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Non vi è nulla che appaghi come la felicità di sapersi amati da Cristo e poterlo incontrare in ogni volto, in tutte le circostanze. Affido me stesso e tutti alla protezione della Madre di Dio alla cui intercessione e protezione devo la mia vocazione sacerdotale, e chiedo agli amici di Russia Cristiana di amare la Russia nonostante tutto. (Dal Testamento spirituale)
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«L’imperatore si rivolse ai cristiani dicendo: “Strani uomini... ditemi voi stessi, o cristiani, abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi: che cosa avete di più caro nel cristianesimo?”. Allora si alzò in piedi lo starec Giovanni e rispose con dolcezza: “Grande sovrano! Quello che abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità». Quante volte padre Scalfi si sarà ripetuto queste parole di Solov’ëv… Questo brano mi sembra una sintesi della lunga vita di padre Scalfi: un amore a Cristo, presente qui e ora nella realtà della Chiesa. (Lettera di auguri di Julián Carrón, 12 ottobre 2013) * , " $ &!$ % $ (! % $ %&
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Desidero partecipare al dolore della grande famiglia di Russia Cristiana per la morte di padre Scalfi, che ho potuto incontrare un’ultima volta pochi giorni fa; sono rimasto stupito dal suo totale affidarsi alla volontà del Signore, accettando la malattia come la circostanza in cui vivere la sua vocazione. Porterò sempre con me la letizia che ho visto sul suo volto, il suo amore al Movimento e la benedizione che mi ha dato per la responsabilità che devo portare. Non gli saremo mai grati abbastanza per la sua testimonianza di una fede che, nella compagnia di don Giussani, ha messo davanti a tutti una Chiesa a due polmoni, dall’Atlantico agli Urali, comunicando una passione per quell’unità che Cristo ha indicato come il segno supremo della sua presenza nel mondo. Adesso noi vediamo i frutti dei rapporti che padre Scalfi ha aperto quando nessuno si interessava della Russia, e che sono l’eredità che ci lascia in questo giorno di Natale che il Mistero ha scelto per accoglierlo nel Suo abbraccio pieno di misericordia. Domando alla Madonna di aiutarci a sentire come nostro il compito per cui lui ha dato la vita e del quale papa Francesco è il grande protagonista. (Lettera di Julián Carrón, 26 dicembre 2016)
2 incontro con lA russiA – incontro con lA BellezzA «La verità si esprime nell’amore e l’amore fiorisce nella bellezza». Pavel Florenskij .,"-. (.23*-. $"+'* -"2$& *+
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omano Agostino Scalfi nasce il 12 ottobre 1923 a Tione, in Trentino, da Achille ed Elisa Scalfi: ha un fratello maggiore (Ezio), e tre più piccoli (Pietro, Mariotta e Gino). Il padre, «maestro stradale», muore nel 1940, e tocca a Ezio mantenere la famiglia.
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Dopo le elementari entra nel seminario arcivescovile di Trento: «L’idea di farmi prete mi venne chiara e distinta a circa quattro anni. Nessuno, né prima né dopo, mi incoraggiò a incamminarmi su questa via, ma non venne mai meno, neppure nei momenti di maggior difficoltà, la coscienza di essere chiamato al sacerdozio». (Intervista a Pigi Colognesi, 2007)
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Nel 1946 arriva in seminario il gesuita Gustavo Wetter del Russicum di Roma. Il giovane seminarista resta folgorato dalla sua testimonianza e dalla Divina Liturgia: gli diventa chiaro che la sua vocazione coincide con il dare la vita per la Russia e per i fratelli cristiani che vi vivono. & +" +.1. 3&23*,.-*"-6" %* '&%&
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Il 26 giugno 1948 viene ordinato sacerdote. Entra nel collegio Russicum di Roma all’inizio dell’anno scolastico 1951-52. Studia sociologia parallelamente all’approfondimento della lingua, della cultura e della spiritualità russa, laureandosi nel 1954 in scienze sociali alla Gregoriana con una tesi su Giuseppe Toniolo. Il 4 ottobre 1957 passa a lavorare a Milano; si iscrive alla facoltà di scienze politiche e sociali all’Università Cattolica e diventa cappellano delle Piccole Suore dell’Assunzione, in via Martinengo 16. Da subito il suo lavoro è volto «a interessare i cattolici ai problemi che concernono la Russia e l’unità della Chiesa», a far conoscere in Italia la ricchezza della tradizione religiosa e culturale russa, le persecuzioni contro i cristiani in URSS e la loro testimonianza di fede. Prende contatto con personalità già sensibili alla tradizione orientale, come Enrico Galbiati, Pietro Modesto, Adolfo Asnaghi, Armando Bisesti, Nilo Cadonna, Luigi Giussani… Dalla metà degli anni ‘60 il fondatore di CL si trasferisce al pian terreno della palazzina di via Martinengo 16, occupata al primo piano da Scalfi, che Giussani definirà scherzosamente «il mio superiore».
