governo del PP. Le organizzazioni UGT, CC.OO e CSIF convocarono un Sciopero Generale di tutta la Funzione Pubblica contro il congelamento salariale decretato dal governo. I sindacati CGT, CATAC-USTEC, CIG, ELA-STV, IC, LAB STEs e STIB realizzarono un vertice sindacale alternativo e indissero un loro Sciopero Generale, basato su una piattaforma rivendicativa unitaria che abbracciava tutta la problematica della Funzione Pubblica e che fu presenGLI SCIOPERI GENERALI

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taforma rivendicativa unitaria che abbracciava tutta la problematica della Funzione Pubblica e che fu presentata al settore. Il risultato di questo Sciopero contro il blocco salariale si tradusse in una guerra di cifre tra il governo del PP e le organizzazioni sindacali. Benché con differenze di seguito variabili da una amministrazione all’altra, nella Funzione Pubblica lo sciopero avvenne in forma maggioritaria. Le manifestazioni che si tennero in praticamente tutte le principali capitali di regione furono il fatto più esaltante della giornata. 7°.- Lo Sciopero Generale del 20 giugno 2002, di 24 ore, fu uno sciopero molto speciale, poiché si realizzò in coda ad una serie di mobilitazioni iniziate già un anno prima contro le politiche del Governo del PP che, con una maggioranza assoluta, mostrava il suo aspetto più autoritario e selvaggio. I fatti che precedettero questo Sciopero Generale furono l'accordo del Congresso della CGT a Valladolid (Aprile del 2001), la manifestazione dei «lavoratori contro la globalizzazione capitalista» il 2 Dicembre 2001 e, soprattutto, la campagna «Contro l'Europa del Capitale» che si celebrò in parallelo al semestre di presidenza spagnola alla UE, durante i primi sei mesi dell'anno 2002. Le mobilitazioni sviluppate da questa campagna, della quale la CGT era stato un chiaro propulsore, superarono qualsiasi previsione e, sullo sfondo delle auto-reclusioni di immigranti e della crescita indiscriminata della precarietà, imposero ad UGT-CC.OO la convocazione di uno Sciopero Generale che già si era trasformato in un clamore generalizzato.

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La disoccupazione aveva duplicato la media europea, colpendo specialmente le donne, e si pretendeva di continuare a tagliare le prestazioni e a privatizzare gli uffici di collocamento. Il 92 % dei nuovi contratti erano ormai temporanei, e questa modalità colpiva già il 33 % della classe lavoratrice. Assistevamo ad un'incessante pressione per facilitare i licenziamenti e per ridurre i livelli occupazionali. Si produsse una flessibilizzazione delle condizioni di lavoro ed un'estensione del subappalto il cui primo risultato fu l'incessante aumento di incidenti sul lavoro, con un bilancio di 1.800.000 infortuni e 1.200 morti all'anno. Il sindacato CC.OO firmò in solitario l'Accordo sulle Pensioni e, insieme alla UGT, l'Accordo Interconfederale per la Negoziazione Collettiva.

Le richieste della CGT furono: Il ritiro dell'ultima riforma del lavoro, l’eliminazione del subappalto e delle ETT, e l'adozione di misure che garantissero più stabilità nell'impiego. Una riduzione della giornata lavorativa, miglioramenti concreti in tema di sicurezza, salute e condizioni di lavoro per eliminare una così alta incidentalità lavorativa. Un salario sociale individuale, incondizionato e sufficiente; garanzie di futuro per il sistema pubblico delle pensioni e di tutti i servizi pubblici; impulso e sviluppo della sanità e dell'insegnamento pubblici. Il ritiro della legge sulla Condizione di straniero, delle successive riforme del lavoro, della privatizzazione dei servizi pubblici (LOU, Legge di Qualità), il piano idrologico nazionale, il taglio delle libertà...

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Quello del 20 Giugno fu uno sciopero sul quale il sindacalismo istituzionale non si impegnò, realizzando una campagna mediocre ed in larga misura interna ai centri di lavoro, senza cercare la partecipazione, lo stimolo del dibattito sociale e una adeguata preparazione. Con un occhio allo sciopero ed un altro nel governo, senza smettere di aver fiducia nel recupero del «dialogo» e senza scommettere con forza sulla lotta. Lo sciopero del 20 Giugno fu molto più proprietà della classe lavoratrice che del sindacalismo istituzionale. Fu la responsabilità dei lavoratori a facilitare il successo della mobilitazione al di là del tiepido impegno delle burocrazie sindacali. L'intensa campagna mediatica di manipolazione dell'informazione condotta dai mezzi di comunicazione controllati dal PP non poté nascondere la realtà. Nonostante l'allarmismo generato dal governo, nonostante la repressione poliziesca, lo sciopero ebbe un'importante ripercussione, con un seguito generalizzato, in particolare nella grande industria e nei trasporti. Il successo della giornata si dovette, in gran parte, alla convocazione che la CGT condusse in maniera differenziata, grazie alla mobilitazione fondamentale di migliaia di militanti tanto ai picchetti come nelle manifestazioni. Il seguito dello sciopero fu del 93 % nel settore industriale e del 84 % in media nel resto dei settori. Il 26 % delle persone che parteciparono a quello sciopero lo fece come conseguenza della convocazione e dell’informazione realizzata dalla CGT. 8°.- Fu tuttavia lo Sciopero Generale del 10 Aprile 2003, contro la Guerra in Iraq, lo sciopero che meglio riflesse la forza e la generosità della nostra organizzazione. L'invasione dell'Iraq, decisa dagli Stati Uniti con l'appoggio dei governi inglese e spagnolo, riuscì a suscitare un rifiuto generalizzato e la maggior mobilitazione sociale mai prodotta dopo la dittatura. Furono milioni le persone che occuparono le strade in segno di protesta contro la barbarie della guerra. Le finestre si riempirono di striscioni e molte persone non iscritte ad alcuna organizzazione sentirono la necessità di rendere visibile il loro rifiuto pur proseguendo una vita abituale (con adesivi, striscioni alle finestre...).

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Tuttavia, appena il movimento sindacale decise di partecipare a quella risposta in maniera organizzata assumendo il ruolo di accompagnatore dei movimenti sociali, la pressione dell'ambiente lo obbligò a realizzare una convocazione di sciopero e, anche così, pretendendo di farne una cosa simbolica. Le CC.OO indissero uno sciopero di 15 minuti il giorno 10 Aprile 2003, la UGT ampliò lo sciopero a 2 ore e la CGT si assunse la responsabilità di convocare uno Sciopero Generale di 24 ore, con lo slogan «fermiamo il mondo per fermare la guerra», che fu condiviso da migliaia e migliaia di persone desiderose di mostrare il proprio impegno con il rifiuto della guerra.

In conclusione, possiamo dire che durante lo sviluppo degli 8 Scioperi Generali descritti il nostro impegno ci ha fatto apparire sempre con più forza e risonanza di quanto indicassero i nostri livelli di rappresentatività. La ragione sta nel fatto che i criteri che difendiamo e le lotte che avalliamo inglobano una buona parte della classe lavoratrice, desiderosa di altre forme di sindacalismo, di altre politiche e di un'altra logica per la sua qualità di vita. Il momento della mobilitazione è quando meglio sappiamo collegarci con un ampio volume di coincidenze ideali. Così è stato certamente negli Scioperi Generali, dove il nostro impegno disinteressato ha pagato in termini di risultato, dove meglio abbiamo potuto esprimere tutto il nostro potenziale organizzativo e dove più chiaro è giunto il nostro messaggio di lotta al cuore dei lavoratori.

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Allegato 8 Cronologia degli Scioperi Generali ANNO

DATA

INDETTO DA

DURATA

MOTIVI

GOVERNO

(h) 1985

20--Giugno

24

CNT(C.Unif.), USO, CC.OO

Riforma Sicurezza Sociale e taglio pensioni

PSOE

1988

14--Dicembre

24

CNT(C.Unif.), CC.OO, UGT

Politica socio-economica, Piano di Impiego Giovanile

PSOE

1991

18--Gennaio

2

CGT, CC.OO, USO

Prima Guerra del Golfo

PSOE

1992

28--Maggio

8

CGT, CC.OO, UGT

«Decretazo», Tagli della disoccupazione

PSOE

1994

27--Gennaio

24

CGT, CC.OO, UGT

Riforma del Lavoro

PSOE

24

UGT, CC.OO, CSIF

Funzione Pubblica. Blocco salariale

1996

PP

11--Dicembre

2002

24

CGT, CATAC-USTES, CIG, ELA, IC, LAB, STEs, STIB

Blocco Salariale e condizioni di lavoro

24

CC.OO, UGT

24

CGT

Riforma del Lavoro. Norme sul licenziamento. Riforma della protezione della disoccupazione «CI SONO TROPPI MOTIVI»

2

UGT

Guerra dell Iraq

20--Giugno 2003

PP

10--Aprile 24

150

PP

CGT

ALLEGATO 8 CRONOLOGIA DEGLI SCIOPERI GENERALI

«FERMIAMO IL MONDO PER FERMARE LA GUERRA»

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11

I CONGRESSI

I

l Congresso Confederale è il massimo organo decisionale della CGT e la sua espressione incondizionata di decisione democratica. Vi partecipano i rappresentanti diretti dei sindacati, eletti nelle loro assemblee. Vengono convocati ogni 4 anni in forma ordinaria, adottano le linee generali di funzionamento interno e di azione sindacale e sociale. I Congressi hanno rappresentato nel loro insieme la ricerca della concretizzazione delle proposte e la definizione delle responsabilità per lo sviluppo della nostra alternativa sindacale, accumulando un ricco e vario bagaglio di dibattiti, con un importante sviluppo ideologico in tutti i campi. Non solo hanno definito il nostro lavoro interno, ma anche l’iniziativa da sviluppare nell'attività pubblica dall'organizzazione. A volte non siamo coscienti, e perciò è un buon motivo per rifletterci sopra, di quanto sia stato oneroso e difficile continuare a configurare e a far progredire un'organizzazione che desidera continuare ad essere federale, di base e rivoluzionaria, coniugandola con la necessità di dotarsi di meccanismi che garantiscano e migliorino le risposte dell'organizzazione, appoggiando la solidarietà e l'appoggio reciproco con la pratica dell'azione diretta ed il desiderio radicale di trasformazione sociale. I dibattiti che maggiormente hanno reso tesi i nostri congressi si sono prodotti attorno al modello di crescita. A volte siamo stati fortemente divisi tra chi voleva cambiare totalmente l'organizzazione per riuscire ad avanzare con maggiore visibilità sul terreno della rappresentatività e chi si opponeva a qualunque cambiamento o strategia innovativa. Oppure tra chi mostrava una maggiore determinazione ed aggressività allo scopo di ricercare un incremento delle adesioni e chi, invece, considerava che solo una lenta maturazione del nostro progetto può permetterci il consolidamento. O, ancora, tra chi intendeva promuovere un'incorporazione massiccia di lavoratrici e di lavoratori e chi sospettava di una crescita troppo rapida.

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In definitiva, l'obiettivo comune è stato quello di mantenere il nostro spirito libertario e coniugarlo con le circostanze, orientandolo al perseguimento delle nostre aspirazioni ed obiettivi, evitando di riprodurre i meccanismi che hanno portato altre organizzazioni a trasformarsi in difensori di un sistema che dicono di combattere. La cosa difficile è capire dov’è il punto esatto d’equilibrio, considerando che i dibattiti continui e le opinioni maggioritarie ad ogni istante, all’interno dell'organizzazione, sono la nostra unica bilancia obiettiva. In questi dibattiti permanenti, la CGT ha trovato la propria strada, il proprio modo di agire, ritrovandosi, ancora una volta, davanti alle basi ideologiche del nostro progetto: la necessità permanente di dialogare, di comparare esperienze e di cercare quei consensi maggioritari che ci permettano di avanzare alla velocità che vogliamo. I Congressi hanno disegnato le linee generali del nostro percorso, benché contiamo anche su altri spazi di dibattito e decisione. Le Conferenze Sindacali, dove si stabiliscono le linee basilari del programma rivendicativo della CGT e l'attività sindacale. I Plenum Confederali che sono il massimo organo di decisione tra un congresso e l’altro, e che ci servono per dibattere quegli aspetti economici, organizzativi o di attualità che lo richiedano. Oltre a questi momenti d’incontro, possiamo contare sulle Assemblee Plenarie del Comitato Confederale che sono l'organo collegiale di gestione e coordinamento della CGT tra i rinnovi delle cariche, e le Conferenze Sindacali ed i Plenum Confederali, che per la loro configurazione organica avrebbero bisogno di un capitolo a parte ma ora ci accontenteremo di dire che hanno il compito di raccogliere i dibattiti congressuali, i quali, in definitiva, rappresentano ciò che serve da riferimento per l'insieme dei nostri accordi.

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1984 - Il Congresso di Unificazione Tra i giorni 29 Giugno e 1° Luglio del 1984, nel Palazzo dei Congressi ed Esposizioni di Madrid, si celebrò il Congresso Straordinario di Unificazione di due settori: il primo, conosciuto come «Congresso di Valenza», raggruppava i sindacati che avevano abbandonato la CNT-AIT durante il V° Congresso; l'altro, formato dalla maggioranza dei sindacati della CNT-AIT che, in una Conferenza di sindacati «per l'unificazione confederale», celebrata nel Marzo del 1984, aveva iniziato il processo per l’unificazione con la parte proveniente dal Congresso di Valenza. In un Plenaria delle due organizzazioni, preparatoria dell'imminente Congresso, tenutasi i giorni 9 e 10 Giugno a Madrid, dopo successivi appelli alla «unità confederale» realizzati da entrambi i settori, si esplicitò l'opinione di tutti riguardo ai temi principali e ciò servì da base per lavorare al conseguimento di un consenso che sarebbe giunto concretamente due settimane dopo. Il Congresso non fu esente da problemi e tensioni. Al particolare momento che vivevamo si sommò il fatto che membri della CNT-AIT, contrari all'unificazione, presero posto nei paraggi del Palazzo dei Congressi e inveirono contro le delegazioni. All'interno della sala i dibattiti evolsero verso un accordo con più rapidità ancora di quanto non fosse abituale nei nostri incontri, compendiandosi in una «Dichiarazione di Unità Confederale» approvata per acclamazione. Tra gli accordi di questo Congresso si considerò che il boicottaggio delle elezioni sindacali non era risultato positivo ed aveva eliminati i settori confederali dall'ambito della negoziazione collettiva e della rappresentanza sindacale. Si avanzava, dunque, l'intenzione di partecipare alle elezioni sindacali, considerando la stessa una questione strategica, in modo da potersi presentare alle successive, con l'intenzione di «potenziare l'adesione e la coscienza organizzativa dei lavoratori e delle lavoratrici».

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L'obiettivo era ed è, come tattica, quello di «svuotare di contenuto i comitati di impresa», agendo dal loro interno ma derivando l’essenziale dall'azione sindacale dalle Sezioni Sindacali e mantenendo come strategia fondamentale l'Azione Diretta per la risoluzione dei conflitti. L'accordo si completava con un appello alla libertà personale degli associati non sostenitori di questo cambiamento strategico. Ci fu anche un riferimento al controllo dell'atteggiamento conseguente dei futuri delegati e delegate ed all'intenzione di continuare ad avanzare verso l’obiettivo di essere rappresentativi e decisivi nella negoziazione collettiva. Con il raggiungimento dei nuovi accordi, si realizzava un'interessante valutazione di quelli che avrebbero dovuto essere i modelli da seguire affinché la nostra azione sindacale ci permettesse di mantenere la coerenza davanti al cambiamento in questo nuovo spazio all’interno dei comitati di impresa. La «nuova CNT» scommetteva sul «rinnovamento e l’attualizzazione dell'anarcosindacalismo, senza rinunciare alla sua storia». E neppure si rinunciava ai principi ideologici, ma si affermava la necessità di adeguarli alle necessità del tempo presente, augurando anche un'evoluzione strategica a medio termine. La storia assunta senza titubanze ed i principi sottoposti a valutazione furono le caratteristiche più sintomatiche di quell'evento. Lo scontro contro la realtà aveva portato a quel Congresso, dove si riconosceva che «un sindacalismo privo di soluzioni per la realtà presente», unito a divisioni e tensioni interne ed aggressioni esterne, avrebbe condotto l'anarcosindacalismo alla «atomizzazione» e alla irreversibile perdita di posizioni. Il Congresso respinse anche la legge organica sulle Libertà Sindacali (LOLS), ratificò l'accordo storico (1931) per dare impulso alla costituzione delle Federazioni dell’Industria e si stabilirono nuovi criteri per le relazioni internazionali. Si puntò anche sulla futura ricostruzione dell'AIT stabilendo una serie di relazioni differenziate che ancora oggi si mantengono.

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1987: X° Congresso Il X° Congresso, celebrato a Madrid tra il 2 ed il 5 Luglio del 1987, cercò di assestare gli accordi, soprattutto di tipo interno, che si erano andati improvvisando durante i Plenum Confederali, ma ci riuscì solo in maniera parziale, dando forma a due grandi visioni dell'organizzazione: quella di chi pensava che si stesse andando troppo lentamente e che la nuova entità aveva bisogno di cambiamenti che, se non si fossero portati a termine, avrebbero reso impossibile il suo sviluppo, e quella di chi pensava che tali trasformazioni fossero eccessive e che, attuandole, si sarebbe potuta realizzare una crescita al prezzo e col rischio di sfigurare il carattere della Confederazione. Alla fine si impose un'opzione intermedia che definiva a malapena la strada da seguire, confinando tutto il dibattito sulla strategia sindacale per una successiva Conferenza Sindacale, dato significativo dell'enorme difficoltà nella quale ci dibattevamo per stabilire le nuove direttrici dell’organizzazione in un momento tanto cruciale. Il X° Congresso si caratterizzò per alcuni accordi eccessivamente elaborati in relazione all’analisi della situazione e tuttavia lontani delle necessità immediate della Confederazione, come la definizione di una Federazione nazionale di Cooperative, delle assemblee di pensionati o delle reti di coordinamento di alternative educative, accordi che non arrivarono mai a compiere i loro primi passi.

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1989: I° Congresso Straordinario Il 29 Aprile del 1989 si celebrò nella Casa de Campo madrilena un Congresso Straordinario il cui obiettivo era ricomporre la situazione dopo la sentenza sulle sigle. Il Congresso ratificò le decisioni precedenti e confermò la sigla CGT per il futuro. Tuttavia, ci fu molta tensione su tale decisione, sulla possibilità di un ricorso al Tribunale Costituzionale e sull'ipotesi di continuarsi a chiamare CNT. Alla fine si giunse ad un accordo intermedio, in modo che legalmente si sarebbe usata la sigla CGT, ma chi l’avesse desiderato avrebbe potuto farla seguire con quella di CNT, ponendola tra parentesi, fino a che non si fosse definito il tema del ricorso. La decisione, dunque, fu quella di assumere la sigla CGT (CNT), nella speranza che il tempo avrebbe finito col restituirci la sigla, cosa che non avvenne. Di fatto, con la perdita al ricorso, si normalizzò l'uso esclusivo della sigla CGT. Il Congresso Straordinario fu indicativo di tre realtà: che l'organizzazione era capace di rispondere efficacemente e rapidamente a fatti esterni che richiedevano decisioni radicali; che la sua scommessa sul nuovo nome supponeva già che la nuova CGT si giustificasse più nel progetto futuro che realmente costituiva che nel «riflesso storico» del passato che l'aveva potuta sostenere fino a quel momento; e che era dimostrato, davanti all'opinione pubblica, che la maggioranza dell'anarcosindacalismo nello stato spagnolo si trovava già, in quel momento, nella CGT, e non nel settore denominato «storico».

1989: XI° Congresso L’ XI° Congresso, celebrato a Madrid tra i giorni 1 e 3 Dicembre del 1989, 6 mesi dopo il «Congresso delle Sigle», evidenziò che essenzialmente continuavano a confrontarsi due grandi visioni differenti sull'organizzazione: i sostenitori dell’accelerazione del processo di rafforzamento e strutturazione organizzativa, per aprire un periodo di sviluppo ed ampliamento degli spazi della CGT, e quelli che erano per una crescita meno impetuosa, con un'organizzazione meno strutturata, ma con una personalità ben definita nel sociale e molto più omogenea sulle questioni ideologiche.

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ta, ma con una personalità ben definita nel sociale e molto più omogenea sulle questioni ideologiche. Il punto d’incontro furono gli Statuti dell'organizzazione, un tema sempre controverso frutto della nostra forte coscienza di libertà individuale e contraria a «governi» interni. Un altro punto di frizione aveva a che vedere con la strategia di crescita: aggressiva in un caso e molto più dosata nell'altro. Qualcosa che, come vediamo, è ricorrente nel nostro sviluppo. I simpatizzante delle «tesi per avanzare» erano decisamente a favore dell'incorporazione dei collettivi sindacali autonomi, avvicinandosi in questo alle posizioni di settori della sinistra politica e sindacale, e pensavano che la crescita avrebbe dovuto vedere la CGT come coagulatrice di questi spazi. Altri preferivano una crescita decantata a partire dal lavoro quotidiano dei militanti dell'organizzazione nei centri di lavoro, senza focalizzarsi esclusivamente su collettivi che avrebbero potuto anche generare dinamiche divergenti. Fu un Congresso che finì senza risolvere queste questioni, polarizzando il dibattito attorno a posizioni che non poterono esprimere maggioranze qualificate all’interno della Confederazione. Tuttavia, quella stessa stagnazione obbligò l'organizzazione ad una reazione interna che permise di dare al progetto la sua configurazione aperta di rinnovamento, lavoro e mobilitazione che si sarebbe definita negli accordi dei seguenti dibattiti.

