Occhio all'Arte (dicembre 2012)

A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VI N° 59 dicembre 2012

Mensile d’informazione d’arte

ndedicato a:

Guttuso, Cronaca di un artista che fu soprattutto un uomo in mostra: Passaggio, n arte al mercato

ncuriosART: I tre Re Magi

Guttuso “La Vucciria”, 1974

in mostra: Afro Basaldella n in un’ex-aranciera

Parole d’artista •

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Vi spiego come mi prende la voglia di fare una fotografia. Spesso è la continuazione di un sogno. Mi sveglio un mattino con una straordinaria voglia di vedere, di vivere. Allora devo andare. Ma non troppo lontano, perché se si lascia passare del tempo l’entusiasmo, il bisogno, la voglia di fare svaniscono. Non credo che si possa vedere intensamente più di due ore al giorno.” ~ Robert Doisneau Mi piaceva uscire la sera e avere un bell’uomo al mio fianco che mi diceva quanto ero bella o quanto grande era la mia arte. ~ Tamara De Lempicka Federico Fellini, Andy Wahrol e Gesù. Ognuno a modo suo ha cambiato la mia vita. ~ David LaChapelle E ringraziate che ci sono io, che sono una moltitudine. ~ Andrea Pazienza L’arte è una tregua spirituale e immateriale dalle difficoltà della vita. ~ Fernando Botero Per me non vi è nulla di astratto: per altro ritengo che non si via nulla di più surreale, e di più astratto del reale. ~ Giorgio Morandi Ho letto che gli antichi una volta prodotto un suono erano soliti modularlo, alzando e abbassando il tono senza allontanarsi dalle regole dell’armonia. Così deve fare l’artista che lavora ad un nudo. ~ Antonio Canova

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Sono in distribuzione la 1a e 2a lezione del DVD sulla pittura ad olio

• • • Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Eleonora Spataro, Giuseppe Grasso Mensile culturale edito dalla Collaboratori Associazione Arte Mediterranea Luigia Piacentini, Stefania Servillo, via Dei Peri, 45 Aprilia Patrizia Vaccaro, Valeria Nicoletta, Tel.347/1748542 Luca Deias, Laura Siconolfi, Maurizio occhioallarte@artemediterranea.org Montuschi, Greta Marchese, www.artemediterranea.org Valerio Lucantonio, Martina Tedeschi, Aut. del Tribunale di Latina Roberta Angeloni, Nicola Fasciano, N.1056/06, del 13/02/2007 Pina Farina Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini Amministratore Antonio De Waure Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

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Responsabile Marketing Cristina Simoncini Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale Stampa Associazione Arte Mediterranea via Dei Peri, 45 Aprilia

Tutti i diritti riservati.

E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore

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Sommario

Parole d’artista La terza edizione di Passaggio ad Aprilia Cipro, l’isola di Afrodite “Impacchettando” con Christo e Jeanne-Claude Afro Basaldella in un’ex-aranciera Richard Meier On the road, dal libro al film Guttuso Cambio di prospettiva CIOU Solo Show 37° Esposizione internazionale “100 Presepi” Rachel Feinstein a Roma Bone I tre Re Magi “La chiave dell’ascensore” di Agota Kristof Il Museo Archeologico di Sezze sul filo di china Grazia Toderi

La terza edizione di Passaggio ad Aprilia

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in mostra

Tornano gli appuntamenti con l’arte al Mercato coperto di Stefania Servillo

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n un’epoca in cui sembra non esserci più posto per la cultura, vi sono ancora iniziative che lasciano ben sperare, soprattutto per l’interesse che risvegliano nelle città in cui sono promosse. Passaggio, esposizione che è giunta ormai alla terza edizione nella città di Aprilia, e che celebra l’unione del passato, rappresentato dal luogo storico del Mercato delle Erbe e futuro, ciò che per le associazioni Arte Mediterranea e Focus Foto rappresentano gli artisti che vengono proposti ai visitatori, continua il viaggio alla scoperta dell’arte che, silenziosa, si nutre di vita, e continua a fiorire nascosta agli sguardi di tutti.

A partire da dicembre, tornano gli incontri con l’arte, questa volta saranno presenti: i potenti colori di Carmelo Randazzo, i penetranti dipinti in bianco e nero di Paolo Boccardi, le illustrazioni delicate di Alessandra Fusi e le fotografie di luoghi lontani di Francesco Nencini.

Gli artisti scelti utilizzano tecniche, stili e soggetti molto diversi gli uni dagli altri, sono un microcosmo ricco di potenziale che abbiamo deciso di presentare alla cittadinanza. Passaggio è una mostra particolare, non desidera istruire, non vi sono cattedre e professori; solo per pochi mesi, al Mercato Coperto si respira aria nuova, si respira arte pura, non imbrigliata, non istituzionalizzata, si respirano sensazioni palpabili e reali, destinate a coloro che presteranno orecchio al richiamo dei colori, della pellicola e degli inchiostri.

A cavallo tra il 2012 ed il 2013, questa nuova occasione si prospetta come un vero e proprio regalo per tutti coloro che aspettavano si svolgesse di nuovo l’iniziativa ma, soprattutto, per chiunque non abbia ancora sperimentato questa esperienza.

