Runa Bianca n°6

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ARCHEOLOGIA STORIA SCIENZA E MISTERO

ANNO I DICEMBRE 2011

OMAGGIO

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E

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I RE MAGI Tra mito e realtà

MISTICISMO: GURDJIEFF, IL RISVEGLIO DELLA COSCIENZA STORIA: LE IMPRONTE DEL POPOLO DEL SOLE SCIENZA: IL PUNTO DEL MISTERO

IN QUESTO NUMERO:

2 RUBRICHE 19 ARTICOLI


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editoriale

3’ a cura di Vincenzo Di Gregorio

Un anno sta finendo... Sta finendo anche quest’anno, ed il prossimo è il “fatidico” 2012. Molto probabilmente non ci sarà nessuna fine del mondo (a dispetto dei molti catastrofisti) ma, a detta di molti, si auspica una nuova era di cambiamenti. Noi, nel nostro piccolo, alcuni cambiamenti per il 2012 li stiamo facendo. Abbiamo finalmente dato una veste giuridica a questo e-magazine, costituendo la “Runa Bianca – Associazione Culturale”. Al fine di poter migliorare la qualità del servizio e della comunicazione della nostra rivista, dal numero di gennaio vi inviteremo ad aderire alla nostra associazione, per sostenerci nel nostro cammino, in maniera che avvenga un’interazione tra il lettore e la Runa Bianca. Voi tutti, in questo modo, diventerete parte integrante del nostro progetto, per una corretta divulgazione, senza preconcetti o barriere di sorta. Da gennaio, i nuovi numeri della runa bianca saranno scaricabili integralmente solo dai “soci”, mentre online rimarrà una versione “light” che illustrerà i vari articoli nel loro contenuto. In questo modo non si priva il “lettore” di internet di una corretta informazione, ma si invita chi voglia approfondire questi argomenti ad iscriversi alla nostra Associazione. Insieme alla visione integrale della Runa Bianca, ai “soci” verranno forniti anche i files audio di tutti gli articoli. Questo esperimento, la trasformazione degli articoli scritti in files MP3 scaricabili, masterizzabili e riproducibili da tutti i lettori audio (anche in auto), inizierà già da questo numero. Andate quindi a cercare sul sito www.runabianca.it la pagina dove è possibile sentire online l’audio degli articoli, e a scaricarli gratuitamente per questo mese di dicembre. Purtroppo per motivi di tempo, abbiamo deciso di far leggere questi articoli ad una “voce elettronica”; tuttavia da gennaio molti, se non tutti, verranno letti da una voce umana, che sicuramente riuscirà a dare maggior enfasi alle nostre ricerche, con un netto miglioramento della qualità di questa iniziativa (unica nel nostro settore). Riguardo ad alcuni articoli particolarmente interessanti, si sta studiando la possibilità di realizzare dei video, dei veri e

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propri podcast da aggiungere alla nostra libreria elettronica. Un altro cambiamento, immediatamente percepibile, è dato dalla scelta di suddividere gli articoli in “sezioni” ben identificabili da un colore specifico: • sezione Medicina/benessere del Corpo in colore Azzurro chiaro, • sezione Spirito/Mente di colore Giallo, • sezione Storia/Archeologia di colore Beige; • sezione Simbologia/Mistero di colore Bordeax/Viola. Come per tutte le classificazioni, sarà sicuramente difficile trovare la giusta collocazione ad articoli che trattano argomenti al confine tra due o più settori. Infatti, chi fosse interessato particolarmente ad un settore, può andare immediatamente a leggere gli articoli di suo interesse. Segnalo, tra le rubriche, la conclusione dell’interessante studio di Lilly Astore sui sogni, arrivata alla quarta puntata. Un’escursus che ci ha condotto dalla “dimensione del sogno”, ai “sogni e simboli”, passando attraverso la “legge dell’uno” di Jung per arrivare ai risvolti “Parapsicologici” del sogno. Un’altra importante novità inizierà dal prossimo numero di gennaio: l’apertura alle medicine olistiche/integrative. Senza volersi sostituire a pubblicazioni specifiche di questo settore, si cercherà di affrontare queste tematiche che tanto influenzano la “qualità” della nostra vita, consci che la salute del nostro corpo viene forse prima della salute della nostra mente. I nostri lettori potranno, dal prossimo numero, rivolgere per mail domande a cui risponderanno i nostri specialisti. Risponderanno i nostri autori, specializzati da anni in queste tematiche. Vi auguro, infine, con tutto il cuore, di trascorrere in maniera tranquilla queste festività Natalizie, e che il nuovo anno porti a tutti noi felicità e serenità. Buona lettura e a presto! Arch. Vincenzo Di Gregorio

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Editoriale

a cura di Vincenzo Di Gregorio

RUBRICHE

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PERLE DI SAGGEZZA

Parapsicologia del sogno Dalla trasmissione del pensiero alla metamorfosi dell’Io

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Le vie del pellegrinaggio

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Il messaggio di Sathya Sai Baba di Tullia Parvathi Turazz i

LA BIBBIA SVELATA

Storia/Archeologia

Dalle traduzioni letterali della Bibbia ricaviamo che non ci hanno raccontato tutto e nemmeno il vero (VI)

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ARTICOLI

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I Re Magi tra mito e realtà

20

I Magi, insigni testimoni di un evento straordinario Lapis Exillis. La simbologia, il mito, la metafora del Graal di Nicoletta Camilla Travaglini

di Rosanna Toraldo

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41

Il teatro che libera l’anima di Gaia Chon

Spirito/Mente

43

Internet e la televisione, effetti devastanti per la nostra società di Ma rco Ma rafa nte

46

Lo Yoga degli 8 Re

di Michele Procla mato

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Impronte a Ello del “Popolo del Sole” della teologia eliopolitana? di Antonia Bertocchi

80

La “Scienza Sacra” dei costruttori di megaliti. Origine culturale dell’operazione megalitica (IV) di Marisa Grande

84

Il punto del mistero. Punto G: paure, atteggiamenti errati, consigli di Valter Bencini

Ysengard, possibile insediamento preistorico presso Candelo (BI)

Tutti i diritti di riproduzione degli articoli pubblicati sono riservati. Manoscritti e originali, anche se non pubblicati, non si restituiscono. Il loro invio implica il consenso gratuito alla pubblicazione da parte dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale di testi, e fotografie, documenti, etc. senza il consenso scritto dell’autore e della rivista Runa Bianca. La responsabilità dei testi e delle immagini pubblicate è imputabile ai soli autori.

di Luigi Ba vagnoli

Medicina/Corpo L’Energia Alchemica Vegetale, nel canto dell’Universo che rinasce

Acqua e magia nella leggenda della Fata Morgana

di Ma ria Benedetta Errigo

di Mario Moiraghi

di Luana Monte

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di Ezio Sarcinella

a cura di Lilly Antinea Astore

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Gurdjieff, il risveglio della coscienza di Ma urizio Stocovaz

a cura di Mauro Biglino

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sommario

Personaggi particolari per una Torino magica. Nella teoria come nei fatti (II) di Danilo Tacchino

Simbologia/Mistero

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Saliceto: un paese straordinario, unico! di Guido Araldo

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Dalla spirale al gioco dell’oca di Sebastiano B. Brocchi

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Dal Simbolo agli Schemi Simbolici Complessi

di Giovanni Francesco Carpeoro

Comitato redazionale: Vincenzo Di Gregorio Lilly Antinea Astore Francesca De Salvia Andrea Critelli Sviluppo e progetto grafico: Andrea Critelli Contatti redazionali: redazione@runabianca.it Sito web: www.runabianca.it

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Perle di saggezza

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a cura di Lilly Antinea Astore

Parapsicologia del sogno

Dalla trasmissione del pensiero alla metamorfosi dell’Io

FOTO: MENTE COSMICA

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osa bisogna intendere esattamente per parapsicologia del sogno? Se si parla di sogni “paranormali”, si presuppone che esistano anche “sogni normali”. Ebbene, per analizzare questo concetto dobbiamo sicuramente oltrepassare il puro e semplice fenomeno del sogno e considerare che le nostre stesse percezioni sensoriali (vedere – sentire – toccare) siano limitate. In realtà, ciò che noi consideriamo “normale” è solo ciò che sembra normale nell’ambito degli schemi della nostra società, in uno spazio ed in un tempo storicamente determinato... Eppure consideriamo la normalità un concetto assoluto; quindi, quando ci imbattiamo in un mistero, lo giudichiamo tale solo perché partiamo dal nostro personale sistema di spiegazioni, e cerchiamo di spiegarlo usando i criteri di questo sistema. Ciò vale anche per il sogno. Ora iniziamo a considerare il ruolo del sogno

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nella parapsicologia, una scienza di confine nata alla fine del XIX secolo. I primi studi parapsichici vengono effettuati dalla Society for Psychical Research, con lo scopo principale di studiare il grande problema della “sopravvivenza della personalità umana” (anima) dopo la morte corporea; venne così raccolta una documentazione estremamente importante, alla quale possiamo attingere elementi di studio che riguardano fenomeni particolari come il sogno: l’onirologia è, dunque, un ramo della parapsicologia. Nella documentazione sopra citata possiamo distinguere delle “classi”; tale classificazione non è assoluta, ma è comunque indicativa. Adesso la parapsicologia tenta di usare metodi scientifici per verificare, registrare ed analizzare i fenomeni che non sembrano potersi inserire nel quadro delle leggi scientifiche note. Il compito è sicuramente arduo: si tratta di applicare al sovrannaturale un metodo di indagine gene-

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Parapsicologia del sogno ralmente proprio delle scienze naturali. Da qui derivano le reticenze e spesso addirittura lo scetticismo ad oltranza, il totale rifiuto di questi tentativi da parte dell’“ortodossia del sapere”. Freud stesso pone l’accento su tale ricerca e ricorda che: “È praticamente certo che l’occuparsi di fenomeni occulti porterà ben presto alla conferma che un certo numero di essi si verifica effettivamente; c’è tuttavia da presumere che ci vorrà molto tempo prima che si giunga ad una teoria accettabile riguardo a questi fatti nuovi. ”. Egli mantiene comunque una certa preoccupazione nel delimitare gli argini tra la giovane scienza psicoanalitica ed i cosiddetti “occultisti”; riconosce fondamentalmente una vicinanza tra i due mondi, non fosse altro per la difficile posizione di entrambi nell’occuparsi di fenomeni che la scienza ufficiale del tempo “annovera tra quelle cose che stanno tra cielo e terra”. Riconosce esplicitamente l’esistenza di fenomeni di trasmissione del pensiero, ponendoli come spiegazione ultima dei cosiddetti fenomeni di divinazione. Tratta infatti vari casi di previsione del futuro concludendo che, in verità, il presunto veggente non legga nel futuro degli avvenimenti, bensì in conoscenze e tendenze che l’esaminato possiede al momento del consulto e che non trasmette con gli usuali sistemi sensoriali. A questo proposito scrive: “L’evento si spiega perfettamente se siamo disposti a supporre che questo sapere si è traslato da lui a lei, presunta profetessa, per vie sconosciute, e con esclusione delle modalità comunicative a noi note. La conclusione dovrebbe dunque essere che esiste la trasmissione del pensiero”. In questo viaggio nel “sogno paranormale” analizzeremo i “sogni premonitori”, e vedremo come il loro legame con la telepatia risulti abbastanza evidente, Vale la pena, a questo proposito, ricordare la spiegazione “ fisica” dei sogni telepatici data da Democrito: per lui, l’aria è piena di atomi-individui che portano messaggi da una persona all’altra. La telepatia sarebbe quindi la trasmissione di uno stato psichico senza l’aiuto di uno dei sensi, da mente a mente, testimonianza dell’interconnessione tra tutti gli individui, che in certe condizioni

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Lilly Antinea Astore

creerebbe dei ponti grazie all’attività onirica. Così si spiegherebbe materialmente, cioè con le proprietà dei corpi, la trasmissione al livello del sogno da un individuo ad un altro. Tutti possono fare un sogno telepatico, ma non basta fermarsi a tale constatazione ed affermare che quei sogni sono “inspiegabili”; bisogna approfondire e considerare le ragioni del loro carattere medianico. Vi sono inoltre sogni che sembrano quasi instaurare un dialogo con l’Aldilà, e tutte le tradizioni portano una traccia del carattere trascendente del sogno, che diventerebbe quindi un mezzo per accedere ad una dimensione della vita che abitualmente non ci è possibile percepire... esso agirebbe, quindi, da medium. Partendo dal concetto che la chiarovveggenza è la percezione di uno stato di cose al di là dei sensi noti, ne consegue che il sogno con visioni chiarovveggenti si caratterizza nella materializzazione di un evento sognato. Un esempio famoso di questa tipologia del sogno, tra l’altro, ottenuto in strane circostanze, tuttora misteriose, e

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Lilly Antinea Astore che fu riportato dalla stampa di tutto il mondo, vide come protagonista un anonimo redattore di Boston, il cui nome era Edmund Sampson. Sampson svolgeva le funzioni di redattore capo della cronaca notturna del giornale “Boston Globe”; la sera del 10 agosto 1883, mezzo ubriaco come il solito - essendo un accanito bevitore - si presentò come di consueto al suo posto di lavoro. Appena si sedette per iniziare a scrivere il primo articolo della notte, sprofondò in un sonno talmente pesante che i suoi colleghi decisero di non disturbarlo. Alle 3 del mattino si svegliò di soprassalto, terrorizzato, poiché aveva avuto un incubo; pallido, sudato, tutto tremante si guardava intorno come se ancora vivesse le immagini del terrificante sogno! Ai colleghi che chiedevano spiegazioni, Sampson raccontò di aver sognato un terribile terremoto originato da un vulcano situato in un’isola sperduta dei mari del Sud, da lui nel sogno udita chiamare Pralape; le sue descrizioni erano talmente fedeli che a tutti sembrò di assistere alla fuga di migliaia di persone terrorizzate ed inseguite da lava incandescente. Rimessosi infine dalla violenta emozione, il giornalista si mise febbrilmente a scrivere fogli su fogli, e ne venne fuori un articolo terribile nella sua crudezza delle immagini rappresentate. Per alcuni giorni, il Boston Globe andò a ruba ed il racconto dell’allucinante episodio si propagò, in breve tempo, non solo in America ma per tutto il mondo intero. Molti cominciarono a pensare che si trattasse della “solita” trovata giornalistica per aumentare la vendita del giornale! Malgrado molte ricerche, infatti, nessuno riuscì a trovare sulle mappe quella strana e misteriosa isola citata da Sampson! Dopo poche ore, l’uomo fu licen-

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Parapsicologia del sogno

FOTO: DR. OTTO LOEWI, WOODS HOLE, MA, NELL’ESTATE DEL1955

ziato ed accusato di frode. Ventiquattro ore dopo, giunse la notizia a tutte le redazioni di una spaventosa eruzione vulcanica, che aveva distrutto un’isola e fatto morire la sua popolazione. Nessuno, infatti, aveva tenuto conto del fuso orario! Le notizie che iniziarono a pervenire era le stesse date dal giornalista un giorno prima dell’accaduto; l’unica differenza risultava essere nel nome dell’isola in questione, Pralape per Sampson, Krakatoa nella realtà! Non si sa se il povero Sampson abbia riavuto il suo posto di lavoro; l’unica cosa certa è che si trattò di un fenomeno di precognizione senza precedenti, senza contare che dopo alcuni giorni si scoprì che due secoli prima Krakatoa si chiamava appunto... Pralape! Un altro tipo di sogno molto interessante è

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Parapsicologia del sogno quello euristico. In questo caso, il sogno fornisce la soluzione a un problema pratico o teorico; per qualcuno sarebbe addirittura possibile “pilotare” il proprio viaggio onirico, in modo da sfruttare le ore di sonno per aumentare la propria creatività o, comunque, trovare soluzioni insperate ai propri problemi, In altre parole, se normalmente i sogni servono al cervello per resettare ciò che è ritenuto poco importante, può invece succedere che, al contrario, si sviluppi un argomento che ci interessa particolarmente fino alla soluzione del problema. Si tratta dei cosiddetti “sogni lucidi”, sui quali si era già pronunciato anche lo psicanalista svizzero Carl Gustav Jung, mediante i quali il soggetto effettua tutte quelle operazioni di deduzione, ragionamento e riflessione così tipiche dello stato di veglia anziché del sonno. Anzi, si direbbe proprio che il cervello, scevro dei limiti che la parte cosciente di noi inevitabilmente incontra di solito durante il giorno, dia vita alla parte più intima di noi stessi, l’inconscio, per elaborare dati e circostanze senza assoluti limiti di tempo e spazio. Diventa così possibile far riemergere eventi totalmente cancellati dalla memoria cosciente oppure completare un ragionamento utilizzando dati all’apparenza confusi. Ma in cosa questi “sogni lucidi” si differenziano dagli altri? Innanzi tutto, il sognatore è ben conscio del fatto che in quel preciso istante sta sognando, ed addirittura può essere lui stesso a provocarli; tuttavia, in genere si manifestano in modo spontaneo solo qualora il sognatore sia molto preso da un certo problema di cui non riesce a trovare la soluzione. Tra i vari esempi di sogni euristici ricordiamo quello di Otto Loewi (1873-1961), fisiologo di origine tedesca, premio Nobel per la medicina nel 1936 grazie ai suoi studi sulla trasmissione chimica degli impulsi nervosi: egli narrò infatti che la prima intuizione della sua scoperta gli era apparsa in sogno, dopo 17 anni di infruttuose e frustranti ricerche sperimentali. Una notte gli sarebbe apparso in sogno il modo di appurare se una sostanza chimica potesse fare da tramite nel collegamento sinaptico. Svegliatosi, si alzò e scarabocchiò alcuni appunti. Sfortunatamente, il mattino seguente non riuscì a decifrarli. Il giorno dopo, sognò nuovamente la procedura, andò direttamente in laboratorio ed effettuò l’esperimento con due cuori di rana, dimostrando che il ritmo caratteristico si tra-

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Lilly Antinea Astore smetteva da uno all’altro grazie al trasferimento di acetilcolina. Lo stesso scienziato affermò poi che «moltissime delle scoperte definite intuitive sono associazioni compiute nel subconscio». Il chimico Frederich August Kekulé von Stradonitz (1829-1896) raccontò, in un discorso alla Deutsche Chemische Gesellschaft, di avere identificato la struttura del benzene e la regola per la sua rappresentazione durante «sogni a occhi aperti», mentre guardava le scintille del caminetto comporre circoli nell’aria: prima vide gli atomi danzare in un vortice, e poi un serpente mordersi la coda, finché si convinse che le molecole organiche avevano forma circolare e non lineare. Ma qual’ è il legame che ci può essere tra sogno e reincarnazione? In sogno si rivivrebbero situazioni realmente vissute in altre vite? È possibile pensare che il nostro spirito entri in contatto con un’altra memoria che gli assegni il suo posto nell’infinito della memoria cosmica? Vi sono, in noi, manifestazioni che dobbiamo ad un’altra vita, e che non potremmo spiegare nello stretto quadro della soggettività limitata. Il sogno, quindi, finisce per portare un contributo essenziale a quelle ricerche parapsichiche che riguardano la sopravvivenza dell’anima e la forma di questa sopravvivenza... potrebbe essere una via di accesso, se gli accordassimo una vera attenzione, verso mondi sconosciuti eppure presenti nella vita di ogni uomo. Ma cerchiamo di andare ancora più in là in questo studio parapsichico del sogno. In ogni epoca, alcuni sogni hanno dato al dormiente l’impressione di liberarsi dal proprio corpo. C’è una sorta di alleggerimento del peso fisico grazie al sogno e nel sogno... la possibilità di uscire dal corpo ed agire consapevolmente nell’altro lato della realtà, la quale agli occhi fisici appare impercettibile ed invisibile; ma essa non è altro, a seconda del proprio grado di evoluzione, che il primo stadio dopo la morte, sovrastante il mondo come lo vediamo tutti i giorni ma regolato da leggi diverse... prime tra tutte il dominio delle emozioni, l’assenza di peso e la straordinaria possibilità di passare attraverso le cose... La domanda da fare è dunque la seguente: in questo viaggio “psichico” c’è solo una manifestazione del subconscio, oppure si effettua un vero “viaggio”? La scienza ufficiale non riesce a rispondere

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Lilly Antinea Astore

Parapsicologia del sogno

con chiarezza a questo interrogativo. Gli esoteristi invece parlano di un “corpo astrale”, che si libererebbe dal corpo nel corso del sogno ed in certi casi comparirebbe ad altre anime che si trovano in stato di sonno oppure di veglia. Si tratterebbe di una “discorporazione“, di una Out-of-Body Experience (esperienza fuori dal corpo) che è vissuta come uno spostamento autentico. Alla fine di questa esplorazione parapsichica del sogno ci troviamo davanti a nuove prospettive. Il sogno appare ancora come un piano mediatore sul quale possono incontrarsi influenze diverse. Sarebbe dunque essenziale prestare attenzione a questi “ dialoghi onirici”, anche se sembrano improbabili... di certo, succede “qualcosa”. Ciò sarebbe contemporaneamente il segno di una comunicazione extrasensoriale ed un invito a proseguire nella ricerca di noi stessi al di là della nostra limitata soggettività. AttraFOTO: RITRATTO DI FRIEDRICH AUGUST KEKULÉ VON STRADONITZ, HEINRICH VON ANGELI verso il sogno avrebbe luogo un ritorno all’oceano cosmico, all’uno-tutto re, è arrivato a leggere la vita come un sogno da che resta impresso in noi in seguito alle espeinterpretare e, giocando sul valore simbolico di rienze precedenti. Siamo appena agli albori di quello che può capitare, ha colto l’analogia tra un’esplorazione di questo “ignoto” che fa parte di sogno e quotidianità: il potere della metafora è ciò che abbiamo di più intimo e, come ci ricorda diventato per lui uno strumento di comprensioil surrealista francese André Breton, l’importanne e di risoluzione delle difficoltà umane. Infatti, za del sogno è porsi nella posizione di chi non vivere e sciogliere il nodo della propria metafora, lo seziona, ma lo vive, formulando un assioma secondo Jodorowsky, è terapeutico, e comporta estremamente suggestivo, ovvero quello seconun effettivo cambiamento nell’esistenza di ciado cui sogno e realtà sono due vasi comunicanti scuno: che si influenzano a vicenda. Lo ribadirà in tem“Il sogno, infatti, mi ha anche insegnato a reapi molto più recenti l’eclettico e spirituale artista gire di fronte alle mie paure. C’è stato un periodo in Alejandro Jodorowsky, che, compiendo un viagcui avevo spesso lo stesso incubo: ero in un deserto gio nelle profondità del proprio mondo interioe dall’orizzonte si levava un’immensa nube di nega-

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Parapsicologia del sogno tività, un’entità psichica decisa a distruggermi. Mi svegliavo gridando, sudato fradicio... Un giorno mi sono stancato e ho deciso di offrirmi a lei in sacrificio. Nel culmine del sogno, in uno stato di lucido terrore, mi sono detto: «D’accordo, non sceglierò di svegliarmi. Devi solo venire da me e distruggermi». Quell’essere mi si avvicinò ma, come per incanto, si dissolse all’improvviso. Mi svegliai per qualche secondo per riprendere poi a dormire tranquillo. Allora ho capito che siamo noi ad alimentare le nostre paure. Ciò che ci intimorisce perde qualsiasi potere nel momento in cui smettiamo di combatterlo. È uno degli insegnamenti del sogno lucido. Spesso sono riuscito a dissipare la paura del destino finale attraversando la mia propria morte”. È stato così che la comprensione della dimensione onirica ha indotto Jodorowsky a individuare all’interno del sogno stesso un percorso evolutivo che ricorda la tradizione sciamanica cui fa riferimento. Il percorso si snoda in diverse fasi, distribuite lungo un lasso di tempo non definibile, poiché, come in ogni cammino interiore, è più importante evolversi che arrivare. Tutto sta dunque nell’imparare a ricordare i propri sogni in maniera sempre più ricca e dettagliata, interpretarli decodificando i simboli in essi contenuti e, comprendendone l’insegnamento, diventare consapevoli del proprio sognare mentre è in corso. Infine si arriva a comandare le proprie azioni

Lilly Antinea Astore È una studiosa eclettica con interessi in svariati campi che spaziano dalle scienze di confine, all’esoterismo, dall’archeoastronomia, all’arte ed all’ufologia. È cavaliere dell’ Ordine Mistico Rosacrociano. A soli 15 anni intraprende il suo percorso di ricerca partecipando con un’innovativa relazione sul tema del “ Rinnovamento “, alle conferenze presso le Università di Bologna e di Camerino, organizzate da Massimo Inardi, Peter Kolosimo, Roul Bocci ed il Conte Pelliccione di Poli. Il campo esoterico collabora con il “Centro Studi” di Lecce di Franco Maria Rosa dalla quale apprende ed approfondisce le Medicine Olistiche. In campo culturale è Rappresentante internazionale della “SynergeticArt”, movimento artistico-culturale fondato da

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Lilly Antinea Astore nel sogno così come nella quotidianità, poiché diventare padroni di sé stessi nella dimensione onirica comporterà cambiamenti oggettivi nell’esistenza reale. Siamo giunti al termine di questo studio, con la consapevolezza di non aver esaurito l’infinita ricchezza del sogno. Ma un fatto è certo importante: nella vita dell’individuo e quella delle società il sogno occupa un posto notevole. Inoltre, sono numerose le sue ripercussioni sullo stato di veglia. Gli uomini sono soliti raccontarsi i loro sogni: sarà forse per scongiurarli se sembrano nefasti, o per accellerarne la realizzazione se sono di buon auspicio? Ci si può chiedere se mai un giorno l’uomo arriverà ad avere un atteggiamento chiaro davanti al sogno? Alcuni lo rifiutano come “simbolo di assurdità“, altri lo prendono “alla lettera” - atteggiamento non migliore del precedente. Bisognerebbe a poco a poco abituarsi a convivere con i nostri sogni, addomesticarli... Cioè, addomesticare noi stessi attraverso essi e collegarli a due memorie: una personale (limitata) e l’altra cosmica (infinita). Grazie al sogno, l’uomo non dovrebbe sentirsi solo. Gli archetipi sono il segno di ciò che trascorre attraverso il tempo e lo spazio. La legge dell’essere è la metamorfosi, ed il sogno è anche il luogo delle metamorfosi. Marisa Grande, che si prefigge come obbiettivo finale la ricomposizione globale, una conoscenza collettiva, coniugando tra loro nuovi ed antichi saperi ed annullando i rigidi settorialismi accademici. Nell’ambito ufologico ha partecipato per anni a numerosi simposi e convegni del settore e collaborato con l’associazione no-profit: Rete-Ufo, dedita allo studio dell’ extraterrestrialismo. Dal 1990 è creatrice e conduttrice del programma radiofonico “DIMENSIONEX: Indagini nel Mistero”. Un programma radiofonico che affronta in maniera sinergica numerose e controverse tematiche per lo più ignorate dalla scienza ufficiale e dall’informazione generalista e che la consacra tra le principali divulgatrici in Italia delle tematiche legate al mistero, all’esoterismo, all’ufologia e all’archeo astronomia. Attualmente fa parte della redazione della Runa Bianca.

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La Bibbia svelata

7’ a cura di Mauro Biglino

Dalle traduzioni letterali della Bibbia ricaviamo che non ci hanno raccontato tutto e nemmeno il vero (VI)

FOTO: VALLE DEL CEDRON, LA TOMBA DI ASSALONNE (FONTE: GLISCRITTI.IT)

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ell’articolo precedente abbiamo iniziato a dedicare la nostra attenzione ad un elemento che caratterizza duemila anni di pensiero teologico, e precisamente alla convinzione diffusa che la Bibbia sia il libro ispirato da Dio e che dunque non possa contenere errori, incongruenze, contraddizioni… Proseguiamo col rappresentare la realtà che invece appare evidente agli occhi di chi legge quel libro in modo laico e disincantato; una realtà che ci svela come la Bibbia sia uno dei tanti documenti con i quali i popoli antichi hanno narrato di sé, con l’obiettivo di accreditare la loro storia. La pluralità degli autori che sono intervenuti nei secoli ha prodotto ciò che inevitabilmente ci si aspetta quando si ha la consapevolezza di avere a che fare con un testo voluto, ideato, progettato e scritto esclusivamente da uomini: vi troviamo errori e contraddizioni, incongruenze e dimenticanze, ma anche falsità palesi.

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In Giudici 1,16 si parla dei “discendenti di Obab, il kenita, suocero di Mosè…”, una precisazione in totale contrasto con i passi biblici in cui il suocero di Mosè è chiaramente identificato in Jetro/ Reuel, il madianita (Esodo capitolo 2, cap. 3 e cap. 18). Ma l’autore del libro dei Giudici pare proprio non avere dubbi in merito, perché riconferma la notizia in 4,11, dove scrive “Eber, il kenita, si era separato dai keniti, discendenti da Obab, suocero di Mosè”. Per curiosità segnaliamo però anche che il libro dei Numeri (12,1 e segg.) afferma che Mosè aveva sposato una dona etiope, suscitando le rimostranze di Aronne, che vedeva in quella scelta una chiara violazione del comandamento che imponeva di non prendere donne tra i popoli stranieri. In quel caso interviene Yahwèh, che invita Aronne a non preoccuparsi del comportamento di Mosè, perché lui gode di un rapporto

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Dalle traduzioni letterali della Bibbia... (VI) privilegiato e dunque risulta libero di comportarsi come vuole. Il versetto 19 dice addirittura che Yahwèh si “adirò” con Aronne per questa sua intrusione indebita: non possiamo non rilevare lo strano senso di giustizia di questo “dio” che, invece di adirarsi con chi viola i suoi comandamenti, si scaglia contro chi fa giustamente rilevare la pesante incoerenza proprio di colui che ha comunicato i comandamenti al popolo. Ma di queste ed altre stranezze caratteriali dell’Elohim conosciuto col nome di Yahwèh avremo modo di parlare in futuro. Proseguiamo qui con altre incongruenze palesi ed anche contraddittorie, inaccettabili se la Bibbia dovesse veramente essere il frutto ‘certo’ di una ispirazione divina, e dunque dotato della conseguente caratteristica dell’inerranza. In 1Sam 16,15-23 Davide, il futuro re di Israele, viene chiamato - e per così dire assunto - al servizio di Saul, mentre conduce al pascolo le greggi di suo padre Iesse. Dal versetto 17 apprendiamo chiaramente che lo fa chiamare perché sapeva “suonare bene”: questa è infatti la caratteristica che interessa al re Saul. Ma nello stesso libro, al capitolo 17,55-58, scopriamo che Saul si informa su Davide e sulla sua parentela, solo dopo averne visto il valore in battaglia contro i filistei; lo fa convocare e lo prende al suo servizio mettendolo a capo dei suoi armati. Siamo in presenza quindi di due motivazioni assolutamente differenti: nel capitolo 16 Davide è un mite pastorello che suona bene la cetra, mentre nel capitolo 17 Davide è un abile combattente: due situazioni totalmente diverse, e ciascuna viene presentata come il motivo unico della scelta da parte di Saul. Venne quindi ‘assunto’ perché abile musico o perché valido soldato? La Bibbia (il suo divino ispiratore?) pare non saperlo con precisione. Rimaniamo su re Saul, per rilevare che gli autori biblici non sanno dirci neppure come sia morto. In 1Sam 31,2 e segg. apprendiamo che Saul viene ferito gravemente nel corso di una battaglia cruenta combattuta sul monte Gelboe; per non cadere vivo nella mani dei nemici ordina al suo scudiero di ucciderlo; questi si rifiuta, ed allora Saul provvede a darsi la morte da solo gettan-

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Mauro Biglino dosi sulla spada. Differisce da questo il racconto di 2Sam 1,1 e segg., da cui risulta che è stato proprio lo scudiero ad ucciderlo perché – dice lui – aveva compreso che il re non sarebbe sopravvissuto. La fonte dovrebbe essere attendibile; è infatti lo stesso scudiero che racconta a Davide l’accaduto; Davide ci crede al punto di ritenerlo responsabile della morte di Saul e di punirlo con la morte: lo fa uccidere all’istante. Per i due racconti abbiamo quindi le stesse premesse ma un diverso epilogo. Anche qui gli autori e il loro ipotetico ispiratore dimostrano di non avere le idee chiare su un evento che di per sé non dovrebbe prestarsi a confusioni, data la testimonianza diretta di uno degli attori. Ma le confusioni sulla famiglia reale non finiscono qui. In 2Sam 18,18 Assalonne, figlio di Davide, afferma di essere senza prole, ed allora erige a sua futura memoria una stele che chiama con il suo nome e che – dice l’autore biblico – era conosciuta appunto come il “Monumento di Assalonne”. Questo particolare viene narrato dopo il racconto della morte drammatica di Assalonne, e l’autore ci dice che aveva eretto quel monumento “mentre era vivo”. Una affermazione lapalissiana diremmo noi, che ci autorizza però a pensare che quel figlio di Davide non aveva effettivamente avuto discendenza. Lo stesso autore però dimentica che, quattro capitoli prima (14,27), aveva scritto che Assalonne aveva avuto tre figli maschi e una femmina di nome Tamar. Si sarà confuso perché Tamar era anche il nome della sorella di Assalonnne? Non lo sappiamo, ma l’incongruenza è evidente. Chiudiamo questo excursus con una falsità che è stata deliberatamente inserita nel testo biblico. Nel libro del Duteronomio (32,8) si narra un evento molto importante per le chiavi di lettura che emergono dalle traduzioni letterali della Bibbia. Dice il versetto che “Quando l’[Eliòn] assegnava alle nazioni il loro possesso… fissò i confini dei popoli secondo il numero dei figli di Israele…” e a Yahwèh toccò in eredità il cosiddetto popolo eletto. Il soggetto dell’azione è rappresentato da un qualcuno che sta svolgendo un compito normalmente riservato ai governanti in capo e, in quel-

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Mauro Biglino la specifica occasione, Mosè usa un termine che definisce una chiara posizione gerarchica: [Eliòn], “alto, superiore, il più alto”. La prima parte del versetto afferma chiaramente che l’[Eliòn] (“quello che sta sopra”) considera i popoli un’eredità da distribuire; la parte finale del versetto - così come la conosciamo tradizionalmente - ci farebbe pensare che egli abbia operato tenendo conto del “numero dei figli di Israele”. In realtà si tratta di una sostituzione operata dai copisti più tardi, pressati dal pensiero teologico monoteista del sacerdozio gerosolimitano. I codici più antichi infatti – non condizionati da una riflessione religiosa che non apparteneva loro - riportano che l’[Eliòn] fissò i confini e distribuì le eredità “sulla base dei figli degli Elohìm”. Cioè, la Terra e le nazioni vennero divise assegnandole ai vari Elohìm, che si spartirono così le sfere di influenza sul pianeta! Una storia dunque totalmente diversa da quella contenuta nelle Bibbie che abbiamo in casa: una storia che ci narra di individui venuti dall’alto e che si sono spartiti il pianeta. Questo passo del Deuteronomio, come molti altri passi biblici, risulta essere la sintesi di racconti sumeri

Mauro Biglino Realizza prodotti multimediali di carattere storico, culturale e didattico per importanti case editrici italiane, collabora con varie riviste, studioso di storia delle religioni, è traduttore di ebraico antico per conto delle Edizioni San Paolo: dalla Bibbia stuttgartensia (Codice di Leningrado) ha tradotto 23 libri dell’Antico Testamento di cui 17 già pubblicati. Da 30 anni si occupa dei testi sacri nella convinzione che solo la conoscenza e l’analisi diretta di ciò che hanno scritto gli antichi redattori possa aiutare a comprendere veramente il pensiero reli-

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Dalle traduzioni letterali della Bibbia... (VI)

molto più circostanziati. Le traduzioni effettuate dai sumerologi accademici ci raccontano anche particolari curiosi, come le lamentele espresse da alcuni di quegli Anunnaki/Elohìm, che erano scontenti delle assegnazioni ricevute o che ne erano addirittura stati esclusi. Il contenuto del versetto 10, la vicenda di Yahwèh, la fatica che ha fatto per tentare di costruire un popolo e di conquistarsi un territorio soddisfacente sotto vari punti di vista, ci induce a pensare che probabilmente lui era tra gli scontenti.

gioso formulato dall’umanità nella sua storia. Tra i suoi libri ricordiamo: Resurrezione reincarnazione. Favole consolatorie o realtà? Una ricerca per liberi pensatori (Uno Editori, 2009), Chiesa romana cattolica e massoneria. Realmente così diverse? Una ricerca per liberi pensatori (Uno Editori, 2009), Il libro che cambierà per sempre le nostre idee sulla Bibbia (Uno Editori, 2010) e...

Il Dio Alieno della Bibbia Uno Editori, 2011 Dicembre 2011 | n.6


MARIO MOIRAGHI

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I Re Magi

Tra mito e realtà

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esser Marco Polo si sedette accanto a me. E iniziò a raccontare: In principio, disse, vi era Dio, il Saggio Signore di tut-

te le cose.

Ar Thur Vi fu un tempo in cui un Re sapiente, protettore della Verità e della Giustizia, governava un paese lontano. Il suo nome era Art-Thur, che in persiano significa Principe della Verità. Custodiva questo Bene con l’aiuto di suoi Re, o Principi, o Cavalieri, Magi comunque, che riuniva nel tempio simbolicamente circolare della Fede. Il suo regno, luminoso e antico, era chiamato il Regno dei Cammelli Dorati. Là si adorava l’unico Signore delle genti, Ahura Mazda, il Signore della Saggezza, principio e Padre di tutte le cose. Il Re era considerato il figlio

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FOTO: ADORAZIONE DEI MAGI DI GIOTTO

di Ahura Mazda, nella misura in cui tutti siamo figli di Dio nella Verità. E su un monte chiamato Vaus si conservava una fiamma, la cui origine si perdeva nella notte dei tempi. A lui giunse un giorno un uomo semplice e puro, il cui nome era Parsi Fahr, il Fiore Puro, che aveva saputo spezzare le sue catene con il passato e leggere nel cielo un messaggio misterioso. Aveva visto o percepito che, in qualche luogo, la Verità si sarebbe manifestata. Non aveva saputo capire, o chiedere, di più. Ma voleva partire per cercarla. Art-Thur si lasciò convincere. Il valore, la sincerità e la purezza di colui che aveva parlato erano al di sopra di ogni sospetto. E poi, molti secoli prima, anche il Profeta Zarath Ushtra, il Signore dei Cammelli Dorati, aveva parlato della nascita di un Salvatore, in persiano Saoshyant (spiegò Messer Marco): forse l’ora era giunta. Ar Thur raccolse attorno alla tavola i suoi Prin-

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Mario Moiraghi cipi Magi e presero insieme la decisione di partire. Tutti erano chiamati, ma pochi sarebbero stati gli eletti, gli ammessi alla vista della Verità.

La ricerca Partirono dunque in molti, anche perché la ricerca sarebbe stata lunga e complessa. Dovettero affrontare rischi di ogni genere, attraversare paesi sconosciuti, raccogliere notizie, ascoltare voci sagge, affrontare tentazioni, rinsaldare le loro spade più volte spezzate, attraversare ponti perigliosi come quello di Cinvat. Il drappello si restrinse, finché solo tre si trovarono, soli, senza notizie precise, là dove una stella, una luce li aveva portati. Avevano i loro cammelli dorati e tre doni: oro, per rendere omaggio al Re, incenso, per rendere omaggio alla Divinità, mirra, per rendere omaggio a colui che restituiva la salute, al Salvatore. I loro nomi erano Gaspar, Melchior, Balthazar. Cercarono a lungo, seguendo le indicazioni delle stelle che loro, come astrologi, sapevano correttamente interpretare, finché giunsero in una terra che sembrava corrispondere a quanto essi cercavano. Si rammentarono che in quel luogo il loro Re Ciro aveva fatto riedificare un tempio al Signore, segno evidente di un destino particolare. Lì comunque trovarono solo un re locale, un re in disgrazia presso Dio e presso gli uomini, che diede indicazioni confuse, sulla base di profezie che trovavano indecisi anche i dotti locali. Essi proseguirono nella ricerca, con il sospetto di aver sbagliato luogo e tempo. Ma il segnale del cielo riapparve ed essi trovarono il luogo cercato.

L’Epifania E quando i tre furono dove il Salvatore era nato, il minore andò per primo a vederlo, e parvegli di sua forma e di suo tempo; e poscia il mezzano, e poscia il maggiore, e a ciascuno per sé parve di sua forma e di sua età. Il giovane infatti disse di aver visto un fanciullo giacere in una mangiatoia, con accanto i suoi giovani genitori. E ciò parve ragionevole.