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1991: II° Congresso Straordinario Il II° Congresso Straordinario, celebrato a Coslada (Madrid) dal 30 Maggio al 1° di Giugno, servì per ricomporre alcuni accordi precedenti, chiudendo vecchi dissapori e creando una certa tranquillità interna. L'accordo era nell’aria grazie al consenso ritrovato su temi chiave quali la forma di applicazione del voto proporzionale nelle assemblee Plenarie, che veniva accettato ma con la condizione di usarlo solo a determinate condizioni. La Commissione di Garanzie perdeva qualunque capacità esecutiva. Le persone affiliate a partiti politici non avrebbero potuto essere membri del Comitato Confederale. Si introdusse il criterio dei due terzi per poter modificare gli statuti, ostacolando così decisioni arrangiate o congiunturali, e si manteneva esplicitamente la definizione anarcosindacalista dell'organizzazione. Ma senza dubbio la cosa più importante di questo congresso fu superare la delusione causata dalla perdita della sigla e dalla mancanza di dialogo interno nella quale eravamo caduti, dando un primo impulso di consenso attorno alla sigla CGT ed al recupero del patto confederale.

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1993: XII° Congresso Il XII° Congresso, che ebbe luogo a Madrid nell’Ottobre del 1993, fu molto chiaro nell'analisi della situazione interna negativa, in un momento di grande rilassatezza in tema di statuti ed accordi vigenti. Come alternativa si propose una serie di raccomandazioni racchiuse nella frase «recuperare la fiducia e la speranza». Questo progetto si concretizzò in una sfumatura degli accordi di funzionamento interno ed in una nuova redazione degli Statuti, assumendo una trascrizione di minima come norma comune per tutta l'organizzazione. Si affermava anche, nelle risoluzioni, «che la CGT non ha mai avuto tanta realtà quanto oggi, né tanti aderenti e tanta capacità di negoziazione e di rappresentanza come ora» e, significativamente, il dibattito sulla situazione interna e sugli Statuti diede luogo ad un accordo praticamente all'unanimità sottoscritto, a favore, da 66 sindacati con 244 voti, e contro da 4 sindacati con 30 voti e l’astensione di 6 sindacati con 10 voti: qualcosa di insolito nella nostra organizzazione, il prodotto di un maggior senso di responsabilità e del riconoscimento della necessità di dover superare il passato. In quanto al resto dei punti, l’iniziativa sindacale prese in esame la possibilità di unità di azione con altre organizzazioni sindacali. Risultarono particolarmente significative le posizioni raggiunte in relazione alla prospettiva ecologica del sindacalismo ed all'immigrazione.

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1997: XIII° Congresso All'inizio del 1997 (dal 31 Gennaio al 2 Febbraio) ebbe luogo il XIII° Congresso, celebrato a Madrid, caratterizzatosi per la ricerca di accordi su un linguaggio differente, più incentrato sulla denuncia della situazione globale della società che su proposte di carattere organizzativo. Il congresso approvò un significativo giudizio su Azione Sociale, 70 pagine, ma non riuscì a raggiungere nessun accordo su Azione Sindacale, aggiornando questo punto ad un nuovo congresso straordinario. Tra le risoluzioni più importanti del congresso dobbiamo citare la decisa scommessa per la difesa del settore pubblico e la denuncia del Patto di Toledo, appoggiato dal sindacalismo maggioritario, dalle organizzazioni imprenditoriali e dalla totalità dei gruppi parlamentari, punto di partenza per lo smantellamento della Previdenza sociale. Allo stesso modo il congresso raggiunse accordi per rivitalizzare alcune delle caratteristiche più peculiari della nostra organizzazione: la trasparenza, l’etica, la solidarietà, definendo espressamente il regolamento per i delegati e le delegate sui posti di lavoro.

1999: III° Congresso Straordinario Celebrato a Tarragona nel Novembre del 1999, questo Congresso Straordinario fu convocato per affrontare il lavoro sindacale della CGT, punto non risolto nel Congresso Ordinario. In linea generale significò un importante passo avanti nel coordinamento dell'azione sindacale confederale.

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Si fece una panoramica che metteva in relazione il lavoro sindacale di ogni impresa col resto dell'attività confederale, assumendo la priorità che implica la rappresentatività nei centri di lavoro e la necessità di inquadrare la nostra attività sindacale in funzione degli accordi globali della CGT con la volontà di costruire organizzazione e coscienza a partire dalle iniziative nei centri di lavoro, implicando direttamente le lavoratrici e i lavoratori in un progetto socialmente trasformatore.

2001: XIV° Congresso Celebrato a Valladolid tra i giorni 5 e 8 di Aprile, il XIV° Congresso si caratterizzò per mantenere il modello di crescita nell’adesione, per una particolare attenzione alle nuove realtà, come l'emigrazione extracomunitaria, per continuare con una dimensione sociale molto peculiare della tradizione anarcosindacalista e che pone la CGT in una posizione distinta davanti all'opinione pubblica, e per un rafforzamento delle strutture e delle risorse dell'organizzazione. Per il resto, non mancarono alcuni ricorrenti conflitti interni. Si espressero due importanti opinioni: una sul tema della coesione interna, spingendo il funzionamento organico in funzione dei successivi accordi assunti al riguardo dall'organizzazione, ed un'altra relativa al quadro rivendicativo, per legare tra loro i diversi aspetti del lavoro della CGT nei differenti ambiti di lotta e di espressione. Questo congresso concordò, con molto dibattito in entrambi i casi, la creazione della Segreteria della Donna da una parte, e dall’altra la ratifica del diniego di affiliazione ai funzionari carcerari e ai membri di qualunque corpo armato. Durante la celebrazione del Congresso si realizzò una manifestazione pubblica, dando luogo ad un ulteriore accordo sul fatto che la cosa avrebbe dovuto ripetersi ad ogni successivo analogo evento.

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2005: XV° Congresso Si celebrò a Valencia tra il 30 Giugno ed il 3 Luglio, dopo il periodo più lungo di tranquillità tra un congresso e l’altro: quattro anni dal preceden e senza nessun congresso straordinario. Un precedente s fatto da sottolineare per un'organizzazione che ha con1 Congressi, 6 ordinari e 5 straordinari, in un vocato 11 25 anni. an lasso di 25 qu Inn questo Congresso si tentò una revisione di fo ondo degli statuti che non condusse, però, ad fondo allcun cambiamento. Tuttavia, i suoi risultati alcun faanno di questo un Congresso trascendentale, fanno in introducendo nel bagaglio confederale tre as aspetti di carattere strategico e rivendicativo di grande portata. Da una parte si concretizzò l'azione sinddaca dacale di fronte alla precarietà come insieme di si ituaz situazioni degradate di lavoro in una chiara prosp petti spettiva di incorporare la gioventù ed i settori più deb deboli al nostro progetto, e nello stesso tempo si ampliò ò il nostro n concetto di precarietà agli altri aspetti della vi vita. Si approvò il concetto di «Cuidadanía» (neolo gis gismo che fonde due concetti: quello del diritto a cu curare e ad essere curati, e quello del diritto di ci cittadinanza) che implica di aggiungere una prospettiva di genere ed egualitaria all’analisi della società e di radicale trasformazione sociale ed economica in funzione delle necessità reali delle persone. E, infine, si adottò la Carta dei Diritti Sociali come componente coagulatore per l'insieme delle rivendicazioni fatte sotto la bandiera della CGT e come elemento di sintesi per il dibattito aperto con l'insieme della società.

2008: IV° Congresso Straordinario Celebrato a Bilbao il 29 Febbraio, questo Congresso Straordinario rispose alla necessità di sostituire il Segretario Generale che si era dimesso per ragioni personali. Si sarebbe potuto convocare un Plenum Confederale, ma dato che tutti i Sindacati stavano tenendo una Conferenza Sindacale già convocata per quelle

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stesse date, si approfittò per realizzare un Congresso Straordinario con detta sostituzione come unico punto dell'ordine del giorno, e dare così alle due convocazioni maggiore visibilità.

2009: XVI° Congresso Convocato per i giorni 4, 5, 6 e 7 di Giugno, l'ordine del giorno contemplava tre grandi temi: l’attività sindacale, le proposte di trasformazione sociale e gli statuti. L’argomento dell’attività sindacale conteneva due aspetti particolarmente polemici che furono finalmente risolti con distinti voti: il rifiuto a firmare le ERE (Expediente de Regulación de Empleo) e la convocazione di un Plenum straordinario per la preparazione di uno sciopero generale. L'accordo dotò l'organizzazione di una diagnosi completa di fronte alla crisi del capitale e di un chiaro quadro rivendicativo nel quale risaltavano gli aspetti che sono in relazione col perseguimento dell'uguaglianza reale, intensificando la settorializzazione e l'internazionalizzazione dell'azione sindacale. Rispetto alle proposte per il conseguimento di una società libertaria, si aprirono nuove prospettive rivendicative per l'organizzazione, poiché insieme al recupero dell'autogestione nel suo senso più profondo, si realizzò una scommessa sulla decrescita economica e l'agroecologia, e si approfondì il dibattito sulla prostituzione. In quanto agli statuti, il congresso si limitò ad introdurre alcune sfumature di carattere tecnico, senza giungere a cambiamenti profondi.

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Allegato 9 I congressi confederali ANNO

DATA

LUOGO

1984

29-30 Giugno e 1 Luglio

Madrid

IX° Congresso di Unificazione

Pepe March

1987

2-5 Luglio

Madrid

X° Congresso

Pepe March

1989

29 Aprile

Madrid

I° Congresso Straordinario

1989

1-3 Dicembre

Madrid

XI° Congresso

Emilio Lindosa

1991

30-31 Maggio e 1 Giugno

Coslada (Madrid)

II° Congresso Straordinario

Pepe March

1993

CONGRESSO

Plenum Confederale del 27 Febbraio a Madrid

SEGRETARIO GENERALE

Chema Berro

1993

9-12 Ottobre

Madrid

XII° Congresso

José Ma Olaizola

1997

31 Gennaio e 1-2 Febbraio

Madrid (Colmenar)

XIII° Congresso

José Ma Olaizola

1999

Novembre

Tarragona

III° Congresso Straordinario

2001

5-8 Aprile

Valladolid

XIV° Congresso

Eladio Villanueva

2005

30 Giugno e 1-3 Luglio

Valenza

XV° Congresso

Eladio Villanueva

2008

29 Febbraio

Bilbao

IV Congresso straordinario

Jacinto Ceacero

2009

4-7 Giugno

Malaga

XVI° Congresso

Jacinto Ceacero

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ALLEGATO 9 I CONGRESSI CONFEDERALI

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LA REPRESSIONE

S

e qualcosa è rimasto inalterabile durante la storia è la repressione del movimento operaio da parte del potere. La repressione può adottare diverse forme, più rozze o più sottili, ma è sempre stata presente, e lo sarà fino a che non riusciremo a cambiare la società. Il monopolio della violenza da parte dello Stato ha consentito che, anche rinunciando al controllo di altri aspetti economici e sociali che ha consegnato al capitale, si sia assicurato i meccanismi coercitivi per metterli, in ultima istanza, al servizio dei potenti. Non si deve, né si può, comparare la durezza di alcuni periodi con altri, né i meccanismi di tale repressione, né le rispettive circostanze storiche o le coordinate geografiche. Semplicemente dobbiamo constatare che alla classe lavoratrice (agli sfruttati e alle sfruttate), non è mai stato regalato niente, che la repressione è stata parallela alla nostra attività e che solo quando lottiamo riusciamo a migliorare le nostre situazioni contingenti. Attualmente non affrontiamo situazioni tanto drammatiche come lo sono state, invece, le sofferenze della militanza confederale nella prima metà del secolo scorso. Ma continuano ad esistere repressione, esclusione, rappresaglie e vendette contro chi mette in discussione il sistema cercando più libertà, giustizia ed uguaglianza. Non è men certo che, spesso, i moderni metodi di repressione, calati su una società frammentata fino all'individualismo e disarmata ideologicamente di fronte allo smisurato consumismo, sono molto più difficili da notare e da contrastare. Attualmente, la CGT e la sua militanza subiscono una persecuzione permanente da parte delle imprese o per strada. Non è vittimismo, è una realtà. Giorno per giorno vediamo come siamo ogni volta penalizzati davanti alle opportunità di promozione, come si tenti di emarginarci in qualunque processo di formazione, o, più direttamente,

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zione o, più direttamente, ci si accompagni alla porta non appena l’imprenditore viene a conoscenza del nostro legame con la CGT, soprattutto nei casi di compagni e compagne meno protetti e isolati. Senza dimenticare la repressione ai picchetti informativi, alle concentrazioni, alle manifestazioni sciolte dalla violenza poliziesca, i tentativi di esclusione dalle riunioni dove si decidono le nostre condizioni di lavoro e di vita per screditarci davanti alle lavoratrici e ai lavoratori o neutralizzarci nelle nostre iniziative. Le sanzioni ingiustificate quando si rivendica, i licenziamenti quando si cerca di organizzare sezioni sindacali, le minacce, la diffamazione, la repressione dei nostri diritti lavorativi, sindacali, di manifestazione o di sciopero, sono realtà quotidiane con le quali dobbiamo confrontarci costantemente. Le denunce false o le accuse penali rivolteci con la complicità dei poteri pubblici, sono angherie che, anche riconoscendone la quotidianità, non devono portarci ad assumerle come qualcosa di connaturato alla nostra attività, bensì come barriere da eliminare, da combattere con tutte le nostre energie. La molteplice militanza nelle lotte e nell’impegno sociale di molti compagni e compagne confederali ci rende oggetto della repressione per la partecipazione alle dinamiche della lotta sociale: l’appoggio agli immigranti, l’occupazione di immobili, la denuncia di arbitrî del potere, le lotte studentesche, le rivendicazioni nei quartieri... Una repressione a volte sottile ed a volte brutale e rozza che tenta di distruggere persone ed idee con aggressioni, torture o prigione. Parte di questa repressione è costituita anche dagli assalti e dalle aggressioni fasciste di cui hanno sofferto i locali confederali durante questi anni: Segovia, Madrid, Gijón, Palma di Maiorca, Valladolid...

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In questi 25 anni di cui ci occupiamo si è prodotta una tale quantità di situazioni suscettibili di essere qualificate come repressive che diventa difficile, per il loro numero, riferire in questa sede la totalità dei casi di cui è stata oggetto la CGT, direttamente come organizzazione o attraverso la sua militanza. Le più immediate sono quelle che derivano dalla nostra attività sindacale quotidiana. Quelle che ci colpiscono perché rivendichiamo, pensiamo o semplicemente per la nostra adesione alla CGT. Situazioni che formano un elenco che si estende fino all'infinito e con le quali ci confrontiamo tutti i giorni, perché la coercizione e la persecuzione sindacale è una delle caratteristiche che definiscono le attuali relazioni lavorative. Volendo comunque elencare, in modo obbligatoriamente incompleto, i casi più emblematici, si potrebbe iniziare col caso dell'impresa resa pubblicitaria Avenir di Siviglia, che licenziò tutti ti gli aderenti della CGT (1987), e che ha il suo analogo go più recente (almeno al momento di finire questo testo), o), nel caso di SITEL-Valladolid (2009). In mezzo, c’è una listaa ini terminabile di casi analoghi. Date le sue particolari implicazioni nii sociali, s bisognerebbe citare come esempio la repressione epres ressione al CIEMAT (1991), e, più recentemente, nel depuratore el depu epuratore "la China", per le denunce delle nostre sezioni sindacali zioni sinda dacali in difesa della salute pubblica, che hanno anteposto l'inl'in teresse dei cittadini ed il concetto di servizio vizio pubblicoo alla propria comodità. La lotta degli autobus us interurbani dell'Andalusia in difesa della sicurezza nel trasporto; l'attacco diretto subito dai compagni e dalle lle compagne della Sanità LA REPRESSIONE

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della Sanità madrilena da parte dei mezzi di comunicazione sottomessi alla presidenza regionale; gli scioperi, le sanzioni e le persecuzioni a Telemadrid a causa delle denunce fatte per la manipolazione informativa dell'ente audiovisivo autonomistico... La lista completa sarebbe interminabile e bisognerebbe raccogliere i casi praticamente dalla totalità delle sezioni sindacali. Servano questi emblematici esempi per la totalità. Comunque non si tratta solo di licenziamenti. Quando parliamo di repressione sindacale dobbiamo tenere in conto situazioni come quelle vissute alla Ford, dove il solo fatto di appartenere alla CGT suppone una emarginazione automatica per l'accesso ad un complemento economico mensile, di potestà dell'impresa secondo l'accordo firmato da UGT-CC.OO, e che questa utilizza per premiare o punire la fedeltà. O in SEAT, dove si è considerata provata una proporzione ingiustificata di licenziamenti di tesserati della CGT nell'ERE (Expediente de Regulacion de Empleo) dei 660 e dove, oltre ad ottenere una catena di sentenze di nullità dei licenziamenti, con questa causa abbiamo anche conseguito che il TSJ (Tribunal Superior de Justicia) di Catalogna condannasse la SEAT per discriminazione sindacale nei confronti della CGT. In tutti i casi, a queste aggressioni si è risposto con campagne di solidarietà e mobilitazione. Dobbiamo aggiungere, a queste campagne, altre iniziative di solidarietà quale è stata la marcia «per la libertà di espressione» (2000) che partì da Vigo ed arrivò a Madrid per continuare fino a Strasburgo contro l'ingiusta sanzione un anno di sospensione dall’impiego - ad un compagno dell'Amministrazione Pubblica, o la campagna «per la dignità nelle telecomunicazioni» (2006-2007) che rifletteva una dolorosa realtà in tutto un settore di attività particolarmente precarizzato e sottomesso ad angherie ed arbitrî.

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Facendo una panoramica sulla repressione nel mondo del lavoro, in molte occasioni ci siamo dovuti confrontare anche col tentativo di criminalizzare il sindacalismo e sottomettere la militanza della CGT alla persecuzione penale e poliziesca. Dobbiamo ricordare il processo intentato contro diversi aderenti della sezione sindacale della Michelín di Vitoria (1984) che furono accusati di formare un «gruppo armato» nel bel mezzo delle mobilitazioni per il miglioramento delle condizioni lavorative, con l'obiettivo di distruggere il nostro lavoro sindacale. Dopo una dura lotta e dopo un lungo processo giudiziario, tutti furono assolti e la CGT continua ad essere la prima forza sindacale nella suddetta fabbrica. Metro di Barcellona (1995). Nel bel mezzo di un lungo conflitto con successive giornate di sciopero furono arrestati vari compagni della sezione sindacale della CGT, e tra essi il presidente del comitato di impresa, accusandoli di aggressione a diversi poliziotti municipali e sottoponendoli ad un complicato processo giudiziario. Aeroporto di El Prat a Barcellona, Autobus Damas (Siviglia)... con l’intento di criminalizzare vari tesserati della CGT furono avviati, anche da parte delle imprese, processi di denuncia penale. Il caso «Luisito» il cui impegno solidale lo mise nel mirino della polizia e dei giudici: a causa della sua partecipazione ad una riunione pacifica contro i licenziamenti alla Airtel (2000) fu perseguito fino alla fine del processo giudiziario (2007). In tutti questi casi che raccogliamo a mo’ di esempio, e dicendo chiaramente che se ne potrebbero citare molti altri, l'organizzazione ha reagito immediatamente con campagne chiare di solidarietà e di denuncia. Nonostante la manipolazione e la repressione, si è sempre dimostrata l'innocenza delle persone coinvolte, facendo in modo che nessuno venisse imprigionato. Ma non bisogna solo parlare del livello lavorativo: la repressione giunge anche per il nostro impegno sociale. Dobbiamo riferire qui le situazioni sofferte da compagni e compagne a seguito dell’impegno profuso nelle lotte per il diritti all’occupazione, per il diritto all’aborto, LA REPRESSIONE

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l’aborto, contro la rapina ambientale, per l'insubordinazione all'Esercito... o per la solidarietà con gli oppressi di tutto il mondo. Serva come esempio la situazione della compagna Laura, in prigione per la sua partecipazione ai movimenti sociali di Terrassa, e la campagna di solidarietà sostenuta dalla CGT. La nostra azione di fronte alla repressione si è mantenuta durante gli anni in maniera continua, così come la nostra memoria rispetto a coloro che lasciarono la loro vita nella lotta per la giustizia e la libertà. Vogliamo ricordare il compagno Agustín Rueda, assassinato nel 1978 nei locali della polizia; il decimo anniversario della sua morte, coincidente con una sentenza assolutoria per i suoi boia, motivò un'estesa campagna della nostra organizzazione e, successivamente, varie commemorazioni nelle quali la CGT ha direttamente partecipato. Ugualmente dobbiamo ricordare il compagno Valentín González, assassinato durante uno sciopero nel 1979 da una palla di gomma sparata a bruciapelo e che è stato ricordato dalla nostra organizzazione con manifestazioni successive, dal 1989 al 2008, e specialmente nel 30° anniversario, nel 2009. Pedro Álvarez, assassinato 16 anni fa a Hospitalet da un poliziotto che continua a non rispondere per questo assassinio. Pedro è ricordato puntualmente tutti gli anni in diverse manifestazioni promosse e partecipate dalla CGT. Né dimentichiamo, né vogliamo dimenticare. Così come vogliamo ricordare i compagni che si trovavano nelle prigioni con dure condanne per fatti accaduti durante la transizione e che, grazie al lavoro realizzato dalla confederazione, poterono uscire in libertà prima di concludere le loro condanne (1989). Il fatto repressivo è giornaliero e quotidiano. Costituisce il meccanismo di respirazione del sistema: sfruttamento, alienazione, manipolazione... ; se, inoltre, pensiamo che

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pensiamo che accanto a noi abbiamo amo milioni di compagni e compagnee in tutto il mondo che soffrono e lottano ano quotidianamente contro condizioni ioni inaccettabili di ingiustizia, conclucluderemo sulla impossibilità di riferire rire compiutamente, in queste pagine,, su una lista che si estende davvero all'infinito. Non possiamo offrire una conclusione positiva di questo processo repressivo, perché esso impliplica sempre una grande quantitàà di ingiustizia e sofferenza per compampagni e compagne. Ma vogliamo anche sottolineare che in tutti questi esti casi e situazioni, come in migliaiaa di altri che ci si sono presentati durante urante questi 25 anni, abbiamo sempre risposto in maniera aniera collettiva dimostrando, ogni volta, che siamo un'organizzazione n'organizzazione che fa della solidarietà e del reciproco appoggio la sua arma fondamentale. Non lo ripeteremo mai abbastanza, poiché questi sono i nostri apporti fondamentali al movimento operaio: organizzazione coesiva, coordinazione per la lotta, solidarietà effettiva e mutuo appoggio come criterio indiscutibile. Tutto ciò con l'appoggio di un'infrastruttura consolidata e di alcuni strumenti: fondi di solidarietà, supporti giuridici propri, iniziative unitarie, partecipazione organica... ognuno finalizzato a garantire un appoggio adeguato a chi soffre di un maggior grado di repressione. In ogni momento e a chi ne ha più bisogno, con l’impegno della solidarietà garantita da tutta l'organizzazione. Infine, vogliamo inviare un messaggio di coraggio a coloro che lottano, che soffrono la repressione diretta del sistema, e, in modo speciale, a tutti i nostri compagni e compagne che hanno sofferto queste esperienze, chiedendo scusa alle persone la cui esperienza non ha potuto essere raccolta in questa, necessariamente breve, esposizione.

