A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno XIV N° 136 giugno 2020
Mensile d’informazione d’arte
www.artemediterranea.org
n Ulisse.
Il viaggio continua John Williams Waterhouse, “Sirena”
Curiosart: la mascherina n nCuriosart: Calida Rawles nuovo supporto artistico?
Dalla Cina: n differenze di genere
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Associazione ARTE MEDITERRANEA Aprilia - PROGRAMMA CORSI 2018-2019 CORSO DISEGNO 1° ANNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 9,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO AVANZATO LUNEDI’ MERCOLEDI’ 18,00 - 20,00
Collaboratori Patrizia Vaccaro, Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, Valerio Lucantonio, Nicola Fasciano, Giuseppe Chitarrini Francesca Senna Responsabile Marketing Cristina Simoncini
Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini
Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale
Amministratore Antonio De Waure
Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore
Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti
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CORSO DI ANATOMIA PER ARTISTI Ins. Antonio De Waure CORSO DI PROSPETTIVA Ins. Giuseppe Di Pasquale
CORSO DI DISEGNO - FUMETTO SCENEGGIATURA ORGANIZZATO DA SCHOOL COMIX APRILIA SABATO 10,30 - 18,45
Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Mensile culturale edito dalla Associazione Arte Mediterranea Via Muzio Clementi, 49 Aprilia Tel.347/1748542 occhioallarte@artemediterranea.org www.artemediterranea.org Aut. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007
CORSI IN ORARIO DA DEFINIRE
CORSO OLIO LUNEDI’ - VENERDI’ 18,00 - 20,00 20,00 - 22,00 MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00
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Sommario
LA MASCHERINA nuovo supporto artistico? Quando il linguaggio si fa MANIFESTO Calida Rawles ULISSE. Il viaggio continua “Differenze di genere nella creazione artistica di personaggi femminili” HANNIBAL “La porta stretta. Come diventare maggiorenni” sul filo di china
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curiosArt
LA MASCHERINA nuovo supporto artistico? di Patrizia Vaccaro
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causa della pandemia, un oggetto, in particolare, è diventato il suo simbolo in questo 2020: la mascherina chirurgica. Da elemento di protezione necessario è diventato un vero e proprio oggetto cult, si è insinuato nel mondo artistico andando a coprire volti di quadri famosi, disegnato e rappresentato ovunque, anche nella street art, fumettisti ed illustratori l’ hanno resa protagonista dei propri lavori a testimonianza del periodo che stiamo vivendo. Si parte dalla mascherina chirurgica usata dai medici, per passare da quelle più tecniche ffp2, ffp3, poi a quelle con valvole, a quelle lavabili, con filtri sostituibili, quelle patriottiche...e via via fino ad arrivare a quelle cucite in casa. Per un periodo erano irreperibili per cui questa necessità ha lanciato l’ imput del fai da te. Naturalmente anche il web non si è fatto attendere, oltre ai vari tutorial su come realizzarle, non sono mancate le proposte ironiche con assurde alternative alla versione classica: abbiamo visto foto di buste della spesa, foglie di lattuga o indumenti intimi… indossati su viso, al posto delle mascherine. Questo supporto di protezione è divenuto un elemento artistico che permette di esprimere la propria creatività, o di lanciare messaggi, l‘estro umano si è sbizzarrito fino a farlo diventare un vero supporto
su cui dipingere, stampare, cercando di mantenere la sua funzione principale: quella di proteggerci dal virus. Di tipologie ce ne sono tantissime tra cui scegliere: alcune riproducono quadri famosi, altre i loghi di squadre sportive o particolari di film, fumetti , con animali e fiorellini… alcune hanno stampe del proprio sorriso o addirittura trasparenti per non nascondere del tutto il volto o la nostra espressività, ridotta al solo sguardo, che possa aiutare anche i non udenti. Chi mai avrebbe immaginato che sarebbe diventato un oggetto fashion, un accessorio della moda da esibire o da abbinare per arricchire il proprio look? La moda ha pensato di attivarsi per fornire mascherine da accostare al proprio abbigliamento, gli stilisti si sono impegnati per rendere questo oggetto il più elegante possibile, utilizzando stoffe e stampe raffinate, addirittura la mascherina da collegare all’ abito da sposa. Anche gli artisti stanno pensando di utilizzarle come opere per mostre imminenti, con mascherine fantasiose da vendere il cui ricavato va alla ricerca di un vaccino per il CORONA VIRUS. Non ci resta che cimentarci nel realizzare, anche noi, la nostra mascherina perfetta, che parli di noi e ci renda unici.