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I Re Magi Il mezzano fece visita, e riferì che nella capanna giaceva un uomo maturo, con accanto i suoi giovani genitori. E ciò parve strano. Il maggiore, che era anziano, disse che nella capanna giaceva un uomo anziano, con i suoi due giovanissimi genitori. E ciò parve folle. E riportando ciascuno quello che aveva veduto, molto si meravigliarono e pensarono di andare tutti insieme. Andando insieme, e a tutti parve quello ch’era, cioè fanciullo di tredici giorni, metafora dell’eternità del tempo; come Zurvan, il Dio-Tempo, di cui qualcuno di loro parlava e che a tutti loro tre pareva della loro età. O forse metafora delle tre essenze - Re, Dio, Salvatore. Comunque Trinità. Il fanciullo prese tutto ciò che gli avevano portato e donò ai tre re un vaso chiuso, un bossolo, mentre la madre offrì loro una delle fasce del bimbo. E i re si mossero per tornare alla loro contrada, senza chiedere ragione degli omaggi, un po’ incomprensibili, ricevuti in contraccambio dei loro doni. E non chiesero chiarimenti, per non essere scortesi. Furono sorpresi anche dal fatto che avevano sentito parlare confusamente di un pane, di un mistero che saziava gli affamati e gli assetati. E questo oggetto ricevuto in dono non sembrava corrispondere a queste aspettative. Comunque non osarono parlare e chiedere. Ma fu male, perché forse poteva essere evitato un dolore peggiore. Forse un re, un re peccatore, o un regno in rovina, avrebbe potuto essere salvato.

Il ritorno I Cavalieri si misero sulla strada del ritorno e, poiché non avevano chiesto, non sapevano comprendere cosa fosse stato dato loro. Aprirono il piccolo bossolo e, con sorpresa ancora maggiore, trovarono una pietra insignificante. La rivoltarono fra le mani, senza capire, e la gettarono in un pozzo. La pietra cadde da loro, lapsit ex illis, sul fondo del pozzo. Avevano acceso un fuoco e su quello gettarono l’altro dono ingombrante, quella fascia del neonato, decisamente un po’ imbarazzante come omaggio da parte di una giovane madre a tre re. Ma la sorpresa li colse, perché la fascia non

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I Re Magi

bruciava, rimaneva intatta nel fuoco, perché del Fuoco era sorella, perché aveva già avvolto la Luce, perché dal Fuoco e dalla Luce era stata purificata. Anche questo non capirono e, ad ogni buon conto, cercarono almeno di dormire, in attesa del nuovo giorno. Ma non riuscirono, perché un chiarore pervadeva l’oasi dove si erano fermati e la luce veniva dal pozzo, dove avevano gettato la pietra. Allora compresero, o forse intuirono soltanto, che erano stati partecipi di un mistero più grande, grande come lo spirito di Ahura Mazda, il Signore Saggio. Cercarono di recuperare la pietra, la pietra che era caduta da loro, la pietra che lapsit ex illis, e la portarono sul Monte Vaus, in uno dei loro santuari, dove si veneravano il fuoco e la luce, il Fuoco di Ahura Mazda, il Fuoco di Zarathushtra, la stessa luce che li aveva portati così lontano dai loro paesi. Poi si dimenticarono, si dimenticarono della loro missione, si dimenticarono di essere Principi e Magi, di essere eredi di Zarathushtra, si dimenticarono della pietra, della perla, del Cristo che a loro si era manifestato.

Gaspar, cioè Gondofar Ma uno di loro era predestinato. Un giorno,

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Mario Moiraghi dopo molti anni, si presentò a lui un uomo che disse di chiamarsi Tommaso, il Didimo, e di venire per parlare di un certo Gesù di Nazareth, il Salvatore, di cui probabilmente non erano giunte notizie fin lì. Ma Gondofar lo smentì immediatamente. Quando era un giovane principe lui, Gondofar, aveva sfidato distanze incolmabili per cercare il Salvatore, questo indefinito Saoshyant di cui lui e i suoi compagni avevano certamente sentito parlare qualche Profeta di regni lontani ed avevano letto nelle profondità indefinite e insondabili delle stelle. Fu così che i due, Tommaso e Gondofar, si incontrarono per la prima volta e si riconobbero nel Cristo. Probabilmente Tommaso non avrebbe mai immaginato di trovare in terre remote qualcuno, una singolare figura di re, cavaliere di ventura, astrologo che, al sentire di Gesù, potesse esclamare: “Si, io l’ho conosciuto, prima di te, me lo ha mostrato una donna, una fanciulla, sua madre. Io lo avevo cercato perché un Profeta delle mie terre aveva detto, più di mille anni fa, di indagare nelle stelle, perché sarebbe apparso un segno. E quel segno sarebbe stato l’avviso che occorreva partire, per cercare l’Introvabile, l’Irraggiungibile di ogni tempo. Io non ho avuto bisogno, a differenza di te, di toccare con mano il suo costato per credere. La mia fede è stata immediata, profonda, irremovibile, come ciò che è fondato sulla pietra. Io, pagano, ho lasciato la spada confitta nella sabbia del deserto, ho lasciato il mio regno per l’Ignoto, ho cavalcato oltre ogni limite di speranza e ho trovato il mio Salvatore. Mi è bastato un cenno, un vagito. Forse non tutto mi era chiaro, ma ho capito che la luce si era manifestata. Poi ho voltato i miei cammelli e i miei cavalli e sono tornato alla mie terre, sapendo che, se anche qualcuno mi avesse portato via il regno, durante la mia assenza, io avevo trovato un altro Regno, che nessuno ci può togliere. Ma il Signore della Sapienza è stato misericordioso. Io sono sopravvissuto ai travagli per attenderti, per dirti che io sapevo e ho visto prima di te.” Fu dunque l’abbraccio di due figli dello stesso

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Mario Moiraghi Padre, che si ritrovavano senza aver mai saputo l’uno dell’altro. Un castello solitario si eleva, Suprema meta del desiderio terrestre. Chiunque con prudenza e zelo Lo vuole cercare - ahimè - non lo trova mai! E pertanto molti vi aspirano. Ancora sconosciuto vi è, Messere, Monsalvasche, tale è il suo nome. E Terre de Salwaesche è il nome del regno… A Munsalwaesche, presso il Graal, sta una schiera armata di cavalieri. Questi Templari sono soliti fare molte sortite a cavallo, per avventura… Ma voglio dirvi del loro sostentamento: essi vivono di una pietra, e questa è di una sorta purissima. Se nulla sapete, ecco, vi dico io il nome: si chiama lapsit ex illis… Da allora la pietra è affidata a coloro a cui Dio le destinò, ai quali egli mandò il suo angelo. Ecco, signore, che cos’è il Graal.

Note e approfondimenti Il racconto romanzato è liberamente ispirato ad una serie di elementi, talvolta già noti, già visti, letti e riletti, talvolta nuovi o trovati per caso, che sembrano produrre una serie fitta e inattesa di analogie, collegamenti, corrispondenze, assonanze, troppo vaste e concatenate per essere dovute al caso. A questo scenario appartiene anche l’incontro del tutto casuale che ebbi con il Milione di Marco Polo, là deve narra che... ...gli abitanti del castello di Ataperistan, in Persia, raccontano che anticamente tre re di quella contrada andarono ad adorare un profeta, che era nato, e portarono tre offerte: oro, perché sapevano che era signore terreno, incenso, perché sapevano che era Iddio, mirra perché sapevano che era eternale. E quando furono ove Iddio era nato, il minore fra loro andò per primo a vederlo, e gli sembrò simile a lui, di apparenza e di età, e poi vi andò quello di età intermedia e poi quello di età maggiore. E a ciascuno parve simile a sé, per apparenza e per età. Avendo ciascuno di loro raccontato agli altri ciò che aveva visto, molto si meravigliarono e pensarono di andare tutti insieme. Andando insieme,

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I Re Magi a tutti parve quello ch’era, cioè fanciullo di tredici giorni. Allora offrirono l’oro, l’incenso e la mirra, e il fanciullo prese tutto; e il fanciullo donò ai tre re uno bossolo chiuso, e gli re si mossero per tornare in lor contrada... Quando i tre, che erano anche magi, ebbero cavalcato per alcune giornate, vollero vedere quello che il fanciullo aveva loro donato: aprirono il bossolo e quivi trovarono una pietra, la quale aveva loro data Cristo, cercando di far loro capire che dovevano restar saldi nella fede, che avevano costruito come pietra. Quando videro la pietra molto si meravigliarono e gittarono quella pietra in un pozzo. Gittata la pietra nel pozzo, un fuoco discese dal cielo ardendo e si gittò in quel pozzo. Quando i re videro questa maraviglia, si pentirono di ciò che avevano fatto. E presero quel fuoco e lo portarono nella loro contrada, e lo posero in una loro chiesa. E tuttora lo fanno ardere, e lo adorano come Iddio; e in tutti i sacrifici che fanno usano quel fuoco; e, quando si spegne, vanno all’originale che sempre sta acceso. Ma come si lega ciò che abbiamo visto finora con la leggenda del Graal e dei Cavalieri della Tavola Rotonda? Come siamo arrivati a questo punto?

1. Qualcosa di più di una semplice traccia I tasselli di questo mosaico sono certamente stimolanti, pur apparendo ancora disorganici. Possiamo tentare di collocarli in una trama ideale, e controllare la sua credibilità. In altra sede è stata evidenziata l’ambientazione delle vicende del Graal nel territorio e nella cultura persiana. Occorre però anche evidenziare il fatto, ai più sconosciuto, che il Mazdeismo, la Torah e il Vangelo sono collegati da un incredibile comune trama teologica: non “simile” ma “comune”. Il tema è vastissimo, impossibile da trattare in questa sede ed è quantomeno connesso con le vicende dell’esilio degli Ebrei a Babilonia, lungo un consistente filone culturale e religioso. Qui intendiamo solo sfiorare i temi che collegano Magi, Cristianesimo e Graal. Ci si può limitare ad individuare un primo gruppo di corrispondenze fra elementi simbolici del Graal, iranici e cristiani:

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I Re Magi

Mario Moiraghi cazione dei pani: Tutti mangiarono a sazietà; e dei pezzi avanzati portarono via dodici ceste piene. Mt. 14, 20;  La luce che emana dal Graal, il fuoco custodito sul Monte Vaus e la luce che circonfuse la nascita di Zarathushtra:4 Poiché abbiamo visto una luce in oriente e siamo venuti ad adorarlo. Mt, 2, 2;  La corrispondenza fra il gesto dei Magi, che gettano, non chiedono perché del dono, e l’atteggiamento di Parsifal che non chiede chiarimenti sulla visione del Graal.

2. La pietra: Lapsit ex illis Esiste però un’altra fitta rete di correlazioni più particolari con la vicenda del Sacro Graal, con riferimento al fatto che ad esso è attribuita l’enigmatica definizione di lapsit ex illis. L’oggetto al quale era stata data la strana definizione, per Wolfram, era infatti ben identificato: si trattava di una pietra, una pietra speciale.

FOTO: IL GRAAL NELLA MANI DI MARIA MADDALENA

 La Ricerca del Salvatore, re, sacerdote e taumaturgo (oro, incenso, mirra)1, profetizzato da Zarathushtra e letto nelle stelle: Io lo vedo ma non adesso: lo contemplo ma non da vicino. Da Giacobbe nascerà una stella e da Israele una verga. Num 24,17 (Balaam);  Il calice, il bossolo2, coppa o contenitore dell’essenza della Verità, donato da Gesù bambino, e il calice dell’Ultima Cena: Prese una coppa e, rese grazie, la porse loro, e tutti ne bevvero. Mc 14, 23;  Il Graal che sfama e sazia come il dono ricevuto dai Magi3, con allegoria affine alla moltipli1) Per i simbolismi di oro, incenso e mirra si veda Mario Bussagli e Maria Grazia Chiappori - I Re Magi: realtà storica e tradizione magica - Ed. Rusconi - Milano – 1985. 2) Con radice liguistica di vaso, vessel, vasello, e dunque bicchiere di legno o di metallo, vasetto, urna. 3) Bussagli Chiappori op. cit. pag. 138 e anche prima.

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…das geslaehte ist vil reine Hat irdes mith erkennt - der wirt in hie genennt. Er heizet lapsit ex illis. 5 …la pietra è di una sorta purissima. Se nulla ne sapete, ecco io vi dico il nome: si chiama ”lapsit ex illis”6.

Lapsit ex illis, abbiamo già visto, è un’espressione latina perfettamente traducibile, cadde da loro, o anche da loro fu gettata. Come dice il Salmo che abbiamo appena ritrovato: …la pietra scartata dai costruttori è diventata pietra angolare. Sal 118, 22 L’oggetto, privo finora di qualunque interpretazione che lo connetta alla materia arturiana, 4) Arnaldo Alberti - Zarathushtra - Ed Piemme Casale Monferrato – 1998, pagg.145, 152. �������������������������������������������������� ) Wolfram von Eschenbach - Parzival - Ed Tea - Milano 1981. I testi in lingua originale sono tratti da Wolfram von Eschenbach – Parzival – Ed. Reclam, pag. 469 – 4, vol II pag. 66 Wf. Parz., pag. 318. Evola, Julius - Il mistero del Graal - 1972 1994 - Roma - Ed.MeDiterranee p. 99 e 116. 6) Wf. Parz., ibid

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Mario Moiraghi sembra trovare uno spiraglio di luce. Il Graal trova preciso riscontro, come lapsit ex illis, nella pietra gettata dai Magi nel pozzo dell’oasi, senza nulla perdere dei valori simbolici ed allegorici che gli sono stati attribuiti nei secoli...

3. Monte Vaus (Vaus d’Avauron?) Un’interessante interpretazione della vera identità del Monte del Fuoco ci proviene dall’Historia Trium Regum, Storia dei Tre Re, di Giovanni da Hildesheim7. Vi si racconta che l’attesa del Salvatore aveva raggiunto in Oriente un elevato fervore, in seguito alle profezie di Isaia, Geremia, Daniele e Michea. Si decise allora di scegliere dodici sapienti, particolarmente versati nell’astrologia, e di inviarli su un monte, perché avvistassero e riconoscessero quel segno di luce che si attendeva. È ragionevole ritenere che questi dodici sapienti fossero Magi e, se Magi erano, che il luogo, il monte dove essi avrebbero dovuto attendere il segno, fosse un Monte del Fuoco. In realtà il monte in questione era chiamato Monte Vaus ed era noto anche ai cartografi medievali, uno dei quali, il benedettino Andreas Walsperger, lo aveva indicato nelle sue carte, nel 1448. Secondo i greci si trattava del Monte Vaus, o Faos, o Monte della Luce, o, infine, Mons Victorialis, monte della vittoria della Luce8. I Magi dunque9 compivano un ascensione rituale, o periodica, sul Monte in questione, il Monte delle Vittorie, o Vaus, o Fos, per vedere se qualcosa si manifestava. Sul monte si trovava una grotta, nella quale sgorgava una fonte di acqua incontaminata, nella quale essi si immergevano per purificarsi, in attesa dell’incontro supremo con la Luce. Nell’acqua risiedeva, da sempre, il simbolo di qualcosa che disseta e conforta, non lontano da un concetto familiare anche alla nostra cultura cristiana: …chi berrà l’acqua che io gli darò non avrà più 7) Bussagli Chiappori op. cit. pag. 198, 199 e nota1. 8) Bussagli Chiappori op. cit. pag. 1999) Bussagli Chiappori op. cit. pag. 134 si veda anche la corrispondenza con il nome del monte Aznavand (asuna = vittoria) di cui nella Cronaca di Zuqnin, pag. 145.

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I Re Magi sete in eterno… Gio 4,14 In questa grotta i Magi ebbero anche la fortuna di trovare i tre doni, oro incenso e mirra, che Adamo aveva predisposto per il Salvatore.10 E finalmente, un giorno, apparve una luce …habens in se formam quasi parvuli et super se similitudinem crucis… …che aveva quasi la forma di un fanciullo, sul quale sembrava esservi una croce…11 E sappiamo cosa accadde poi. Monte Vaus:Vaus d’Avauron dunque?

4. Artù, Graal, Lapsit ex illis, Avalon, Camelot: ora tutto è più chiaro. Siamo ora in grado di ripercorrere simboli, idee ed oggetti, con una visione panoramica differente: - il Graal, vaso o pietra, o ambedue; - i Cavalieri alla ricerca del Graal, Magi alla ricerca del segno di luce Atur Gushnasp, ovvero dei Cavalieri del Fuoco; - Lapsit ex illis, pietra angolare dal nome finalmente comprensibile; - Re Artù, dall’inconfondibile nome persiano;12 - Camelot, il paese dei cammelli, - Monte Vaus, Munsalvaesche e Avalon i luoghi fondamentali, per la vicenda del Graal. I tasselli di questo mosaico sembrano finalmente iniziare a comporsi. Eppure, anche se in questa luce nuova, anche le vecchie interpretazioni non perdono completamente il loro valore. Abbiamo già visto che, disorientati dalle troppo numerose spiegazioni, i più attenti e mistici interpreti hanno risolto da tempo il problema spiegando che, in termini psicologici, il Graal è la metafora, il simbolo, della ����������� ) Bussagli Chiappori op. cit. pag. 140. ����������� ) Bussagli Chiappori op. cit. pag. 134. ������ ) In www.farvardyn.com/azerbaijan.php troviamo anche la connessione fra Artu / Atur e l’Azerbaijan: “Azar” (pahlavi Atur) significa fuoco e an è un suffisso locativo Azarbaijan = Azarpayagan = Azar + payak + an, ovvero terra della base del fuoco poi arabizzato in Azerbaijan, a causa dell’assenza di P e G in arabo.

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I Re Magi

Mario Moiraghi

ricerca di ciò che è irraggiungibile, in tutti i tempi e per tutti gli uomini. Su queste basi, ciascuno vide, e vede tuttora, nel Graal ciò che desidera vedere: l’enigma irrisolto della ricerca dei grandi interrogativi dell’Uomo. La tesi della connessione persiana e dei Magi gode però anche di altri legami possibili e probabili. Si trovano infatti elementi di minor rilevanza, che suscitano assonanze e corrispondenze con il mondo della cavalleria, la vicenda dei Magi e la religione Mazdeica, corroborando e dando forza al collegamento. Accenniamo ad alcuni fra questi temi. La “corte”, come descritta nei testi del Graal, non rispecchiava le corti europee dell’epoca, ma era più affine ai modelli dell’ambiente feudale del Medioevo persiano.13 Il Ponte di Cinvat,14 via di transito delle anime verso l’aldilà nella religione Mazdeica, ha un’esatta corrispondenza con il Ponte Periglioso che i cavalieri incontrano sul loro cammino e che ricorre in tutta la letteratura mistica o fiabesca ��������������������������������������� ) Pagliaro e Bausani op. cit. pag. 111 ���������� ) Alberti – Zarathushtra, op. cit. pag. 201 e Pagliaro e Bausani, op. cit. pag. 94

Mario Moiraghi Nato a Milano, nel 1942, si dedica attualmente alla realizzazione di testi storici e scientifici, allo studio di eventi sociali di rilievo e alla progettazione di piani operativi per la gestione di situazioni di rischio ambientale e di emergenza. Possiede una formazione culturale eclettica, che, partendo da una base classica e letteraria, si è sviluppata nei titoli di Ingegneria, al Politecnico di Milano, di Economia aziendale, alla Bocconi, in associazione con corsi di specializzazione di vario genere, in materia ambientale, economica, amministrativa e sociale. In campo linguistico, in aggiunta a quattro lingue moderne, al greco antico e al latino, ha compiuto studi sulle calligrafie medievali, sulle lingue del bacino mesopotamico e sull’egiziano geroglifico. Ha operato in settori industriali privati, nel campo del controllo ambientale, come coordinatore di

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dell’Occidente. Kay, o Keye, o Key, siniscalco di Artù, è parola Pahlavi (o Medio Persiana) che significa Principe. Il pannolino15 donato da Maria ai Magi, di cui si parla nel Vangelo Arabo dell’infanzia, presenta singolari corrispondenze con la sciarpa che le dame offrivano ai cavalieri che iniziavano una tenzone. Come già detto, la materia qui appena adombrata, nella vicenda dei Magi, è di vastità immensa e getta sulla cultura occidentale luci inimmaginabili. Perfino le figure storiche dei Magi, dai più ritenuti allegoria fiabesca, trovano riscontro reale, non solo in Gundafor-Gaspar, ma in un altro Mago: Perimal. Ma non possiamo in questa sede approfondirne. L’unico grande rammarico è quello di aver sintetizzato questo orizzonte infinito nei cenni di poche righe. Ciò che turba però il ricercatore che si addentra in questa materia, come un esploratore solitario, è l’assoluta indifferenza che gli studiosi occidentali, con eccezione dei pochi citati, dedicano a questa suggestiva e affascinante lettura delle radici della civiltà contemporanea. �������� ) Evola op. cit. pag. 156 nota

progetto, presso società multinazionali europee e americane. È stato dirigente pubblico, nell’ambito di un’amministrazione regionale, ricoprendo anche incarichi di livello nazionale. Docente universitario per circa un decennio, nel settore del governo delle situazioni di emergenza e della protezione civile, ha insegnato in varie scuole di perfezionamento post laurea, in diverse sedi italiane. Ha diretto riviste scientifiche e pubblicato numerosi articoli tecnici e storici, per riviste italiane e di lingua inglese. Realizza conferenze nei campi di competenza ed ha organizzato importanti convegni culturali. Gestisce il sito www.scriptorium.it.

Il grande libro del Graal Ancora, 2006

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Insigni testimoni di un evento straordinario

FOTO: NELLE CATACOMBE DI PRISCILLA FORSE LA PRIMA RAPPRESENTAZIONE DELL’EPIFANIA E DEI MAGI (FONTE: TESTINI, FIG.139).

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a vita e la figura di Gesù Cristo sono delineate nelle narrazioni dei quattro evangelisti, gli apostoli Matteo e Giovanni ed i discepoli Luca e Marco, nei cosiddetti Vangeli Canonici, i libri che aprono il Nuovo Testamento della Bibbia. Non tutti i Vangeli però riportano gli stessi avvenimenti e raccontano le stesse situazioni: ad esempio, solo Luca e Matteo rievocano la nascita e l’infanzia di Gesù, e solo Matteo menziona la stella ed i Magi. “Nato Gesù in Betleem di Giuda, al tempo del re Erode, ecco, dei Magi arrivarono dall’ Oriente a Gerusalemme, e chiesero:<Dov’è il re dei Giudei nato da poco? Perché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siam venuti per adorarlo>. Udito questo, il re Erode si turbò, e con lui tutta Gerusalemme. E radunati tutti i grandi Sacerdoti e gli Scribi del popolo, domandò loro dove doveva nascere il Cristo. Essi gli risposero: <A Betleem di Giuda... >. Allora Erode, chiamati in segreto i

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Magi, volle sapere da loro minutamente da quanto tempo la stella era loro apparsa; poi, inviandoli a Betleem disse:<Andate e fate diligenti ricerche del fanciullo;quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, affinché io pure vada ad adorarlo>. Essi, udito il re, partirono; ed ecco, la stella, che avevano veduto in Oriente, li precedeva, finché, giunta sopra il luogo ove era il fanciullo, si fermò. Vedendo la stella, furono ripieni di una grande gioia; ed entrati nella casa, videro il Bambino con Maria sua madre e, prostratisi, lo adorarono; aperti poi i loro tesori, gli offrirono in dono oro, incenso, e mirra. Quindi, avvertiti in sogno di non ripassare da Erode, tornarono al loro paese per un’altra via...Erode,vedendosi deluso dai Magi, s’irritò grandemente e mandò ad uccidere tutti i bambini che erano in Betleem e in tutti i suoi dintorni, dai due anni in giù, secondo il tempo che aveva rilevato dai Magi” (Mt, 2, 1-16). Luca precisa:”In quel tempo fu emanato un

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editto da Cesare Augusto per il censimento di tutto l’impero. Questo censimento fu il primo che ebbe luogo quando Quirino era governatore della Siria... anche Giuseppe salì dalla Galilea... per recarsi in Giudea... per farsi iscrivere insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Or, mentre si trovavano là, si compirono i giorni in cui ella doveva avere il bambino e diede alla luce il suo figlio primogenito...”(Lc.,2, 1-2) I due eventi storici riportati dagli evangelisti Luca e Matteo, e cioè il censimento di Quirino e la strage degli innocenti ordinata da Erode “ ci consentono di stabilire con un margine minimo di errore quando porre la data di nascita di Gesù (quella calcolata da Dionigi il Piccolo, e cioè l’anno 754 di Roma, divenuto l’anno zero dell’era cristiana, è sicuramente sbagliata)... Publio Sulpicio Quirino… fu in Siria.. come capo militare con poteri straordinari, fra il 9 e il 6 a.C.; Erode, secondo quanto riportato dagli storici, morì dopo un’eclisse di luna avvenuta poco prima della Pasqua ebraica, identificata con l’eclisse del 13 marzo del 4 a.C., e in base al Vangelo di Matteo aveva mandato ad uccidere tutti i neonati di sesso maschile nati a Betlemme dai due anni in giù. Si deve quindi arretrare la data della nascita di Gesù al 747-748 di Roma, cioè il 7- 6 a.C.” 1. Sappiamo così quando i Magi fecero le loro osservazioni ed intrapresero il loro cammino, ma chi erano in realtà questi coreografici portatori di doni che fanno da corona alla Natività, e cosa li spinse ad affrontare un viaggio così lungo e faticoso? Dai quattro Vangeli canonici non abbiamo nessuna indicazione precisa su di loro, né sui loro nomi, o sul loro numero o sulla loro esatta provenienza. 1) Monte L., 1999

Maggiore dovizia di particolari troviamo in alcuni dei cosiddetti Vangeli apocrifi2 dell’Infanzia (i Vangeli non ufficiali): il Protovangelo di Giacomo (secondo alcuni databile al II sec., più verosimilmente non anteriore al VI); quello dello Pseudo-Matteo (attribuito al V o al VI sec., o più probabilmente all’VIII- IX sec.); il Vangelo dell’infanzia arabo – siriaco (non anteriore al VI sec.).); il Vangelo dell’infanzia armeno, affine a quello siriaco (ma anche, per la sua prima metà al Protovangelo di Giacomo ed allo Pseudo Matteo); sono solo nominati nel Vangelo di Nicodemo (forse del IV-V sec.). È il Vangelo dell’infanzia armeno che per la prima volta parla dei Magi come di tre fratelli, re di Persia, d’India e d’Arabia: “Subito un angelo del Signore si recò nel paese dei Persiani, per avvertire i re magi che andassero ad adorare il neonato. E costoro, guidati da una stella per nove mesi, giunsero a destinazione nel momento in cui la vergine diveniva madre. In quel tempo il regno dei Persiani dominava per la sua potenza e le sue conquiste su tutti i re che esistevano nei paesi d’oriente, e quelli che erano i re magi erano tre fratelli: il primo, Melkon, regnava sui Persiani, il secondo, Balthasar, regnava sugli Indiani, e il terzo, Gaspar, possedeva il paese degli Arabi. Essendosi uniti insieme per ordine di Dio, arrivarono nel momento in cui la vergine diveniva madre. Essi avevano affrettato il passo e si trova2) I Vangeli apocrifi (apocrifo deriva dal greco άpokrύptw, cioè “nascondere” ed inizialmente indicava dei testi riservati ad iniziati, adepti; in seguito passò a designare libri non autentici, falsi) sono quelli non riconosciuti dalla Chiesa, in quanto considerati non ispirati da Dio; come tali non furono compresi nel “canone”, tra le Sacre Scritture.

FOTO: NELLA CATACOMBA DI DOMITILLA COMPAIONO 4 MAGI, IV SEC. (FONTE: WWW.UTE-VERSTEGEN.DE)

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Messia: nel mondo iranico si attendeva la nascita di un Re-Salvatore, un dio solare, che sarebbe giunto “ dopo sei millenni di lotta tra bene e male a dominare il settimo millennio, ultimo periodo di un ciclo settennale posto sotto il governo dei sette pianeti, alla fine del quale, dopo un incendio universale, il mondo sarebbe rinato, rinnovato” 4. È la stessa attesa che nel mondo latino esprime Virgilio, nella famosa egloga IV: “...È arrivata l’ultima età dell’oracolo cumano: il grande ordine dei secoli nasce di nuovo. FOTO: MOSAICO CON I MAGI. IN ALTO SONO SCRITTI I RISPETTIVI E già ritorna la vergine, ritorNOMI (RAVENNA, S. APOLLINARE NUOVO, VI SEC.). nano i regni di Saturno, già la nuova progenie discende dall’alto del cierono là al tempo preciso della nascita di Gesù...” lo. (V, 9-10). Tu, o casta Lucina, proteggi il fanciullo che sta In particolare “... Melkon, il primo re, aveva per nascere, mirra, aloe, mussolina, porpora, pezze di lino, e i con cui finirà la generazione del ferro e in tutto libri scritti e sigillati dalle mani di Dio. Il secondo, il mondo il re degli Indi, Gaspar, aveva, come doni in onore sorgerà quella dell’oro..” 5. del bambino, del nardo prezioso, della mirra, delL’adorazione del neonato Gesù da parte dei la cannella, del cinnamomo e dell’incenso e altri Magi, allora, “rappresenterebbe il riconoscimenprofumi. Il terzo, re degli Arabi, Balthasar, aveva to ufficiale del suo ruolo di Salvatore del mondo. oro, argento, pietre preziose, zaffiri di gran valore Il tradizionale numero tre dei Magi si potrebbe e perle fini”. (11,1-2) collegare con il volgere del tempo (ieri, oggi, doCosì ora sappiamo che sono tre, che fanno mani, cioè sempre), con l’ambiente in cui siamo parte della classe dominante, che vengono da immersi (cielo,terra, acqua), con i regni della Naricchi e civili paesi orientali, conosciamo i loro tura (animale, vegetale, minerale), con le componomi. nenti base dell’uomo (corpo, anima, spirito), con Questi ultimi sarebbero tutti da mettere in le bibliche razze umane (Semiti, Camiti, Iafetidi), relazione con la luce e con il divino: Melchiorre ad indicare l’universalità della figura del Cristo”6. significherebbe infatti “il re è luce”; Baldassarre “ il Signore protegge il re”; Gaspare “splendente”. 4) Monte L., 1983, p.76. 5) http://www.clio.unige.it/utopia2/egloga_IV Sostanzialmente si potrebbero definire i Magi 6) Monte L., 2007. Si dice che S. Elena, madre come dei saggi provenienti dall’attuale Iran, studell’imperatore Costantino, abbia fatto portare a diosi “dei segni celesti e depositari della conoCostantinopoli, dalla Terra Santa in cui si trovavascenza presso gli antichi Medi e Persiani... una no, le reliquie dei Magi; successivamente queste sorta di sacerdoti-astrologi, interpreti dei sogni, furono trasferite a Milano, in una apposita Cappelcustodi della tradizione e del fuoco”3. la nella Basilica di S. Eustorgio ( in un sarcofago sul Intorno a 2000 anni fa, diffusissima era un quale ancora oggi si legge la scritta “Sepulcrum po’ dappertutto la “credenza nella venuta di un trium Magorum”) ; infine Federico Barbarossa fece 3) Monte L, 2007.

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trasportare i resti dei Magi nel Duomo di Colo-

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Circa la loro immagine, i Magi nei primi secoli sono effigiati come giovani orientali imberbi, con veste corta e berretto frigio. Nelle raffigurazioni successive, invece, i Magi assumono connotati sempre più diversi fra loro, e, forse per influenza del Vangelo armeno, o forse del Salmo 72, versetti 10-11 (Il re di Tarsis e delle isole porteranno offerte, i re degli Arabi e di Saba offriranno tributi. A lui tutti i re si prostreranno, lo serviranno FOTO: SARCOFAGO CRISTIANO CON L’ADORAZIONE DEI MAGI (DA: REPERTORIUM..., TAV. 1, 5) tutte le nazioni), appaiono come re, con splendide corone e ricchi e sontuone al suo popolo. Ecco perchè si recarono in Pasi abiti. lestina. Ora i pittori raffigurano i tre sapienti sulla base Nuova credibilità questa ipotesi è venuta dal della iconografia tradizionale: vicino al Bambino ritrovamento, nel nostro secolo, di due antiche c’è il re anziano, quello giovane ed imberbe è il tavolette babilonesi, scritte in carattere cuneipiù lontano. Portano incenso oro e mirra; incenformi, che ricorda con grande enfasi per l’anno so, spezia che viene bruciata in onore delle divi7 a.C., l’avvicinamento di Giove e Saturno tra le nità, il cui fumo si innalza fino al cielo offerta al stelle dei Pesci, a dimostrazione che l’evento era Dio appena nato; oro, metallo luminoso e inaltestato previsto, era atteso e che ad esso si accorrabile, assimilato al sole, al Sovrano del mondo; dava notevole importanza” 7. mirra, utilizzata nella mummificazione dei corpi, Se poi si considera che in quegli anni stava al fragile e mite figlio dell’uomo. avvenendo un passaggio epocale, l’arretramenMolte, poi, sono state le supposizioni e le teto del punto gamma γ (il punto virtuale in cui orie relative alla stella che fece da guida ai Magi: l’eclittica e l’equatore celeste si incrociano, in cui alla luce degli studi più recenti, sembra potersi ha inizio la primavera) dalla costellazione dell’Aescludere che si trattasse di una cometa, di una riete a quella dei Pesci, è ragionevole pensare supernova, del pianeta Venere in una fase di che degli “astronomi” abbiano osservato nel cieparticolare luminosità. L’ipotesi ora più comulo orientale una situazione astrale molto rara che nemente accettata sembra essere quella, già probabilmente avrebbe avuto riflessi eccezionali esposta dal grande astronomo Giovanni Keplesulla terra. ro, il quale la identificò con la tripla congiunzioNella edizione della Bibbia del 1966, la trane Giove-Saturno nel segno dei Pesci verificatasi duzione del passo di Matteo è: ”abbiamo visto nell’anno 7 a.C. la sua stella in Oriente” ; nel testo del 2002 è Probabilmente essi “avevano interpretato invece:”abbiamo visto sorgere la sua stella”. astrologicamente l’evento in questi termini: un La prima versione può interpretarsi come nuovo grande re (Giove) di giustizia (Saturno) “mentre eravamo in Oriente”; se invece ad sta per nascere tra gli Ebrei. Infatti i Pesci, segno Oriente vuol dire ad est, nel cielo orientale, ald’acqua, erano associati a Mosè... e per estensiolora può assumere il significato del sorgere di Giove-Saturno insieme nei Pesci in coincidenza nia, dove sono conservati tuttora. Nel XIII secolo Marco Polo asserisce nel suo “Il Milione”che i Magi erano sepolti nella città di Sawah, in Persia, luogo da cui provenivano.

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7) La stella dei Magi, 1991, p.2. Si tratta delle tavolette ritrovate e tradotte dallo studioso tedesco Schnabel negli anni venti del XX secolo.

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portanza e valore, e deve trovare sulla terra un corrispondente riscontro straordinario. In tale contesto si inserisce il periodo di attesa, di speranza, di bisogno di rinnovamento, particolarmente sentito nel mondo iranico ed orientale: “La speranza escatologica traspare anche dalle tradizioni relative ad un Re-Salvatore, assimilato a Mithra. La concezione tradizionale del Re divino e cosmocrator, mediatore tra gli uomini e gli dei, si arricchisce di nuovi signiFOTO: MITHRA CHE UCCIDE IL TORO; GLI SONO ACCANTO IN ALTO ficati soteriologici; procesIL SOLE E LA LUNA, ED IN BASSO CAUTE E CAUTOPATE. so che si può ben capire in con il verificarsi dell’equinozio primaverile in un’epoca dominata dall’attesa del Salvatore>” 8. quella costellazione. E Mithra, benefico dio indoeuropeo che preL’influenza gravitazionale del sole e della luna siede e protegge i contratti, i patti, gli accordi, sul rigonfiamento equatoriale della terra produe simboleggia il cielo diurno, luminoso, solare, ce un movimento di rotazione dell’asse terrestre effigiato “ come un giovinetto sbarbato e dai casu se stesso paragonabile a quello di una trottopelli ricciuti, in costume orientale, con il berretto la che sta per fermarsi. Ciò, oltre a determinare frigio, una corta tunica con sopra un mantello”9, lo spostamento del polo nord celeste, e quindi il nelle raffigurazioni pittoriche o nei rilievi è solicambiamento della Stella Polare (attualmente è tamente rappresentato “nell’atto di uccidere un l’alfa Ursae Minoris; tra 12000 anni sarà Vega neltoro, dalle cui membra spuntano piante salutari la Lira) lungo una circonferenza che viene pere spighe di grano: il toro cosmico, dalla cui morte corsa interamente in un periodo di circa 26.000 l’universo trae la vita. Questa rappresentazione anni, produce il costante anticipo dell’equinozio ricorda forse... un fenomeno cosmico...Tra il 4300 di primavera: è il moto della precessione degli e il 2150 a.C., all’incirca, il punto vernale o punto equinozi. γ... si trovava nella costellazione del Toro. Il fenomeno della Precessione degli EquinoIntorno al 2150 a.C., nel suo cammino retrozi, ufficialmente scoperto dal greco Ipparco di grado lungo lo Zodiaco, il punto γ passò nella coNicea nel II sec. a.C., doveva essere già noto ai stellazione dell’Ariete: perché la vita continuasse, sacerdoti ed ai sapienti delle civiltà del Vicino fu necessario passare all’Ariete, eliminare il Toro, Oriente, che vantavano centinaia e centinaia di ucciderlo”10. anni di osservazione del cielo: nella stessa mitoVerso l’anno 0, poi, dopo oltre due millenni, logia greca troviamo una sorta di enunciazione i “ Magi, questi sapienti d’Oriente interpreti di di questa teoria quando ci viene narrato che ad sogni e di simboli, esperti di astrologia, forse seUrano subentra come dio supremo Crono, ed a guaci dello Zoroastrismo, antica religione iranica questi Zeus (ricordiamo che in astrologia Urano che privilegiava la luce, avrebbero... letto nel cieè il governatore dell’Acquario, Crono del Caprilo l’approssimarsi di un evento straordinario”11, corno, Zeus del Sagittario). L’arretramento lungo 8) Eliade M.,1979-80, p. 309. lo Zodiaco, dopo oltre 2000 anni, del punto γ 9) Monte L., 1983, p. 39. dalla costellazione dell’Ariete a quella dei Pesci 10) Monte �������������������������� L., 1983, pp.40- 41. costituisce un evento celeste di eccezionale im11) Monte L., 1999.

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avrebbero cioè osservato lo spostamento del punto gamma dalla costellazione dell’Ariete in quella dei Pesci, per di più contrassegnato dalla triplice congiunzione Giove-Saturno in Pesci, che avviene più o meno ogni 800 anni. Così, dice Matteo, si sarebbero messi in cammino per andare ad adorare il Messia. Ma questi Magi sono davvero delle persone reali o sono qualcosa d’altro? A quell’epoca la gente comune non sapeva né leggere né scrivere; la capacità di leggere e scrivere, di conoscere i dati conservati negli archivi, di tenere conto dei movimenti degli astri nel cielo per il computo del tempo (calendari, lavori nei campi, navigazione...) od eventuali influenze celesti, era riservata a pochi, i sacerdoti, gli scribi. Pertanto, per far comprendere dei concetti complicati alla gente semplice, al popolo, ci si serviva dei miti, di storie, di fiabe, di raffigurazioni pittoriche, di immagini: pensiamo, ad esempio, alle rappresentazioni di Mithra, alle storie della Bibbia o alle vite dei santi illustrate nelle antiche chiese con mosaici o cicli pittorici. Guardando una mappa del cielo alla latitudine e longitudine di Betlemme, appena prima dell’alba all’equinozio di primavera dell’anno 7 a.C., si vedono allineati ad oriente, nella costellazione zodiacale dei Pesci, tre luminosi pianeti posti in fila, come in trepidante attesa della nascita del Sole: si tratta di Saturno, Giove, Mercurio, o, forse, per dirlo alla nostra maniera, Baldassarre Melchiorre e Gaspare. I Magi potrebbero cioè costituire una trasfigurazione fantastica dei tre

Luana Monte Giornalista pubblicista, scrittrice, laureata in Lettere, ha collaborato con diversi quotidiani e riviste (Il Giornale d’Italia, TV Sorrisi e Canzoni, Il Messaggero, Radiocorriere, Annali dell’Associazione Nomentana di Storia e Archeologia...). Nel 1997, ha curato la sezione dedicata all’immagine di Iside in Astrologia e nei Tarocchi sul catalogo Iside. Il mito, il mistero, la magia. Dal 2005 partecipa a vari congressi su Atlantide proponendo la sua ipotesi

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pianeti12 all’equinozio di primavera del 7 a.C., nel cielo orientale di Betlemme, una immagine simbolica semplice e facilmente comprensibile per segnalare agli uomini un evento celeste epocale, ispiratore di speranza e fiducia: l’inizio di una nuova Era, di un mondo migliore. Bibliografia • Eliade M., Storia delle credenze e delle idee religiose, Firenze 1979-80. • I Vangeli Apocrifi, Torino, 1979. • La Bibbia, Casale Monferrato, 2002. • La stella dei Magi, in Astronomia, Dalla terra ai confini dell’Universo, Il Cielo nella Storia 1991. • Monte L., Il Cristo simbolico, Roma,1983. • Monte L., La stella di Natale, in Annali dell’Associazione Nomentana di Storia e Arte 1999. • Monte L., Una singolare immagine“natalizia” oltre 2000 anni prima di Cristo. Dicembre 2007. • Sacra Bibbia, Ed. Paoline, 1966 • Testini P., Le catacombe e gli antichi cimiteri cristiani in Roma, Roma,1966. • Vermaseren M.J., Mithriaca III - The Mihraeum at Marino, Leiden, 1982. 12) La raffigurazione pittorica riproporrebbe esattamente la configurazione astronomica: l’anziano più vicino al Bambino equivarrebbe a Saturno, dio dalla barba e dai capelli bianchi, il pianeta più ad est; il secondo dei Magi corrisponderebbe a Giove, il re degli dei, il più luminoso dei tre pianeti; il terzo re identificherebbe Mercurio, il giovane dio della comunicazione, l’ultimo dei tre astri in “processione” nel cielo di Betlemme (Betlemme, distante circa 10 chilometri da Gerusalemme, vede lo stesso cielo della sua capitale).

a conferma della identificazione del mitico continente scomparso con l’Impero Minoico. Tra i suoi libri ricordiamo: Il Cristo simbolico (Atanor, 1983), con il padre Francesco Monte L’uomo e lo Zodiaco (Edizioni Mediterrannee, 1984) e infine...

