Occhio all'Arte (febbraio 2019)

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A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno XII N° 122 febbraio 2019

Mensile d’informazione d’arte

www.artemediterranea.org

nOttocento. Da Hayez

a Segantini

nCuriosArt: Raku Inoue

In mostra: Dream. L’arte n incontra i sogni

Boccioni, “Tre donne”

La Roma insolita: n Pietre d’inciampo


Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”

Telefona al 347.1748542

Associazione ARTE MEDITERRANEA Aprilia - PROGRAMMA CORSI 2018-2019 CORSO INTARSIO SU LEGNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO DISEGNO PER BAMBINI LUNEDI’ - MERCOLEDI’ - VENERDI’ 18,30 - 20,00

CORSO DISEGNO 1° ANNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 9,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO AVANZATO LUNEDI’ MERCOLEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO OLIO LUNEDI’ - VENERDI’ 18,00 - 20,00 20,00 - 22,00 MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00

CORSO DI FOTOGRAFIA ORGANIZZATO DA ASS.FOCUSFOTO MARTEDI’- MERCOLEDI’ GIOVEDI’ - VENERDI’ 20,30 - 22,30

Collaboratori Patrizia Vaccaro, Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, Valerio Lucantonio, Nicola Fasciano, Giuseppe Chitarrini Francesca Senna Responsabile Marketing Cristina Simoncini

Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini

Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale

Amministratore Antonio De Waure

Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore

Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti

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CORSO DI ANATOMIA PER ARTISTI Ins. Antonio De Waure CORSO DI PROSPETTIVA Ins. Giuseppe Di Pasquale

CORSO DI DISEGNO - FUMETTO SCENEGGIATURA ORGANIZZATO DA SCHOOL COMIX APRILIA SABATO 10,30 - 18,45

Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Mensile culturale edito dalla Associazione Arte Mediterranea Via Muzio Clementi, 49 Aprilia Tel.347/1748542 occhioallarte@artemediterranea.org www.artemediterranea.org Aut. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007

CORSI IN ORARIO DA DEFINIRE

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Sommario

Gyorgy Lukàcs, “Filosofia dell’Arte. Primi scritti sull’Estetica (1912-1914)” Raku Inoue Dream. L’arte incontra i sogni Ottocento. Da Hayez a Segantini OZ Illustratori illustri Metti una sera… al Teatro Ghione Le pietre d’inciampo a Roma – per non dimenticare Eventi sul filo di china Zanele Muholi - “Nobody can love you more than you”


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Occhio al libro

Gyorgy Lukàcs, “Filosofia dell’Arte. Primi scritti sull’Estetica (1912-1914)” di Giuseppe Chitarrini

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. L u k à c s (B ud ap est 1 8 8 5 - ivi 1971) fu u n o d e i fi lo so fi e cr i tici d ’a rt e e lett e ra t u ra p iù r i levanti d el p ens iero euro pe o e a n c h e un o d ei m ag g io r i esp onent i del l’ in tel l i g h e n t ia m ar xista. A d er ì al la “Re pu bb l i c a d e i Co n sig l i d i U n g h er ia ” del 1 9 1 9 e d a a l lora n o n si d isco stò mai (pur m o di fica n d o n e l temp o i l suo p ens iero e pa s sa n d o d a u n mar xism o l ib er ta rio e luxe m burg h ia n o a u n m ar xi sm o p iù leninis t a e di ‘ p a r t i t o’ ) da un ap p ro ccio hegelom a rx is ta . Qu e s t a su a “Fi lo so fia d el l’A r t e” va ann ove ra t a fra le sue o p ere g iovani l i, c ome reci ta lo s t e s s o s otto ti to l o d i q uesta ed iz ione i t a l ia n a q u i p rop osta, in essa ven go n o t ra tt e g giati q u el le che sa ra n n o le fo n d am enta del la s u a g ra n d e c o str u zio ne di te o r ia e s t e t ic o - fi lo so fica del l’a r te , c h e i l p ensato re ungh e re s e p or t er à p o i a co m pim e n t o n e l la metà degl i a n n i t re nta e p o i anco ra n e l c or s o d eg l i an n i fin o la m a t u r i t à ino l trata: un’ e ste t ic a s t or icista e, al co nt e m p o a -temp o rale, di ti po va lu t a t ivo e in ri fe rim e n t o a l le istanze etich e in t r in s e c h e al l ’o p era d’a rte e p ol i t iche so cial i in ri fe r im e n t o al co n testo di a z ion e d el l’auto re dia le ttic a m e n t e in relazio n e co n il fr u i t ore . Qu in d i “ la presente traduzione è una prima formulazione di quei concetti chiave che avrebbero dovuto fare da sostegno al l’opera grandiosa di estetica cui Lukàcs stava pensando e che sarebbe riuscito a realizzare …in pieno… in tarda età ”(p refazio ne di T. Per l in i, p. I X). U na p r im a fo r m ulazio ne c he però già s e g n a il p assag g io d a u n ap p rocc io ispira to a l l’ e s is t en zial ismo e a p en s at ori qua l i S im m e l, We b er e H usser l a un p ens iero – co m e d ic e va m o- co m p iutamen te m a rxis t a