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Allegato 10 La repressione, una tesi di Stato

li studi storici ed archeologici hanno confermato che la nascita di quello che abbiamo chiamato Stato è parallela all'apparizione dello sfruttamento di classe. Lo Stato, come struttura politica creata da chi detiene il Potere per appropriarsi del lavoro della maggioranza, monopolizza ed istituzionalizza l'uso della violenza per usarla in funzione dei suoi interessi. Ciò implica, da un lato, che sia lo Stato a definire cos’è “violenza”, tanto mediante meccanismi giuridici come attraverso i suoi mezzi per creare ideologia. Ovviamente, in un contesto come l’attuale dove il termine implica un carico di valutazione negativa, la definizione di violenza rimette esclusivamente a quelle condotte che non sono prodotte dallo Stato né dagli interessi che esso difende ma, in molte occasioni, le confonde più o meno apertamente. Col risultato che, dall'ideologia del Potere, la violenza, spesso, viene assimilata a termini come ribellione, rivoluzione o, più recentemente, antisistema. Una dimostrazione di ciò è l'opposizione tante volte espressa tra i termini "democratico" e "violento". D'altra parte, l'esistenza dello Stato pretende di detenere in esclusiva la capacità di uso della violenza come espressione del "Potere per”, cioè per condizionare in difesa della sua propria esistenza le pratiche dell'insieme della società. Questa capacità si traduce nella dimensione repressiva dello Stato, inerente alla sua propria essenza. Già nei primi stati della storia fu centrale la creazione di un ordinamento giuridico che prescrivesse che cosa fare e,

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ALLEGATO 10 LA REPRESSIONE...

della storia fu centrale la creazione di un ordinamento giuridico che prescrivesse che cosa fare e, parallelamente, di corpi armati che servissero da dissuasione per il compimento di quell'ordinamento mediante la forza e, quando fosse necessario, reprimessero le pratiche dissidenti da quell'ordinamento. Tanto l'ordinamento giuridico come la polizia e l'esercito rappresentano i principali apparati repressivi dello Stato, ai quali possono esserne sommati altri, qualcosa di più diffuso, come i differenti mezzi di formazione delle opinioni e delle ideologie: i mezzi di comunicazione, la religione, ecc. Lo Stato, allora, si dota della repressione come meccanismo per difendere i suoi interessi, per disarticolare e fare sparire quelle condotte o individui dissidenti. Da questa affermazione si ricava che qualunque soggetto sociale che sia capace di rappresentare alternative pratiche o realtà esterne all'ordine stabilito dovrà affrontare un insieme di iniziative dello Stato dirette a neutralizzarlo. Questa repressione può manifestarsi in diverse direzioni. In uno degli estremi si situano i processi di assimilazione delle pratiche “dissidenti” nella stessa struttura dello Stato, disarticolandoli del loro potere emancipatore e critico. La cosiddetta Transizione, nello Stato Spagnolo, è ricca in esempi di ciò. Nell'altro esistono diverse misure dirette alla sparizione sociale degli individui dissidenti, mediante forme di repressione molto più evidenti.


Di queste ultime ci occupiamo qui perché sono quelle che devono affrontare i movimenti sociali, politici e sindacali che, in diversi modi, pretendono di costruire realtà alternative allo sfruttamento capitalista e che, supponiamo, dispongono della capacità di sfuggire ai tentativi di assimilazione da parte dello Stato. Le lotte per l'emancipazione collettiva ed individuale e per la giustizia sociale affrontano una repressione politica intrapresa dal Potere dominante, ed eseguita in gran parte dallo Stato stesso, con l'obiettivo di ottenere la sottomissione di coloro che le promuovono e rinforzare gli attuali processi di sfruttamento. Per questa ragione, i movimenti sociali e politici emancipatori che sviluppano una prassi di scontro con lo Stato, per loro propria natura, gli sono esterni (ed opposti). Questo implica che queste lotte in principio si situano fuori dalla cornice che lo Stato ha definito, in larga misura come mezzo di integrazione delle condotte sociali, e che l'accettazione di queste cornici non deve cessare di porsi come opzione strategica puntuale. In definitiva, l'esistenza stessa di progetti e pratiche di dissidenza sociale, sindacale o politica implica l'applicazione di mezzi repressivi su di esse col fine di neutralizzarle. Questa dialettica si rafforza necessariamente con l'incremento dell'intensità e del potenziale trasformatore delle lotte come parte del battere stesso del cuore dello Stato e del sistema capitalista attuale. Da parte dei movimenti dissidenti e rivoluzionari, il riconoscimento di questa situazione rappresenta un vantaggio per mantenere la loro specifica ed autonoma capacità di azione e di organizzazione.

La repressione è consustanziale alla nostra esistenza e, pertanto, dobbiamo imparare a convivere con lei, a resisterle, mediante il processo di costruzione di spazi di contropotere dove, in definitiva, finiremo per neutralizzarla.

Meccanismi ed effetti della repressione La repressione con fini politici può darsi diverse forme, in funzione del contesto, del livello della sfida in atto, del soggetto da reprimere, della correlazione di forze esistente in un dato momento, ecc. Le forme di repressione di alta intensità pretendono di annullare in modo immediato la dissidenza mettendola fuorigioco. Tra gli altri metodi ricorre alle sparizioni forzose e ad altre forme di terrorismo di stato, quali la tortura, l'incarceramento o la dispersione dei prigionieri, non sempre al riparo dell'ordinamento giuridico dello Stato stesso. In alcune occasioni si dota della copertura di legislazioni e tribunali speciali, come sono l’Audiencia Nacional e i cambiamenti della Legge di Procedura Penale progettati per le imputazioni di "terrorismo" e "ribellione" (conosciuti comunemente come legislazione antiterrorista). In caso di iniziative illegali, lo Stato stesso garantisce la propria impunità o un atteggiamento magnanime verso chi le porta a termine. D'altra parte, questa repressione implica anche una politica informativa diretta a nasconderne o negarne l’intensità e, perfino, l’esistenza. Eccetto in fasi di elevata conflittualità, questa modalità viene impiegata in modo discontinuo.

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Tuttavia, nella maggior parte dei casi la repressione più quotidiana è di un'intensità notevolmente minore. Si manifesta, da un lato, in diverse forme di pressione poliziesca, dalle identificazioni per strada agli inseguimenti, confische di materiali, blocco di manifestazioni e di altre iniziative pubbliche, cariche dei corpi di polizia e perfino detenzioni che non implicano un ingresso carcerario immediato. Le portano principalmente a termine membri ed unità specializzate dei corpi di sicurezza dello Stato come, per esempio nello Stato Spagnolo, i gruppi speciali delle brigate di informazione della Polizia Nazionale, e sono dipendenti direttamente da figure politiche che ordinano e progettano i tratti generali di tali azioni. Questa repressione si visualizza anche in iniziative giudiziarie, innumerevoli processi e procedimenti, principalmente montati. I successivi irrigidimenti delle leggi e delle normative e l'invenzione di nuove formule come le pene pecuniarie, tutte decisioni squisitamente politiche, favoriscono l’inizio di procedimenti multipli e sommari contro i militanti dissidenti. Nella maggioranza dei casi questi atti repressivi non arrivano a supporre il pericolo di entrata in carcere per se stessi, ma il sovraccarico di giudizi, di pene pecuniarie ed i costi che questi processi implicano determinano spesso l'asfissia dei movimenti sociali e politici trasformatori. In questi casi l'ambito giuridico esegue questa repressione, di nuovo orchestrata politicamente. Così come vi contribuisce quando derubrica o archivia pressoché sistematicamente le denunce delle vittime contro questa stessa repressione, per esempio per maltrattamenti ed altri eccessi polizieschi. Dietro i versanti poliziesco e giudiziario della repressione, i

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ziario della repressione, i mezzi di comunicazione e le dichiarazioni pubbliche di molte istanze politiche e dei loro rappresentanti contribuiscono anche alle iniziative dello Stato per sradicare la dissidenza. Le informazioni tendenziose di gran parte della stampa ed i suoi silenzi complici costruiscono la versione dominante della realtà, negando generalmente ciò che realmente è vero. Le dichiarazioni reiterate dei politici, per esempio associando la "inciviltà" o la "violenza" ai collettivi alternativi, definiscono i modelli sui quali questi stessi mezzi di informazione contribuiranno a creare un'ideologia dominante, utile per la perpetuazione dello Stato e degli interessi che lo sostengono. Queste forme di repressione, meno traumatiche all’apparenza, si caratterizzano per essere più insistenti nel tempo, arrivando a fare parte della quotidianità dei settori che lottano e, perfino, dell'insieme della società. È precisamente questa quotidianità acquisita quella che arriva a far sì che diverse di queste situazioni vengano assunte come parte della "normalità", perdano il loro carattere di eccezionalità nella consapevolezza e, pertanto, rimangano nascoste come forme di repressione politica premeditata e latente. Tuttavia, tanto la repressione di alta intensità come le sue forme più quotidiane ed impercettibili condividono gli stessi obiettivi e generalmente agiscono in forma combinata. Come concretizzazione dell'obiettivo di rinforzare il sistema capitalista e lo Stato, la repressione politica cerca l'eliminazione del rivale che, in parte, si incentra sulle persone specifiche che fanno parte di questi fronti di lotta contro lo sfruttamento. A parte le sparizioni, la prigione è uno dei mezzi impiegati dato che l'isolamento che essa presuppone per chi la soffre rende molto difficile che si possa


piegati dato che l'isolamento che essa presuppone per chi la soffre rende molto difficile che si possa mantenere un determinato livello di militanza efficace nella lotta quotidiana. Sebbene questo sia il fine aperto e pubblico della repressione che non sfugge agli occhi di chi lotta contro l'attuale sistema politico ed economico, ci sono altre finalità che si nascondono dietro l'applicazione dalla repressione politica. Questi obiettivi spesso non li abbiamo presenti come meriterebbero, fatto che, invece di sottrar loro importanza e centralità, li trasforma perfino in ancor più pericolosi e, inoltre, spiega anche alcune delle caratteristiche delle iniziative repressive. Un primo scopo è la rottura del tessuto collettivo e solidale. La repressione costante e sostenuta cerca di spezzare le convinzioni personali ed i processi di unità dei differenti collettivi. Può avvenire, ciò, in contesti di repressione di alta intensità, dove lo stress che suppone una situazione eccezionale alla quale si accompagna la sensazione che occorra rispondere in forma rapida, fa affiorare diverse opinioni e criteri, in settori diversi dello stesso movimento, che possono produrre un distacco pubblico dalle circostanze stesse che motivarono il fatto repressivo. Anche la repressione di minore intensità implica un’usura smobilitante. La stanchezza di vivere sotto tensione costante, la sensazione di marginalità rispetto al grosso della società che spesso, invece, subisce la stessa repressione, la successione di piccoli fatti come multe, identificazioni, ecc. contribuisce, anche in modo importante, all'esaurimento del militante ed all'abbandono delle lotte.

In queste circostanze, è possibile anche che la sensazione di repressione subita contribuisca all'isolamento dell’insieme di persone vicine a chi la vive direttamente. La repressione la soffrono anche in modo secondario gli amici, i familiari, i vicini... Si esercita anche contro di loro. In questo modo, si espande da chi la soffre direttamente fino ad ampi settori sociali che normalmente la soffrono e l'interiorizzano in forme molto diverse. Queste situazioni possono determinare che, in alcuni ambienti vicini ai membri delle lotte sotto rappresaglia, si esercitino pressioni affinché queste persone abbandonino un'attività che viene giudicata pericolosa tanto per lui o lei come per questi stessi ambienti vicini. Un altro aspetto nel quale si traducono è in una maggiore sconnessione con l'insieme della società. La paura di soffrire le stesse condizioni di chi lotta può frenare le simpatie o le complicità di chi li circonda o può impedire che si concretizzino in una compartecipazione. Detto in un'altra forma, la repressione cerca di instaurare anche la paura nell'ambiente dei movimenti dissidenti, tanto per frenare la sua crescita come, anche, per limitare la capacità che questi hanno di farsi ascoltare in determinati settori sociali. Questa specie di repressione preventiva costituisce uno dei meccanismi di controllo sociale con la ripercussione più ampia e, pertanto, è centrale e basilare per il mantenimento dell'ordine stabilito. Inoltre, in modo complementare, diventa un fattore di smobilitazione dei gruppi dissidenti davanti alla sensazione di stagnazione e di incapacità di rompere l'isolamento che impone lo Stato alle “voci fuori dal coro”.

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Un quarto obiettivo della repressione è fornire l'impunità per chi la esercita. Questo aspetto, ovviamente, persegue in primo luogo l'esigenza di evitare responsabilità sia per chi la promuove che per chi la esegue. Un'infinità di esempi illustrano questo fatto nello Stato Spagnolo, il più drammatico dei quali è il continuo disprezzo politico e giudiziario verso le frequenti denunce per torture nel quadro della legislazione antiterrorista da parte di numerosi organismi ed associazioni, alcuni tanto poco sovversivi come le stesse Nazioni Unite. Tuttavia, non dobbiamo trascurare che l'introduzione di un sentimento generalizzato di impunità intorno alla repressione costituisce anche uno strumento per instaurare il terrore e dimostrare il potere di uno Stato che è capace, perfino, di schivare i suoi stessi codici normativi e valori quando e con chi lo considera necessario. La punizione, e l'impunità di una repressione che non sempre rispetta la stessa legalità del sistema, hanno anche questo strumento per spaventare la popolazione. Per questa ragione non deve sorprenderci come lo Stato capitalista (di nuovo qui lo Stato Spagnolo è l’ennesima dimostrazione di ciò) permetta regolarmente che si conoscano una parte delle sue iniziative repressive al margine della legge, sia mostrando persone detenute con segni di tortura, sia non ottemperando ai termini o alle forme nei procedimenti di polizia e giudiziari, ecc., in definitiva, lasciando trasparire alcune delle sue azioni che contravvengono direttamente perfino il proprio ordinamento giuridico. Quando ciò succede, più che ad un errore nell'esecuzione della repressione, ci troviamo davanti ad una esibizione pubblica del potere dello Stato e della sua capacità per mantenere impunite

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tere dello Stato e della sua capacità per mantenere impunite azioni chiaramente ed apertamente illegittime anche per l'insieme della popolazione.

Repressione e lotta La repressione, sotto le sue diverse forme, cerca di frenare il cambiamento sociale. E precisamente il cambiamento sociale è quello che pretende chi, dal sindacalismo realmente anticapitalista ai movimenti sociali e politici emancipatori, quotidianamente tenta di costruire alternative al capitalismo e allo Stato che lo difende. La nostra stessa esistenza come soggetti vivi, immaginativi e creativi comporta l'applicazione di mezzi repressivi da parte del Potere dominante. L'assenza di questa repressione implicherebbe la nostra integrazione nel sistema che pretendiamo di trasformare. In definitiva, finché la nostra esistenza è lotta per la trasformazione, finché il nostro sindacalismo e la nostra militanza sociale e politica mantengono la loro opposizione alle ingiustizie e allo sfruttamento, il potere minacciato utilizzerà le sue capacità per neutralizzarci. L'analisi della repressione è, dunque, uno strumento indispensabile per qualunque movimento dissidente che deve assumere la consapevolezza che questo non è, in nessun caso, un fatto isolato e puntuale, bensì un elemento strutturale del sistema stesso. Non dipende dalla legalità o dal tono delle lotte portate avanti né dal loro incastro nei piccoli spazi che il sistema offre. È certo che lotte all’inizio "illegali" siano suscettibili di ricevere direttamente la spinta repressiva, benché non sia inusuale


spinta repressiva, benchĂŠ non sia inusuale che la loro forza e capacitĂ di influenza possano determinare la soglia di intolleranza dello Stato e possano condizionarne la modalitĂ di risposta. La stesso accade con le vertenze "legali", che accettano e si limitano agli spazi permessi. Sebbene sulla carta siano tollerate, spesso esse sono ridotte all'anonimato attraverso il silenzio mediatico e delle stesse istituzioni dello Stato che sarebbero chiamate a risolverle.

ALLEGATO 10 LA REPRESSIONE...

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er qualsiasi organizzazione, movimento, collettivo... è fondamentale trasmettere le proprie proposte e le proprie idee, soprattutto in una società come l'attuale, dove l'informazione si accumula e richiede un sovrasforzo enorme far arrivare i messaggi e le alternative a coloro cui vanno diretti. Il movimento anarcosindacalista è stato storicamente prodigo in numero di testate, edizioni ed organi di espressione. L'interesse e l’impegno per comunicare cultura, informazione e trasparenza è stato qualcosa di inerente al movimento libertario. L'alta specializzazione tecnologica, oggi, e lo sviluppo di mezzi e possibilità di comunicazione hanno aggiunto maggiore complessità all'obiettivo di trasmettere informazione e creare opinione. Dall'altra parte, il controllo dei mezzi di comunicazione da parte dei poteri istituzionali e dell'oligarchia capitalista, è sempre maggiore, e rende ancora più difficile il nostro lavoro in questa direzione. La istituzionalizzazione di un modello sindacale burocratizzato e collaborativo coi dettati del capitale, il quale tenta di neutralizzare qualunque spazio di opposizione combattiva, e l’appoggio a questa opzione da parte dei mezzi di comunicazione convenzionali, viene ad aggiungere altre complicazioni al problema. Di fronte a questa realtà che pretende di condannare all'ostracismo tutto quello che diverge dal discorso ufficiale, e di fronte alle enormi difficoltà di trasmettere ciò che pensiamo, giorno per giorno, la CGT ha lavorato, dal Congresso di Unificazione, per consolidare alcuni mezzi di comunicazione propri che facessero fronte alla sfida di trasferire informazione ed opinione agli aderenti e di come fare arrivare i nostri messaggi al resto della società. Questo compito si è realizzato, con più o meno risorse, secondo le differenti tappe vissute in questi anni. La cosa certa è che si tratta di una linea di lavoro aperta, sempre più importante e che nel futuro immediato avrà bisogno di acquisire maggiori attenzioni, I MEZZI DI COMUNICAZIONE

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diato avrà bisogno di acquisire maggiori attenzioni, sforzi e coordinamento da parte di tutta l’organizzazione.

Solidaridad Obrera La prima testata che la nostra organizzazione mise in marcia dopo il Congresso di Unificazione del 1984 fu Solidaridad Obrera (Solidarietà Operaia). Si tratta di una testata classica all’interno del movimento anarcosindacalista che, storicamente vincolato alla Catalogna, faceva così un salto in ambito nazionale. Di questo portavoce, si pubblicarono sei numeri tra gli anni 1985 e 1986 che raccoglievano le inquietudini, l’attività ed i progetti di un'organizzazione rinnovata che incominciava a fare i suoi primi passi. In quell’epoca, dal n° 0 (marzo del 1985) fino all'ultimo (gennaio del 1986), venne pubblicato a Madrid. La testata del n° 0 fu quella classica rappresentante il «Sole», (senza «AIT»), ma a partire dal n° 1 poté contare su una testata propria ed innovativa. Vecchie liti già commentate tra i differenti rami dell'anarcosindacalismo, e che riguardavano anche la proprietà della testata, motivarono il fatto che alla fine non potesse più aver continuità come portavoce della nostra organizzazione.