Atlantis L’isola Misteriosa ECIG, 2004 Runa Bianca

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La simbologia, il mito, la metafora del Graal

FOTO: APPARIZIONE DEL SANTO GRAAL, MANOSCRITTO, PARIGI, XV SECOLO (FONTE: BIBLIOTECA NAZIONALE DI FRANCIA

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a parola Graal sembra indicare un oggetto indefinito di cui si ignora persino la forma e la natura, perciò potrebbe trattarsi, anche, di qualcosa di metafisico ed ultraterreno. Alcuni sostengono che sia una pietra, altri affermano che si presenti nella realtà fisica sotto forma, ad esempio, di un libro, di un calice, di una scodella, di un piatto oppure di una testa scolpita. Non è da escludere, però, che potrebbe trattarsi di una pietra a cui è stata data la forma di nappo, con delle lettere incise sopra di esso: una pietra da cui è stato ricavato un calice che, però, si legge come un libro! D’altronde potrebbe simboleggiare semplicemente l’istituzione del rito dell’Eucarestia, oppure libri sacri che riportano cerimonie note solo agli iniziati! Non è da escludersi nemmeno la possibilità che esso stia ad indicare ricorrenze dedicate alla dea universale della fecondità conosciuta come

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Magna Mater, o che sia uno dei tanti nomi ed epifanie della Magna Mater stessa. È anche vero che non possiamo escludere che il Graal sia metafora dell’eterna ricerca delle origini da parte dell’essere umano e della sua sete di sapere! Tra i tanti miti nati intorno a questa reliquia, alcuni di essi possono essere ricollegati a saghe celtiche in cui l’eroe, possessore di quest’oggetto, riesce a spostarsi in un mondo soprannaturale posto su di un piano magico uguale e parallelo al nostro. In tali narrazioni epiche la sua forma è quello di un piatto o di una coppa, che sembra richiamare l’inesauribile cornucopia dell’abbondanza della tradizione greco-romana. Jean Chevalier e Alain Cheerbrant, nel Dizionario dei Simboli, affermano che: “Nella tradizione greco-romana essa è un simbolo della fecondità e della felicità, che si ricollega sia al mito di Giove e di Amaltea ( la capra o la ninfa che nutrì con il suo latte il dio bambino), sia a quello

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Lapis Exillis di Ercole e di Acheloo. Piena di messi e di frutta, l’apertura in alto e non in basso come nell’arte moderna, essa è l’emblema di numerose divinità: Bacco, Cerere, i Fiumi, l’Abbondanza, la Costanza, la Fortuna, ecc.”. Fu Zeus che, avendo rotto, giocando, il corno della capra che lo allattava, l’offrì alla sua nutrice Amaltea, promettendole che questo corno si sarebbe riempito in futuro di tutti i frutti che essa avrebbe desiderato. La cornucopia rappresenta la profusione gratuita dei doni divini. Secondo un’altra leggenda, la cornucopia sarebbe un corno del fiume Acheloo, il più grande fiume della Grecia, figlio di Oceano e di Teti, la divinità del mare, il maggiore di più di tremila fiumi e padre di innumerevoli fonti. Come tutti i fiumi, aveva il potere di trasformarsi in tutte le forme che desiderava: in occasione di un combattimento che l’oppose a Eracle per il possesso della bella Deianira, si trasformò in toro, ma avendogli egli spezzato un corno, si dichiarò vinto. In cambio della restituzione di questo corno, offrì a Eracle un corno della capra Amaltea da lui posseduta. La cornucopia sarebbe, quindi, quella di Acheloo, il dio fiume, che una ninfa aveva raccolto e riempito dei frutti più deliziosi, o quella della capra che allattò Zeus. A seconda della versione adottata, l’abbondanza verrebbe dall’acqua o dal cielo: ma non è forse il cielo, con le sue piogge, ad alimentari i fiumi? Successivamente, la cornucopia è diventato l’attributo, piuttosto che il simbolo, della libertà, della felicità pubblica, dell’occasione fortunata, della diligenza e prudenza, che sono alle fonti dell’abbondanza, della speranza e della carità, dell’autunno-stagione dei frutti, dell’equità e dell’ospitalità. Il simbolo della coppa si presenta sotto due aspetti essenziali: quello di vaso dell’abbon-

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Nicoletta Camilla Travaglini

FOTO: STATUA IN MARMO DI CIBELE (MAGNA MATER) DEL I SECOLO A.C. DA FORMIA, LAZIO (FONTE: WIKIPEDIA/ CHRISO)

danza e quello del vaso contenente la bevanda dell’immortalità.”1 Laura Rangoni, a proposito della cornucopia dell’abbondanza, dice che: “In genere Epona era raffigurata su un cavallo 1) Chevalier, Jean; Gheerbrandt Alain; “ Dizionario dei Simboli”, Biblioteca Universale Rizzoli, quarta edizione, luglio 2001 pag. 314, 323.

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Gli autori de “Il Santo Graal” a questo proposito affermano: “La differenza più evidente risiede nella presentazione stessa del Graal, descritto come una pietra preziosa d’origine celeste ma d’ imprecisata forma e dimensioni. La sacra reliquia, qui, non è né la coppa che contiene l’ostia e che già contenne il sangue del Cristo, come Chrétien, né il calice dell’Ultima Cena e di Giuseppe d’Arimatea: è invece una pietra preziosa, che sembra rinviare peraltro alla Pietra Angolare figura del Cristo stesso, il Lapis associato in area germanica alla pietra incastonata nella corona imperiale e detta “der Waise”, “l’Unico” ( e in senso “l’Orfano”) o FOTO: LA CROCIFISSIONE, TEOFANE DI CRETA, XIV SECOLO (FONTE: WIKIPEDIA) der Weise “il Saggio”. Attorno alla definizione del o posta accanto a dei cavalli, con vari oggetti simGraal data da Wolfram, quella effettivamente bolici; in area gallo-romana era anche assimilata a misteriosa di lapis exillis, si è scatenata una ridCerere. Tra le sue mani era presente la cornucopia, da d’ipotesi: l’accostare l’espressione lapis exillis emblema dell’abbondanza. Inoltre, in epoca altoa quella di lapis elixir, interpretabile come “piemedievale, Epona fu anche assimilata a Hera, divitra filosofale”, avrebbe infatti consentito un più nità celtica. Si dice che Hera, Era o Haerecura, porstretto collegamento con la cultura arabo-mutatrice di abbondanza, vagasse volando durante i sulamana e un rifarsi pertanto al mondo neododici giorni tra Natale ed Epifania. Essa, legata a platonico-ermetico, con il mito del Cratere, sede Diana, da cui Herodiana (in seguito trasformata in dell’intelligenza e simbolo di rinascita. L’espresErodiade), era la dea notturna per eccellenza. sione lapis exillis ( cioè lapis exilii, “pietra dell’esiAlcuni tra i massimi studiosi del folklore, e in lio”?) come lapis coelis, avvicinando la pietra del particolare Propp, ritengono che vi sia una relazioGraal di Wolfram a una stella caduta (la pietra ne diretta tra i miti primitivi che riguardano il culto che secondo alcune leggende orna la corona della Grande Madre, i culti della fertilità e le fate… di Lucifero e precipita con lui dall’alto dei cieli) Propp ha messo in evidenza le analogie tra la fatae quindi all’anima imprigionata nella materia e maga e Cibele, in quanto entrambe custodiscono il liberata dalla potenza dello Spirito.” 3 regno dei morti e sono signore degli animali. È inGiovanni Pansa narra una strana storia a procerto se far derivare l’etimologia della parola fata posito di pietre cadute dal cielo: dalla dea Fauna, chiamata anche Bona Dea”2. “Ora un bellissimo esempio di queste pietre dal A questo punto, potrebbe essere interessancielo, con iscrizioni magiche o cabalistiche, occorre te capire la natura di tale reliquia. In origine, sein Abruzzo e merita di essere segnalato per la legcondo alcune versioni, il Graal, era la pietra, uno gende bizzarre da cui è circondato. smeraldo, più preziosa e lucente del diadema di L’abate Giacomo Mascitti di Petima, vissuto alla Lucifero, l’Angelo più bello del Creato. Esso cadfine del secolo XVII, nella sua descrizione dell’antide sulla Terra quando questi ingaggiò battaglia ca città di Corfinio racconta come, nell’anno 1695 con gli Angeli, e fu raccolto dagli uomini che lo circa, fu rinvenuta nelle adiacenze della valle di usarono per fini non sempre nobili. ����������������������������������������������� Cardini, Franco; Introvigne, Massimo; Montesa2) Rangoni, Laura: “Le Fate”, Xenia edizioni 2004, pag. 9, 25,61,62.

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no, Marina: “Il Santo Graal” Giunti editori marzo 2006, pag.45,46.47,48.

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Verano, una delle valli che circondavano la famosa metropoli de’ confederati italici, vicino al paese di Pratola, un’antichissima pietra caduta miracolosamente dal cielo. Era un ceraunio di forma plani sferica, dal peso di quattro oncie e di color latteo. Alcune linee, quasi piccole vene di color cinabro, rilevate sul corpo di essa, la intersecavano in vari punti formando una serie di lettere che parevano scolpite non dalla natura o dal caso, ma da abilissimo scalpello. Gli eruditi di quel tempo ed i curiosi d’antichità vollero scorgere in quei caratteri una leggenda di contenuto magico e vi lessero le parole D. DE. SUPER sopra una delle facce della pietra; sull’ altra faccia IPRIO. InterFOTO: FOTOGRAMMA IN CUI VIENE RAFFIGURATO LA COPPA DEL GRAAL NEL FILM INDIANA JONES E L’ULTIMA CROCIATA, DI STEVEN SPIELBERG pretarono il senso in questo modo: “Desuper pluentes Castrum, sive arcem in medio locus vita. Così la fenice muta e cambia piumaggio, che Scamni positum, omniaque alia in propinquis locis dopo è fulgido e splendente e bellissimo come prisita destruxere”. Nelle quali parole avvisarono doma. Non vi fu mai umano tanto gravemente maversi contenere un’allusione alle cantiche profetilato che, se un giorno vede la pietra, possa morire che di un certo Antiforo di Perosio, celebre stregone entro la settimana che segue. E il suo aspetto non secondo l’opinione del volgo di scanno. ”4 diverrà smunto. Il suo aspetto rimarrà lo stesso, sia Tale leggenda sembra quasi la perfetta descriuna fanciulla o un uomo, come nel giorno in cui zione che viene fatta del Graal da Chrétien come vide la pietra. viene riportato nel libro di Michael Baigent, RiAscolta ora come vengono resi noti coloro che chard Leigh e Henry Lincoln: sono chiamati dal Graal. Sulla pietra, intorno “Tra l’altro, a questo punto, il Graal appare come all’orlo appaiono lettere che indicano il nome ed il una storia di magica cornucopia o corno dell’ablignaggio di ognuno, fanciullo o fanciulla, che deve bondanza: cento cavalieri, avendone ricevuto intraprendere questo viaggio benedetto. Né è nel’ordine, con reverenza presero il pane in salviette cessario cancellare le iscrizioni, poiché quando egli bianche davanti al Graal, arretrarono in gruppo e, ha letto il nome, questo svanisce davanti ai suoi separandosi, distribuirono il pane a tutte le tavole. occhi.”5 Mi fu detto, e lo riferisco a voi, che se qualcuno tenLa descrizione fatta dalla leggenda abruzzese deva la mano per ottenere qualunque cosa, trovasembra riprodurre, in linea di massima, passi del va pronti davanti al Graal vivande calde o vivande opera di Chrétien, ma se ne discosta poiché colui fredde, piatti nuovi o vecchi, carne animali domeche la racconta non menziona il Graal, in quanto stici e cacciagione. sembra che le pietre cadute dal cielo, nella tra[…] Il Graal era il frutto della beatitudine, una dizione abruzzese, siano legate più a fenomeni tale abbondanza delle dolcezze del mondo che le dovuti alla collera delle divinità che non a prodisue delizie erano pari a quelle che ci vengono degiose cornucopie dell’abbondanza! In ogni caso scritte del regno dei cieli. vi sono molti punti di contatto tra la pietra ca[…] Là vive una schiera di volenterosi, ed io ti duta a Corfino e quella descritta da Chrétien e, dirò come si sostentano. Essi vivono grazie a una se come si evince dalla tradizione, tra questi due pietra della specie più pura… È chiamata lapsit luoghi non ci sono stati contatti e si sono svilupexillis. Grazie al potere di quella pietra, la fenice pati in maniera indipendente, si potrebbe ipotizarde e si riduce in cenere, ma la cenere le ridona la 4) Pansa, Giovanni, Miti, leggende e superstizioni dell’Abruzzo, Arnaldo Forni Editore Sulmona 1924, pag. 40,41.

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5) Baigenet, Michael; Leigh, Richard; Lincoln, Henry: “The Holy Blood and Holy Graal” Arnaldo Mondadori Editori 2003, pag.388, 389 e seguenti.

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Nicoletta Camilla Travaglini zare che il Lapis Exillis di Chrétien sia in realtà la pietra di Corfinio! Cercando di definire la natura del Graal, si è arrivati ad ipotizzare che essa possa essere addirittura una città, secondo alcune tracce antropologiche presenti nel toponimo di un paese dell’Abruzzo interno. Le origini di Guardiagrele6, definita da D’Annunzio nel Trionfo della morte “nobile città di pietra”, si perdono nelle pieghe del tempo. Le tracce antropologiche, supportate anche da ritrovamenti archeologici, rinvenute nella tradizione di questo paese, ne attribuiscono la sua fondazione a genti preromane. Il suo primo agglomerato urbano sembra prendere le mosse da una rocca posta in posizione predominate, di probabili origini longobarde, conosciuta nella tradizione come Torre Orsini o il Torrione. Essa, le cui tracce antropologiche la individuano come il castrum Guardia Graelis o Guardia Grele, aveva il compito, secondo la tradizione, di difendere il borgo. Alcune leggende nate intorno al suo nome dicono che essa era chiamata Aelion, dalla radice greca Helios, cioè sole, ed era conosciuta, anche, come Città del Sole. In seguito essa fu chiamata Grelio dal nome di un condottiero greco e da qui il nome Graelium, Graelle, Graeli, ed infine Grele. Tutto questo ci riporta, almeno per assonanza, alla Parola Graal, quindi se si uniscono le due parole di cui è composto il nome viene fuori Guardia Graal! Ma qui ci troviamo nel campo del6) http://cultura.inabruzzo.it/0022306_i-magi-diguardiagrele/

Nicoletta Camilla Travaglini Laureata in lingue straniere presso l’Università di Roma Tre. È una traduttrice internazionale accreditata presso l’UNESCO. Ha curato alcune mostre fotografiche sulle diverse tematiche che spaziano dall’archeologia, alla poesia, all’ecologia e al mistero. È anche laureata in Educazione Ambientale. Ha tenuto seminari e lezioni presso atenei sul suo modo di interpretare la fotografia paesaggistica, architettonica e visionaria della realtà. Ha comparato la fotografia con le architetture religiose; ha condotto diversi stu-

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Lapis Exillis le ipotesi, non suffragate da alcuni elementi ben precisi. Essa fu feudo dei Palearia, con la contessa Tomasa, ramo cadetto della potente famiglia dei Di Sangro, successivamente passò nelle mani degli Orsini che ne detennero il possesso, tra alterne fortune, per circa duecento anni. Sotto il loro dominio essa divenne una roccaforte del Regno di Napoli e le fu dato il privilegio di battere moneta. Durante il “secolo dei lumi” Guardiagrele fu pesantemente penalizzata da terremoti, insurrezioni e repressioni dell’esercito francese, che si abbandonò ad ogni tipo di violenza. In questo paese, rinomato anche per l’arte di lavorare i metalli, vi sono chiare tracce di elementi pagani inglobati, poi, dal sincretismo cristiano in due splendide chiese: quella di Santa Maria Maggiore, che nasce sul tempio pagano dedicato alla Grande Madre Majella, e la chiesa di San Nicola di Bari, che è la più antica e sorge su un antico tempio dedicato a Giove. Sulla facciata della chiesa di Santa Maria Maggiore è dipinto San Cristoforo, patrono dei Paladini o Palladini, nella loro accezione abruzzese. Inoltre esso annovera nel suo territorio anche la Chiesa di San Pietro, di cui oggi si trovano solo dei ruderi incorporati all’interno di Porta San Pietro edificata, secondo la tradizione, da Pietro da Morrone medesimo, che come è risaputo fu, secondo alcune fonti, legato alla sacra reliquia del Calice Santo. Infine a Guardiagrele vi è un luogo chiamato Piazza Cavalieri, forse dedicato ai Templari, cavalieri per eccellenza.

di demo-antropologici su leggende locali e non. Ha scritto alcuni libri per ragazzi rielaborando leggende locali, ha collaborato e collabora con diversi giornali e riviste di taglio antropologico culturale e turistico. È stata guida turistica ed ha collaborato con musei annessi a castelli anche a livello di ricerche storico-archivistico; ha realizzato diversi laboratori, presso le scuole elementari e medie, sul Medioevo fantastico. È stata la prima a trascrivere alcune leggende locali prese dall’oralità. Ha collaborato nella realizzazione di mostre di archeoastronomia nel nord Italia. Ha realizzato numerosi lavori sulle tradizioni locali del territorio per riviste estere.

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ROSANNA TORALDO

L’Energia Alchemica Vegetale, nel canto dell’Universo che rinasce

FOTO: LAVANDA O LAVANDULA OFFICINALIS

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n quest’epoca di passaggio dimensionale, dove tutti sono preoccupati del domani, di cosa accadrà, di dove si andrà… Volgo lo sguardo al mio paradiso di nome Gaia e mi metto a sua disposizione. Come Naturopata, Alchimista o semplicemente figlia di questi tempi, ho compreso che l’Unione Sacra sancita tra essere umano e cosmo avviene prima di tutto attraverso il nostro pianeta d’origine, ed è proprio da qui che ho iniziato la mia ricerca del microcosmo/macrocosmo umano attraverso la comunione dell’Energheia, la ricerca dell’energia meravigliosa dei Vegetali, studiando le affinità archetipali nell’Olos/Tutto, partendo dalla visione che ogni essere senziente è legato non solo a Madre Natura ma anche all’Universo intero…. Per andare nel verso di tale comprensione sull’umano essere e del suo percorso di vita, bisogna collocarlo nella Creazione, in modo che possa ritrovare il suo giusto posto. Come lo stesso Paracelso, geniale medico del 1500, asserì nel concetto ermetico secondo cui l’uomo è specchio e immagine dell’Universo: “L’uomo è un

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mondo che contiene il cielo e la terra, l’aria e l’acqua e tutti i vari principi che costituiscono il regno minerale, quello vegetale e quello animale, ed il più alto agisce sul più basso”. Dalla “conoscenza dell’Alchimia Vegetale”, dall’utilizzo di rimedi, come oleoliti ed essenze floreali alchemiche, e dallo studio profondo dell’Essere di Natura/Pianta/Fiore/Archetipo, deriva una visione interiore più concreta. Disgrega gli “ologrammi”esteriori ed aiuta nel “far cadere il velo di Maya, vivere nel sogno”. Dissolto il quale, risvegliati, possiamo riconoscere una nuova modalità dell’essere e dell’esistere in armonia completa, senza la dualità mentale che ci divide. Spesso l’Alchimia Vegetale viene considerata alla stregua della stregoneria, e forse in altri tempi sarei stata mille volte bruciata sul rogo. Ma, brevemente, a cosa si riferisce tale termine, spesso viene utilizzato anche per nascondere “esoterismi ed ermetismi”, ossia ciò che è sconosciuto a molti? Le origini dell’Alchimia sono ignote, alcune tradizioni riferiscono che essa non sarebbe stata

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Rosanna Toraldo sviluppata da un singolo individuo, ma insegnata agli uomini in epoca antichissima da creature angeliche (o diaboliche). Il termine “alchimia” indica direttamente l’Egitto, e Kemi il nome con cui fu designata la sua terra nera bagnata dal Nilo. Già si conoscono tracce del pensiero alchemico durante l’età del ferro, ed in particolare dall’antica cultura della Cina. Infatti si fondò in quel popolo sulla base dell’alternanza di due principi complementari detti Yin e Yang, che generavano una unione di opposti: il Tao. L’interpretazione contemporanea, inoltre, conduce ad una derivazione diversa: Al e Chimia, dove Al significherebbe “Dio”, e Chimia “Chimica”: Chimica di Dio. L’Alchimia non è una filosofia, né una scienza, né tanto meno un apparato dottrinale. L’Alchimia è la modalità stessa con cui la natura germina la creazione, in un atto di costante autodisvelamento. Carl Gustav Jung, psicologo svizzero, nella metà del XX° sec. sviluppo’ ed inseguito divulgò i suoi studi sull’interpretazione psicologica dell’Alchimia e dell’Archetipo. Egli scoprì che i suoi pazienti sognavano secondo sistemi simbolici che ricordavano quelli alchemici (Archetipi), ed approfondì tali fenomeni, studiando la simbologia ermetica e quella più generale dei miti e delle religioni, deducendo una teoria semplice e affascinante. Egli teorizzò che l’inconscio, alla nascita, contenga delle informazioni innate, trasmesse in modo ereditario in virtù dell’appartenenza dell’individuo ad una collettività, e chiamò questo sistema psichico inconscio collettivo, distinguendolo dall’inconscio personale, che deriva direttamente dall’esperienza dell’individuo. La formulazione dell’archetipo è stata più volte ridefinita ed approfondita dallo studioso. L’inconscio collettivo diviene costituito sostanzialmente da informazioni universali, impersonali, innate, ereditarie che chiama archetipi. Partendo dal «Sé», che deriva dalla formazione dell’individuo, l’«Ombra» (la parte istintiva, nascosta, che contiene i pensieri rimossi dalla co-

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L’Energia Alchemica Vegetale

FOTO: BORRAGINE OFFICINALIS

scienza, ma anche le doti che l’individuo stesso ancora non conosce), l’«Anima» (la personalità femminile, così come l’uomo se la rappresenta nel suo inconscio) e l’«Animus» (la controparte maschile dell’Anima nella donna). Dall’inconciliabilità dei due opposti nascerebbero, secondo lo psicologo, tutte le sofferenze psichiche ed emotive dell’essere umano, compresa la sua incapacità di accettarsi e di accettare la vita in un rapporto armonioso con il mondo, ossia di amarsi. Dunque, riconciliando entrambe, si ricostruisce nell’essere umano una condizione armonica di integrazione con sé stesso, la società e la Natura. Anche per Erich Neumann, medico e filosofo allievo di Jung, l’archetipo è una immagine interiore che agisce attivamente sulla psiche umana operando una progressiva evoluzione della personalità, esattamente come le strutture biologiche promuovono il metabolismo e lo sviluppo fisico. Non dimentichiamo, però, che ci sono forze nell’universo che muovono l’esistenza, rappresentate nelle diverse culture dagli dei, ma che possiamo anche riconoscere nel movimento continuo, nella nostra galassia, dei sette pianeti. Ad esempio la Luna che governa non solo le maree, ma anche i cicli naturali femminili, le nostre sacre acque. Dunque, parliamo di corrispondenze e similitudini tra Essere Umano, Natura e Cosmo. Nel mondo vegetale la dipendenza dalle

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L’Energia Alchemica Vegetale funzioni planetarie, il tipo di forze che interagiscono sulla pianta conferendole una ben determinata forma, era chiamata dagli alchimisti medioevali Signatura Rerum. Ogni cosa che esiste in Natura è un simbolo/archetipo della Scienza Divina. Così come ogni animale, ogni pianta, ogni minerale rappresenta una tappa della presa di coscienza dell’Opera Universale Cosmica, che germina e si completa nell’organismo umano. Dunque l’Archetipo/Forza/Dei, in sostanza, sono simboli di funzioni, principi attivi, l’essenza divina presente non solo nella pianta, nel fiore; come conclusione di un ciclo, essi sono fissati nel frutto stesso. Siamo onde in vibrazione, che suonano in ottava con il proprio strumento, e ondeggiando viaggiamo ognuna sulla propria stringa di esperienza, mentre i nostri neuroni/pianeti della galassia umana trasmettono continue informazioni riconducibili all’esperienza in compimento di quest’attimo di tempo-non tempo, vissuto accanto ad altre onde, altre ottave, altri suoni armonici emessi da trasmettitori che arrivano dalle piante, dai fiori, dalla Natura che germina e nasconde l’embrione in maturazione nel suo utero… dono d’amore. È qui che il rimedio alchemico nasce, attraverso il Fuoco Sacro della Conoscenza Alchemica, dove l’essere umano diviene semplice mezzo d’informazione, messo a disposizione per riarmonizzare la distonia nell’orchestra divina. Ecco che semplici oleoliti ed essenze floreali, nati da piante spontanee e selvagge, raccolte nel nostro magico ed esoterico Salento, lontano da condizioni inquinanti (luce, gas di scarico, ecc.) agiscono ed interagiscono all’unisono, e attraverso l’archetipo dell’essere di Natura /Pianta giungono all’Archetipo dell’essere di Natura /Umano riarmonizzando, risvegliando e portando a nuova conoscenza o coscienza. Così come la piccola Camomilla, pianta Venusina, dà forza ad ergersi e sollevarsi dal terreno per ricongiungersi con il proprio Sé, il Cipresso, Saturno, ergendosi verso l’alto è Amore verso il Tutto, infine e non ultimo l’Olivo, Sole, il nostro guerriero d’argento che radica, accoglie, riscalda e protegge il viandante che cerca la via di casa, arrivando al cuore. Ma andiamo a scoprire il movimento armonico/archetipo che scaturisce da due piante a noi care e conosciute.

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Lavanda o Lavandula Officinalis Pianta che fa parte delle Laminacee, cresce su terreni secchi e luoghi sassosi, campi, muri. Fiorisce in primavera ed estate. I pianeti governatori sono Mercurio e Luna. Le sommità fiorite vengono raccolte di mercoledì e lunedì, nelle ore preposte dalla sequenza caldaica. Il significato del suo nome è “lavare”, ed è per questo che molti popoli in diverse epoche l’hanno utilizzata come rimedio per lavarsi e disinfettarsi. Infatti è utile da tenere in vaso come primo soccorso domestico. Mi piace di ogni fiore raccontarne la storia, e quella di Lavanda risale ai tempi della Persia. Lavy, figlia del Re persiano, per suo ordine, prima di sposare il sultano d’Arabia a cui era stata destinata sin dalla nascita, dovette imparare l’Astronomia e la Botanica. Le fu maestro il giovane Nibis. Ma, ahimè, i due giovani s’innamorarono perdutamente e chiesero aiuto al Cielo affinché non fossero separati su questa Terra; gli Dei proposero e disposero che i due giovani fossero trasformati nel loro abbraccio d’amore in una delicata e profumata spiga azzurra di Lavanda. Ciò avvenne in una notte di Luna piena. Il mito della Luna piena, nella mitologia Persiana, corrisponde al racconto del Dio Thot, Ermete Trimegisto, Ermes o Mercurio degli Egizi, associato ai primi 14 giorni lunari. È un tonico emozionale, antidepressivo. Dona sostegno nel trattamento dello shock psicologico. Può essere utilizzata come analgesico, calmante dell’eccitabilità cerebro-spinale. Nei casi di irritabilità, spasmi, insonnia, disturbi del sonno, melanconia e nevrastenia è il rimedio che dona calma e conduce a serenità. Aiuta nelle digestioni lente e nel meteorismo. Combatte le affezioni alle vie respiratorie (Mercurio), ottima in caso di asma, tosse convulsa, bronchiti. L’oleolita e l’essenza di Lavanda si usano sia per via interna (atto terapeutico dovuto al medico) che esterna. Guariscono piaghe da decubito, ulcere, eczemi, scottature e malattie della pelle. A livello archetipale, la pianta elabora e migliora la comunicazione, sublima la sessualità repressa, liberando ciò che è giusto che sia. Il respiro che dà vita diviene fluido e leggero. Interagisce tra materia e spirito, facendo da ponte.

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Borragine Officinalis Fa parte della famiglia delle Boraginaceae. Pianta comune che nasce spontaneamente ovunque, nei prati incolti, sui bordi delle strade, lungo i muretti, nei giardini, tra sassi e macerie di vecchie pagghiare, fino a 1000 m. di altitudine. Il nome italiano “Boragine” deriva dal latino “Borago”, la cui etimologia è incerta. Alcuni studiosi sostengono che derivi dall’arabo abou, che significa padre, e da rash, sudore, da cui “padre del sudore” per via delle sue proprietà sudorifere. Altri suppongono che derivi dal latino borra che significa tessuto di lana ruvida, per via dei peli che ricoprono tutta la pianta. Sinceramente, osservandola, mi sono innamorata dei suoi magnifici fiori blu dagli stami quasi neri. I fiori stellati si ergono col fusto verso l’alto rispetto alla pianta che rimane ben radicata al suolo e “volgono lo sguardo mesto e silenzioso” a Madre Terra. Fioriscono da maggio a settembre. Il fiore non è legato ad una storia mitologica, ma molti popoli e tradizioni hanno attribuito a questa pianta il significato dell’allegria e della serenità. Gli antichi Celti erano soliti bere il vino con la borragine perché dicevano che desse coraggio prima della battaglia. Plinio associa la pianta al famoso “Nepente”, citato da Omero nell’Odissea. Invece l’acqua di Borraggine, per Giuseppe Donzelli, medico napoletano, portava allegria al cuore e oblio se mescolata al vino. Il pianeta governatore della Borragine è Giove e la pianta si raccoglie di Giovedì nell’ora del pia-

Rosanna Toraldo È Naturopata, diplomata presso la Scuola Federico II, Dipartimento Ospedaliero Sperimentale ASL di Trani e Master Teacher Reiki Usui. Ha frequentato per 2 anni la Scuola di Biotransenergetica-Psicologia Traspersonale di Lecce, del Dott. Lattuada, dove ha fatto un percorso di consapevolezza e di completamento per i suoi studi di ricerca sugli Archetipi delle Piante e dei fiori. Altri corsi di formazione sono stati in Anatomia e Fisiologia Sottile, che insegna nella sua Scuola di Reiki. Ha

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L’Energia Alchemica Vegetale neta, secondo la sequenza caldaica. Essendo tipicamente gioviana, viene considerata come la “pianta del buon umore”, perché combatte la depressione psichicha. Agisce sulla ghiandola ipofisaria, potenziando l’emissione dell’ormone della secrezione lattea, l’ossicitina; favorisce, inoltre, l’ormone che pilota le surrenali. Buon rimedio per le malattie genito-urinarie e l’infiammazione delle ovaie (n.d. Il Volo dei Sette Ibis, A. Gentili). È un ottimo depuratore del fegato (Giove) e quindi del sangue. L’oleolita e l’essenza di Borragine migliorano la comunicazione con il Sè, debole soprattutto per chi soffre di tiroiditi o problemi di gola (Vchakra, Vishudda). A livello Archetipale agisce sull’umore, innalzando la vibrazione personale. Aumenta l’autostima, libera da parole non pronunciate per non ferire e ferirsi. Migliora la predisposizione dell’essere umano a comunicare con l’altro, specchio della propria anima/animus. In questo nostro vagabondare insieme, tra storie antiche, favole di amori perduti e vecchi rimedi, osserviamo l’esplodere di nuova vita che si evolve in armonia tra Cielo e Terra, tra miriadi di suoni e colori. E come Gaia, il Pianeta Vivente, che lascia il sogno, con tutti i suoi figli, Vegetali ed Animali, ed è pronta al salto dimensionale in un parto di cambio di frequenza e vibrazione, anche noi, con l’aiuto dei nostri fratelli vegetali, più vicini alla Madre, possiamo creare suono armonico all’unisono nel “Canto dell’Universo che Nasce”. A presto. lavorato nel campo dell’Aromaterapia Alchemica. Ha Frequentato corsi monotematici di Floriterapia Spagirica, Alchimia, Radiobiologia e Radionica, facendone una base di ricerca nel campo sia degli Oleoliti Alchemici che delle Essenze Floreali Mediterranee Spagiriche, che porta come materie di studio, oltre all’Alchimia Cellulare, in qualità di docente nell’istituto IS.ME.NA. (Istituto di Medicina Naturale di Lecce). Inoltre ha partecipato, con gli stessi temi, a Conferenze e Tavole Rotonde in Liguria e Piemonte. In Puglia, ha lavorato a fianco di eminenti docenti come il Dott. Sergio D’Antonio, conosciuto e riconosciuto nel campo dell’Omeopatia e dell’Aromaterapia Alchemica.

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VALTER BENCINI

Il punto del mistero (II)

Punto G: paure, atteggiamenti errati, consigli

FOTO:IL BACIO, KLIMT

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redo che una delle migliori definizioni di punto G sia questa: ”Il punto G è l’accesso più erotico nella donna al regno dell’inconscio”. Quest’affermazione spiega anche le molte paure che rendono difficile l’abbandono in questa esperienza.

Paure • Se libero veramente la mia energia sessuale non avrò sotto controllo la mia vita. • Se libero la sessualità scatenerò una forza che farà del male a me stessa ed alle persone che amo. • La sessualità liberata rovina il rapporto di coppia. • Sarei una svergognata. • Lo farei con tutti.

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• Farei sesso più spesso e sarei troppo esigente con il mio compagno. • Se fossi sessualmente libera gli uomini lo sentirebbero e ne attrarrei molti.

Atteggiamenti ipercritici Analogamente gli atteggiamenti ipercritici, specie se l’esperienza è realizzata in un corso dove è presente il confronto con altre donne: • Dolore – Lo sapevo, sono troppo bloccata. Le altre godono, io soffro: sono una frana. • Piacere – Le altre donne provano rabbia e tristezza; loro si che sanno scendere nelle loro ombre. • Vede immagini o luci - Sto avendo allucinazioni, meglio tornare coi piedi per terra! • Non vede immagini o luci – Come mai a me non accade?

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Valter Bencini

Il punto del mistero

• Rilassata – Sono frigida nel sesso come nei sentimenti; perché le altre provano emozioni intense? Nell’atteggiamento influisce poi il proprio carattere, la propria visione della vita. PESSIMISTA

OTTIMISTA

Questi formicolii dap- Questi formicolii dappertutto, queste on- pertutto, queste ondadate! te! Uffa che fastidio

Sensazioni del tutto nuove! Che sorpresa!

È troppo! Non riesco Sono tante, ma vediapiù a sopportarlo! mo dove mi portano! Basta, dirò al mio Aaaah, continua, conticompagno di smet- nua! Ancora, ancora! tere

• Essere presente. • Non entrare in dinamiche di dipendenza: non consolarla, né incoraggiarla. • Non farti venire sensi di colpa se la donna ha reazioni come pianto etc. • Centrati sempre sul tuo respiro. L’energia che si attiva stimolando il punto G è come un fiume in piena che porta via i detriti. L’energia sessuale lava via le ferite della sessualità femminile. Ferite del femminile del punto G e delle zona pelvica in generale: • Aborto traumatico. • Parto difficile. • Molestie sessuali e stupri. • Piacere simulato e orgasmi finti. • Rimpianto di non essersi mai lasciata andare. • Forza furiosa e primordiale resa tabù dalla società.

Consigli • Ridimensionare i pensieri; sono opinioni, non la verità. • Consapevolezza sui collegamenti dei pensieri nei ragionamenti. • Tornare col respiro alla sensazioni corporee. • Emetti suoni, sospiri. • Usa poche frasi durante il viaggio e non dialogare con il compagno. • Evita di razionalizzare e normalizzare quello che sta accadendo, mentre lo vivi. • Scrivere, al termine dell’esperienza, i dialoghi interiori. In particolare per la donna: • Vivi le emozioni per come affiorano nel corpo. • Non collegare i sentimenti a quello che fa l’uomo. • Non ti meravigliare se non provi nulla. • Non ti meravigliare, nel caso in cui ripeti l’esperienza, se le emozioni sono diverse. • Non ti fissare mai su un pensiero, lascialo scorrere. • Respira durante tutto l’esercizio. In particolare per l’uomo:

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Ferite del femminile e zone del bacino interessate A. PUNTO G (finti orgasmi, ansia da prestazione, senso di inferiorità, spingere verso l’orgasmo senza raggiungerlo); B. VAGINA (rabbia, aborti, parti traumatici, continuo bisogno, vittimismo, aspettarsi il peggio); C. CLITORIDE (nervosismo, tensione, sfiducia, impazienza); D. LABBRA (paura di aprirsi, paura, pudore, desiderio di nascondersi); E. PERINEO (difficoltà nel lasciarsi andare, difficoltà nel concedersi nel piacere, irrigidimento).

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Il punto del mistero

Valter Bencini

Elencate le ferite - e la sintesi non rende certo onore a questi traumi che meriterebbero sicuramente più ampia trattazione - credo che sia molto più comprensibile perché si possa parlare di un punto iniziatico e non soltanto erotico. Ecco perché è un punto che già gli antichi sapevano che potesse far passare dalle urla, dal pianto, dal dolore, prima di scendere nel piacere più profondo! Ecco perché sapevano che era un punto dove si perde il controllo, e l’orgasmo è intenso, prolungato, e può essere plurimo. La ferita è la prova iniziatica per eccellenza, quella che poi contraddistingue i membri di una tribù o di una organizzazione iniziatica. In donne con un cammino interiore già pronunciato o poco problematico, è probabile che ci sia subito piacere. Per altre, no. In ogni caso la stimolazione del punto G, oltre che una stimolazione erotica ricevuta dal partner, diventa per tutte una singolare opportunità di viaggio all’interno della propria femminilità.

Differenze tra orgasmo del punto G e clitorideo:  Nell’orgasmo del punto g l’entrata vaginale non si restringe (come nel clitorideo) ma si dilata.  Negli elettromiogrammi non vi è una curva a forma di picco ma più allungata ed estesa, a forma di plateau.  Il piacere è centripeto implosivo, interno piuttosto che esplosivo come il clitorideo. Da un punto di vista anatomico, il punto G può essere definito come un residuo di tessuto prostatico producente un secreto del tutto diverso dall’urina e molto simile al liquido seminale maschile (privo però di spermatozoi). La presenza del tessuto prostatico maschile nella donna non meraviglia perché è soltanto alla sesta settimana dal concepimento che iniziano a delinearsi le differenziazioni sessuali. Prima di questa data gli embrioni umani sono tutti uguali e ovaie e testicoli si sviluppano da una struttura comune.

FOTO: EIACULAZIONE FEMMINILE

Posizioni Ed ecco alcune delle posizioni consigliate per la stimolazione non manuale del punto G. FOTO: ORGASMI A CONFRONTO

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Valter Bencini Di lato o cucchiai

La donna può muovere il bacino ed è una posizione appropriata durante le prime esperienze con il punto G in quanto, essendo davanti a lui, può concentrarsi più su se stessa che sul partner. A quattro zampe o pecorina

Il punto del mistero Lei sopra a vista

In questa posizione la donna può muoversi liberamente, può regolare l’angolo della penetrazione per essere stimolata al punto G. In questa posizione l’uomo potrebbe aggiungere una pressione piacevole sulla pancia della donna immediatamente sopra l’osso pubico, quasi a localizzare maggiormente il Punto G. Lei sopra di spalle

Questa posizione favorisce la stimolazione del punto G. La donna non vede l’uomo, perciò si può concentrare pienamente sulle proprie sensazioni sessuali e fisiche. In piedi In questa posizione la donna, volendo, può stimolare bene il proprio clitoride e combinare le due stimolazioni in un unico ritmo. La forbice

La penetrazione in questo modo diventa profonda e si presta per la donna, che ha un punto G molto più pronunciato dei fatidici 5 cm.