in c onc omi t anz a a un s uo pronuncia mento poli t ic o in t ermini di az ione po li tica e d i mili t anz a. A ques t o periodo ris algo no a nche le s ue opere princ ipali quali “L’ anima e la forma” e, s opratt utt o, “St oria e c o s cie nz a d i c las s e” port at o a c ompiment o e p ub b lica to nel 1923, c he c os t i t uis c e il s e g na le del l’ avvenut o c ompiment o del p a s s a g g io def ini t ivo al marxis mo. La s ua es t et ic a va t enut a lont an o d a o g ni forma di ps ic ologia del la ric ez ione d e l l’o p era art is t ic a c os ì c ome da ogni met a fis ica d el ‘ B el lo’ perc hé l’ es t et ic a, o megl io il ‘fa tto es t et ic o’, è ri feribile anc he al n o n b e l lo : al s ublime, al tra g ico o al grott es c o ecc. Già in ques t e pagine giova nili s i ris c ont ra in nuc e q uel li che s aranno gli indiriz z i e le t emat ic he prevalenti d el le s ue argoment az io ni future : l’ att ribuz ione del s e ns o d a part e del produtto re e d el frui t ore del l’ opera p o s ti in rapport o dialett ic o fra lo ro, la pregnanz a del le fo rme ris pett o ai s igni fica ti, il valore del la at e mp o ra li tà s t oric iz z abile d el l’o p era (c fr. pp. 193 e 194 e, p iù approfondi t ament e, la s ec onda appendice, d a p. 310 a 317) ecc . Un libro nient e a ffa tto dat at o c he c o s ti tuis ce una lett ura non fac ile, acc es s ibile - e no n s enz a qualc he di ff ic ol t à - a c hi g ià a b b ia al le s pal le es perienze di s t udio in a mb i to f ilos of ic o, t utt avia una lett ura c he o cco rre -magari in maniera parz iale- es plo ra re p er c hi s i occ upi di s t udi in mat eria filo s o fica , s oc iologic a ed art is t ic a. Ol t re l’ intro d uz io ne , fra le t re part i c he c os t i t uis c ono il tes to, mi è s embrat a più int eres s ant e e a nche più acc es s ibile la t erz a, ins ieme a l le d ue appendic i inc ompiut e f inali. 3


Raku Inoue

Variopinti insetti nascono da composizioni floreali di Cristina Simoncini

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L

e composizioni floreali possono essere un’arte difficile da padroneggiare. La tavolozza dei colori è importante, così come i significati dei fiori e persino eventuali allergie che il destinatario potrebbe avere ... e per almeno un artista, essere sicuro che la tua composizione abbia abbastanza gambi è ugualmente un fattore importante. Raku Inoue, un artista con sede a Montreal, ha recentemente ottenuto un buon seguito con la sua serie “Natura Insects”. Il concetto era di ricreare scarafaggi, libellule e altri insetti usando fiori e foglie. Per un artista grafico come lui, questo è abbastanza facile da fare digitalmente. Tuttavia, Inoue ha portato l’idea all’estremo logico: disporre fiori veri nelle forme degli insetti e fotografarli. Il risultato è una visione surreale della bellezza naturale del mondo. La fioritura centrale di un girasole diventa punti sulle ali di una farfalla. Un pigna funge da corpo a un calabrone. Un cervo volante è reso nei toni del blu, verde e viola. Anche la vita non vegetale aiuta a ricreare gli insetti, poiché un’intera collezione della serie utilizza ghiaccio e neve come parti del corpo. E pure altri oscuri insetti sono ricreati fedelmente - quando è stata l’ultima volta che hai visto un’arte raffigurante uno scarafaggio sibilante nella tua galleria locale? Per raccogliere le scorte, Inoue si prende un pomeriggio libero dal lavoro (lavora in un’agenzia

curiosArt

pubblicitaria). Con il suo cane affianco, si mette in cerca di foglie, bastoni, fiori e altri detriti naturali. Una volta che ha ciò di cui ha bisogno, li sistema con cura su un foglio di carta prima di fotografarli. Per sua stessa ammissione, il progetto è iniziato come un modo per “ raggiungere uno stato mentale più spontaneo nel rispetto della natura ”. Puoi vedere un video di lui, ospitato da CBC Arts, a questo link: https:// youtu.be/DPAuvP4bN5E . Quello che era un progetto personale è divenuto presto virale ed è ora la sua serie più popolare. Inoue persino vende stampe di soggetti selezionati, ma non gli originali. Principalmente perché gli originali potranno solo appassire e moriranno. Quando non ricrea gli insetti, Inoue spesso incorpora la natura nella sua arte. L’artista sfrutta le curvature naturali e le forme dei suoi materiali originali per creare interpretazioni vivaci degli animali. Nel gufo di Inoue, crisantemi dai petali densi formano la pancia soffice dell’uccello. Poi ha anche iniziato a esplorare versioni tridimensionali delle sue creazioni floreali, costruendo armature per un gorilla, un bufalo indiano e una tigre. Fonti: www.instagram.com/reikan_creations/

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Dream. L’arte incontra i sogni Al Chiostro del Bramante fino al 5 maggio di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi

Tsuyoshi Tane - LIGHT is TIME, 2014

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na mostra d’arte a Roma non può prescindere dal fascino artistico della città stessa. La città è già intrisa delle emozioni che si vivranno all’interno di spazi, di per sé incantevoli, ma circoscritti; qualunque sia la meta è importante farsi coinvolgere dall’essenza del luogo, fatta di passato, presente, realtà, sogno. Basti pensare alla magia del cinema e al suo impatto sulla percezione di una capitale sfarzosa e dolente. Il traffico che imbriglia la città, caotico e snervante, è innegabile, ma rende ancora più godibili le oasi da sogno, dove, ad esempio, ampi spazi accolgono un’umanità sorprendentemente allegra e spensierata che si aggira tra fontane mitiche, statue parlanti, chiese pretenziose e fuori dal tempo. Chi decide, dunque, di vedere la mostra in corso al Chiostro del Bramante, non può prescindere

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da Piazza Navona né dalle stradine che dovrà percorrere per raggiungere la meta né dall’elegante luogo di silenzio e di meditazione, qual è il Chiostro, perché forte è la sensazione che proprio da quei luoghi provengano i sogni che hanno ispirato gli artisti presenti in mostra. Hanno assunto forme affascinanti, misteriose, avvolgenti, paurose o gioiose i loro e i nostri sogni, fatti ad occhi aperti, di giorno, ad occhi chiusi, di notte, quelli che ci fanno soffrire, che rendono inquiete le nostre notti, quelli che ci danno speranza o gioia. Nel leggiadro chiostro rinascimentale, appunto, sono state collocate <due donne>, dal profilo sfuggente e gli occhi chiusi che introducono al mondo onirico di una mostra che va esplorata, esclusivamente, nel silenzio dei giorni feriali e nelle ore di minor affluenza. Il percorso di


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visita vero e proprio, però, inizia all’interno, dopo aver indossato le cuffie dell’audio guida, in una stanza oscura, tappezzata di velluto blu. Da quel momento immagini, oggetti, percorsi, emozioni, riflessioni s’intrecceranno con lentezza coinvolgendo la vista, l’udito, il tatto e il cuore. Il primo impatto è straniante, bisogna abituarsi alle luci soffuse, ad una lettura profonda, non convenzionale delle opere, molte oggettivamente belle. E poi ci sono le parole che giungono attraverso l’audio guida, che non commentano, non spiegano, ma sussurrano, ad esempio: <non sono un sogno e, se lo sono, allora sì, tutto è sogno. Tutta la vita e le vite di tutti>, <troppe stelle, troppi impegni, troppe le cose fatte e da fare, finiranno per schiacciarmi …. Ogni notte la materia, di cui sono fatte, cambia, mi accarezza, mi avvolge. E’ un miracolo, non svegliatemi>, < il corpo che dorme mi trascina dove non voglio andare>, < sono un bambino, vedo le mie ombre, ciò che ho vissuto o sto per vivere o non potrò più vivere, girano intorno a me, danzano intorno a me. Divinazione, magia, incanto>. Basta poco però e l’immersione ha inizio accompagnati dalle sonorità, anch’esse evocative ed oniriche, di Emanuele di Raymondi; si procede, si passa da un ambiente all’altro. Ad un tratto una pioggia dorata rallenta

in mostra

i movimenti, dilata il tempo; i visitatori si perdono nel movimento leggiadro di una miriade di dischetti dorati. Dal buio alla luce, anche le parole divengono più lievi quasi gioiose: <Benvenuto in quest’ambiente. Non guardarti alle spalle, non serve ora. Tu sei al sicuro>, <Eccomi. Io sono la luce, l’annuncio del nuovo giorno e il termine della notte>. Una grotta che come un grembo materno, accoglie il visitatore tra soffici e morbide pareti immette in un ambiente ampio, sulle cui candide pareti, curve sinuose ed avvolgenti comunicano un senso di smarrimento: è l’alba, il momento del passaggio dal sonno-sogno alla veglia. La mostra “Dream. L’arte incontra i sogni” completa la trilogia curata da Danilo Eccher per il Chiostro del Bramante, iniziata con “Love. L’arte incontra l’amore”, “Enjoy. L’arte incontra il divertimento”. Per la prima volta al mondo, l’audio guida cambia la sua classica designazione, divenendo un racconto di mostra speciale ed emozionante, interpretato da 14 attori italiani e scritto da Ivan Cotroneo, scrittore, regista, sceneggiatore. Le opere in mostra a cui si alternano lavori site-specific sono state realizzate da artisti di fama internazionale, cui il sito ufficiale del complesso museale ha dedicato pagine molto interessanti.

Peter Giovanni Kogler Fattori - Untitled, , “Soldati 2018 in marcia”, -opera site 1859 specific7


Ottocento. Da Hayez a Segantini Un secolo d’arte in Italia di Maria Chiara Lorenti

Signorini, “L’alzaia”

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opo un anno dalla mostra “L’eterno e il tempo. Tra Michelangelo e Caravaggio” , documentata nel numero di febbraio dello scorso anno, il museo di San Domenico ci propone un’altra meravigliosa mostra: “Ottocento. L’arte dell’Italia da Hayez a Segantini”. Un secolo pieno di contrasti e contraddizioni, il secolo dell’unità d’Italia, dell’emigrazione, che arriva fino alla prima guerra mondiale, conosciuta come la grande guerra, contraddistinto nel mondo artistico da opposte correnti, dal Romanticismo al Realismo, dall’Eclettismo al Simbolismo, dal Neorinascimento al Divisionismo. Dieci sezioni tematiche che suddividono e scandiscono il cambiamento che la nazione, e di conseguenza l’arte, subiscono in quei decenni fondamentali e cruciali. Dal settore storico alla quotidianità della vita moderna, dalla denuncia sociale al paesaggio, al ritratto, temi affrontati con diverse prospettive, con, man mano,

