editoriale
Lo stesso cuore in un mondo che cambia
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uello che avete in mano e state leggendo è l’ultimo numero de «La Nuova Europa» nel tradizionale formato cartaceo. Dal prossimo gennaio, come abbiamo già anticipato, la rivista assumerà la forma di un portale digitale: una forma completamente diversa per continuare lo stesso lavoro iniziato 55 anni fa, nel gennaio del 1960. Allora c’era ancora l’Unione Sovietica e spesso si scriveva la parola ortodossia con le virgolette: il totalitarismo sovietico sembrava destinato a durare indefinitamente e i fratelli d’Oriente erano guardati come eterodossi. Eppure chi aveva iniziato a pubblicare «Russia Cristiana. Ieri e oggi» non aveva avuto dubbi a incentrare il proprio lavoro sulla tradizione cristiana della Russia e a proporre una conoscenza «simpatetica» del «valore peculiare» del cristianesimo russo (così diceva il primo editoriale della rivista) come qualcosa di essenziale per la vita stessa della fede e dei credenti in Occidente. Poi sono successe molte cose: la tempesta ecumenica di Paolo VI e Atenagora ha fatto sì che le due Chiese, d’Oriente e d’Occidente, cominciassero a guardarsi come «sorelle»; Giovanni Paolo II ci ha ricordato che, per vivere, le due tradizioni cristiane dovevano respirare con due polmoni; e alla fine anche lo Stato ateo è crollato. La realtà insomma si era incaricata di dare una conferma inoppugnabile all’intuizione iniziale della rivista. I redattori si limitavano a prendere sul serio e a dar voce alla testimonianza che veniva dalla Russia: e cioè che la fede 4
cristiana non solo non si oppone alla ragione ma le dà una maggiore capacità di penetrazione nel reale e, ancora, che una vita animata da questa fede trova le ragioni per essere vissuta in qualsiasi condizione. Rispetto a 55 anni fa oggi siamo evidentemente in un altro mondo, ma la sfida che si impone alla rivista è la stessa: l’umano che è sepolto in ciascuno di noi attende ancora di essere guardato in maniera «simpatetica»; anzi, forse, più radicalmente, come ha detto il premio Nobel per la letteratura Svetlana Aleksievicˇ, il nostro lavoro è proprio quello di andare a cercare questa umanità, dolente e smarrita, per riscoprirla e custodirla in noi stessi. E il cristianesimo deve tornare a essere la fonte di questa apertura, in una prospettiva gioiosa, perché ogni incontro è la scoperta di un nuovo pezzo del reale, ma senza ingenuità, perché la «simpatia» non significa affatto ignorare o nascondere i limiti dell’umano e della realtà, ma riconoscerli per assumerli, per farsene carico nella speranza di poterli lenire e risanare, per raggiungere «la tranquillità dell’ordine», che è un altro nome della pace. E qui il lavoro è meno facile di un tempo, perché la tentazione di scambiare questa tranquillità per un dono grazioso dei potenti, o di imporre un cristianesimo che si fa loro servitore e rinuncia alla libertà e alla verità in nome della tranquillità, è forse più forte di 55 anni fa: in Russia come in Occidente. www.lanuovaeuropa.org
L A N U O V A E U R O P A 6
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