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Posizione confortevole per entrambi, che pos-

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Il punto del mistero sono comunicare attraverso gli occhi e le mani. In questa posizione la donna può chiede all’uomo di penetrarla più dal basso in alto, può regolare l’angolo delle spinte per stimolare il punto G. I movimenti sono generalmente lenti e profondi. La trivella

È forse la più indicata. L’uomo penetra la donna, tenendo le proprie gambe oltre ai glutei ed alle anche della donna. Il pene non entra completamente ma va a stimolare con estrema precisione il punto G.

Conclusioni Sicuramente, per certe caratteristiche di implicazione psichica, l’orgasmo del punto G ha valenze non soltanto erotiche ma iniziatiche. Non si può in ogni caso omettere la sua reale localizzazione fisica, avvertibile da mani esperte come una zona rugosa nella parete anteriore della vagina, né tantomeno gli studi scientifici a suo favore. Non c’è da contrapporre il piacere clitorideo a quello del punto G, né tanto meno legarli ad una maggior autodeterminazione della donna, né tanto meno alla dipendenza dall’uomo. In condizioni di particolare eccitazione potrà anzi essere sperimentato il piacere derivante da questi due orgasmi in quello che è chiamato l’”orgasmo combinato”, con l’uomo che si prende contem-

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Valter Bencini poraneamente cura del clitoride e del punto G. L’errore di Freud non fu quello di postulare un orgasmo diverso dal clitorideo, pur mancandogli i dati dell’esistenza del punto G, ma di subordinare questo orgasmo alla penetrazione e perciò alla dipendenza dall’uomo, oltre che a considerare immaturi gli orgasmi clitoridei e quindi relegandoli ad un piacere di serie b, facendo irritare generazioni di donne! Dispiace però che, ancora oggi, ambienti medici e culturali siano così lontani da un’apertura a 360° non dico rispetto ai rilievi scientifici citati, ma soprattutto verso la testimonianza delle donne che hanno provato questo tipo di orgasmo. Dispiace che ancora oggi parlare dell’orgasmo del punto G e dell’eiaculazione femminile sia oggetto di incredulità e derisione, come riferito per il dr. Hines che si è lasciato andare, immagino con scherno, a definire questo punto come “L’ufo della ginecologia”. Dispiace che la scienza in Italia sia ancora oggi sotto controlli degni dell’Inquisizione. Nel 1986 infatti, nel reparto di ostetricia e ginecologia di un ospedale italiano, erano state rilevate delle manifestazioni orgasmiche durante il parto. Furono selezionate 30 puerpere ed iniziò uno studio. Fu interrotto dall’Asl con la motivazione di “attentato alla sacralità e intoccabilità dell’essere madre”; quasi che ammettere un piacere durante il parto, dovuto alla stimolazione della testa del feto sul punto G, invece che il consueto e biblico “partorirai con dolore” fosse cosa di cui vergognarsi profondamente. Dispiace che attrici intelligenti e sensibili, impegnate a favore delle cause della donne, dichiarino nei loro lavori teatrali che “il punto G è un mito, proposto come un’invenzione di marketing dell’uomo che renda più semplice l’approccio alla donna, che ne incaselli le sensazioni”. Dispiace soprattutto che la smania di catalogare e contrapporre dell’essere umano non porti alla verità più elementare che esista un piacere clitorideo ed uno vaginale. Detto questo, chiudo questo viaggio iniziatico ed erotico, ricordando, specialmente alle donne, quelle poche regole necessarie per entrare pienamente nell’esperienza:  NON SACRIFICARSI (non è un piacere che regali all’uomo ma a te stessa).  NON AVERE RISERVE (lascia scorrere pensie-

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Valter Bencini

Il punto del mistero

ri negativi, pregiudizi, immagini frustranti e giudicanti).  ABBI FIDUCIA – NON CERCARE LA SITUAZIONE PERFETTA (fidati di te stessa e del partner, non avere un’idea precostituita di come dovrebbe essere la cornice).  NON INSEGUIRE UN’IDEA (non avere idee di come dovrebbe essere l’esperienza, lasciati libera di vivere ogni emozione che compare).  NON PERDERE LA CONSAPEVOLEZZA (rimani consapevole ed evita ogni atteggiamento che favorisca la fuga).  AFFIDARSI ALL’ENERGIA SESSUALE (permettiti di sentire quello che emerge dal tuo bacino).  SCEGLIERE DI ABBANDONARSI (lasciati andare; se trattieni aiutati con il respiro, ripristinando il respiro fisiologico, diaframmatico)  APPOGGIARSI ALLE “SPALLE” DELL’UOMO (fidati, lui non è lì per prevaricarti o per dimostrare l’ineluttabilità della sua presenza... è li per condurti ed aiutarti con amore in questo viaggio dell’esplorazione di te stessa).  LASCIAR FIORIRE IL CUORE (apri il tuo cuore; lascia fluire liberamente l’energia dal bacino al cuore e apprezzane le sorprese).

Ringraziamenti Un sentito ringraziamento ai miei maestri tantrici E. & M. Zadra, per tutto quanto mi hanno insegnato nel lungo training di formazione. Alcuni

Valter Bencini È medico chirurgo, specialista in psicoterapia ad indirizzo funzionale corporeo. Terapeuta individuale e di coppia. Si occupa in particolare di comunicazione uomo-donna e problematiche della sessualità, con particolare riguardo a quella maschile. Ha tenuto corsi e conferenze su comunicazione, intimità, carattere, proiezioni genitoriali sul partner, identità di genere, sessualità. Autore di alcune pubblicazioni scientifiche sulla rivista Olos. È allievo dei Maestri di Tantra E. & M. Zadra, con cui ha

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dei concetti, delle immagini, nonché la tecnica del massaggio qui descritta provengono dai loro insegnamenti e dai loro testi. Bibliografia: • • • • • • • • • • • • • • • • • •

D & F. Bergamino – Sesso Teoria & Pratica. C. Bruchez – Giochi di Coppia. Douglas & Singer – I segreti sessuali dell’Oriente. S. Dunkell – Le posizioni dell’amore. Gremese Ed – Il Kamasutra Illustrato. J. Kelly – Conoscere l’amore. W. Reich – La funzione dell’orgasmo. Strocchi Castellani Jodice – Sesso – energia, fantasia, vitalità, gioco. R. Tannahill – Storia dei costumi sessuali. J. Wright – Il massaggio erotico. E&M Zadra – Il punto G – Una guida tantrica al mistero della sessualità femminile. E&M Zadra – Tantra la via dell’estasi sessuale. E&M Zadra – Tantra per due. E&M Zadra – Trasgredire con amore. www.alfemminile.com – Il punto G. www.clicmedicina.it Il punto G tra mito e realtà. www.comodo.it – Punto G. www.foglid’arte.com - Ragazze. Nelle lande scoperchiate del fuori, di Lella Costa, Massimo Cirri, Giorgio Gallione. www.ginecologo.it/parto S. Pollina L’orgasmo durante il parto – ricerca condotta presso la divisione di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale di Fidenza. www.psicologiaoggi.it – Il Mito dell’eros femminile: caccia al punto G

completato il training formativo, e del Maestro di Tao Edy Pizzi. Utilizza le conoscenze della sessualità orientale, integrandole nel suo bagaglio di psicoterapeuta, nei corsi che conduce e nelle terapie individuali e di coppia. Ha collaborato, nella sua formazione, con il Centro Prevenzione Abuso Minori di Prato (Pamat) e con la Casa di Cura per Malattie Mentali a Poggio Sereno di Fiesole. Già docente in Comunicazione per i Circoli di Studio del Comune di Firenze e del Comune di Prato. Attualmente membro del Centro W. Reich di Firenze e socio SIF (Istituto di Psicologia Funzionale). Per informazioni su corsi, conferenze, terapie scrivere a: vb-psicocorporea@libero.it

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GAIA CHON

Il teatro che libera l’anima

FOTO: KAZUO OHNO

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el profondo oceano che è la vita, ci sono persone che sembrano nuotare sempre in acque torbide e tormentate. Amanti del mare mosso, che non riescono e non vogliono stare semplicemente a cullarsi tra le onde. Persone di questo tipo tendono a soffrire e a mettersi sempre in un mare di guai, perché la loro anima inquieta resta bloccata ed imprigionata negli abissi delle acque interiori. Possiamo consigliare loro percorsi di meditazione e trascendenza, ma solo un approccio “strong” come sono loro potrà aiutarli, non a calmarsi bensì ad esorcizzare i propri demoni interiori attraverso l’Arte. Se pensiamo al vasto panorama di scrittori e registi, ci verranno in mente molti nomi, come ad esempio Dostoevskij e Almodovar, cosi lontani nel tempo e nello spazio eppur così simili nel rappresentare il tormento dell’animo umano.

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Immaginiamo a quali suggestioni si sia dovuto calare un attore che abbia interpretato gli scritti del primo o seguito le direttive del secondo, e capiremo subito quanto sia appropriato il termine “arte drammatica”. Nella recitazione, soprattutto quella teatrale, così totale ed intensa, in quanto non esiste la possibilità di interrompersi in caso di errore, avviene un grandissimo processo di immedesimazione. Da un vero attore ci si aspetta che sappia portare sulla scena non solo una sterile esecuzione, ma anche e soprattutto delle emozioni, da trasmettere al pubblico dal vivo. Ecco perché sarà indispensabile uno studio del personaggio, e prima di tutto un profondo lavoro su di se. Pensiamo infatti a cosa accadrebbe se un attore non fosse in grado di conoscere e gestire le proprie emozioni: innanzitutto non sarebbe

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Il teatro che libera l’anima in grado di superare lo “stress da palcoscenico”, inoltre, non conoscendo neanche la propria, di personalità, non riuscirebbe a rappresentare quella del ruolo interpretato, ma solo una tecnica imitazione di un cliché. Negli ultimi anni scuole di formazione e centri, anche di correnti artistiche molto differenti fra loro, sono arrivati alla stessa conclusione: il lavoro dell’artista è estremamente delicato, pertanto va supportato e integrato con tecniche di riequilibrio energetico e benessere naturale. Da queste considerazioni si è arrivati a comprendere che questo genere di percorsi possono divenire utilissimi per quelle persone che necessitano di un percorso molto intenso, di una sorta di “teatro che libera l’anima”, anche se poi nella vita non si occuperanno di questo ma sicuramente troveranno in esso un spazio protetto in cui dare vita a tutte le parti di se, lasciando vivere ed emergere le parti comiche come quelle drammatiche, i punti di luce e i tanti lati d’ombra. Riconoscendo soprattutto a queste ultime un luogo deputato, sarà possibile limitarne i danni nella vita reale, vivendo il disagio in mondi paralleli e soprattutto controllati dal regista-trainer, e smettendo cosi di vivere la vita come una grande e costante messa in scena di tragedie e drammi

Gaia Chon Approdata alle scene dopo una lunga formazione sia nel settore artistico che olistico e naturale, é oggi una professionista poliedrica: la sua sensibilità la rende interprete teatrale e presentatrice, showgirl e regista, ma sempre la sua intensa ricerca artistica si intreccia con quella interiore. Per i suoi ormai famosi “Percorsi al buio”, ha ricevuto patrocini

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Gaia Chon

FOTO: KAZUO OHNO

dell’animo umano. Ognuno di noi nasce con la sua indole che ne è la meravigliosa peculiarità, ma è anche vero che troppe volte ci sentiamo imprigionati in un personaggio che non è realmente il nostro, ma solo l’insieme dei condizionamenti dettati dalla cultura, dalla famiglia, e dalla società. Possiamo liberarcene attraverso la cosiddetta “catarsi” del teatro, dal greco “katharsis” ossia purificazione, che altro non è che la liberazione dai propri vissuti interiori. È molto importante scoprire le tante maschere che ogni giorno indossiamo, per imparare a considerarle poco più di un gioco, e ricordare, come sosteneva il celebre drammaturgo teatrale Pirandello, che ognuno di noi può essere “uno, nessuno e centomila”. dall’Unione Italiana Ciechi, dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, CSA di Rimini, di diversi Comuni della Provincia di Rimini. Istruttrice di Maitri Yoga ed insegnante di teatro, con particolare riferimento al metodo sensoriale, propone l’arte come uno strumento di espressione e condivisione, mettendo in risalto non soltanto la creatività dei singoli artisti, ma i contenuti ed i valori di cui sono intrise le discipline cosiddette “non-convenzionali”.

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MARCO MARAFANTE

Internet e la televisione Effetti devastanti per la nostra società

FOTO: GIOVANI INCANTATI DALLA TELEVISIONE

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a mente e il cervello dell’uomo e da sempre stato materiale di apprendimento, ancora adesso dopo molti decenni secoli e millenni resta l’attrazione principale di studio per gli scienziati di tutto il pianeta. Durante le mie varie conoscenze e ricerche attraverso il web, e il mio interesse verso la nuova società di internet ho affrontato vari studi sul comportamento e sul pensiero delle persone di entrambe i sessi. Attraverso un approfondita analisi ho rapportato che per la maggioranza di casi le persone presentano sintomi di stress, crisi esistenziali ed esaurimenti, dovuti, e secondo la loro opinione da una mancanza di rapporti tra le persone, mancanza di valori e superficialità tra le persone nella nostra società. La società attuale a mio avviso scontenta della propria vita, cerca di crearsene un’altra attraverso la rete, una sorte di seconda vita virtuale

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nella quale per i propri pensieri tutto risulta più facile e dove si riesce a sfogare la rabbia repressa, questi comportamenti servono per staccare dalla vita quotidiana pensando poi di avere maggiori soddisfazioni e meno problemi o pensare di riuscire a scaricarli in rete, possiamo incappare in persone di entrambe i sessi insoddisfatte dell’altro sesso, oppure di casi addirittura di fidanzamenti attraverso la rete, pensando o avendo la convinzione che la cosa possa funzionare o che la persona di cui si sta conoscendo sia proprio quello stereotipo che si stava cercando da moltissimo tempo. Gli studi effettuati sono molteplici ed hanno evidenziato la tendenza a mettere e raccontare nel proprio profilo dei social network più di quanto è la propria personalità. I più bugiardi sarebbero gli uomini, nascondendo il loro vero lavoro e inventandosene uno che attragga di più l’altro sesso, come: Ingegneri, Imprenditori

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Marco Marafante ecc, nelle donne invece andrebbe di moda invece mettere fotografie false di donne magre con dolci occhi da cerbiatto. Queste situazioni vengono indotte dalla nostra mente in quanto al giorno d’oggi va sempre più nel diminuire il contatto tra persona e persona ma soprattutto la mancanza di relazione tra uomo e donna, e la mancanza di rapporto umano che va pian piano diminuendo nella nostra società e porta a questi sconvolgimenti e falsi tunnel mentali nei quali le persone credono di essere circondate da amici (ma sottolineo che sono amici virtuali) al quale ci si parla attraverso una tastiera di un semplice PC, ma che nella vita reale non esistono, a mio parere aumenterà la disconnessione tra i rapporti umani e sempre più l’allontanarsi con essi, infatti se noi guardiamo bene le statistiche, sono in aumento ogni anno i casi di persone che si rivolgono agli psicologi e agli psichiatri, per la mancanza di non riuscire a comunicare con le persone nella società di cui veniamo abitualmente circondati, ogni cosa ha i suoi pro e i suoi contro in questo caso internet e la televisione stessa dovrebbero essere viste come una cosa che serve per imparare e apprendere grazie a canali di cultura e comunicazione e non far si che diventi la propria vita, è un mondo virtuale, non è la realtà come pensano tante persone, invece le persone si identificano in quella realtà virtuale nella quale pensano veramente di farne parte, e che porterà invece alla fine la semplice persona ad avere dei blocchi mentali nella propria vita e non sarà mai lasciata libera di decidere con il proprio pensiero ma sarà sempre influenzata da ciò che gli viene detto e offerto attraverso i canali di comunicazione. Prendiamo ad esempio la moda alla quale la maggior parte delle persone fanno riferimento o seguono, la moda e una catena bella e buona per far si che la gente compri un determinato

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Internet e la televisione

prodotto e che l’individuo sia facilmente manipolabile, apro una piccola parentesi ( Quando ancora non c’erano i comuni canali di comunicazione, la pubblicità la si faceva in piazza o per le strade, si pagavano uomini e donne perché stessero tutto il giorno con un cartello addosso per sponsorizzare una determinata marca o un determinato prodotto, a distanza di anni sono le persone stesse che sono diventati quel cartello di legno, perché le multi nazionali si servono del singolo individuo per pubblicizzare il loro marchio, è il popolo cosa fa? Lo esibisce bene come fosse un trofeo), perché questo?, perché la maggior parte delle persone che seguono una moda sono persone non dotate di una personalità propria, seguono la semplice moda solo per sentirsi accettati dalla società che gli circonda, perché sappiamo che se la società ti vede diverso o non adatto a loro ti esclude a priori senza preoccuparsi di quello che sei o di quello che puoi dare, ma si basa solo sull’apparenza e non alla persona stessa, tutto questo fa che il semplice individuo si adegui a tutti gli altri senza preoccuparsi che la cosa che si sta facendo sia giusta o sbagliata, questo porta l’individuo a non essere più libero ma di portare una determinata matrice su di esso senza possibilità di scelta, durante sempre le mie attente analisi e studi in campo psicologico ho potuto notare quanto sia facile far credere

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Internet e la televisione a una persona che una cosa sia sbagliata o giusta in base a come te la propongono grazie ai messaggi subliminali o come te la dicono. Nei primi anni trenta si stava già sperimentando tra le persone il modo migliore di portarli tutti, o la maggior parte della società ad avere un ideale o dei pensieri comuni tra le persone perché questo?, perché se si ha cento persone e tutte e cento le si riesce a portarle verso la stessa direzione sono più facilmente manovrabili e si fa si che faccino tutte le stesse cose e le stesse scelte, i test che effettuavano erano molto semplici e molto ingegnosi, prendevano trenta o quaranta persone le facevano sedere su delle sedie e solo per alcuni secondi veniva loro proiettata una immagine di una situazione comune di tutti i giorni, però che rappresentava il divario tra due persone completamente diverse, l’immagine in questione faceva vedere una scena di un uomo sulla mezza età ben vestito in giacca e cravatta con cappello e una valigetta in mano mentre si apprestava ad andare in contro ad un altro uomo che veniva rappresentato come un normale uomo povero con jeans canottiera tutto sporco dal lavoro svolto, la fotografia veniva messa alcuni secondi e poi tolta, e veniva fatta una domanda ai presenti, la quale diceva: nell’immagine che e stata visionata si potevano vedere due persone vicine un uomo ben vestito con la valigetta in mano, e l’altro un semplice barbone sporco e puzzolente, nella

Marco Marafante Nato ad Adria il 28 Febbraio del 1982, vive a Taglio di Po (Rovigo). Socio del C.U.N. (Centro Ufologico Nazionale) Presidente dell’Associazione Culturale A.C.I.N.S. Associazione Culturale Internazionale Nuove Scienze (www.acins.eu). Web-Master, Poe-

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Marco Marafante foto ce un particolare, uno dei due tiene un coltello e lo sta usando contro l’atro per aggredirlo e per derubarlo, chi dei due tiene questo coltello in mano? volete sapere la risposta? e stato calcolato dopo varie proiezioni e test che comprendevano qualsiasi fascia di età sia di donne che di uomini che la maggior parte delle persone ha risposto che il coltello lo aveva l’uomo trasandato al quale gli serviva per aggredire e rubargli la valigetta all’uomo aristocratico ben vestito, ma mi dispiace deludervi perché l’immagine proiettata mostrava che il coltello lo aveva l’uomo vestito bene ed era lui che stava per fare violenza sul pover uomo, questo ci da da capire quanto la nostra mente sia facilmente manovrabile attraverso situazioni che la televisione ed internet ci proiettano come giusti ma che in realtà avrebbero bisogno di un occhio più critico e più concreto. Ognuno di noi è dotato di un cervello per pensare e ragionare ma sembra che la maggior parte delle persone non si curino di usare il proprio ma prendono in prestito quello degli amici o della televisione stessa causando dentro di se poi solo dei falsi tunnel e miti che nella vita non porteranno mai a nulla, ma solo ad una vita misera e fatta di castelli costruiti sulla sabbia senza alcuna fondamenta. ta, Scrittore e Referente del C.U.N. Polesine. Ricercatore di: Biotecnologia, Criptozoologia, Biologia, Esobiologia, Astronomia, Evoluzionismo, Fisica Quantistica, Geografia, Climatologia, Chimica, Botanica, Paleontologia, Genetica, Filosofia, Teologia, Simbologia, Archeologia, Folklore, Psicologia, Parapsicologia, Esoterismo, Storia. Studioso dei Misteri del Tempo e del’Uomo, di Enigmi storici, Misteri del passato, Enigmi della Mente e Ufologia.

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MICHELE PROCLAMATO

Lo Yoga degli 8 Re

FOTO: PARTE SUPERIORE DELLA LISTA DEI RE SUMERI

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on mi sono mai rivolto al mondo dello yoga. Lo osservo con distaccato rispetto e malcelata invidia, vista la mia sicura incapacità fisica anche solo di simulare quelle statuarie posizioni, anticamera certa di una ricercata simbiosi trina, fatta di corpo, mente e anima... divina. Ammetto, inoltre, di rifarmi ancora a ritmi fisiologici e cibi piuttosto “nostrani”, che poco hanno a che fare con fibre e vitamine specifiche, cosa che pone me, rispetto ad un’ipotetica evoluzione vegetariana, in una situazione di sempiterno stallo. Sarei, quindi, nel vivere e nel pensare, perfettamente antitetico al cuore di una filosofia di vita che da millenni insegna, oggi in tutto il mondo, un percorso di avvicinamento al divino fatto di disciplina mentale e fisica. Lo sarei, se non fosse per un piccolo dono, che mi permette di “vedere” ciò che, a volte, ai molti sfugge ed oggi, grazie ad esso, io, che di

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simboli mi occupo, vorrei porne uno in particolare, alla vostra attenzione. Un inconsueto modo di vedere il “vostro mondo“, sotteso a rendere il mio scrivere ed il vostro leggere un modo diverso per capire di più e meglio perché e cosa rende lo YOGA un’arte speciale di vivere il sacro. Quindi, concedetemi un po’ di attenzione ed abbiate fiducia, perché il mio modo di spiegare il vostro fare è particolare, tanto da dirvi ciò che segue.

Lista sumera dei Re Nel 1932 una spedizione archeologica inglese, condotta dal capitano Weld Blundell, approda nell’attuale Bassora, in Iraq, alla ricerca delle mitiche città bibliche. Fu una spedizione fortunata quella del Blundell, ricca di reperti, tra i quali ne spicca uno tutt’ora senza spiegazione, destinato

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Lo Yoga degli 8 Re a passare alla storia come: “Prisma di Blundell”, sul quale sono incise 26 righe di caratteri cuneiformi che, tradotti, così recitano: Dopo la discesa della regalità dai cieli, la regalità fu a Eridu, in Eridu Alulim divenne re, egli regnò per 28800 anni. Alalgar regnò per 36000 anni. “Due” re; Essi regnarono per 64800 anni. Poi Eridu cadde e la regalità fu spostata a Bad-Tibira divenne re a Bad-Tibira Enmenluanna; egli regnò per 43200 anni. Enmengalanna regnò per 28800 anni. Dumuzi il pastore regnò per 36000 anni. “Tre” re essi regnarono 108000 anni. Bad -ti-bira cadde e la regalità fu spostata a Larak. A Larak, Ensipadzidanna regnò 28800 anni. “Un” re... egli regnò per 28800 anni. Larak cadde e la regalità fu spostata a Sippar. Sippar Enmeduranna divenne re e governò per 21000 anni Poi Sippar cadde e la regalità fu spostata a Shuruppak. Ubaratutu divenne re, egli governò per 18600 anni. “Un” re… egli governò per 18600 anni.. In “Cinque” città “Otto” re, essi regnarono per ”241200” anni, poi il Diluvio “travolse tutto”.

Zodiaco e nadi Ora proviamo a fare un piccolo esperimento: sostituiamo gli 8 RE con gli 8 stadi principali dello Yoga, quindi: Yama al posto di Alulim, Niyama per Alalgar, Asana, Pranayama, Pratyhara, ecc. Bene, in tal modo, ognuno degli stili Yogici ha un riferimento temporale, nonché numerico, il cui computo totale può essere osservato alla fine della descrizione della lista. Adesso facciamo così, andiamo a Dendera, in Egitto, presso uno dei templi più antichi della storia egizia, poiché in esso, nella stanza delle stelle, si conserva la copia dello zodiaco più importante della storia umana, meglio conosciuto

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Michele Proclamato come Zodiaco di Dendera.

Osservate con attenzione l’immagine, è importante. Noterete che, all’esterno, la scena è completamente dominata da 12 esseri (contraddistinti da un perfetto rapporto maschile-femminile) che, con le loro 24 braccia, come atlanti, sostengono, contenendolo, ciò che dovrebbe essere l’equivalente egizio di una visione stellare appartenente a duemila anni fa. Possiamo inoltre osservare che il computo di tale contenuto celeste ammonta esattamente a 72 corpi galattici, composti da stelle, costellazioni, nonché pianeti. Lo so, probabilmente vi state chiedendo dove andrò a parare, ma vi chiedo un po’ di pazienza, vorrei richiamare ancora pochissime cose delle tantissime di cui potrei parlarvi. È importante notare che gli Esseri risultano “divisi” in 3 gruppi di 4 entità, in un contesto perfettamente animico. In questa immagine, in grado di trasformare numeri in diverso modo senzienti, tutto è vivo e, a tale proposito, mi sovviene una frase di un certo Giordano Bruno, il quale definiva le stelle “Animali”, poiché dotati di anima. Forse, in questo momento non è importante il suo dire, ma il farvi notare le seguenti deduzioni. Se non sbaglio la fisiologia Yogica è sostanzialmente costituita da 72000 Nadi, che rappresentano quei famosi canali energetici che trasportano, guarda caso, 4 tipi di energia (Prana, Apana,

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Michele Proclamato Sapana Vyana), che predilige 3 Nadi principali, chiamati: Ida, Pingala e Sushumna. Ora, sempre osservando l’immagine zodiacale di cui sopra, cerchiamo di riassumere numericamente l’interno e l’esterno di una visione che, vi assicuro, è senza tempo. In quello Zodiaco ci sono esattamente 108 componenti, esattamente come 108 sono le posizioni poste al top dell’esecuzione Yogica. Allora, forse, posso dare una percezione del sapere e della pratica Yogica che, probabilmente, va al di là del consueto. Perché chi pratica Yoga, e non solo, ogni volta che assume una posizione, non fa altro che diventare specchio risonante di un’energia creativa divina (Prana) intelligente. Semplicemente possiamo, attraverso la meditazione e la giusta alimentazione, ricordare, o perlomeno intuire, come il cosmo palpiti dentro di noi, poiché ognuno di noi è la summa di un immenso essere vivente chiamato universo. Un universo nel quale Dio è perfettamente immanente, poiché la sua prima emissione, numericamente musicale, da sempre ci viene trasmessa attraverso 8 stadi o frequenze principali. Chi fa Yoga, semplicemente ripercorre lentamente la creazione, nel tentativo di ritornare a Dio. Di nuovo, ecco cosa diceva Giordano Bruno dell’Altissimo: “Chi non intende uno non intende nulla”.

Michele Proclamato È uno scrittore, simbolista, che vive all’Aquila. Conduce una rubrica dedicata ai Crop Circles ed ha pubblicato numerosi articoli sulla rivista Hera, Misteri di Hera, Totem, Scienza e Conoscenza. Sono in uscita alcuni suoi articoli per Vivere lo Yoga e il Ria. È collaboratore di diversi siti telematici quali: Il Portale del Mistero, Stazione Celeste, Paleoseti, Cropcircle Connector, Altrogiornale, Riflessioni, Ufo network, Nonsiamosoli, Esonet. Ha partecipato a numerosi convegni e conferenze e tiene corsi e seminari. È accompagnatore di Tour basati sulle sue pubblicazioni: all’Aquila, Castel del Monte, Milano sulle orme conoscitive del grande Leonardo da Vinci, Assisi ed in Inghilterra, dove il sapere costruttivo dei Cerchi convive, da secoli, con alcune basiliche

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Lo Yoga degli 8 Re Ora vorrei fare un piccola modifica al celeberrimo simbolo rappresentante lo Yin e lo Yang; non è una cosa dissacrante, credetemi, è solo un modo di applicare il mio sapere. Osserviamo quindi la figura 3. Vedete anche voi il simbolo alla base dei miei studi? Sì, io mi occupo dell’otto, o meglio dell’ottava, io seguo l’uno posto nell’otto, come voi, come pochi, ma grandissimi del passato appartenenti ad ogni civiltà. Dimenticavo… visto che siamo in oriente, potremmo contare quante sono le linee spezzate e quelle unite dell’ottagonale I Ching. Lo so, come al solito rischio di andare fuori tema, ma credetemi, voi, che di Yoga vi occupate, avete, più di tanti altri, la porta di un sapere immenso già aperta, non verso il passato dell’umanità, ma verso l’unico futuro. che recano il simbolo dell’OTTAVA. Il suo sito è: www.micheleproclamato.it. Tra i suoi libri ricordiamo: Il segreto delle tre ottave dai rosoni di Collemaggio ai cerchi nel grano alla ricerca delle leggi dell’universo (Melchisedek, 2007), Il genio sonico. La scoperta incredibile che lega ogni opera di Leonardo, ad un codice divino (Melchisedek, 2008), L’ ottava. La scienza degli dei (Melchisedek, 2008), La storia millenaria dei cerchi nel grano (Melchisedek, 2009), Quando le stelle fanno l’amore. Ossia: la teoria eterica del tutto (Melchisedek, 2010) e...

L’ uomo di Dio Giordano Bruno Melchisedek, 2011

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MAURIZIO STOCOVAZ

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Gurdjieff

Il risveglio della coscienza

FOTO: DANZE SACRE GURDJIEFF

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più di sessant’anni dalla sua scomparsa, avvenuta il 29 ottobre del 1949, l’insegnamento di Gurdjieff è più vivo e attuale che mai. Vediamo dunque chi era questo personaggio, nato nel Caucaso da famiglia greco-armena, che riuscì, attraverso il suo insegnamento, ad influenzare le menti più brillanti del periodo: Katherine Mansfield, Pamela Travers, Frank Lloyd Wright, Alfred Orage, Renè Daumal e, ai giorni nostri, Peter Brook, Alejandro Jodorowsky, e i musicisti Keith Jarret, Kate Bush, Robert Fripp e Franco Battiato. Il suo pensiero è rivolto a tutte le persone che desiderano evadere dalle loro prigioni interiori e acquisire quella consapevolezza di sé che è la meta finale di ogni ricercatore. George Ivanovich Gurdjieff nasce il 1 gennaio 1866 (secondo il calendario russo) ad Aleksandropol, in Cappadocia. Fin da piccolo crebbe in un ambiente mistico a contatto con personaggi

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del tutto particolari ( vedi: “Incontri con uomini straordinari” – Adelphi); il padre fu il suo primo maestro, ed ebbe un ruolo importantissimo per la sua formazione. Gurdjieff assorbì il carisma paterno e, quando raggiunse una certa età, decise di portare avanti gli insegnamenti appresi. Cominciò così il suo pellegrinaggio per il mondo alla ricerca di quella verità che potesse soddisfare la sua brama di conoscenza, così ricercò questa conoscenza in Oriente, anche perché, a suo modo di vedere, essa era già scomparsa da tempo in Occidente; ebbe modo di conoscere personalità che allora – si parla di inizio secolo – erano considerate per taluni irraggiungibili, e di affinare le proprie potenzialità. Sembra che Gurdjieff ebbe contatti, oltre che con la fratellanza “Sarmoung”, anche con l’ordine sufi dei Naqshbandi, e proprio da questi apprese molti insegnamenti che poi si rivelarono utili per il suo cammino. Tornato in Russia a San Pie-

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Gurdjieff

Maurizio Stocovaz

FOTO: GURDJIEFF

troburgo, decise di mettere a disposizione di coloro che ne fossero interessati il suo bagaglio di esperienze maturate in tutti quegli anni trascorsi accanto a figure spiritualmente elevate. “Quando il discepolo è pronto il maestro chiama” dice un proverbio orientale, ed è proprio questo che accadde a Piotr Demianovich Ouspensky (che poi scrisse, sotto approvazione di Gurdjieff, “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”) quando incontrò Gurdjieff in un caffè a Mosca. Egli era un giornalista, appassionato di esoterismo e matematica, con la quale cercava di spiegare la collocazione dell’uomo nell’universo. Tra i due vi fu subito un’intesa, da cui nacque un centro per la divulgazione del Sistema; ci furono diversi problemi a causa della guerra che stava incombendo e per le idee loro idee, rivoluzionarie per quei

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tempi. In ogni caso scrittori, giornalisti, scienziati e politici presenziarono ad alcune delle conferenze. Gurdjieff sostiene che l’uomo è una “macchina” che nasce e muore nel sonno, non fisiologico bensì ipnotico, dove tutto si svolge meccanicamente ed egli ne è parte inconsapevole (anche nei Vangeli si fanno riferimenti analoghi: vegliate, non dormite oppure il sonno di Pietro); ciò deriva dalla mancanza di conoscenza di sé, per cui l’unica maniera per potersi svegliare è quella di lavorare su sé stessi attraverso l’auto-osservazione e il ricordo di sé. L’auto-osservazione non è una forma di analisi introspettiva, ma una forma di consapevolezza il cui obiettivo è quello di cambiare sé stessi senza influenzare persone o cose; osservare noi stessi come se fossimo un’altra persona, senza giudicare e identificarci: solo cosi riconosceremo che pensieri ed azioni si svolgono in noi in maniera meccanica, e da qui la necessità di diventare più coscienti. L’individuo è composto da personalità ed essenza. La personalità o “falsa personalità”, come la definisce Gurdjieff, è il risultato di tutto ciò che abbiamo appreso nella nostra vita: l’educazione familiare, scolastica, la vita sociale i condizionamenti; dobbiamo considerare che l’individuo non è Uno, ma è composto da una molteplicità di io, che non si conoscono fra di loro e che non vogliono nemmeno conoscersi: ad esempio, oggi un io decide di fare qualcosa, ma il giorno dopo magari un altro non è d’accordo ed un terzo non ne sapeva niente: chiaramente, la persona si troverà indecisa sul da farsi perché in lei non è presente un Padrone che le permetta di sapere sempre come agire. Da qui, la necessità di un Io permanente che possa gestire la macchina umana. L’essenza o coscienza è la vera parte di noi, ed è la comprensione emozionale della verità attraverso il ricordo di sé che nella filosofia orientale viene definito come consapevolezza di sé. Il ricordo di sé consiste nell’essere presenti a sé stessi in qualsiasi istante e in ogni luogo, nell’avere la percezione di sé (Io Sono) come parte di un tutto universale. Ascoltare e comprendere. Bisogna cercare di dividere l’attenzione fra il soggetto pensante e l’oggetto, la persona o la situazione che si ha davanti, per stabilire un profondo contatto fra la nostra realtà interiore e il mondo esterno.

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Maurizio Stocovaz

Gurdjieff

FOTO: DANZE SACRE GURDJIEFF

L’Identificazione e le espressioni di emozioni negative sono tra le peculiarità più negative dell’uomo. Egli è solito identificarsi in quasi tutti gli eventi che si trova ad esperire in quanto, mancando di io permanente, è in balia di tutto ciò che gli accade, è particolarmente influenzabile dagli eventi esterni e non si accorge delle leggi cosmiche che lo dominano. È sempre convinto di poter fare le cose, di poter realizzare i suoi progetti; e, nella malaugurata ipotesi in cui questi non dovessero andare a buon fine, la colpa è degli altri o del destino avverso. Non si rende conto che per una persona meccanica le cose “semplicemente accadono”, che tutto quello che fa, i suoi pensieri, le sue azioni, i suoi sentimenti sono il risultato di influenze esterne. Insomma, bisogna cercare di essere padroni di noi stessi quanto più possibile per liberarci dalla legge dell’accidentalità, e soltanto cambiando noi stessi potremmo cambiare gli eventi esterni. Per lavorare su sé stessi, oltre che di un metodo, c’è bisogno di volontà e costanza, due cose indispensabili nel nostro cammino interiore. Dobbiamo lavorare sui nostri centri: il centro intellettuale, che governa il nostro pensiero, il centro emozionale, che agisce sui nostri sentimenti, il centro istintivo, che influisce sulle nostre sensazioni, e il centro motorio, che lavora sul nostro comportamento “fisico”; in definitiva: pensare giusto – sentire giusto – agire

Maurizio Stocovaz Nato il 29/11/1958, vive a Trieste dove lavora all’Università. Si occupa di discipline olistiche, Reiki in primis. Da quasi

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giusto. Dobbiamo considerare che l’uomo, come non può vivere fisiologicamente senza acqua né cibo, così psichicamente non può vivere senza impressioni ed emozioni. Ciò che l’individuo recepisce dal mondo esterno si presenta in forma meccanica, per cui egli accumula queste esperienze senza poter discriminare all’istante quello che per lui è giusto; anche perché la realtà, quella vera, comprende e trascende la concezione degli opposti che noi abbiamo. Lo scopo del Lavoro quindi è una profonda attenzione verso sé stessi e la vita quotidiana, che a uno sguardo superficiale può apparire banale. Come ripeteva Gurdjieff con ironia: “Io insegno che quando piove i marciapiedi si bagnano”. “Che Dio e tutti i suoi Angeli ci impediscano di fare il male e ci aiutino sempre e ovunque a ricordare noi stessi” (da “La lotta dei Maghi”)

vent’anni segue l’insegnamento di Gurdjieff, e ha lavorato nelle scuole di “quarta via”, ora però si considera un “cercatore di verità indipendente”. Collabora con associazioni locali, segue l’Ufologia “spirituale” ed è membro del C.U.N. Trieste.