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È stato don Giussani che mi ha ispirato il fondamento di Russia Cristiana. Io mi consideravo uno specialista, ma don Giussani mi diceva: “Tu credi di essere uno specialista di ecumenismo, ma fai pratica di ecumenismo?”. “Cosa vuol dire fare pratica di ecumenismo – chiedevo io – non capisco!”. “Certo, cos’è l’ecumenismo? È l’unione della persona e della società in Cristo. Che esperienza fai di questo? Quanto sei unito tu con Cristo? Che comunità hai, in cui tu possa sperimentare l’unione in nome di Cristo?”. Questo mi ha illuminato, così è nata Russia Cristiana. Ho fatto tanti progetti, ma per fortuna pochi realizzati, e ho sperimentato sempre di più che la fantasia di Dio è molto più ferace, molto più grande, molto più feconda delle mie immaginazioni, dei miei pensieri. Ho dovuto constatare di aver fallito molto nell’immaginazione, ma ho il gusto di avere sperimentato che il Signore, nonostante le mie debolezze, allargava sempre di più quest’opera che è iniziata nel suo nome e che continua tutt’oggi con la grazia del Signore.
Siano rese grazie al Signore! (Dall’omelia per i 90 anni, 12 ottobre 2013)
nellA croce l’unità L’esperienza dei cristiani dell’Est deve essere per noi prima di tutto occasione di profonda unità, di comunione con loro. Le sofferenze e le difficoltà che i cristiani incontrano nel vivere la fede non possono non spalancare il nostro cuore al valore della croce e renderci più decisi nel riconoscere Cristo come il significato della nostra vita. La loro testimonianza aumenta la nostra responsabilità, perché quello che sono riusciti a conquistare, quello che noi vogliamo sostenere per loro, è quello che vogliamo ottenere per noi. Ci riconosciamo con loro in un cammino comune, perché, se sono diversi i nemici contro cui ci troviamo a combattere, se sono diverse le condizioni in cui ci troviamo a vivere, tuttavia la meta a cui tendiamo e la verità che affermiamo sono le stesse. …La solidarietà e la condivisione che i cristiani russi perseguitati ci chiedono nascono dalla tensione a vivere e a testimoniare la verità che abbiamo incontrato, dalla fedeltà a vivere la nostra vocazione, al particolare che il Signore ci ha affidato; perché, come ci testimoniano queste persone, così segnate e purificate dal dolore, una vita nuova può nascere solo da un’umanità rinnovata nel cuore. (Meditazione, «Russia Cristiana», n. 5/1980)
4 l’AmiciziA con Betty AmBiveri L’AMICIZIA CON BETTY AMBIVERI «Brava Betty, si ricordi sempre di battersi per unire, di battersi per il bene». SAN GIOVANNI XXIII
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Alla fine del 1957 padre Scalfi fa conoscenza con una grande figura di donna
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del mondo bergamasco, Betty Ambiveri (1888-1962), che metterà a disposizione
la propria villa di Seriate per le iniziative di Russia Cristiana, tra cui la pubblicaDopo le elementari entra nel seminario arcivescovile di zione della rivista e i corsi residenziali estivi, inizialmente per sacerdoti e semiTrento: «L’idea di farmi prete mi venne chiara e distinta a naristi interessati ad approfondire la tradizione orientale e la realtà sovietica. A circa quattro anni. Nessuno, né prima né dopo, mi incoragquesti corsi si aggiunge, dal 1961, quello di lingua e cultura russa per laici. giò a incamminarmi su questa via, ma non venne mai meno,
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Padre Romano con il direttore dell’»Eco di Bergamo» e Betty Ambiveri.
In anni in cui – come dirà Giacinto Gambirasio, uno dei primi collaboratori del
Centro – il problema della «Russia Cristiana è tutt’altro che facile», Betty Ambiveri «con rara preveggenza intuì l’importanza della questione e le dedicò lo slan-
cio e l’entusiasmo che in lei erano abituali per tutte le buone cause che si
affacciavano alla sua considerazione e alla sua possibilità di agire. Parlava della
Russia Cristiana col fervore di un apostolo e di un profeta, nella soave visione di
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quel futuro che compirà il ritorno dei cristianissimi popoli orientali all’unico
Nel 1946 arriva in seminario il gesuita padre Gustavo Wet-
Agosto 1960: corso di studio sulla «Russia cristiana».
Questa donna è stata un esempio di apertura ecumenica. Mi dichiarò subito la sua disponibilità. Era una donna eccezionale, aveva una capacità immediata di Il 26 giugno 1948 viene ordinato sacerdote. Entra nel colcapire i problemi. Aveva, inoltre, il grande dono della sintesi. E nel progetto che legio Russicum di Roma all’inizio dell’anno scolastico le avevo proposto trovò due valori per i quali si era sempre battura: l’ecumeni1951-52. Studia sociologia parallelamente all’approfondismo e la missione. D’altra parte non c’era settore della vita cristiana che non le mento della lingua, della cultura e della spiritualità russa, interessasse, e accettava ogni prospettiva di bene – per l’unione delle Chiese laureandosi nel 1954 in scienze sociali alla Gregoriana con in Russia, per i diritti umani, per una nuova forma di vita. Nella sua persona una tesi su Giuseppe Toniolo. erano uniti senza complicazioni, senza ambiguità l’amore teso ad annunciare
Cristo e l’amore teso ad unire i fratelli. Noi le siamo riconoscenti perché dal
«Brava Betty, si ricordi sempre di battersi per unire, di battersi per il bene». San Giovanni XXIII
ovile».
(In memoriam, «Russia Cristiana ieri e oggi», giugno 1962)
lla fine del 1957 padre Scalfi fa conoscenza con una grande figura di donna del mondo bergamasco, Betty Ambiveri (1888-1962), che metterà a disposizione la propria villa di Seriate per le iniziative di Russia Cristiana, tra cui la pubblicazione della rivista e i corsi residenziali estivi, inizialmente per sacerdoti e seminaristi interessati ad approfondire la tradizione orientale e la realtà sovietica. A questi corsi si aggiunge, dal 1961, quello di lingua e cultura russa per laici.