Tommasi, “Gli emigranti”

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sperimentazioni sempre più ardite, ma con l’intento di rappresentare il momento storico vissuto. Il direttore generale della mostra, Gianfranco Brunelli, fa presente che “I due fuochi, iniziale e finale, Hayez e Segantini, tracciano certamente un confine simbolico. Ma quel confine dice a un tempo tutto il recupero della classicità e tutto il rinnovamento di un secolo. Se Hayez viene consacrato da Mazzini pittore della nazione, Segantini avrà da D’Annunzio, in “Ode in morte del pittore”, analogo, alto riconoscimento”. Così “Ruth”, figura biblica reinterpretata con una personalissima rarefazione del repertorio romantico da Francesco Hayez, diviene un’eroina iconica, che la sensibilità del pittore avvolge di sensuale malinconia e si contrappone al misticismo rurale delle “Due madri” di Giovanni Segantini. Mentre “L’alzaia”, di Telemaco Signorini, palesa la condizione di un popolo ai margini, i vinti, uno schiaffo morale ad una minoranza agiata che popolava i salotti bene delle grandi città. Virtualmente si può accomunare a gli “ Emigranti”, di Tommasi, un ritratto attualissimo della condizione degli ultimi, uomini, donne e bambini, costretti all’estremo sacrificio, lasciare la terra natia e gli affetti più cari per sperare di essere accolti in un’altra realtà, per avere una vita più dignitosa. Un salottino intimo, illuminato dalla luce limpida, filtrata da morbidi tendaggi, che delinea i volti delle quattro figure femminili, impegnate “Cucitrici di camicie rosse”, è il soggetto patriottico, accentuato


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in mostra

Lojacono Francesco, “Dall’ospizio marino”

dai colori : bianco, le tende, rosso, le gonne e verde, la tovaglia, che Odoardo Borrani dedica alle donne che sostengono, con il loro lavoro, i volontari garibaldini, fermati in Aspromonte. Specchio di una società privilegiata, è il ritratto multiplo che Federico Zandomeneghi dipinge in “Au thèatre”. Un gruppo di signore assiste, sedute in un palco, alla rappresentazione di uno spettacolo. Due, probabilmente madre e figlia, sono poste in ombra, defilate rispetto alle giovinette in primo piano, illuminate dalla luce proveniente dal palcoscenico. I colori pastello degli eleganti vestiti, ne accentuano le carnagioni eburnee, in contrasti cromatici tono su tono che rendono armonica la scena, mentre il dinamismo viene delineato dalla linea trasversale della balaustra. In ultimo non può mancare il “Quarto Stato”, di Pellizza da Volpedo. Il paesaggio appena accennato fa da scenario di fondo all’azione in primo piano. Un gruppo di operai in sciopero marciano sulla strada assolata. I cappelli calati sugli occhi, le giacche appoggiate su una spalla, un lembo di popolo grigio avanza verso una rivendicazione lavorativa; “Il quadro che intitolerò Il cammino dei lavoratori, e del quale già vi parlai più volte non manca che di finitezza...esso vuol simboleggiare le più grandi

conquiste che i lavoratori vanno facendo tuttodì nel mondo attuale. Per i molti studi preliminari che ho dovuto farvi mi costa già più di tre anni di lavoro, misura più di cinque metri per tre di altezza. Vi si vedono in pieno una quindicina di figure oltre quelle che si intravvedono e che io non ho contate mai”. Questi sono solo alcuni degli artisti presenti in mostra, tra gli altri, solo per citare i più conosciuti, Boldini, Corcos, Costa, De Nittis, e non dimentichiamo gli scultori che completano il ciclo espositivo. Fino al 26 giugno c’è tempo per visitarla.