Rojo y Negro Subito dopo il X° Congresso, nel Gennaio del 1988, si mise in moto il numero 1 di un nuovo organo di espressione, Rojo y Negro (Rosso e Nero), utilizzando il nome di un giornale pubblicato precedentemente dal Sindacato della Sanità di Malaga (appartenente al settore «pro-unificazione» della CNT-AIT) nei mesi precedenti il Congresso di Unificazione. Durante questi 21 anni di cammino come portavoce ufficiale della Confederazione, ha raccolto, mese dopo mese, le cose fondamentali delle nostre iniziative ed attività, cercando di essere tanto un elemento di coesione interna quanto un veicolo di espressione indirizzato all'insieme della classe lavoratrice. Per l'organizzazione, Rojo y Negro si è trasformato nel mezzo informativo di riferimento e con le cui posizioni tutti si sentono pienamente concordi.

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tono pienamente concordi. Rojo y Negro ha continuato a subire cambiamenti durante questi 21 anni in formato, testata (7 differenti), volume, tipografia e colore (che «entra» nei numeri 100 e 101 in maniera provvisoria e, a partire dal n° 136, in maniera definitiva), mantenendo un'evoluzione parallela a quella della stessa organizzazione, ed affrontando ora nuove sfide che continuano ad esigere innovazioni.

Libre Pensamiento In parallelo al lavoro realizzato con Rojo y Negro, ma con un'impostazione completamente differente, abbiamo potuto contare sull'edizione della rivista Libre Pensamiento (Libero Pensiero) come a un organo permanente di divulgazione di idee e proposte, focalizzato ad approfondire distinti temi e permettendo così di migliorare in diversi aspetti le condizioni del dibattito e dell'attività che sviluppiamo. Libre Pensamiento ha raggiunto oggi il suo numero 61. Iniziò il suo percorso nel 1988 e naturalmente ha subito diverse modificazioni, tanto negli aspetti formali (tipografia, volume, colore...) come nella messa a fuoco dei temi del dibattito che raccoglie. In questo momento possiamo considerarla come una rivista consolidata non solo dentro il mondo confederale, bensì accettata negli ambiti del pensiero critico e del dibattito sociale. La sua attuale periodicità è di quattro numeri all'anno, ai quali bisogna aggiungere l'edizione di qualche «speciale» monografico che occasionalmente si realizza in maniera condivisa con altre testate (Ecologista, La Lletra A,...).

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Le pagine WEB I nuovi tempi sono ormai qui e le nuove tecnologie dell'informazione si fanno largo e si impongono in tutti gli ambiti. In questo senso la Confederazione ha varie pagine funzionanti già da anni. I più importanti siti Web sono www.cgt.org.es e www.rojoynegro.info, come pagina dell'organizzazione la prima e come giornale di aggiornamento permanente la seconda. Benché questi due mezzi siano i più caratteristici della nostra diffusione nella rete, dobbiamo ricordare che l'organizzazione conta attualmente su otto pagine web: www.cgt.es. pagina ufficiale dell'organizzazione e direttamente vincolata alla Segreteria di Comunicazione. www.rojoynegro.info. pagina di aggiornamento giornaliero vincolato al Rojo y Negro cartaceo attraverso il suo Direttore che è comune ad entrambi i mezzi e la Segreteria di Comunicazione. www.librepensamiento.org, pagina che raccoglie i contenuti dei successivi numeri della rivista e che pretende di essere un veicolo di avvicinamento alla stessa, condividendo con l'edizione in carta, il suo Direttore ed il vincolo con la Segreteria di Comunicazione. www.cgtchiapas.es. pagina specializzata sul Chiapas e lo zapatismo, vincolata alla Commissione di Solidarietà con il Chiapas ed alla Segreteria delle Relazioni Internazionali. www.memorialibertaria.org, pagina dell'organizzazione per tutta l’argomentazione riferita con la memoria storica, vincolata al coordinamento del Gruppo di Memoria Libertaria ed il Segretariato Permanente. www.lsqueluchan.org, pagina che ha il compito di comunicare l'insieme delle lotte popolari sociali e sindacali dell’America Latina, da un punto di vista di base e combattivo, vincolata alla Segreteria delle Relazioni Internazionali. www.ruesta.es. pagina legata a questo progetto nei suoi differenti aspetti e vincolata al Coordinamento di Ruesta e, attraverso

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www.ruesta.es. pagina legata a questo progetto nei suoi differenti aspetti e vincolata al Coordinamento di Ruesta e, attraverso esso, alla Segreteria di Organizzazione. www.in-formacioncgt.info. pagina web di recente creazione che cerca di essere uno strumento per coagulare l'insieme dei materiali elaborati dalla CGT sulle problematiche relative alla formazione e alla documentazione per la militanza confederale, vincolata alla responsabilità della Scuola di Formazione ed alla Segreteria di Formazione e Giuridica. Nel loro insieme, queste pagine ricevono una media superiore a 200.000 visite mensili, e rappresentano una magnifica lettera di presentazione a livello nazionale ed internazionale per la CGT. Ad esse si sommano quelle che hanno creato in questi anni le distinte Confederazioni, Federazioni Locali, dell’Industria, ed altri enti confederali.

Taller de imágenes Con il Taller de imágenes (Officina delle Immagini) si è preteso di dotare l'organizzazione di un archivio di riprese cinematografiche che raccolga lavori di interesse per la militanza e di documentazione visuale per la diffusione delle nostre iniziative. Questa Officina è passata per differenti vicissitudini, funzionando in alcuni momenti ed in altri no, dipendendo sempre dalla volontà e buona disposizione delle persone che l'hanno composta insieme alla Segreteria di Comunicazione.

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Le più importanti registrazioni prodotte da questa Offi Officina di Immagini sono stati:

Marcia

contro

la

Disoccupazione

(1993), Foro alternativo Le altre voci del pianeta (1994), Marcia contro la Disoccupazione (1996), Chiapas: parlano i ribelli (1996), Siviglia Rossa e Nera (2002), L'oro delle Californie (2003), 20 e10. Il fuoco e la parola (2004), Crisi?, che crisi? (2008), 25° anniversario della CGT (2009),

I mezzi di comunicazione territoriali Sarebbe interminabile riportare tutte le testate pubblicate dalle Sezioni Sindacali, Federazioni Locali, Sindacati... Ma almeno faremo un ripasso dei mezzi di comunicazione permanenti delle Confederazioni Territoriali: Catalogna: la sua testata si denomina Catalunya; benché inizialmente, dopo il Congresso di Unificazione, si pubblicarono i primi numeri come Catalunya Libertaria, alla fine si optò per usare la testata dello storico giornale del pomeriggio della CNT (1936 -1939) che porta nella sua fase attuale 108 numeri (1987-2009). Durante gli anni ‘85-90 si pubblicò anche Alternativa Llibertaria, direttamente focalizzato sull’Azione Sociale. País Valencià: Dopo il Congresso di Unificazione, la CGT-PV sentì la necessità di tornare a dotarsi di una testata propria, e scelse Noticia Confederal che si pubblica dall'anno 1987 con periodicità trimestrale; è diretta a far conoscere agli iscritti di quella Confederazione le attività della Confederazione territoriale

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e delle sue sezioni; tratta anche temi sociali, politici, economici e culturali. Edito inizialmente in castigliano, il valenzano ha continuato a guadagnare terreno nei suoi contenuti. È strettamente vincolato al programma settimanale che mantiene l'organizzazione "Radio Chiara", decano delle Radio Libere a livello statale Paesi Baschi-Euskadi: dall'autunno del 2004 questa Confederazione pubblica Beltza che è arrivato al numero 15 mantenendo in tutto questo tempo una tiratura di 5.000 esemplari. Con uno stile colorito nel quale l'umorismo ha uno spazio particolare, il suo obiettivo è servire come elemento di unificazione e di integrazione della CGT in Euskadi, facendo conoscere i progetti dell'organizzazione rispetto agli avvenimenti sociali, politici, lavorativi, sindacali e culturali più importanti.

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Galizia: Dall'anno 2005 la Confederazione della Galizia pubblica El Mallón la cui sede è a Vigo. Si pubblica in castigliano ed in galiziano, raccogliendo temi in relazione con l'attualità sia in Galizia che a livello nazionale, oltre che della vita organica confederale; le proprie attività, il dibattito interno e tutti gli altri aspetti che possono essere di interesse in relazione al pensiero critico e libertario Aragona: dall'autunno del 2005 si pubblica Cierzo Libertario, pubblicazione della Confederazione di Aragona e La Rioja la cui periodicità è quadrimestrale. Anche sulla radio libera Radio Topo, durante i suoi 15 anni di esistenza, la CGT dell’Aragona ha mantenuto il programma Onda Negra il cui nome in precedenza era Dinamita Cerebral. Baleari: nella primavera del 2005 apparve Papers che ha già pubblicato 18 numeri, con periodicità trimestrale ed una tirata di 2.000 esemplari. Il nome proviene della pubblicazione che nel 1993 mise in moto il Sindacato dei Bancari delle Baleari. La filosofia si riassumeva nell’editoriale del primo numero: «Vogliamo fare di Papers uno spazio di libera espressione di punti di vista, un vivaio di iniziative di promozione delle libertà e dei diritti delle persone». Andalusia: Per molto tempo venne pubblicato Barrikada de Papel, giornale che ottenne un'eco significativa, date le circostanze con cui si sviluppava l'organizzazione in quei momenti. Il primo numero apparve nel novembre del 1987 e l'ultimo, il numero 18, si pubblicò nell’ottobre del 1990. Le confederazioni territoriali compendiano i mezzi di comunicazione scritti con l'utilizzo di pagine web. Con dette pagine si completa il contatto diretto, e ciò vale anche per le confederazioni che non dispongono in questo momento di pubblicazioni cartacee:

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• Galizia (www.cgtgalicia.org) • Asturie (www.cgt.es/asturies) • Cantabria, http://cgtcantabria.org, • Basco, www.cgt-lkn.org, • Aragón/Rioja (www.cgtaragon.org) • Catalunya (www.cgtcatalunya.cat) • Balears (www.cgtbalears.org) • País Valencia/Murcia (www.cgtpv.org) • Andalusia (www.cgtandalucia.org) • Madrid/Castilla-la Mancha/Extremadura, www.cgt-mclm.org, • Castiglia e Leone, www.cgt-cyl.org, • Canarie, www.cgt.esicgtlaspalmas / www.cgttenerife.org,

Infine Menzione speciale meritano per la loro costanza quelli che si possono considerarsi i «decani» degli organi di espressione delle nostre Federazioni Locali: El Hilo Negro (Il Filo Nero), pubblicato dalla Federazione Locale di Burgos che ha superato già i 300 numeri, e El Alakrant, pubblicato dalla Federazione Locale di Alicante e riconvertito recentemente in bollettino digitale. A livello settoriale occorre sottolineare le pubblicazioni dell’Insegnamento Aula Libre e L'Esquerda, pubblicato in Catalogna dagli anni 80. Negli ultimi tempi si è iniziato a pubblicare la rivista Asamblea da parte della Federazione del Metallo che condivide il nome con Asamblea, giornale pubblicato dalla Federazione delle Arti Grafiche.

Nel mondo dove ci è toccato di vivere quello che non si comunica non esiste; arrivare con un messaggio nitido e chiaro ai collettivi a cui ci rivolgiamo non è ormai più un'opzione, bensì una necessità. Nella misura in cui saremo capaci su questo obiettivo riusciremo anche a gettare le basi delle iniziative che intendiamo intraprendere, perché solo attraverso la comunicazione si possono sviluppare le fondamenta del dibattito, la creazione di opinione, la consapevolezza e la mobilitazione.

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in dalle sue origini il movimento operaio ha avuto vocazione internazionalista. L'anarcosindacalismo ha mantenuto e mantiene tuttora quella vocazione. L'internazionalismo è parte organica dei nostri Statuti e non lo consideriamo solo un proclama, bensì una necessità della classe lavoratrice per coordinare lotte e sforzi in un mondo globalizzato dalla dittatura del capitale. Le successive rotture interne nella CNT ci isolarono di fronte a quella che era stata storicamente la nostra specifica internazionale, l'AIT, che rimase vincolata al settore «storico» dell'organizzazione nella regione spagnola. Ciò nonostante, nel nostro Congresso di Unificazione contavamo già sull’appoggio internazionale di alcune organizzazioni e collettivi che vedevano nella nostra iniziativa l'opportunità di avviare una nuova fase di collaborazione, a fronte dell’attuale paralisi della denominata «AIT» rimasta deplorevolmente, col passare degli anni, una struttura con scarso contenuto reale. Al Congresso di Unificazione era presente la SAC, espulsa dall'AIT alla fine degli anni ‘50, organizzazione gemella che aveva appoggiato decisamente la ricostruzione della CNT sullo stato spagnolo negli anni ‘70 e che appoggiò il nostro processo di unificazione e rilancio. Erano anche presenti Alternative Libertaire dalla Francia ed OSL dalla Svizzera, due organizzazioni libertarie con le quali abbiamo sempre mantenuto una buona relazione durante tutto questo tempo. Queste presenze determinarono il clima nel quale iniziavamo a sviluppare i nostri sforzi per allacciarci con altre organizzazioni e creare un nuovo quadro di coordinamento internazionale: da una parte le organizzazioni dell’area dell'anarcosindacalismo (anarcosindacalismo / sindacalismo rivoluzionario / sindacalismo libertario), e dall'altra parte la relazione con gruppi anarchici «specifici» inseriti nelle correnti critiche all’interno dei grandi apparati sindacali, con i quali ci collegavamo.

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collegavamo. Queste correnti antiburocratiche, a poco a poco, si sono andate trasformando in nuovi sindacati di carattere alternativo (Solidaires in Francia, SUD in Svizzera...). Anche così hanno partecipato a numerose riunioni, ed abbiamo mantenuto il contatto per tutti questi anni, coi compagni e compagne del collettivo editoriale del giornale «A Batalha», del Portogallo. È significativo che la prima grande riunione internazionale nella quale il nostro sindacato si sia trovato fu una «Conferenza Internazionale Europea di Sindacati e Gruppi Sindacali Libertari» che si celebrò a Parigi nei giorni 16 e 17 Aprile del 1988. Attraverso differenti «vie» di relazione, abbiamo spinto ed organizzato successive iniziative per dare forma al nostro internazionalismo, effettuando lavori ed azioni importanti con quell'obiettivo. Senza pretendere di elencarli tutti, dobbiamo segnalarne alcuni tra i più importanti: Nel Febbraio del 1991, a Madrid, l'Incontro Sindacale Settoriale al quale parteciparono sindacalisti appartenenti a poste, insegnamento, ferrovie e telecomunicazioni. Incontro del sindacalismo alternativo europeo, celebrato i giorni 29, 30 Novembre e 1° Dicembre del 1991 a Barcellona, con la partecipazione di SISM dalla Russia, KAS-KOR dalla Russia, SAC dalla Svezia, Hull TUC dalla Gran Bretagna, Ancora in Marcia ferrovieri dall'Italia, AS-CP ferrovieri dall'Italia, UNICOBAS dall'Italia, UFT ferrovieri dall'Italia, COMAD ferrovieri dall'Italia, SUD poste dalla Francia, CFDT ferrovieri dalla Francia, CGT correttori dalla Francia ed ESKCUIS dai Paesi Baschi. La CGT si impegnò direttamente nella preparazione del «Secondo Incontro per l'Umanità e Contro il Neoliberalismo», convocato in Spagna dall'EZLN (Messico) e che si celebrò dal 26 Luglio al 3 Agosto del 1997. Questo incontro contò su cinque sedi, e Ruesta era una di esse.

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Tra i giorni 7 e 10 Giugno del 1999, la CGT organizzò a Malaga un nuovo incontro del Sindacalismo Alternativo Europeo, parallelamente alla inaugurazione della Scuola dei Militanti, al quale parteciparono UNICOBAS e CUB dall'Italia, SUD educazione, SUDPTT e SUD ferrovieri dalla Francia, SUD dalla Svizzera, SAC dalla Svezia, Via Democratica dal Marocco, STE's e CGT dalla Spagna. Partecipò anche la CNT della Francia in qualità di osservatore Nei giorni immediatamente precedenti al XIV° Congresso Confederale, nell'anno 2001, si convocò un incontro internazionale nel quale furono presenti le organizzazioni: SAC, FAU, FAG, CNT-F, OSL, UNICOBAS, A.L., dal quale sorse il tentativo di avviamento del coordinamento SIL. I giorni 3, 4 e 5 Ottobre del 2003 si organizzò, di nuovo a Barcellona, il III° Incontro del Sindacalismo Alternativo Europeo, con la presenza di organizzazioni sindacali della Francia (CNT, Solidaires: SUD-rail, SUD-education, SUD-PTT, Ecole Emancipée e CGT-OSR), dall’Italia (CUB, USI, ORSA, SULT, Unicobas e SI-PUO), dalla Svezia (SAC), dalla Grecia (PAME), dalla Svizzera (SUD-educazione, SUD-servizi pubblici), dalla Turchia (KESK), e l’area spagnola (CGT, LAB, ESK, IAC e SU). Durante gli ultimi anni abbiamo fatto da anfitrioni, ospitando vari incontri del coordinamento rosso e nero il cui avviamento si era prodotto nel Giugno 2001 a Goteborg, e nel quale hanno partecipato, insieme alla CGT: CNT (Francia), USI (Italia), IWW (ambito anglosassone), IP (Polonia), SAC (Svezia), SKT, Siberia, e ESE (Grecia).

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I giorni 28, 29 e 30 Settembre del 2007, si celebrò a Malaga il primo incontro del Coordinamento Sindacale Euromagrebino per procedere verso una coordinazione tra organizzazioni sindacali con una pratica autonoma, orizzontale e combattiva, lasciando aperta la partecipazione ai movimenti sociali del Magreb. Come frutto di queste linee di lavoro si è andato sviluppando un quadro significativo di contatti e di relazioni che ci ha permesso di condividere, direttamente come organizzazione promotrice, il processo del coordinamento delle Euromarce, collegando un'attività sviluppata a livello dello stato spagnolo, le «Marce contro la disoccupazione», con altre iniziative europee di caratteristiche simili. Le Euromarce come quadro di coordinamento e i Controvertici organizzati in parallelo alle riunioni dei Capi di Stato dell'Unione Europea, in piena effervescenza del Movimento Antimaastricht, furono un anticipo chiaro e diretto di quello che poi fu il movimento antiglobalizzazione. L’ulteriore sviluppo del «nuovo» movimento antiglobalizzazione, la progressiva smobilitazione delle Euromarce ed il fatto che determinati settori che avevano scommesso su questa strategia si integrassero nelle iniziative del Foro Sociale Mondiale, ed in concreto nel Foro Sociale Europeo, insieme ad organizzazioni apertamente prosistema ed ai sindacati burocratici, interruppe un processo che avrebbe potuto avere una maggiore utilità.

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Un simile percorso si è andato producendo in parallelo sul terreno del cosiddetto «sindacalismo alternativo». Un esteso spazio al quale si sono via via aggregate organizzazioni con ogni tipo di strategie e vincoli (col Foro Sociale Europeo, con la Conferenza Europea dei Sindacati...) fino a complicare enormemente qualunque possibilità concreta di lotta o di solidarietà reale. Un altro processo non concluso è stato quello del coordinamento SIL (Solidarietà Internazionale Libertaria) che, avviato nel 2001, cercava di riunire in uno stesso spazio i gruppi di carattere anarchico-specifici (OSL della Svizzera, Alternative Libertaire della Francia, FAU dell'Uruguay, FAG del Brasile, NEFAC degli USA, OSL dell'Argentina...) con organizzazioni anarcosindacaliste (CGT dello stato spagnolo, SAC della Svezia, CNT-Francia...). Tuttavia la non ratifica di questa proposta da parte di alcune organizzazioni ed il distanziamento tra altre all’interno dei singoli paesi, ha rallentato questo tentativo fino a paralizzarlo. Ciò, comunque, non ha ostacolato il mantenimento dei contatti coi gruppi libertari che fecero parte di questo progetto, sia in maniera bilaterale come partecipando agli incontri che si convocano specialmente nel Cono Sud (ELAOPA - Encuentro Latinoamericano de Organizaciones Populares Autonoma...). Successive iniziative, come il «blocco rosso e nero» e gli incontri internazionali ai quali abbiamo partecipato negli ultimi mesi (Coordinamento Rossonero, Coordinamento Euromagrebí, Sindacalismo Alternativo, Rete di Fratellanza e Solidarietà con la Colombia, Incontro Latinoamericano delle Organizzazioni Popolari Autonome, Festival della Digna Rabia...) o gli stessi gemellaggi sottoscritti dall'organizzazione in latitudini tanto lontane come Messico o Marocco, delineano uno scenario nel quale la CGT si dimostra capace di mantenere una relazione di collaborazione con organizzazioni differenti, attraverso diverse attività, ma senza arrivare a concretizzarle in un'unica iniziativa.

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Tutto questo processo, unito all'appoggio ad altre cause e ad altre lotte che ci hanno impegnati in diverse parti del mondo, ha configurato una rete internazionale che abbraccia un complesso di 30 paesi, nei quali le particolarità delle differenti organizzazioni e collettivi, come le diverse circostanze e culture, rendono molto complicato tracciare un quadro definito di collaborazione. Frutto diretto di questo lavoro è la definizione da parte dell'organizzazione di alcune linee generali di attuazione.

