A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno XIV N° 141 gennaio 2021
Mensile d’informazione d’arte
www.artemediterranea.org
nRitratti e sogni
Le eleganti signore di Vittorio Corcos Roma insolita: n la piccola Londra
Illustrazione: n Gabriele Pino
Corcos, “Ritratto della figlia di Jack La Bolina”
Archeleogia: n Pompei non cessa di stupirci
Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”
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Associazione ARTE MEDITERRANEA Aprilia - PROGRAMMA CORSI 2018-2019 CORSO DISEGNO 1° ANNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 9,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO AVANZATO LUNEDI’ MERCOLEDI’ 18,00 - 20,00
Collaboratori Patrizia Vaccaro, Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, Valerio Lucantonio, Nicola Fasciano, Giuseppe Chitarrini Francesca Senna Responsabile Marketing Cristina Simoncini
Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini
Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale
Amministratore Antonio De Waure
Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore
Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti
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CORSO DI ANATOMIA PER ARTISTI Ins. Antonio De Waure CORSO DI PROSPETTIVA Ins. Giuseppe Di Pasquale
CORSO DI DISEGNO - FUMETTO SCENEGGIATURA ORGANIZZATO DA SCHOOL COMIX APRILIA SABATO 10,30 - 18,45
Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Mensile culturale edito dalla Associazione Arte Mediterranea Via Muzio Clementi, 49 Aprilia Tel.347/1748542 occhioallarte@artemediterranea.org www.artemediterranea.org Aut. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007
CORSI IN ORARIO DA DEFINIRE
CORSO OLIO LUNEDI’ - VENERDI’ 18,00 - 20,00 20,00 - 22,00 MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00
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Sommario La piccola Londra.. Gabriele Pino Pompei non cessa di stupirci Ritratti e sogni
Le tradizioni del Capodanno cinese. 2021: l’anno del Bufalo HOTEL ROOM “I bambini e la Filosofia”
La piccola Londra..
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la Roma insolita
..nel cuore di Roma di Nicola Fasciano
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a ricchezza e la bellezza della nostra città dipende moltissimo anche dalle molteplici scoperte di angoli inattesi, e talvolta inusuali, che sorprendono sempre sia il turista di passaggio che il residente romano curioso. Come quella della “Piccola Londra”, un angolo di Roma costruito in pieno stile british, tanto da poterlo paragonare al quartiere di Notting Hill a Londra. Si trova in pieno centro, nel quartiere Flaminio e ha la caratteristica di avere tutte le case di un colore diverso una dall’altra. Arancione, giallo, rosa, tanti armoniosi e allegri colori pastello decorano le facciate delle case di questa strada, ovvero via Bernardo Celentano. L’idea originale di portare a Roma un
pezzo della capitale britannica, la si deve al sindaco italo-inglese Ernesto Nathan nel 1909 ed è stato realizzato dall’architetto Quadri Pirani. Villette basse, di non oltre due piani e di metratura contenuta nel rispetto dello spazio vivibile, che lasciano filtrare la luce e la vista del cielo. Piccoli portoni in legno, scalette in pietra, deliziosi ingressi con cortili interni, lampioni in ferro battuto sono disseminati opportunamente lungo questa intrigante strada. Il piano regolatore approvato dal sindaco Nathan, che con questa idea prevedeva di portare Roma al livello delle grandi capitali europee, in quanto a organizzazione e decoro, si è comunque limitato a questa splendida strada, la cui storia ricorda quella di un altro bellissimo e originale quartiere di Roma, il quartiere Coppedè, nato anch’esso per estendersi su una superficie più ampia e poi, per motivi diversi, non ultimato nel suo progetto iniziale, anche se ci ha lasciato delle deliziose testimonianze. Attraversando le strade della capitale, non si incontra mai nulla di scontato. 3
Gabriele Pino
Illustratore multitasking di Patrizia Vaccaro
