Editoriale ne 2 2014

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Marzo-Aprile 2014 editoriale

2 Stiamo perdendo tempo e forse non ne abbiamo più molto RUSSIA e UCRAINA dopo il Majdan 5 15 22 24 30 33 34 36 37 40 43 45 50

dossier

a cura di Marta Dell’Asta

RUSSIA Come perdere una generazione, o guadagnarla Svetlana Panicˇ Riflessioni quotidiane sui fatti di cronaca Vladimir Fëdorov «Se non io, allora chi?» La Russia risponde: marce, congressi e… facebook Natal'ja Georgievna, la Nonna-patria LE CHIESE A chi apparteniamo?

Onufrij di Cˇernovcy e Bukovina Dov’è il nostro amore a Dio e al prossimo? Il patriarca Kirill e il «Mondo Russo» M. O. I nuovi «ortolani» Svjatoslav Ševcˇuk Possiamo aggiungere vita ai nostri giorni UCRAINA Una battaglia «casa per casa» Interrompere la catena della violenza si può La festa della Vittoria

cristianesimo d’oriente

51 Sergej Brjun Siria, antico paese cristiano 56 Abram Unal Se i cristiani capissero il valore dell’unità (intervista di Maurizio Vitali) 59 Gregorio III (Laham) Non togliamo Cristo al mondo arabo 67 Rostislav Kolupaev Russia e Siria: Chiese e politica ufficiale RICOSTRUIRE IL MOSAICO

72 Cesare Alzati Si discute sul primato nelle Chiese 86 Recensioni 88 Segnalazioni

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Stiamo perdendo tempo e forse non ne abbiamo più molto e guardiamo a come il mondo sta reagendo alla crisi tra Russia e Ucraina, se guardiamo a come noi stiamo reagendo a questa crisi possiamo renderci conto di un fatto sconsolante: troppe analisi e troppa divisione nelle nostre analisi. In fondo troppo odio, cioè troppa arrendevolezza a chi si serve della crisi e dell’odio che ne costituisce l’essenza profonda per imporre il proprio potere. Troppi grandi fratelli che ci dicono di sapere cosa è avvenuto dietro cortine che solo loro possono attraversare, troppa gente che ci dice cosa solo loro possono capire e cosa noi dobbiamo pensare. Bisognerà capire cosa è successo per evitare che di nuovo con tanta facilità e tanta velocità l’altro ci appaia come il nemico dal quale non può venire nulla di buono, da guardare con sospetto e poi ostilità fino a schiacciarlo. Ma intanto che capiamo? Rifacciamo in noi stessi questo identico percorso? Cominciamo ad odiare quelli coi quali avevamo cominciato a vivere e chi magari avevamo cominciato ad amare? Bisognerà capire cosa e perché è successo, perché non tutto è successo casualmente, perché non è successo casualmente che gente che stava in pace fino a qualche mese fa improvvisamente non si guardi più in faccia o addirittura sia pronta a farsi la guerra. Ma intanto cosa facciamo, lasciamo che questa

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ostilità cresca? Cioè lasciamo che cancelli la memoria che ancor ci dice che quelli erano nostri amici? Lasciamo che schiacci il cuore che ci dice perché e in nome di cosa erano nostri amici? Lasciamo che schiacci la ragione che ci fa guardare con dolore e con ansia questa situazione? Bisognerà capire perché è scoppiata una propaganda che come ai tempi del più puro stalinismo fa credere reale e addirittura rende reale quello che non esiste, stabilendo per legge quello che si può dire e pensare, vietando per legge anche solo di porre delle domande politicamente scorrette. Ma intanto cosa facciamo, ci adeguiamo a questa illibertà, ci comportiamo come se questa irrealtà fosse l’unica cosa che determina le nostre azioni? Non usciamo più di casa, non usiamo più le metropolitana, come è successo il 9 maggio a Kiev e Mosca per la paura di una qualche provocazione? O usciamo di casa solo per manifestare il nostro odio e per spaventare il nemico e non per celebrare la vittoria sul male? Non è possibile perché altrimenti la gente continua a odiarsi e a morire, come sta succedendo. Non è possibile perché altrimenti la paura ci rende impossibile muoverci: non la grande paura che desta almeno la reazione dell’animale ferito, ma le piccole paure di ogni giorno, la paura che non ti fa più neppure uscir di casa e non ti fa più neppure gustare le cose di ogni giorno.

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Non è possibile soprattutto perché non accade così. Con tutte le paure, con tutte le inimicizie, con tutte le incertezze, con tutte le domande su quello che è accaduto e continua ad accadere, si può vivere superando l’odio, si può uscire per strada persino là dove c’è la battaglia, si può agire in nome della ragione e del bene persino con chi lo aveva negato. Le testimonianze che pubblichiamo non cercano dietro le quinte e negli archivi dove pure dovremo cercare: sono semplicemente quello che sono, pure testimonianze di una vita diversa, possibile e con una ragione diversa da quella dell’odio e della divisione. Questa ragione si impone con la pura forza del fatto: l’uomo è più di quello che appare, non è solo quello che è capace di fare, non è il male che sta facendo, ha dentro qualcosa che, dentro a tutto questo, lo spinge oltre a tutto questo. È una verità così grande e così semplice; come ci suggerisce Svetlana Panicˇ, attorno a noi non ci sono soltanto mascalzoni e io non sono una grandezza insignificante, un essere inutile, ma il figlio di un re. Io sono questo figlio di un re, e se non lo sono io, adesso, chi mai lo sarà e quando, dice un altro dei testimoni che presentiamo, riprendendo una frase che avevamo imparato ai tempi del dissenso. Una frase che ridà respiro adesso e a me, senza bisogno di

aspettare chissà quali rivelazioni e chissà quali alleanze internazionali. La speranza non è un buon sentimento o un pio desiderio, che può esserci o non esserci, venire o non venire, ma un modo d’essere che si radica in qualcosa che il potere cerca in ogni modo di sradicare dalla nostra coscienza e dalla nostra ragione e che invece è presente nel cuore di ogni uomo e continua ad attraversare le vicende della nostra vita. Non andiamo a cercarla in particolari disposizioni di spirito, non verrà mai; vediamola dove essa c’è: nell’uomo umiliato e torturato che perdona i suoi aguzzini. Perdono, è questo il nome che rende possibile la speranza, che dà la dimensione del nostro essere: eravamo nulla e ci è stata donata la vita, eravamo nulla e il nostro nulla è stato perdonato e ci è stato dato tutto. E allora possiamo tornare a guardare le cose con questa dimensione di infinito, andando al cuore delle cose e della loro verità, ben più a fondo di quello che ci promettono i potenti e i loro portavoce. E soprattutto vivendo adesso.

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