Cipro, l’isola di Afrodite

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archeologia

In mostra al Quirinale sette mila anni di arte di Luigia Piacentini

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Afrodite o Venere, in qualunque maniera si voglia chiamare è sempre lei, la Dea dell’amore e della bellezza. Non a caso è sempre stata tra le muse ispiratrici di poeti, pittori e scultori sin dall’antichità. Lei, nata dal sangue di Urano, sorse dal mare di Cipro su di una conchiglia spinta dal vento Zefiro. Cipro dal 2004 è entrata a far parte dell’Unione Europea e quest’anno festeggia il suo semestre di presidenza dell’Unione. In Europa molti saranno gli appuntamenti per festeggiare questa splendida isola: il Louvre di Parigi apre il 28 ottobre la mostra “Cipro nel Medioevo: fra Bisanzio, Oriente e Occidente”, con 120 oggetti provenienti dai principali musei ciprioti; a Bruxelles, due mostre al Palais des Beaux Arts accenderanno invece i riflettori sulla storia di Cipro e sulla sua arte contemporanea; il museo nazionale di Copenaghen dal 29 ottobre inaugura la mostra “Cipro, 210 mila anni di storia”. A Roma infine il Palazzo del Quirinale il 19 ottobre ha inaugurato una mostra in onore dell’isola di Afrodite che proseguirà fino al 5 gennaio 2013. Le Sale delle Bandiere ospitano 56 opere d’arte che percorrono una lunga storia dal Neolitico fino all’età romana. Durante l’età del Bronzo l’isola faceva parte dell’impero ittita ma due incursioni da parte dei greci la fecero cadere sotto il loro dominio fino a quando anche la Grecia fu conquistata dai Romani. Cipro, essendo situata nel Mediterraneo orientale al di sotto della Turchia, è sempre stata un punto strategico e di passaggio tra occidente e oriente. . Alla fine del II millennio a.C. la stessa isola accolse le popolazioni achee scampate alla caduta dei palazzi micenei ed è in questo momento che nacque la lontana provincia greca, la stessa che secoli più avanti porterà la Grecia alla conquista dell’oriente.

I visitatori possono accedere alla mostra con ingresso gratuito e senza bisogno di prenotazione, dalla Piazza del Quirinale, nei giorni feriali da martedì a sabato dalle ore 10.00 alle ore 13.00, e dalle ore 15.30 alle ore 18.30, mentre l’orario domenicale resta fissato dalle ore 8.30 alle ore 12.00.

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in mostra

“Impacchettando” con Christo e Jeanne-Claude

Una mostra del mecenate Gruppo Wurt in provincia di Roma di Stefania Servillo

Wrapped Trees, Fondation Beyeler and Berower Park, Riehen, Switzerland, 1997-98 - Photo: Wolfgang Volz

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e coppie immortali, quelle che entrano nell’immaginario comune per qualche motivo, non esistono solo in ambito cinematografico, ma anche in quello artistico.

Nomi che fluttuano leggeri nella mente, a volte non sappiamo nemmeno associarli ad un volto; è il caso di Christo e JeanneClaude, insieme nel creare fantastiche opere, ma anche nella vita privata. Era il 1958 quando, a Parigi, dall’incontro di due individui, nacque un ensemble memorabile e, un nuovo modo d’intendere l’arte: il “wrapping” (l’impacchettamento).

I due sono famosi per aver avvolto gli oggetti più disparati in tessuti di vario genere, ma sono sopratutto noti al grande pubblico per le opere di land art: degli impacchettamenti su larga scala!

Di esempi d’interventi memorabili ve ne sono molti: hanno imballato il Pont Neuf a Parigi nel 1985 e, opera molto più recente (2004-2005, ma aperto al pubblico solo dal 12 al 27 febbraio 2005), un percorso di 37 chilometri composto di materiale arancione attraverso il Central Park di New York, solo per citarne due. In quanto italiani non dobbiamo sentirci esclusi, la coppia decise d’intervenire anche da noi, più precisamente a Spoleto con la loro Wrapped Fountain del 1968; poi con corda e tessuto utilizzate sulle mura romane tra via Veneto e Villa Borghese per 40 giorni a Roma nel 1973; infine l’azione sul monumento a Vittorio Emanuele a Milano destinato ad essere impacchettato per 2 giorni nel 1970.

Il loro agire può sembrare eccessivo e teatrale, eppure, a ben pensarci, dopo poco tempo, i tessuti vengono lasciati

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cadere, gli oggetti riappaiono, della loro operazione restano solo foto e progetti: cosa ci resta allora di veramente legato all’opera temporanea che ci propongono?

Potrà sembrare strano ma, per coloro che hanno la fortuna di trovarsi al posto giusto ed al momento giusto per osservare la loro arte, rappresenterà la più grande fonte d’informazione ed il miglior collegamento diretto; solo quando l’ultimo spettatore non ci sarà più non avremo davvero più tracce. Da un punto di vista percettivo, ci rimettono in contatto con ciò che ci circonda: avendo sempre tutto sotto agli occhi, si tende a sottovalutarne l’importanza, o a interiorizzare a tal punto da far parte del nostro essere. L’impacchettamento salta agli occhi, e, quando termina, l’oggetto, il monumento o il luogo, viene visto con uno sguardo nuovo e apprezzato come la prima volta.

Ripercorrere la loro storia, non solo attraverso i “resti” della land art, ma anche con disegni ed opere di grandezza certamente inferiore, è attualmente possibile grazie al Gruppo Wurt (in realtà industria leader nei sistemi di montaggio e fissaggio) che ha fatto della cultura e soprattutto dell’arte una seconda vocazione. Nella sede italiana, fino al 2 febbraio 2013, è in mostra un’ampia collezione nella provincia di Roma, a Capena (viale della Buona Fortuna 2) all’Art Forum Wurt. Il percorso espositivo è ampio e ben congegnato, dagli inizi Nouveau Réalisme, agli ormai celebri barili di petrolio di Parigi fino ai progetti non realizzati.

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in mostra

Afro Basaldella in un’ex-aranciera Tra delusione e stupore di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

“Villa Fleurent”, 1958

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rotetto da uno dei parchi più suggestivi e famosi, Villa Borghese, c’era una volta … un “Casino dei giochi d’acqua” molto frequentato dall’aristocrazia romana per la presenza di fontane e ninfei inneggianti a Bacco e a Venere, circondato da una vegetazione dai colori solari e dai profumi intensi … che ora non c’è più. Dopo un passato tanto glorioso, il Casino ridotto in ruderi e ricostruito molto liberamente, è stato per un lungo periodo adibito ad aranciera. Passato dai Borghese al Comune di Roma, dopo un utilizzo svilente ed amorfo, solo in tempi relativamente recenti è stato trasformato in un museo di arte moderna, per volontà di un imprenditore – collezionista italo – americano, Carlo Bilotti, che l’ha fatto assurgere a nuovi e più significativi fasti, donando anche pregevoli tele e sculture di artisti del ‘900 quali De Chirico, Manzù, ecc., che occupano parte del secondo piano; i rimanenti spazi accolgono, periodicamente mostre temporanee, stabilmente l’unico ninfeo sottratto all’incuria degli uomini.