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i sono artisti poliedrici, come Gabriele Pino, giovane illustratore piemontese conosciuto durante la pandemia nel programma educativo “La banda dei fuoriclasse”, andato in onda su Rai Gulp, ancora oggi in attivo, dove disegna mappe concettuali con il suo segno originalissimo. Nel corso delle puntate ha parlato della sua passione per la criptozoologia: disciplina che studia gli animali fantastici delle leggende e la condizione che esistano veramente. Allora abbiamo cercato di approfondire l’argomento. Nato il 25 maggio 1993, ha vissuto tra Cigliano e Moncrivello, durante l’ infanzia gli piaceva disegnare sui bordi delle pagine dei libri, ha frequentato il liceo linguistico e dopo l’Istituto Europeo di Design, illustrazione e visual communication, nel frattempo ha anche frequentato corsi di fumetto serali. Oggi lavora come illustratore freelance, disegna fumetti per riviste e quotidiani, collabora con la redazione de La Stampa su Origami settimanale, per poi arrivare ai primi lavori per l’editoria, ha già un libro illustrato, “La regina del mare” (di Sara 4
Favarò, Edizioni Off) Abbiamo parlato della sua poliedricità: ha collaborato con la designer e ceramista Cecilia Mosso, disegnando sulle sue ceramiche attraverso il processo di decalcomania, per una serie chiamata “Memorie”; su idea di Luigi Ferrando e Matteo Ternavasio (che lavorano sulle eccellenze italiane) ha decorato con inchiostri alimentari delle forme di formaggio, raccontando la storia dei pastori ribelli che portano avanti la produzione tradizionale in forma mitologica. Il suo tratto è spontaneo, unico, mentre disegna durante le dirette RAI, realizza i suoi personaggi in modo dinamico: sempre pronti a fare un movimento o prossimi ad eseguire un’ azione. Le proporzioni sono spesso sconvolte, fa rapidi disegni con la matita o la grafite, per poi procedere con i pennarelli colorati incastrati tra i suoi capelli, difatti la sua chioma raccolta diventa un personalissimo astuccio. Lui stesso ci racconta: “… inizio a produrre delle bozze a matita, invio le proposte se sto collaborando con un cliente, se invece si tratta di un progetto autonomo lascio passare qualche giorno e poi scelgo la bozza che mi colpisce di più a mente fredda. Realizzo i contorni definitivi del disegno a matita, cercando di conservare la genuinità del primo tratto, poi una scansione dei contorni e si colora! In digitale”. Affascinato dai racconti del nonno sulle Masche
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illustrazione
(le streghe piemontesi) ne ha poi realizzato una mostra di illustrazioni per il Castello di Moncrivello, ha approfondito la sua passione sulle credenze, miti, storie popolari, facendo interviste agli anziani del posto, portando avanti Pino andate a curiosare su internet o sulle sue una vera e propria ricerca, fino a realizzare il pagine facebook o instragram. “BESTIARIO D’ITALIA” … Questo progetto si sviluppa nell’ attuazione di viaggi nelle provincie italiane, alla ricerca di creature fantastiche della tradizione orale, come fauni, streghe, grifoni, sirene, draghi per poi diventare libri scritti, illustrati e in parte anche composti a mano, con copertine in serigrafia fatte dall’artista stesso. Il primo volume “BESTIARIO D’ ITALIA , LA SPINA DORSALE” è sugli Appennini, con un itinerario svolto tra cinque regioni: Toscana, Umbria, Campania, Basilicata e Puglia, viaggio avvenuto l’estate del 2017, il secondo è impostato su un viaggio in Sardegna fatto nel 2019. Le prossime tappe dovrebbero essere sulle coste dell’Adriatico, da sud a nord, poi un percorso calabro-siciliano “fra Scilla e Cariddi”, ed ancora il Lazio con i miti romani ed etruschi, per poi risalire sulle regioni delle Alpi ed infine tornare tra le regioni della sua infanzia in Piemonte, Liguria e Valle D’Aosta. Saremo curiosi di scoprire cosa avrà trovato nei sui viaggi e soprattutto come li avrà illustrati, oppure attenderemo altrettanti fantasiosi progetti futuri, se volete scoprire altro su Gabriele 5
Pompei non cessa di stupirci