Coordinamento Rosso e Nero Date le nostre affinità storiche ed ideologiche, abbiamo mantenuto una relazione stabile con la SAC Svezia e la CNT - Francia. Attorno a questo lavoro e a queste relazioni, si è andata costruendo nella pratica una rete di organizzazioni anarcosindacaliste, sindacaliste libertarie e sindacaliste rivoluzionarie che a poco a poco hanno continuato ad ampliare e configurare uno spazio di incontro, scambio e collaborazione. Con questo gruppo di organizzazioni si mantengono riunioni costanti ed uno scambio abituale di informazioni e proposte. La volontà immediata potrebbe essere quella di cercare di costituire un'alternativa, strut

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strutturata e stabile, all'AIT; un progetto che, dibattuto dentro lo stesso coordinamento in alcuni incontri, ancora si vede più come un desiderio a medio-lungo termine che come un obiettivo immediato in un momento storico come l'attuale, nel quale l'influenza diretta dell'anarcosindacalismo nell'insieme del pianeta è molto limitata.

Sindacalismo Alternativo La CGT sta partecipando in modo attivo, da almeno venti anni, al coordinamento del sindacalismo alternativo europeo (organizzazioni che stanno al margine, o in posizioni critiche verso le centrali maggioritarie di CES e CSI). Questa definizione di sindacalismo alternativo abbraccia ogni tipo di itinerari che confluiscono in uno indacalismo ndacalismo riunito riunit spazio comune, contrapposto al sindacalismo in ndacati come refenella Confederazione Europea di Sindacati ne eare che nel primo rente più immediato. Occorre sottolineare voo, nell'anno 1991, incontro del sindacalismo alternativo, di c'era una realtà ridotta con volontà costruire qualcosa cippavano a detto indi opposto al sistema, poiché partecipavano raatici articolati dencontro, soprattutto, settori antiburocratici uzzionalizzate di cui tro le organizzazioni sindacali istituzionalizzate non condividevano le pratiche. atoo consolidando in Negli ultimi anni si è andato taato, ma sempre più numerosi paesi uno spazio frammentato, indacali che si devisibile ed ampio, di organizzazioni si sindacali a ai lineano autonomamente e crescono margini dei sindacati ufficiali. utoodefinitosi «al Questo spazio sindacale autodefinitosi io onamento ternativo», e che rivendica il funzionamento ba attividalla base con diversi livelli di combattiviuale tà, è uno spazio eterogeneo nel qu quale de enconvivono differenti strategie, tendenl ze, proposte ed obiettivi. Per tutti la at ta cosa più importante è rappresentata idalla costruzione di meccanismi di ri riual li sposta ai problemi concreti con i quali si devono confrontare le lavoratrici e i lavoratori, e l’approfondimento dell dic battito verte fondamentalmente su contelit tazione. nuti rivendicativi e richieste di mobilitazione.

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Coordinamento settoriale Tanto dall’area anarcosindacalista come da quella del sindacalismo alternativo, si sono sviluppate iniziative per costruire vincoli di collaborazione in ambiti settoriali che ci permettano di dare risposta a problemi che ci sono comuni. Gli spazi più consolidati sono stati quelli dell’educazione, che mantiene una lunga tradizione di incontri e collaborazioni, e quello ferroviario, con anni di cooperazione abituale. Come risultato di questo lavoro nacque la prima convocazione di una giornata di lotta da parte del sindacalismo alternativo nell'ambito europeo, tenutasi il giorno 8 Marzo 2002, comprendendo azioni e astensioni dal lavoro contro la privatizzazione, e che fu convocata dal settore ferroviario in Spagna (CGT), Francia (SUD), Svezia (SAC), Inghilterra (RMT), e Italia, (CUB, Orsa ed UCL). Questa stessa esperienza di coordinamento si è tentata in diversi momenti in altri settori come Poste, Telecomunicazioni, Industria automobilistica, Pulizie, Finanziario... benché non si siano stabiliti ancora meccanismi di relazioni stabili. Sono molti i problemi da affrontare e le risposte da dare in forma unitaria: contestare le direttive comunitarie, affrontare processi di delocalizzazione, di liberalizzazione di vari settori, licenziamenti generalizzati... Per tutto ciò dobbiamo continuare a tentarne la costruzione. Su questa linea di lavoro, ed oltre l'ambito europeo, dobbiamo sottolineare l'importanza che può avere la strutturazione di un lavoro di azione sindacale sviluppato nell'ambito internazionale in collaborazione con le sezioni sindacali di imprese multinazionali, specialmente quelle che si sono andate estendendo dal territorio spa

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dendo dal territorio spagnolo verso altri paesi: Iberia, Telefónica, Gas Natural, Repsol, BBVA, BSCH...

Gruppi Libertari All’interno dell'ambito libertario esiste una molteplicità di tendenze e proposte, tanto ideologiche come organizzative, oltre all'anarcosindacalismo, ed una varietà di piccoli gruppi che si identificano in forma chiara con la definizione anarchica o, in distinti modi, col pensiero libertario. Con molti di essi, nell'insieme dei paesi del mondo, si mantengono scambi di informazione, solidarietà... A questo proposito dobbiamo segnalare che è importante comprendere come il pensiero anarcosindacalista non sia definito come tale nella maggior parte dei paesi, ma esiste una doppia prospettiva anticapitalista ed antiautoritaria che si sta sviluppando in molte organizzazioni e movimenti che non si autodefiniscono necessariamente anarchici o libertari. Ugualmente, in alcuni paesi l'anarcosindacalismo è conosciuto attraverso i gruppi libertari, mentre in altri ci sono confronti aperti tra collettivi anarchici ed anarcosindacalisti, derivati delle distinte visioni su metodi, organizzazione o strategia.

Zapatismo e gemellaggio con il Municipio Autonomo Ribelle Ricardo Flores Magón Concepito dopo un lavoro lento e profondo che culminò con una insurrezione armata nell'anno 1994, il movimento zapatista sorse con forza e si impegnò da subito per formare una società indigeno-insorgente capace di vivere fuori dai limiti dello stato e con un progetto chiaramente anticapitalista. Immediatamente la CGT incominciò a mostrare la sua solidarietà con questa nuova disubbidienza, formalizzando il nostro appoggio con la costituzione della Commissione di Solidarietà con il Chiapas e sottoscri LE RELAZIONI INTERNAZIONALI

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malizzando il nostro appoggio con la costituzione della Commissione di Solidarietà con il Chiapas e sottoscrivendo un gemellaggio con uno dei municipi autonomi ribelli, quello di «Ricardo Flores Magón», partecipando anche a quante iniziative ci è stato possibile in appoggio alla causa zapatista, tanto in Messico come nello stato spagnolo e negli incontri internazionali ai quali siamo stati invitati. Frutto del lavoro di oltre un decennio fu la riunione che si tenne nel gennaio dell'anno 2007, ospitata in «La Realidad», tra una delegazione della nostra organizzazione col Comando Rivoluzionario Insorto dell'EZLN, e con la quale stringemmo ancor più i legami che già esistevano, come si poté vedere nelle dichiarazioni pubbliche che realizzò Marcos nell’estate del 2008. Da quando, a partire dall'anno 1998 concretizziamo il nostro appoggio al Movimento Zapatista attraverso il gemellaggio col M Municipio Autonomo Ribelle Ricardo Flores Flore Magón, è stato mantenuto un cont contatto permanente che ha configurato un quadro di fiducia e collaboraz collaborazione attraverso l'apppoggio po ggio della de CGT a diverse iniziative e progetti che si sono andati a via via creando. Questa collaborazion zione è stata rafforzata dall dalla presenza della CG e dalla sua rispoCGT sta di fronte alle varie agg aggressioni che il munici nicipio ha sofferto durant questi anni. Atrante tualm tualmente manteniamo il nostr nostro impegno col Municipio fratello, anche attraverso una relazione più ampia con co l'EZLN ed i diversi movimenti movimen ribelli del Messico, sviluppando sviluppand in questo momento una campagna antirepressiva e di appoggio all'insieme dei carcerati politici messicani.

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Il Magreb ed il gemellaggio con l'ANDCM Grazie alla prossimità geografica, lungo tutti questi anni si sono mantenuti numerosi contatti con le lotte sviluppatesi in Marocco, in seguito alle quali, nell'anno 2001, fu siglato il gemellaggio della CGT con l'Associazione Nazionale dei Diplomati Disoccupati del Marocco coi quali, nonostante le enormi difficoltà, si sono condivise vicissitudini e lotte, ampliando notevolmente in questi anni la nostra connessione con organizzazioni sindacali e sociali dell’area magrebina. Questo vincolo si è potenziato con iniziative concrete come l’appoggio internazionale alla manifestazione annuale del 16 Maggio, data in cui si commemora l’uccisione di un militante dell'ANDCM per mano della polizia; la campagna a favore dei carcerati del 1° Maggio 2007; o la raccolta di firme per il diritto alla libertà di associazione. La nostra presenza costante in diverse azioni e conflitti rappresenta la migliore lettera di presentazione nel vicino Magreb.

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Solidarietà internazionale La solidarietà è consustanziale alla lotta operaia. E questa solidarietà deve essere presente soprattutto in quelle aree geografiche nelle quali, per una ragione o per l’altra, le popolazioni sono più suscettibili di essere sfruttate, depredate, assassinate... Prendere contatto con le differenti tradizioni e forme di resistenza e di lotta diventa sempre più difficile man mano che aumentano le distanze geografiche e culturali; tuttavia, di tutta questa molteplicità di paesi e di culture, dobbiamo avere sempre presenti quelli che soffrono di più, per condividere la solidarietà e l'appoggio coi popoli e le collettività che maggiormente sono colpiti dall'ingiustizia. All’interno di questo lavoro dobbiamo sottolineare la presenza della CGT all’interno della Rete di Fratellanza e Solidarietà per la Colombia, così come l'impulso dato alla collaborazione tra organizzazioni delle due sponde del Mediterraneo con l'avviamento del Coordinamento Sindacale Euromagrebí la cui presentazione pubblica, nel Settembre del 2007 a Malaga, contò sulla presenza di organizzazioni del Marocco, Algeria, Francia, Italia e Spagna. È imprescindibile affrontare a livello internazionale la lotta contro il capitalismo globale che cerca di inghiottirci. Il pensiero unico, auspicato dal potere diffuso ed onnipresente delle multinazionali, si estende sempre di più attraverso mezzi di comunicazione sempre più uniformati, invadenti e allineati. Unificare dentro una strategia internazionale tutti gli aspetti che dobbiamo affrontare, unire tutte le realtà di lotta: Movimento Operaio, Indigeno, Emigrante, Senza Terra, Sociale, Ecologista, Femminista, Antimilitarista... fa parte di una risposta necessaria, unica e globale all'aggressione del capitalismo.

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Come CGT, questo lavoro anticapitalista dobbiamo assumerlo in modo prioritario con tutti i movimenti che si possano identificare come orizzontali ed antiautoritari. Senza dimenticare di costruire un punto di riferimento chiaro e stabile di solidarietà con tutti coloro che lottano. La CGT ha potuto continuare a sviluppare la sua capacità di relazioni internazionali in forma strutturata nelle differenti prospettive dalle quali abbiamo preteso di lavorare, avanzando in modo lento, ma visibile e costante, con le nostre risorse sempre limitate ma con grande sforzo militante. Molti dei membri di questa organizzazione si sono preoccupati di mantenere il contatto nelle situazioni di conflitto di molti paesi, arrivando a recarvisi di persona quando la situazione lo richiedeva: violazione di diritti umani in Colombia, guerra preventiva in Iraq, Chiapas, Sahara, Brasile, Bosnia, Ruanda, Nuova Caledonia, Nicaragua, Oaxaca, Cono Meridionale, Palestina... col fine non solo di mostrare una volta di più la solidarietà, ma anche di frenare l’incrudimento delle situazioni e collaborando nel dare eco internazionale ai conflitti stessi. Non è facile costruire alternative valide di lotta e solidarietà di fronte al capitale, ma non c'è un'altra strada, per la CGT, che l'internazionalismo attivo; quello che implica un impegno permanente di lavoro, passione e solidarietà internazionale.

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o sviluppo della formazione, la cultura ed il pensiero critico è stato, e continua ad essere, uno dei pilastri basilari del movimento libertario. Tant’è così che il Titolo I°, Articolo 2 del nostro statuto raccoglie vari argomenti che definiscono chiaramente come scopo della CGT sia quello di diffondere il pensiero libertario e farlo conoscere in seno alla società, contribuire ad una formazione integrale delle lavoratrici e dei lavoratori e diffondere ogni tipo di informazione su qualunque tema che interessi la classe lavoratrice. Include inoltre lo stimolo, lo studio e la ricerca nell'ambito delle scienze economiche e sociali per il migliore compimento del fine che ci prefiggiamo. Il progredire di questa attività, tanto negli stessi livelli confederali come nei differenti ambiti settoriali o territoriali, si è sviluppato spesso al di là della disponibilità di mezzi, e si è realizzato uno sforzo titanico che ci ha permesso di costruire meccanismi adatti allo scopo, facendoci disporre ora di tutta una serie di elementi chiave per la formazione a tutti i livelli. Tralasciando tutta l’argomentazione relativa all’impegno per il mantenimento ed il recupero della storia e della memoria, che merita un capitolo a parte, vogliamo ora riferirci a tutto il lavoro richiesto da una quantità colossale di Giornate di studio, Settimane di riflessione, Incontri, Conferenze... che durante questi 25 anni sono stati indetti dalla totalità degli enti della Confederazione. Raccogliere tutte le iniziative effettuate, così come l’elenco completo degli enti della CGT che hanno messo in moto questa mole di impegno, sarebbe un’impresa smisurata. A livello confederale, benché lo sviluppo di questi compiti sia stato lento e disuguale, sono state portate a termine una serie di iniziative sul terreno «delle idee», tra le quali si distinguono particolarmente: La rivista Libero Pensiero. Benché l'abbiamo già analizzata nel capitolo relativo FORMAZIONE E CULTURA

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biamo già analizzata nel capitolo relativo ai mezzi di comunicazione, crediamo che la sua costanza ed il suo lavoro a favore di un pensiero critico, ed il suo alto livello riconosciuto perfino fuori dagli ambiti strettamente libertari o anarcosindacalisti, fa sì che, anche in questa sede, la dobbiamo sicuramente menzionare. La coedizione di libri con la Casa editrice La Catarata (1994). Si è partecipato all'edizione di 4 libri (Manifesto Ecosocialista; Sindacalismo e Trasformazione Sociale; Un nuovo ordine internazionale?; America Latina: dominazione e resistenza). Le Giornate Libertarie, celebrate a Madrid nel giugno del 2001, con il suggestivo titolo di «Guadagnare il Futuro», in collaborazione con la Fondazione Salvador Seguí. L’Esposizione «L'Idea». Nell'anno 2001, in coincidenza col XIV° Congresso celebrato a Valladolid, iniziò il suo itinerario questa esposizione realizzata per offrire una visione moderna e attuale del movimento libertario. Collegato a questa esposizione, venne pubblicato il libro Sentieri di Libertà che continua ad avere grande attualità. L'Ateneo Confederale. La sua creazione fu promossa come dimostrazione dell’impegno confederale all'impulso per la creazione di Atenei nei differenti ambiti territoriali, e il suo avviamento nell'ultimo anno ci permette già di vantare un risultato iniziale soddisfacente. Di grande importanza è il lavoro formativo-informativo iniziato dall'Ateneo Confederale attraverso i Materiali di Riflessione, relativamente alla cultura e alle nuove forme di comunicazione. Bisogna anche evidenziare la serie di materiali sopra e contro la Crisi del Capitale che collegano, su un piano di utilità pratica, gli apporti teorici col lavoro sindacale quotidiano.

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diano. Se ci riferiamo specificamente ai compiti di formazione in maniera più specifica, possiamo osservare uno sviluppo analogo che si è andato incrementando man mano che l'organizzazione ha avuto maggiori necessità e maggiori possibilità. Come in altri capitoli, non possiamo raccogliere l’ingente lavoro dell’intera CGT nei suoi differenti enti territoriali e settoriali, ma segnaliamo alcune iniziative che ci sembrano più rappresentative: Pubblicazione (1992) di cinque numeri di un primo Bollettino di Analisi e Studi, nel quale si analizzarono i distinti parametri economici del momento e si stimavano le politiche economiche in vigore, dalla prospettiva della critica sociale ad un incipiente processo di trasformazioni che colpiva negativamente la classe lavoratrice. Incontro Formativo di Malaga (1999). Frutto di queste Giornate di Formazione fu la pubblicazione della libro Scuola di Militanti (2000) che raccoglieva le distinte relazioni presentate.

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Guida di Iniziativa Sindacale (2000). Pubblicato dalla Segreteria di Azione Sindacale, si presentava in forma di Manuale, includeva commenti e valutazioni, l'insieme degli accordi organizzativi, strategici e sindacali vigenti in quel momento, ed era uno strumento formativo di fronte alla iniziativa quotidiana. Elaborazione ed avviamento di un Programma di Formazione. Benché il Congresso di Valladolid del 2001 avesse proposta un'attività formativa confederale, i primi passi furono lenti e molto distanziati nel tempo, poiché la spinta definitiva avvenne al Congresso di Valencia del 2005, dove si profilò definitivamente il progetto ed un presupposto importante per detta attività. I Quaderni di Formazione. Come primo tentativo di materializzare gli accordi del XIV° Congresso, e vincolato ai Materiali di Riflessione pubblicati mensilmente e distribuiti attraverso Rojo y Negro, si elaborò e distribuì una serie di Quaderni di Formazione tra gli anni 2003-2005 che servirono per dare supporto alla realizzazione di diversi dibattiti formativi di diverso tipo: Discussioni, Incontri, Giornate di dibattito... Nel Plenum Confederale del 2006 si incominciò a concretare il progetto di una Scuola di Formazione Confederale con la realizzazione di corsi centrali e la loro successiva espansione in differenti ambiti confederali, tanto territoriali come settoriali. La concretizzazione di questa Scuola di Formazione ha predisposto la realizzazione regolare di corsi di carattere confederale, accompagnati dall'edizione dei propri corrispondenti manuali formativi, dando impulso alle iniziative formative degli enti territoriali e settoriali.

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Sull’onda dell'impulso al tema della formazione dato dal XIV° e dal XV° Congresso, a poco a poco, ma in maniera visibilmente estensiva, i differenti enti territoriali e settoriali hanno continuato a mettere in moto i loro specifici piani di formazione, adeguandoli alle necessità reali di ogni momento. Come attività formativa dobbiamo citare anche la convocazione delle due giornate confederali di discussione sulla crisi, nei mesi di Settembre e Dicembre di quello stesso 2008. La prima, in relazione diretta con i movimenti sociali, e la seconda, per iniziare un dibattito intorno alle risposte da offrire. L'edizione di Guide e Manuali è stata prioritaria e di un'importanza essenziale. In maniera costante nel tempo, e via via crescendo durante il percorso, il lavoro si è ingrandito proprio a partire dal consolidamento degli Uffici Confederali Giuridico e degli Studi. In questo senso dobbiamo segnalare la Guida alle Tossicodipendenze (1993), la Guida del Delegato (1994), la Guida alla Salute Lavorativa (1999), la Guida sulle ETT (1999), la Guida Giovanile (2000), la Guida alla Salute Lavorativa per la Contrattazione Collettiva (2003), la Guida Giuridico Sindacale (2005), ed il costante lavoro incanalato attraverso i Bollettini Informativi Giuridico Sindacali, dall'anno 1995, che incominciarono ad essere pubblicati dalla Federazione dei Trasporti, a partire dal 1997 per la Segreteria di Azione Sindacale, ed a partire dal 2001 dall’insieme del Segretariato Permanente Confederale. In tempi più recenti, e conservando piena validità, si è pubblicata la nuova Guida Giuridico-Sindacale (2009), la Guida sull’Immigrazione (2006), e la Guida Antirepressione (2009). In quanto ai manuali di formazione, ne è disponibile un numero crescente che abbraccia la totalità dei corsi sviluppati fino ad ora, includendo temi di carattere giuridico, eco che FORMAZIONE E CULTURA

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sviluppati fino ad ora, includendo temi di carattere giuridico, economico, sindacale, di attualità ed ideologico. Nel suo insieme, la formazione è passata ad essere una delle priorità fondamentali per tutta l'organizzazione, rivolta ad un lavoro che avvicina la militanza alle conoscenze e agli strumenti necessari per sviluppare gli accordi e le linee di iniziativa della CGT di fronte ai problemi quotidiani nei luoghi di lavoro. Garantendo, con ciò, le possibilità ottimali e la maggiore efficacia nel momento di compiere con responsabilità il nostro lavoro sindacale.

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FORMAZIONE E CULTURA FORMAZIONE E CULTURA


Allegato 11 Carta dei Diritti Sociali

APPROVATA AL PUNTO 2.7 DELLA CONFERENZA SINDACALE NEL NOVEMBRE DEL 2004 Per una Carta fondamentale dei Diritti Sociali delle persone, vincolante, universale ed egualitaria. I diritti sociali devono essere rivendicati come fondamentali nella promozione della dignità umana, pertanto devono essere intesi come universali. I diritti sociali devono essere egualitari, perché la loro ragione di essere sta nella loro capacità di "strappare" risorse al potere del capitale. I diritti sociali devono vincolare le società e le persone nel loro riconoscimento, accesso ed esercizio. Ogni diritto riconosciuto deve essere difeso e salvaguardato contro il predominio della competitività, contro la ricerca esclusiva della produttività, contro il criterio del massimo rendimento, contro la minaccia di delocalizzazione e di segregazione delle attività produttive, contro gli espedienti di regolazione dell’impiego, contro la privatizzazione dei servizi sociali, contro la crescente e costante precarizzazione della vita umana. I diritti sociali, nella loro conquista e nella loro definizione, devono essere il risultato di un processo di democrazia partecipativa e di autogestione orientato alla soddisfazione progressiva delle necessità umane e della sostenibilità della vita.