Fino al 6 gennaio 2013, quello che è conosciuto appunto come Museo Bilotti ospiterà 37 opere (tra quadri e studi) dell’artista Afro Basaldella, realizzate nell’arco di tempo che va dal 1951 al 1975, per celebrare il centenario della nascita dell’illustre artista. Una retrospettiva sul “signore del colore” è sempre un evento imperdibile, un’immersione in un mondo di pure forme, di segni misteriosi ma evocativi, di armonie cromatiche molto soggettive; questa, però, organizzata dal Comune di Roma con finalità che vanno oltre la pura godibilità delle opere, avrebbe dovuto permettere un’immersione più consapevole da parte del visitatore già sensibile alle vibrazioni dell’arte astratta, ma soprattutto far ricredere il denigratore ironico.

L’allestimento, quindi, avrebbe dovuto chiarire le fasi ideative e progettuali attraverso le quali si arriva alla realizzazione di un quadro astratto che non è un accostamento casuale di macchie e segni neri, ma il prodotto di un atto creativo complesso. Tale intrigante finalità è stata pubblicizzata attraverso vari canali d’informazione ed anche in loco, su uno dei due unici tabelloni esplicativi presenti all’inizio della mostra (l’altro riporta notizie biografiche trite e ritrite).

Con l’illusoria speranza di un arricchimento emozionale più consapevole, ha inizio il percorso caratterizzato da una serie di tele uniche nel loro genere che non presentano caratteri di continuità o sviluppo con le tele successive, a volte c’è il quadro cui fanno riferimento gli studi, a volte no; per quanto riguarda il “Giardino della speranza”, sono presenti ben 5 “studi” uno più affascinante ed unico dell’altro, ma dell’opera finita di 3 metri per 7, solo una foto di 30 cm per 70. Il disorientamento è totale perché tra uno studio ed un quadro non c’è nessuna annotazione scritta che aiuti a capire i vari passaggi.

Ovviamente, al di là da ogni intento didattico totalmente disatteso, le tele dell’artista udinese presenti nel museo hanno un fascino indiscutibile e permettono di osservare il suo universo pittorico “libero” da qualsiasi riferimento al reale, al contingente o al concettuale; di “ascoltare” l’armonia prodotta dagli accostamenti di segni e colori caldi, vibranti e raffinati o da impalpabili cromie nere e grigie.

Fu sicuramente il suo soggiorno nella città di New York negli anni ’50 e, quindi, il suo incontro con l’astrattismo americano a fare di lui il più importante pittore astratto italiano; mentre le sue esperienze pittoriche antecedenti risentirono d’influenze italiane o al massimo europee: Scuola Romana, Futurismo, Cubismo. Alcune delle tele presenti nell’ex-aranciera, come “Negro della Louisiana”, ne sono un significativo esempio.

“Sigillo rosso”, 1953

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n Il museo dell’Ara Pacis

architettura

Richard Meier

di Marilena Parrino

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l progetto museale dell’Ara Pacis è stato redatto da Richard Meier & Partners Architects, studio statunitense. La cantierizzazione del progetto è stata assegnata all’italiana Maire Engineering.

L’edificio, è stato aperto al pubblico dopo sette anni di lavori, nel 2006 , concepito come un involucro architettonico per la salvaguardia dell’antico monumento: l’Ara Pacis Augustae,che è un altare dedicato da Augusto nel 9 a.C. alla Pace, intesa come dea romana, simboleggia la pace e la prosperità raggiunte. è costituita da un recinto rettangolare (m 11,65 x 10,62 x h 3.68), elevato su podio, a cui si accede all’interno da una scala dove si ergeva l’altare sacrificale e la superficie è con decorazione a rilievo.

Inizialmente il monumento è stato protetto grazie alla teca costruita nel 1938 su progetto dell’architetto Morpugo, ma la vecchia struttura non garantiva un adeguato livello di conservazione per i marmi, il controllo ambientale degli spazi fu preso in scarsa considerazione e il traffico che oggi scorre sul Lungotevere semplicemente non era previsto, così la teca generava un microclima caratterizzato da variazioni estreme di temperatura ed umidità. Le precarie condizioni del monumento, e l’impossibilità di adeguare la teca esistente, hanno spinto nel 1995 il Comune di Roma a pensare alla sostituzione di questo involucro, superando le polemiche sorte con alcuni nostalgici della vecchia struttura.

Il nuovo edificio è permeabile e trasparente nei confronti dell’ambiente urbano, ad andamento lineare si sviluppa secondo l’asse principale nord-sud ed è suddiviso in tre settori principali, vi si accede tramite una scalinata con fontana che supera il dislivello tra via di Ripetta e il Lungotevere e raccorda la nuova costruzione alle chiese neoclassiche antistanti. La Galleria, con i servizi di accoglienza è chiusa alla luce naturale, mentre il settore centrale di giorno innonda l’Ara nella luce diffusa dei lucernari orientati a nord, provvisti di schermature regolabili per filtrarla e modularla. Questa soluzione ha comportato il montaggio di oltre 1500 mq di vetro temperato, in lastre grandi fino a tre metri per cinque; il terzo settore, a nord, ospita una Sala per convegni disposta su due piani e fornita di un locale per ristorazione, e sopra una terrazza aperta al pubblico. Sfruttando il dislivello esistente tra il Lungotevere e via di Ripetta, sono stati ricavati nel vasto piano semiinterrato una biblioteca con documentazione cartacea e digitale , gli uffici di direzione e due grandi sale illuminate artificialmente, per l’ esposizione dei frammenti non ricollocati nella costruzione del 1938.