Scoperto un banco di cibo conservato in modo impeccabile di Cristina Simoncini
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archeologia
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ualcuno vuole un assaggio di germano reale? Gli archeologi hanno portato alla luce un antico thermopolium, ovvero l’equivalente romano di un venditore di cibo di strada, nel sito della Regio V a Pompei. Il banco di vendita, ben conservato, è decorato con vari affreschi raffiguranti una nereide (ninfa della mitologia greca) che cavalca un cavalluccio marino, alti vasi a due manici comunemente usati per la conservazione dei cibi e alcuni dei piatti allora disponibili, come germani reali e galline. Un disegno di un cane muscoloso adorna un altro lato del banco con l’insulto, “Nicia cineadecacator”, ovvero “Nicia” - probabilmente un liberto greco - “cacatore invertito” inciso nelle vicinanze. Sono stati trovati anche vari resti di cibo, tra cui ossa d’anatra, fave, vino e un piatto simile alla paella di maiale, capra, uccelli, pesce e lumache, insieme a piatti da cucina, fiaschi e recipienti per la conservazione. Si pensa che questo thermopolium sia uno dei circa ottanta nella città italiana e gli scavi sul sito sono iniziati nel 2019. Quando gli archeologi hanno scoperto che il bancone era ancora intatto, hanno esteso il progetto per scoprire più area. Ulteriori scoperte ora includono lo scheletro di un piccolo cane e due serie di ossa umane di persone che furono intrappolate quando il Vesuvio eruttò nel 79 d.C. Sebbene i resti siano stati smembrati dagli scavatori clandestini che hanno esplorato il sito nel 17 ° secolo, ci sono prove che uno degli individui aveva circa 50 anni ed era sdraiato su un letto quando il vulcano seppellì la zona. L’apertura al pubblico del sito è prevista per la primavera del 2021 ed è solo una delle scoperte impressionanti a Pompei nel 2020. Fonti: www.thisiscolossal.com
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Ritratti e sogni
Le eleganti signore di Vittorio Corcos di Maria Chiara Lorenti
Vittorio Matteo Corcos, “Dreams” 1896
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a belle èpoque fu un periodo d’oro per l’alta borghesia, una parentesi storica felice, ove tutto, o quasi, era possibile. Le feste nelle loro sontuose dimore brillavano per la presenza di donne gioiello, inguainate in abiti eleganti che esaltavano la loro grazia. I loro salotti erano centri culturali dove si dibatteva di ogni argomento, dalla politica alla religione, dalla letteratura all’arte. Ed anche il mondo dell’arte risentiva di questa libertà di pensiero, i fermenti artistici infiammavano quei salotti e non solo, i bar, le accademie, gli studi erano luoghi dove ci si confrontava, si discuteva, si dissertava sui movimenti che si formavano in quegli anni. C’era chi restava fedele ai canoni classici della pittura e chi se ne discostava accesamente, ritenendola superata ed ancorata a concezioni ormai obsolete. Erano tempi in cui nascevano, in Toscana, i Macchiaioli, precursori degli Impressionisti 8
parigini, dove all’accurata composizione dell’opera si opponeva la ricerca della luce, l’evasione dagli studi chiusi a favore degli spazi aperti, la stesura del colore con pennellate libere e accostamenti cromatici arditi. Tutto e il contrario di tutto, e tra gli artisti più in voga in Italia e a Parigi, c’era Vittorio Matteo Corcos, il pittore delle belle donne, colui che ritraendole le trasformava in esseri trasognanti, in bilico tra realtà e fantasia. Ciò che più colpisce dei suoi ritratti è che, pur essendo quasi fotografici, minuziosi nel riprendere i tratti e oggetti, conferiscono alla persona effigiata una forza, uno stato d’animo, un’espressione intima che ne fa trapelare il carattere e la personalità, tanto da dare l’impressione, a chi osserva, di trovarselo di fronte. Questo connubio tra esteriorità ed interiorità, dà ai suoi soggetti un’aurea di magnetismo accattivante che mitiga l’aspetto rigido e accademico, dandogli una connotazione più naturale. In questi giorni, fino al 14 febbraio, a Bologna, è in