N.3
(375)
Maggio-Giugno 2014
editoriale
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il mondo dell’arte
La dignità e la pace
53
Mio padre Andrej, brigante dello spirito
ricostruire il mosaico
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Egor Sinjavskij
(Intervista di Maurizio Vitali)
Ol’ga Sedakova Due papi santi
OPINIONI A CONFRONTO
7
Marta Dell’Asta Mondo russo e rifiuto dell'Europa
14
Archim. Savva (Mažuko) La festa della Trinità e il lavoro della riconciliazione
66
Stalinismo «ortodosso» (Intervista di Aleksandr Filippov)
75
Marta Dell’Asta Che fare di tanti tesori?
83
Maurizio Vitali I beni culturali di interesse religioso: l’esperienza italiana
passato prossimo
22
Aleksandr Saltykov
Angelo Bonaguro La mia patria è la Crimea
33
Angelo Bonaguro
90
Segnalazioni
Le avventure di Marzi nella Polonia di Solidarnos´c´ in memoria
42
Delfina Boero Un iconografo tra le tempeste della storia
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La dignità e la pace n una serie di interventi recentemente pubblicati da AsiaNews (19 e 23 giugno scorsi), l’arcivescovo maggiore di Kiev, Svjatoslav Ševcˇuk, è tornato sulla questione del Majdan; lo ha fatto, tra l’altro, per difendere la Chiesa grecocattolica ucraina dalle accuse di essersi indebitamente ingerita nelle vicende politiche del suo paese: si tratta di accuse che riprendono uno stucchevole motivo di polemica con il quale Mosca cerca di deviare l’attenzione o di proteggersi dal rischio, ben più reale, di vedersi alienare le simpatie dei fedeli ortodossi ucraini che, ovviamente, non possono accettare le ingerenze russe, anch’esse ben reali, nella vita interna dell’Ucraina. Ma, a parte questa comprensibile difesa della propria Chiesa da attacchi non nuovi, e a parte la sottolineatura del fatto che, di fronte alle vicende politiche degli ultimi mesi, tutte le Chiese cristiane in Ucraina (cattolici, ortodossi e protestanti delle varie denominazioni), senza dimenticare ebrei e musulmani, hanno sempre tenuto lo stesso atteggiamento di difesa della pace e della dignità dell’uomo, quello che colpisce in questi interventi è proprio l’insistenza sul tema della dignità e sulla necessità di farsi operatori di pace, a un livello più profondo non solo di qualsiasi riduzione politica, ma anche della normale politica. La dignità di cui si parla (monsignor Ševcˇuk usa l’espressione «rivoluzione della dignità umana»), e la dignità di cui parlano le testimonianze e le riflessioni
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che continuano a giungere dall’Ucraina e, fortunatamente, anche dalla Russia, non è infatti riconducibile alla sola attività politica, come fosse una conquista strappata una volta per tutte: è innanzitutto il riconoscimento di un fatto sorprendente, la manifestazione inattesa di un dono o di un tesoro che si è ricevuto, che ci si è ritrovati in mano e si riteneva invece impensabile, in un mondo dove l’educazione sovietica che umilia radicalmente l’umano non era ancora stata compiutamente superata. Non è un caso, in questo senso, che monsignor Ševcˇuk inviti i fedeli a un periodo di digiuno e di preghiera per proteggere e incrementare questo dono. Se per un verso l’invito al digiuno e alla preghiera chiarisce molto precisamente l’origine non politica di questa dignità e il livello umano e personale al quale i cristiani sono chiamati a vivere questi avvenimenti, per un altro verso questo invito e questa valenza personale vanno ben capiti: il superamento dei giochi della politica attraverso il digiuno e la preghiera, la rinuncia a partecipare o a preoccuparsi quasi esclusivamente delle trame nascoste dei potenti non significano una fuga dall’impegno e dalla concretezza delle vicende di tutti i giorni (politica compresa). È una certezza, questa, che non viene in prima istanza da un’analisi concettuale, ma dalla semplice esperienza: in questo numero commemoriamo la figura di uno dei più apprezzati iconografi
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contemporanei, padre Igor’ Sendler. Intere generazioni, in tutta Europa, hanno imparato da lui le prime nozioni necessarie per dipingere un’icona e per cercare di comprenderne il significato; i suoi libri sono stati per molti versi il primo passo di una scoperta che poi sarebbe stata sempre più approfondita a livello scientifico e artistico, ma tutto questo non è avvenuto per un piano originariamente artistico e scientifico: il punto di partenza era stato un desiderio di bellezza e di servizio alla bellezza; da questo livello personale, di testimonianza personale e di servizio al bene comune, era poi nato un lavoro di inestimabile profondità e di incredibile fecondità. Come viene sottolineato nell’articolo che lo ricorda, a tanto era arrivato partendo dalla coscienza che non ha senso «partecipare al gioco dei potenti di questo mondo, sapendo che ogni cosa obbedisce al vero Padrone della storia». Siamo in un altro mondo rispetto alla politica, ma il principio che può farla vivere è lo stesso. Dilaniati da una concezione ancora dualista dell’uomo, incapaci di superare la divisione tra divino e umano, facciamo fatica ad accettare questa prospettiva che, tuttavia, non è quella di una pietà sentimentale, ma quella dei fatti: la storia degli ultimi pontificati, ripercorsa attraverso le recenti canonizzazioni, ci testimonia che la ragione e la bellezza umane, deturpate dagli uomini, hanno ritrovato una sorprendente e poderosa
difesa nella fedeltà a Cristo. Certo, anche in questo caso, la vittoria della verità non è mai un’acquisizione compiuta una volta per tutte, ogni giorno deve essere rinnovata. La dignità che molti hanno riscoperto sul Majdan potrebbe di nuovo essere cancellata, prima ancora che dagli attacchi esterni, dall’assopimento degli uomini che l’avevano riscoperta. L’invito alla preghiera e al digiuno di monsignor Ševcˇuk è l’invito alla necessaria conversione, che genera la possibilità di riscoprire e di rendere efficace la dignità e ogni altro dono, primo fra tutti quello della pace. È difficile parlare di pace in questi giorni, mentre la guerra continua e non sembra farsi strada alcuna prospettiva diversa, eppure, anche qui ci viene incontro una prospettiva non politica, che può riaprire uno spazio proprio alla politica; concludendo la 87a assemblea della ROACO, la Riunione delle opere per l’aiuto delle Chiese orientali, papa Francesco ha detto: «La vera pace, quella che il mondo non può dare, ce la dona Gesù Cristo. Perciò, nonostante le gravi ferite che purtroppo subisce anche oggi, essa può sempre risorgere». Basterebbe prendere sul serio le ragioni di questa speranza, riconoscere questa potenza che ci precede e davanti alla quale siamo responsabili, per ritrovare il respiro di un nuovo inizio.
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