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EZIO SARCINELLA

Le vie del pellegrinaggio

FOTO: CARTINA DEI PERCORSI EUROPEI DELLE VIE DI PELLEGRINAGGIO

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ellegrinaggio, ovvero viaggio, ovvero anelito di libertà, di libertà fisica e spirituale. Andare, andare... andare per raggiungere una meta, un traguardo. Una meta geografica che è anche una finalità interiore che spinge a procedere, ad affrontare e a superare tutte le difficoltà, tutti gli ostacoli e le sofferenze, usufruendo talvolta del soccorso umanitario delle persone, note e meno note, incontrate lungo la strada. In queste poche righe è racchiuso tutto lo spirito che pervade colui che intraprende un cammino. Intendendo per «cammino» tanto quello di un trasferimento da un punto all’altro della terra, quanto quello che intercorre tra la nascita e la morte, cioè il «cammino della vita», inteso come un lungo pellegrinaggio che attraversa lo spazio e il tempo e che ci riporta a quello spirito divino e cosmico da cui proveniamo e a cui torniamo alla

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fine dell’esistenza sulla terra. Il pellegrinaggio, soprattutto nel periodo medioevale, era anche penitenziale quando il confessore, in presenza di gravi reati, imponeva al penitente di intraprendere un determinato viaggio espiatorio, ai fini di poter raggiungere quella meta religiosa che lo avrebbe liberato dalla macchia del peccato. In caso di colpe veramente gravi veniva imposto anche il trasporto di un peso, per rammentare il vero motivo per cui si veniva costretti a quella penitenza. Le motivazioni che spingono oggi l’uomo a percorrere le strade del mondo in viaggi avventurosi o in pellegrinaggi, in solitudine o in compagnia, fino a confluire anche nel fenomeno del turismo religioso di massa, denotano l’ansia di ricerca individuale e collettiva che, in ultima analisi, implica l’aspirazione all’incontro spirituale con Dio. L’impulso a partire, a viaggiare, a spostarsi

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Le vie del pellegrinaggio dalla propria sede, nella quale si può godere di comodità e di agi, per affrontare le fatiche, le difficoltà e i disagi che si possono incontrare in un viaggio è molto comune, e solo apparentemente non è collegato a quei motivi e a quelle aspirazioni che spingevano l’antico pellegrino ad intraprendere il proprio cammino. Viene da chiedersi il perché di tale esigenza attuale in un contesto molto distante dalle condizioni ambientali del pellegrino storico. La risposta più plausibile sembra risiedere nell’aspirazione degli uomini di oggi a non voler rimanere chiusi in sé stessi, a voler moltiplicare le proprie esperienze di vita incontrando i propri simili a varie latitudini, a voler comunicare con loro, a volersi confrontare e a potersi intendere su problematiche varie, per creare tematiche di comune e pacifico interesse. Il cammino rappresenta, quindi, un modo per ritrovare sé stessi attraverso gli altri lungo le strade del mondo, per imparare a confrontarsi con la diversità delle culture e spianare la strada verso una reale fratellanza tra esseri umani. Il «camminare» è la parte più lunga e faticosa del pellegrinaggio di tutti i tempi, poiché non s’intende semplicemente vagare, essendovi una meta territoriale e spirituale prefissata. Per poterla raggiungere il pellegrino ha sempre affrontato percorsi difficoltosi, rappresentanti simbolicamente le varietà e le difficoltà della vita stessa. Solitario o in compagnia, è reso forte dalla consapevolezza di non essere solo nel compimento della difficile impresa, poiché è sostenuto da una forza interiore che gli proviene dall’essere animato da un forte ideale di origine spirituale che lo avvicina a Dio. La caratteristica prevalente del pellegrino risiede nella capacità d’intraprendere il cammino con serenità e con gioia, prefiggendosi l’obiettivo di riuscire a trovare la forza per superare tutti gli ostacoli frapposti tra sé e la meta, fiducioso nella prospettiva che, una volta raggiuntala, avrà la ricompensa spirituale che lo ripagherà delle fatiche, ne allieterà lo spirito e lo renderà intimamente migliore. La partecipazione ad un pellegrinaggio comunitario passa attraverso la condivisione dei bisogni e la gioia di poter essere utili e di vicendevole conforto, con una conseguente valorizzazione della vita e della persona, in un processo di elevazione culturale, che ne fa

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Ezio Sarcinella aumentare l’autostima, e in un processo spirituale che favorisce la consapevolezza e la crescita interiore. Unitamente a queste componenti etiche, nel pellegrino vi è certamente anche il piacere di affrontare l’incognita delle situazioni che si possono incontrare lungo il percorso. Questo aspetto, legato all’avventura, rende più piacevole la vita, rinforza il carattere, spezza la monotonia della routine imposta dall’attività frenetica, che costringe a muoversi in ambiti molto ristretti, generalmente compressi nel binomio casa-lavoro. Ecco, allora, la spinta ad intraprendere viaggi, da soli o in gruppi aventi la stessa meta e la stessa finalità, in équipe di individui altamente specializzati, per cimentarsi nel compimento di grandi imprese che richiedono il superamento di ansie e paure, o in viaggi esplorativi ad alto rischio, nei quali vi sono notevoli difficoltà, pericoli e moltissime incognite. Viaggiare in modo avventuroso implica non aver timore di trovarsi in luoghi misteriosi, poco noti o sconosciuti, il cui raggiungimento comporta stanchezza, disagi e condizioni climatiche avverse, con imprevisti e difficoltà varie che si affrontano basandosi sulla consapevolezza di poterli superare impegnando tutte le proprie energie in prima persona. Camminare lungo le vie del pellegrinaggio ha comunque in sé il privilegio di poter contare anche sulla solidarietà, usufruendo dell’aiuto disinteressato degli altri. Lungo il cammino un incontro casuale può sfociare spontaneamente in amicizia basata sul confronto reciproco, sullo scambio di informazioni, di vedute, di idee, e sulla solidale, quanto spontanea collaborazione.

Le antiche vie del pellegrinaggio La tipologia delle strade che i pellegrini hanno percorso, che percorrono e che percorreranno in futuro ha subito e subirà nel tempo innumerevoli cambiamenti, dipendenti da più fattori collegati alle esigenze umane e territoriali. Nel passato, le vie percorse dai pellegrini non presentavano l’antropizzazione che oggi imperversa su tutti i territori, soprattutto a causa del rapidissimo incremento demografico che, proprio in questi giorni ha segnato, con sette miliardi, il

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Ezio Sarcinella record delle persone viventi sul pianeta. Il pellegrino di oggi, per calcare le orme dei suoi predecessori, può seguire le varie vie della fede, rimarcando il cammino dei pellegrini storici e cercando gli antichi luoghi sacri e di accoglienza sparsi lungo i percorsi ancora percorribili. Là dove i tratti antichi sono stati molto intaccati dalla dilagante antropizzazione è necessario percorrere vie alternative, che permettono comunque di raggiungere la meta prefissata. La conoscenza della direttrice di marcia di tutti i percorsi è solo indicativa, perché la scelta delle strade da seguire dipende da diversi fattori: dalle condizioni climatiche, dall’esigenza di trovare rifugio in caso di bisogno o per la notte, dalla possibilità di aggirare ostacoli, come le salite durissime, dal tentativo di evitare di attraversare i monti durante i rigidi periodi invernali, dalla necessità di evitare incontri sgraditi in posti isolati, nel timore di non potersi difendere da aggressioni umane e da parte di animali randagi. Gli itinerari più noti dei grandi pellegrinaggi sono quelli che conducono a Gerusalemme, a Roma, a Santiago de Compostela. A questi nel tempo se ne sono aggiunti altri, sempre di alto valore religioso, spirituale, mistico e devozionale e, non ultimo, anche psicologico. Tra questi si possono citare quello della Via Micaelica (o Via dell’Angelo o di San Michele); quello della Via di San Francesco; quello della Via Francigena e quello della Via Leucadense, terminale naturale della Via Francigena, da Brindisi a Santa

Ezio Sarcinella Laureato in Chimica a Bologna, ha insegnato Matematica e Fisica. Amante della natura, la studia nei suoi aspetti chimico-fisici, ai fini della salvaguardia degli equilibri degli ecosistemi e, operando nell’ambito dell’Igiene e Qualità, si prodiga per il benessere fisico dell’uomo in relazione al consumo dei prodotti alimentari. Esperto fotografo d’ambiente, ne riprende gli aspetti paesaggistici e architettonici, documentando nel tempo le trasformazioni ambientali e denunciandone il degrado. Opera nell’ambito del Movimento Culturale Synergticart e dell’Associazione onlus di protezione civile e

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Le vie del pellegrinaggio Maria di Leuca, ricostruito e riproposto dallo SpeleoTrekkingSalento di Lecce. Nel mondo, inoltre, si sono instaurati molti pellegrinaggi in varie località a seguito di eventi miracolosi di grandissima portata, come quelli di Lourdes, di Fatima, di Medujgorje, di Czestochowa, di Guadalupe, di Saragozza per la Madonna del Pilar e altri ancora. Fanno comunque fede, nella ricostruzione degli antichi percorsi europei, gli itinerari riportati nei diari dei pellegrini più autorevoli, tra i quali ricordiamo, riservandoci di descriverli più dettagliatamente in seguito: • l’itinerarium burdigalense o itinerarium hierosolymitanus, il più antico diario di viaggio che descrive il tragitto di ritorno in patria di un pellegrino che, tra il 333 e il 334 d. C., era partito da Burdigala (l’attuale Bordeaux) per recarsi a Gerusalemme in visita al Santo Sepolcro; • l’itinerario di Sigerico, che fu scritto nel 990 dall’abate Sigerico lungo il suo viaggio da Roma a Canterbury, dopo l’investitura ad “Arcivescovo di Canterbury” ricevuta dal Papa; • l’itinerarium (Leiòarvísir) di Nikolas Bergson da Munkthvera, scritto dall’abate islandese nel periodo compreso fra il 1154 e il 1160, anno della sua morte. Si compone di tre diari, o resoconti dei viaggi, che sono stati da guida per molti pellegrini e che hanno messo le basi per il tracciato della via Francigena, che oggi in parte li ha inglobati. ambientale “Sport&tour”. Collabora dal 1996 con l’Associazione SpeleoTrekkingSalento in veste di fotografo ufficiale e documentarista dei percorsi ordinari e straordinari, nei quali rientra la “Via leucedense dei pellegrini”, tratto finale della Via Francigena del Sud. Sue foto corredano libri, riviste e articoli di orientamento culturale e di divulgazione turistico-culturale e religioso.

La via dei pellegrini SpeleoTrekkingSalento, 2007

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TULLIA PARVATHI TURAZZI

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Il messaggio di Sathya Sai Baba

FOTO: SATHYA SAI BABA

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gni volta che in un luogo dell’universo la religione declina e l’irreligione avanza, o discendente di Bharata, Io vengo in persona. Discendo di era in era per liberare le persone pie, per annientare i miscredenti e ristabilire i princìpi della religione”. Tratto dalla Bagavat Gita, capitolo 4, La Nascita divina di Satyanaryan Raju (1926-2011). Satyanaryan Raju nasce a Puttaparthi, nell’Andra Pradesh (India del sud), il 23 novembre 1926. A quattordici anni entra in uno stato di esaltazione e raccoglimento, al termine del quale, il 23 maggio 1940, annuncia di fronte allo stupore e alla incredulità di molti presenti, genitori compresi, “Io Sono Sai Baba”, assumendo lo stesso nome di un santo asceta musulmano, Sai Baba di Shirdi (1856-1918). Da allora comincia a raccogliere i primi devoti, soprattutto indiani, in un piccolo ashram che oggi, con il nome di Prashanti Nilayam, è diventato una parte a sé del villaggio di Puttaparthi, situato nel deserto del Deccan, nel centro sud dell’ India. Il mistero della nascita di un Avatar è difficilmente compreso dalla maggioranza delle per-

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sone. Una discesa divina sulla terra è sempre accompagnata da eventi prodigiosi e segni sacri, decifrabili in principio solo dalle anime pronte e chiamate a questo compito. Un Avatar discende sempre accompagnato da grandi anime e da molti suoi Deva o angeli, che si incarnano con Lui non sempre nello stesso momento; alcuni prima, per preparare la Sua Discesa, altri dopo per continuare e diffondere il Suo Messaggio Sacro e a supportarlo nella Sua Grande Missione. Sri Sathya Sai Baba è definito un Poorna Avatar, che significa completo e dotato di tutti i poteri o siddhi che devono accompagnare ogni Vero Avatar. Noi fedeli consideriamo Sathya Sai Baba un Avatar integrale completo e dotato di tutte le siddhi (purnavatar), come Krishna; la storia è stata anche percorsa da amshavatara, avatar tra cui Gesù Cristo, Ramakrishna e Aurobindo. Contrariamente ad altri maestri indiani - che considerano i miracoli come appartenenti a una sfera inferiore - Sathya Sai Baba affida la prova del suo Essere Avatar pienamente ai segni straordinari o siddhi. Offre ai suoi devoti ogni sorta di miracoli, sia nella sfera psichica (chiaroveggenza,

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Tullia Parvathi Turazzi profezie, apparizioni a migliaia di chilometri di distanza) che nel regno fisico. Dalle mani del maestro esce ogni giorno una cenere sacra (vibhuti) cui sono attribuite proprietà miracolose. Il maestro è inoltre ritenuto capace di “materializzare” oggetti di ogni genere: statuette rappresentanti varie forme di Dio, anelli d’oro, fotografie, pietre preziose come nel mio caso, perle e altro che cadono dall’alto sotto forma di sfera di luce e si materializzano sui miei vestiti dopo meditazioni profonde o preghiere e davanti a testimoni oculari, presenti con me. Eccezionale l’emissione dalla Sua Bocca e a volte dalle Sue Mani del lingam sacro o uovo cosmico primordiale hiranyangarbha, simbolo del Signore Shiva, il Dio della distruzione-trasformazione, il distruttore di tamas o ignoranza, evento molto importante che Lui manifesta nella notte di Siva o Mahasivaratri. Swami è stato visto trasformare sabbia in un volume della Bhagavad Gita, sassi in caramelle, fiori in pietre preziose; anelli da lui prodotti per un devoto trasformati mediante un semplice soffio, e soprattutto la Sacra Vibouthi, la famosa cenere sacra che esce dalle Sue Mani per curare tutte le malattie sia del corpo che dell’anima. Anch’io la ricevetti, fatta da Lui solo per me; la trovai anni fa un giorno nella mia casa sopra una Sua foto, che conserviamo ancora in una teca in Italia: improvvisamente, davanti ai miei occhi, si riempì tutta di fiori di vibouthi finissima e profumata Il Suo grande potere di resuscitare alcune persone e guarire istan-

Tullia Parvathi Turazzi Nata a Monza (MI) il 10 agosto 1955. Caduta dal cielo insieme a migliaia di stelle cadenti nella notte di San Lorenzo. Ha frequentato il liceo Artistico di Brera diplomata in grafica pubblicitaria, studi di psicologia e danza moderna, studiosa di religioni antiche, antiche filosofie, simbolismo, esoterismo, ricercatrice, conoscitrice di molti mezzi di divinazione dai tarocchi agli I Ching, astrologia, sensitiva fin da piccolissima, in contatto con altre dimensioni o loka. Pratica meditazione e yoga tantra kundalini da 13 anni, pratica il reiki e l’healing, è canalizzatrice di Baba e di altri maestri ascesi ma

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Il messaggio di Sathya Sai Baba taneamente malati terminali e da ogni genere di malattia, definita dalla scienza inguaribile... Al di là dei “miracoli” - che, come è inevitabile, rendono Sai Baba nel mondo molto conosciuto, insieme popolare e a volte criticato - il Suo movimento spirituale, nato intorno a Lui e ai Suoi insegnamenti profondi, insiste nel superamento dell’ego individuale per arrivare a quello universale, e quindi trasformare la nostra visione duale nella visione unitaria Senza Forma, in cui tutto è Uno e Dio vive in noi e ovunque. Egli ci esorta a cercare nel nostro Tempio interiore la nostra dimenticata Divina Realtà, come il burro è nascosto nel latte, andando oltre la personalità frontale, che vive nell’illusione della separazione, per trovare il burro dell’Io Sono… Dio. I Suoi insegnamenti, universali e non dogmatici, ci mostrano quindi la Via per un umanità finalmente unita da un unico Dio, che può assumere ogni forma voluta dal suo Sankalpa (volizione divina); che esiste una sola casta, quella dell’ Umanità, un solo Dio, onnipresente ed onniscente, una sola Religione, quella dell’ Amore puro o Prema... che un cuore diviso non potrà mai vedere Dio. Solo nell’ Unità e nella vera Fratellanza Compassionevole tra gli uomini potremo Creare una nuova Terra, un Paradiso perduto e sognato da tanto, e un’Era nuova di Concordia, Amore e Verità. Offerto ai Piedi di Loto del mio Amato Maestro Baba. Jay Sai Ram! più che canale ha con loro contatti astrali dove li vede e tocca normalmente come in 3 dimensioni, un dono di Baba, uno dei molti che ha ricevuto da LUI. Vive a Puttaparthi, in India, dove ebbe la fortuna a 43 anni di avere la grande benedizione di conoscere ed incontrare l’Avatar di questo kali yuga Sri Sri Sathya Sai Baba che le mostrò “se stessa a se stessa”, e gli rivelò che Dio vive in noi e non fuori di noi. Ha vissuto continuamente ai suoi piedi di loto dal 1998 fino al Suo Mahasamadi. Un’esperienza che da sola merita un libro, che sta scrivendo. Prosegue il percorso seguendo i suoi insegnamenti “Ama tutti e servi tutti”. Il suo percorso umano e spirituale continua, in astrale con la Sua vicinanza continua perchè non c’e limite alla bellezza e alla meraviglia della Rivelazione.

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MARIA BENEDETTA ERRIGO

Acqua e magia nella leggenda della Fata Morgana

FOTO: PARTE DELLA COPERTINA DEL ROMANZO LE NEBBIE DI AVALON DI MARION ZIMMER BRADLEY

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ata, strega o semplicemente donna? Morgana la Fata, da sempre oggetto di ammirazione e di detrazione, riveste un ruolo particolare nelle vicende della storia di re Artù. Ma come nasce questa figura? Anche qui le origini si perdono nella nebbia dei tempi. Partendo dall’origine etimologica del nome, è interessante sottolineare come Mor in varie lingue celtiche significasse semplicemente “mare” e infatti Morgana era il nome di una dea del mare. In alcune regioni della Bretagna gli spiriti marini sono ancora chiamati morgan. Secondo una parte della mitologia gallese Morgan Le Fay era la più famosa dea del mare ed era la regina di Avalon, la magica isola delle fate nella quale fu trasportato Artù morente. In alcune leggende, le più conosciute, Morgana è la sorellastra di Artù, mentre altre parlano di una Morgana guaritrice che viveva con le sue otto so-

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relle ad Avalon. Alcune tradizioni sostengono che sia la stessa Morgana ad avere preso su di sé le caratteristiche proprie dell’irlandese Grande Regina Morrigan, dea della morte. Nell’antica Irlanda esisteva infatti una triade di dee che governavano la guerra e la morte. Morrigan era la dea più importante delle tre: in alcune tradizioni si pensa invece che Morrigan fosse un nome collettivo che designava le tre dee, e se davvero Morgana era la regina della morte, si spiega come nelle tradizioni popolari medioevali successive sia diventata una forza distruttrice, sempre pronta a tramare e ordire contro il fratello re Artù. E infatti nella tradizioni gallese esiste una donna chiamata Modron, figlia di Avallach, moglie di Urien e madre di Owein. Le caratteristiche delle leggende arturiane e gallesi possono

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Maria Benedetta Errigo

Acqua e magia nella leggenda della Fata Morgana

essersi nei secoli fuse, dando origine a collegamento tra Modron e re Artù. E questa può anche essere stata l’ispirazione per la figura di Morgana nei romanzi di Thomas Malory, dove spesso verrà chiamata Morgan Le Fay, parola che significa fata che dà comunque al personaggio quell’aura di magia che la contraddistinguerà sempre, nel bene e nel male. E infatti, a dispetto dei critici, bisogna sottolineare che Morgana non sarà mai una figura maligna “a tutto tondo”. Le sue caratteristiche di guaritrice, di donna forte e che si sa anche pentire alla fine vengono descritte in questi tutte le versioni della leggenda. Partendo dalle origini, comunque, bisogna parlare della figura di Morgause, detta anche Anna Morgause o semplicemente Anna. Morgause viene presentata al grande pubblico nella Historia Regum Britannie di Geoffrey di Monmouth, è la sorella legittima di Artù, figlia quindi di Uter Pendragon e di Igraine di Cornovaglia. Molto normalmente Morgause, raggiunta l’età da marito, viene data in sposa a re Lot, da cui ha due figli: Mordred e Walgan. Passano gli anni e cambiano anche le ottiche su questo personaggio. Nei “Romanzi della Tavola Rotonda” Morgause è figlia di Igraine e di Gorlois e quindi sorella di Morgana ed è lei ad avere

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da Artù il figlio incestuoso, mentre dal marito Lot ha i figli Gawain, Gaheris, Gareth e Agravaine. Pian piano questo personaggio inizia a sovrapporsi con quello di Morgana e nei romanzi successivi si fatica a vedere le varie differenze tra le due donne. Un primo abbozzo della figura di Morgana si ha nella Vita Merlini di Monmouth. Qui la donna è la maggiore di nove sorelle: Moronoe, Mazoe, Gliten, Glitonea, Cliton, Tyronoe, Thitis e Morgause. Morgana ha già qui caratteristiche magiche: può cambiare aspetto con uno schiocco delle dita, è una mutaforma, può volare e compiere magie. Non si parla di una relazione incestuosa con il fratello Artù. Dobbiamo aspettare il 1215 per vedere una Morgana sposata con il re Urien e dama di compagnia della regina Ginevra. Qui la donna si innamora di Giomar, nipote del re, ma Ginevra tronca la relazione sul nascere. Furiosa, Morgana va da Artù e gli racconta del tradimento che la moglie e Lancillotto gli stanno facendo sotto il naso. Ma bisogna sottolineare come questa figura maligna di Morgana sia stata corrotta dalle trascrizioni dei monaci cistercensi, che non concependo l’idea di una donna guaritrice, la bollarono di blasfemia e iniziarono così a tratteggiare le linee negative di Morgana. E infatti in un poema del 14 secolo “Sir Gawain e il Cavaliere Verde”, Morgana è la rappresentazione di qualità negative come la lussuria, la disobbedienza e la morte e viene contrapposta dalla figura della Vergine Maria, simbolo dell’amore spirituale, dell’obbedienza, della castità e della vita. Ma è nella “Morte Dartuhr” di Thomas Mallory che Morgana assume le caratteristiche che ancora oggi conosciamo su di lei. Ha il figlio incestuoso da Artù e per tutta la saga tenta di uccidere o di far uccidere il re, fino a che, in punto di morte di lui, i due si riconciliano e veleggiano assieme fino all’isola di Avalon, dove Artù riposa in attesa di tornare ancora una volta a salvare la Bretagna.

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Acqua e magia nella leggenda della Fata Morgana Non dimentichiamo che anche per l’isola di Avalon l’acqua gioca un ruolo particolare. È un’isola, è circondata dall’acqua ed è un luogo magico dove continuano a vivere le antiche tradizioni dei Celti e della Grande Madre, e qui la Dea viene venerata dai druidi e dalle sacerdotesse. E infatti, secondo la tradizione, sono proprio le sacerdotesse ad aver nascosto l’isola dietro a una fitta nebbia, rendendo accessibile il luogo solo a coloro che possiedono i mezzi e le conoscenze per infrangere questo incantesimo. Una particolarità: L’isola di Avalon veniva chiamata anche Inis witrin, isola di vetro, per l’abbondanza di guado, pianta che sfuma sull’azzurro e che i guerrieri celti utilizzavano per tingersi la faccia per andare in battaglia. La figura di Morgana appare leggermente diversa, invece, nei racconti di Chrétien de Troyes. Qui la donna viene descritta come una dispensatrice di unguenti curativi,anche se spesso viene sottolineato come Morgana sia un’incantatrice, nel senso negativo del termine, che ha appreso magici poteri in un convento cristiano. Più tardi fu lo stesso Merlino ad aiutarla a espandere i suoi poteri. La storia che parla del suo amore incestuoso con Artù, dal quale nacque Mordred è comunque una corruzione di altre tradizioni derivata dal desiderio di alcuni autori moderni di far combaciare la figura di Morgana con quella di sua sorella Anna -Morgause. Una parte interessante della leggenda di Morgana si ha parlando della rivalità tra questa e il Mago Merlino. La relazione tra i due esseri magici è infatti molto particolare. La tradizione li vuole rivali e combattenti in fazioni opposte, l’una, lei, per distruggere Artù, anche se come abbiamo visto alla fine ci sarà una redenzione, e l’altro, lui, il mago, quasi il padre putativo di Artù, pronto a tutto pur di difendere la creatura che lui ha aiutato a concepire, a venire al mondo. Se non che in alcune tradizioni la relazione tra Merlino e Morgana acquista un valore diverso. Chretien de Troyes ci presenta infatti, alla fine del ciclo del suo romanzo, una Morgana intenta

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Maria Benedetta Errigo

FOTO: MORGAN LE FAY, ANTHONY FREDERICK AUGUSTUS SANDYS, 1864

a curare Merlino proprio sull’isola di Avalon. Altri scrittori descrivono Morgana non solo come rivale di Merlino, ma come sua allieva e amante, sovrapponendola con la figura di Viviana, la Dama del Lago. Lago, mare, tutto riporta comunque a Mor, nome del mare e delle celtiche dee dell’acqua. Ancora una volta si può vedere come la fata Morgana cerchi di tornare alle origini della sua storia. Ecco che allora Morgana viene fatta risalire ancora una volta all’acqua per raccontarci una storia differente. Morgana come Viviana, dunque, ma anche come Nimue, Niniane, Nyneve e Coventina. Le origini del personaggio della Dama del Lago vanno quasi certamente fatte risalire alla mitologia greca e romana Il rapporto fra la Dama

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Maria Benedetta Errigo

Acqua e magia nella leggenda della Fata Morgana

del Lago e Lancillotto e Artù presenta qualche analogia con la storia della nereide Teti, uno spirito dell’acqua che alleva un grande eroe: il figlio Achille. Tra l’altro, Teti è moglie di Peleo e la Dama del Lago, secondo alcune fonti, aveva un amante di nome Pelleas. Teti è l’artefice dell’invulnerabilità di Achille, gli dona anche un’armatura e uno scudo forgiati da Efesto, così come la Dama del Lago dona a Lancillotto un anello protettivo, oltre a donare in seguito la spada Excalibur ad Artù. Il nome Nimue usato da alcune fonti per riferirsi alla Dama potrebbe essere un’eco di Mneme, nome abbreviato di Mnemosyne, madre delle nove muse e ninfe delle acque della mitologia greco-romana, che diedero le armi, in questo caso, all’eroe Perseo. Un altro nome della Dama, Vivienne richiama la forma femminile di matrice celtica “Vi-Vianna”, probabilmente derivata da “Co-Vianna”, una variante della diffusa divinità celtica delle acque Coventina. Un nome chiaramente latino che fa probabilmente riferimento all’originale moglie di Merlino, Gwendoloena, che compare nella tradizione poetica più antica. C’è anche chi ha cercato di vedere in Vivienne una forma corrotta dei nomi Diana o Rhiannon. Entrano ora in gioco le somiglianze, ma anche le differenze con la figura della fata Morgana. Sia Morgana che la Dama del Lago sono spesso associate alla magica isola di Avalon, citata già da dal Monmouth come luogo in cui venne forgiata Excalibur e riparo di Artù dopo la battaglia con Mordred. Invece Chretien de Troyes nel suo Lancillotto in prosa fornisce ulteriori informazioni sulla Dama del Lago, che viene chiamata “Viviane”. Nella prosa intitolata Merlino, Viviana impara l’arte magica dal Mago, che si innamora di lei. Viviana rifiuta di giacere con lui finché il Mago non le abbia svelato tutti i suoi segreti; ma quando questo avviene, Viviana tradisce Merlino intrappolandolo sotto un macigno, poi in tradizioni successive, il macigno fu sostituito dalla Torre di Vetro. Anche in questo ruolo di apprendista di Merlino, la Dama del Lago risulta essere un personaggio in parte sovrapposto a quello di Morgana. Secondo altre tradizioni Morgana sarebbe stata addirittura allieva di una Dama del Lago di nome Viviana che l’avrebbe accolta nell’isola di Avalon e istruita nelle arti magiche e farla succe-

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dere a se stessa alla guida della comunità. Si parla di lei come una guaritrice molto esperta e una fata in grado di mutare forma a suo piacimento. Tutto questo per far capire come la figura di questa donna, fata, strega sia stata dilatata dal tempo e dalle tradizioni. Soprattutto dalle varie trascrizioni delle opere nel tempo e che si possa vedere quindi come un insieme di donne. O come unica figura che ha dato vita a una serie di figure femminili diversificate che nel tempo hanno acquisito forza e spessore e sono state in grado di avere caratteristiche ben definite. Non da ultimo, infatti, si può azzardare un paragone tra Morgana e una figura mitologica tipicamente mediterranea: quella della Maga Circe. Anche Circe, come Morgana, viene considerata la Signora delle Erbe e la Creatrice di magie, di incantesimi e di inganni. Circe ha però un’unica debolezza: si innamora di un uomo, Ulisse, che quindi non uccide. Circe è anche lei segnata fin dalle origini: infatti è nata assieme a un fratello e una sorella gemelli. Lui è Eeta, padre di Medea, lei è Pasifae, moglie di Minosse e madre del Minotauro. Anche qui si può vedere come la storia di Circe si stia già scrivendo da sola. Circe vive sola, sull’isola di Eeana, e con erbe e magie trasforma gli uomini che arrivano da lei in animali. Ecco quindi come ancora una volta l’idea di un’indipendenza femminile viene giudicata, condannata, quasi castrata. Una donna che studia, che ha delle conoscenze superiori a quelle di un uomo, non può, non deve essere buona. Ecco qui tratteggiare in Circe, come in Morgana, le caratteristiche di cattiveria. La storia poi la conosciamo tutti: Ulisse va sull’isola a cercare i suoi uomini tramutati in maiali e incontra il dio Ermes, che gli svela il segreto per rimanere immune agli incantesimi di Circe: se mischierà in ciò che Circe gli offre da bere un’erba magica chiamata moly, non subirà alcuna trasformazione. Ulisse raggiunge la maga, che gli offre da bere come aveva fatto con i suoi compagni; ma Ulisse, avendo avuto la precauzione di mescolare l’erba con la bevanda, non si trasforma in animale. Poi minaccia di uccidere Circe e questa riconosce la propria sconfitta e ridà forma umana ai suoi compagni ed anche a tutti gli altri tramutati in bestie feroci. Ulisse passa con lei un anno, avendo dalla maga un figlio, Telegono e, forse, anche una figlia chiamata Cassifone. Un’appendice del-

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la Teogonia di Esiodo racconta che dall’unione di Ulisse e la maga Circe nacquero due figli, Agrio e Latino. Così anche in questo caso la figura di una donna viene posta in secondo piano rispetto alla potenza maschile. La Fata Morgana non finisce comunque di riservarci sorprese. La sua leggenda è infatti ancora tenuta in vita in Calabria e in Sicilia, dove esistono tradizioni piuttosto suggestive che riguardano la figura della Fata nello stretto di Messina.Una molto affascinante riguarda il re Ruggero II il Normanno che nel 1060 volle a tutti i costi liberare la Sicilia a quel tempo dominata dagli Arabi. Il Re era stato infatti contattato da alcuni cavalieri di Messina, che gli avevano portato il desiderio della gente sicula: avere proprio lui, Ruggero II, come liberatore e

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signore incontrastato. E questo proprio a causa del fatto che i capi Arabi erano in disaccordo tra loro e le guerre intestine avevano ridotto al collasso l’isola stessa.Qualche tempo più tardi, Ruggero II era giunto sulle cose calabresi e guardava con attenzione l’orizzonte e la Sicilia, con sguardo corrugato, chiedendosi come e in che modo poteva giungere dall’altra parte, combattere gli Arabi e soprattutto sconfiggerli. Un compito non certo facile, che avrebbe richiesto molto dispendio di uomini e di forze, sempre fosse riuscito ad approdare al di là delle coste, appunto. Ma proprio mentre il Re era occupato a decidere il futuro della battaglia, iniziò a sentire dei rumori, dapprima piano, poi sempre più forte. Era rumore di battaglia, di pianti, di grida e di esclamazioni pagane, e tutto arrivava proprio dalla costa messinese. Incuriosito, chiese spiegazioni a un vecchio eremita che si trovava lì a meditare, e la risposta lo fece riflettere molto: “Lì gli aranci sono in fiore... Lì ballano i Saraceni e piangono i Cristiani. Dicono che sei potente e cristiano... perché non combatti per la tua Fede?” Questa riposta colpì moltissimo il Re Barbaro, che iniziò a pensare che, forse, il suo esercito era troppo debole e troppo poco numeroso per riuscire a sconfiggere gli Arabi. Improvvisamente si accorse che il mare davanti a lui si muoveva, forte, sempre più forte e da un cerchio di spuma apparve alla fine la testa di una donna bellissima. Era la Fata Morgana, che ha adottato il fondo dello Stretto di Messina come luogo ove riporre il suo palazzo più antico. Con lentezze e studiati movimenti, Morgana iniziò a emergere dalle acque, sorridendo e guardando Ruggero. Quando fu emersa quasi totalmente, salì su un cocchio bianco e azzurro, trainato da sette cavalli bianchi con la criniera azzurra. La Fata si issò sul cocchio e poi fissò negli occhi Ruggero. Improvvisamente parlò e gli

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chiese: ”Cosa pensi, Ruggero? Se é come immagino... salta sul mio cocchio e subito ti porterò in Sicilia, insieme ad un potente esercito”. Il Re capì che stava parlando con una delle maghe più potente del mondo e le rispose con molto rispetto: “Ti ringrazio Morgana, ma non posso accettare il tuo aiuto. Ma se la Madonna che amo e i Santi che mi proteggono mi daranno la loro benedizione, andrò alla guerra sul mio cavallo e trasporterò l’esercito con le mie navi e vincerò per valore e non per gli incantesimi di una fata”. A questo punto Morgana diventa la Fata semidivina e potente delle origini, agita per tre volte la sua bacchetta magica e lancia in acqua tre grossi sassi bianchi. Ruggero II non crede ai suoi occhi: improvvisamente la Sicilia gli sta comparendo davanti, così vicina da poterla toccare. Casa, palazzi, strade, ville: al Re parve di allungare la mano e di arrivare a Messina in un battito di ali. Allora Morgana parlò ancora: “Eccoti la Sicilia! Raggiungi Messina ed io farò in modo che in essa tu possa trovare il più numeroso esercito che tu abbia mai avuto in battaglia!” Ma il re, sorridendo, rifiutò ancora una volta: ”Morgana, sei una grande Fata, ma non sarà con l’incantesimo che io libererò la Sicilia dal Paganesimo: essa mi verrà data da Cristo, nostro Signore, e da sua Madre, la Vergine Maria”. Allora la Fata Morgana capì che Ruggero era deciso, con un colpo di bacchetta fece sparire tutto quanto e si allontanò sul mare. Ruggero II, comunque, nella primavera del 1061 sbarcò a Messina e liberò la Sicilia dalla dominazione araba. Esiste anche una variante della stessa leggen-

Maria Benedetta Errigo Giornalista, laureata in scienze delle comunicazioni internazionali, si è fatta le ossa lavorando per 10 anni in una redazione locale del quotidiano Il Gazzettino. Studia le più diverse tematiche misticoesoteriche, le vicende storiche legate all’Ordine dei Cavalieri Templari e le tradizioni legate al culto della Maddalena nel Sud della Francia. Si è

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da italiana, un po’ più cupa, che sottolinea invece la cupidigia del re che viene punita. Siamo d’estate durante le invasioni barbariche, dopo avere attraversato tutta la penisola un’orda di conquistatori arriva sulle rive dello Jonio, sceglie la città di Reggio Calabria per accamparsi e si trova davanti allo stretto che divide la Calabria dalla Sicilia. A pochi chilometri sull’altra sponda il Re Barbaro vede che si staglia una grandissima isola con un monte fumante, l’Etna, e si chiede come fare a raggiungerla trovandosi sprovvisto di imbarcazioni quindi impotente davanti al mare. All’improvviso davanti a lui appare una donna molto bella che offrì l’isola al conquistatore facendola apparire a due passi da lui con il solo cenno di una mano. Guardando nell’acqua egli vedeva come se potesse toccarli con le mani, i monti dell’isola, le spiagge, le vie di campagna e le navi nel porto e le persone che camminavano sulla costa. Il Re Barbaro allora balzò giù da cavallo e si gettò in acqua, sicuro di poter nuotare facilmente fino all’isola senza problemi. L’incanto però si spezzò e il Re affogò: l’isola vicina era un miraggio, un gioco di luce della bella e sconosciuta donna, che altri non era se non la Fata Morgana. Pare che il fenomeno si ripeta ancora oggi durante le belle giornate sulle coste di Reggio. Questa allora è Morgana: un insieme di leggende o forse realtà. Una proiezione di vecchi ricordi legati alla figura della Grande Dea, quando ancora vi era una tradizione matriarcale, anche e soprattutto nella religione, che ha comunque lasciato un segno molto profondo che riecheggia ancora nelle tradizioni orali e scritte.

concentrata sul mondo della stregoneria e della cultura popolare, sotto gli aspetti antropologici e storici, focalizzando le sue ricerche sul mondo della Wicca e delle religioni neo-pagane. Su tali tematiche ha pubblicato articoli sui mensili Hera e SpHera e sui siti web Il portale del mistero (http:// www.ilportaledelmistero.net) e Tracce di eternità (http://www.simonebarcelli.org). Ha partecipato come relatrice ad alcuni convegni sul tema della stregoneria.

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Possibile insediamento preistorico presso Candelo (BI)

FOTO: LA BARAGGIA DI CANDELO

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ll’interno della baraggia boschiva di Candelo (BI), si trova una località denominata Sangarda. Questo toponimo, presente ancora oggi sulle mappe catastali, viene ricollegato al mito di un villaggio antico e lontano, poi scomparso, che prenderebbe il nome di Isengarda o di Ysengard. Il territorio appare come un’ampia brughiera un tempo ricca di querce, vasta prateria disabitata in cui abbondano le fioriture di erica ed i cespugli di molinia. L’area in esame è limitata a nord dal torrente Cervo, principale tributario del fiume Sesia, a ovest dalla località di Candelo, già nota per via del suo ricetto medievale realizzato per conservare le derrate alimentari, a sud ed a est dai boschi di Mottalciata. La tradizione racconta di un non meglio definito ‘antico insediamento’ che, in età medievale,

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sarebbe stato trasformato in una fortificazione, ampiamente documentata da fonti scritte, e successivamente demolita e smantellata. L’origine del nome “Ysengard” è stato studiato da numerosi esperti di toponomastica, la maggior parte dei quali è concorde nell’ipotizzare un’origine germanica o longobarda. Mons. Giuseppe Ferraris, di Vercelli, suggerisce che il nome derivi dall’unione delle parole “ward”, che indicherebbe una difesa, e “ainsen”, probabile evoluzione fonetica di “ysen”, che indicherebbe il ferro. Altri interpretano l’eredità lessicale giunta fino a noi approssimandone il significato a quello di ‘recinto sacro’: la radice indoeuropea ‘isr’ si riconduce al termine ‘sacro’, come avviene anche per diversi fiumi del centro e del nord Europa; ‘gard’, invece, indica un recinto. È quindi probabile che originariamente si trattasse di un luogo di culto

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Luigi Bavagnoli dove venivano coltivate particolari piante o erbe rare o in cui era possibile ristabilire un contatto spirituale con la Dea Madre e con gli spiriti del bosco. Per altri ancora è addirittura riconducibile alla ‘garenna’, recinto in cui si tenevano gli animali. Altri studiosi anticipano la nascita di Isengarda dall’età longobarda all’epoca dei più antichi insediamenti delle popolazioni celto-liguri, molto diffuse ed attestate in parecchie altre zone del biellese. In questo caso è il termine gallese ‘garth’, che significa promontorio, ad essere strettamente correlato al gaelico ‘gart’ che indica la testa, la sommità, ed al gallico ‘garta’, che in origine è nome proprio ma che nelle lingue celtiche è legato al concetto di sporgenza. Sommità, sporgenza, promontorio, altura quindi, che corrisponde orograficamente all’altipiano su cui si ipotizza l’esistenza passata del villaggio. Sebbene l’urbanizzazione abbia risparmiato quest’area, pare che la natura sia riuscita da sola a celare le ultime tracce dell’insediamento, oggi del tutto invisibile. Le indagini hanno avuto inizio dalle fonti scritte, tra cui spicca il lavoro di Don Delmo Lebole, uno dei primi autori a riportare i ricordi di Ysengarda, poi ripreso da narratori successivi. Dagli archivi storici emerge il diploma imperiale di cessione a Bonifacio e Giovanni di Biandrate, il documento più antico che ne attesta l’esistenza e risalente al 1155. I documenti attestano alcuni lavori di ampliamento della fortificazione risalenti al 1335 e già nel 1390 compaiono per le prime volte i termini di rocha e di castrum. Da ‘recinto sacro’ o da ‘luogo che sorge sull’altura’, Ysengard assume un’importanza crescente, sia da un punto di vista sociale che politico, oltre che strategico ed evidentemente militare, tanto che diede appoggio anche a Facino Cane ed al suo seguito negli anni delle razzie e delle conquiste del condottiero casalese. In età comunale il risoluto sostegno al partito ghibellino, però, segnerà il suo destino. I signori di Ysengarda erano i Vialardi di Sandigliano, ghibellini da sempre schierati contro gli ‘Avocati Ecclesiae’, nello specifico contro il ramo degli Avogadro di Quaregna, nobili esponenti

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Ysengard della fazione guelfa. Nel 1404 gli Avogadro assediarono duramente Ysengarda, al fine di vendicare la morte di Guglielmo di Quaregna, assassinato tre anni prima, nel 1401. Con grande dispendio di uomini, i Vialardi riuscirono a tenere testa agli assedianti. Durante questi anni di tensioni e di scontri la toponomastica della zona guadagnerà stabilmente l’appellativo di ‘rocha’, ad indicare quantomeno una rocchetta, mentre in seguito sarà durevolmente documentato addirittura un ‘castello di Sangarda’, nei pressi del Castrum Candeli. I Vialardi vennero sconfitti nell’epica battaglia di Sandigliano del 1426, quando non riuscirono a tenere testa agli oltre quattrocento cavalieri e fanti che il duca di Savoia aveva schierato. Al termine delle ostilità Aimone di Châteauvieil riununciò a sferrare il colpo di grazia su Isengarda. Le motivazioni strategiche vanno ricercate nella notevole distanza rispetto ai suoi accampamenti, situati ad Ivrea, ed alle difese naturali della località: una fortificazione edificata su di un’altura è sempre più difficile da espugnare rispetto ad una eretta in pianura. La fine di Ysengarda non era però lontana, essa avviene in ogni caso pochi anni dopo, nel 1433, quando Paramidesio Vialardi, suo ultimo signore, la cede a Candelo. Il suo villaggio viene via via abbandonato, le abitazioni smantellate per recuperare prezioso materiale edilizio da reimpiegare in altri insediamenti. Questa è la motivazione per la quale non siano più identificabili chiaramente tracce di questo insediamento sull’altura boschiva presa in considerazione. Si è quindi ritenuto di intraprendere un classico survey1 per poter comprendere il contesto degli avvenimenti ricostruiti dai documenti storici di archivio. L’indagine prosegue quindi nei pressi di Candelo, dove a est del centro urbano si trova via Isangarda, un altro prezioso indizio a testimoniare l’area in cui concentrare le indagini. La via conduce verso l’altura della baraggia, verso il montem jsengarda, nei pressi di una località nota come ‘bocca di lupo’, che la tradizione 1) Ricognizione sistematica di superficie sul territorio in esame.