esposizione, a Palazzo Pallavicini, una mostra dedicata a lui, “ Vittorio Corcos. Ritratti e sogni”. Divisa in sei sezioni, che illustrano la sua carriera artistica in ordine cronologico, le opere scandiscono le differenze stilistiche sopravvenute dalla seconda metà dell’ottocento agli anni trenta del novecento. Una quarantina di quadri che partono dalla sua vita in famiglia per proseguire con la sua esperienza a Parigi, dove affina il suo talento frequentando De Nittis e Boldini, due pittori italiani che ebbero grande successo nella buona società della capitale francese. Infine, in visione, i paesaggi che dipinse a Castiglioncello, paese elettivo dei Macchiaioli, dove si dedica allo studio naturalistico della campagna. Proprio lì, nella sua villa di Castiglioncello, ricreerà quel salotto culturale che aveva frequentato nella
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Vittorio Matteo Corcos, “Lina Cavalieri”
casa parigina di De Nittis, ospitando, tra gli altri, due dei più rappresentativi poeti italiani, Giosuè Carducci e Giovanni Pascoli. Tra i ritratti più noti, quello della celeberrima cantante Lina Cavalieri, bellissima donna al centro della vita mondana, denominata dal vate, Gabriele D’Annunzio “massima testimonianza di Venere in terra”. Fiera e volitiva, la diva rispecchia tutti i canoni della sua fama, in piedi, eretta in posa, guarda davanti a se, lo sguardo rivolto verso qualcuno o qualcosa non raffigurato, l’elegante vestito da sera evidenzia, con una generosa scollatura, la bellezza del seno, ed una spallina scivolata maliziosamente, sembra suggerirne la evidente sensualità. A questo ritratto ufficiale fa da contraltare quello più disinibito titolato
in mostra
Vittorio Matteo Corcos, “La parigina”
“Sogni”. Una giovane donna, figlia di un amico, siede all’aperto su una panchina, le gambe accavallate e il volto poggiato sul pugno chiuso, le danno un’aria spavalda, sicura di se e per nulla convenzionale, queste caratteristiche fecero scalpore, si parlò molto del dipinto e della modella, il quadro fu poi acquistato dalla galleria d’arte moderna di Roma. Quindi Corcos passò come il pittore che seppe raffigurare al meglio le donne descritte da Fogazzaro e D’Annunzio nei loro romanzi, ma una rilettura più attenta ne rivela un’interpretazione più intima e profonda, non sorda alla psicologia di ognuna di loro, riflettendo anche, verso la fine della sua carriera, l’influenza delle nuove avanguardie che stavano sopravvenendo. 9
Le tradizioni del Capodanno cinese. 2021: l’anno Dalla Beijing Foreign Studies University di Veronica 周梦雪
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l Capodanno cinese, che si festeggia il 12 febbraio 2021, detto anche Festa di Primavera o Capodanno lunare, a differenza del capodanno occidentale, fissato nella notte tra il 31 dicembre e il 1 gennaio, non ha una data fissa, ma varia in base al calendario cinese lunare, oscillando tra la fine di gennaio e la fine di febbraio. Considerata come la più grande festa tradizionale del folklore cinese, il Capodanno è anche una festa popolare che integra le preghiere per ottenere benedizioni e scongiurare i disastri, con le celebrazioni e l’intrattenimento. In questo periodo, inoltre, si svolgono attività di diverso genere. Una festa sontuosa con la famiglia a Capodanno è considerata una parte essenziale della celebrazione. Ci sono, tuttavia, leggere variazioni, in ciò che viene messo in tavola, a seconda della 10
parte della Cina da cui si proviene. Per esempio, nelle province settentrionali, è quasi impossibile perdersi i ravioli a tavola. Infatti è consuetudine mangiarli, e hanno la forma di “yuanbao” (1), si ritiene portino fortuna a Capodanno. Talvolta si infila di nascosto una moneta d’oro o un altro oggetto fortunato in uno dei ravioli. Così chi lo mangia è considerato fortunato per l’anno nuovo. In molte parti della Cina, vi verrà servita una zuppa di dessert chiamata Tang Yuan, o delle polpette di riso dolci e glutinose. Soprattutto in zone come Shanghai, Jiangsu, Zhejiang e Chongqing, si mangiano Tang Yuan la