Muzioli, “La vendetta di Poppea” 9


OZ

It’s no place like home di Valerio Lucantonio

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cinema

“‘OZ’. That’s the name on the street for the Oswald Maximum Security Penitentiary. Oz is retro. Oz is retribution. You wanna punish a man? Separate him from his family, separate him from himself, cage him up with his own kind. Oz is hard times doing hard time.” Sono queste le prime parole nel pilota della serie con cui HBO inaugurava nel 1997 la nuova qualità delle “cable series”. Queste frasi dure e concise costituiscono una perfetta introduzione allo stile e alle tematiche della narrazione, preparando lo spettatore alla visione di un prodotto altamente innovativo, primo passo fondamentale per l’affermazione di capolavori della serialità contemporanea come I Soprano e The Wire. A pronunciare queste prime informazioni sul contesto narrativo, sfondando immediatamente la quarta parete, c’è August Hill (Harold Perrineau), che durante le sei stagioni occuperà alternamente la posizione di personaggio co-protagonista, condannato al carcere a vita, e di narratore extra-diegetico che dialoga con il pubblico riflettendo sui temi centrali di ogni puntata. Fin dai primi minuti è chiaro che questo nuovo show non sarebbe potuto esistere al di fuori di una emittente a pagamento come HBO, la cui mancanza di censura e limitazione dei contenuti ha permesso la creazione di quello che potrebbe essere definito il primo prison drama. Turpiloquio, nudità e violenza al limite dello splatter erano elementi espressivi inediti nella fiction televisiva, che permisero al creatore Tom Fontana e al team di sceneggiatori di discutere esplicitamente tematiche scomode come la sessualità, i conflitti etnici e religiosi e la dipendenza (dalle droghe, dal potere, dalla prevaricazione). Il tono ironico della narrazione, fin dal titolo, è votato a rivelare e deridere le contraddizioni e i paradossi dell’esistenza, che in un ambiente primitivo e ostile come il carcere affiorano ed esplodono in forma estremizzata. La critica al sistema penale e penitenziario tocca un nervo scoperto dell’America, rilanciando una serie di riflessioni universali sulla condizione umana capaci di fornire un ritratto antropologico a tutto tondo sull’insensatezza della maggior parte dei comportamenti sociali. Ogni personaggio, che colga o meno l’insieme di cause determinanti il proprio agire, si ritroverà consapevolmente o involontariamente, presto o tardi, a percorrere l’intero spettro etico ai cui estremi si trovano l’innocente e il colpevole. Dallo spacciatore africano Adebisi, forza della natura totalmente irrazionale e amorale, all’idealista Tim McManus, sempre pronto a investire e a credere in un approccio più umano alla riabilitazione dei detenuti, nessun abitante di Oz è esente dal cambiamento. Chiunque può essere ucciso (basti pensare alla morte di uno dei protagonisti nel pilota), commettere un crimine o redimersi, trovare o rinnegare la fede, tradire o scoprire amicizie e alleanze inaspettate. I pochi elementi narrativi a disposizione degli autori hanno richiesto loro un continuo sforzo inventivo per rianimare e mettere in discussione una narrazione costantemente a rischio di ripetitività. Se in certa misura la reiterazione è inevitabile, essendo una delle condizioni costitutive della vita carceraria, per quanto riguarda l’originalità di personaggi e soluzioni gli scrittori sono riusciti il più delle volte a ideare risvolti inediti e plausibili al tempo stesso. Nonostante il limite spaziale – il racconto non esce mai dalle mura del penitenziario, se non durante i flashback che mostrano i crimini commessi dai personaggi – e il necessariamente alto tasso di mortalità (si contano in totale 112 decessi), la serie è riuscita a espandersi rimanendo all’interno dei propri limiti. Con il proseguire delle puntate vengono introdotti nuovi luoghi fissi della prigione, come il braccio della morte, e nuovi tipi di detenuti: si spazia dal terrorista irlandese al poliziotto sotto copertura, dal predicatore disonesto al politico corrotto, e anche le morti variano di continuo, dal più comune accoltellamento fino all’auto-cannibalismo.

Oz ha contribuito a definire un nuovo modello di racconto televisivo anche dal punto di vista dello stile. Sul piano puramente audiovisivo, troviamo il sonoro quasi unicamente diegetico e la regia, divisa tra un generale approccio documentario asettico – colorito dallo slang e dagli accenti eterogenei dei personaggi – e sprazzi di massima eccentricità espressiva, come la già citata rottura della quarta parete o le scene oniriche e allucinatorie. Dal punto di vista della serialità, l’innovazione è data dalla scelta di non intersecare i vari archi narrativi, ma di presentarli in sequenza, a blocchi unitari, e dalla grande intuizione di caratterizzare ogni singola puntata non con lo sviluppo di una trama autoconclusiva, ma con una tematica centrale, oggetto degli sproloqui di Augustus. La complessità estetica e la valorizzazione recitativa della miriade di grandi interpreti coinvolti fanno intendere l’obiettivo proposto e realizzato da Tom Fontana e colleghi, sintetizzato perfettamente nelle ultime frasi dello show, recitate ovviamente dal solito Hill: “The story is simple. A man lives in prison and dies. How he dies... that’s easy. The who and the why is the complex part, the human part, the only part worth knowing. Peace.” 11


Illustratori illustri

Addio a Tomi Ungerer e Grazia Dinasio di Patrizia Vaccaro

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n questi ultimi mesi sono venuti a mancare grandi artisti, che hanno fatto la storia dell’ illustrazione, ai quali giovani disegnatori possono far riferimento, per cui ci sembra giusto e doveroso scrivere due righe per ricordare Tomi Ungerer e Grazia Dinasio. Forse i nomi non diranno gran che ai più, ma le loro opere sicuramente si, anche se non siete degli “addetti ai lavori”. I due sono accomunati, dall’età, dalla morte ravvicinata e dalla fama.