La scelta dei materiali è finalizzata all’integrazione con l’ambiente circostante: il travertino,l’intonaco e il vetro. L’illuminazione, sia interna che esterna, notturna e diurna impiega riflettori dotati

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di accessori anti-abbagliamento. L’intonaco bianco Sto-Verotec, qui viene impiegato su pannelli di vetro riciclato di dimensioni finora mai usate in Italia, si caratterizza per l’estrema levigatezza, ottenuta attraverso sette strati di applicazione su rete vitrea e per la sua reazione “autopulente” agli agenti atmosferici.

Il vetro temperato che racchiude l’Ara è composto da due strati, ciascuno di 12 mm, separati da una intercapedine di gas argon e dotati di uno strato di ioni di metallo nobile per il filtraggio dei raggi luminosi. La sua tecnologia è stata studiata per ottenere un rapporto ottimale tra resa estetica, trasparenza, fonoassorbenza, isolamento termico e filtraggio della luce.

Il microclima interno è affidato ad un complesso impianto di climatizzazione che risponde a due essenziali requisiti: essere il più discreto possibile rispetto all’architettura circostante e reagire in tempi brevi a cause perturbanti le condizioni termiche e di umidità.

Una serie di ugelli crea una cortina d’aria che lambisce le grandi vetrate, impedendo fenomeni di condensazione e stabilizzandone la temperatura. A questo è stato associata l’alta tecnologia del sistema

a pannelli radianti Seppelfricke SD: una fitta rete di tubi in polietilene reticolato elettronicamente sotto il pavimento e percorsa da acqua temperata calda o fredda, al fine di creare condizioni climatiche ideali: assenza di polveri sospese dovute a moti convettivi dell’aria, diminuzione di acari rispetto dell’ambiente grazie al forte risparmio energetico, climatizzando di fatto solamente i volumi nei quali sono presenti i visitatori.

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cinema

On the road, dal libro al film All’altezza del capolavoro? di Greta Marchese

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al Paradise, pseudonimo di Jack Kerouac, è un aspirante scrittore alla costante ricerca di qualcosa di indefinito, impalpabile; qualcosa in grado di dargli molto più del semplice vivere, esperienze al di fuori di ogni convenzione che in maniera del tutto inappropriata ci limiteremo a definire ‘emozioni’.

Ma il giovane newyorkese non è l’unico ad avere un conto in sospeso con la vita.

Sguardo magnetico e parole al vento, è proprio lui: Dean (Garrett Hedlund).

Dean che va dove lo porta il vento, Dean che una volta era un carcerato avvolto nel mistero, Dean che sa essere il più fidato tra gli amici, ma anche il primo ad abbandonarli. Dean Moriarty, o più semplicemente, lo scapestrato giovane con cui Sal da inizio alla parte della sua vita che lui stesso definisce “Vita sulla strada”.

Ma questo lo sapevate già. Quello che forse non tutti sapevate è che dall’11/10/2012 Sal (Sam Riley) è approdato sul grande schermo sotto la regia del brasiliano Walter Salles, primo a trasporre coraggiosamente un’eredità che Kerouac stesso, sappiamo, avrebbe lasciato niente di meno che a Marlon Brando pregandolo di acquistare i diritti del libro; gli stessi diritti conquistati in seguito da Francis Ford Coppola, produttore del film.

E’ un viaggio, quello di Kerouac, che ha per guida la sola ansia di partire; reale e allo stesso tempo spirituale, metafora di transizione tra giovinezza e età adulta,certezza e ricerca di sè.

“Dobbiamo andare e non fermarci finché non siamo arrivati” “Dove andiamo?”

“Non lo so, ma dobbiamo andare” Dal romanzo al film, il viaggio verso sud di Sal e Dean, dal Texas al Messico dell’America degli anni ‘40; non è altro che questo.

Un “andare” irruento e frenetico che talvolta sembra dimenticare che complicità, amore e amicizia rappresentano per lo scrittore

valori forgiati da esperienze comuni, intimi legami capaci di dare il giusto peso a passatempi e distrazioni come sesso,droghe e alcol. Elementi peraltro presenti nel libro ma esasperati sul grande schermo e ridotti a mera funzione scenica.

Si, in “On the road” c’è tutto quello che potevamo immaginarci,ma anche quello che non avremmo voluto vedere.

Scelta brillante quella del cast composto da: Garrett Hedlund, Kirsten Dunst, Sam Riley, Viggo Mortense e Kristen Stewart; quest’ultima nella parte della disinibita Marilou, ex moglie di Dean. ‘’Occhi azzurri e imbambolati da provinciale’’, sguardo asettico e di poche parole, semplice nei gesti quanto nei pensieri; una parte praticamente perfetta per la monoespressività plastica della Stewart (eroina delle fan 15-20enni della saga popolata dai vampiri sbrilluccicanti di Stephenie Meyer).

Le pagine, riproposte quasi letteralmente dalla macchina da presa del regista, non riescono tuttavia quasi mai a condensarsi pienamente davanti allo sguardo carico d’attesa dello spettatore. Nel fitto gioco di strade e racconti c’è qualcosa che non viene trasmesso,qualcosa che nella sua assenza si fa sentire. E’ lo spirito che manca.

Lo spirito di una generazione perduta, del bisogno di ribellarsi, di esorcizzare un male di vivere sempre più pedante.

La pellicola, fatta di movimento e colori caldi, si limita a raccontare le vicende dei personaggi in maniera quasi didascalica; in quest’ottica tutto rischia di ridursi ad un’azione sconsiderata di due ragazzi che non sanno cosa fare della propria vita. E’ questo che molti rimproverano all’ardua impresa di Salles: un film che poco differisce da una qualsiasi storia ambientata nel presente.