mattina di Capodanno, simboleggiano il ricongiungimento familiare. Yuan significa “rotondità” e “riunione”, per questo motivo il piatto rappresenta l’armonia e le riunioni familiari. I cinesi hanno anche una spiccata predilezione per il pesce durante il festival, a motivo dell’idioma cinese “Nian Nian You Yu” (2), che significa “ prosperità” e “ricchezza”. Va segnalata un’omofonia: il pesce in mandarino ha lo stesso suono di “avanzi”. Quindi l’idea non è quella di mangiare tutto il piatto, ma di lasciarvi qualcosa. La gente lo fa in modo da avere un anno nuovo abbondante, più che sufficiente per mangiare e risparmiare. Molto diffusa, poi, è la distribuzione di buste rosse: si tratta di tradizionali buste di carta contenenti soldi, molto usate come regalo in famiglia tra parenti. Durante il Capodanno, gli anziani consegnano ai loro discendenti soldi, avvolti in una busta rossa. Alcune persone prestano
del Bufalo un’attenzione particolare alla somma di denaro, che dovrebbe essere un numero pari, visto che nella cultura cinese certi numeri possono assumere connotati di buon auspicio o di sciagura. Per esempio, il numero “otto”, è ritenuto il più fortunato in quanto echeggiante ‘prosperità’ e ‘ricchezza’. Invece, il numero “quattro” contiene sfortuna a causa dell’omofonia con la parola “morte” in mandarino. Per cortesia e consuetudine, chi riceve le buste rosse augura agli anziani felicità, salute e buona fortuna per l’anno a venire. Durante il periodo dei festeggiamenti tradizionali, i cinesi si recano sempre nel tempio a pregare. Il culto degli antenati è uno dei rituali fondamentali del Capodanno: fin dai tempi antichi, il popolo cinese coltiva la tradizione di onorare i propri antenati, non dimentica mai di rendere loro omaggio e ringraziarli per la loro benevolenza. La vigilia di Capodanno, vanno preparati i piatti abbondanti e va versato il vino per gli antenati. Generalmente i cinesi tengono molto a mantenere vivo il ricordo dei propri avi e a pregare per la loro benedizione. Il culto degli antenati è, infatti, l’eterno tema delle feste popolari cinesi. Ci sono diverse forme di adorazione per loro: alcuni mettono le tavolette ancestrali in casa, mentre la maggior parte delle persone nelle zone rurali è propensa a visitare il santuario ancestrale, portando di persona le offerte agli spiriti dei parenti defunti. I discendenti offrono l’incenso e si inginocchiano nell’ordine di età, dal più anziano al più giovane. Per questo culto, solitamente, si preparano ciotole e piatti di pesce e carne, serviti in contenitori alti,
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dalla Cina con...
come una campana. Il Festival di Primavera è il più importante festival tradizionale per i cinesi; ha avuto origine nel periodo di Yu Shun3 nel 2000 a.C. e ha quindi una storia di oltre 4000 anni. Ormai, nel XXI secolo, anche se ha attraversato l’era agricola, l’era industriale e ora l’era digitale, il suo valore non è mai cambiato e porta avanti insieme il nostro desiderio di ricongiungimento e di pace, accogliendo il vecchio e il nuovo e l’augurio per una vita migliore. (1) Era un tipo di lingotto d’oro e d’argento utilizzato nella Cina imperiale, dalla sua fondazione sotto la dinastia Qin, fino alla caduta dei Qing nel XX secolo. (2) “Nian Nian You Yu”, 年年有余
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HOTEL ROOM
Ambiente fuori dallo spazio e televisione fuori dalle norme di Valerio Lucantonio
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er un millennio lo spazio per la camera d’albergo esisteva indefinito. Gli uomini lo hanno conquistato, gli hanno dato forma e lo hanno attraversato. E a volte attraversandolo si sono trovati a sfiorare i nomi occulti della verità ”. Con queste parole la voce di David Lynch introduce “Hotel Room”, mini-serie antologica prodotta da HBO prima che questo canale rivoluzionasse la serialità di finzione. Mandata in onda sotto forma di pilota assemblato la sera dell’8 gennaio 1993, la serie creata da Lynch insieme a Monty Montgomery non riscosse quasi alcun successo e venne