Editoriale_NE5

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N.5

(377)

Settembre-Ottobre 2014

russia cristiana notizie

editoriale

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Non costruiamo nuovi Muri

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Un premio al nostro fondatore

ricostruire il mosaico

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Giovanna Parravicini Le celebrazioni di san Sergio di Radonež

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OPINIONI A CONFRONTO

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III

Volti di santità: da Pietro ad Ambrogio Gregorio di Nissa La dinamica mai conclusa del desiderio di Dio

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Francesco Braschi

Delfina Boero L’altra Russia in marcia

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Boris Filonenko Char’kov tra il Majdan e la guerra

Aleksandr Šmeman Festa di tutti i santi russi

Timothy Snyder La società civile fa la storia

MOSTRA ICONOGRAFICA

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Marta Dell’Asta Una nuova soglia per la Russia

Antonij di Surož La strada di san Sergio

Sergej Cˇapnin Il profeta Giona e il cammino dei magi

Aleksandr Šmeman San Sergio e i suoi «duri tempi»

Marta Dell’Asta

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La santità: lasciarsi trasformare da Cristo

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Angelo Bonaguro Tutto è possibile se non c’è niente di vero

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Non costruiamo nuovi Muri a primavera scorsa uno storico russo, parlando del paragone tra l’annessione della Crimea e l’Anschluss con il quale nel 1938 la Germania nazista aveva incorporato l’Austria, aveva scritto sulle «Izvestija» che il parallelo non era affatto offensivo in quanto se Hitler si fosse fermato al 1939 oggi sarebbe ancora ricordato solo come uno dei più grandi uomini politici tedeschi. Credevamo allora che le proteste suscitate in quell’occasione da una così grossolana manifestazione di cinismo e di ignoranza avrebbero consigliato in futuro maggiore ponderazione; così non è stato se qualche giorno fa il presidente Putin, parlando del patto Molotov-Ribbentrop e della successiva invasione della Polonia da parte delle truppe naziste e dell’Armata Rossa, si è lasciato sfuggire che in fondo la Polonia era stata trattata con la stessa moneta con la quale aveva trattato la Cecoslovacchia annettendosene un pezzo quando questa era stata invasa dai tedeschi. Tralasciamo la disinvoltura della ricostruzione storica dell’episodio, anche perché lo stesso presidente ha subito invocato la necessità di «studi seri» che mostrino «i metodi di politica estera del tempo», ma non possiamo non rimanere interdetti dal cinismo con il quale viene liquidato uno dei momenti più neri della storia della seconda guerra mondiale e con il quale viene profanata la memoria delle decine di migliaia di polacchi che poi i reparti speciali dell’NKVD uccisero a

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Katyn’ e in altri punti di morte immediata. Ma in fondo non dobbiamo troppo lamentarci; l’Occidente non arriva agli stessi estremi di cinismo e di pressapochismo, ma non brilla certo di idealismo e di realismo quando, commentando la guerra ibrida in corso in alcune zone orientali dell’Ucraina, da una parte invoca la necessità geopolitica di arrivare a un equilibrio delle forze e delle influenze nella regione e dall’altra guarda a Putin come a un modello di difesa dei valori cristiani contro il relativismo e l’immoralismo contemporaneo. Ai tanti commentatori occidentali del primo gruppo vorremmo ricordare che la spartizione del mondo o delle influenze in Europa tra Stati Uniti e Russia non si trasforma in una soluzione giusta solo perché sarebbe una suddivisione equa; quando memorandum sottoscritti da entrambe le parti vengono ignorati e quando alle trattative si preferisce il fatto compiuto di un’annessione, più che di equilibrio delle forze si deve parlare di trionfo della forza e quello che va perso è proprio la prospettiva dell’equilibrio geopolitico. Per non parlare poi del rispetto dei paesi e delle popolazioni che sono fatte oggetto di queste operazioni di «pesatura». A chi si figura poi un Putin difensore dei valori cristiani vorremmo ricordare invece che proprio questa immagine confligge in maniera stridente con le misure liberticide che la Russia continua a varare in politica interna (si pensi innanzitutto alla

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persecuzione di Memorial, costantemente minacciato di chiusura) e non trova inoltre la benché minima corrispondenza in una politica sociale spietatamente punitiva di tutte le iniziative private di base. Conservare a forza degli astratti valori cristiani in Occidente in cambio della repressione di persone reali in Russia e Ucraina non ci pare molto cristiano. A trovare le ragioni di tanta leggerezza e di tanto cinismo non si va però troppo lontani; una situazione in cui sembra essersi perso ogni punto di riferimento e in cui sembra che si siano smarriti tutti i criteri di giudizio per distinguere il giusto e il vero dall’ingiusto e dal falso, i fatti dalle finzioni, può deprimerci o presentarci una nuova sfida: le frontiere che saltano sono un’occasione per capire, al di là dei giochi e della violenza dei potenti, le ragioni di un’umanità condivisa; i punti di riferimento che vengono a mancare sono un’occasione per recuperare una perduta responsabilità di fronte al vero, quella responsabilità che, mettendo in discussione noi prima degli altri, ci rende capaci di comprenderli e di parlargli. Ristabilire la verità così spudoratamente falsificata dalla propaganda è dunque senz’altro un primo passo, ma questo primo passo non basta e non serve se non c’è qualcuno con cui condividere questa verità. La Russia deve sapere, ma anche l’Europa deve tornare a capire, che gli europei

non le sono nemici, né nella forma caricaturale e falsa dell’Eurogay (come la propaganda russa ha preso a raffigurare l’Occidente) né nella forma più adeguata alla realtà della difesa dei diritti della persona: senza il rispetto di questi diritti la stessa Russia non andrà da nessuna parte, travolta, prima che dalle sanzioni economiche, da una depressione che sta togliendo alla gente ogni speranza di un futuro più libero. L’Europa, dal canto suo, deve tornare a ragionare nei termini di un’autentica comunione e solidarietà fra le nazioni e capire che per non essere nemici non basta non fare la guerra. In questa situazione la vicenda ucraina può essere una sfida positiva, una volta messe a tacere le armi, perché in questo mondo che ha perso punti di riferimento e valori oggettivi il Majdan non ci ha messo di fronte innanzitutto alla sete di Europa, alla ricerca di nuovi schieramenti o di nuovi equilibri, ma al bisogno di certezza del diritto e di libertà personale nelle sue forme più diverse (di cui certo l’Europa era a torto o a ragione un simbolo, non certo contro la Russia, ma piuttosto contro l’Unione Sovietica), e perché, ancora, ci sta mettendo di fronte all’esplosione di una solidarietà spontanea di base di cui tutti abbiamo bisogno. Se vogliamo cercare qualcosa di cristiano in tutta questa vicenda è proprio in questa esplosione che ha fatto eco alla presenza unita di tutte le Chiese sul Majdan.

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