Tomi Ungerer, scrittore e disegnatore francese, è morto all’età di 87, lo scorso 9 febbraio 2019, noto per i suoi libri per bambini, autore di oltre cento volumi che andavano dai temi dell’ infanzia, ma anche della politica, al sociale e al sesso. Nato a Strasburgo, in Alsazia, il 28 novembre 1931, una curiosità: non fu

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proprio uno studente modello, tanto da essere allontanato dalla scuola di arti decorative dopo un anno di frequenza, ciò lo ha portato a viaggiare in autostop per l’Europa arrangiandosi come decoratore di vetrine per negozi. Questo suo carattere inquieto e ribelle, affiancato all’impegno politico e sociale, lo porterà negli anni a toccare temi importanti. Nel 1956 si trasferisce a New York, dove pubblica i primi libri illustrati per bambini: come le storie dei “Mellops”, una famiglia di suini. Negli Stati Uniti, nello stesso periodo, emerse il suo lato satirico, schierandosi contro la guerra in Vietnam con delle vignette del 1962. Il suo spirito polemico e graffiante emerge poi nel 1970 con “Fornicon”, un libro erotico che fece talmente scandalo da limitare la pubblicazione di nuovi libri per bambini. Negli anni ‘70 si trasferisce con la famiglia in Irlanda, dove rimarrà fino alla sua morte. Vincitore di diversi premi, tra cui il Premio Hans Christian Andersen per il miglior illustratore, nel 1998 e nel 2002 il premio Andersen italiano per il migliore autore, fino al recentissimo Legion d’Onore che nel 2018 la repubblica francese gli assegna.

Tra le sue opere tradotte in italiano ricordiamo Otto, autobiografia di un orsacchiotto, I tre briganti, La nuvola blu, Il maniaco sessuale, Il kamasutra delle rane, Le avventure dei Mellops, Lo strano animale del signor Racine, L’uomo della nebbia. “O come Otto” (Mondadori), dove, attraverso un orsacchiotto di stoffa, Ungerer tocca i temi del nazismo attraverso questo personaggio e ripercorre la storia di un’amicizia perduta a causa di una stella gialla, appuntata sul petto dei due bambini suoi compagni di gioco. Nei “I tre briganti” dal cuore tenero, vengono convinti dalla piccola Tiffany ad utilizzare le loro refurtive per comprare un castello dove poter ospitare i bambini orfani. La sua città natale, Strasburgo, gli ha dedicato un intero museo, a cui ha donato oltre 11mila disegni originali insieme a sculture e libri. La sua opera completa si stima che comprenda circa 40mila disegni. Spaziava dal genere fantastico all’aforisma, dalle fiabe insolite e pungenti alla satira di costume, dall’illustrazione al design, dalla pubblicità alla scultura, non c’è ambito dell’espressione artistica che questo artista non abbia sviluppato, con un tratto sempre aggraziato.


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illustrazione

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razia Nidasio, morta lo scorso 24 dicembre 2018, all’eta di 87 anni, nella sua casa di Certosa di Pavia, è fumettista ed illustratrice.

Nata a Milano nel 1931, frequenta il liceo artistico e l’Accademia di Brera, collabora con il Corriere dei Piccoli prima come disegnatrice, poi come redattrice. Riconosciuta come “caposcuola del fumetto italiano”, ha creato o disegnato vari personaggi come Scaramacai, Violante, dottor Oss, Nicoletta, Valentina Mela Verde e la sorella Stefi, e il Piccolo Mugnaio Bianco protagonista della campagna pubblicitaria del Mulino Bianco negli anni ‘80. Con il fumetto Valentina Mela Verde, vinse lo Yellow Kid, premio assegnato al miglior fumetto, al Salone Internazionale dei Comics del 1972. Negli anni non ha mai smesso d’illustrare libri per ragazzi per tutti i più importanti editori, collaborando con molte riviste e case editrici: tra gli altri, Mondadori, Einaudi Ragazzi, Salani, Universo, Smemoranda. Con “Valentina Mela Verde” vince lo Yellow

Kid, premio assegnato al miglior fumetto, al Salone Internazionale dei Comics del 1972. Vinse anche il prestigioso premio Andersen come miglior autore nel 1987, con una menzione speciale alla carriera nel 2001. Dal 1984 al 1987 è stata presidente dell’Associazione illustratori. E’ stata

presidente sin dalla fondazione, nel 2000, del Silf, il sindacato di categoria dei lavoratori settori fumetto, illustrazione, animazione. Si occupa anche di sceneggiatura per molti cartoni animati e sigle sia della RAI che di Mediaset, comunicazione visiva, sarà la carica tenuta fino al 2008. I suoi fumetti sono stati pubblicati anche all’estero, ottenendo un grande successo in Francia, Argentina, Brasile e venendo adattati in

prodotti animati. La Nidasio è stata una delle prime donne a ottenere la popolarità come autrice di fumetti e illustratrice, un vero esempio per le giovani che si vogliano approcciare a questo mestiere. Un pò schiva alle interviste, nonostante il suo notevole curriculum, ha un suo segno fluido e nervoso, molto originale, veloce, dinamico, attento ai dettagli, che gli permettono di rappresentare al meglio le epoche in cui ambienta le sue storie. Cerca attraverso il linguaggio dei fumetti di stimolare i ragazzi alla lettura del quotidiano, infatti attraverso la sua ragazzina milanese “Valentina mela verde” racconta dei primi amori, i conflitti fra genitori e figli, gli sport, le feste a sorpresa, il volontariato, gli amici di penna, i motorini… sotto forma di diario. Dopo la conclusione del fumetto, nel 1976 l’autrice creò uno spin-off incentrato sulla Stefi, la sorella minore di Valentina, conquistando così una nuova generazione di lettori. Uno degli ultimi lavori è l’Orlando Furioso raccontato da Italo Calvino (2009), la Nidasio si serve del collage inserendo figurazioni presenti nell’immaginario collettivo: come l’impronta di Aldrin sulla luna, la Maya Desnuda di Goya, e il ritratto di Ariosto eseguito da Tiziano, per citarne alcuni. Questo modo di utilizzare le immagini care alla contemporaneità dimostra un’ intelligenza comunicativa veramente all’avanguardia. Sicuramente questi due artisti così attivi nella loro vita saranno d’esempio e guida alle nuove generazioni di illustratori. 13