cancellata, sopravvivendo poi fino ai giorni nostri tramite un rimontaggio (reperibile in rare videocassette o su Youtube) che l’ha resa un film episodico composto da tre parti della durata di circa mezz’ora ciascuna. Ogni storia è ambientata nella stessa camera d’albergo, la numero 603 del Railroad Hotel, ma in un’epoca diversa. Se da una parte questa struttura può ricordare la commedia cult del 1995 “Four Rooms”, dall’altra i toni e il taglio sono completamente diversi, più cupi e spettrali. Il segmento meno incisivo è il secondo, “Getting Rid of Robert” (scritto da Jay McInerney e diretto da James Signorelli), che mette in scena con ironico cinismo tensione sessuale e impulso omicida. Gli altri due episodi, entrambi diretti da Lynch e scritti da Barry Gifford (il quale ha contribuito più o meno direttamente 12
anche ai film Wild at Heart e Lost Highway), sono senza dubbio i più notevoli e riusciti, a partire dai contributi attoriali: memorabili il duello di Harry Dean Stanton e Freddie Jones nel primo e il duetto di Alicia Witt e Crispin Glover nel terzo. A m b i e n t a t i rispettivamente nel 1969, nel 1992 e nel 1936, tutti e tre i racconti trattano di relazioni patetiche e problematiche, come si addice alla tradizione narrativa legata alla location della camera d’albergo o di motel. “Tricks” vede Moe e Lou contrapporsi e contendersi ricordi e identità davanti a una prostituta, “Getting Rid of Robert” spia tre amiche che tramano per scaricare il promesso sposo di una di loro, mentre “Blackout” assiste impassibile all’elaborazione del lutto di una coppia che ha perso il proprio figlio. È come se tutti i personaggi fossero intrappolati, prigionieri di questo micro-mondo che li isola dalla realtà quotidiana facendo emergere pulsioni e rimossi, amplificando e mediando gli stati d’animo per poi indurre un’epifania. La camera d’albergo, presieduta da due inservienti che non invecchiano nel corso dei decenni (anche lo scorrere del tempo è escluso da questo ambiente interstiziale), viene narrata e vissuta come spazio neutrale e duttile in grado di svolgere le funzioni simboliche di confessionale, sala d’interrogatorio, tribunale e perfino palcoscenico con platea, in un continuo rimodularsi delle strutture
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interpersonali degli sguardi e del potere. Il modello è senza dubbio quello teatrale, al quale rimanda immediatamente la fotografia piatta, quasi anonima e spersonalizzata al punto da far vacillare anche la propria insita valenza di tramite spettatoriale. Dominano i campi medi e i primi piani, totalmente al servizio dei dialoghi-fiume che esaltano la dimensione relazionale a scapito di quella introspettiva o performativa, che le vengono volutamente subordinate. “Hotel Room” è senz’altro una delle visioni lynchiane più ostiche, nonché proprio per questo una delle meno apprezzate e ricordate, ma alla soglia del suo trentesimo anniversario si rivela comunque un interessante esemplare di televisione fuori norma e una deviazione dignitosa nel percorso artistico di David Lynch. Concepita in uno dei momenti meno fortunati della carriera del regista, tra il repentino declino di Twin Peaks e il ritorno
televisione
straordinario al lungometraggio con Lost Highway, questa serie fu il terreno di prova – insieme alla coeva sitcom “On the Air”, interrotta anch’essa al terzo episodio – per torcere e piegare i codici televisivi come non mai, tanto da spezzarli. Il risultato è un’opera a tratti insostenibile, narrativamente sfilacciata o fin troppo eterea, ma dal punto di vista tematico ed estetico senza dubbio in linea con la poetica lynchiana, sempre attratta dalla fertilità della trasposizione e del continuo passaggio eterogeneo tra livelli di realtà, piani di rappresentazione e sfere dell’immaginario. “Hotel Room” riesce a mostrare nuovi aspetti e significati possibili del nonluogo e della ripresa televisiva, ricordandoci che anche nell’apparente piattezza del banale si possono smuovere e intravedere quelli che la voce di Lynch denominava come “i nomi occulti della verità ”.