Forse troppo lineare, troppo fluido per rendere il senso di un epoca segnata da grandi contraddizioni sociali, ”On the road” fa del tentativo cinematografico nient’altro che una trasposizione piacevole ma scolorita del manifesto della Beat Generation.

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Guttuso

Cronaca di un artista che fu soprattutto un uomo di Maria Chiara Lorenti

“La zolfatara”, 1953 - 1955

“S

e io potessi, per un’attenzione del Padreterno scegliere un momento nella storia ed un mestiere, sceglierei questo tempo e il mestiere di pittore”, con queste parole Renato Guttuso esprimeva il suo essere artista, una concezione così insita e radicata, così esplicita da essere quasi scontata. A cento anni dalla sua nascita e a venticinque dalla sua morte, Roma, la città che lo ha adottato, lo ricorda celebrandolo con una grande retrospettiva al Complesso del Vittoriano.

Il percorso espositivo si snoda idealmente a spirale, partendo dagli anni formativi che si rifanno alla scuola romana degli anni 30-40, per arrivare al centro ove si ergono quattro settori di pareti, parallele tra loro a formare un cubo con gli angoli aperti, quattro passaggi dove i visitatori possono entrare e trovarsi ad ammirare il clou della sua arte, quattro tele monumentali, e non solo per le dimensioni, “I funerali di Togliatti”, “Vucciria”, “La spiaggia” e “Zolfara”. Sicuramente

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tra i più noti, questi quadri fanno parte ormai della nostra cultura, nonché sono testimonianze storiche del ventesimo secolo. Trovarsi a così poca distanza da questi capolavori da un senso alla potenza descrittiva di questi soggetti; l’impatto emotivo che suscitano “I funerali di Togliatti” è dato soprattutto dal contrasto cromatico tra il rosso delle bandiere, che si stagliano come lance verso il cielo, e il bianco e nero dei personaggi che affollano la scena, e che afflitti assistono alle esequie dello statista; i grandi protagonisti del Comunismo del presente e del passato si assembrano intorno al feretro, Lenin è ritratto ben tre volte, mentre il volto di Togliatti emerge da una moltitudine di rose “ ...era difficile renderlo a tutti riconoscibile senza gli occhiali...circondai il profilo con un collage di fiori ritagliati da alcune riviste di floricultura. Poi cominciai a mettere, attorno a quel punto focale, i ritratti dei suoi compagni... tenendo conto dei rapporti con lui e non della loro presenza

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dedicato a

“La spiaggia”, 1955 - 1956

effettiva ai funerali. ” Girandosi lateralmente l’atmosfera cambia totalmente, l’impressione è quella di essere sospinti all’interno del mercato di Palermo, la “Vucciria”, lasciandosi trasportare si percepiscono gli odori agro-dolci della frutta, l’afrore salino del pesce, gli aromi speziati dei salumi e quelli delicati dei formaggi; anche qui i rossi predominano sui grigi, spadroneggiando sulla tela, riscaldati dalle pallide luci dei lampioni, lo spazio è angusto, c’è appena il passaggio per gli acquirenti che osservano le merci esposte.

Si prosegue lo spostamento ed eccoci sulla spiaggia di Ostia, in un afoso giorno d’estate, i corpi seminudi, abbrustoliti dal sole si crogiolano sulla sabbia rovente, al centro Picasso si avvolge in un telo verde per asciugarsi dall’acqua marina.

A confronto il contrasto con “La zolfara” è stridente, anche qui il calore è insopportabile, ma non c’è la brezza marina

a mitigarlo, i corpi emaciati stillano il sudore della fatica, i volti abbrutiti si focalizzano sull’immane compito di estrarre il minerale che a molti di loro è costato la vita.

Certo non è una mostra che lascia indifferenti, parla d’amore, di guerra, di politica e di passione, parla di un uomo che non si è lasciato trascinare dagli eventi, ma che, al contrario, si è posto al centro di essi, nel bene e nel male ha espresso le sue opinioni, politicamente ed artisticamente, lasciando un’impronta nella storia del suo Paese, documentando con occhio attento l’importanza dei rapporti umani, il senso di appartenenza alla propria terra, la difesa degli oppressi e la ferma condanna alla guerra, un uomo che aveva un dono e, come asserì Pier Paolo Pasolini: “ Beato te che quando prendi la matita o il pennello in mano, scrivi sempre in versi! Chi dipinge è un poeta che non è mai costretto dalle circostanze a scrivere in prosa... ” 9

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fotografia

Cambio di prospettiva

Yann Arthus Bertrand e il suo obiettivo aperto alla realtà del mondo di Martina Tedeschi

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a sempre esistono storie di grandi imprese, avventure alla scoperta della Terra che hanno coinvolto celebri navigatori ed esploratori che si sono spinti al di là di ogni paura. Intraprendere un viaggio significava allora rischiare che si rivelasse un’avventura senza lieto fine, ma la volontà e l’emozione di conoscere nuove realtà era più grande anche di questo. Oggi si può dire che esistano ben pochi spazi di mondo non ancora esplorati e spesso l’azione dell’uomo non si è limitata alla sola contemplazione, ma alla radicale trasformazione di questi luoghi e delle popolazioni che vi abitavano. Vige però il detto: “Non può farsi di tutta l’erba un fascio” e di fatti c’è un uomo che ha voluto gettare uno sguardo “nuovo” su questo nostro Pianeta, convinto che vi fosse ancora molto da scoprire: è solo necessario “cambiare prospettiva”. Stiamo parlando di Yann Arthus Bertrand, regista e fotografo naturalista francese che ha intrapreso l’ambizioso progetto di immortalare la “Terra vista dal cielo” (titolo del suo libroraccolta di fotografie pubblicato nel 1999) . La sua specializzazione in fotografia aerea (idea innovativa diventata poi una vera e propria passione grazie ad un viaggio in mongolfiera fatto in Kenia) lo rende uno dei più apprezzati maestri del genere, un merito che lo porta a pubblicare le sue opere su alcune riviste prestigiose come il National Geographic. La sua vasta raccolta ospita più di 300.000 fotografie e molte riprese, realizzate in lungo e in largo