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Metti una sera… al Teatro Ghione di Rossana Gabrieli

A due passi dal Vaticano, in via delle Fornaci, si trova il Teatro Ghione, uno dei teatri storici della capitale. Accogliente, ampio, con i suoi 500 posti, è di una eleganza antica e avvolgente, con i suoi interni in velluto rosso: anche questo contribuisce al suo charme. Ma, ovviamente, non solo. Il suo repertorio comprende classici come Wilde, Pirandello, Shakespeare e Goldoni, oltre a concerti musicali, e gli attori che calcano il suo palcoscenico sono tra i più prestigiosi e noti del mondo dello spettacolo. Il programma che attende gli spettatori nelle prossime settimane ci aiuta a farci un’idea: dal 21 al 24 Febbraio “Lucio incontra Lucio”, di Liberato Santarpino con Sebastiano Somma, dedicato a due grandi ed indimenticati protagonisti della musica italiana, Dalla e Battisti; dal 26 Febbraio al 3 Marzo “Il fi Mattia Pascal”, di Luigi Pirandello, con Felice Della Corte, Alessia Navarro, Siddhartha Prestinari, Paolo Perinelli, Maurizio Greco, Marco Lupi, Livia Lucina Ferretti; ”Se questo è un uomo”, dal 30 gennaio al’l11 febbraio, tratto dal celebre romanzo di Primo Levi,

Teatro

con Daniele Salvo, Martino Duane, Simone Ciampi; dal 12 al 17 Marzo “Romeo e Giulietta”, un classico intramontabile di William Shakespeare, per la regia Selene Gandini. La stagione del Ghione proseguirà, però, fino al mese di maggio con altri spettacoli tutti da scoprire. Ricordiamo, poi, che al Teatro Ghione è possibile avvicinarsi al mondo della recitazione grazie ai suoi laboratori. Come si può leggere nella pagina web dedicata: “I giovani hanno bisogno di riavvicinarsi alla dimensione teatrale diventando protagonisti della scena, vivendo un’esperienza che favorirà lo sviluppo delle loro potenzialità e capacità espressive, permettendogli di entrare in contatto con quelle parti di sé che, per inibizioni personali, sociali e culturali vengono fatte tacere e che possono, invece, essere riscoperte come importanti risorse. Inoltre il lavoro teatrale, è di stimolo alla socializzazione ed alla capacità di lavorare insieme, attraverso la progettazione di un obiettivo comune, quale può essere la messa in scena di uno spettacolo. Per questo anche la scelta del testo da portare in scena diviene un obiettivo da raggiungere “insieme”, come conclusione di un lavoro collettivo. Una formazione completa per ragazzi di tutte le età”. Per info: http://www.teatroghione.it/

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La Roma insolita

Le pietre d’inciampo a Roma – per non dimenticare di Nicola Fasciano

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’iniziativa di disseminare le strade delle città dei paesi europei di piccole sculture che ricordassero i cittadini vittime della sterminio nazisti nei luoghi di origine, è nata a Colonia nel 1992 da una idea dello scultore tedesco Gunter Demning. Le Pietre d’inciampo (Stolperstein in tedesco), si riconoscono perché sono piccole targhe di ottone delle dimensioni di sampietrini piantate nel selciato davanti le abitazioni delle vittime oppure davanti ai luoghi di lavoro dove furono catturati per perpetuarne il ricordo. Non solo deportati nei campi di sterminio, ma anche elementi della resistenza, partigiani catturati e trucidati dalle truppe tedesche di occupazione. L’espressione “inciampo” non deve essere intesa necessariamente come qualcosa di fisico, ma soprattutto una esperienza visiva e mentale necessaria a far riflettere chi si imbatte casualmente nell’opera, su quello che è stata la shoà e sugli orrori e sulle sofferenze che ha portato. Come dichiara lo stesso scultore, che generalmente partecipa anche alla posa delle pietre, l’installazione di ogni Stolperstein è un processo doloroso, ma anche positivo perché rappresenta un ritorno a casa, almeno della memoria di qualcuno. A inizio gennaio 2019 se ne contano più di 71000 sparse in quasi tutti i paesi europei che furono coinvolti nella tragedia nazista e al momento solo la Danimarca, l’Estonia, la Bielorussia e qualche paese balcanico non hanno ritenuto di aderire al progetto. La prima posa delle Pietre d’inciampo in Italia è stata realizzata a Roma il 28 gennaio del 2010 grazie all’associazione “Arte in memoria”: trenta sampietrini, dedicati a ebrei, politici e