1957, l’anno in cui l’ho conosciuta a Bergamo, subito al primo incontro si è
aperta alla prospettiva di collaborare con noi all’ecumenismo e alla missione.
In anni in cui – come dirà Giacinto Gambirasio, uno dei primi collaboratori del Centro – il problema della «Russia cristiana è tutt’altro che facile», Betty Ambiveri «con rara preveggenza intuì l’importanza della questione e le dedicò lo slancio e l’entusiasmo che in lei erano abituali per tutte le buone cause che si affacciavano alla sua considerazione e alla sua possibilità di agire. Parlava della Russia cristiana col fervore di un apostolo e di un profeta, nella soave visione di quel futuro che compirà il ritorno dei cristianissimi popoli orientali all’unico ovile». (In memoriam, «Russia Cristiana ieri e oggi», giugno 1962) Padre Romano, Passione ecumenica e missionaria, 24 novembre 2002
Questa donna è stata un esempio di apertura ecumenica. Mi dichiarò subito la sua disponibilità. Era una donna eccezionale, aveva una capacità immediata di capire i problemi. Aveva, inoltre, il grande dono della sintesi. E nel progetto che le avevo proposto trovò due valori per i quali si era sempre battura: l’ecumenismo e la missione. D’altra parte non c’era settore della vita cristiana che non le interessasse, e accettava ogni prospettiva di bene – per l’unione delle Chiese in Russia, per i diritti umani, per una nuova forma di vita. Nella sua persona erano uniti senza complicazioni, senza ambiguità l’amore teso ad annunciare Cristo e l’amore teso ad unire i fratelli. Noi le siamo riconoscenti perché dal 1957, l’anno in cui l’ho conosciuta a Bergamo, subito al primo incontro si è aperta alla prospettiva di collaborare con noi all’ecumenismo e alla missione. Padre Romano, Passione ecumenica e missionaria, 24 novembre 2002
5 unA donnA ApertA A tutto il mondo UNA DONNA APERTA A TUTTO IL MONDO
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Betty Ambiveri nasce a Bergamo da Giovanni Ambiveri e Chiara Radici. Il padre è imprenditore nel
campo dell’allevamento dei bachi da seta. Elisabetta, primogenita di sette figli, al termine degli studi affianca il padre nell’attività imprenditoriale, ma da subito matura un particolare interesse per chi vive
nel bisogno, e offre il proprio aiuto economico e morale. Nel 1920 fonda il Laboratorio Missionario e Dopo le ele- più tardi diventa presidente dell’Opera Apostolica, motore propulsore dell’attività missionaria nella diomentari cesi di Bergamo.
entra nel se-
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minario arci-
vescovile di
«L’idea di farmi pretepresta mi venne chiara e distinta a della Croce Rossa presso Trento: Durante la prima guerra mondiale servizio come volontaria
quattro anni.conferita Nessuno,una né prima né dopo, mi incoragvaricirca ospedali (le sarà medaglia d’argento al merito).
giòdopoguerra, a incamminarmi su questa marapporti non venne meno, Betty continua a svolgere nonostante i nonvia, facili conmai il fascismo, Nel momenti dialla maggior difficoltà, la coscienza neppure opera nei di assistenza popolazione locale. Di fronte di al forte flusso migratorio prola sua
vocato dalla crisi economica, insieme a don Agostino Vismara si dedica all’assistenza e all’inserimento degli emigranti.
Nel 1946 arriva in seminario il ge-
suita padre Gustavo Wetter del Rus-
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sicum di Roma. Il giovane
La famiglia di Betty, con i nonni, i genitori e i fratelli.
seminarista resta folgorato dalla sua padre, nell’aprile del 1940, viene sfiorata dall’idea di partire come missionaria, ma gli eventi storici precipitano, a giugno Alla morte del e dalla Divina Liturgia: testimonianza l’Italia entra in guerra, e così decide di rimanere. Nel mese di marzo del 1941 riprende i panni di infermiera volontaria presso l’Ospedale
della Clementina.
Appoggia la resistenza ai tedeschi, e si presta a nascondere delle armi a Villa Ambiveri, ma in seguito a una delazione la notte del 24 no-
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vembre 1943 viene arrestata insieme ai membri della banda partigiana Decò-Canetta, e rinchiusa nel carcere di S. Agata. Scriverà: «Qui Il 26 giugno non 1948soviene sa-il mondo, mi par di vivere in un altro pianeta, ma vorrei dire anch’io come il grande Leonardo “ringraziamo rinchiusa comeordinato vada oggi
collegio Russi-natura umana che ci fa trovare ovunque di che imparare”, ed io aggiungo di che fare». cerdote. per Entra questanelnostra benigna Iddio cum di Roma all’inizio dell’anno scolastico 1951-52.
Studia sociologia parallelamente all’approfondimento Al processo, il 7 marzo 1944, viene condannata alla pena capitale, ma in seguito alla mobidella lingua, della cultura e della spiritualità russa, laurelitazione generale di proteste, la sentenza viene commutata in dieci anni di carcere da sconandosi nel 1954 in scienze sociali alla Gregoriana con una tare in Germania nel carcere di Aichach. Ritorna in libertà il 24 aprile 1945. tesi su Giuseppe Toniolo.
R
Rientrata dalla prigionia si impegna in campo politico, amministrativo, sociale e nel volontariato. Alle elezioni del 24 marzo 1946 è la prima donna ad essere eletta per numero di voti
nel primo Consiglio Comunale del dopoguerra di Bergamo e così anche nelle elezioni successive del 27 maggio 1951. Nel 1956 è la prima e unica donna ad essere eletta nel Consiglio
Provinciale di Bergamo su mandato della Democrazia Cristiana. Dal 25 ottobre 1947 diviene presidente della Commissaria Bolognini, l’attuale ospedale di Seriate.
N
Oggetti in mollica di pane e carte da gioco costruiti da Betty in carcere.
Nell’agosto 1945 Betty Ambiveri fonda la sezione bergamasca
del CIF (Centro Italiano Femminile) riuscendo a costituire nella provincia,
in poco tempo, ben 115 sezioni. Contribuisce a fondare la Casa del Sole per
ragazzi con problemi di disadattamento, l’Istituto Pietro Moroni per ragazzi
con Sindrome di Down.
Nel 1950 viene nominata Ispettrice delle Infermiere Volontarie di Ber-
gamo e Provincia e oltre alle consuete opere di assistenza organizza importanti opere di solidarietà, ad esempio l’accoglienza degli alluvionati del Polesine e della Calabria, e dei profughi dall’Ungheria.
Il 23 dicembre 1961 riceve dal sindaco di Bergamo la medaglia d’oro al merito civico.
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etty Ambiveri nasce a Bergamo da Giovanni Ambiveri e Chiara Radici. Il padre è imprenditore nel campo dell’allevamento dei bachi da seta. Elisabetta, primogenita di sette figli, al termine degli studi affianca il padre nell’attività imprenditoriale, ma da subito matura un particolare interesse per chi vive nel bisogno, e offre il proprio aiuto economico e morale. Nel 1920 fonda il Laboratorio Missionario e più tardi diventa presidente dell’Opera Apostolica, motore propulsore dell’attività missionaria nella diocesi di Bergamo.
Durante la prima guerra mondiale presta servizio come volontaria della Croce Rossa presso vari ospedali (le sarà conferita una medaglia d’argento al merito). Nel dopoguerra, nonostante i non facili rapporti con il fascismo, Betty continua a svolgere la sua opera di assistenza alla popolazione locale. Di fronte al forte flusso migratorio provocato dalla crisi economica, insieme a don Agostino Vismara si dedica all’assistenza e all’inserimento degli emigranti.
Alla morte del padre, nell’aprile del 1940, viene sfiorata dall’idea di partire come missionaria, ma gli eventi storici precipitano: a giugno l’Italia entra in guerra, e così decide di rimanere. Nel mese di marzo del 1941 riprende i panni di infermiera volontaria presso l’Ospedale della Clementina. Appoggia la resistenza ai tedeschi, e si presta a nascondere delle armi a Villa Ambiveri, ma in seguito a una delazione la notte del 24 novembre 1943 viene arrestata insieme ai membri della banda partigiana Decò-Canetta, e rinchiusa nel carcere di S. Agata. Scriverà: «Qui rinchiusa non so come vada oggi il mondo, mi par di vivere in un altro pianeta, ma vorrei dire anch’io come il grande Leonardo “ringraziamo Iddio per questa nostra benigna natura umana che ci fa trovare ovunque di che imparare”, ed io aggiungo di che fare». Al processo, il 7 marzo 1944, viene condannata alla pena capitale, ma in seguito alla mobilitazione generale di proteste, la sentenza viene commutata in dieci anni di carcere da scontare in Germania nel carcere di Aichach. Ritorna in libertà il 24 aprile 1945. Rientrata dalla prigionia si impegna in campo politico, amministrativo, sociale e nel volontariato. Alle elezioni del 24 marzo 1946 è la prima donna ad essere eletta per numero di voti nel primo Consiglio Comunale del dopoguerra di Bergamo e così anche nelle elezioni successive del 27 maggio 1951. Nel 1956 è la prima e unica donna ad essere eletta nel Consiglio Provinciale di Bergamo su mandato della Democrazia Cristiana. Dal 25 ottobre 1947 diviene presidente della Commissaria Bolognini, l’attuale ospedale di Seriate. Nell’agosto 1945 Betty Ambiveri fonda la sezione bergamasca del CIF (Centro Italiano Fem-
minile) riuscendo a costituire nella provincia, in poco tempo, ben 115 sezioni. Contribuisce a fondare la Casa del Sole per ragazzi con problemi di disadattamento, l’Istituto Pietro Moroni per ragazzi con Sindrome di Down. Nel 1950 viene nominata Ispettrice delle Infermiere Volontarie di Bergamo e Provincia e oltre alle consuete opere di assistenza organizza importanti opere di solidarietà, ad esempio l’accoglienza degli alluvionati del Polesine e della Calabria, e dei profughi dall’Ungheria. Il 23 dicembre 1961 riceve dal sindaco di Bergamo la medaglia d’oro al merito civico.
6 lA scopertA del sAmizdAt, unA vitA nuovA in urss
N
el gennaio 1960 esce il primo numero di «Russia Cristiana ieri e oggi» in 1500 esemplari, rivista «destinata a colui che ha un cuore cattolico, cioè universale e che, posto di fronte a qualunque valore umano, non lo può sentire estraneo a se stesso». La scelta di dare sia al centro che alla rivista il nome di «Russia Cristiana» è una sfida alla forte ideologizzazione presente in Italia in quegli anni, ma – alla stregua della sigla scelta per l’editrice di Russia Cristiana, nata nel 1975, «La Casa di Matriona» (dall’omonimo racconto di Solženicyn) – non punta sull’anticomunismo, bensì sulla positività della tradizione popolare e religiosa russa che non solo si è conservata, ma proprio in questi anni si affaccia e si diffonde attraverso la cultura del «dissenso» e del samizdat (autoeditoria clandestina). Oltre a registrare i fermenti di novità presenti all’interno della società sovietica, percepibili leggendo tra le righe la stampa ufficiale, padre Scalfi comincia a raccogliere, tradurre e pubblicare questi testi – lettere, memorie, omelie, saggi, poesie – che svelano all’Occidente la testimonianza di una vita nuova, vissuta nella libertà e nella responsabilità.Nel corso degli anni il nome e il formato della rivista cambieranno più volte, fino a diventare il portale online «La Nuova Europa» (2016), ma nella convinzione di padre Scalfi la sua funzione prioritaria continua a essere la stessa, la documentazione di un nuovo umanesimo che può divenire strada percorribile anche per il nostro mondo occidentale. &- (&//"*0
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Fin dal suo nascere avevamo intuito nella corrente del samizdat l’inizio promettente di una nuova vita. Era una speranza e insieme una scommessa che facevamo a noi stessi. Oggi siamo contenti di aver «indovinato», ma ci rendiamo anche conto che non potevamo sbagliare perché si trattava semplicemente di riconoscere la vitalità di un germe. La forza e la creatività di una vita alimentata dallo Spirito che feconda la Chiesa non possono finire in un fallimento. Possono portare sulla croce o in un lager ma fanno la storia di un popolo. Nei testi del samizdat vediamo l’energia della parola come espressione di una vita. …Tutti gli animatori della rinascita cristiana sono convinti che il futuro della Russia dipenda dalla sua capacità di rinascere in Cristo. Soltanto sul fondamento di questa verità suprema è possibile erigere il valore incomparabile dell’uomo, il valore della sua vita e della sua creatività. Soltanto nel cristianesimo troviamo il significato ultimo della vita sociale, della cultura e dell’economia. (La nuova coscienza ecclesiale, «Russia Cristiana», n. 2/1975) Il tentativo di spiegare scientificamente l’uomo e conseguentemente di manipolarlo in conformità allo schema è sempre stata una delle tentazioni più nefaste della modernità. Il positivismo
occidentale e l’utopismo marxista non sono che due varianti di uno stesso presupposto materialista, provengono dalla stessa radice. Occorre riconoscere alla persona il primato su ogni struttura e su ogni astrazione… Le migliori produzioni della letteratura clandestina hanno posto la persona al centro della loro attenzione, non solo per esaminarne l’insondabile profondità interiore ma anche per manifestarne l’incidenza sociale. Pasternak e Solženicyn, Grossman e Sinjavskij, in modo diverso cantano il valore dell’uomo concreto e prossimo, peccatore e santo, schiavo e libero, misero e grande, ma sempre responsabile primo sia nel bene che nel male, causa prima del bene e del male della società. «Le rivoluzioni di velluto provengono dal cuore di ogni uomo», dichiara Havel, ed è sempre lui a parlare dell’«effetto farfalla», quando un battito d’ali può provocare un uragano così come un’azione umana, apparentemente insignificante, può incidere in modo decisivo sul corso della storia. Quando un piccolo gesto è carico di libertà racchiude in sé una potenzialità creativa di inestimabile valore per tutti e per tutto. (La crisi della modernità e l’inizio di una nuova cultura, «La Nuova Europa», n. 6/1992)
7 un ponte con lA russiA
È
dell’estate 1960 il primo viaggio di padre Scalfi in URSS in auto: Minsk, Smolensk, Mosca, Zagorsk, Novgorod, Leningrado, Kiev, L’vov. Ai «turisti» viene data una «guida» incaricata di controllare i loro spostamenti e contatti, ma si riesce talvolta a «seminarla». L’interesse principale è incontrare i cristiani, ma si fanno incontri d’ogni tipo, con un’umanità devastata dall’ideologia ma anche con un desiderio insopprimibile di trovare una risposta alle domande fondamentali della vita. Il viaggio di Scalfi, tre sacerdoti e quattro laici, si svolge a bordo di due Volkswagen che attirano la curiosità di molti. Fino all’ultimo viaggio estivo nel 1970, quando alla frontiera gli chiedono: – Ah, lei è il signor Scalfi? Non si è stancato di visitare l’Unione Sovietica? – Per nulla, anzi mi piace sempre di più. – Beh, sappia invece che l’URSS si è stancata di lei.
Seguirà una lunga pausa durata vent’anni, durante i quali, «per vendicarsi», padre Scalfi manda in Russia tante persone… Avranno luogo fugaci ma intensi incontri con persone e comunità cristiane, nei momenti liberi di viaggi organizzati e di soggiorni di studio; dopo la perestrojka il Centro patrocinerà e accompagnerà invece degli itinerari di viaggio nei quali i partecipanti hanno modo di incontrare dal vivo la realtà della Chiesa in Russia. A chi gli chiede: «Russia Cristiana organizza viaggi – che sono pellegrinaggi – in Russia, con visite ai luoghi della grande tradizione religiosa e artistica orientale, come anche ai luoghi della persecuzione e del martirio, ad esempio alle Isole Solovki. Che cosa, secondo lei, va visto a tutti i costi?», padre Scalfi risponde senza esitare: «Gli amici. Non solo chiese, arte, o sacrari, ma direi soprattutto gli amici, fra cui moltissimi ortodossi. Si fanno incontri con sacerdoti e laici meravigliosi. È vero lavoro ecumenico dal basso». Lo stesso padre Scalfi dagli anni ’90 sarà più volte in Russia, Siberia, Kazachstan, Bielorussia, Ucraina, invitato a tenere esercizi spirituali o a svolgere interventi a convegni ecclesiali e accademici. Per la prima volta, dopo anni di corrispondenza e di preghiere vicendevoli, avrà modo di abbracciare tanti amici, e di assistere alla consacrazione episcopale di uno dei suoi «figli», monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo della Madre di Dio a Mosca. Grazie a padre Romano è avvenuto il mio incontro con la storia, la liturgia, il martirio che caratterizzano la Russia del XX secolo. Posso dire che prima di arrivare in Siberia, praticamente tutto quello che sapevo della Russia l’avevo letto sulla rivista «Russia Cristiana»… Ma probabilmente ciò che più mi ha colpito in padre Romano è stata la sua tensione a collegare tutto a Cristo. Ricordo un grande convegno all’università statale di Novosibirsk sulla «pretesa cri-
stiana» e il diffondersi del cristianesimo nei primi secoli. E padre Romano colpì tutti, studenti e docenti, perché non si mise a parlare di sé o della sua opera, di cui per altro si occupava già da quarant’anni; no, padre Romano parlò appunto di Cristo, del suo rapporto con Lui, di quanto sia importante la testimonianza della comunione nella Chiesa, della sfida reale per il mondo di oggi, per la Russia di oggi, che è costituita da Cristo presente qui e ora. (Paolo Pezzi, testimonianza, 12 febbraio 2017)
8 Al cuore, lA liturgiA
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«All’età di 90 anni oggi celebro 25.555 Messe e vi garantisco che non sono ancora stanco! Anzi, ogni giorno ringrazio il Signore della grandissima grazia di poter celebrare la Santa Messa. È il fondamento della mia fede, della mia gioia, della mia serenità».
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in dagli inizi del suo lavoro a Russia Cristiana, padre Scalfi unisce la testimonianza sulla rinascita religiosa in URSS a quella della Divina Liturgia in rito orientale. Ben presto intorno a lui si forma un coro che lo accompagna nelle celebrazioni.
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La liturgia non è soltanto un momento della vita ma è il cuore della vita, non si tratta semplicemente della conoscenza del rito, ma del cuore della tradizione orientale… Quello che aveva affascinato me riavviene anche quando celebriamo. Come l’icona, la Divina Liturgia bizantina non è preoccupata di parlare solo alla testa, ma coinvolge tutti i fattori della persona. La si capisce con la vita. Usa obbligatoriamente il canto, l’incenso, formule ripetitive, movimenti e gesti pieni di dignità e di significato. È stata definita nel IV secolo ed è rimasta intatta sino ad oggi, e così ci riporta vicinissimo alle origini. (Intervista di Maurizio Vitali) (
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Dal 2011, le condizioni di salute non consentono a padre Scalfi di celebrare le lunghe liturgie in rito bizantino. In queste celebrazioni lo sostituiscono altri sacerdoti, ma l’Eucarestia assume nella sua vita una centratura sempre più esplicita: è tutt’uno con il Sacramento, non rinuncia a celebrare la Messa neppure durante i periodi di malattia, i ricoveri in ospedale, gli ultimi giorni di vita, sospinto da un desiderio che gli fa superare ogni fatica. Negli ultimi anni, le sue celebrazioni domenicali nella cappella di Villa Ambiveri sono una festa del cuore, e per molti segnano il ritorno alla Casa del Padre. La concelebrazione alla Messa sarà il suo ultimo gesto di vita, la mattina del Natale del 2016.
9 iconA, Arte ecumenicA
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nvitando l’amico e confratello padre Egon Sendler, iconografo, padre Scalfi pone le basi della Scuola iconografica di Seriate, sorta nel 1977.
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L’icona, nata dalla liturgia, ha un grande valore anche per l’Occidente perché se l’arte non è il rapporto del particolare con il tutto, non è vera arte… Adesso l’icona è diventata nota come «prodotto orientale». Ma è falso: prima di Giotto, che introdusse il realismo nella pittura, l’arte sacra era l’icona in tutta la cristianità. Perciò innanzitutto l’icona ci fa riscoprire le origini comuni della nostra fede. E poi ci obbliga a una concezione religiosa, meglio, a una conoscenza integrale, per usare un’espressione di Solov’ev, e quindi a un superamento del razionalismo, nel senso che è un invito a spalancarsi alla Verità, all’Amore, alla Bellezza. La stessa prospettiva inversa (che a partire dall’osservatore si spalanca all’infinito verso il mistero) impedisce una definizione, impedisce cioè il rinchiudersi nei confini di una misura, ma induce a un’apertura all’Infinito, al Mistero. E nello stesso tempo a scoprire la compagnia di questo mistero. Florenskij diceva che il peccato è l’aseità, il concepirsi a sé stanti, individualisticamente rinchiusi e concentrati entro le misure del proprio già saputo e dei propri pregiudizi. Invece la comunione con l’altro apre la mente, o – per richiamare un’espressione di Benedetto XVI – allarga la ragione. (Intervista di Maurizio Vitali) $5&,9(6&29,/( ', 5(172 ; >,'($ ',
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La nostra giornata a Seriate, durante i corsi di iconografia, è ritmata dalla campanella che chiama a raccolta i corsisti. Il primo suono è quello delle 8 del mattino per le lodi bizantine cantate e il «pensierino» di padre Romano. Questo pensierino ha sempre caratterizzato il nostro corso; da ormai quarant’anni il momento mattutino era atteso da tutti perché accompagnava la giornata e dava un senso al nostro lavoro. Mettersi di fronte a Cristo e dipingere il Suo volto è una bella responsabilità: ti devi affidare totalmente a Lui e lasciare che la tua mano sia guidata docilmente dalla Sua presenza per far sì che non emerga l’orgoglio della bravura personale ma la coscienza dell’operare per la «Bellezza della Tua Santa Chiesa» (così recita la preghiera dell’iconografo). E questo il Padre ce lo ricordava tutte le mattine citandoci i Padri della Chiesa d’Oriente e d’Occidente, parlandoci della missione, del significato di ecumenismo, dell’antinomia della realtà che è un continuo «oltre», della bellezza di stare con Gesù: «Non siete qui principalmente per imparare una tecnica, ma per incontrare Gesù, quel Volto che voi dipingete diventa possibilità di incontro per voi e per il mondo, è una testimonianza, una missione». (Elena Tagliabue, testimonianza)
10 A moscA nAsce lA BiBliotecA dello spirito
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Non abbiamo la preoccupazione di convertire gli ortodossi al cattolicesimo. Desideriamo che chi è cattolico lo sia sempre di più, e chi è ortodosso sia sempre più ortodosso: preghiamo insieme e il Signore ci unirà.
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Nel 1991, con la disgregazione dell’Unione Sovietica, diviene possibile avviare direttamente in territorio russo il lavoro culturale ed ecumenico sviluppato dall’Italia, cominciando a pubblicare volumi in lingua russa che aiutino la rinascita della Chiesa locale. Nel 1993, su impulso di padre Romano, nasce a Mosca il Centro «Biblioteca dello spirito». Per noi è stato naturale proseguire l’opera nel nuovo contesto prodotto dalla fine dell’Unione Sovietica in piena sintonia con il samizdat religioso, che in questo ha offerto una lezione indimenticabile: che Cristo viene prima di tutto. Prima dell’89 producevamo libri in russo dall’Italia, ora lo facciamo a Mosca, in stretta collaborazione con i russi naturalmente. In dieci anni sono usciti un centinaio di volumi. Ma la Biblioteca dello spirito non è solo una casa editrice: è un luogo di incontri e di scambi culturali, tutti promossi in comunione tra laici cattolici e ortodossi, è un luogo di familiarità e di concordia che crescono continuamente. (Intervista di Maurizio Vitali) (.&3* &2 ./* @ 34"4/ ."452",& 02/3&(5*2& ,;/0&2" .&, .5/6/ $/.4&34/ 02/%/44/ %",," '*.& %&,,; .*/.&
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Nel 1998 padre Scalfi celebra a Mosca i 50 anni di ordinazione sacerdotale presentando una breve storia della Chiesa cattolica, da lui scritta in russo, e intitolata Io sono con voi fino alla fine del mondo. Dedica il libro alla madre Elisa, e nell’Introduzione scrive: «Dal momento in cui Dio ha deciso di incarnarsi, la storia, come dice Pasternak, “ha preso fuoco”, e la presenza divina illumina gli avvenimenti umani e cosmici. La presenza del divino nell’umano, “senza confusione e senza separazione”, – ecco che cos’è per noi la storia della Chiesa. L’umano non cessa di essere umano con tutto il limite della natura creaturale, ma nessuna miseria umana ha il potere di annientare l’immagine divina. Il divino traspare attraverso qualsiasi limite umano». Nel 2004 la Biblioteca apre un vasto spazio adibito a libreria e centro culturale: convegni, presentazioni di libri, mostre, proiezioni di film, per approfondire il dialogo con la Chiesa ortodossa, favorendo la riscoperta delle comuni radici cristiane, e offrire una proposta educativa cristiana di ampio respiro (vi si tengono circa 300 eventi all’anno). Per problemi di salute e di famiglia padre Scalfi, che pure ha grandemente a cuore questo progetto, per il quale spende moltissime energie e tutti i suoi risparmi, non riesce ad essere presente all’inaugurazione. Ma è giusto così – dice – perché sia più chiaro Chi guida la storia e il corso degli eventi. E ringraziando tutti coloro che hanno aiutato, scrive: «Non abbiamo
particolari progetti. Quello che maggiormente ci interessa è educare in noi stessi uno spirito sempre più ecumenico e sempre più missionario, affidare tutto alla Provvidenza e alla protezione della Madre di Dio, essere attenti a tutti i segni che la Provvidenza fa accadere. Non ci domandiamo quando sorgerà l’alba radiosa dell’unità piena fra cattolici e ortodossi. I tempi sono di Dio. Ci basta sapere di camminare sulla strada che Dio ha tracciato per noi, che è la strada che conduce al fiorire della Chiesa e delle Chiese e insieme produce il maggior bene anche per la società». Tutte le volte che veniva a Mosca ci interrogava a lungo e nei particolari sull’andamento dei progetti, sui singoli libri e su quello che stavamo facendo per pubblicarli e diffonderli. E poi il suo entusiasmo per il progetto del centro culturale, per il quale ha dato veramente tutto... Ricordo la prima volta che è venuto a vedere questo edificio: stavamo appena cominciando la ristrutturazione, era tutto una rovina, ma lui era felice come un bambino, perché vedeva già che cosa sarebbe diventato, che cosa avrebbe rappresentato. In ogni cosa si vedeva in lui un ardore, una passione che – si intuiva facilmente – gli veniva dall’amore a Cristo, e che proprio per questo ci ha contagiati tutti. (Viktor Popkov, testimonianza, 12 febbraio 2017)
11 lA testimoniAnzA del mArtirio
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el 2000 esce un monumentale martirologio ecumenico composto da padre Scalfi basandosi sui materiali degli archivi sovietici recentemente aperti, e sul lavoro svolto da una serie di istituti tra cui Memorial e l’Università Ortodossa San Tichon. Nel testo, giorno per giorno sono elencati nomi, storie, foto – quel pochissimo che si è conservato di tanti cristiani ortodossi, cattolici e protestanti che hanno dato la vita per Cristo. I testimoni dell’Agnello. A quasi ottant’anni gli abbiamo visto scandagliare su internet archivi e database, e tradurre migliaia di pagine per restituire la memoria dei martiri del XX secolo. Un tributo alla loro grandezza, ma soprattutto un dono alla Chiesa odierna, perché attraverso la loro testimonianza possa ritrovare la radicalità della sua vocazione e la bellezza della sua missione.
I cristiani che soffrivano nel lager vivevano nella consapevolezza e nel gioioso stupore che la loro croce si fondeva con la Croce di Cristo. Era lo stesso Cristo che continuava in loro l’opera redentiva e in loro testimoniava la sua vittoria sul male. È questa consapevolezza della “consanguineità” con Cristo che permette ai martiri di affrontare il dolore con serenità… La forza del martirio non è prometeica. Più che se stesso il martire testimonia l’amore indicibile di Cristo sperimentato anche nella sofferenza. Il martire è consapevole della propria debolezza e attinge dall’alto la forza per essere misericordioso sia verso i carnefici che verso i cedimenti dei fratelli. (dall’Introduzione)
12 verso il «nAtAle» definitivo
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l tema del «grande incontro» a cui si sta preparando diventa sempre più ricorrente negli ultimi anni nelle omelie e nelle conversazioni di padre Romano. L’attesa dell’incontro e l’abbraccio della misericordia del Padre.
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C’è una sola strada per non invecchiare anzitempo: lasciarsi colpire dal riverbero di verità e di letizia nascosto nel cuore di ogni frammento di vita. La via alla santità come bellezza ha il pregio di liberare dalla falsa concezione che la santità sia soprattutto uno sforzo e non una continua scoperta nel quotidiano di una Presenza che fa bella la vita… Per tanto tempo ho creduto che la domanda fatta da Cristo a Pietro, che lo aveva tradito pochi giorni prima, fosse veramente la dimostrazione di un’infinita misericordia del Salvatore. E di questo non c’è dubbio, ma pensavo che la risposta di Pietro fosse dettata anche da una certa spudoratezza. Come fai a dirgli “ti voglio bene”, tu che l’hai appena tradito di fronte a una servetta? Ma poi ho capito: davanti a tanto splendore, a tanta umanità, a tanta verità, come si fa a pensare al proprio peccato prima che a Lui? (Intervento al Meeting di Rimini, 2003) 5&1",&-3& +" %*,.231"6*.-& %* 4-:*-'*-*3" ,*2&1*$.1 %*" %&+ "+5"3.1&
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Il sacrificio di dover rinunciare a spostamenti (la sua ultima uscita è a Bassano, per ricevere il Premio Cultura Cattolica, il 17 ottobre 2014), all’attività pubblica («sono diventato borghese», dice sovente, sorridendo ma quasi in tono di scusa), è compensato dall’intima consapevolezza di unirsi al sacrificio di Cristo. Sua lettura quotidiana diventa la Via crucis. Quasi inavvertitamente anche per chi gli sta intorno, un numero sempre maggiore di persone viene – da vicino e da lontano – per avere da lui un consiglio, un giudizio, una parola di conforto e di perdono. Ce ne renderemo conto solo nei giorni successivi alla sua morte, quando davanti alla salma composta nella cappella di Villa Ambiveri a Seriate sfila un’interminabile processione di persone che raccontano le storie più diverse e ripetono, come un ritornello, «il Padre mi ha salvato» – ha salvato mio figlio, il mio matrimonio, la mia vita… In padre Romano ho visto un’altra vecchiaia, cristiana, l’opposto di quanto avviene di solito: quanto più invecchiava e gli venivano meno le forze, la memoria, tanto più in lui affioravano, si moltiplicavano altre energie, spirituali, e attraverso di lui traspariva la luce di Cristo. Lo stesso padre Romano, mentre ne discorrevamo durante il nostro ultimo incontro, nell’autunno 2013, riconosceva che non si dispiaceva più di tanto degli acciacchi che lo limitavano, perché stavano diventando sempre più importanti per lui altre cose – la conversione, la confidenza con Cristo presente in Lui. E questo non può essere che il frutto, il coronamento di tutta una vita,
come si dice nella Bibbia dei patriarchi che morirono “sazi di anni”. Non è una sazietà che viene semplicemente dal numero di anni vissuti sulla terra, ma dal fatto che questi anni sono stati vissuti in Dio. In questo caso la vecchiaia può anche essere appesantita da acciacchi e malattie, com’è nella natura umana, destinata a nascere e a vivere nelle lacrime: ma in questa vecchiaia la vita interiore, l’uomo interiore sboccia come un fiore. (Igumeno Petr Meščerinov, testimonianza, 12 febbraio 2017) © Fondazione Russia Cristiana