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Quando il linguaggio si fa MANIFESTO Il fascino senza tempo dell’arte applicata di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi
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poi … scoppiò la guerra, la Grande Guerra, con tutto il suo carico d’immane tragedia, ed anche per la grafica ci fu una vera e propria censura. La pubblicità viene minata alle sue radici nella sua vocazione di persuasione al bello, al possesso delle cose e delle emozioni, all’illusione del lusso per tutti. All’iniziale silenzio e sbandamento, segue la creazione di un altro linguaggio al servizio delle sei campagne per la sottoscrizione dei prestiti di guerra, lanciati dal governo italiano, tra il dicembre1814 e il novembre del 1919. La comunicazione diviene più semplice, banale, immediata ed empatica; la guerra, gli affetti familiari e l’amor di patria, sono i soggetti esclusivi dei manifesti spesso non più realizzati da artisti, bensì da ignoti, a volte soldati, subordinando, quindi, la qualità estetica all’immediatezza comunicativa. Ignorando in pieno le avanguardie e soprattutto il rivoluzionario Futurismo, la propaganda ufficiale si affidava alla realistica rappresentazione di bandiere, cannoni, soldati, mutilati e non solo. La pubblicità, inoltre, diviene <gigante>, invadendo lo spazio urbano; alcuni manifesti arrivano a sfiorare i 30 metri quadrati, precorrendo quella che sarà una consuetudine di alcuni decenni più tardi. Alla fine della guerra, con l’invito a sottoscrivere l’ultimo prestito allo Stato per la ricostruzione, le ciminiere fumanti sui manifesti di Mario Borgoni, il salvadanaio
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gigante su quelli di Plinio Codognato, l’Italia alveare generosamente cosparsa di rose di Giovanni Capranesi, risultavano essere rassicuranti evocazioni del lavoro, del denaro e della speranza. Saranno, invece, quelli tra le due guerre, gli anni più importanti e fecondi per le arti grafiche, contraddistinti da trasformazioni linguistiche, nuove consapevolezze propagandistiche e commerciali, riconoscimenti della critica nazionale e internazionale. Nel 1936 venne inaugurata a Roma, nel Palazzo delle Esposizioni, la Prima mostra nazionale del cartellone e della grafica pubblicitaria che presentava, seguendo un percorso cronologico chiaro e completo, il passato e il presente della pubblicità illustrata. Le prove grafiche più interessanti furono, senza ombra di dubbio, quelle riconducibili a grandi aziende. Accanto ai Magazzini Mele di Napoli, (di cui abbiamo scritto nel precedente articolo, quello pubblicato nel mese di maggio), non possiamo non ricordare i Magazzini Bocconi di Milano, ribattezzati, su proposta di Gabriele D’Annunzio, La Rinascente; bellissime e spesso sull’onda del cubo-futurismo sono le immagini ideate da Dudovich per quest’ultima. La donna in abito verde con guanti e cappello bianchi per “La Rinascente novità di stagione” ne è un esempio calzante <<senza che l’usuale eleganza, cifra peculiare del triestino, ne risulti in alcun modo compromessa,
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la figura si fa corpo vivo e mobile, col panneggio che ne enfatizza le forme e la sinuosità, anche la scritta si solidifica, con i caratteri tipografici che diventano micro-architetture>>. Bella, raffinata, emancipata e sicura di sé anche la celeberrima testimonial della FIAT in “La nuova Balilla per tutti, eleganza della Signora”, sempre di Marcello Dudovich. Alla Perugina e alla Buitoni fu poi legato un altro straordinario artista: Federico Seneca, primo vero “direttore artistico” che, nel 1922, per il BACIO, mise a punto la fortunata immagine degli innamorati teneramente abbracciati nella notte, ancora in auge seppur con la variate del cielo stellato. Indimenticabile anche la B morbida e dinamica allo stesso tempo. Nel secondo dopoguerra, Ernesto Carboni, che fu per la Barilla quello che Seneca era stato per la Buitoni e per la Perugina, divenne famoso per un’indimenticabile serie d’immagini a connotazione fiabesca, tra le poche a esprimere una vera identità Déco della grafica pubblicitaria.