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carabinieri, sono stati installati in cinque municipi della capitale. Altre installazioni a Roma sono seguite con regolarità negli anni successivi e anche altre città italiane ne hanno seguito l’esempio: Genova, L’Aquila, Prato, Livorno, Brescia, Ravenna, Venezia, Reggio Emilia, Milano e Torino. Per quanto riguarda Roma, a Torpignattara l’associazione Ecomuseo ad duas lauros sta conducendo una pregevole azione di ricerca delle origini su coloro che, partecipando a vario titolo alla lotta di resistenza persero la vita, cercando di risalire al loro indirizzo di nascita o, comunque, di abitazione al momento della deportazione. Questo non semplice lavoro di ricerca sta conducendo sia alla periodica installazione di altri monumenti di ricordo delle vittime, ma anche ad una attività di divulgazione sul territorio, rivolta soprattutto ai cittadini che vogliono approfondire la conoscenza di come il proprio territorio abbia reagito a quanto è successo dopo l’8 settembre 1943, dopo che l’alleato tedesco è diventato di colpo invasore. E questa pregevole attività divulgativa dell’associazione Ecomuseo viene anche arricchita dalle testimonianze in prima persona di coloro che ancora in vita perché molto giovane all’epoca, mantengono ancora vivida la memoria dei parenti che sacrificarono la propria vita e che contribuiscono alla installazione davanti l’uscio di casa. Un esempio è quello della signora Pina che ha recentemente installato il sampietrino dorato dedicato al papà Paolo Renzi, assassinato nel 1944 a Forte Bravetta, proprio davanti la propria abitazione. La speranza che tutto ciò non possa succedere mai più, è strettamente legata a quanto si fa perché non si affievolisca fino a perdersi la memoria di quanto accaduto.


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Roma

“Low Form. Imaginaries and Visions in the Age of Artificial Intelligence” MAXXI, fino al 24 febbraio “Pollock e la scuola di New York” Complesso del Vittoriano. fino al 24 febbraio 2019 “BackScape” RvB Arts, fino al 26 febbraio (gratis) “Angelo Bellobono-linea appennino 1201” AlbumArte, fino al 28 febbraio “Visioni d’Oriente” Museo degli sport di combattimento nel Centro Olimpico FIJLKAM, fino al 2 marzo “Viaggio nel Colosseo. Magico fascino di un monumento” Mercati di Traiano, fino al 3 marzo “Intime finestre” personale di Re Barbus Camera 79 Art Gallery, fino al 3 marzo “Dream. l’arte dei sogni” (articolo a pagg. 6-7) Chiostro del Bramante, fino al 5 marzo 2019 “Canone inverso” personale di Pamela Ferri e Susy Manzo Galleria SpazioCima, fino al 8 marzo “Scavare fossati-nutrire i coccodrilli. Al MAXXI prima mostra personale di Zerocalcare” MAXXI, fino al 10 marzo “Le opere di Giovanni Kronenberg” z2o Sara Zanin gallery, fino al 18 marzo “Donne. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione” Galleria d’arte moderna, fino al 13 ottobre

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Aosta

“Il mondo di Jacovitti” Centro Saint Benin, fino al 28 aprile

Firenze

“Banksy. This is not a photo opportunity” Palazzo Medici Riccardi, fino al 24 febbraio “Intorno al Ratto di Polissena. Pio Fedi scultore classico negli anni di Firenze capitale” Gallerie degli Uffizi, fino al 24 febbraio “Fragili tesori dei principi. Le vie della porcellana tra Vienna e Firenze. Tesoro del Granduca” Palazzo Pitti, fino al 10 marzo “L’Italia a Hollywood” Museo Salvatore Ferragamo, fino al 10 marzo 2019

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Forlì

“Ottocento. L’arte dell’Italia da Hayez a Segantini” (articolo a pagg. 8-9) Museo di San Domenico, fino al 26 giugno

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Milano

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Eventi

“Mario Merz. Igloos” Pirelli HangarBicocca, fino al 24 febbraio “Sanguine. Luc Tuymans on Baroque” Fondazione Prada, fino al 25 febbraio 2019 “Klee. Alle origini dell’arte” MUDEC, fino al 3 marzo 2019 “Romanticismo” Gallerie d’Italia e sedi varie, fino al 17 marzo

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Napoli

“Rubens, Van Dyck, Ribera. La collezione di un principe” Gallerie d’Italia, fino al 7 aprile “Escher” PAN, fino al 22 aprile

Pontedera

“Orizzonti d’acqua tra pittura e arti decorative. Galileo Chini e altri protagonisti del primo novecento” Palp Palazzo Pretorio Pontedera, fino al 28 aprile

Torino

I MACCHIAIOLI Arte italiana verso la modernità Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea, fino al 24 marzo

Trento

“Margherita Sarfatti. Il novecento italiano nel mondo” Mart, fino al 24 febbraio “Sotto il cielo d’Egitto. Un capolavoro ritrovato di Francesco Hayez” Castello del Buonconsiglio, fino al 24 febbraio

Treviso

“Illustri persuasioni. Verso il boom 1950-1962” Museo Nazionale Salce, fino al 17 marzo

Venezia

“Autunno al Fortuny. FutuRuins. Il corpo e la pietra” Palazzo Fortuny, fino al 24 marzo


Zanele Muholi - “Nobody can love you more than you”

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