N.2
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Marzo-aprile 2015 presentazione
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A scuola con Tolstoj
Tolstoj è ancora tra noi
ATTI DEL CONVEGNO: TOLSTOJ E IL SUO TEMPO. ATTUALITÀ DI UN DIBATTITO: DI CHE COSA VIVONO GLI UOMINI?
85 Giorgio Frangi Per una luce che illumina le cose: la ricerca dell’uomo
89 Sofia Walters La dolce fine dell’inquietudine
7 Adriano Dell’Asta Emblematicità della domanda umana e religiosa di Tolstoj
97 Riccardo Sturaro «Tutto il quadro si animò dell’inesprimibile complessità di quanto è vivo»
11 Natal’ja Likvinceva Padre Aleksandr Šmeman come lettore di Lev Tolstoj
105 Francesca Verga Oltre l’umano
25 Ol’ga Sedakova Discorso su Lev Tolstoj
30 Georgij Orechanov Tolstoj come tipo religioso
45 Svetlana Mart’janova Aleksandr Solženicyn: ritorno a Tolstoj nel contesto dell’ideocrazia
53 Georgij Mitrofanov Chi è in realtà l’Anticristo?
59 Evgenij Polišcˇuk Michail Novosëlov: superamento del tolstoismo e inveramento delle sue esigenze
73 Svetlana Panicˇ Rilettura di Tolstoj dall’interno dell’esperienza ecclesiale: la visione di padre Aleksandr Šmeman
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Tolstoj è ancora tra noi
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opo mesi in cui abbiamo letto, ascoltato e visto molto sulla parabola umana e spirituale di Lev Tolstoj, ci è più chiara la coesistenza in lui di anime diverse ma sempre possenti: quella razionalista, che consistette nell’opporre al cristianesimo storico un proprio progetto ideale, un cristianesimo quasi senza Cristo, che rifiutava il Mistero e si riduceva orgogliosamente a dottrina morale in cui protagonista assoluto è l’uomo. Tolstoj come simbolo dell’uomo contemporaneo dibattuto tra il fascino del vero e la tentazione di ridurre la propria ricerca, di cristallizzarla in un’ennesima utopia. C’è poi anche l’anima del grande artista, sensibile a ogni sfumatura della realtà e assetato di bellezza, che per questa sua sete è riuscito quasi sempre a superare in se stesso il moralista e il razionalista, senza mai poter fare veramente a meno di Cristo. L’indiscusso maître à penser che fu un punto di riferimento per milioni di persone sensibili, in Russia e all’estero – ed è questo il punto focale del Convegno di Russia Cristiana di cui qui presentiamo
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gli Atti – era anche un uomo sempre in ricerca, ipersensibile a ogni nota falsa, a ogni formalismo, a ogni riduzione, persino a quelle che creava lui stesso. La libertà di spirito con cui denunciava ogni acquiescenza della Chiesa a posizioni formali, di potere, ogni tradimento dell’autentico cristianesimo, è ciò che ce lo rende affascinante anche oggi, rappresenta il tratto più umano e «moderno» della sua figura, ciò che ce lo rende particolarmente vicino. Ma questo stesso spirito di libertà, che lo rendeva costantemente «periferico», gli guadagnò l’incomprensione e l’ostracismo da parte dell’establishment ecclesiastico del suo tempo. Al punto che un’importante personalità ortodossa dell’epoca arrivò a dire con incosciente soddisfazione che scomunicando Tolstoj «la Chiesa ha compiuto un gesto di immensa portata morale: la Russia devota si è distanziata dalla Russia pensante». E qui si apre un panorama doloroso che ha riverberi inquietanti anche sull’oggi. Fra Tolstoj e la Chiesa del suo tempo non vi fu dialogo, o meglio, vi fu un dialogo tra sordi, tra due diverse
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«ragioni» che non si ascoltavano e non si stimavano. E la tragedia di una risposta mancata all’uomo Tolstoj si trasformò nella tragedia dell’intera società. La tragedia di Tolstoj è stata l’anticipo della tragedia di un intero popolo, ma prima ancora di un’intera Chiesa. Oggi torniamo a vedere in Russia il connubio tra una morale intransigente, che guarda con sospetto e rifiuto il mondo laico, e un mal inteso servizio alla verità che ritiene di dover difendere la fede con l’uso della forza. Dopo il casus belli delle Pussy riot, dopo la condanna di tante opere d’arte più o meno riuscite, ma comunque «parlanti» e capaci di non lasciarci rinchiudere in sterili certezze, come il film Leviathan, o il Tannhäuser di Novosibirsk, dopo tanti altri episodi grandi e piccoli, oggi vediamo ancora celebrare il divorzio tra la cultura russa e la Chiesa ortodossa. Lo «spirito di cordialità» verso il mondo che padre Men’ predicava come il miglior viatico per il cristiano nell’annuncio della fede, lascia sempre più il posto a un’arcigna presa di distanza. Tolstoj è ancora tra noi, con la sua inesausta ricerca ma anche con la sua
esigente provocazione. L’intuizione di Solov’ëv che non solo Tolstoj potrebbe essere l’Anticristo, ma io stesso posso diventarlo quando per un istante smetto di guardare Cristo e di seguirlo, ritorna a sfidarci tutti quanti, i cristiani russi come noi qui in Occidente, poiché ci rendiamo conto di essere tutti facile preda dei meccanismi ideologici, anche in campo cristiano, quando sostituiamo all'inesausta ricerca del cuore le apparenti sicurezze di un discorso chiuso. Se all’epoca di Tolstoj questa fondamentale sfida non venne compresa e fu respinta dagli ambienti ecclesiastici, oggi esiste per superare l’empasse un nuovo potente stimolo che allora non c’era, l’unità di sentire e di pensiero che si è instaurata ormai come un fatto reale tra i cristiani delle diverse confessioni, per cui ciò che si dice e avviene da una parte sollecita, richiama e arricchisce tutta la Chiesa cristiana. Il richiamo così potente degli ultimi pontefici alla ragione, non come nemica della fede e della Chiesa, ma come un patrimonio ineliminabile della natura umana che la fede è chiamata non a negare ma a portare a
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compimento, è uno di questi fatti che possono aiutare l'uomo contemporaneo ad accogliere le sfide che gli vengono dall'ambiente circostante, in Occidente come in Oriente. E la schiera innumerevole dei martiri e dei confessori del XXI secolo, il martirio comune, che distruggendo i cristiani distrugge
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l'umanità, ci mostra cosa può essere in gioco quando la ragione viene abbandonata e la fede viene strumentalizzata. Davvero la sfida di Tolstoj può essere una ricchezza a un secolo dalla sua morte.
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ADRIANO DELL’ASTA
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