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per un totale di ben 150 paesi visitati. La realtà mostrata sembra quasi appartenere ad un tempo ormai perduto, dimenticato, in cui la natura incontaminata non aveva ancora incontrato il superbo volto di quella modernizzazione che non ha avuto rispetto per gli equilibri del sistema. Di fronte allo stupore della forza di una cascata, dello “stile di vita” di una grande famiglia di leoni e dei colori, delle forme di intere distese silenziose e sconosciute , non ci siamo emozionati abbastanza e il progresso si è storpiato in eccesso. Ecco allora che Bertrand ci getta davanti agli occhi un’altra realtà, tutt’altro che emozionante, di quella offerta dalla visione di un locus amoenus sempre più in via d’estinzione. E’ l’azione umana, quindi, a porsi davanti all’obiettivo: discariche a cielo aperto, disastri ambientali, deturpanti realtà architettoniche.

Sono immagini che feriscono, che ci suggeriscono di ritrovare una giusta dose di sensibilità e buon senso. Sull’esempio del fotografo francese sono molti gli artisti che hanno preso a cuore il problema ecologico ed una dimostrazione è rappresentata dalla rassegna Il Festival delle Terre che ha coinvolto il lavoro dei cineasti di tutto il mondo, iniziativa che quest’anno è giunta sino a Roma all’interno della “Mediateca delle Terre”. Non è segno di debolezza preoccuparsi del luogo in cui siamo ospiti. E’ il caso di rivalutare alcune delle nostre priorità e di “lasciare il mondo migliore di come lo abbiamo trovato”.

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in mostra

CIOU Solo Show

La Necro Kawaï a Mondo Bizzarro Gallery Roma di Eleonora Spataro

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spirazioni dark e cute, magia nera e magia del circo, cabaret e femmine folli del burlesque”, Ciou mette tutti questi elementi nel calderone della mostra Necro Kawaï che la galleria Mondo Bizzarro ospiterà fino all’8 dicembre 2012.

L’esposizione racconta il mondo della trentenne artista francese che ha esposto in tutta Europa, negli stati Uniti e che ora arriva a Roma proponendoci una “prateria di segni fin de siecle che lanciano i loro languidi tentacoli sulle nostre diavolerie moderne”.

Inchiostro e carta sono i materiali della Necro Kawaï, ovvero il gusto visionario dell’altro mondo, declinato da Ciou attraverso figure femminili e animali.

La mostra, a ingresso libero, è aperta dal martedì al sabato, dalle 15:00 alle 20:00, al civico 251 di via Sicilia.

37° Esposizione internazionale “100 Presepi” dal 22 novembre al 6 gennaio 2013 a piazza Navona

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orna la rassegna dedicata al Natale; le Sale del Bramante, all’ interno della Basilica Santa Maria del Popolo, fino al 6 gennaio ospiteranno l’Esposizione Internazionale “100 Presepi”.

La mostra celebra l’arte di maestri presepisti e la creatività di tutti coloro che hanno partecipato al concorso nazionale indetto come ogni anno.

In piazza Navona, al civico 1 troveremo 350 mq dove sono esposti più di 100 presepi divisi per categorie: presepi esteri, presepi artistici, presepi di fantasia e presepi di enti, associazioni ed istituti scolastici.

Per i più piccoli, compreso nel prezzo del biglietto, laboratori ed iniziative gratuite.

Rachel Feinstein a Roma

Gagosian Gallery ospita l’artista americana fino al 5 gennaio 2013

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a sede romana della Gagosian Gallery, in via Francesco Crispi 16, ospiterà, fino al 5 gennaio 2013 la mostra degli ultimi lavori dell’artista americana Rachel Feinstein.

Roma è la protagonista, l’oggetto di un viaggio, quello della pittrice e scultrice, e il fulcro di alcune suggestioni.

Nell’intervista su Musemagazine la Feinstein cita come fonte di ispirazione le camere con dipinti panoramici di fine Ottocento, un’alternativa per coloro che non potevano permettersi di raggiungere luoghi lontani, e la storia del viaggio a Roma di Helena Bonham Carter in “Room With A View”, nota anche per la riduzione cinematografica del 1986, “Camera con vista” diretta da James Ivory. L’idea è quella di “fare una stanza con il panorama di Roma”. La mostra, a ingresso libero è aperta dal martedì al sabato, dalle 10:30 alle 19:00.

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architettura manga

D.Gray-man

Esorcismo in chiave giapponese! di Valerio Lucatonio

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rmai l’industria del manga in Giappone è soggetta al fenomeno dei “mangaka pianificatori”: per ideare un titolo di successo non basta più liberare la propria vena creativa e disegnare ciò che si immagina, perchè dopo il boom del fumetto Nipponico molte opere risultano simili tra loro.

Cosa deve fare quindi un autore per avere il consenso del pubblico nel ventunesimo secolo? La mangaka Katsura Hoshino risponde benissimo a questo quesito con D.Gray-man (Shonen Jump, 2004), una storia che ha per protagonista Allen, ragazzo che a causa del suo braccio deforme si ritrova emarginato e che riceve una maledizione nel momento della morte del padre adottivo, unica persona che gli ha voluto bene.

Successivamente scoprirà che nel suo braccio è celata una parte dell’”Innocence”, elemento sacro in grado di esorcizzare gli Akuma, automi demoniaci creati dal beffardo Conte del Millennio, antagonista principale di Allen.

Inizia qui il cammino per diventare esorcista ed entrare a far parte dell’Ordine Oscuro, sezione occulta del Vaticano, dove il nostro ragazzo dal braccio deforme troverà amicizia e fraternità.