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ALLEGATO 11 CARTA DEI DIRITTI SOCIALI

delle necessità umane e della sostenibilità della vita. La Carta dei Diritti Sociali deve rappresentare uno strumento rivendicativo per la libertà piena delle persone indipendentemente della loro origine, etnia, cultura, sesso, orientamento sessuale, età, identità di genere, reddito o formazione. Sono diritti per tutti e per tutte. I diritti qui formulati si dividono in 7 grandi blocchi, su ognuno dei quali è necessario aprire un dibattito dentro la nostra organizzazione e nella società per arrivare ad un consenso rivendicativo ampio nella loro formulazione, nelle esigenze per la loro accessibilità, nelle strategie di mobilitazione e nelle garanzie per il loro esercizio. Di seguito segnaliamo in forma riassunta il contenuto di questi sette punti: a) Diritti alla propria identità: Abbracciano tutto il ventaglio di diritti individuali alla non discriminazione ed alla libera espressione personale. Qualunque persona ha diritto a manifestarsi come è senza soffrire perciò alcun tipo di discriminazione in ragione del suo sesso, etnia, paese di origine, orientamento sessuale, identità di genere, cultura, ideologia, forma di vita, ecc. b) Diritti ad una vita degna: Sono quelli relativi alla soddisfazione delle necessità basilari delle persone per quel che riguarda prevenzione della salute, sanità, trasporto, abitazione, vestiario ed alimentazione.


zione. c) Diritti lavorativi: Come il loro stesso nome indica sono i diritti che devono assistere la persona in quanto soggetto ed oggetto del mercato del lavoro. La nostra lotta sindacale quotidiana conosce molto bene l'importanza di questo ambito di diritti, ma è necessario contemplarli specificamente, comunque e sempre relazionati con gli altri gruppi di diritti che in maggiore o minor misura incidono sul mondo dell'impiego. Bisogna aggiungere che nella relazione lavorativa si vulnerano quotidianamente molti più diritti di quelli che si intravedono esclusivamente con questa relazione. d) Diritti a curare e ad essere curati: Intendiamo per cure numerose attività che realizziamo giornalmente per la nostra sostenibilità e per quella delle persone che ci circondano. Le cure devono essere una responsabilità collettiva la cui risoluzione deve porsi socialmente. Qualunque persona deve avere il diritto ad essere curata al margine della sua situazione personale o familiare. Qualunque persona deve avere diritto a curare le persone del suo ambiente, familiari, amici, vicini. Nessuno può essere obbligato a curare altre persone se quello non è il suo desiderio. Le cure sono la forma nella quale si concretizzano nel quotidiano i diritti sociali. e) Diritti culturali, educativi, di accesso all'informazione, all'espressione e all'opinione: Sono diritti relativi alla produzione, sociale ed individuale, di conoscenze e cultura. Abbracciano l'insegnamento e l'educazione, la produzione tecnico-scientifica, artistica e culturale, così come i mezzi per il loro mantenimento e diffusione. Questi diritti si articolano in ultima istanza intorno alla produzione e alla distribuzione dell'informazione e delle idee, come un bene sociale basilare.

la creazione artistica e culturale, così come i mezzi per il loro mantenimento e diffusione. Questi diritti si articolano in ultima istanza intorno alla produzione e alla distribuzione dell'informazione e delle idee, come un bene sociale basilare. f) Diritti Ecologici ed Ambientali: Sono tutti i nuovi diritti che dobbiamo fare nostri davanti alla problematica creata dal supersfruttamento del pianeta da parte di un sistema capitalista che tratta l'ambiente con lo stesso disprezzo che ha per le persone che vi vivono. Sono diritti che visibilizzano le sensibili interconnessioni tra l’attività umana predatrice e l’ambiente naturale nel quali si inseriscono, con conseguenze incidenti a breve, medio e lungo termine da parte dell’attuale modello produttivo del capitalismo globalizzato. g) Diritti all'autogestione sociale: L'autogestione è la gestione democratica della società, a tutti i suoi livelli (imprese, servizi, quartieri, municipi... ) ed in tutti i suoi aspetti (economia, cultura... ). L'autogestione implica, necessariamente, il rifiuto di ogni autorità gerarchizzata e suppone l'applicazione pratica della democrazia diretta, nella quale i processi di deliberazione e assunzione delle decisioni vedono protagonisti, in modo orizzontale, le persone, donne ed uomini, direttamente implicate nei problemi che li riguardano. Consideriamo, pertanto, che deve essere contemplato come un diritto sociale il rivendicarla in forma permanente, e il mantenere sempre aperte le vie di appoggio alle possibili esperienze di autogestione che possiamo sviluppare.

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IL DIRITTO ALLA MEMORIA La dimenticanza è piena di memoria ma di fronte a quelli che preferirono di scegliere la dimenticanza, noi scegliamo la memoria.

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a vittoria del fascismo in Spagna e la notte nella quale sprofondò la penisola iberica durante 40 anni di illegalità imposta con le armi, unita ad una transizione vergognosamente concordata, supposero la certificazione di un genocidio di persone e di idee. Una dittatura lunga 40 anni ed una transizione che servirono per cercare di strappare dalla coscienza collettiva il germe stesso dei criteri di giustizia e di libertà. La persecuzione e il tentativo di annichilazione del nostro movimento organizzato e la distruzione della rivoluzione sociale che in maniera incipiente, ma decisa, era incominciata nell'anno 1936, furono le conseguenze più trascendentali del colpo di stato militare compiuto dal generale Franco. Anni di dittatura ma anche di resistenza, di prigione ed esilio, di torture e morte. La lotta fu lunga e dolorosa. Il movimento libertario pagò il prezzo della sua fiera coerenza con una presenza decimata dalla repressione. Nonostante la durezza di tutto il processo di opposizione al franchismo, e nonostante l'infinità di priorità che si sono succedute durante questi 25 anni che ora celebriamo, per noi che abbiamo portato avanti il progetto confederale (CNT, CGT-CNT e finalmente CGT), la forza della memoria, il ricordo delle proposte, dei risultati e dei sacrifici, è stata costante. La lotta per mantenere e recuperare la memoria è stata, ed è, una lotta permanente. Senza dimenticare che la memoria costituisce un diritto in sé stessa che si trasforma in diritto collettivo per rendere i popoli più coscienti.

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Attività In difesa della nostra memoria e della sua validità, in difesa di noi stessi e della nostra storia, e in omaggio a tutti coloro che hanno permesso che oggi continuiamo ad esistere, durante gli anni le attività si sono moltiplicate, benché tanta sofferenza e tante lotte non potranno mai avere il sufficiente riconoscimento. Passiamo a riferire alcune iniziative realizzate. L’Esposizione del 75° anniversario (1985) La commemorazione del 50° anniversario della guerra civile (1986) L’esposizione Durruti (1995) La campagna «Donna, guerra e rivoluzione sociale» (1996) L’Atto di omaggio «A tutti gli uomini e donne protagonisti dell'utopia, seminatori dell'Idea», Barcellona, 29-11-1996 L’appoggio all'avviamento e alle iniziative del comitato pro-revisione del caso Delgado e Granado (1999) L’inaugurazione della Casa della Cultura «Ramón Acín» a Ruesta (2001) La campagna di appoggio al caso Delgado e Granado (2003), esposizione itinerante e iniziativa del 6 dicembre alla Puerta del Sol di Madrid (2004) La costituzione del Gruppo di Memoria Libertaria (2004) e l’edizione degli speciali di Rojo y Negro sulla memoria storica (Dicembre 2004, Maggio 2005, Dicembre 2005, Luglio 2006, Febbraio 2007, Novembre 2007, Ottobre 2008) e delle pagine mensili di Memoria Libertaria sul Rojo y Negro L’Avvio della pagina web Memoria Libertaria (2006) L’Esposizione «La Rivoluzione Libertaria» (2006) La campagna della CGT contro la Legge sulla Memoria Storica (2007) L’appoggio all'esposizione «Pedagogie Libertarie» (2009) L’esposizione «La Repressione franchista» (2009)e fatte sparire dal franchismo.

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L’esposizione «La Repressione franchista» (2009) L’Appoggio alle iniziative locali in relazione al centenario (2009) della fucilazione di Francisco Ferrer i Guardia, fondatore della Scuola Moderna L’Avviamento del progetto e della commissione per il centenario (2009) L’Appoggio all'edizione del libro su Melchor Rodríguez L'angelo rosso (2009) Il vincolo e il coordinamento con le Associazioni per il Recupero della Memoria Storica (ARMHs) a livello nazionale, la comparizione nel processo davanti all'Udienza Nazionale per esigere la ricerca delle migliaia di vittime fatte sparire dal franchismo.

Altre iniziative Durante questi anni, dall’interno della CGT abbiamo agito come canale di distribuzione dei materiali pubblicati da numerosi compagni e da coloro che hanno voluto condividere la stessa inquietudine e la stessa lotta per mantenere il ricordo e la validità delle nostre idee. Benché in questo libro stiamo raccogliendo la nostra storia dalla prospettiva Confederale, vogliamo in questo capitolo, per la sua particolare emotività, fare menzione espressa di altre iniziative che, nonostante il loro carattere più locale, sono state molto significative. Le attività dell'Associazione per il Recupero della Memoria di CGT Andalusia (a partire dal 1998): L’edizione di libri: Memorie di Pedro Vallina (1999), La giornata di 6 ore (2001), Il gessetto, l'inchiostro e la parola (2003), Memoriale dei Merinales (2009) ... Il progetto Banca delle Immagini (1999). La Campagna del Canale dei Carcerati: manifesti, IL DIRITTO ALLA MEMORIA

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La Campagna del Canale dei Carcerati: manifesti, esposizione, libro, videocassetta... (2001) Il progetto «Tutti i nomi»: libro, web... (2005) L’ iniziativa recupero Melchor Rodríguez (2009) L’edizione del libro Orobón Fernández da parte della Federazione locale di Valladolid (2002) L’esposizione del "Anarchismo ad Alicante", con la partecipazione dela F.L. di Alicante (2003) Le iniziative «pietra commemorativa» e «alito» Durruti in Leo da parte della F.L. di Leon (2002-2009) L’esposizione sulle Collettività da parte della F.L. di Barcellona (2007) L’esposizione e l’opuscolo su Pedagogie Libertarie da parte della F.L. di Burgos (2009), con l’appoggio confederale e della Federazione dell’Insegnamento L’esposizione e l’edizione di materiali su Ferrer i Guardia da parte della F.L. di Barcellona (2009) con l’appoggio confederale L’appoggio alle associazioni locali che lavorano per il recupero della memoria I convegni, conferenze, omaggi, incontri, dibattiti, settimane culturali, conferenze stampa, cartelli, adesivi... ; ed ogni tipo di attività realizzati dalla CGT nel suo insieme ad iniziativa dei differenti enti. Il nostro riconoscimento a questo ingente lavoro.

Caso Delgado e Granado: Annullamento delle sentenze franchiste Il caso Delgado e Granado è paradigmatico di quanto accaduto col movimento libertario e la sua lotta contro la dittatura franchista. Erano membri della Federazione Iberica delle Gioventù Libertarie (FIJL) e, come conseguenza dell'esplosione di due ordigni nel centro di Madrid, furono fermati.

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tro di Madrid, furono arrestati. Dopo essere stati selvaggiamente torturati per sei giorni nella Direzione Generale di Sicurezza di Puerta del Sol, di infausta memoria, fu applicata loro la pena di morte prevista per un delitto di terrorismo. Nonostante le condizioni della detenzione, continuarono sempre ad affermare la loro innocenza e l’estraneità nei fatti incriminati. Passato il tempo, morto il dittatore e restaurata la democrazia, in un programma della catena televisiva franco-tedesca Arte, nel 1996, e dopo una dichiarazione preventiva davanti al notaio, gli anarchici Martin e Hernández dichiararono di essere stati i veri autori dell'installazione degli esplosivi nel 1963. Questa stessa rivelazione fu ripetuta in un programma della TVE nel 1997 ed in altri mezzi di comunicazione. Ugualmente comparve davanti al Tribunale Supremo Ottavio Alberola, responsabile del denominato organismo clandestino Defensa Interior, che riconobbe di aver dato l'ordine a Martin e Hernández di eseguire gli attentati per i quali Delgado e Granado furono condannati a morte. Fino ad ora, la giustizia non ha ritenuto opportuno considerare come elementi di prova sufficienti le attestazioni fatte dai due attivisti che dichiararono pubblicamente di essere stati gli autori materiali degli attentati, e neanche quella del responsabile che li incaricò. È inaccettabile che si argomenti sulla validità legale delle sentenze politiche franchiste. La garanzia dei diritti umani e la persecuzione dei delitti contro l'umanità non si prescrivono. I parenti di Francisco Granado e Joaquín Delgado, sono ricorsi al Tribunale Costituzionale chiedendo di essere difesi di fronte alle decisioni dei diversi tribunali. Ed esigono giustizia. La CGT è con loro.

La CGT contro la legge della Memoria storica La CGT manifestò in quel momento (Ottobre del 2007), e continua a manifestare pubblicamente, il suo più assoluto rifiuto a questa legge, denunciando che si pretende di chiudere e considerare saldato il debito che la democrazia ha ancora pendente con le vittime del regime franchista e che questo ha con la Storia. Questa legge rappresenta un ennesimo cedimento delle forze politiche democratiche, e specialmente del governo socialista che, trenta anni dopo la transi IL DIRITTO ALLA MEMORIA

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Questa legge rappresenta un ennesimo cedimento delle forze politiche democratiche, e specialmente del governo socialista, che - trenta anni dopo la transizione e con due generazioni di mezzo - non hanno osato fare ciò che da tempo sta sollecitando il Consiglio d’Europa e che costituisce una realtà civica normalizzata in altri paesi che hanno attraversato situazioni analoghe: la dichiarazione della nullità radicale dei tribunali e delle sentenze della dittatura e l'imprescrittibilità dei delitti contro i diritti umani commessi in quel periodo, come contempla l'ONU in ripetute risoluzioni. La democrazia attuale ha il dovere di dire alla gioventù che il colpo militare franchista suppose la rottura traumatica col sistema democratico nel 1936, la distruzione dell'opera sociale della rivoluzione, la persecuzione e l'assassinio di milioni di lavoratori e lavoratrici, l'isolamento della Spagna, l'oscurantismo, il ritardo sociale a tutti i livelli e,

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tardo sociale a tutti i livelli e, tutto ciò, a costo della violazione dei diritti umani più elementari e perpetrando crimini contro l'umanità. La legge rinuncia al recupero della memoria collettiva e sociale, dimenticando che la lotta del paese spagnolo per la libertà fu un progetto collettivo. È necessario che accanto al diritto alla riparazione morale ed al recupero della memoria individuale e familiare delle vittime del franchismo (recupero delle persone assassinate, imprigionate, esiliate, torturate, scomparse, schiavizzate, epurate, condannate...), si recuperino le idee sociali, economiche, culturali, educative ed organizzative difese da concezioni repubblicane ed anarcosindacaliste e che configurano la memoria collettiva e sociale. Per la CGT è inammissibile che la legge non annulli le sentenze franchiste. Così si continuano a convalidare le sentenze repressive imposte dalla dittatura. Non basta dichiarare il carattere radicalmente ingiusto delle condanne e delle sanzioni durante e dopo la guerra civile, non basta privare della legittimità i tribunali, giurie, organi penali che li dettarono e le loro risoluzioni, non basta dichiarare illegittime per «vizi di forma e di fondo» le condanne franchiste, non basta riconoscere la carenza attuale di validità giuridica delle elle sentenze... È assolutamente necessario annullare in forma orm ma chiara, contundente, nell'articolato della legge, le se senentenze franchiste. I processi ingiusti e criminali eseguiti guuiti contro Delgado e Granado, Joan Peiró, Puig Antich ch h e tante migliaia di altri, continueranno a non avere alcuna cu una riparazione, essi continueranno ad essere colpevoli per p il franchismo ed anche per la democrazia. Non si stabilisce una politica chiara di recupero, perro, riabilitazione ed accesso agli archivi, non si menziona io ona niente sull'impossibilità di iscrizioni di morti nei reg regigistri civili o la possibilità di modificare le cause di mo mororte. La Valle de los Caidos continuerà ad essere il ma mauausoleo dei leader del golpismo e della repressione. e. Si ovvierà al riconoscimento e alla riparazione del lavoro vooro forzato al quale furono sottomessi migliaia di carcerati errati politici in edificazioni di opere realizzate dal franchinchihi smo. In conclusione, con questa legge non si fa Giustizia, non si indicano gli assassini, non si avvia la ricerca dei desaparecidos, non si ricostruisce la memoria IL DIRITTO ALLA MEMORIA

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cerca dei desaparecidos, non si ricostruisce la memoria collettiva e sociale, non si assume il riconoscimento dei crimini contro l'umanità perpetrati dal franchismo, non c'è una rottura definitiva col regime della dittatura. Questa legge sta avallando nuovamente una memoria storica scritta e rivista dai vincitori. La legge non compra il silenzio della CGT migliorando alcune delle indennità che possano ricevere le vittime del franchismo, in alcuni casi ridicole, ed in altri apertamente discriminatorie. La CGT non si rassegna e continuerà a lottare per il recupero della memoria storica delle vittime. Per queste ragioni abbiamo formulato un appello a tutte le organizzazioni sociali, sindacali, politiche... affinché si schierino contro questa legge e perché partecipino a tutte le iniziative che possano ostacolare quello che sta per rappresentare una seconda auto-amnistia che permetterà di avallare definitivamente la revisione storica fatta dai vincitori.

La Fondazione Salvador Seguí Questo capitolo non sarebbe completo se non raccogliessimo l'enorme lavoro sviluppato dalla Fondazione Salvador Seguí, tanto in maniera autonoma come in collaborazione con la CGT. La Fondazione Salvador Seguí si costituì nel 1986 su iniziativa di un gruppo di militanti che intesero recuperare i materiali dell'organizzazione di tutti i tempi, con speciale attenzione ai documenti prodotti a partire dal 1975 e che, per diverse circostanze, si stavano disperdendo in qualche modo in altri centri non legati al

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tire dal 1975 e che, per diverse circostanze, si stavano disperdendo in qualche modo in altri centri non legati alla CGT. Durante i suoi 22 anni, la FSS ha sviluppato il suo lavoro intorno alle sue sedi di Barcellona, Madrid, Valencia e, per un breve tempo, di una delegazione in Andalusia. I suoi archivi costituiscono uno dei fondi documentali fondamentali di riferimento per storiografi e documentaristi, cosÏ come di consultazione per le persone che desiderano conoscere il mondo libertario. La sua collaborazione è stata imprescindibile nella preparazione ed esibizione di molte delle iniziative che si sono portate a termine insieme alla CGT; non ne sottolineeremo in modo particolare nessuna, perchÊ tutte quante sono state programmate per finalizzare il mantenimento con la CGT di una linea diretta e preferenziale di collaborazione costante.