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“I bambini e la Filosofia”
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occhio al libro
Nicola Zippel
di Giuseppe Chitarrini
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a un cinquantennio ormai la filosofia viene insegnata, non ancora in maniera programmatica e sistematica, anche nelle scuole elementari e medie inferiori. Questo insegnamento ha preso il via nelle realtà anglosassoni, e poi, all’incirca dal 2000, anche in Italia. La Philosophy for children è stata fondata da Matthew Lipman, accomunando quasi tutte le diverse pratiche adottate nei riguardi dell’insegnamento delle discipline filosofiche rivolte ai bambini. Lipman – scomparso nel 2010 - fu docente di Filosofia e di Logica prima alla New York University e poi al Montclair State college nel New Jersey; l’idea di insegnare filosofia ai più piccoli gli venne in mente quando notò che i suoi due figli, che all’epoca avevano 10 e 11 anni, non ricevessero a scuola alcuna forma di insegnamento che facesse capire loro i procedimenti logici del ragionamento e a mettere in atto forme di pensiero che avessero una coerenza logica e che scaturissero autonomamente. Nicolò Zippel, docente di filosofia nei Licei, ha attivato da oltre dieci anni, il laboratorio “L’alba delle meraviglie”, operante in varie scuole romane, in particolare nel VII Circolo Montessori, che si basa su un’idea che relativamente si discosta dalla formulazione originaria data da Lipman, perché riserva maggior importanza all’ ambientazione, alla storicizzazione e alla collocazione geografica delle discipline filosofiche da insegnare e “per la critica eurocentrica della filosofia unita all’apertura di un orizzonte interculturale della didattica filosofica”(p. 7). Il progetto ideato da Lipman è una declinazione logico-formale dei concetti elaborati dal filosofo e pedagogista statunitense del novecento J. Dewey e viene denominato P4C (cfr. da p. 27 e 49). Invece nel paradigma denominato PwC (Philosophy with children), si riconoscono, non in maniera polemica e neanche radicalmente diversa rispetto a Lipman, altri studiosi che distinguono fra lo Studio della filosofia, 14
appannaggio degli accademici e degli studiosi ‘adulti’ “e la Pratica della Filosofia con la quale i bambini non imparano qualcosa sulla filosofia, ma fanno filosofia”(pp. 35, 36, 37). Comunque sia l’approccio originario di Lipman, sia quello del PwC, così come la variante ideata dall’autore di questo stesso volume, si rifanno alla filosofia e alla “pedagogia democratica” (cfr. da p. 32 a 35) di J. Dewey. Anche se –mi sembra di aver capitonella ‘versione’ italiana di questo tipo di insegnamento, vengono sottolineati di più i suggerimenti maieutici e lo spirito socratico, con ampi riferimenti alla filosofia greca classica (cfr. p. 25 e da p. 77 a 102) comparando però questo approccio tradizionale con richiami alle ‘altre’ filosofie: quella cinese e alla ‘saggezza’ confuciana, alla quale è riservato il capitolo finale di questo testo (cfr. da p. 105 a 128). Il volume in oggetto – rivolto a chi opera nel campo dell’educazione e ai genitori - parte dal presupposto che l’apprendimento della filosofia dei e con i bambini non solo sia possibile, ma anche auspicabile, uno dei tanti presupposti metodologici ricordati dall’autore è quello di rifiutare la metodica dell’insegnamento frontale, dove lo studente assimila, apprende e memorizza quello che il docente dice; quest’ultimo invece deve confrontarsi in maniera dialogica con i ragazzi (cfr p. 14), contestualizzando (geo) storicamente le narrazioni (perché il discorso filosofico – per i bambini - va impostato in forma narrativa). Una contestualizzazione che, a differenza dell’impostazione a-storica di Lipman, è necessaria per la realizzazione di questa impresa educativa proprio al fine di sviluppare il pensiero critico in maniera autonoma ed indipendente. Anche se il testo è specificatamente di filosofia, le sue pagine sono pur sempre importanti anche per gli educatori in generale, i pedagogisti e per chi si occupa di sociologia dell’educazione e della formazione.