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Ysengard ritiene essere il luogo esatto in cui sarebbe sorto il villaggio scomparso. Raggiunta la sommità è impossibile non chiedersi come una fortificazione di tale importanza sia potuta scomparire del tutto senza lasciare qualche traccia visibile. Certamente è possibile che le pietre e i materiali recuperabili siano stati reimpiegati altrove, ma la totale assenza di altri resti evidenti è impressionante considerando l’assoluta mancanza di successivi tentativi di insediamento da parte dell’uomo. La nostra attenzione viene attirata da alcuni sentieri irregolarmente lastricati da pietre molto grandi, che potrebbero provenire dalla ‘rocha’, in quanto è difficilmente ipotizzabile un’altra ragione a giustificare il trasporto di questi pesanti massi lungo un sentiero che, in periodi di forti piogge diventa il letto di un modesto corso d’acqua a carattere torrentizio. Si raggiunge così la zona in cui pare che siano stati abusivamente trovati, per essere rivenduti al mercato nero, diversi reperti di età longobar-

Luigi Bavagnoli da, almeno basandosi sui racconti della gente del posto.2 Stranamente però non sono stati riscontrati resti o tracce di scavo di alcuna sorta. Difficile pensare a scavi, abusivi, in quanto non sono state individuate movimentazioni di terra in tutto il territorio indagato, che esula le aree di precedenti e già note campagne di ricerca archeologica. Restano però numerose le testimonianze raccolte dagli abitanti di Candelo, in merito ad un losco traffico di reperti a lasciarci forti dubbi in merito. La ricerca si sposta nuovamente in archivio dove emerge una fonte interessante e proveniente dal Catasto Comunale di Candelo. Il foglio numero 18 evidenzia un appezzamento di terreno, in prossimità di ‘via Isangarda’, denominato ‘Sangarda’, conferma toponomastica di una parte delle informazioni registrate nel corso dell’indagine. 2) Raccolta di testimonianze orali condotte dallo scrivente dall’anno 1996 all’anno 2001, presso i locali.

FOTO: POSIZIONAMENTI GPS DEI LUOGHI (FONTE: GOOGLE EARTH)

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Luigi Bavagnoli Questa prima conferma può essere un utile indizio al fine di circoscrivere un’area più precisa in cui concentrare ricerche più accurate. Se da un lato la modernità distrugge, dall’altro consente, in brevissimo tempo e con fatica pressoché nulla, di accedere via internet ad un archivio di immagini satellitari, utilissime per uno studio di questo tipo. Resti di edifici o di costruzioni artificiali lasciano dei segni sul terreno, anche quando questo viene successivamente sopraffatto dalla vegetazione. Anzi, sovente è la vegetazione stessa, che cresce in modo differente a seconda di ciò che si trova nel sottosuolo, a suggerire preziosi dettagli da interpretare.3 Eventuali anomalie del terreno possono allora essere più facilmente riconoscibili dalle visioni aeree zenitali effettuate in stagioni diverse. Si procede dunque alla sovrapposizione del documento catastale alle immagini satellitari precedentemente geo-referenziate, per ricavare le coordinate corrette della località in esame. Grazie ai moderni software disponibili è possibile ottenere un’accurata precisione in pochi minuti. Il centro del terreno indicato come Sangarda corrisponde alle coordinate indicate come [Ysengarda – Sangarda - 45°32’34.55”N / 8° 8’25.01”E]. 3) La crescita della vegetazione è differente se stratificata su terreno naturale o se stratificata, invece, su macerie o su depositi artificiali. L’analisi delle foto aeree o satellitari fornisce quindi utili indizi per gli studiosi.

Ysengard Trasferendo questi dati su di un comune gps da trekking è possibile farsi guidare direttamente sul posto con un’approssimazione di pochi metri, sapendo in ogni istante la distanza rimanente, la direzione da seguire e anche la velocità di marcia. Esistono alcuni programmi di elaborazione grafica che possono esaltare, tramite filtri e contrasti, alcune anomalie e variazioni di colore difficilmente visibili ad occhio nudo sulle immagini originali. L’indagine quindi viene spostata dalle ricerche sul campo e di archivio agli studi a terminale, che in breve portano a dei primi risultati. Questa tecnica informatica viene eseguita sulla porzione di terreno in prossimità della località indicata come Sangarda, notando un’area che necessita approfondimenti. A 480 metri in direzione sud-est dal punto [Ysengarda - Sangarda] si riscontra un’anomalia del terreno. Anomalia caratterizzata da un’apprezzabile variazione cromatica del territorio che compone un’area marcatamente geometrica e regolare, corrispondete al punto [Ysengard – anomalia terreno 1 - 45°32’25.85”N / 8° 8’43.69”E]. La presenza di angoli retti esclude origini naturali ed avvalora l’ipotesi di un intervento umano. Si tratta di un’area quadrangolare aventi lati lunghi circa 27 mt. Poco distante da essa si trova una seconda figura geometrica rettangolare. Essa presenta un

FOTO: ANOMALIE GEOMETRICHE

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Ysengard lato corto di lunghezza paragonabile ai lati della precedente figura, ed un lato lungo di lunghezza approssimativa di 90 mt. L’asse longitudinale di entrambe le figure è orientato a circa 27° est, a conferma della possibile correlazione tra le due figure. Esse distano l’una dall’altra circa 90 metri. Le anomalie riscontrate potrebbero indicare i resti di un insediamento? Potrebbero coincidere con le fondazioni della ‘rocha’? Si auspica che questa prima fonte di riflessione possa stimolare i ricercatori ad approfondire l’argomento o a divulgare eventuali indagini condotte a stadi più evoluti dell’attuale e non ancora pubblicate su quaderni o su bollettini a noi noti. Occorre ritornare sul campo e tentare di cogliere ulteriori elementi osservando l’ambiente nelle zone emerse dallo studio computergrafico. La zona indicata come “Sangarda” non è molto estesa, ma prossima al fronte franoso che scende al torrente. Quel fianco, eroso dal tempo, permette di leggere la stratigrafia del terreno in modo assolutamente non invasivo. Non solo. Il materiale depositato a terra deriva da un rimescolamento stratigrafico dovuto a cedimenti ed a piccole frane, oltre che, in parte, al deposito fluviale. È quindi possibile indagare parte degli strati più antichi senza dover intraprendere campagne di scavo, invasive e distruttive. Per contro, questa inevitabile situazione, comporta all’impossibilità di una corretta lettura della sequenza cronologi-

Luigi Bavagnoli ca degli strati4. Si decide quindi di osservare accuratamente il fronte di frana ancorando delle corde agli alberi presenti per potersi avvantaggiare della possibilità di regolare la discesa o di soffermarsi a qualsiasi quota ritenuta interessante, restando seduti sull’imbracatura, grazie alle tecniche speleologiche di progressione su corda singola apprese in anni di esplorazioni. Raggiunto il piano sottostante, ricoperto da detriti superficiali risultanti da continue frane ed erosioni del modesto promontorio, vengono osservati numerosi frammenti di pietra in affioramento, mescolati alla spiaggia di ciottoli di fiume arrotondati e levigati dall’acqua. Si notano anche numerosi conglomerati calcarei ricchi di conchiglie fossili incluse al loro interno ed altre in parziale affioramento. Tra la vasta distesa di pietre che ricopre il piano di calpestio si nota fortuitamente una pietra particolare, che appare subito degna di interesse. Si tratta di un frammento di roccia molto dura che, ad un primo esame, pare lavorata dall’uomo e ricorda da vicino un raschiatoio di età preistorica. Memorizzata la sua posizione tramite rileva4) Anche fenomeni di origine naturale, quali smottamenti, frane, erosione, possono generare unità stratigrafiche, si veda per esempio gli effetti del colluvio e dell’alluvio, rendendo difficile la lettura d’insieme.

FOTO: EVIDENZIAZIONE DELLE ANOMALIE GEOMETRICHE

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conferme e smentite successive alle teorie presentate negli anni. Supponendo quindi una natura artificiale dell’oggetto in studio occorre comprenderne l’eventuale funzionalità e se si possa trattare di un residuo di taglio o un incidente, e quindi uno scarto di una lavorazione antica. Ancora più difficoltosa, però, è la sua eventuale datazione. Ad un primo esame non si notano tracce di cortice ma solo la presenza di una debole patina che lo scrivente non è in grado di posizionare cronologicamente in un periodo anteriore o successivo al periodo del suo utilizzo. Ci è solo possibile supporre che FOTO: AREA DEL RITROVAMENTO (FONTE: LUIGI BAVAGNOLI) essa sia stata causata dalle condiziomento gps [Luogo del ritrovamento del raschiani fisiche del terreno nel quale è stato più recentoio - 45° 32’ 46.57 N / 8° 8’ 29.96’’ E], si procede al temente contenuto, prima di precipitare dalla prelievo dal luogo di abbandono al fine di comparte scarpata fino al luogo del ritrovo. prenderlo meglio e di tutelarlo. Il reperto viene Le caratteristiche salienti del presunto manuquindi osservato accuratamente con l’ausilio di fatto sono il filo ancora in parte tagliente su di un una lente di ingrandimento e fotografato. fianco, alcune tracce che potrebbero indicare dei I primi dubbi che sorgono sono legati ad alcudistacchi da un nucleo, un piano di percussione ni segni presenti sulla pietra. Potrebbero essere molto liscio ed una serie di solchi sottili e praticastati lasciati dall’uomo nell’antichità, ma potrebmente paralleli, dettagli che fanno pensare ad un bero anche avere un’origine naturale. raschiatoio o ad un grattatolo di età preistorica. La nostra impreparazione in materia di ritroSicuramente emerge che il reperto doveva esvamenti preistorici ci fa scontrare con evidenti sere utilizzato impugnato senza l’ausilio di alcun incertezze interpretative. Se da un lato ci sembra supporto e crediamo di poter escludere che poche porti tracce di lavorazione artificiale, dall’altesse essere stato immanicato in qualche modo. tro ci risulta difficoltoso poterli distinguere con Tra le numerose domande da considerare assoluta certezza dai risultati di possibili azioni non sono di minore importanza quelle relative naturali quali gelifrazione, surriscaldamento e al luogo di approvvigionamento del materiale tettonizzazione. grezzo, a quello in cui venne lavorato, utilizzato Sebbene sia sovente difficile stabilire cosa è ed infine abbandonato. Va considerando anche opera dell’uomo e quali solchi, invece, siano stala possibilità che sia giunto fino al punto in cui ti prodotti da eventi naturali, come anche semè stato ritrovato in seguito al trasporto fluviale plici schiacciamenti geologici, riponiamo molta accidentale. fiducia nella sua origine antropica e tentiamo di Si decide quindi di sottoporlo all’attenzione incedere verso una corretta comprensione del di studiosi di archeologia sperimentale per tenmanufatto. tare di dare una conferma o una smentita alle Le difficoltà oggettive sono bene testimonianostre ipotesi, prima di scomodare le istituzioni te dalla nutrita e contrastante letteratura in medella Soprintendenza facendo perdere loro del rito alle eoliti5 caratterizzata da ricche e continue tempo prezioso. Viene contattato in un primo tempo il dott. 5) Noduli di selce scheggiata, oggetto di decenAlfio Tomaselli, cultore e sperimentatore di tecnali contestazioni in merito alla loro origine naturale o artificiale.

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nologie preistoriche. Da decenni è collaboratore di Università, di parchi naturalistici e archeologici. Ha tenuto seminari presso il Dipartimento di Archeologia dell’Università di Siena e gestisce con molta passione il sito www.archeologiasperimentale.it Inizialmente ha modo di osservare il reperto solo attraverso numerose foto inviategli via email. Da una prima analisi pare che le immagini non lascino dubbi e ne consegue l’esigenza di un incontro in cui poter osservare di persona il reperto litico. L’incontro avviene durante una delle sue dimostrazioni di Archeologia Sperimentale presso il Museo Civico ed Archeologico di Casteggio (PV). L’analisi de visu conferma le ipotesi precedentemente formulate. L’intervento umano è per lui indubbio, così come lo è il bordo affilato, il piano di impatto, i lati di distaccamento dal concoide. Si tratterebbe quindi di una scheggiatura di quarzite6 risalente, probabilmente, al Paleolitico inferiore. Maneggiando il reperto si nota anche un profilo più bruno, probabilmente dovuto ad un contatto più prolungato con l’aria, mentre il resto della pietra poteva essere sepolto nella terra. Coinciderebbe con la medesima patina notata da noi. Alla ricerca di un secondo parare viene contattato il dott. Claudio Nucci, esperto di paleoantropologia, archeologia e di riproduzione di oggetti preistorici. La sua analisi, limitata purtroppo al solo studio delle immagini fotografiche conferma l’ipotesi di un raschiatoio in quarzite con frattura concoide tipica degli ossidi di silicio, come i diaspri, selci, quarzi, calcedoni, etc… Le molteplici fratture evidenziate dalle foto non sarebbero, stando alla sua valutazione, di origine naturale ma provocate dall’uomo al fine di dare una forma simile ad un raschiatoio. La datazione teorizzata dal dott. Nucci si spin-

ge ad un livello di accuratezza e di precisione maggiore del precedente. Il manufatto potrebbe essere stato lavorato dall’uomo dell’acheuleano o del clactoniano7. Tramite l’amico dott. Alfredo Frixa il manufatto viene mostrato anche al dott. Dario Sartorio, un nome molto noto in campo paleontologico ed autore di alcune interessanti pubblicazioni sui microfossili. Dallo studio delle immagini inviate tramite posta elettronica vengono notate due patine e due scheggiature. Una sarebbe con ogni certezza di età paleolitica, l’altra forse più recente, probabilmente inquadrabile all’Età del Ferro. L’ipotesi è che la pietra possa essere stata riutilizzata in quel periodo per realizzare degli acciarini, preziosi utensili in grado di produrre scintille in grado di innescare fuochi, se sfregati contro a del metallo. Le scheggiature antiche sono molto più raffinate di quelle moderne, perché in tempi più recenti si era perso questo tipo di abilità manuale, potendo sopperire con altri sistemi alle loro funzionalità, e perché, con il passare dei secoli, si

6) La quarzite è una roccia metamorfica, contenente una buona percentuale di quarzo, spesso impiegata come la selce per la realizzazione di schegge e di lame per via della sua alta resistenza meccanica.

7) L’acheuleano è caratterizzato da un unico elemento piuttosto comune, costituito da utensili bifacciali. Ecco, di contro, comprende una grande estensione cronologica, geografica ed una grande varietà di tecniche e di tipologie di utensili.

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FOTO: RASCHIATOIO, VISIONE D’INSIEME

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Luigi Bavagnoli erano mescolate diverse tradizioni ed influenze culturali. A queste prime ipotesi segue un incontro a Milano dove vengono confermate le teorie precedentemente anticipate. Infine abbiamo avuto l’opportunità di chiedere un parare telematico anche al dott. Riccardo Chessa, di esperto di archeologia preistorica e sperimentale di www.glialbori.it. Sebbene l’osservazione delle fotografie non possa in alcun modo sostituire l’analisi de visu, otteniamo il quarto parere a sostegno della possibilità che si tratti di un reperto preistorico. Il dott. Chessa nota lateralmente degli stacchi netti e profondi e ipotizza che possa essere stato modificato da successive scheggiature fino a divenire nucleo poi ritoccato. La collocazione temporale del manufatto lo farebbe risalire al Paleolitico inferiore, quel periodo che corrisponde, in termini geologici, al Pleistocene inferiore e medio. È l’età dell’”Homo habilis” e dell’”Homo erectus”, l’uomo preistorico avrebbe quindi iniziato a lavorare pietre come questa già 2.6 Ma fa, stando ai ritrovamenti avvenuti in Africa. Esistono reperti molto antichi considerati esempi di produzione litica risalenti al Pre olduvaiano, quando la massa del cervello dei nostri antenati era di soli 600 cm3,contro i già notevoli 1.500 cm3 dell’”Homo sapiens”. L’uomo nella sua fase più semplice, in cui doveva confrontarsi con la natura ed affrontare i bisogni elementari della sopravvivenza. A lui si

Ysengard devono le prime e più antiche testimonianze giunte fino a noi e queste sono le pietre scheggiate, antenate della nostra. Si tratta delle più antiche antiche testimonianze dei suoi interventi di tecnologia litica, inizialmente rozza e rudimentale, e poi via via sempre più raffinata. Era questo uomo così antico il primo a lavorare la pietra, producendo schegge, lame o lamelle distaccandole per impatto o tramite pressione da frammenti di roccia, detti nuclei, e creando le più antiche testimonianze della cultura umana giunte nel tempo fino a noi. A quando, dunque, risale il nostro reperto? La datazione precisa ed inconfutabile deve essere affidata ad un esperto in grado di produrre un parere istituzionale ed inconfutabile, in quanto sono veramente troppe le variabili in gioco da considerare, che solo uno studioso specializzato in questo campo può valutare e correlare correttamente. Non si trattava certo di lavorazioni affidate al caso, nella sua semplicità la scheggiatura della pietra doveva tenere conto di molti fattori. La ricerca stessa della materia prima, ad esempio. Non tutte le pietre possiedono le caratteristiche fisiche e meccaniche ottimali per produrre manufatti lavorabili e robusti. Venivano cercate rocce dure, ricche di silice8, prive di fessure e di microfossili per poter guidare i distaccamenti altrimenti resi imprevedibili a causa di tessiture non continue ed omogenee della loro struttura. 8) SiO2, ossido di silicio.

FOTO: PRESUNTO RASCHIATOIO, DETTAGLI, SOLCHI PARALLELI E PIANO DI PERCUSSIONE (FONTE: ASS. TESES)

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Ysengard

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Si sceglieva accuratamente il blocco, la forma, la grandezza ed il materiale del percussore, che poteva essere di legno, di osso, di corno o un’altra pietra9: il tipo di percussore e la sua dimensione sono in realtà un valido alleato degli studiosi. L’utilizzo di una pietra dura come percussore genera talloni più ampi, visibili lungo la porzione prossimale dei supporti, non solo, il punto di impatto sulla superficie della pietra mostra le tracce del percussore, costituendo utili indizi per una più accurata datazione e comprensione del manufatto. Agli occhi di un esperto, la percussione o la pressione prodotta dal nostro antenato lascia segni che sono interpretabili come artificiali, a differenza di quelli prodotti da agenti naturali come il gelo, il fuoco o le compressioni tettoniche. Fratture successive, danneggiamenti ed erosioni intercorse dal momento del suo abbandono al momento dello studio possono rendere più complesso il lavoro dell’archeologo, la cui interpretazione finale è frutto di un complesso e lungo lavoro di osservazione e di comprensione, troppo spesso sottovalutato. Vanno compresi anche altri elementi facenti parte della successione di azioni necessarie per la realizzazione di una scheggia, come la forza prodotta per il distaccamento e l’angolazione scelta per l’impatto, dettagli che l’uomo antico imparava tramite l’esperienza diretta e la pratica. Avendo quindi trovato negli esperti coinvolti, che qui ringraziamo, conferme alle nostre ipotesi originali, abbiamo proceduto alla segnalazione 9) Nel paleolitico inferiore si utilizzava prevalentemente un’altra pietra, più avanti nel tempo, fino al paleolitico superiore, si è poi affermato l’utilizzo di percussori organici.

Luigi Bavagnoli Luigi Bavagnoli, speleologo ed esploratore, è il presidente dell’associazione speleo-archeologica TE.S.E.S. (www.teses. net), da lui fondata nel 1996, che si prefigge di ricercare, studiare ed esplorare gli ambienti sotterranei realizzati dall’uomo. È stato co-fondatore e consigliere della Federazione Nazionale Cavità Artificiali, che ha lasciato nel

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di ritrovamento alla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, nella persona della dott.ss Giuseppina Spagnolo. Il presunto raschiatoio è stato quindi consegnato alle dott.sse. Angela Deodato e Chiara Rossi, rispettivamente conservatore della sezione archeologica del Museo del Territorio Biellese e archeologa presso il Museo del Territorio Biellese. Una teca nella sezione archeologica del museo già è pronta ad accoglierlo. Si ritiene che lo studio del reperto ritrovato possa essere uno stimolo a future ed auspicabili indagini nell’area descritta e che possa coinvolgere altri ricercatori in modo tale da poter confermare o discutere in modo costruttivo e produttivo le ipotesi presentate. Bibliografia • Bavagnoli, L., “Il villaggio druidico di Ysengard”, L’IMPREVISTO num 3, 2010 • Broglio, A., “Introduzione al paleolitico”, Laterza, 2002 • Centini, M., “Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità dei Castelli del Piemonte”, Newton & Compton, Roma, 2001 • Conti, M., “Guida al Biellese misterioso e sconosciuto”, AEMMEPI EDITORE, Biella, 1999 • Dini, M., “La scheggiatura della pietra nel paleolitico”, PACINI FAZZI, 2010 • Lebole, D., 1992, p. 125 • Pozzo, L., “Canderium”. Ristampa anastatica, Vigliano Biellese, 1997 • Sommo, G., “Luoghi fortificati fra Dora Baltea, Sesia e Po”, III, Vercelli, 1993 • Tomaso Vialardi di Sandigliano, tratto da “Proloco Notizie n. 2”, febbraio 1996

2008, dopo tre congressi nazionali di Archeologia del Sottosuolo ed alcune importanti pubblicazioni presso il British Archeological Reports di Oxford. Appassionato di storia, archeologia, geologia, folklore ed esoterismo tiene anche numerose conferenze sulle ricerche, e le scoperte effettuate. Collabora con Italian Military Fitness nel progetto IMF Adventures come caposquadra organizzando dei semplici corsi nella natura in cui imparare i rudimenti dell’orientamento e della sopravvivenza.

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Impronte a Ello del “Popolo del Sole” della teologia eliopolitana?

FOTO: CARTINA DEL NORD ITALIA ANTICA

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llo (Ell), comune di 1.110 abitanti in provincia di Lecco, è un centro agricolo e industriale della Brianza situato sulle verdi pendici occidentali del monte Regina (817 m), a sud-est del lago di Annone; è noto nel campo dell’Arte Preistorica perché, in località Boggia, è stata scoperto un misterioso menhir istoriato, sul quale sono rappresentati un disco solare a tre raggi, una figura umana con corona e ascia e un disco solare puntato al centro (età del Rame, IVIII.mill.a.C). Il ritrovamento è avvenuto all’interno di un abitato che ha restituito vasi a bocca quadra (neolitico, VI-IV mill. a.C.) e molte armi in bronzo, le più antiche dell’alta Italia. Stefania Casini e Angelo Fossati1 hanno ipotizzato una “antecedenza dei dischi e del cerchio rispetto all’antropomorfo e all’ascia: infatti il motivo del disco solare con tre raggi è presente in monu1) Casini, Fossati (1994), p.93)

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menti come Cornal, Caven3 e Valgella”. Queste stele sono state attribuite “ad una fase antica del processo di evoluzione delle composizioni monumentali che si compie nel corso dell’Età del Rame, e che prevede il progressivo passaggio dal simbolismo quasi astratto alla raffigurazione antropomorfa”.2 In questa sede non mi occuperò dell’antropomorfo, poiché è stato notato che “Il tipo di pietra del menhir di Ello non si presta ad una lavorazione accurata, e quindi la qualità delle istoriazioni, in particolare della figura umana, risulta assai grossolana”.3 Il Gaspani ha posto a confronto il disco tricaudato di Ello con l’altrettanto misterioso simbolo ciclomorfo camuno tracciato sulla parete di roccia presso il Capitello dei Due Pini a Paspardo, in 2) De Marinis (1988), pp.143-144; Poggiani- Keller R. (1989),fig. 23;3-5

3) Casini, Fossati, cit. ivi ibidem

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Impronte a Ello del “Popolo del Sole”... Valcamonica (a sinistra), e con il masso di Borno (a destra), sempre in Valcamonica, ipotizzando che queste rappresentazioni conservino la memoria storica della caduta di un asteroide: in particolare, quello di Ello serberebbe la memoria della caduta dell’asteroide di Koefels, o la diretta osservazione della sua caduta.4 Infatti Gaspani (2000), vista la spiccata similitudine tra i simboli camuni e valtellinesi, aveva pensato che potesse trattarsi di un simbolo teomorfo rappresentante qualcosa di straordinario, effettivamente osservato nel cielo “da uomini geograficamente lontani tra loro e dotati di un bagaglio culturale differente. Essi furono testimoni dello stesso evento: forse la comparsa di una cometa molto luminosa, transitata in mezzo a due astri ben visibili a occhio nudo.” In ragione del fatto che l’antropomorfo potrebbe rappresentare una figura orante, “L’impressione è quella di un uomo in atteggiamento di preghiera, rivolto verso un cielo in cui campeggia il disco tricaudato in mezzo ad altri due: ciò suggerisce già di per sé l’idea che l’oggetto simbolizzato fosse visibile in alto, nel cielo, e quindi che fosse un oggetto astronomico”. ����������������������������������������������� ) Gaspani A. (2008),www.ecoantropolgia.net, categoria Misteri Padani

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FOTO: MISTERIOSO MENHIR ISTORIATO

Ed è proprio su questo simbolo che ho focalizzato l’attenzione, con la premessa che l’omogeneità cultuale, o la presenza di matrici culturali comuni risalenti ad epoca protostorica, non è da escludere tra i popoli delle Alpi Retiche, ma anzi la cultura dei Camuni o Camunni non deve essere ristretta alla sola Val Camonica (che potrebbe aver costituito il loro ultimo rifugio), essendo stata dagli autori antichi descritta come “retica” perché interessante le Alpi Retiche, compresa la

FOTO: DA SINISTRA CORNAL, CAVEN 3 (TEGLIO VALTELLINA), VALGELLA

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Impronte a Ello del “Popolo del Sole”...

FOTO: SIMBOLI SULLA PARETE DI ROCCIA PRESSO IL CAPITELLO DEI DUE PINI A PASPARDO, IN VALCAMONICA (A SINISTRA), E CON IL MASSO DI BORNO (A DESTRA), SEMPRE IN VALCAMONICALLA

Valtellina. Le fonti classiche sono state ritenute attendibili in ambito accademico da De Marinis (1988 b) e Fedele (1988), che hanno associato i Camuni all’ambiente retico, in base ad una comunanza di maniere ed accessori sociali di una regione compresa tra le Alpi italiane e l’alta regione del Reno. Ovviamente, i primi gruppi di agricoltori neolitici provenienti dal delta egiziano e dalle aree palestinesi e danubiane si integrarono con quelli dediti a caccia e raccolta presenti sin dal paleolitico superiore, inizialmente in modo pacifico, formando insediamenti sparsi a macchia di leopardo. Anche il Gaspani è stato attratto da questo simbolo, “formato da una serie di tre dischi concentrici da cui emergono tre serie di raggi divergenti orientali verso il basso”, poiché esso “appare anche su almeno altri nove massi incisi e rocce-stele rinvenuti in Val Camonica e in Valtellina. L’analisi, condotta mediante raffinate tecniche informatiche di pattern processing, ci dice che i dieci simboli sono altamente correlati tra loro, anche se tracciati su reperti rinvenuti a svariati chilometri di distanza l’uno dall’altro, e inoltre che, molto probabilmente, discendono tutti da quello rappresentato sulla roccia di Paspardo” 5 Si tratta di un simbolo molto accattivante, a proposito del quale è stata avanzata l’ipotesi che 5) ivi: http://www.antiqui.it/archeoastronomia/ camuni.htm)

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i tre cerchi solari rappresentino il tramonto del Sole sull’orizzonte antistante, agli equinozi e ai solstizi.6 In tal caso il processo metaforico avrebbe lavorato sia sulle dimensioni apparenti che sulla “forza” vitale, sacra, immanente e magica del sole che culmina sia al solstizio d’estate che a mezzogiorno, perché non è da escludere, ma anzi ritengo più fondata, l’ipotesi che i tre dischi solari modellizzino il ciclo circadiano nella sua fase diurna, ovvero all’alba, a mezzogiorno (più grande, al centro) e al tramonto. Queste interpretazioni sono rafforzate dal fatto che è stata trovata una spiegazione del tutto soddisfacente agli strani solchi ad “U” rappresentati nel petroglifo teomorfo delle stele di Caven 3, Cornal, Borno 1, Ossimo 2 lato C e di altri siti. In tali petroglifi è infatti disegnato fedelmente un modo di arare i campi ancora praticato a livello folklorico e fotografato dagli autori nei campi del sottostante al fondovalle, con più solchi paralleli a forma di U, di cui sono stati trovati riscontri nel modo di arare i campi di grano in Spagna.7 In base alle evidenze che sto per illustrare, ritengo che i simboli del sole puntato e del sole tricaudato costituiscano prove della presenza di impronte culturali portate da gruppi di agricoltori protoneolitici provenienti dal 6) Codebò M., Barale P., Castelli M., De Santis H., Fratti L., Gervasoni E. (1999) 7) Brunod G. (1997), p.58

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Delta del Nilo in ondate successive, in concodefunti in relazione alla fecondità dei campi. Dal mitanza con quelle del Medio Oriente e dei momento che le più antiche e rilevanti testimoBalcani. nianze sui culti solari connesse all’agricoltura Si veda il servizio sulle Piramidi di Montevecin area mediterranea ci provengono dall’Antico chia (Bertocchi, 2008), la cui scoperta si deve Egitto, è dai simboli solari egizi che è necessario all’architetto Vincenzo Di Gregorio, che va rivepartire. lando la presenza di nuovi siti documentandoli A cominciare dal disco solare puntato, pure sul portale da lui diretto (http://www.antikitera. presente sul menhir di Ello, che in Egizio è espresnet/). so dal determinativo geroglifico che si pronuncia Da un punto di vista etno-antropolgico e Ra, come il nome del Dio del Sole. storico-religioso, si tratta di una problematica da Molti sono gli isomorfismi tra il geroglifico inquadrarsi nei culti solari, inscritta nella forma egizio del sole e quello protocamuno: arcuata dei solchi, adottata per esprimere sistemi mito-rito a carattere agrario, volti a sostenere esigenze pratiche con strumenti di tipo magicoreligioso, elaborati allo scopo di ottimizzare la cattura dei raggi solari da parte delle spighe e ottenere il miglior raccolto possibile attraverso una tecnica di aratura, quella ad “U”, probabilmente idonea alla coltivazione del grano negli scoscesi altopiani alpini. È ben vero che tali solchi non compaiono in FOTO: ISOMORFISMI TRA IL GEROGLIFICO EGIZIO DEL SOLE E QUELLO PROTO-CAMUNO questo sole tricaudato ma esso, riportando tre soli, fa certamente parte Il grande Alce appartiene al protocamuno del sistema mito-rito di tipo agrario di cui le altre (datazione del protocamuno: 8.500-5.500 a.C). stele ci offrono il contesto. Alla luce della storia Ciò significa che le popolazioni provenienti comparata delle religioni possiamo arguire che dal delta egizio, giunte in area alpina, erano poresso cripti un sistema metaforico riguardante il tatrici di sistemi mitopoietici e rituali di carattere ciclo vita-morte-resurrezione, ed il mondo dei agrario-solare, elaborati in epoca predinastica da

FOTO: MUSEO VIRTUALE DELL’ARTE RUPESTRE CAMUNA

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Antonia Bertocchi primitivi sahariani.

Impronte a Ello del “Popolo del Sole”... http://www.duat.it/egittologia_000023.htm http://www.popolizio.com/kmt/aker.html Vedi anche: http://www.touregypt.net/HistoricalEssays/hyrotutor/Learninghieroglyphs3.htm Sulla simbologia dell’Aker si veda: www.ecoanropologia.net (pagina iniziale) Di particolare interesse è anche la frase con determinativo:

V Riga: SA RA: Ra MS SW MR AMON (Figlio di Ra: Ramesse [RA ha generato lui] amato da Amon) Concordanze geroglifiche egizio-camune nel sole che sorge all’orizzonte.

Frase in geroglifico con determinativo indicante il sole che sorge all’orizzonte, dalla struttura identica a quella delle steli camune. In questo quadro comparativo, particolarmente interessante è l’Aker, il doppio leone, che rappresenta le porte della terra attraverso le quali ogni mattina il dio sole deve passare (a sinistra).

che significa wbn ra m 3xt: il sole sorge all’orizzonte. Ma la prova più decisiva ci è data dall’approfondimento di questo simbolo da parte della Betrò (1995) che, spiegando il simbolo del sole a tre raggi, riporta la glossa del papiro Carlsberg 7 (2008)8, in cui è indicato come l’identificativo di un misterioso “popolo del Sole della teologia eliopolitana””: la “gente del Dio Atum hnmmt” (associato ai p’t e ai rhyt), la cui menzione è assai antica e di cui gli Egittologi Gardiner e Gunn hanno sottolineato il significato di genti su cui splende il sole e la loro connessione al sole nascente e al nuovo re”9.L’espressione sembra essere stata usata per designare gli egiziani stessi, ma “con quale specifica connotazione è ancora oscuro” 10. Sole con raggi:

Determinativo o ideogramma in sostantivi connessi alla radiosità solare: 3hw “luce, splendore”, psd “splendere”, stwt “raggi”. Da wbn “sorgere” valore fonetico wbn. E anche ideogramma (o fonema) per hnmmt, nome del misterioso “popolo del sole” della teologia eliopolitana. Questi riscontri lasciano di primo acchitto sbalorditi, in quanto le incisioni alpine sono cronologicamente precedenti al sistema geroglifico egizio, ma si chiariscono alla luce del fatto che i geroglifici presuppongono un sistema ideologico di tipo magico-religioso complesso, codificato in età arcaica. La Betrò accantona la teoria di una 8) Von Lieven A ; Quack J.F., and Ryholt K (2006) 9) Betrò cit ivi p.152 10) Betrò ivi ib.

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derivazione dei geroglifici egizi da quelli sumeri e dimostra che “La scrittura geroglifica irrompe nella storia come un’elargizione divina [...] il repertorio dei segni geroglifici, nella gran maggioranza attestato dalle iscrizioni arcaiche, attinse al patrimonio autoctono: lo studio delle versioni più antiche dei geroglifici classici è una miniera di informazioni antropologiche sulle fasi remote della formazione della civiltà egiziana, e non di rado paleografia e archeologia si illuminano a vicenda. È possibile che gli anonimi scribi che misero a punto definitivamente il codice geroglifico avessero attinto alla tradizione stilistica della pittura predinastica, che aveva perfezionato nei secoli precedenti elaborati canoni di rappresentazione”.11 Ne è una prova questo frammento di vaso della II° Dinastia (2800 a.C.) dalla Tomba di Perisben12, nella quale il geroglifico del sole puntato indica chiaramente la sillaba fonetica “Ra”. Tenendo conto del fatto che il Bernal (1994, Tav. p.XVI), nella sua retrodatazione delle dinastie egizie, ha collocato la II° nel 3200 a.C., possiamo dedurne che l’affacciarsi di questo geroglifiFOTO: AKHENATON E LA SUA FAMIGLIA IN ADORAZIONE AL DIO ATON RA co in area alpina non può che risalire ad epoche precedenti anche se, ovviamente na. Forse fu capitale del Paese in epoca predinanel caso specifico, potrebbe essere stato eseguistica, e la sua teologia era la più antica. Mentre i to posteriormente a tale data per il fenomeno suoi sacerdoti ebbero grande importanza durandella etnoresistenza delle tradizioni popolari. te l’Antico Regno, il dio tutelare di Eliopoli era Ra, Dunque, vi è una continuità iconologica che che ebbe grande prestigio soprattutto nella V disi estende dagli abissi sahariani del predinastico nastia, dove i faraoni erano soliti includere il tere percorre i periodi dinastici identificando un mimine Ra nei loro nomi. Egli, assimilato ad Atum, si sterioso “Popolo del Sole”, su cui è ancora tutto incarnò nella fenice e nel toro Mnevis. Ad Eliopoda scoprire. Ciò rende sensata l’ipotesi che furoli, proprio in suo onore, i sovrani della V dinastia no gruppi etnici provenienti dal delta del Nilo in edificarono i loro templi. Il clero di Eliopoli fu per epoca predinastica a portare l’agricoltura in Itatutta la storia dell’Egitto uno dei più influenti, e lia e in Europa (con i sistemi mito-rito collegati) la sua importanza religiosa risale al periodo pree che abbiano preferito, nelle loro prime ondate dinastico, come testimoniava la preminenza del migratorie, risalire il Po e i fiumi padani per ocdio locale Atum, divinità primordiale dell’enneacupare zone montane ed altipiani, piuttosto che de eliopolitana. insediarsi nella pianura, a rischio di alluvioni. Eliopoli in scrittura geroglifica: Centro del culto egizio del Sole era Eliopoli (sobborgo de Il Cairo, dagli Egizi chiamata Hunu, talvolta reso in greco come ‘Oν (On) ed in ebraico come Ôn oppure Āwen), che rivestì grande importanza soprattutto all’inizio della storia egiziaỉwnw - Iunu - la città dei pilastri. 11) Betrò, M.C. (1995), p11-13 Eliopoli appartiene al 13° nomo ed è resa in ��������������������������������������������������� ) Donanoni-Roveri A.M. e Tiradritti F.-a cura diegizio con Iunu. (1998)

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Antonia Bertocchi Molte sono le località transpadane le cui radici linguistiche sono di probabile origine egizia o accadico-sumerica, di cui mi sto occupando (Bertocchi 2008 b). Tra i riscontri toponomastici, che vado raccogliendo, ad esempio Saronno (Varese) sembra derivata da “Sa-Ra” (figlio di Ra) con “Onno” (uni -on) ad indicare “Città dei figli del Sole”. Queste etimologie cessano di apparire temerarie alla luce di quelle ormai accettate dagli accademici, come la derivazione di Onofrio da Unnefer (“l’essere buono e perfetto”), di Susanna da Sashen (“colei del loto”) e di Isidoro da “Iside ha dato”13. Allo stesso modo, potremmo derivare Matilde da Maat e Ramon-Ramona da Ra-Amon: si vedano in proposito le acute riflessioni nel forum sito al seguente indirizzo: http://www.cairomontenotte.com/abramo/antares/2003/24.html. Per quanto riguarda Ello (in dialetto Ell), potrebbe derivare da Ellu che, secondo il Semerano (1984, p, 632), deriva dall’accadico “alto”-”ilu” che significa “superiore” e “Dio” (ivi p.693); parole che indicano anche l’acropoli (elu-elium, come IlioTroia): Ello si trova infatti ad un’altitudine di 817 m sul livello del mare. Assai significativo è che Atum, nato dall’oceano primordiale (Nun, simile alla valle del Po sempre inondata), per dare inizio alla creazione salì su di una collina. Analoga è la voce greca Helios, il Dio del sole, chiamato dai romani Elio, derivata da quella del Dio semitico El (Ebraico: ‫ ;אל‬Greco: Ελ), che ha riscontri in ugaritico, fenicio, ebraico (Elohim), in aramaico e in accadico. La presenza nel lecchese e in Val Camonica di comunità egizie potrebbe venir confermata dallo studio comparativo del determinativo geroglifico per “città” espresso dall’ideogramma presente anche nello “stemma” di Eliopoli, che significa “città” e si legge Niwt (Niut). La sua somiglianza con la rosa camuna, ritrovata 92 volte tra le 350.000 incisioni rupestri della Valle camonica, è davvero sorprendente! Secondo il Brunod, l’esemplare più antico di “rosa” è da attribuirsi alla cultura Vucedol, in cui l’artista ha racchiuso quattro coppelle in una linea curva (che sembra una “rosa camuna”), mentre quelle esterne sono rappresentate da figure a stella. Essa è molto simile a quella delle Foppe di Nadro e fa pensare che le rose camune costituiscano indicatori di centri abitati, proprio come il �������������������������������������������������� ) Jacq. C. 1995 pp137-138; Capart J. (2008), p.56

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Impronte a Ello del “Popolo del Sole”... determinativo egizio per “città”.