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Allegato 12 Autogestione dei Diritti: Egualitari, sostenibili e solidali 1. PER COSTRUIRE ALTERNATIVE ANTICAPITALlSTE Elaborare alternative alla crisi globale attuale è necessariamente un esercizio di pensiero utopico, perché delle utopie si nutrono i sogni di altri mondi possibili. Mondi che non possono essere se non divergenti dal Capitalismo a causa del caos socioeconomico di cui soffre il pianeta in ogni parte dei suoi continenti e degli oceani. Mondi che costruiscono modi diversi di fare le cose: di produrre beni e servizi, di distribuirli e ripartirli, di rispetto ai cicli geo-ecologici e all'evoluzione naturale degli ecosistemi e della loro biodiversità, di relazioni sociali non autoritarie, di riconoscimento delle differenze culturali come ricchezza della diversità umana, della libertà di ogni essere umano a costruire la sua felicità senza essere sottomesso alla dominazione di pochi, alla sfruttamento produttivista di alcuni ricchi, all'alienazione di un pensiero unico e conformista, alla coercizione di chi ha il monopolio della violenza. Ma elaborare alternative non può ridursi neppure ad una mera formulazione utopistica, perché quelle desiderate ed immaginate entrerebbero nella categoria autoreferenziale delle fantasie letterarie, se non si ancorano al contesto della cosa reale, nello spazio-tempo concreto che situa e condiziona le vite finite quali siamo noi umani. Solo dalle sofferenze del passato e del presente ha qualche senso costruire alternative allo stato di cose attuale,

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cose attuale, facendo in modo che si incarnino, siano qui ed ora, come azione interprete e, insieme, prodotto dell’emancipazione e della libertà. Tuttavia, di fronte alla crisi globale, non esistono altro che risposte globali, ideeforza e valori che, partendo dalle condizioni attuali, si sappiano accreditare come vitali e si convalidino come alternative affidabili, orientatrici di una pratica sociale ed individuale capace di rispondere nei suoi particolari alla soddisfazione piena delle necessità umane, tanto basilari come relazionali e culturali. Non è la libertà virtuale del mercato ciò che soddisfa per magia i bisogni ma, al contrario, è l'uguaglianza sostenibile e solidale di tutte le necessità l'unica che può facilitare l'espansione della libertà come autorealizzazione umana. 2. SODDISFARE LE NECESSITÀ E AUTOGESTIRLE. Qualunque alternativa è possibile e vitale purché risponda positivamente a due domande: si orienta a coprire e soddisfare ogni necessità reale per la sostenibilità della vita umana?, la sua costruzione e il suo sviluppo sono legati strettamente ad un processo democratico di deliberazione, decisione e gestione? La prima domanda garantisce che le alternative proposte non servano i complessi giochi di interessi di minoranze che si presentino come "traduzioni" o "illuminazioni" degli interessi generali. Allo stesso tempo esige una presa di coscienza di quello che realmente è utile per la vita. Una ne


di interessi di minoranze che si presentino come "traduzioni" o "illuminazioni" degli interessi generali. Allo stesso tempo esige una presa di coscienza di quello che realmente è utile per la vita. Una necessità realmente tale è quella che coopera al miglior sviluppo di ognuno dei membri della specie umana. E l'alternativa proposta sarà vitale nella misura in cui contribuisca a che tali necessità si coprano col minore flusso di materia-energia possibile. Colui che cura e presta le sue attenzioni, nelle sue diverse espressioni (personale, domestico, dei bambini, dei malati e degli anziani), sarebbe una vera necessità, mentre “possedere” individualmente un’automobile o tutta la discografia di un gruppo qualunque di jazz non lo è. La seconda domanda ci porta nello spazio politico-economico nel quale si determina sul chi e come si prendono le decisioni e sul chi e come si procede alla sua gestione-esecuzione. La democrazia formale e dimezzata della quale si dota il capitalismo dei paesi ricchi si fonda sullo iato intransitabile tra la mera partecipazione popolare al voto, la decisione appannaggio delle élite elette, la gestione burocratica e la valutazione attraverso istanze di esperti. Da ciò risulta che le persone carenti di qualsiasi peso mancano in realtà di legittimità per partecipare attivamente ai processi reali di decisione, gestione e perseguimento delle risorse disponibili e delle politiche adottate. Più che rappresentativo il potere politico del capitalismo globalizzato è quello di una democrazia intermediata da istanze tecnocratiche (lobbies) che rispondono agli interessi di chi le finanzia (multinazionali, transnazionali e stati), e dalle quali si

quali si sentono -e sono- materialmente escluse le classi sociali popolari, salariate o disoccupate, e le minoranze emarginate. Di fronte a questa democrazia professionalizzata e lobbista, non resta altro che reinventare ed applicare la democrazia nelle sue forme dirette, assembleari, decentrate, locali, settoriali, zonali, federative; in una parola: autogestita. In questa democrazia reale i processi di deliberazione, decisione, gestione e valutazione non funzionano come compartimenti stagni ma, piuttosto, come vasi comunicanti dove le persone direttamente implicate ed interessate assumono cioè i ruoli politici che gli competono, cioè quelli di poter dire e fare e cambiare collettivamente la rotta. 3. I DIRITTI SI ESERCITANO INDIVIDUALMENTE iiiiMA SI ESIGONO, SI GARANTISCONO iiiiE SI GESTISCONO COLLETTIVAMENTE. Proporre, disporre e gestire collettivamente le risorse per soddisfare le necessità, significa esercitare il potere per agire secondo valori condivisi, principi sostenibili, e diritti egualitari per tutte e per tutti. Potere per soddisfare le necessità equivale a potere per garantire il diritto ad avere diritti, il diritto a reclamare, fondare, sostenere, ed esercitare tutti e ciascuno dei diritti che sono alla base del sostegno della vita e sviluppare una esistenza degna. Quando si acquisiscono diritti è perché c'è una massa critica di persone che, sia in modo individuale sia socialmente mediante reti, raggruppamenti o associazioni, li esercitano, li reclamano, li praticano e li esigono in modo abiabituale o periodicamente.

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mentino e ci trattino con dolcezza.

abituale o periodicamente. L'esercizio individuale dei diritti presuppone che questi siano soggettivamente, cioè, liberamente individuali ed opzionali, ma solo nella misura in cui la società, autogestionariamente organizzata, è capace di garantirli. Godere del diritto alla cura e all’attenzione quando ci vediamo ostacolati per qualunque circostanza della vita (infanzia, malattia, diversità funzionale o vecchiaia), è possibile solo se la società ci protegge e ci sostiene. E la società non è qualcosa di distinto rispetto a chiunque di noi individualmente considerati, ma l'insieme di gruppi sociali, di associazioni, di comuni o collettività socialmente create con l'incarico di procurare quelle risorse, servizi e mezzi che servono alla cura e all'attenzione sostenibile, alle reali necessità in ogni momento e situazione. 4. NON CI SONO DIRITTI SENZA DOVERI, i iiiiMA MOLTI MENO DOVERI SENZA DIRITTI. Il capitalismo ha sempre preteso di svuotare di contenuto i diritti, mediante le sue dichiarazione formali mascherate da costituzioni, carte magne ed accordi internazionali. Salvo poi a farle seguire da norme, regolamenti, direttive, o decreti allo scopo di posporre il loro effettivo esercizio, restringerlo a circostanze o momenti, limitarlo nel tempo e nello spazio, gerarchizzare il proprio sfruttamento secondo il potere d'acquisto, mercanteggiarne l’accesso, simbolizzare la sua esistenza nella pubblicità (si chiami religione, ideologia o cultura dominante), od ostacolare la loro ricerca mediante la coercizione e la violenza. È un inganno affermare che abbiamo diritdiritti solo in funzione del fatto che abbiamo doveri verso noi stessi e verso gli altri. Invece per la nostra condizione di specie politica, sociale, ragionante abbiamo il diritti di pensare, dire, relazionarci, unirci o separarci, e per la nostra precoce invalidità e vulnerabilità abbiamo diritto a che ci curino, ci a l i-

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ritti solo in funzione del fatto che abbiamo doveri verso noi stessi e verso gli altri. Invece per la nostra condizione di specie politica, sociale e ragionante abbiamo il diritti di pensare, dire, relazionarci, unirci o separarci, e, in caso di una nostra precoce invalidità o vulnerabilità, abbiamo diritto a che ci curino, ci alimentino e ci trattino con dolcezza. Semplicemente ciascun essere umano per la sua condizione di individuo storico in lotta permanente per la conoscenza, contro le avversità della natura e contro i suoi simili detentori del potere, ha i diritti conquistati per la sopravvivenza effettiva e sempre negata, ha i diritti alle libertà politiche e sempre limitate, ha i diritti a curare e ad essere curato e sempre reso invisibile, ha il diritto a formulare nuovi diritti. E ciò prima di configurare i doveri che li completano, perché da sempre i doveri furono promulgati per negare diritti che dovevano essere solo attributo esclusivo di pochi. I diritti sono un tipo speciale di azioni, sono propriamente esigenze, a volte urgenti, di soddisfare necessità individuali che si proiettano socialmente, perché solo tra individui attivi possono reclamarsi diritti. Ed ogni richiesta si risolve in uno scambio di diritti e doveri mutuamente ponderati e reciproci. I diritti non sono cosa per pochi, perché sarebbero allora privilegi. I diritti si conquistano nella lotta contro i privilegi di alcuni. Ma ciò non significa che ogni privilegio si possa tradurre in un qualche diritto. I privilegi, come qualunque tipo di discriminazione, semplicemente bisogna abolirli. E nel processo di abolizione, alcuni privilegi non possono trasformarsi in diritti, perché la persona privilegiata ed il suo privilegio sono sempre al costo di una maggioranza carente non già di quegli stessi privilegi, ma dei diritti minimi per resistergli.


5. I DIRITTI SONO COSA DI TUTTE E TUTTI, iiiiNON QUESTIONE DI LEGGI. Ogni processo di conquista ed estensione di diritti si produce mediante il conflitto sociale, aperto o latente, mediante la lotta delle classi diseredate contro le classi dominanti, sfruttatrici e coattive, contro la loro cultura ed il loro pensiero, contro le loro istituzioni, credenze e privilegi. Nel mondo contemporaneo la lotta reale per i diritti è una lotta contro i privilegi patrimoniali della proprietà privata, delle immense fortune, contro la concentrazione del potere economico in un numero sempre più ristretto di banche ed imprese. I diritti per la ripartizione del lavoro e delle ricchezze sono diritti per l'uguaglianza materiale effettiva. I diritti di uguaglianza di genere e per la libera opzione sessuale sono diritti contro il dominio patriarcale di cui si serve il capitalismo per generare ricchezza senza ridistribuirla. E a poco servono le leggi, le dichiarazioni, ed i regolamenti, se la richiesta di questi diritti non è socialmente protetta, se i movimenti per quei diritti non si organizzano per esigerli, vigilarne la tutela e promuoverli. Promuovere diritti equivale a rivendicarli per la via dei fatti, interiorizzarli come propri, aggiornarli nella quotidianità della vita. E questo è più prezioso delle leggi che pretendono di proteggerli. Quasi tutte le leggi che regolano i diritti contengono trappole per non lasciarli esercitare, perché sottintendono che al di sopra della ragione della persona libera stia la ragione dello stato e del capitale proprio per ostacolarne lo sviluppo e lo svolgimento. Esigere, difendere, esercitare diritti sta più in qua (in prossimità dell’uomo), e più in là (nelle loro finalità di emancipazione), di quello che le leggi dettano zione),

leggi dettano, e di quanto abitualmente il sistema giudiziario coarta. Assumere quel “più in qua” e quel “oltre” dei diritti è lottare per alternative trasformatrici della realtà. E ciò che è più importante è mettere al centro del pensiero e dell'azione la sostenibilità della vita, la dignità di ogni donna e di ogni uomo di essere liberi, la capacità collettiva di poter fare le cose in beneficio di tutte e tutti... più in qua dei mezzi di conformazione di massa, degli interessi inconfessabili dei centri di potere internazionale, delle avanguardie populiste, delle dittature delle maggioranze manipolate... ed oltre il povero orizzonte della rifondazione del capitalismo, dell'espogliazione delle ricchezze minerali e vegetali del pianeta, della ricerca incessante del profitto e della competitività, dell'indebitamento ingiusto delle regioni sempre più impoverite, del consumismo convulsivo. 6. PER L'AUTOGESTIONE DEI DIRITTI. Scommettere sull'espansione e l’approfondimento dei diritti per tutte e tutti, è scommettere sulla ripartizione del lavoro, sulla distribuzione equa della ricchezza, su servizi pubblici efficienti e di qualità, per la sostenibilità ambientale e la decrescita progressiva, e come mezzo e fine per raggiungere questi obiettivi... non c'è altra strada che l'autogestione: delle lotte, delle organizzazioni sociali, dei movimenti di contestazione, dei quartieri, di paesi e città, dei servizi pubblici, dei centri culturali, dell'educazione, di imprese e fabbriche, delle infrastrutture, delle istituzioni ed amministrazioni, della società nel suo insieme. Mediante modelli aperti, flessibili, sperimentali e vari di autogestione, anche delle contraddizioni, a favore di uguali diritti per tutti.

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sperimentali e vari di autogestione, anche delle contraddizioni, a favore di uguali diritti per tutti. Con l'orizzonte posto nella costruzione di forme autogestionarie della società e dell’economia. Questa costruzione di alternative reali al capitalismo si può fare solo dal basso verso l’alto, in modo decentrato e federativo. In questo processo tutti siamo impegnati a partecipare attivamente, trasformando le contraddizioni in processi di apprendistato, gli errori in fonti di innovazione, le complessità in nuove comprensioni, le difficoltà in nuove sfide. Senza dottrine né dogmi aprioristici, ma elaborando teoria da ogni pratica, e soprattutto ed innanzitutto parlando, dibattendo, riflettendo, comparando esperienze concrete di lotta e di autogestione. Questa è la scommessa e la sfida: fare autogestione per raggiungere l'autogestione. 7. PRINCIPI METODOLOGICI I principi metodologici suggeriscono modelli per elaborare teorie sull'autogestione, nell'ipotesi che ogni contesto e situazione esiga di implementare forme di autogestione specifiche, possibilmente non applicate precedentemente né applicabili in qualunque spazio o ambito suscettibile di essere autogestito: Le teorie autogestionarie non possono avere altro carattere che quello induttivo e naturale, cioè, devono sorgere dalla riflessione sull'azione e la pratica di autogestione concre autogestione concreta, condizionata solo da chi vi partecipa, da come lo fa e da che cosa cerca di raggiungere. zione),

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ca di autogestione concreta, condizionata solo da chi vi partecipa, da come lo fa e da che cosa cerca di raggiungere. Devono essere sensibili al contesto, cioè, sono teorie non suscettibile di generalizzazioni artificiose, perché attengono alle situazioni socioculturali, storiche e spazio-temporali specifiche, così come all'ambito che abbraccia il fatto autogestionario: produzione - di che cosa e come -, distribuzione, consumo, servizi, cultura, territorio, etc... I modelli di autogestione risultanti da queste teorie non possono considerarsi mai chiusi o completi, ma al contrario devono essere aperti all'innovazione e a nuove risposte davanti a qualsiasi nuova situazione. Gli indicatori valutativi delle distinte esperienze autogestionarie devono emergere dalle valutazioni stesse delle persone coinvolte in tali esperienze. I meta-valori di queste teorie non possono essere altri che il conseguimento del massimo di libertà individuale congiuntamente col massimo di uguaglianza reale tra le persone, così come la indipendenza dei mezzi dal fine. Assumere il fatto che l'autogestione è un esperimento sociale permanente, di lunga portata, diverso nelle sue strutture e ramificato nella sua estensione. Non si presenta come la futura panacea per la completa risoluzione dei problemi del mondo, ma come uno dei suoi strumenti più ricchi.


8. CRITERI DI ORIENTAMENTO. Sono le caratteristiche peculiari che nel loro insieme, o in modo parziale, possono giungere a definire un'esperienza come autogestionaria: Si fonda sempre sulla capacità decisionale della base sociale, le quale definisce e progetta in ogni momento tutti gli aspetti dell'attività sociale considerata oggetto di autogestione. Si orienta attraverso principi di democrazia diretta o completa, cioè: rotazione degli incarichi e delle mansioni, revocabilità permanente, assamblearismo decisionale e assunzione degli accordi attraverso il consenso. Si appoggia sulla proprietà collettiva e/o condivisa dei mezzi tecnici, materiali e culturali per soddisfare le necessità e sostenere la vita. Si articola secondo regole, norme e procedure sempre rivedibili tanto per l’assunzione delle decisioni quanto per la ripartizione di compiti, organizzazione del lavoro, gestione delle cure, distribuzione di tempi, beni e servizi. Si costruisce e si estende in reti permeabili, per federazione delle sue unità che si coordinano, con sviluppo di solidarietà effettiva tra gli enti o persone federate. Si costituisce come garanzia per la gestione di una società complessa, diversa, plurale e libera da intoppi autoritari, benché non senza conflitti né differenze, nella quale si avversa ogni relazione di potere asimmetrica che potesse sorgere o esistere.

Come messa in discussione del dominio del capitale e dello stato, e delle loro relazioni di potere, l'autogestione si allontana sostanzialmente dalla razionalità produttivistica e competitiva, dallo sfruttamento indiscriminato delle risorse naturali, dallo sperpero energetico e di materie prime, dalle logiche del mercato e del consumismo individualista, dal lavoro alienante salariato. Al contrario, punta alla rivalutazione della cosa umana e della sua dignità, alla riconsiderazione delle cure come responsabilità collettiva per la soddisfazione piena delle necessità (vitali, intellettuali, affettive), alla sostenibilità della vita e alla sua biodiversità, alla ricerca del piacere e alla felicità nel lavoro condiviso, alla promozione della creatività, alla difesa dell'idiosincrasia individuale, alla decentralizzazione delle decisioni, alla semplificazione delle relazioni sociali, alla riappropriazione dell'uguaglianza come sostegno e ragione della libertà. L'autogestione non può essere altro, nell’attuale contesto, che anticapitalista e antigerarchica allo stesso modo L'autogestione continua ad essere la sfida permanente per modificare radicalmente le relazioni di potere, e per poterle cambiare. Uno strumento senza dubbio imperfetto ed a volte carente di obiettivi certi, ma generatore di sogni collettivi che muovono e commuovono vite e società. Occorre moltiplicare all'infinito le esperienze di autogestione, ricordando ed imparando da quelle che già vi furono nel passato, per trasformare collettivamente il mondo e farlo rinascere degnamente vivibile per l’umanità. La CGT, darà priorità alla formazione dell'anarcosindacalismo tra i suoi aderenti, perché anarcosindacalismo è autogestione. La formazione ideale è basilare se pretendiamo di cambiare la società e progredire verso una SOCIETÀ’ LIBERTARIA E VERSO LA LIBERTÀ.

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uesta si trova nella provincia di Saragozza, a cavallo delle regioni delle Cinco Villas e la Jacetania, corridoio naturale attraverso il quale passa il Camino de Santiago nella variante chiamata strada francese. Nel 1962, il Camino de Santiago fu dichiarato Insieme Storico Artistico, includendovi «i luoghi, gli edifici e i dintorni conosciuti, così come quelli che si dovessero determinare nel futuro». Nel Dicembre del 1993, l'UNESCO iscrisse il Camino de Santiago nella lista dei Beni Culturali di Interesse Mondiale e, pertanto, Patrimonio dell'Umanità. Questa iscrizione implica la protezione della stessa strada fisica, oltre agli elementi considerati Beni di Interesse Culturale, come i villaggi, i paesi e le città che attraversa, e del paesaggio circostante. La storia recente di Ruesta è unita alla costruzione del bacino artificiale di Yesa e alla successiva inondazione della maggior parte dei terreni a orto che suppose anche lo smantellamento della rete urbana ed uno spopolamento massiccio. Ruesta sparì nel 1965 (368 abitanti), Esco nel 1966 (253 abitanti), e Tiermas nel 1962 (756 abitanti). La rete viaria fu modificata, e si materializzò la possibilità della rottura di una gestione integrata del territorio con alcune unità ambientali ed agricole tra loro diverse e complementari; le coltivazioni ad orto nel fondo valle erano la chiave di questo equilibrio. Vent’anni dopo la sparizione del confine municipale di Ruesta, incominciò una politica di cessione dei paesi abbandonati a diverse organizzazioni sindacali, col fine di portare a termine un'attività sociale, oltre che di lavorare al recupero dei nuclei urbani abbandonati. In questo contesto, nel 1988 la Confederazione Idrografica dell'Ebro (CHE) cedette il paese e parte del territorio di Ruesta alla CGT.

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In un primo momento, si valutò il recupero come un progetto a lungo termine, poiché l'investimento necessario supponeva uno sforzo economico difficile da sostenere per un sindacato con le nostre possibilità. Perciò si iniziò con l’abilitare un campeggio come area di insediamento base. In quel periodo vennero promossi aiuti economici da parte di varie istituzioni per recuperare il Camino de Santiago ed i nuclei per i quali passa. Dall'altra parte si stabilì una strategia di bonus di aiuto e di collaborazioni economiche dei sindacati della CGT per affrontare in migliori condizioni economiche il progetto di recupero. Così si facilitò l'esecuzione dei progetti di costruzione dell’albergo in Casa Valentín nel 1993 e Casa Alifonso nel 1996. Attualmente, i servizi di ospitalità sono gestiti da una piccola cooperativa. Nell'anno 2000 fu terminata la Casa della Cultura Ramón Acín dove, da allora, si tengono conferenze, riunioni, incontri e giornate di contenuto sociale e sindacale, oltre a corsi e seminari di vari tipi riferiti anche all'arte e alla natura. Negli ultimi anni si è introdotta una nuova prospettiva nella zona. Il recente ripopolamento, la costruzione di un'autostrada e gli investimenti turistici realizzati nell'ambiente di Jaca/Canfranc stanno aprendo nuove prospettive nella zona. Dove c'era abbandono, ora c'è interesse o, per meglio dire, interessi. Si pretende, cioè, di aprire la via alla speculazione e alla depredazione ecologica che abbiamo già visto in altri contesti.

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Le terre si rivalutano, si fanno piani per nuove infrastrutture. Si muovono influenze, si fanno valere risorse politiche ed amministrative. Siamo in terreni ceduti dalla CHE i quali dipendono direttamente dal Ministero dell’Ambiente e pertanto dagli equilibri politici dei successivi governi. Dipendiamo da alcuni municipi i cu cui consigli comunali sono legati a chi esercita i poteri re reali in quell'ambiente. Dipendiamo da una Deputazione Provinciale di Saragozza e da una Deputazione Gene nerale di Aragona che rappresentano gli stessi equilibri po politici e gli stessi particolari interessi. Tutto ciò va a detrimento delle nostre possibilità re reali di costruire un futuro socialmente accettabile per Ru Ruesta. Per il momento resistiamo, ma i «contrattempi» co con i quali la CGT si deve confrontare in questa ragnatel tela, sono molto, molto grandi. Che il progetto si possa realizzare dipende da tutta l'organizzazione. La volontà del sindacato a Ruesta continua, e si potrebbe ben definire come intenzione di costruire uno spazio sociale creativo, autoregolato e sostenibile, di scambio culturale e di turismo nella natura, dove far risaltare valori di stile umanista, tutti sintetizzabili nell'idea libertaria. Attualmente, ispirandoci agli Accordi Confederali sull’ecologia e l’economia sociale, e parallelamente al lavoro di rivitalizzazione del paese, stiamo cercando di elaborare una nuova strategia che ci relazioni con il concetto di «ecoaldea», un modello di economia basata sulla produzione ed il consumo di energia sostenibile, in

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integrata nell'ambiente naturale, con progetti di vita che si stanzino in Ruesta in modo permanente e che abbiano o prevedano di acquisire la capacità per potere vivere con le risorse dell’orticoltura, con l'artigianato o con l'industria alberghiera. Ruesta deve rappresentare un esempio di metamorfosi, dove confluiscano aspetti socio-umanistici ed eco-tecnici con l'obiettivo di rivitalizzare il nucleo abbandonato, trasformandosi in un «eco-villaggio socioculturale». Perciò sarà anche necessario l'utilizzo generoso di quelle risorse umane di cui la CGT abbonda tra il vario e crescente numero dei suoi aderenti, presentando progetti, anche esecutivi; coinvolgendo e facilitando i lavori delle Giunte di Ruesta, arricchendo e orientando i compiti. Ruesta è un progetto di tutta l'organizzazione, ed essa tutta deve partecipare ed impegnarsi. Si tratta di trasportare modi di operare dall'azione sindacale all'azione sociale, nella direzione su cui si sviluppa il progetto; mettere insieme persone e capacità. E, soprattutto, ci consente di contribuire a recuperare e diffondere l'immensa cultura ereditata, benché ancora in parte nascosta, della ricchissima tradizione libertaria.