A tutt’oggi solo nelle regioni gialle e bianche sono stati riaperti musei e gallerie
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Roma
“Alberto Sordi, mostra nella sua villa a 100 anni dalla nascita” Villa di Alberto Sordi, fino al 31 gennaio 2021 “La quarta via” Up urban Prospective factory, fino all’11 febbraio “Fornasetti. Theatrum Mundi” Complesso monumentale della Pilotta, fino al 14 febbraio 2021 “L’occento e il mito di Correggio” Palazzo della Pilotta, fino al 14 febbraio 2021 “Mimmo Paladino. Principio di prospettiva” sito web Galleria Vaentina Bonomo, fino al 15 febbraio “A’Rebours. Controcorrente: viaggio antologico nel disegno di Roberto Di Costanzo” Roberto Di Costanzo atelier, fino al 28 febbraio “Bulgari Prize 2020” MAXXI, fino al 7 marzo “Beatrice Pediconi. Nude” Z20 Sara Zanin gallery, fino al 27 marzo “Banksy A visual protest” Chiostro del Bramante, fino al 11 aprile 2021 “Navin Rawanchaikul. Ciao da Roma” MAXXI, dal 4 febbraio al 2 maggio “Ligabue e Vitaloni. Dare voce alla natura” Palazzo Tarasconi, fino al 30 maggio “I marmi di Torlonia” Musei Capitolini,fino al 27 giugno “Il Boresta che non ti aspetti” Micro, fino al 30 giugno “Senzamargine. Passaggi nell’arte italiana a cavallo del millennio” MAXXI, fino al 10 ottobre
Bologna
“Vittorio Corcos. Ritratti e sogni” (articolo a pagg. 8-9) Palazzo Pallavicini, fino al 14 febbraio 2021 “Monet e gli impressionisti. Capolavori dal Musee Marmottan Monet, Parigi” Palazzo Albergati, fino al 14 febbraio 2021
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Firenze
“Imperatrici, matrone, liberte. Volti e segreti delle donne romane” Gallerie degli Uffizi, fino al 14 febbraio 2021
Milano
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Eventi
“Kasper Bosmans” Fondazione Arnaldo Pomodoro, fino al 29 gennaio 2021 “Adorazioni. Benedetto Bonfigli e Bartolomeo Caporali” Museo diocesano Carlo Maria Martini, fino al 7 febbraio “Prima, donna Margaret Bourke-White” Palazzo reale, fino al 14 febbraio 2021 “Chen Zhen. Short-circuits” Pirelli HangarBicocca, fino al 21 febbraio 2021 “La forma del Tempo” Museo Poldi Pezzoli, fino al 1 marzo “Tiepolo. Venezia, Milano” Gallerie d’Italia, fino al 21 marzo 2021 “Frida Kahlo. Il caos dentro” Fabbrica del vapore, fino al 28 marzo 2021 “Divine e Avanguardie. Dalle icone a Malevic e Gondarova, le donna nell’arte russa” Palazzo Reale, fino al 5 aprile 2021. “Carla Accardi. Contesti” Museo del novecento, fino al 27 giugno 2021
Napoli
“Gli Etruschi e il MANN” Museo archeologico nazionale di Napoli, fino al 31 maggio 2021
Parma
“Fornasetti. Theatrum Mundi” Complesso monumentale della Pilotta, fino al 14 febbraio 2021 “L’occento e il mito di Correggio” Palazzo della Pilotta, fino al 14 febbraio 2021
Ravenna
“Dante nell’arte dell’ottocento” Chiostri francescani, fino al 5 settembre 2021
Rovigo
“La quercia di Dante” Visioni dell’Inferno Palazzo Roncale, fino al 17 gennaio 2021
Mostra: Ritratto rosso. Elisabetta Catalano guarda Federico Fellini. CinecittĂ Roma - Prossima apertura. 16