Gli esemplari di epoca successiva presentano un movimento più dinamico, più somigliante a quel “triskel” celtico che dà l’immagine di moto (solare), di ciclicità (G.Brunod). La cultura di Vucedol, sviluppatasi tra il 3000 e il 2.400 a.C. circa, sapeva lavorare abilmente il rame; è stata attestata presso Vukovar, vicino all’attuale confine orientale della Croazia con la Serbia, a metà strada tra Ungheria e Bosnia, dove i fiumi Danubio e Vuka si incontrano. Non mi meraviglierei affatto che ulteriori approfondimenti portino alla decodificzione delle radici paleolinguistiche citate (e di altre come: Lago di “Annone”, parco del “Cur-one”, etc.), identificando i Camuni (hnmmt?) e le popolazioni retiche (rhyt?) con gruppi etno-culturali di provenienza egizia. Che si tratti proprio del misterioso popolo del sole della teologia eliopolitana? Spero di essere riuscita, in queste brevi note,

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Impronte a Ello del “Popolo del Sole”... a mettere alla prova la validità dell’approccio sistemico da me elaborato, evidenziando la possibilità di relazioni ricorsive tra i determinativi egizi del sole puntato e tricaudato ed i simboli incisi camuni e retici dall’identica forma, presenti sul menhir di Ello e in molte zone dell’arco Alpino retico-camuno. In tal caso, si aprirebbe la possibilità di sollecitare un interesse interdisciplinare volto ad approfondire l’ipotesi da me tracciata, che è da considerarsi di tipo scientifico, in quanto è fondata su evidenze scientifiche ed esige l’adozione di strumenti scientifici, sia per la sua convalida che per la sua smentita. Nella misura in cui specialisti provenienti da diversi campi del sapere (ad esempio archeologia, egittologia, astronomia, archeoastronomia, arte preistorica, paleolinguistica, genetica delle popolazioni, storia comprata delle religioni e delle tradizioni orali, nel contesto di un approccio antropologico bio-culturale ed epistemologico) si sentiranno coinvolti in un lavoro di équipe, questa ricerca, di cui ho offerto alcune coordinate interdisciplinari, potrà approdare a scoperte che renderanno sempre più plausibile l’ipotesi che vado proponendo della presenza di una Koiné egizia in Val Padana, a partire dalla Protostoria. Auspico che tali ricerche possano valorizzare la scoperta, da parte dell’architetto Vincenzo Di Gregorio, delle Tre Piramidi brianzole di Montevecchia che, guarda caso, si trovano nel parco del Curone a poca distanza da Ello. Se questo mio contributo riuscirà a scuotere l’indifferenza accademica che troppo sbrigativamente

Antonia Bertocchi Antonia Berocchi, Antropologa, (www.ecoantroipologia.net) esperta nello studio delle Tradizioni Popolari Padane e della loro tutela e valorizzazione ecomuseologica, è Consuente Scientifica dell’Opera Multimediale Atlante Demologico Lombardo (www.demologia.it). Collaboratrice dell’international Institute of Humanlind Studies diretto dal Prof Brunetto Chiarelli (www.iihs.it) e del portale Anthropos (www.antrocom.it). ha al suo attivo più di cento pubblicazioni e ha partecipato in qualità di Relatrice e di Chairperson in prestigiose sedi

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FOTO: INCISIONI RUPESTRI DEI CAMUNI IN VALCAMONICA

si affretta a respingere ipotesi senza averle neppure controllate, gli Enti preposti alle indispensabili indagini preliminari di tipo archeologico ed archeoastronomico potrebbero adottare opportune decisioni in ordine alla conduzione di quegli interventi più idonei alla verifica di queste ed altre ipotesi di lavoro in corso d’opera. Traduzione italiana della relazione pubblicata sul sito del Dipartimento Valcamonica e Lombardia del centro Camuno di Studi Preistorici (www. simbolisullaroccia.it) diretto dal Prof. Umberto Sansoni in occasione del XXIII Valcamonica SYMPOSIUM 2009 Arte Preistorica e Tribale, 28 ottobre - 2 novembre, Capo di Ponte (Bs) “Produrre storia dalla preistoria: il ruolo dell’arte rupestre”, intitolata: Marks of “The People of the Sun” by Heliopolitan Theology impressed on Ello’s menhir?

congressuali presso università italiane e straniere, con contributi pubblicati nei rispettivi atti. Interessata al dato fenomenico della mentalità di tipo magico-religioso, e alle modalità con cui essa interviene nella ritualizzazione dell’ambivalenza emotiva e dell’empatia, ha posto a confronto le sue caotiche irruzioni nel quotidiano e le sue frammentarie sopravvivenze folkloriche, con i più articolati ed integri contesti etnologici, esplorati nello spazio e nel tempo, entro la storia comparata delle religioni, al fine di rintracciare, investigare e ricostruire contesti culturali e coordinate identitarie dei popoli padani. secodo un approccio di dipo bio-evoluzionestico.

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La “Scienza Sacra” dei costruttori di megaliti (IV) Origine etnica dei costruttori dei megaliti

FOTO:MEGALITI NEL SALENTO (FONTE: EZIO SARCINELLA)

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l collegamento tra quelle antiche genti e il Salento oggi non è solo testimoniato dalle tracce megalitiche, ma anche da una verifica scientifica che ricostruisce il loro spostamento verso S-E, derivata dallo studio delle tracce genetiche. Nel ricercare l’origine dei costruttori di megaliti nel Salento il dr. Dario Stomati, nel suo libro “Il vento e le pietre” (Lupo Editore, 2010) indica le risultanze del metodo scientifico applicato per risalire -attraverso la via genetica, il gruppo sanguigno e il sistema alimentare- alla conoscenza del progenitore della civiltà che sparse megaliti nel Salento e nel mondo. L’autore ha sottolineato la distinzione genetica tra le popolazioni nomadi e le stanziali, basandola sulla presenza nell’organismo umano di enzimi preposti a favorire un metabolismo rapido. Nei popoli nomadi, che venivano più facilmente in contatto con sostanze tossiche, a causa

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di una dieta basata sulle risorse alimentari reperite in natura, risultava più attivo un gruppo di enzimi capaci di disintossicare rapidamente il loro organismo, favorendo un rapido metabolismo. La ricerca sulla famiglia degli enzini responsabili di un “metabolismo ultrarapido” ha condotto al “fenotipo” originario, deducendo che si è sviluppato in fase post-glaciale, per mutazione genetica all’interno di una stessa famiglia enzimatica. È risultato essere maggiormente presente in individui della popolazione del Portogallo, della Spagna e dell’Italia. Secondo il metodo detto “filogeografia” adottato per la ricerca di caratteristiche etniche simili in popolazioni occupanti terre distanti tra loro, è stato anche possibile risalire all’antenato comune. La ricerca delle origini della cultura megalitica ha condotto i genetisti al Sapiens-sapiens cromagnoide dell’area franco-cantabrica di 30.000

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anni fa, Aplotipo R1 b, mutazione M343 dell’aploguppo Cro-Magnon R. Vissuto nella “nicchia ecologica” franco-cantabrica durante la fase glaciale, in fase post-glaciale Würm il progenitore del popolo costruttore di megaliti uscì dal suo rifugio per diffondersi in altre aree. Il suo gruppo sanguigno 0, con fattore Rh negativo, il più antico tra i gruppi sanguigni dell’attuale popolazione europea, segue lo stesso sistema di distribuzione con un gradiente di variabilità in direzione S-E, dovuto all’allontanamento dal gruppo di origine, o “deriva genetica”. Ciò avvalora l’ipotesi del collegamento tra la Penisola Iberica e l’Italia avvenuto per l’ondata migratoFOTO: RICOSTRUZIONE DI UN RARO FENOMENO DI VULCANISMO. FONTANA DI CENERE ria forzata di genti che affrontarono il rischio del nomadismo, dovendosi allontanare delle calotte polari. rapidamente dalle loro terre affacciate sull’AtlanLa ciclicità di tali eventi è dovuta alla dinamitico, che in fase post-glaciale non offrivano più ca naturale della Terra, oscillante intorno al suo garanzia di stabilità, nè permettevano lo stile di asse obliquo, che provoca, sempre più ravvicivita derivato dalla caccia di grandi prede, mantenati nel tempo, fenomeni distruttivi: meteoreonuto in fase glaciale. logici, tellurici, sismici, tsunamici, franosi, alluLe tracce genetiche, quindi, non solo provano vionali, sanitari ed esistenziali, trattandosi di un la diffusione di ondate migratorie verso il Medifenomeno che si ripete alla scadenza stagionale terraneo delle genti atlantiche a seguito del ritidi ognuna delle quattro millenarie stagioni del ro dei ghiacciai delle calotte polari e dell’aumenGrande Anno precessionale, detto anche “Anno to del livello degli oceani (post-glaciale Würm, platonico”. 10.000 a.C. e post-glaciale Dryas recente 8.000 La prima stagione olocenica iniziò con un a.C.), ma confermano anche la retrodatazione Solstizio estivo precessionale, che dette l’avvio dell’operazione megalitica nel mondo, già fatta all’Estate precessionale di sei millenni (dall’XI al V seguendo le tracce storico-artistiche (M.Grande, a.C.), con Sole e Orione che, alla levata di equino“L’orizzonte culturale del megalitismo”, Besa zio primaverile annuale, si attestarono per oltre 2008). duemila anni nella costellazioni Leone, e poi, con lento moto retrogrado bimillenario, nella costellazione Cancro e, successivamente, nella costelPossibile ricaduta positiva della lazione Gemini. conoscenza dell’operazione La seconda stagione olocenica corrisponde megalitica sulla situazione all’attuale Primavera precessionale, il cui passaggeologica e sismica attuale gio avvenne in fase di Equinozio precessionale, nel V millennio a.C., quando il Sole in levata di L’esperienza vissuta dall’antico popolo coequinozio primaverile annuale “fu condotto dalla struttore di megaliti si ripresenta oggi con uno mano di Orione” (la stella Saiph) dalla costellazioscenario d’instabilità tellurica ed atmosferica, ne Gemini verso il Taurus e lì riapparve ad ogni dovuta all’aumento della temperatura, che favostesso equinozio primaverile annuale, transitanrisce lo scioglimento dei ghiacciai continentali e do molto lentamente fino ad uscirne alla fine dei

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Marisa Grande duemila anni solari. Nel suo lento procedere retrogrado apparente all’orizzonte di ogni inizio di primavera, dovuto invece al lento rallentamento della Terra sulla sua orbita, apparve per altri due millenni nella costellazione Ariete e per altri due in Pesci. Oggi procede verso l’Acquario, dove segnerà l’inizio della stagione precessionale Inverno, dopo un solstizio precessionale invernale. In questo emiciclo precessionale olocenico, coincidente con oltre dodici millenni di storia dell’uomo, la figura di Orione, che ne ha segnato il tempo, ha assunto la personalità di Osiride, di Horus, di Zeus, di Mitra...di Ercole..., i cui templi sono stati eretti con proporzioni auree e seguendo fondamentalmente la griglia elettromagnetica naturale già descritta dalla distribuzione dei megaliti, con l’aggiunta dello scarto angolare precessionale, corrispondente allo slittamento di un grado retrogrado all’orizzonte ogni 72-74 anni solari. In epoche più recenti, ogni religione nel mondo ha stabilito quell’antico collegamento energetico vincolante il cielo e la Terra praticando varie forme visibili e invisibili, fisiche ed energetiche, per perpetuare tale “connubio sacro” equilibrante le armonie del cosmo, altrimenti tendenti ad un subdolo disequilibrio, per un “andamento caotico” dovuto alla lenta tendenza della Terra al rallentamento, perché frenata dall’obliquità del suo asse. La risposta altamente responsabile e moralmente tendente al bene dell’umanita, secondo gli intenti di chi la applicò elevando megaliti nel

La “Scienza Sacra” dei costruttori di megaliti (IV) mondo, venne però eclissata nell’oblio, bollata di superbia per un sospetto di implicita aspirazione all’onnipotenza (a dimostrazione di quanto tutto sia relativo e di come ogni interpretazione dei fatti sia opinabile, resa plausibile alla luce di una credenza fino alla sua interpretazione opposta, motivata alla luce di un’altra, contraria, credenza). Si trattò di una conoscenza che gli uomini evoluti che hanno delineato la storia ufficiale hanno inteso sottrarre all’umanità per molti secoli, anche se nel tempo azioni equilibranti sono state attuate impiegando i metalli buoni conduttori, soprattutto oro, per ottenere i medesimi risultati che i costruttori di megaliti perseguivano con le pietre. Prendendo le distanze da quella filosofia e da quella religione, ritenuta magica o minore, si è permesso all’umanità ignara di scompaginare il piano ponderale megalitico e di dissotterrare l’oro, l’argento il bronzo e il ferro dei tesori nascosti nei templi e dei corredi delle tombe funerarie rituali, vanificando così anche il piano equilibrante attivato dalle civiltà storiche della successiva età dei metalli. Tale azione, unita allo sfruttamento delle miniere di oro, di argento, di rame e di ferro, buoni conduttori dall’azione equilibrante secondo i dettati della natura, e all’uso sconsiderato delle risorse energetiche del pianeta, ha reso il campo magnetico della Terra sempre più vulnerabile e debole e i campi elettrici sempre più distruttivi. Un campo magnetico indebolito può provocare l’inversione delle polarità magnetiche, con

FOTO: DINAMICA SISMICA NEL PACIFICO IN RELAZIONE AL TERREMOTO IN GIAPPONE DELL’11/3/2011 REALIZZATA SULLA BASE DELLA TEORIA DELLE “CELLE GEOMORFOLOGICHE” (ELABORAZIONE DI MARISA GRANDE SU CARTINA SISMICA EMSC-TERREMOTI)

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La “Scienza Sacra” dei costruttori di megaliti (IV) conseguente “deriva del pianeta”. L’eccesso di elettromagnetismo e di calore endogeno può provocare un’accelerata “deriva dei continenti”. La dinamica distruttiva ha origine nel nucleo terrestre, messo sotto sforzo per compensare la forza frenante prodotta da un asse terrestre alquanto inclinato, che fa oscillare ampiamente la Terra. Tale accentuato “effetto trottola” produce vibrazioni in eccesso e scuotimenti devastanti, per lo scorrimento rapido delle zolle terrestri su uno strato sottostante di astenosfera resa molto vischiosa dal calore prodotto dai minerali fusi che avvolgono il nucleo. L’attrito tra questi e la base del mantello terrestre solido crea anche campi elettrici, che s’irradiano verso la superficie, provocando fenomeni distruttivi. Il calore endogeno favorisce la risalita dei magmi con i moti convettivi orientati verso i bacini dei vulcani, incremendo così il vulcanismo e, poichè rende vischiosa l’astenosfera su cui scorrono le placche terrestri, incrementa anche i movimenti tettonici e sismici. Oggi, tuttavia, sembrerebbe essere venuto il momento in cui la “scienza” applicata un tempo dai costruttori di megaliti potrebbe rivelarsi utile. Si può rivelare utile conoscere la distribuzione dei centri energetici delle celle geomorfologiche del pianeta per mitigare la loro tendenza all’espansione, essendo sottoposte alle temperature elevate che tendono a far espandere tutto il pianeta attivando il vulcanismo, incrementando la quantità di terremoti e degli tsunami, soprattutto nelle aree di subduzione delle placche planetarie.

Marisa Grande Dopo la sua carriera di insegnante di Disegno e Storia dell’Arte, continua nel campo artistico con un linguaggio originale, la Synergetic-Art, che trova la sua piena espressione nel “meta-realismo” della sua pittura e della sua poesia. Con il Manifesto del Movimento culturale “Synergetic-art 1990” (www.synergetic-art.com) ha avviato un’attività di studi e di ricerca pluri-disciplinare, condotta con approccio sistemico, per cogliere le intercon-

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Marisa Grande In particolare sono più esposte le aree costiere ed insulari del Pacifico, quelle che delineano il suo esteso bacino oceanico, compresso tra le placche Euroasiatica ad ovest e la placca NordAmericana, che si muovono sotto l’azione espansiva della Dorsale Atlantica, e la Placca Australiana, che s’incunea verso l’Arcipelago Tonga, centro della macro-cella pacifica. Lungo la cosiddetta “cintura di fuoco”, ossia lungo le aree di subduzione della placca Pacifica, risulta incrementata l’attività vulcanica, tettonica e sismica, che negli ultimi anni ha registrato i fenomeni più distruttivi, come quelli di magnitudo elevata, intorno a 9 gradi della scala Richter, che dal 2004 si sono susseguiti in Indonesia, in Haiti, in Cile, in Giappone..., accompagnati da tsumami devastanti. Si può rivelare utile conoscere la geometria sacra descritta all’interno delle celle geomorfologiche, per organizzare modelli relativi alla dinamica di circolazione dell’energia sismica, che ricalca le forme degli archetipi (fiore della vita, circonferenze concentriche, tela del ragno, stella di Davide, sephirah). Quella antica conoscenza dei costruttori di megaliti e il metodo impiegato nell’operazione ponderale applicato su scala mondiale, se coniugati con la scienza e le tecnologie attuali, potrebbero essere utile ai fini di rendere coerenti i flussi del campo magnetico terrestre con semplici antenne di conversione, per scongiurare il rischio latente dell’inversione delle polarità, mitigare i fenomeni distruttivi devastanti e, infine, riuscire a disporre anche di una possibile nuova fonte naturale di energia pulita. nessioni esistenti tra le varie branche del sapere e promuovere una rinnovata visione della conoscenza. Collabora con associazioni culturali e case editrici e scrive articoli per riviste di cultura. Tra le sue pubblicazione ricordiamo: L’orizzonte culturale del megalitismo (Besa, 2008) e...

Dai simboli universali alla scrittura Besa, 2010

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Personaggi particolari per una Torino magica (II) Nella teoria come nei fatti

FOTO:LA MOLE ANTONELLIANA VISTA DAL MONTE DEI CAPPUCCINI (FONTE: WIKIPEDIA)

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iguardo ai cosiddetti guaritori, dei quali troviamo varie differenziazioni e, come abbiamo visto, anche molte trasversalità di ruoli e fenomeni, osserviamo la descrizione di cinque figure rappresentative di tale vasta famiglia. Valerio Sanfo, direttore della Libera Università Europea, in cui è docente del corso di Naturopatia, e presidente dell’Associazione Europea di Medicine Tradizionali (A.E. Me.Tra) che ha sede in via Principessa Clotilde a Torino, ha tre indirizzi di studio: l’erboristico, il riflessologico e il pranico-bioterapico. Ha acquisito la maturità paramedica, una laurea in pedagogia e il diploma universitario in Erboristeria. Approfonditi studi sulle piante lo hanno portato a costruire, negli anni ’80, un particolare apparecchio per comprendere il loro linguaggio biochimico, efficace solo in parte. Nell’ambito della pranoterapia, ha effettuato degli studi che lo hanno portato a

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identificarne il termine sanscrito di “soffio vitale”, definendolo come l’energia primaria che costella tutto l’universo attraverso la potenza stessa della vita, che va oltre la nostra limitata visione tra biologico e non biologico, tra soggetti vivi e animati e creature inerti e senza vita. Secondo Valerio, la figura del pranoterapeuta è molto vicina a quella dello sciamano e dello stregone, inteso antropologicamente come uomo-medicina. Secondo lui l’imposizione delle mani è stata uno dei primissimi e primordiali metodi utilizzati dall’uomo per curarsi, e solo negli ultimi anni dell’esplosione tecnologica è stata codificata quasi come conseguenza limitativa di una disciplina, quella scientifica, che ha la superbia di voler incasellare ogni cosa. Antonio Amerio, studioso di fisiognomica, la materia che analizza i tratti del viso e della mano per far emergere i blocchi del carattere di un individuo, ha vissuto la guerra come partigiano

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Personaggi particolari per una Torino magica (II) ed ha fatto un po’ tutti i mestieri per sopravvivere, dal poliziotto all’insegnante di francese e latino. Si è dato poi all’antiquariato dei libri antichi ed ha lavorato anche come fotografo ritrattista. Si è specializzato in erboristeria e fitoterapia. Ha frequentato corsi di discipline orientali, e scoperto meccanismi psichici per combattere il dolore. Insegna anche a chi vive accanto a malati gravi come riuscire ad emettere un’energia che possa lenire il dolore e la sofferenza. Amerio ha affermato che l’uomo del nuovo millennio utilizzerà le arti magiche e riscoprirà i suoi poteri naturali, che sostituiranno le nostre attuali tecnologie. Come guaritore raccoglie e utilizza erbe medicinali, oltre all’uso dell’argilla radioattiva. Osvaldo Bonardi è ritenuto un guaritore classico, utilizzando esclusivamente il “fluido” o prana irradiato dalle mani ed imposto attraverso di esse sulla parte malata, a breve distanza dal corpo. Ha scoperto questo suo potere alla facoltà di medicina dove, alle sue prime esperienze in ospedale, i pazienti reagivano al tocco delle sue mani, sentendo dei formicolii strani, delle sensazioni di calore forti e incisive, o altre forme di attrito che poi portavano al lenimento del dolore e del calore stesso. Nino Soldano, altro pranoterapeuta che esercita a Torino, anch’egli da ragazzo scoprì questo potere, frequentò un corso pratico e fece valutare la sua energia tramite camera Kirlian, per poi decidere di praticare la professione, lasciando il bar che aveva a Pietra Ligure. Afferma di aver curato personaggi autorevoli tra cui calciatori e medici, e di aver combattuto e vinto l’anoressia su parecchie giovani fanciulle. Secondo questo guaritore il prana altro non è che un’emissione di corrente a basso voltaggio che stimola le cellule a riprendere il loro normale servizio biologico. I suoi esperimenti classici sono la cristallizzazione e la mummificazione del fegato e dell’uovo crudo. Tratta inoltre anche l’acqua, purificandola ed irradiandola di energia. Benedetto Lavagna, radioestesista e radiobiologo, nel 1972 viveva nel quartiere Francia, aveva cinquantacinque anni ed era al massimo della notorietà. Ascoltava la descrizione dei ma-

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FOTO: VALERIO SANFO (FONTE: WWW.AEMETRA-VALERIOSANFO.IT)

lesseri e poi faceva applicare sulla parte da curare una pezza di seta con un particolare colore che si addiceva al male. Curava anche con le erbe insieme all’utilizzo del pendolino, ed aveva un particolare strumento, una tavoletta con sopra raffigurato il corpo umano e ai lati dei cerchi colorati che servivano a misurare l’intensità e l’equilibrio delle cellule. Faceva mettere le mani del paziente su due placche metalliche a lato della tavola. Veniva chiamato anche il taumaturgo dell’arcobaleno.

I demonologi Vogliamo definire anche la figura di alcuni demonologi torinesi, come Gianluigi Marianini, noto studioso di fatti arcani, grazie anche alla sua giovanile partecipazione a programmi televisivi come “Lascia o Raddoppia”, e Lorenzo Alessandri, ritenuto artista demoniaco e satanista per via dei soggetti delle sue opere pittoriche, nato a suo dire in una Torino piovosa e malinconica. Dal suo studio di Giaveno sono uscite opere che illustrano il suo magico mondo attraverso un immaginario ponte che collega il capoluogo piemontese con improbabili luoghi misteriosi, abitati da

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Personaggi particolari per una Torino magica (II)

Gli alchimisti

FOTO: GIANLUIGI MARIANINI NEL 2004 (FONTE: LASTAMPA.IT)

particolari e immaginifici esseri alla ricerca della spiegazione sui vari quesiti fondamentali dell’esistenza, dalla nascita alla morte di ogni essere umano. È scomparso il 15 maggio del 2000. Danilo (che si presenta con il solo nome perché non vuole farsi identificare con chiarezza) è uno studioso, ricercatore e maestro delle arti demonologiche. Ama la montagna e pratica la speleologia, che psicologicamente lo avvicina al simbolismo dell’inferno dantesco, o dell’Averno greco. Afferma che la demonologia non ha nulla a che fare con il satanismo e la magia nera, con la quale spesso viene confusa, ma che si distingue da essi perché, pur avendo alcuni elementi in comune come l’evocazione cerimoniale degli spiriti negativi, ha per finalità non scopi personali e ritorsivi, bensì la vera e propria ricerca della conoscenza di queste forze negative, cercando di scoprire la seconda faccia della verità. Per giungere a questo, è necessario passare attraverso tutta la conoscenza della Magia Cerimoniale e dell’Alta Magia. L’elemento fondamentale e critico della demonologia è l’evocazione; bisogna saper evocare lo spirito con le parole giuste, per non cadere in fenomeni pericolosi. Per saper evocare senza rischi, è necessario conoscere a fondo i manuali fondamentali dell’esoterismo e della magia antica. In questi libri sono contenute le indicazioni necessarie per uno sviluppo corretto delle operazioni magiche. Difatti sbagliare i suoni delle parole magiche potrebbe portare a risultati terribili chi, erroneamente, le abbia pronunziate.

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Descriveremo in altri articoli le vicende di Nostradamus, e di altri famosi personaggi storici legati all’alchimia che hanno avuto a che fare con il territorio torinese, come Paracelso, Cagliostro il conte di Saint Germain e Fulcanelli, e che hanno lasciato mirabolanti misteri dietro di essi. L’alchimia è una disciplina legata al mistero della materia e alla sua connessione allo spirito della stessa, ed ha ancora la sua continuità in personaggi torinesi, novelli alchimisti che hanno seguito la strada dei grandi enigmatici personaggi del passato. Un elemento specifico di questo tema, nel territorio torinese, sono le grotte alchemiche. Vediamo di conoscere due figure singolari e ricche di un fascino misterioso molto particolare. Bardato Bardati, ritenuto l’ultimo alchimista di antica scuola torinese, ricercatore della trasmutazione interna piuttosto che di quella esterna della materia. Una delle sue scoperte è legata alla rivisitazione della pietra filosofale che sarebbe presente a Torino. Chi ne avesse il possesso, avrebbe in mano uno strumento incredibile per guarire da ogni male e ottenere l’immortalità. Questa pietra filosofale, secondo le conoscenze dell’alchimia, sarebbe una sostanza in cui è condensato lo spirito unico dell’universo che collega tutte le cose. Bardato è un uomo poderoso dallo sguardo enigmatico e dall’espressione mite, ha un frasario complicato e parla per allegorie. È un uomo senza condizionamenti ed ha raggiunto uno straordinario equilibrio interiore. È una persona lucidissima, preparata su ogni campo della conoscenza. Egli racconta che la grotta alchemica è l’essenza stessa della pietra filosofale. È addirittura già di per sé la pietra filosofale, perché è il luogo dell’illuminazione e della conoscenza. Pier Carlo, anch’esso definito come uno degli ultimi alchimisti rimasti, aveva 42 anni al momento dell’intervista alla fine degli anni ’70; alto 1,75 mt, con barba e baffi, buon parlatore, titolare di un ufficio di rappresentanze, amante dell’avventura e del rischio. Raccontava come nell’alchimia, seppur simile attraverso i suoi forni, i suoi crogiuoli, le bilance e i suoi mortai, all’uso degli strumenti divenuti poi territorio della chimica e della metallurgia, non conta molto produrre ma

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Personaggi particolari per una Torino magica (II) piuttosto trasmutare. Il modo moderno per condurre e sviluppare una ricerca alchemica è quello di riuscire a pensare in modo nuovo. Questi due personaggi sono concordi nell’affermare la presenza di tre grotte alchemiche, sotto il centro storico di Torino, probabilmente nell’area tra il duomo, palazzo reale e la fontana di San Giovanni, senza però voler svelare l’ubicazione precisa delle stesse. Raccontano che queste grotte sono punti di potere, dei catalizzatori di energia, che potrebbero materializzare idee e pensieri espressi anche dall’inconscio. Simboleggiano i tre stadi di passaggio mentale da cui si evolve la conoscenza alchemica. A queste tre grotte si potrebbe accedere attraverso sei punti diversi di cui tre sarebbero false entrate per dirottare coloro che non hanno un cuore sufficientemente puro. Nella prima grotta si acquisterebbe il possesso della conoscenza che porterebbe al dominio della materia. Alla seconda grotta si potrebbe accedere solamente possedendo il dominio mentale di tutto quello che è sopra alla materia stessa; questo è il punto di congiunzione per raggiungere, attraverso l’universo, forme di vita inusitate e più evolute degli esseri umani. La terza grotta è quella che rappresenta la soglia della decisione necessaria per poterla varcare, e una volta all’interno si può apprendere la conoscenza di quel che bisogna fare per poter ritornare indietro. Questi alchimisti affermano inoltre che le tre grotte non sarebbero buie, ma emetterebbero una particolare luce grazie alla quale si vedrebbe come se fosse giorno, seppur non vi esista alcun tipo di illuminazione conosciuta dall’uomo. Raccontano inoltre un aneddoto che spiegherebbe come il principe Umberto di Savoia, che divenne di lì a poco il Re Umberto I, già tormentato dal timore di attentati, riuscì a penetrare per caso nella prima, e che proprio quelle sue paure vennero materializzate in quella grotta. Infatti nel 1901 venne assassinato a Monza.

Gli astrologi Anche per quanto riguarda la materia astrologica, Torino ha i suoi conoscitori ed esperti. È una materia poco incline ad un’identificazione territoriale specifica, per le ovvie ragioni legate allo stesso elemento che tratta. Descriviamo al-

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Danilo Tacchino lora un moderno astrologo della Torino del nostro tempo ed un’altra figura della prima metà del ‘900, Rocco Pinneri lavora a Pino Torinese, specializzato in astrofinanza, ricopre il ruolo di astro analyst in un autorevole gruppo finanziario; il suo compito è quello di studiare cicli ed eventi per poter prevedere le fluttuazioni di un determinato titolo in borsa. Ha anche una rubrica fissa di astrologia su una rivista economica. Afferma che l’esperto in astrologia debba conoscere molto bene la materia astronomica ed avere un’ampia cultura di tipo umanistico, dato che lavora sul comportamento delle persone. Per avvalorare questa sua affermazione porta a riferimento l’astrologo tipico del ‘500, che conosceva molto bene l’astronomia e la medicina. Vi sono più di quattordici tipi di forme interpretative per un tema natale dell’oroscopo. Essi sono stati analizzati, nel 1996, dalla famosa astrologa (guarda caso anch’essa torinese) Grazia Mirti, direttrice della rivista “Linguaggio astrale”, che è poi anche l’organo ufficiale del Centro italiano di Astrologia nato a Torino, ma ora con sede a Milano. Mario Segato fu l’astrologo ufficiale della famiglia Reale Savoia, e di molti personaggi di spicco degli anni ’40 e ’50. Scrisse un’opera sugli Astri e i Savoia, tenne rubriche astrologiche su vari quotidiani degli anni ’50 e fece previsioni che la storiografia avrebbe poi confermato. Aveva lo studio in piazza della Consolata.

Dallo Yoga alla Psicocinesi È necessario documentare anche altre figure che offrono interessanti esperienze sconfinanti nella nuova frontiera delle possibilità umane, ma che sono difficilmente incasellabili in attività specifiche della grande famiglia dei personaggi particolari dell’ambito delle scienze legate alla parapsicologia, alla magia e quant’altro di misterioso e oscuro affascina e incuriosisce la nostra mente. Veniamo quindi a conoscere un maestro yoga, un esperto in pirobazia (dal greco pyro che significa fuoco, e bàinen che vuol dire camminare), una giovane donna con poteri psicocinetici, e un giovane con capacità extrasensoriali. Figure tutte rigorosamente legate al territorio di Torino. Giuseppe Aloi, maestro Yoga, titolare con il

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Danilo Tacchino fratello, attorno agli anni ’80, del Centro Mudra, situato nell’area antica della città vicino alle Torri Palatine. Nell’edificio del Centro esiste una “cappella” dove si svolgono riti per pochi iniziati. Il maestro racconta che quest’arte importata dall’oriente è un unione di sviluppo fisico e mentale. Nell’arte dello sviluppo fisico, l’obiettivo è quello di risvegliare il “Kundalini”, la sottile energia cosmica nascosta in ogni persona e racchiusa nel suo centro in corrispondenza del coccige. Il corretto sviluppo di questa disciplina porta a controllare il pensiero e ad aprire le porte della saggezza, acquisendo il giusto equilibrio e la giusta serenità. Molti iniziati allo Yoga, infatti, riescono ad avere poteri paranormali come la chiaroveggenza e la capacità di staccarsi da terra e resistere a lunghi digiuni. La regola fondamentale sta nel non utilizzare mai queste facoltà solo per il proprio ed esclusivo interesse personale.

Roberto Barbieri insegna a camminare sui carboni ardenti. Fa parte del direttivo dell’ARCA di Chieri, associazione che organizza corsi orientati al miglioramento spirituale e mentale. Nella vita quotidiana è titolare di un’agenzia di viaggi. Il suo motto fondamentale è: “Per crescere e progredire è indispensabile cambiare”. Infatti Roberto afferma che il problema non è quello di capire, ma quello di comprendere. Il significato di comprendere è prendere insieme, e far prevalere l’attenzione spirituale sugli organi di senso. Se si affrontano le braci cercando di capire, si rischia

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Personaggi particolari per una Torino magica (II) di bruciarsi e soffrire, mentre se riesci a comprendere, passi su di loro percependo appena un lieve tepore. Marta, (anch’ella non desiderosa di farsi riconoscere chiaramente), laureata in chimica ed ereditiera di un discreto patrimonio, è in possesso di una facoltà eccezionale, la più paurosa e spettacolare del campo parapsicologico: la psicocinesi. Ella riesce a spostare grandi e piccoli oggetti soltanto attraverso la forza del suo pensiero. Se ne è accorta quasi per caso, ha utilizzato tale capacità qualche volta inconsciamente solo per necessità e non si ritiene fortunata nel possederla. Daniele, nato il 30 gennaio del 1974 a Torino, intervistato dallo scrivente nel 2002, racconta la sua fantastica avventura costellata di fenomeni paranormali. Appena nato, un’acuta gastroenterite lo porta in fin di vita, e si salva miracolosamente. Il periodo più sgradevole della sua esistenza lo vive tra i 9 e i 14 anni, quando fu assalito da un profondo esaurimento nervoso, insieme a fenomeni extrasensoriali, come esperienze fuori dal corpo, di premorte, previsioni di eventi futuri quali preveggenza di terremoti a 6-8 ore dall’evento, incidenti, morti improvvise, colloqui istintivi con animali, acquisizione di supersensi. Riesce a caricarsi maggiormente attraverso fenomeni negativi, in quanto hanno un’energia più intensa di quelli positivi. Descriviamo due fatti significativi, dei tanti vissuti e raccontati da questo giovane uomo. Il primo si riferisce allo scatenamento di super sensi collegati alla fobia verso i ragni. Alla vista di un ragno, mentre era in un bagno, si scatenarono in lui per pochi istanti sensazioni incredibili che lo portarono ad uscire fuori dal corpo. Non avvertiva più il caldo né il freddo, sembrò svanire l’equilibrio e il senso di peso del corpo, percepì una specie di formicolio e perse il tatto. A Daniele sembrava di possedere milioni di occhi posti verso ogni direzione possibile. Notava ogni microscopico granello di polvere e ogni minima forma presente nella costruzione dove si trovava, e riusciva a contare, uno per uno, i fili intrecciati che componevano la maglia di cotone che indossava. Distingueva tutti i solchi della sua pelle, come se li avesse osservati al microscopio, e si sentiva parte integrante della luce che penetrava dalla

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Personaggi particolari per una Torino magica (II) finestrella del bagno, come un flusso di energia che arrivava dall’esterno, identificandone perfettamente il percorso. Riusciva anche a vedere all’interno dei muri, come se avesse una sorta di raggi X negli occhi, tanto che notò, sull’angolo destro in alto della finestrella, la presenza di una statuetta incastonata dentro il muro, di colore nero, raffigurante un guerriero tribale armato di lancia. Il secondo caso avvenne poche settimane dopo, durante il quale ebbe tutta una serie di amplificazioni sensoriali. Sembrava che alle sue orecchie giungesse una moltitudine di suoni ben distinti e definiti nella direzione di provenienza. Riusciva poi a deformare qualsiasi oggetto che gli capitava tra le mani come fosse fatto di gomma. Si accorse inoltre che, per alcuni attimi, la sua pelle era divenuta dura come l’acciaio. Per tutti i numerosi casi da lui vissuti, Daniele afferma che comparivano personaggi sconosciuti, giovani donne o anche attempati signori, che con discrezione sembravano aiutarlo di fronte a situazioni esterne spiacevoli, come se sapessero, ma il loro vero scopo era sempre quello di occultare le prove. Infatti, a fenomeno finito, Daniele dice di non averli mai più incontrati.

Da Damanhur a Nostradamus Chiudiamo questo nostro percorso tra i personaggi che ancora rendono vivo lo spirito dei misteri e della magia di Torino con due figure autorevoli e visibili, oserei affermare quasi mitiche nell’ambito mediatico torinese. Sono Oberto Airaudi, capo carismatico della comunità di Damanhur, che si trova in Val Chiusella (nel Canavese), e Renucio Boscolo, il discepolo traduttore delle profezie di Nostradamus. Oberto Airaudi è uno dei personaggi di maggior spicco del panorama esoterico piemontese, fondatore nel 1975 a Torino del Centro Horus di ricerche parapsicologiche ed esoteriche; è colui che ha ispirato tutte le attività della comunità di Damanhur attraverso il suo pensiero filosofico condensato nel libro da lui scritto: “La via Horusiana”. In esso identifica un percorso iniziatico costellato da prove e trasformazioni spirituali che indirizza la persona verso la liberazione dal ciclo karmico delle reincarnazioni, potendo così

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FOTO: OBERTO AIRAUDI

divenire coscienza e partecipazione viva a tutte le forme della vita. Questa affermazione racchiude una serie di principi acquisiti da diverse tradizioni, da quella orientale, egizia, magico-esoterica e cristiana. Ne risulta un complesso senso del sacro del quale fanno parte gli spiriti della natura, esseri intelligenti dotati di libero arbitrio che seguirebbero l’evoluzione su un piano diverso e molto meno materiale di quello che conosciamo. Da questo personaggio nasce la comunità di Damanhur, fondata nel febbraio del 1977 a Baldissero Canavese. È una federazione che si basa sull’applicazione pratica della filosofia spirituale di Airaudi. È formata da quattro comunità. Il luogo dove sorge è stato accuratamente scelto attraverso la logica del reticolato energetico che, secondo Airaudi, avvolgerebbe tutto il pianeta. All’interno della comunità è stato costruito “il tempio dell’uomo”, una costruzione sotterranea di seimila metri cubi articolata a più livelli sino ad una profondità massima di settanta metri. È arricchito da ottocento metri quadri di dipinti e affreschi, ha più di quattrocentocinquanta metri di mosaici, ed ha una cupola in vetro di cento metri

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Danilo Tacchino di diametro ritenuta la più grande del mondo. Oggigiorno più di ottantamila persone, in tutto il mondo, riconoscono la filosofia Damanhuriana. Renucio Boscolo è il più noto esegeta di Nostradamus. Ha interpretato le sue quartine identificandone dei risultati interpretativi ritenuti validi e utili sino ai tempi nostri. Sin da giovane aveva una particolare predilezione per l’insolito, il misterioso, i personaggi e gli avvenimenti legati alla predizione del futuro. Ritiene di essere stato scelto dal veggente per interpretarne il senso, a partire da un casuale incontro con un ritratto di Nostradamus in cui si imbatté in una biblioteca, rimanendone visibilmente impressionato. Da allora non smise più di studiare, leggere e interpretate le centurie di questo famoso profeta. Da una serie ininterrotta di conferme, Renucio si è convinto che il suo metodo interpretativo, legato a un sistema di interpolazione tra lingue antiche e moderne, sia quello giusto. Egli afferma che un personaggio misterioso venuto da Parigi lo mise sulla strada per scoprire la famosa lapide che identificherebbe il passaggio di Nostradamus per Torino. Più di trent’anni sono passati dal momento della sua predestinazione, e decine di libri sono stati da lui scritti, insieme a centinaia di interviste e articoli giornalistici, anche se non sempre concordi con le sue tesi. Secondo Renucio le profezie di Nostradamus arrivano sino all’anno 3797, in dirittura dell’ottavo millennio secondo il calendario ebraico. Sono

Danilo Tacchino Nato a Genova nel 1958, vive a Moncalieri, provincia di Torino. Sociologo, scrittore e poeta. Conferenziere e promotore di convegni. Laureato in Lettere Moderne con indirizzo sociologico - industriale, diplomato in Elettronica, opera nei settori dell’organizzazione aziendale e dell’innovazione industriale, in special modo attraverso le tecniche della terza generazione quali l’Informatica, l’Elettronica,

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Personaggi particolari per una Torino magica (II) tutte profezie autentiche, che si concluderanno con la migrazione dell’uomo dal pianeta attuale, per raggiungere un altro pianeta che si trova dalla parte opposta al Sole. Per l’attuale periodo, gli anni più pericolosi sono il 2003, il 2004 e il 2007, per via di scontri tra il mondo occidentale e quello islamico, tra sconvolgimenti politici e carestie che metteranno in pericolo di vita milioni di persone, ma poi l’occidente cristiano prevarrà.