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Allegato 13 Schema delle strutture di coordinamento

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QUEL CHE CI RIMANE ANCORA DA FARE

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er terminare questo percorso, occorre ancora parlare di quello che non è successo in questi 25 anni. Parliamo dunque del futuro. Un futuro che vogliamo costruire con volontà e coraggio, senza abdicare alle nostre idee, ai nostri diritti come lavoratrici e lavoratori, ai nostri desideri come donne ed uomini che vogliono essere liberi, individualmente e collettivamente. Questo futuro passa attraverso il consolidamento della nostra organizzazione, la sua apertura a lavoratori e lavoratrici di ogni condizione, facendo della pratica anarcosindacalista il pilastro fondamentale che ci permetta di potenziare la formazione di uomini e donne liberi e padroni del loro futuro, con una coscienza critica, individualmente liberatrice e socialmente libertaria. A partire da una messa in discussione integrale del sistema economico e facendo valere le nostre alternative. Lanciando attacchi continui alla logica capitalista di accumulazione progressiva, di sfruttamento dei popoli e delle risorse naturali. Mettendola di fronte alle logiche della ripartizione delle ricchezze e dell'attenzione alla vita, della solidarietà e dell'appoggio reciproco che vanno direttamente a soddisfare necessità ed a generare benessere. Perché è lì che si garantisce la vita, in quelle sfere invisibili dell'economia. Per questo motivo, la nostra e la “loro”, sono due logiche inconciliabili, dal momento che una società capitalista non sta mai «al servizio» delle persone e, crisi dopo crisi, lo sta dimostrando. I mercati si sono inseriti nel cuore della nostra organizzazione sociale, determinano i tempi, gli spazi, il che, il come e il quanto produrre. In una società che si organizza intorno ai mercati, le persone saranno sempre minacciate. Come si garantiranno le necessità umane (le cure, le relazioni sociali, le opzioni individuali, la capacità di pensare...) da qui in avanti?

QUEL CHE CI RIMANE ANCORA DA FARE

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La storia ed il contenuto della nozione di cittadinanza sono dominati dal predominio dei mercati capitalisti e dall’esclusione e dall'invisibilità di chi, la maggioranza, vede i suoi diritti negati per permettere l'accumulazione di ricchezza e privilegi da parte di altri, la minoranza. Ora si vuole impone sempre più il mondo dell'esclusione e delle frontiere, dei privilegi e del controllo del pensiero. Questa idea della società non ci serve come orizzonte, e allora puntiamo su un riferimento diverso nel momento di reclamare i diritti sociali; perciò parliamo di «Cittadinanza», come forma per rivendicarci individui in una società basata sulla sostenibilità della vita, come un modo di pensare e fare collettivo, centrato sulle necessità delle persone, come una scommessa per l'attenzione reciproca non gerarchica e senza privilegi, come una piattaforma chiara, senza confusione, dalla quale rivendicare vecchi e nuovi diritti. Senza dimenticare che i diritti devono essere sviluppati all’interno di una società laica. La laicità è garanzia di pluralità e tolleranza, base di qualunque democrazia diretta ed autogestionaria della quale parliamo, cornice basilare di riferimento per lo sviluppo dei diritti sociali. Sistematicamente ci poniamo domande critiche in quanto al conseguimento dei nostri obiettivi e alla forma per ottenerli. Dobbiamo essere coscienti che non siamo estranei al divenire storico e che saremo soggetti del cambiamento in funzione di molteplici fattori. È per ciò che dobbiamo essere pronti in ogni momento ed in allerta per approfittare di ogni situazione, ogni crepa che ci presenti il sistema per aprire nuove vie di critica e risposte concrete. Ciò che davvero accadrà, ben difficilmente lo possiamo prevedere con esattezza, ma è certo che il nostro lavoro getterà le basi affinché lo si possa affrontare.

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Soprattutto dobbiamo tenere in debito conto che, alla velocità della società attuale, si succedono nuove circostanze e momenti nei quali nuovi protagonisti dovranno percorrere la loro strada ed imparare dai propri errori. Speriamo, ed è proprio per questo che lavoriamo, che questi nuovi protagonisti si specchino nel riflesso della storia e conservino l’essenziale del nostro alito. Esse ed essi saranno coloro che dovranno decidere e realizzare. Quello che possiamo fare, e che continueremo a fare, è di sforzarci per completare la nostra opera di costruzione ed offrire «al futuro» il meglio della nostra capacità di pensiero e di organizzazione. In questo senso, e pensando al breve termine, consideriamo prioritari i seguenti criteri: Consolidare e rendere più unita un'organizzazione, la CGT, che si riconosca in se stessa con tutte le sue particolarità e sfumature, elaborando e realizzando i suoi accordi. Spingere il pensiero critico ed antiautoritario per farlo maturare in funzione del momento attuale e per offrirlo all'insieme della società come prospettiva insostituibile di analisi ed obiettività. Mantenerci attivi per concretizzare nuove presenze, nuclei, apertura di sedi, ed estendere la nostra presenza in tutti gli ambiti dove ci sia possibile farlo. Fare dell'internazionalismo e della solidarietà uno strumento reale al servizio dell'umanità lavoratrice. Mantenere un'azione sindacale coordinata, definita ed identificabile in una visione di classe, come nostra migliore proposta. Cercare l’appoggio e la complicità della classe lavoratrice nell'introduzione dei nostri criteri, con proposte assunte attraverso il dibattito. Migliorare le condizioni economiche e di sicurezza nel lavoro focalizzando l'accento rivendicativo, destinato al miglioramento e alla garanzia dei Diritti Sociali da una prospettiva di ridistribuzione della ricchezza. QUEL CHE CI RIMANE ANCORA DA FARE

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mento e alla garanzia dei Diritti Sociali da una prospettiva di ridistribuzione della ricchezza. Trasformare l'appoggio reciproco in una dinamica pratica, verso l'interno e verso l'esterno, come criterio basilare della fisionomia della nostra organizzazione. Certificare l'obiettivo dell'uguaglianza di uomini e donne assolutamente in tutti gli ambiti interni ed esterni della nostra organizzazione. Mantenere le nostre peculiarità di fondo in quanto a criteri, etica e dignità, facendo in modo, con continuità, che un numero sempre più ampio di lavoratori e di lavoratrici ci senta al suo fianco. Consolidare le nostre strutture di intervento per allargare le nostre relazioni verso altri nuclei di lavoratori coi quali siamo in contatto proprio a partire dall'attività lavorativa o dallo spazio fisico del posto di lavoro. Ampliare la capacità di influenza e di iniziativa che continueremo ad acquisire sui posti di lavoro indirizzandola su una capacità altrettanto chiara di influenzare tutti gli altri aspetti della vita, trasportando la nostra esperienza di mobilitazioni lavorative verso la mobilitazione sociale. Stabilire, a partire dalle affinità, il quadro di confluenze capace di ampliare le nostre lotte, riunendo chiari livelli di iniziativa. Allargare costantemente il numero dei militanti con la minor burocrazia possibile, senza generare strutture che ci condizionino e col maggior numero di ricambi possibile nelle responsabilità organiche. Continuare a predisporre un numero sufficiente di equipes decentrate che garantiscano una formazione vicina, immediata e sufficiente all'insieme dell'organizzazione. Completare la definizione e il consolidamento dei differenti strumenti e meccanismi dei quali ci siamo già dotati per incrementare la nostra efficienza.

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Non smettere di misurarci il polso e conservare un livello adeguato di insoddisfazione per la nostra realtà, come autocritica sufficiente e permanente intesa come impulso vitale per continuare a spingere e dibattere, anche con animosità, per cercare di arrivare più lontano. Superare la barriera del silenzio che ci impone il sistema, generando veicoli nostri di comunicazione e facendo arrivare i nostri messaggi all'insieme della società. Svilupparci senza riprodurre i vizi che genera il regime socioeconomico contro il quale lottiamo. In definitiva, la nostra scommessa immediata deve essere quella di completare il compito avviato in questi 25 anni, approfondendo quelle linee di lavoro che si sono mostrate positive con contenuti e forme proprie. Tutto ciò senza ignorare che ci troviamo in un momento vertiginoso nel quale accadoono misurare no cose le cui conseguenze non si possono con esattezza, mettendo in conto che ill capitalitesso e smo sta cercando di reinventare se stesso le di che ci troviamo davanti al pericolo reale laandare verso una società sempre più poladi rizzata, con maggiore accumulazione ricchezza e potere nelle mani di pochi, più autoritaria e repressiva. Siamo all’inizio di una nuova tappa «globale», di fronte ad un nuovo capitalismo più potente - se possibile - e molto più efficiente; con una socializzazione più estensiva della povertà, della precarietà e della repressione. Senza dubbio questa è la mago giore sfida con la quale ci dovremo oconfrontare e, senza dubbio, è lì che doni e vrà trovarsi la CGT, superando tensioni sfumature interne per dare la rispostaa che ando per esige da noi questa prospettiva. Lottando l'uguaglianza, la giustizia e la libertà in maniera à opera d ferma e generosa. L'emancipazione sarà deii lavoratori stessi o non sarà.

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Lavorare su queste linee generali ed approfondire ognuna delle sfide che in esse andranno definite, sono i punti da cui partire per consolidare un'organizzazione utile ad affrontare i problemi contemporanei della classe lavoratrice e seminare il germe della rivoluzione sociale, alla quale non intendiamo rinunciare. Occorre aprire l'organizzazione al futuro e permettere che generazioni nuove di lottatori e lottatrici possano progredire nel conseguimento di un mondo piĂš giusto e libero, sulla strada che abbiamo giĂ compiuta, ma con la fiducia riposta nelle loro stesse decisioni. Per noi, ricercatori infaticabili di una societĂ giusta e libera, le nostre idee e i nostri sforzi costituiscono il filo di speranza che ci mantiene uniti al futuro.

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Le seguenti proposte hanno 3 premesse: Che tutti i diritti qui rivendicati siano uguali per uomini e donne, persone occupate e disoccupate, immigranti ed autoctoni, eterosessuali, bisessuali, gay e lesbiche, diversamente abili fisici e psichici, giovani e anziani. Che questo insieme di proposte possano svilupparsi solamente in forma effettiva e in deroga di tutte le direttive europee, leggi e giurisprudenza varia che le possano contravvenire. Che solo mediante il dibattito, la deliberazione ed il consenso nella mobilitazione e nella lotta di tutte e di tutti si possa fare in modo che l’insieme o parte di queste proposte possano giungere a realizzarsi. I.- Ripartire il Lavoro: Ridurre la giornata lavorativa. Inizialmente a 35 ore settimanali, senza diminuzione salariale. Riduzione graduale fino al tempo che si consideri necessario in rapporto alla popolazione attiva stimata. Eliminazione totale delle ore straordinarie e dei cottimi. Abolizione di ogni legislazione e giurisprudenza che permette il licenziamento libero per cause della storia fu centrale la creazione di un ordinamento giuridico che prescrivesse che cosa fare e,

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se obiettive, specialmente l'articolo 52 e 56 dello Statuto dei Lavoratori. Opzione a carico del lavoratore o della lavoratrice, e non dell'imprenditore, tra riammissione o indennità, nel caso di licenziamenti inopportuni. Eliminazione degli “Espedienti di Regolazione dell’Impiego”. Eliminazione dei subappalti e di tutte le modalità di contratto temporaneo. Impedire che alle imprese, straniere o no, siano concesse condizioni di favore. In tal caso le condizioni di miglior favore saranno applicate a tutte le imprese, lavoratori e lavoratrici che prestano i loro servizi (in quell'ambito di applicazione), indipendentemente della loro nazionalità, contrattazione o categoria professionale, fatta eccezione solo nel caso che esista già una clausola più vantaggiosa, applicata anteriormente al lavoratore, sia per accordo che per norma convenzionale. Internalizzazione degli organici esternalizzati o subappaltati da parte delle imprese madri e consolidamento dell’impiego temporaneo in fisso. La temporalità nell'impiego deve portarsi a termine mediante contrattazione certa ed indefinita. Diritto al tempo libero per chi lavora. Sono i lavoratori che devono controllare ed autogestire, in ogni impresa o settore, i tempi di impiego e di riposo per il tempo libero e le cure. Inclusione del tempo di viaggio al posto di lavoro all’interno della giornata lavorativa..


Eliminazione delle ETT, con integrazione delle loro infrastrutture e logistica in una rete pubblica e sociale per l'impiego, la ricollocazione e la professionalizzazione delle persone disoccupate. Integrazione delle reti e delle infrastrutture formative occupazionali e continue nel sistema della educazione pubblica. Eliminazione delle strutture formative tripartite, e delle competenze in campo formativo delle organizzazioni sindacali. Ripartizione egualitaria dei lavori domestici e di cura e attenzione tra donne ed uomini. Riconoscimento pubblico del lavoro di cura e attenzione delle donne non salariate, e creazione di una rete pubblica di assistenza per le donne e gli uomini senza compagno con carichi familiari e per le donne lavoratrici. Qualunque impresa prima di essere chiusa deve facilitare la sua cessione in usufrutto al collettivo di lavoratori disposto a farsi carico della stessa, della sua ripresa e produzione, con aiuto pubblico per suo riavvio ed assistenza. II.-Ripartire la ricchezza Instaurare gradualmente un salario sociale per le persone senza altre risorse economiche. Prima alle donne con carichi domestici e familiari curati, successivamente a tutte le persone disoccupate ed escluse e, infine, a giovani e studenti.

Nel frattempo l'ammontare del sussidio di disoccupazione non potrà mai essere inferiore al SMI (Salario Minimo Interprofessionale), elevando lo stesso SMI e le pensioni minime all'ammontare stimato di un salario degno. Incremento minimo automatico dei salari all'IPC (Indice dei Prezzi al Consumo) annuale. Contenere i salari più alti riducendo le scale salariali attraverso curve parametrali lineari. Eliminazione delle doppie scale salariali. Eliminare l’applicazione dell'interesse nei prestiti ai lavoratori. Creare una Banca Pubblica che faciliti i crediti a chi realmente ne ha bisogno, che serva in primo luogo a soddisfare le necessità basilari e di cura delle persone, ed in secondo luogo i progetti produttivi e/o cooperativi di interesse sociale, culturale ed ambientale. I prezzi medi di abitazione, trasporto, energia, vestiario, medicine ed alimenti, non devono mai superare congiuntamente il 60 % del SMI o del salario sociale garantito. Calo progressivo, fino alla loro possibile gratuità, delle medicine generiche e del materiale scolastico. Il trasporto pubblico deve avere tariffe accessibili. Promuovere ed esigere una legge che esima da imposte (0 %) l'acquisto della prima abitazione per i redditi bassi, (per esempio fino a 21.000 euro/anno), aumentando le percentuali di tassazione in base al reddito (proporzionalità fiscale), facilitando così il diritto all'abitazione della classe lavora-

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trice. Si intende che a partire dalla seconda abitazione si devono gravare gli oneri, giacché può considerarsi un lusso. Promuovere ed esigere una legge che riduca l'IVA, le imposte sulle necessità basilari (luce, acqua, gas... ) ad un’aliquota super ridotta (4 %), e non al 16 % attuale - equiparandoli ad articoli di lusso -, poiché avere luce, acqua e riscaldamento non è qualcosa di superfluo. Elevare la pressione fiscale sulle fortune milionarie, sulle grandi eredità patrimoniali e sui plusvalori non produttivi (rendite parassitarie). Gravare i profitti imprenditoriali e patrimoniali e le operazioni speculative e destinare il 50 % degli utili netti (detratti da imposte e reinvestimenti), ad obiettivi sociali. Imporre alle multinazionali spagnole che almeno il 50 % degli utili netti ottenuti in un paese, vengano versati per spese sociali e produttive in quel paese stesso. Allo stesso modo esigere analoga cosa dalle multinazionali presenti nello Stato spagnolo. Destinare le abitazioni nuove vuote a chi ne ha bisogno. Espropriare gli spazi immobiliari inutilizzati sollecitati dai vicini come abitazione o dai giovani come spazi sociali di autogestione. III.-Diritti e Servizi Sociali per tutte e tutti: Blocco immediato di tutti i processi di privatizzazione dei servizi pubblici ed incremento dell'investimento in Sanità, Educazione, Ecosistema, Ricerca scientifica e Trasporto pubblico, mediante la riduzione progressiva delle quote gonfiate destinate alle spese militari e di «sicurezza».

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alle spese militari e di «sicurezza». Diritto a curare e ad essere curato/a. Le cure sono una responsabilità collettiva la cui risoluzione deve porsi socialmente. Qualunque persona deve avere diritto ad essere curata al margine della sua situazione personale o familiare. Diritto alla Libera Circolazione di tutte le persone attraverso le frontiere. Uguali diritti sociali, civili e politici per tutti i lavoratori immigrati e chiusura dei Centri di Internamento per Stranieri (CIE). No alla criminalizzazione del libero scambio di archivi elettronici e di beni culturali, introduzione in tutte le amministrazioni pubbliche di software, documentazione e formati standard, liberi e non esclusivi e garanzie di accesso gratuito ad Internet per tutti. Stabilire e proteggere il diritto alle libertà sindacali, di espressione, riunione e manifestazione in tutti i luoghi: piazze e strade, spazi pubblici, imprese, fabbriche, scuole, università ed istituzioni. Reiterazione del diritto di ogni persona a definire e a manifestare il proprio orientamento sessuale. Lotta contro ogni discriminazione che abbia la sua origine nell'orientamento sessuale. Il sistema educativo esige, sempre più, un contatto fluido e permanente tra le famiglie ed i docenti. Perciò, è necessario trovare formule di conciliazione tra la vita familiare e quella professionale che permettano di seguire in modo appropriato l'evoluzione educativa degli studenti e, in questo senso, diventa urgente la creazione di un permesso lavorativo, di carattere non ricuperabile, per adempiere alle tutele e assistere alle riunioni nei centri educativi.


educativi

V. - L'Autogestione come mezzo e fine:

IV.- Sostenibilità

La CGT difenderà nei confronti con lo Stato lo stimolo a progetti di economia cooperativa ed autogestionaria, per i quale si dovranno facilitare i mezzi materiali e si dovranno offrire le garanzie giuridiche necessaria. Progressiva instaurazione dell'autogestione in tutti i servizi pubblici. L'Autogestione come mezzo e fine affinché la società, a tutti i suoi livelli, si organizzi in un altro modo, partecipativo e democratico, dai paesi, quartieri e città fino alle istituzioni, le imprese, la distribuzione, il commercio, mettendo l'economia al servizio delle persone e della sostenibilità della vita umana e del pianeta.

Incrementare gli investimenti nelle reti di trasporto pubblico e di breve percorso. Potenziare le infrastrutture di prossimità invece che quelle a lungo percorso, ed il trasporto privato. Promozione del mondo rurale basato sull'agroecologia e della sua industria derivata. Eliminazione progressiva delle industrie inquinanti e loro riconversione in industrie sostenibili e di prodotti duraturi, non rapidamente obsoleti. Produzioni pulite, inquinamento zero, riduzione graduale delle emissioni e recupero dei residui. Riorganizzazione, gestione democratica ed autogestione dei sistemi di produzione e consumo in scala locale, con investimento in energie rinnovabili e disinvestimento delle energie fossili e nucleari. Eliminazione della pubblicità abusiva e dei contenitori inquinanti. Promozione di economie locali e regionali diversificate e di città compatte (modello mediterraneo), multifunzionali ed economicamente connesse al loro ambiente rurale e locale. Promuovere forti oneri al commercio internazionale allo scopo di localizzare l'economia. Fare della sostenibilità e dell'austerità nel consumo valori prioritari da diffondere: Meno per vivere meglio. Promuovere una società solidale e sostenibile.

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Negras tormentas agitan los aires, nubes oscuras nos impiden ver, aunque nos esperge el dolor y la muerte, contra el enemigo nos llama el deber. El bien más preciado es la libertad, Luchemos por ella con fe y con valor. Alza la bandera revolucionaria, que llevará al pueblo a la emancipación. En pie pueblo obrero, a la batalla, Hay que derrocar a la reacción, A las barricadas, a las barricadas, Por el triunfo de la confederación A las barricadas, a las barricadas, Por el triunfo de la confederación

Nere tormente agitano l'aria Nubi oscure ci impediscono di vedere. Anche se ci aspettassero il dolore e la morte Contro il nemico ci chiama il dovere. Il bene più prezioso è la libertà Bisogna difenderla con fede e con valore. Alza la bandiera rivoluzionaria Che porterà il popolo all'emancipazione. In piedi popolo operaio, alla battaglia Bisogna abbattere la reazione. Alle barricate! Alle barricate! Per il trionfo della Confederazione! Alle barricate! Alle barricate! Per il trionfo della Confederazione!



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