Il manga della Hoshino deve il suo successo all’atmosfera gotica

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e all’ambientazione ottocentesca, che si scontrano con lo stile di disegno che diventerà sempre più pop e stravagante: un trittico che ha inaspettatamente avuto successo, e che acquista ancora più valore con una svolta mistery verso la metà della storia.

Vedremo i personaggi andare da una parte all’altra del mondo e avere a che fare con una miscela di elementi religiosi europei e mitologia orientale, e non mancheranno riferimenti all’Italia (dove è ambientata una delle prime missioni di Allen) e i soliti clichè presenti bene o male in ogni shonen come l’eterno rivale Kanda o la classica squadra nemica pronta a scatenare una nuova guerra santa che però non verrà ricordata nei libri di Storia.

La pecca più evidente è la lentezza delle uscite, come spesso accade per gli autori di Shonen Jump, che tendono a interrompere temporaneamente il lavoro o ad impiegare molto per pubblicare una ventina di pagine. In questo modo si ha poca continuità e si fa fatica a ricordarsi ogni particolare della storia tra un’uscita e un’altra.

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cinema curiosART

I tre Re Magi

Una leggenda cristiana di Cristina Simoncini

Botticelli, “Adorazione dei Magi”

I

re Magi furono tra i soggetti più amati in pittura nel passato. Essi come prime autorità a venerare il Cristo, rappresentano il mondo che gli rende omaggio.

Secondo il Vangelo di Matteo a guidarli a Betlemme fu una stella cometa e loro, astrologi di grande abilità, avendo previsto l’evento eccezionale della nascita del dio fatto uomo, si misero in viaggio per adorarlo di persona.

I loro nomi erano Baldassarre, Gaspare e Melchiorre e molti biblisti li ritengono oggi personaggi leggendari.

La fortuna dei re Magi nel campo artistico è legata alle raffigurazioni della “Natività”.

A partire dalle pitture ritrovate nelle catacombe dove essi appaiono con abbigliamenti persiani (vestiti da dignitari di corte saranno dipinti solo dal periodo bizantino), spesso i re Magi vennero usati per lanciare messaggi intellettuali alle genti e se nella maggior parte parlavano del simbolismo evangelico, molti artisti a partire dal Rinascimento, li sfruttarono per rappresentare le Tre età dell’uomo o anche i tre mondi diversi: europeo con Melchiorre, africano con Baldassarre e orientale con Gaspare.

Nell’immagine qui di lato vi è la versione gotica di Gentile da Fabriano dove in un clima da favola con un palcoscenico lavorato a gioiello, i tre Magi adorano Gesù; il Mantegna, Botticelli e Durer come s’usava nel Quattrocento, riempiono la loro “Adorazione dei Magi” di significati simbolici sottointesi che richiamano la lezione evangelica; Van Loo e Vernansal si ispirarono invece ai dipinti del pittore veneziano cinquecentesco Palma il Vecchio che dipinse molte versioni delle natività (attualmente ancora famosissime perché riprese ogni anno sui biglietti di auguri).

I ritratti più importanti dei re Magi furono però dipinti dall’artista veneto cinquecentesco Giorgione nel suo quadro: “I tre filosofi”; essendo i lavori di questo pittore assai misteriosi (in quanto si sono perse le chiavi di lettura dei suoi simboli), nessuno potrebbe giurare che egli intendesse raffigurare proprio questi personaggi, però di sicuro da loro prese ispirazione. Molti critici

Giorgione, “I tre filosofi” pensano quindi che essi siano i re Magi intenti a discutere sulla stella cometa; altri ritengono il quadro un’allegoria sulle tre età dell’uomo e altri ancora, dei semplici filosofi che rappresentano: il pensiero antico, quello medioevale e quello arabo. L’essenziale comunque, fu che essi lo ispirarono a dipingere su una tela per la prima volta la natura in modo diverso, non più come prima sullo sfondo e quasi invisibile, ma messa in primo piano. Fu un’idea questa che rivoluzionò subito la pittura e rese i tre Magi di Giorgione molto famosi nella storia dell’arte.

Fonti:www.falsodautoregiulioromano.it, www.pitturaomnia.com

Gentile da Fabriano ,“Adorazione dei Magi” 13

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teatro

“La chiave dell’ascensore” di Agota Kristof di Rossana Gabrieli

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gni essere umano è nato per scrivere un libro. E nient’altro ”.

Se dobbiamo prestar fede alla dichiarazione della scrittrice ungherese Agota Kristof dobbiamo darle atto che “il” suo libro, capolavoro del noir, è “La chiave dell’ascensore”.

Claustrofobico, angosciante, il libro racconta, attraverso la voce della protagonista, che dispone di quest’unico strumento per comunicare con il lettore, delle mutilazioni inflittele gradualmente da un marito aguzzino, grazie ad un amico medico compiacente.

La donna, un tempo giovane sposa innamorata, vive in una casa nella foresta, che si apre al mondo attraverso un ascensore.

Il marito-padrone la priva gradualmente della libertà, sequestra la chiave dell’ascensore, fa sì che il medico Claude la privi prima dell’uso delle gambe, poi della vista, infine dell’udito, sicché la sua voce che grida diviene estranea anche a se stessa.

La tensione della lettura irrompe sul palcoscenico, grazie ad una straordinaria regia: Paola Maffioletti porta sul palco, splendida cornice quasi viva, una protagonista “sdoppiata”. Mentre la donna paralizzata ed accecata si racconta, la sua alter ego riecheggia le sue parole e dà vita, attraverso passi di danza simbolici e struggenti, al ricordo di un’esistenza che avrebbe potuto aversi, ma non si ha più.

Straordinarie le due protagoniste:Ester Albano e Caterina Genta.

Uno spettacolo che speriamo di rivedere presto.