FOTO: RENUCIO BOSCOLO

Sicuramente molti altri personaggi, non riscontrabili da biografie, lavorano in incognito e senza voler pubblicità, con il solo scopo di offrire i loro doni interiori o cercare di comprendere, nelle esperienze della vita, i fenomeni a cui devono rendere conto.

la cultura della Qualità. È stato docente di Sociologia Industriale all’Università Popolare di Torino. Il suo sito personale: www.dantak.com. Tra i suoi libri ricordiamo: La Stele. I Celti, le Alpi, Annibale (Il Punto, 2006), Torino, storia e misteri di una provincia magica (Edizioni Mediterranee, 2007) e...

Faraoni sul Po Ananke, 2009

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GUIDO ARALDO

Saliceto

Un paese straordinario, unico!

FOTO: LA FACCIATA DELLA CHIESA RINASCIMENTALE DI SAN LORENZO

Le tre unicità di Saliceto: 1. La facciata della chiesa rinascimentale di San Lorenzo, dal perfetto stile rinascimentale toscano, inequivocabilmente la più bella in Piemonte, attribuita ora a progetti bramanteschi e ora a progetti di Leon Battista Alberti. Ma che cos’è che la rende unica al mondo? Un’eccezionale pagina di pietre parlanti dove spiccano: • Un Bafometto templare riprodotto esattamente come descritto dal cancelliere Guglielmo da Nogaret nell’atto di accusa contro i Templari, che permise di tacciarli anche d’idolatria durante il processo a loro carico (una figura antropomorfa dagli enormi baffi); • due athanor (forni alchemici per la pietra filosofale), ai lati del portale d’ingresso, sormontati dai simboli dell’acqua (anfore), del fuoco (torce), dell’aria (uccelli che si puliscono le piume con il becco) e della terra (i melograni). E, a

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metà, Il BASILISCO, simbolo alchemico… • tre volti “floreali” attribuibili a Ermete Trismegisto, il maestro d’ermetismo considerato tre volte grande, simile ad analoga scultura sul portale d’accesso del palazzo Doria a Genova, ma totalmente desueto sulla facciata di una chiesa (a Siena, però, si trova all’interno del duomo, nell’immenso intarsio marmoreo della pavimentazione che, in realtà, è un sublime percorso iniziatico); • la rosa e la spina templari ai lati del portale d’ingresso, colonne di tredici rose (a destra) e quattordici rose (a sinistra), in quest’ultima con la rosa parzialmente nascosta da foglia di acanto: i Templari erano soliti riunirsi in 13 nei loro capitoli segreti (similmente ai cavalieri della mitica tavola rotonda di re Artù o alla mensa dell’imperatore di Costantinopoli, dove oltre all’imperatore erano d’obbligo 12 commensali) con la presenza, si dice, di un

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Saliceto: un paese straordinario, unico!

FOTO: BAFOMETTO

FOTO: TRE VOLTI “FLOREALI”

FOTO: SI NOTI L’ESTREMA RAFFINATEZZA DI QUESTO CAPITELLO COME ADAGIATO SU UN CESTO, RAFFIGURANTE LA PALMA DEL MARTIRIO, UNA FRONDA DI ACACIA O LA MANDRAGOLA?)

maestro segreto. (Il maestro segreto, IV grado nel rito Scozzese Antico e Accettato?) Oppure la rappresentazione esoterica del mito di Osiride: fatto a pezzi da Seth (smembrato in 14 parti) e ricomposto da Iside senza però che riuscisse a reperire la 14° parte, il pene. Il più antico mito relativo alla resurrezione); • simboli alchemici quali una GRANDE ROSA A SPIRALE come nei testi alchemici del 1400, sa-

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lamandre (simbolo del fuoco per eccellenza), rana o rospo alato oppure adagiati su mezzaluna (simboli d’acqua), tartaruga (simbolo di terra) e meravigliosi caproni alati (simboli di aria) che nelle code avvolgono una rosa di macchia … e il già citato basilisco. Cinque i momenti del processo alchemico: il corvo nero, il cigno bianco, il basilisco metà serpente e metà uccello (che si sta trasformando da animale terracqueo ad animale aereo, momento centrale del processo alchemico, il pellicano che nutre i suoi piccoli e l’araba fenice che s’incendia e risorge dalle sue ceneri. Va precisato, però, che il pellicano e l’araba fenice sono simboli cristiani per eccellenza: uno allude all’eucarestia e l’altro alla resurrezione. Oppure un grado importante del Rito Scozzese Antico e Accettato del principe dei Rosacroce, cavaliere dell’aquila (araba fenice) e del pellicano? • simboli esoterici quali il quadrifoglio chiuso nei cerchi concentrici dell’apprendista, del compagno d’arte e del maestro, probabili fronde di acacia, il fiore del silfio… • il dio pagano “Giano bifronte” abbellito da delfini sovrastanti alle lunghe code eleganti; • nel portale di sinistra la contrapposizione tra tartaruga e calice con testa di angelo alla sommità: impero e chiesa secondo la visione di Dante nel “De Monarchia”? Ma, SOPRATTUTTO: le 2 paraste ai lati del portale, quasi sostenute dalle 13 e 14 rose inghirlandate verticalmente, sono palesemente le COLONNE DELL’APPRENDISTA e DEL COMPAGNO, che hanno alla base gli strumenti musicali (allusione palese all’armonia musicale pitagorica che, integratasi ai numeri, costituisce l’essenza dell’universo?), sovrapposti dal simbolo di Hermes (il serpente attorcigliato al bastone), quindi Ermete Trismegisto, e le colonne s’innalzano tra salamandre, sirene, elmi e corazze appesi al tralci (simboli inequivocabili di pace). Ma la colonna a sinistra, quella di Boaz o dell’apprendista, termina con due bellissime sirene dalle code intrecciate; mentre la colonna di Joachim o del compagno termina con una TESTA BARBUTA DI FILOSOFO sotto le code intrecciate delle sirene: Pitagora, come nei riti massonici di passaggio dal filo a piombo alla livella? Oppure Platone

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Saliceto: un paese straordinario, unico! massimamente in voga in epoca rinascimentale? Si noti come la colonna interna si snoda tra innumerevoli simboli allegorici: il fuoco delle salamandre, le sirene, i MELOGRANI (che con le rose abbondano su tutta la facciata) e gli elmi con le corazze appese, inequivocabile allegoria di pace. E ANCORA, DI PIÙ! Proprio come nella cappella di Rosslyn, accanto a queste due paraste, nel tralci che le affiancano terminanti nelle aquile imperiali, con sottostante rosa e spina, spiccano probabili PANNOCCHIE DI GRANOTURCO che, in una chiesa di fine ‘400, proprio non dovrebbero esserci! (la si può notare in basso a sinistra nella fotografia a lato): La chiesa è stata datata da Guido Araldo inequivocabilmente dagli stemmi che il suo committente: il cardinale Carlo Domenico Del Carretto, all’epoca signore di Saliceto e Paroldo e successivamente marchese di Finale, ha posto nella facciata e all’interno della cupola (arcivescovili) e fu arcivescovo tra il 1489 e il 1505. Soltanto in alto, sul timpano centrale, spicca la sua insegna cardinalizia (successiva al 1505 e probabilmente posticcia, quando la chiesa era già stata ultimata)! Sull’architrave d’accesso nel portone centrale sta inoltre scolpito il suo nome a chiare lettere, caso più unico che raro sull’accesso di una chiesa concepita in origine, probabilmente, come suo mausoleo. E anche l’interno non è da meno! Perfettamente e armoniosamente rinascimentale, totalmente affrescato, racchiude tesori quali un pulpito protoromanico scolpito derivato da un unico macigno. All’interno, inoltre sono custodite tele che la rendono simile ad un museo. Cinque grandi cripte sostanti, antichissime (oggi inaccessibili poiché coperte da moderna pavimentazione), piene di scheletri e, anche, di ori. Il mistero di una “N” rovesciata nella XIII qua-

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FOTO: PAOLO ODDENINO PARIS (FONTE: OKFRANCHISING.IT)

dro della Via Crucis, alludente a “qualcosa di nascosto”, esattamente come ad Altare del ricchissimo e misterioso monsignor Bertolotti, e come a Rennes-le-Chateau dell’altrettanto misterioso Bérenger Saunière. E chiodi sospesi nell’aria, con tanto di ombra, due dei quali ad indicare insistentemente quella N. Sei dita, non a caso, nella mano destra in bella evidenza di San Giuseppe d’Arimatea. Anche delitti irrisolti accomunano Saliceto a Rennes-le-Chateau: qui l’uccisione il 29 luglio 1875 del parroco don Fenoglio Giovanni Battista; là quello dell’abate Gelis, il prete di Coustaussa, a pochi chilometri da Rennes-leChateau… nel 1897.

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FOTO: VOLTI FEMMINILI INSERITI IN TRIANGOLI E SEMICERCI

FOTO: FINTE STELLE DI DAVIDE TRA RAFFINATISSIMI TRALCI

2. In castello, oltre ad una natività attribuita al pittore senese Taddeo di Bartolo, unica in Piemonte, i straordinari affreschi di una nicchia fino a pochi anni fa nascosta: dipinti unici per la raffinatezza sia in Piemonte che in Liguria, di difficile datazione tra il 1300 e l’inizio del 1500. Volti femminili inseriti in triangoli e semicerci, anch’essi molto esoterici, o in finte stelle di Davide tra raffinatissimi tralci. Nessun critico d’arte finora ha saputo datare e attribuire questi affreschi, sormanti dall’agnus dei che versa il suo sangue nel Santo Graal, né ha individuato altri affreschi simili al mondo, con i quali poter effettuare dei parallelismi. 3. un’emblematica pietra degli “onesti

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Saliceto: un paese straordinario, unico! compagnos” o “francs-maçons” costruttori di cattedrali e chiese, antichissima, anch’essa unica probabilmente a livello mondiale (il mio amico architetto Dario Banaudi, maestro campionese, è concorde nel definirla il più antico esempio al mondo): • il paiolo con le insegne dei marchesi Del Carretto, signori di Saliceto che fu feudo indipendente fino al 1450 con Paroldo, Camerana, Gottasecca e Rocchetta di Cengio, poi acquisito dai marchesi del Finale (5 bande rosse diagonali su campo dorato), palesemente protettori della corporazione di architetti e scalpellini operanti a Saliceto probabilmente in epoca templare; • due martelli ai lati, rivolti verso l’alto, ad indicare la capacità di queste maestranze di concludere un’opera; • IL COMPASSO per MANICO!!! Una pietra nascosta, poiché la parte scolpita era rivolta verso il muro, rinvenuta casualmente durante lavori di ristrutturazione di una casa nel centro storico: una casa che ancora recentemente apparteneva al castello. Infine i misteri: - per quale motivo il cardinale – marchese del Finale Carlo Domenico Del Carretto, il cui nome è scolpito sull’architrave del portale centrale e le sue insegne vescovili, marchionali, cardinalizie abbondano sia all’esterno che all’interno della chiesa volle la costruzione di un simile monumento straordinario proprio a Saliceto? Era un personaggio politico potentissimo, plenipotenziario in Europa sia del papa che del re di Francia, coevo a Leonardo da Vinci e destinato a diventare papa se non fossero sorti contrasti insanabili tra Giulio II e Luigi XIII. - perché questa chiesa fu consacrata soltanto duecento anni dopo la sua costruzione, nel 1740, il 9 agosto vigilia di San Lorenzo? - cosa si nasconde sotto il suo pavimento dove sono note 5 stanze con scheletri privi di casse oggetti preziosi? - sotto gli affreschi delle volte si occultano affreschi più antichi, coevi alla costruzione della chiesa, straordinari come quelli scoperti in castello?

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Saliceto: un paese straordinario, unico!

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E ancora: - quanti sotterranei attraversano il sottosuolo del paese, come quelli documentati che uniscono il castello alla chiesa e all’antica piazza del Confozzo, all’estremità opposta del borgo? O come quello “mitico” che sale al Castelvecchio in cima alla collina della Rosa (collina anticamente della Margherita che mutò il nome in collina della Rosa probabilmente in epoca templare)? - per quale motivo il paese è circondato da cunicoli antichissimi, dalle volte in pietra, sulle colline circostanti? Il più importante è FOTO: EMBLEMATICA PIETRA DEGLI “ONESTI COMPAGNOS” O “FRANCS-MAÇONS” quello della “Grüta”, amplissimo, lungo 77 metri e terminante in una stanza parte della Rocchetta di Cengio) e pertanto, per ovale, ovviamente anch’esso nascosto da una certi versi, costituisce una Seborga nelle Alte casa colonica posta al suo ingresso. Langhe. Un ultimo monumento: IL CAMPANILE ROE poi la storia del tesoro di Abdul Amin, prinMANICO DELLA CHIESA DI SAN MARTINO, in locipe saraceno che volle essere sepolto in un sarcalità amena a circa 2 chilometri dal borgo, tra i cofago tutto d’oro grande come la nave che lo più belli e antichi di tutto il Nord-Ovest d’Italia. aveva portato alla Baia dei Saraceni presso Capo Quando questa chiesa sarà totalmente restauraNoli: forse il tesoro più grande d’Italia, descritto ta all’interno (ora gli affreschi ricoprono meravida Alberto Fenoglio, il padre della “Torino Magigliosamente e totalmente soltanto il presbiterio, ca”, nel libro “A caccia di tesori”, Edizioni “Piemonma sono presenti sotto la calce nella navata e sote in Bancarella”. Un tesoro nascosto in labirinti pra la volte a botte: una fantastica processione inaccessibili sotto la Collina della Rosa!!! di angeli con le ali aperte) assurgerà a “cappella Peraltro Saliceto non fu mai acquisito legalsistina” dell’arte tardo gotica in Italia!!! mente dai Savoia (per decenni l’imperatore del Saliceto, Rosslyn, Rennes-le-Chateau: UN Sacro Romano Impero continuò ad infeudarlo ai TRIANGOLO ESOTERICO IN EUROPA! Re di Spagna con Paroldo, metà di Camerana e

Guido Araldo Nato a Saliceto (CN) da una famiglia presente in loco da secoli. La sua attività lavorativa è stata intensa e varia: insegnante, poi capo gestione nelle Ferrovie dello Stato, funzionario tributario del Ministero delle Finanze e infine cancelliere presso il tribunale di Cuneo. La sua attività letteraria e le sue ricerche storico-artistiche coprono un arco di trent’anni, sia attraverso viaggi in Europa, sia attraverso la frequentazione di biblioteche ed archivi storici.

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La sua produzione letteraria consiste in 48 libri, suddivisi in 22 romanzi storici, 18 gialli noti come “gli enigmi del commissario” e 3 saggi sulle ricerche collegate alla storia dei templari e alle tradizioni esoteriche.

Il mistero di Saliceto Bastogi, 2011

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SEBASTIANO B. BROCCHI

Dalla spirale al gioco dell’oca

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i sono due modi di intendere la spirale: come movimento dal centro verso la periferia, essa rappresenta l’opera divina della Genesi, il dispiegamento del cosmos (ordine) nel chaos (disordine). Muovendosi invece dalla periferia al centro, la spirale indica il cammino iniziatico, la ricerca interiore che conduce a ritroso nella Creazione. Via concentrica, via labirintica che conduce al cuore; la spirale è il più antico modo di rappresentare il cammino dei mistici, il sentiero della Grande Opera, la via che vuole ricondurre l’intelletto della creatura alla consapevolezza del suo Creatore, il suo punto d’origine, il suo nucleo nascosto e segreto. Gli uomini preistorici avevano un dono innato per la rappresentazione di concetti infinitamente complessi con segni infinitamente semplici: lungi dall’essere, questo, un indice di arretratezza culturale. Così, per loro, una semplice spirale, magari incisa nella pietra, destinata così a durare nei millenni, bastava a spiegare che l’uomo può

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FOTO: IL NUOVO E MOLTO DILETTEVOLE GIOCO DI LOCA

ricordare (da re-cordare, tornare al cuore) la propria natura divina. Nel tempo, questo segno subì una notevole evoluzione (iconografica, non concettuale), trasformandosi via via in labirinti e arabeschi dalle fogge più originali e artistiche, fino ad arrivare ai giochi da tavolo. Nel 1580, Ferdinando I De’ Medici fece dono gradito regalando il “nuovo e molto dilettevole giuoco dell’oca” al re di Spagna, Filippo II; ma è del 1640 la prima stampa a noi pervenuta del (citando la dicitura dell’epoca) “giuoco di loca”. Che il dono fatto al re di Spagna possa celare l’indizio di una possibile diversa lettura del nome, in spagnolo, dove “de loca” significa “di folle” (ed è tradizione consolidata utilizzare questo termine per riferirsi agli iniziati)? Difficile a dirsi, anche se, a ragion veduta, il nome di quello che, nei secoli, è diventato uno dei più diffusi giochi da tavolo, si presta ad interessanti letture se considerato secondo quella “cabala fonetica” degli alchimisti ben descritta nei libri di Fulcanelli.

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Dalla spirale al gioco dell’oca Pensiamo, ad esempio, che in francese il “jeu de l’oie” (gioco dell’oca) si pronuncia come “jeu de loi” (gioco di legge); e in qualche modo esso sembra effettivamente celare, tra le sue regole, quelle armonie o leggi che invisibilmente governano la natura e, forse, il nostro essere al mondo (ruota del dharma). Delle leggi (lois) affini in qualche modo alla fisica, al suono, quel suono creatore che gli antichi identificavano nella voce divina (voix). Verbo creatore che, nella cosmogonia egizia, era associato proprio al verso dell’oca, uccello nelle cui vesti simboliche il Dio Amon-Ra creò il mondo visibile, deponendo l’uovo cosmico. Con il suono creatore, eccoci tornati al simbolo della spirale e delle onde concentriche, poiché è in questa forma che il suono si propaga. Anche in India l’oca era una Dea della parola, e in qualche modo questa parola-seme, parola originaria, il Verbo che “era in principio” (cfr. “Vangelo di Giovanni”, 1,1) potrebbe avere qualche rapporto con la parola ultima, la rivelazione che i Massoni definiscono parola segreta, scopo della ricerca iniziatica, ovvero la Risposta che il Maestro Hiram si rifiutò di dare poiché incomunicabile. Come detto all’inizio, la spirale contiene in sé molti di questi paradossi, e un filo sottile che unisce indissolubilmente il principio con la fine e la fine con il principio, la domanda con la risposta e la risposta con la domanda. In questo senso, il gioco dell’oca (anser in latino), potrebbe contenere la risposta (answer in inglese), o rappresentare la ricerca di quest’ultima. Interessanti anche i rapporti numerici contenuti nel gioco. Abbiamo visto come l’oca fos-

Sebastiano B. Brocchi Originario di Montagnola (Svizzera) e oggi residente in Francia, è nato il 18 marzo del 1987 da Mauro e Grazia. In terza liceo lascia gli studi per diventare scrittore e ricercatore autodidatta nel campo della storia dell’arte, della filosofia ermetica, della simbologia sacra e dell’alchimia interiore. Dal 2008 è autore di una rubrica di esoterismo sul noto portale culturale www.riflessioni.it, intitolata “Riflessioni sulla Simbologia”. Nel 2011 inizia la col-

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Sebastiano B. Brocchi se legata al Dio creatore egizio: nella teogonia eliopolitana, gli Dei maggiori erano nove (da cui l’Enneade, nome dato al gruppo di nove divinità). Nel gioco dell’oca, troviamo un’oca ogni nove caselle, e il gioco consta generalmente di 63 caselle (9x7). Le oche vengono così a dividere, in un certo senso, sette parti del percorso, un numero che trova molteplici riscontri in ogni tradizione misterica, dal Mitraismo all’Alchimia, con le sette “porte planetarie” che rappresentano anche i sette modi dell’essere, identificati con i sette metalli della Materia Prima (con la quale eccoci tornati all’uovo cosmico, o uovo dell’oca). Potremmo spendere molte parole sulla simbologia di altre caselle particolari presenti nel gioco, come quella della prigione e quella del teschio, ma in questa sede preferisco concludere con la casella centrale, che nella prima stampa del “giuoco di loca” (quella già citata del 1640, probabilmente molto vicina iconograficamente alla versione di Ferdinando De’ Medici) mostra una famiglia seduta attorno a un tavolo, con un’oca arrosto sul piatto. Sullo sfondo di questa scena domestica, vediamo un quadro o piuttosto una finestra aperta, entro la quale è possibile intuire una scena di caccia. Curioso notare che proprio una scena di caccia, all’oca, nello “Splendor Solis” (il meraviglioso manoscritto alchemico di Salomon Trismosin) fa da cornice alla comparsa del Re Rosso, simbolo della Pietra Filosofale. Concluso il “jeu” (gioco) così come il “je” (io), infatti, la coscienza tornata al principio può dunque cibarsi di quella Parola Creatrice che, così come aveva dato inizio, porrà fine. Senza estinguere, ma facendo nascere nuovamente. laborazione con il portale “Ticino Mixed”, e con la rivista “Oltreconfine”, sulla quale cura la rubrica “Le sorgenti del mito”. Tra i suoi libri ricordiamo: Collina d’Oro Segreta (2005), Riflessioni sulla Grande Opera (2006), Favole Ermetiche (2009), e...

L’Oro di Polia Kimerik, 2011

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GIOVANNI FRANCESCO CARPEORO

Dal simbolo agli schemi simbolici complessi

FOTO: FONTANA A VILLA CELIMONTANA IN ROMA

Il Simbolo come estensione del Segno Appare quindi chiaramente, da quanto esposto nel capitolo precedente, che il passaggio dal segno al simbolo altro non è che una sua estensione, l’attivazione di una capacità intellettiva diversa da quella ordinariamente adoperata da tutti, facoltà per la quale abbiamo scelto la definizione di Intelligenza del Dado. In effetti, con la scelta del dado riteniamo di aver espresso il passaggio dal segno al simbolo nel modo più rappresentativo: la faccia del dado, con i puntini disposti a caso o alla rinfusa, richiama immagini o concetti diversi da un numero; e se noi vogliamo identificare il numero dei puntini disposti, siamo costretti a contarli, mentre quella disegnata nel modo usuale suggerisce invece il numero dei puntini disposti senza necessità di calcolo. Ma questa modalità ci conduce speditamente a due ulteriori considerazioni. La prima inerisce all’attivazione di un tipo di

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potenzialità intellettiva, indubbiamente suggestiva, che merita un approfondimento importante, suggerito dalla riflessione su questo interrogativo: l’Intelligenza del Dado in quale relazione si colloca rispetto alla nostra ordinaria potenzialità intellettiva? La nostra risposta è che la relazione in oggetto sia di potenziamento in senso qualitativo. In altri termini, il simbolo, nella sua massima efficacia, consente al nostro cervello di scartare automaticamente una serie di variabili, conducendo direttamente al significato rappresentato. Occorre a tale riguardo fare una precisazione, ponendo un’importate distinzione tra la capacità di sintesi dell’intelligenza e la mera velocità dell’intelletto. Tra gli innumerevoli luoghi comuni del nostro linguaggio, vi è quello di attribuire un valore qualitativo alla rapidità dell’intelletto, alla velocità con cui si comprendono i messaggi dall’esterno, al punto che il capire in ritardo diventa il modo di descrivere un’inabilità cognitiva definendo alcuni soggetti, infelicemente affetti da pato-

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Dal simbolo agli schemi simbolici complessi

Giovanni Francesco Carpeoro

logie varie, ritardati. In realtà, e con riferimento alle potenzialità intellettive, sarebbe più corretto Simboli Semplici e Simboli esprimersi con una terminologia più fedelmente Complessi legata alle qualità della cognizione e non ricorrendo a un concetto strettamente quantitativo Una delle ulteriori evoluzioni del simbolo è quale quello della rapidità o della velocità del la sua transizione da una forma semplice ad una comprendere. La qualità cognitiva autentica complessa. Il simbolo diviene da semplice o comdell’Intelligenza del Dado consiste nell’eliminaplesso per l’innesto sulla sua forma originaria di zione dal percorso del messaggio di tutte quelcomponenti aggiuntive, mitiche, religiose e stole possibili deviazioni o varianti che comporteriche che ne completino l’efficacia ai fini di uno rebbero indugio della nostra mente su oggetti specifico obiettivo di rappresentazione. Ponialontani o che ci allontanano dalla destinazione. mo, ad esempio, di considerare l’oggetto vaso L’aggettivo giusto, quindi, per definire la qualità come simbolo (Immagine 1). della dinamica e dell’efficacia del simbolo è quelIl vaso, in effetti, in molte costruzioni tradiziolo di cognizione selettiva. nali religiose ha assunto tale funzione, come tra La seconda considerazione ingli antichi Egizi che avevano condotta dai nostri ragionamenti cepito il Dio Creatore come inerisce l’aspetto dell’Intellivasaio. Ora accostiamo al genza del Dado relativo alla simbolo del vaso la funzione non necessarietà del contegaltrettanto simbolica del bere, gio dei puntini per indicarne la cioè dell’assumere una sostanquantità presente sulla faccia, in za indispensabile per la vita. È caso di disposizione usuale dei così che il vaso diventa una medesimi. Ci sia consentito, a coppa con la doppia funziotale scopo, di anticipare sia pure ne di contenere e consentire molto brevemente uno dei temi l’assunzione di una essenza videi capitoli seguenti inerente la tale e divina. Anche tale immamatematica ed il suo linguaggine entra di buon diritto nella gio. Tutti possiamo convenire costellazione dei simboli sacri, il come la matematica, per come coppiere assume una funzione di l’abbiamo sino a oggi codificata, vitale importanza in tutte le attività sia da noi conosciuta in base ad un esoteriche e rituali, e la coppa divielinguaggio convenzionale fondato sui ne, come ad esempio nella nascita dei simboli numerici e sui segni per indicare IMMAGINE 1: VASO quattro pali delle carte da gioco, il simbole operazioni che li riguardano. L’uno, il lo della caste sacerdotali. due, il tre non sono entità esistenti in natura ma Ma è possibile andare oltre: innestiamo sulsono una convenzione che noi abbiamo creato lo schema i simboli del sacrificio e della resurper provare a misurare il mondo che ci circonda. rezione, rappresentati dal sangue del Cristo, ed Sotto questo profilo la faccia del dado che sugavremo la conformazione del Graal (Immagine 2). gerisce una quantità a prescindere dal conteggio Per non anticipare il tema di una delle prossime opera l’esclusione del linguaggio convenzionale, trattazioni non indugeremo sulle altre moltepliriportando la nostra mente alla situazione per ci connessioni di altri argomenti su questo tema l’osservazione della quale quel linguaggio conspecifico; abbiamo comunque così delineato la venzionale è stato creato. E se possiamo definire genesi di uno dei simboli più affascinanti, comla cognizione fondata sul linguaggio convenzioplessi e suggestivi della tradizione occidentale. nale, e quindi mediata, come secondaria almeno Inutile precisare che da un simbolo semplice in senso cronologico, in quanto transitante per possono derivare più d’uno schema simbolico le fasi analitiche e deduttive, conseguentemente complesso: dal vaso, oltre a derivare il Graal, e l’Intelligenza del Dado è definibile come cognicon significati in parte connessi, nasce il concetzione immediata e primaria. to del contenitore del sangue divino, e poiché il

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Giovanni Francesco Carpeoro

Dal simbolo agli schemi simbolici complessi

contenitore del sangue per eccellenza è il cuore, ecco quindi la genesi del simbolo complesso più importante della religione cristiana: il Sacro Cuore di Gesù.

trasmettono con ultrasuoni destinati a pochi, rimanendo silenti per la maggior parte dei soggetti. Siamo a Roma, via Bocca di Leone, che si apre in uno slargo, una specie di piccola piazzetta, una volta denominata piazza Modalità di Torlonia. La strada fu voluta da Don strutturazione degli Martino Torlonia, quando acquistò il palazSchemi Simbolici zo all’angolo di via Condotti e volle che il proComplessi ed effetti spetto principale vi si affacciasse. Il palazzo, realizzato su disegno di G. A. De Rossi dai Ma perché un simbolo semplice baroni Nunes, era passato prima al prindiviene complesso? cipe di Mussignano e di Canino, poi a La risposta è obbligata: l’agdon Carlo Bonaparte che, a sua volta, giunta e la connessione di elementi l’aveva venduto ai Torlonia. ulteriori di rappresentazione sull’imDon Martino, affidando i lavori all’arIMMAGINE 2: GRAAL pianto originario è dettata da una esichitetto Antonio Sarti, apportò notevoli genza di selezione del percorso dell’Inrestauri e modifiche al palazzo, demolendo telligenza del Dado che ci conduca direttamente fra l’altro due edifici antistanti e aggiungendo al ad un obiettivo specifico di rappresentazione. prospetto principale la fontana-sarcofago trabeLo schema simbolico complesso si forma quindi ata, a cui facevano ombra due preziosi e quanto per uno scopo preciso, che è quello di eliminamai rari alberi di pepe, che però furono tra i primi re vieppiù e ancora, cioè nella massima misura a scomparire. Qui vi è un’antica fontana (Immapossibile, ogni eventuale deviazione dall’itineragine 3), composta da un sarcofago marmoreo a rio più rapido, per arrivare ad una meta che poi bassorilievo, in cui figure di fauni e giovani fanè quella di una rappresentazione fondamentale ciulle si dispongono simmetricamente rispetto per il segmento di tradizione al cui interno esso ad un medaglione centrale raffigurante un busi colloca. sto di uomo togato. L’acqua affluisce al sarcofago Tanto più lo schema simbolico è complesso, da un antico mascherone murato, posto sull’asse tanto più è selettivo, tanto più è importante il tema di simmetria della composizione, e ne fuoriesce che rappresenta. da due cannelle poste alla base del sarcofago stesso, che è sollevato e sorretto da due possenti Un esempio di Schema zampe leonine. L’acqua si raccoglie a terra in una Simbolico Complesso vasca marmorea semicircolare protetta da due colonnine cilindriche di marmo bigio. Due paGli schemi simbolici tanto più sono complesraste poste a lato del sarcofago sorreggono un si, tanto più si radicano, invisibilmente per la arco, nella cui lunetta campeggiavano due leoni maggior parte dei soggetti, in funzione anche posti a protezione dello stemma dei Torlonia. Il dell’abitudine a vederli che disattiva il meccaniprincipe tenne in particolar modo a sottolineasmo importante della curiosità, nella nostra vire chi volle la fontana, di chi fosse l’area e chi ne sione quotidiana di ciò che ci circonda. Proprio pagò le spese, per questo pose una lapide, riporin funzione della importanza dell’oggetto della tandone le misure. rappresentazione, la loro capacità mimetica diGuardiamo bene la figura: il simbolismo cenventa il miglior viatico per selezionare non solo trale è quello dell’acqua che sgorga dalla bocca i percorsi di chi ne comprenda l’importanza, ma del leone. L’accostamento del simbolo dell’acqua anche i soggetti stessi vocati a intraprendere con quello del leone per la maggior parte degli tali percorsi. Solo orecchie attente e selezionate osservatori, in ragione del meccanismo della mipossono avvertire le chiamate di tali schemi che mesi di cui sopra, si disperde in una atmosfera di

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normalità; mentre a noi, inlo stemma del Comune di vece, pone l’interrogativo se Roma, delimitato da due ci troviamo di fronte ad uno delfini. La parte superiore schema simbolico complesè costituita da una lastra in so. Iniziamo a notare come travertino al centro della quest’accostamento si sia quale si erge una vasca quaripetuto nel tempo, segnadrata di marmo nero, entro le che indica una funzione cui un piedino sorregge la evocativa. Possiamo trovare piccola tazza terminale dalla innumerevoli fontane con quale fuoriesce un piccolo quest’accostamento. zampillo. Solo per citazione Per comodità, possiamo possiamo aggiungere anlimitarci a esaminare la Foncora la Fontana delle Ninfe, tana Celimontana (Immanel comune di Leonforte, in gine 4), eretta nel 1864 per Sicilia, o la fontana presenvolontà di papa Pio IX Mastai te nel Palazzo dei Marchesi, Ferretti, e su disegno dell’arl’attuale palazzo Papi-Matii, chitetto Virginio Vespignani, da vari decenni rinnovato, IMMAGINE 3: FONTANA ROMANA presso la chiesa di San Clesito nel Comune di Pontieri, mente. in provincia di Grosseto, in Toscana. Il pontefice in realtà ne aveva fatte erigere A questo punto, vista la reiterazione dell’acdue, una per ciascun lato della chiesa finché, nel costamento simbolico del leone con lo sgorga1927, il Comune di Roma decise di rimuoverle: re dell’acqua, dobbiamo seriamente accreditare la prima, costituita da un semplice lavatoio, fu l’ipotesi che si tratti di una funzionalità specifismontata e abbandonata nei depositi comunacamente evocativa del simbolo. Ciò anche in rali, dove probabilmente ancora giace; la seconda, gione dell’utilizzo in contesti sacrali e costruttori, quella poi denominata Celimontana, fu trasferita la cui complessità deve far escludere una utiliznel luogo dove ancora oggi è situata, in via Anzazione meramente estetica. Ma, come avremo nia. La fontana è posta all’interno di una nicchia modo di precisare appresso, gli schemi simbolici in laterizio, fiancheggiata da due pilastri di marper rivelare l’origine ed il significato devono esmo sormontati da due sfere, sulla quale svetta sere verificati secondo le modalità della trasmissione, e cioè le leggi dinamiche, Iniziazione, cioè la Trasmissione Consapevole e Tradizione, cioè la Trasmissione Inconsapevole, che, nel caso di provenienza del linguaggio da tempi molto lontani, di solito finiscono per coesistere. Possiamo affermare ciò, nel caso in esame, vista la ricorrenza del quadro in contesti chiaramente iniziatici come quelli dei costruttori; infatti proprio dalle trasmissioni iniziatiche costruttorie sono nati i più rilevanti patrimoni esoterici della storia dell’uomo, come nella musica i canti gregoriani, tramandati nelle cattedrali romaniche e poi gotiche, l’alchimia, prevalentemente solo nelle cattedrali gotiche, la numerologia, la cabala e la stessa massoneria, con radici risalenti alle costruzioni greche, mediorientali, ebraiche, persiane ed egizie, templi, piramidi o città intere. IMMAGINE 4: FONTANA A VILLA CELIMONTANA IN ROMA

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Giovanni Francesco Carpeoro Altro discorso è verificare se anche la Tradizione, che come avremo modo di precisare, è la riproduzione e, conseguentemente, la trasmissione di un quadro simbolico senza consapevolezza delle origini o del significato, abbia influito sulla diffusione dell’accostamento che stiamo esaminando. Ciò può essere positivamente affermato solo allorché il quadro in oggetto si palesi ricorrente in contesti al di fuori della utilizzazione alta, artistica e sacrale dei costruttori di monumenti. Ad esempio, potremmo affermare che il quadro è stato traghettato anche per Tradizione se accertassimo che oltre che nei monumenti, ove è probabile che chi ha utilizzato l’accostamento fosse cosciente della sua origine e del suo significato, il medesimo quadro simbolico fosse ricorrente anche tra più modesti artigiani, ad adornare androni condominiali o modesti piccoli giardini domestici (Immagine 5). È utile, a tale riguardo, mostrare qualcosa di estremamente attuale, e cioè la pagina web commerciale di un artigiano indiscutibilmente romano, Franco er Marmista (Immagine 6), che al di là del fatto che col nome

IMMAGINE 6: PAGINA WEB DI FRANCO ER MARMISTA

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Dal simbolo agli schemi simbolici complessi che si è scelto si è precluso ogni possibilità di essere citato nei libri di storia dell’arte, offre a prezzi modici maschere in marmo per aspiranti emulatori della reggia di Versailles, tra cui tre con la bocca del leone da cui IMMAGINE 5: TESTA DI LEONE far sgorgare l’acqua. Qualcuno può anche prendersi la briga di andare a chiedere a Franco er Marmista perché l’acqua debba per forza sgorgare dalla bocca di un leone, ma dubitiamo che egli, come la maggior parte delle persone, sia in grado di rispondere. Proviamo invece noi a chiederci in quale civiltà, a nostra memoria, più anticamente l’acqua abbia avuto un ruolo così importante da scandire il tempo della vita degli uomini, tanto da essere unitariamente presente, con particolare efficacia, visto l’esame precedente nelle tradizioni e nelle modalità costruttorie. La risposta è fin troppo semplice: nell’antico Egitto. In quell’antica civiltà, infatti, l’esondazione del Nilo era determinante per la vita e per la sopravvivenza di quelle popolazioni, ed in quel contesto il fenomeno assunse dimensioni sacrali, richiamato per intero nella tradizione dei costruttori. Bene, e il leone? Una breve ricerca storico-etnologica - oggi Internet è un autentico toccasana in questo senso - ci consente di affermare che in quella civiltà s’indicava la costellazione del Leone (Immagine 7) come simbolo solstiziale, nato in Africa, dall’osservazione dell’esodo dei leoni del deserto, verso la valle del Nilo, ad abbeverarsi delle acque del fiume, nel periodo dello straripamento. Per motivare l’accostamento della costellazione col solstizio sarà sufficiente citare Orapollo, scrittore egiziano, nato a Nilopoli, forse, ma non è certo, lo stesso omonimo grammatico, vissuto sotto l’imperatore Teodosio (379-395). La sua opera Geroglifici, pervenutaci in lingua greca, anche se forse originariamente in lingua copta, fu pubblicata nel 1505 da Aldo Manuzio

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Dal simbolo agli schemi simbolici complessi e ispirò la corrente neoplatonica ed ermetica fiorentina per la sua interpretazione simbolica dei segni e delle figure. Dai Geroglifici citiamo il seguente brano: “Un leone perché il Sole, quando è in congiunzione col Leone, incrementa la piena del Nilo e, durante il periodo in cui esso rimane in questa costellazione, le nuove acque spesso raggiungono il doppio del livello consueto. È per questo motivo che gli antichi sovrintendenti alle opere sacre costruivano a forma di leone i canali e le condutture delle fontane sacre, e per lo stesso motivo, ancora oggi in campagna, per propiziarsi una piena abbondante, il vino raccolto nei tini è fatto uscire da rubinetti a forma di leone. A questo punto abbiamo sicuramente trovato una radice storica dell’accostamento simbolico che abbiamo esaminato. Ora possiamo ragionare se l’importanza della realtà rappresentata dal fenomeno dell’esondazione del Nilo, sotto la costellazione del Leone, all’epoca degli antichi Egizi, sia sufficientemente grande da essere proporzionale col cammino nei secoli del simbolo della bocca di leone da cui fuoriesce l’acqua e con le caratteristiche della sua utilizzazione. Forse no. Chi s’intende di astrologia, se ne ha voglia, provi a fare una ricerca sulla collocazione astrologica delle ipotesi relative all’epoca in cui avvenne il Diluvio Universale. E chi ha competenza di ebraismo, sempre se ne ha voglia, provi anche a verificare nel testo biblico, nella Torah e nel Talmud, le relazioni tra la figura di Noè, il simbolo del Leone e la tribù di Giuda. Abbiamo scoperto, nel testo di Orapollo, che l’esondazione del Nilo avveniva nel periodo del segno del Leone, e che in quella circostanza i leoni d’Africa andavano

Giovanni Francesco Carpeoro presso il fiume ad abbeverarsi presso il fiume sacro. In ciò abbiamo riscontrato lo schema, tuttora ricorrente, delle fontane marmoreee nelle quali l’acqua sgorga dalla bocca di un leone. Si potrebbe andare avanti ancora… con un collegamento di origine cristiana ed evangelica. Qual è la città storica e artistica nella quale l’acqua ha un ruolo, oseremmo dire, prevalente? La risposta è ovvia: Venezia. E qual è il Santo Protettore di tale città? Anche questo quesito non è difficile, San Marco Evangelista. E qual è contemporaneamente il simbolo storico sia del Santo e sia della città? Eccolo, è il Leone. Il Leone di San Marco, appunto… Coincidenza? Come quella del Diluvio Universale e della sua possibile collocazione nell’età del Leone?

IMMAGINE 7: COSTELLAZIONE DEL LEONE

Giovanni Francesco Carpeoro Nato a Cosenza nel 1958. Si trasferisce a Milano e si laurea in giurisprudenza presso l’ Università Cattolica per poi svolgere per trent’anni la professione di avvocato. Ha curato per Acacia Edizioni l’edizione italiana de L’Archeometro di Alexandre Saint’Yves d’Alveidre e di Sotto le Piramidi di Andrew Collins. È stato diret-

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tore delle riviste mensili PC Magazine, HERA e I Misteri di HERA. Il suo sito personale: www.carpeoro.com. Delle sue pubblicazioni ricordiamo: Il volo del pellicano (Bevivino, 2007), Labirinti (Bevivino, 2008) e...

Il re cristiano Bevivino, 2010 Runa Bianca

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