dedicato a
Di grande impatto la comunicazione visiva, dinamica e innovativa del Lanificio Rossi, impresa nata a Schio nel 1817 e denominata definitivamente Lanerossi nei primi anni cinquanta, che si è sempre avvalsa della collaborazione degli interpreti più aggiornati della tradizione cartellonistica. Alcuni realizzano dei veri e propri personaggi-icona, come quello disegnato da Armando Testa, destinati ad affiancare i prodotti Lanerossi nell’immaginario del dirompente sviluppo consumistico. 5
Calida Rawles
Sognando nellâ&#x20AC;&#x2122;acqua di Cristina Simoncini
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curiosArt
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Dream for My Lilith” è stata la mostra della West Coast degli USA più discussa del 2020, la prima mostra personale di Calida Rawles, il cui lavoro ha assunto più forme fino a un’illuminante profonda immersione. L’acqua come metafora della vita, della morte, dell’onnipresente sconosciuto e dell’universo, un’ esplorazione appena iniziata. I dipinti realizzati da Calida per accompagnare il celebre romanzo della sua amica Ta-Nehisi Coates, “The Water Dancer”, hanno rivelato i suoi lavori a molti, ma la sua fiamma ha sempre bruciato costantemente, alla ricerca della bellezza, vagando attraverso le acque sia turbate che calme. “Spero di essere una Octavia Butler visuale” ha dichiarato Calida, riferendosi all’autore fantascientifico afro-americano in espansione. Le sagge parole di Butler sono un toccante punto di partenza per la nostra conversazione in tempi incerti: “La gentilezza facilita il cambiamento. L’amore calma la paura. “ Rawles rende le figure fluttuanti in acque azzurre. Generalmente vestiti in bianco o pastello, i soggetti sono circondati da increspature e bolle scintillanti. nell’acqua in movimento mi appare ultraterreno ” “Quando sono nell’acqua e vedo la luce che brilla in alcuni modi ... sembra così magico. Il modo in Fonti: cui il corpo sembra spezzarsi, scheggiarsi e fluire www.thisiscolossal.com, www.juxtapoz.com
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ULISSE. Il viaggio continua L’arte e il mito
di Maria Chiara Lorenti
Francesco Hayez, “Aiace d’Oileo naufrago s’aggrappa a uno scoglio imprecando gli dei”
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in mostra
mai è insito nella brama di acquisire sempre più esperienze di vita, un arricchimento perenne destinato a non estinguersi, né ad appagarsi, che lo spinge a continue avventure ed agli incontri con esseri mitologici e fantastici più incredibili che possa avere. La mostra di Forlì ce lo racconta con più di duecento opere, estrapolate dalla storia dell’arte, che spaziano dalle sculture archeologiche alle opere pittoriche di ogni epoca fino ai nostri giorni. Le traversie dell’Odisseo sono riprodotte in tutti gli aspetti, soprattutto con le creature più misteriose ed affascinanti. Un intero settore dell’esposizione è dedicato alle sirene, metà donne e metà uccelli, così descritte in origine per incarnare al meglio la seduzione sensuale con il canto melodioso. Solo dal medioevo subiranno una metamorfosi sostanziale, sostituendo le piume con le squame, il cielo con il mare, la libertà del volo verrà soppiantata dalla consapevolezza della vita, l’elemento acquatico è ricco di simbologie legate ad essa, è l’allegoria della nascita e della morte, e quindi della distruzione, tutti principi della vita stessa, l’inizio e la fine, dove tutto è in divenire. In questo, come in altri episodi si esalta l’arguzia di Ulisse, che riesce sempre ad affrontare e risolvere le situazioni più infauste, per resistere al richiamo incantatore delle sirene si fa legare all’albero maestro della nave, mentre per salvare il suo equipaggio e se stesso dal famelico Polifemo, lo acceca, uccide il suo gregge, e indossandone il vello, inganna il ciclope, riuscendo a salpare dalle terre di Trinacria. La prima parte della mostra è ambientata nella scenografica chiesa di san Domenico, dove teatralmente sono esposti, in un ipotetico circolo, le statue romane e greche dei personaggi dell’Odissea, che idealmente circondano e ammirano la nave di Gela, sospesa al centro della navata, ripescata alla fine degli anni novanta, è il più antico ritrovamento di una nave così come descritta da Omero. Piccolo, eppure possente, Ulisse riusciva a catturare l’attenzione altrui con i suoi racconti di viaggi, con la sua oratoria, così affascinò Nausicaa, e le altre figure femminili che si incontrano nell’opera, come la maga Circe, a cui doveva strappare i suoi uomini tramutati in porci, e con l’astuzia che lo contraddistingue, ci riuscirà, ma la donna più importante per lui è Penelope, sua moglie, che non meno astuta del marito, riesce a tener testa ai Proci, che la volevano sposa per impadronirsi di Itaca, ma lei con lo stratagemma della tela, che tesseva di giorno per disfarla di notte, li tenne a bada fino all’arrivo del suo sposo, che truciderà gli usurpatori. Una storia bellissima e affascinante che il museo illustra con mirabili opere, dipinte, scolpite, incise dai più grandi artisti di ogni tempo. E’ come farsi trasportare da un racconto meraviglioso, con eroi e mostri, con avventure e storia, dove realtà e fantasia convivono, fondendosi una nell’altra, creando una tra le più interessanti ed avvincenti storie mai scritte.
John Williams Waterhouse, “Circe invidiosa”
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hi non ha studiato sui banchi di scuola l’Odissea, l’opera omerica, o non ha visto la trasposizione cinematografica degli sceneggiati in tv, che narrano le vicissitudini dell’astuto eroe greco che ideò lo stratagemma del cavallo di Troia, il re di Itaca che non riusciva, o non voleva, ritornare alla terra natia? Ulisse, l’uomo che per dieci lunghi anni, dopo la distruzione di Troia, vagò per mari e per terre, prima di riuscire finalmente a tornare al suo regno. Ulisse è la raffigurazione dell’eterna ricerca del sapere e della conoscenza, il suo peregrinare e non fermarsi
Jordaens, “Ulisse e i compagni scappano dall’antro di Polifemo”
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“Differenze di genere nella creazione artistica di personaggi femminili” di Cecilia Qu Mingyue (Beijing Foreign Studies University
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iuditta, come eroina biblica, pone in evidenza le diverse interpretazioni delle differenze di genere: la versione maschile e quella femminile riflettono svariate prospettive e interpretazioni poste da artisti di correnti diverse. Per molto tempo, i personaggi delle serve dipinte intorno a Giuditta mantennero un’immagine relativamente giovane, ma a partire da Caravaggio divennero donne molto anziane. Questo si inizia a notare sin dal dipinto che ritrae la giovane Maria e la madre di San Giovanni Battista: più giovane e bella è la prima, più vecchia è la seconda. Giuditta di Caravaggio è più simile ad un’estranea neutrale che ad un’eroina, in bilico tra sacro e brutale. Questo perché lo stesso Caravaggio si trovava, come Giuditta, sulla linea di demarcazione tra crimine e giustizia, tra violenza e inganno. Lo stesso personaggio “Giuditta”, è visto come incarnazione dell’eroina violenta, come simbolo di forza femminile che intimorisce l’uomo. In definitiva, Caravaggio le ha dato la natura scultorea statica che è tipica di un simbolo eterno. Il cristianesimo ha generalmente diviso le donne in due categorie estreme: prostitute o madri pure, con il prototipo della meretrice coincidente con Eva, che sedusse Adamo e per colpa della quale gli uomini furono espulsi dal Paradiso. Durante l’era cristiana, il corpo femminile venne anche identificato con l’incarnazione irrazionale, deformata dal male a causa della sua 10
forma naturale. Il corpo della Vergine, al contrario, è sempre stato un modello per le donne secondo un’interpretazione religiosa: Maria è incinta e ha figli, quindi il suo corpo è laico, rappresenta le funzioni riproduttive e di cura della prole; al tempo stesso però la gravidanza della Vergine non è macchiata dall’impurità e condannata dalla religione, perché l’Amore spirituale è incoraggiato dall’ideologia cattolica. Nel ritrarre Giuditta, