R. SCALFI. La mia Russia

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ROMANO SCALFI

LA MIA RUSSIA Samizdat: una risposta al grido dell’uomo di oggi

«In verità sono assolutamente convinto che la tradizione orientale e l’esperienza del samizdat hanno tuttora molto da dire e da insegnare a chi intenda aiutare l’uomo ad uscire dalle sabbie mobili del relativismo e a ritrovare se stesso. Cioè a ritrovare la pienezza del fatto cristiano» Intervista, «La Nuova Europa», n. 5, 2013

LA CASA DI MATRIONA


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A cura di Giovanna Parravicini (Fondazione Russia Cristiana) Grafica di Angelo Bonaguro In copertina: S. Cˇudakov, «Quando gridano…», frammento samizdat © 2017 «La Casa di Matriona» via Tasca 36, 24068 Seriate (BG) • Tel.: 035294021 www.russiacristiana.org • e-shop: www.lanuovaeuropa.org/shop/libri


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Non vi è nulla che appaghi come la felicità di sapersi amati da Cristo e poterlo incontrare in ogni volto, in tutte le circostanze… Affido me stesso e tutti alla protezione della Madre di Dio alla cui intercessione e protezione devo la mia vocazione sacerdotale, e chiedo agli amici di Russia Cristiana di amare la Russia nonostante tutto. dal Testamento spirituale di padre Romano

«“L’imperatore si rivolse ai cristiani dicendo: ‘Strani uomini… ditemi voi stessi, o cristiani, abbandonati dalla maggioranza dei vostri fratelli e capi: che cosa avete di più caro nel cristianesimo?’. Allora si alzò in piedi lo starec Giovanni e rispose con dolcezza: ‘Grande sovrano! Quello che abbiamo di più caro nel cristianesimo è Cristo stesso. Lui stesso e tutto ciò che viene da Lui, giacché noi sappiamo che in Lui dimora corporalmente tutta la pienezza della Divinità’”. Quante volte padre Scalfi si sarà ripetuto queste parole di Solov’ëv… Questo brano mi sembra una sintesi della lunga vita di padre Scalfi: un amore a Cristo, presente qui e ora nella realtà della Chiesa». (lettera di auguri di don Julián Carrón, 12 ottobre 2013)

«…desidero partecipare al dolore della grande famiglia di Russia Cristiana per la morte di padre Scalfi, che ho potuto incontrare un’ultima volta pochi giorni fa; sono rimasto stupito dal suo totale affidarsi alla volontà del Signore, accettando la malattia come la circostanza in cui vivere la sua vocazione. Porterò sempre con me la letizia che ho visto sul suo volto, il suo amore al Movimento e la benedizione che mi ha dato per la responsabilità che devo portare. Non gli saremo mai grati abbastanza per la sua testimonianza di una fede che, nella compagnia di don Giussani, ha messo davanti a tutti una Chiesa a due polmoni, dall’Atlantico agli Urali, comunicando una passione per quell’unità che Cristo ha indicato come il segno supremo della sua presenza nel mondo. Adesso noi vediamo i frutti dei rapporti che padre Scalfi ha aperto quando nessuno si interessava della Russia, e che sono l’eredità che ci lascia in questo giorno di Natale che il Mistero ha scelto per accoglierlo nel Suo abbraccio pieno di misericordia. Domando alla Madonna di aiutarci a sentire come nostro il compito per cui lui ha dato la vita e del quale Papa Francesco è il grande protagonista». (lettera di don Julián Carrón, 26 dicembre 2016)


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PREFAZIONE padre Mauro Giuseppe Lepori OCist

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n monaco, chiamato Romano, incontrò un giorno di quindici secoli fa un giovane assetato di assoluto che fuggiva le mondanità di Roma alla ricerca di un luogo solitario in cui consacrarsi unicamente a Dio. Un giovane certamente idealista, appassionato e ingenuo, il cui fervore avrebbe potuto facilmente deviare su strade di zelo ascetico eccessivo e ultimamente sterile. Ma incontrò una guida, un maestro, un padre: appunto il monaco Romano. Senza questo monaco, di cui non si sa praticamente nulla, quel giovane ardente e ingenuo non sarebbe diventato san Benedetto, il padre dei monaci d’Occidente, e la cultura europea e universale non sarebbe quello che è, o dovrebbe essere. Stando al racconto di san Gregorio Magno1, incontrando Benedetto, Romano si preoccupò di conoscere di lui una sola cosa: quale fosse la tensione del suo desiderio. Saputolo, gli diede l’abito monastico e l’aiutò nei primi anni di vita solitaria. Volle conoscere una sola cosa, ma era l’essenziale. Il desiderio teso verso l’assoluto è la sostanza del cuore umano, una sostanza che è personale, che definisce una persona


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PRE FA ZIONE

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in modo unico ed irripetibile, ma che pure, e proprio per questo, fonda una comunione profonda fra tutti gli uomini. Il monaco Romano ha salvato la cultura cristiana europea aiutando quel giovane a evidenziare e circoscrivere la domanda essenziale su di sé, il motivo sostanziale per cui val la pena lasciare tutto per ritrovare tutto come filtrato e purificato dal desiderio di Dio e dalla preferenza di Cristo. Non è solo l’omonimia di padre Scalfi con il monaco Romano che mi fa pensare a questo episodio della vita di san Benedetto, bensì la sua capacità, o meglio il suo carisma di interrogare il cuore umano sul desiderio che lo muove, e di trasmettere la consapevolezza che la concentrazione su quel punto ha la forza di trasfigurare il mondo. I testi raccolti in questo volume, sia suoi che dei testimoni del samizdat – ma è lo stesso – trasmettono proprio questa consapevolezza certa e fiduciosa che la responsabilità di ogni uomo verso il desiderio del suo cuore può sempre rinascere, lasciarsi rigenerare da un incontro, per favorire un’umanità nuova, libera, recuperata alla vitalità delle sue radici e feconda di comunione ecumenica che rigenera il popolo. Padre Romano destava questo risveglio del cuore, evidenziando in chi lo incontrava, lo ascoltava o leggeva, il desiderio essenziale a cui consacrare la vita, ognuno nel posto e nella vocazione stabiliti per lui, per lei, dal Signore. Aiutava a definire il desiderio di assoluto come preferenza reale di Gesù Cristo, dove la densità vissuta della preferenza è la comunione con chi ci è prossimo, nella fraternità più profonda che è quella del martirio, del dare la propria vita per ciò che è più caro al cuore: la libertà, la verità, Dio, anche quando non se ne è ancora coscienti. Chi ci incontra così, ridestando una domanda profonda che da soli non riuscivamo a definire e ad evidenziare, ci rende eredi del suo desiderio di Dio e della preferenza di Cristo che lo alimenta e soddisfa. Ce li lascia attraverso tutto ciò in cui impegna il suo desiderio, attraverso tutto ciò in cui egli vive il desiderio con responsabilità. Perché è questo che ci raggiunge in persone come padre Scalfi: la responsabilità con cui ci si impegna col proprio desiderio, riconoscendolo universale. I testi pubblicati in questo libro sono un’eredità, l’eredità di padre Romano. Anche là dove i testi non sono suoi, è sempre lui che ci par


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