Il Museo Archeologico di Sezze

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archeologia

Una piccola finestra sul passato nel cuore della provincia di Latina di Luigia Piacentini

Sala del Mosaico, Museo Archeologico di Sezze (Lt)

L

e prime tracce di Sezze le possiamo scovare già nell’età preistorica; infatti lungo i fianchi del torrente Brivolco si apre una fessura, chiamata Riparo Roberto, sono visibili figure molto schematiche di ominidi. La leggenda vuole come fondatore della città Ercole (lo stemma della città rappresenta il leone

Nemeo con la cui pelle l’eroe era solito coprirsi) che, vinto i Lestrigoni, popolazione stanziata nel basso Lazio, fonda l’antica Setia. Non conosciamo in realtà la sua vera fondazione ma di sicuro nel 490 a.C. venne attaccata dai Volsci e poco più di un secolo dopo passa sotto il dominio di Roma. Il centro storico conserva ancora il primitivo impianto urbanistico a cerchi concentrici che si è venuto sviluppando nel medioevo. Il Museo Archeologico di Sezze (Largo Bruno Buozzi, 1) si trova all’interno del Palazzo Rinascimentale della Pretura, un tempo carcere della città, ed è stato inaugurato nel 1968.

La sala principale (Sala dell’Ercole) è stata decorata nel XVII secolo dal pittore setino Giuseppe Turchi; sempre al piano terra si trovano la Sala del Mosaico e la Sala degli Amorini. Al primo piano invece sono presenti le sale per l’esposizione dei reperti archeologici che si compongono di materiali preistorici, protostorici e arcaici provenienti dagli scavi condotti in diversi punti del territorio. Per l’epoca romana sono esposte monete, epigrafi e oggetti votivi, mentre per il XVI e XVII secolo dipinti. Insomma una piccola perla tra le colline dell’entroterra laziale.

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Aprilia

Passaggio - L’arte al mercato Mercato coperto, dal 1 dicembre 2012 al 26 gennaio 2013 Focus - Mostra fotografica Caffè Latino, fino al 31 dicembre 2012 Natale insieme - V edizione. Assoziazione “Inversione a U” Teatro Europa, 16 dicembre 2012

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Roma

CIOU - Necro Kawaï (articolo a pag. 11) Galleria Mondo Bizzarro, fino all’ 8dicembre 2012 Concorso MACRO 2% - Arthur Duff/Nathalie Junod Ponsard MACRO, fino al 31 dicembre 2012 Cipro, 210 mila anni di storia (articolo a pag. 3) Palazzo del Quirinale, fino al 5 gennaio 2013 Rachel Feinstein (articolo a pag. 11) Gagosian Gallery, fino al 5 gennaio 2013 Il Moderno attraverso l’antico. Scultori italiani degli anni trenta, Aula Ottagona, Terme di Diocleziano, fino al 6 gennaio 2013 100 Presepi (articolo a pag. 11) Piazza Navona, fino al 6 gennaio 2013 Afro. Dal progetto all’opera. 1951-1975 (articolo a pag. 5) Museo Carlo Bilotti, Aranciera di villa Borghese, fino al 6 gennaio 2013 Giulio Turcato. Stellare MACRO, fino al 13 gennaio 2013 Vermeer, il secolo d’oro dell’arte olandese Scuderie del Quirinale, fino al 20 gennaio 2013 Paul Klee e l’Italia GNAM, fino al 27 gennaio 2013 Paris en liberté - Robert Doisneau Palazzo delle Esposizioni, fino al 3 febbraio 2013 Amabili presenze. Le ceramiche Rometti dell’Art Decò al design.

1927 - 2012 Museo della Casina delle civette e dipendenza, villa Torlonia, fino al 3 febbraio 2013 Akbar, il grande imperatore dell’India Museo Fondazione Roma, Palazzo Sciarra, fino al 3 febbraio 2013 Guttuso 1912 - 2012 (articolo a pagg. 8-9) Complesso del Vittoriano, fino al 10 febbraio 2013 Grazia Toderi - Mirabilia Urbis MAXXI, fino al 3 marzo 2013 Roma Caput Mundi. Una città tra dominio e integrazione Colosseo, Foro romano, fino al 10 marzo 2013 L’Italia di Le Corbusier MAXXI, fino al 17 febbraio 2013

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Eventi Sulla via della seta. Antichi sentieri tra oriente e occidente Palzzo delle Esposizioni, fino al 24 marzo 2013 L’età dell’equilibrio. L’arte romana durante il principato di Traiano e Adriano Musei Capitolini, fino al 5 maggio 2013

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Alba (Cuneo)

Carlo Carrà 1881 - 1966 Fondazione Ferrero, fino al 17 gennaio 2013

Ferrara

Boldini, Previati e De Pisis Palazzo dei Diamanti, fino al 27 gennaio 2013

Firenze

Alchimie di colori. L’arte della scagliola Ente Cassa di Risparmio di Firenze, Spazio Mostre, fino al 6 gennaio 2013 Anni trenta. Arti in Italia oltre il fascismo Palazzo Strozzi, fino al 27 gennaio 2013

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Milano

Identità di Salvatore Fiume Palazzo Pirelli, fino al 23 dicembre 2012 Pablo Picasso. Capolavori dal Museo Nazionale Picasso di Parigi Palazzo Reale, fino al 6 gennaio 2013 Da Guercino a Caravaggio. Sir Denis Mahon Palazzo Reale, fino al 20 gennaio 2013 Costantino 313 d.C. Palazzo Reale, fino al 17 marzo 2013

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Pisa

Wassily Kandinsky dalla Russia all’Europa Palazzo Blu, fino al 3 febbraio 2013

Venezia

Capogrossi. Una retrospettiva Peggy Guggenheim Collection, Palazzo Venier dei Leoni, fino al 10 febbraio 2013

Vicenza

Raffaello verso Picasso. Storie di sguardi, volti e figure Baslilica Palladianai, fino al 20 gennaio 2013

Grazia Toderi Mirabilia Urbis: Una Roma stellata vista dal cielo G.Toderi, “Atlante Rosso�

MAXXI Museo nazionale delle arti del XXI secolo 31 ottobre 2012 - 3 marzo 2013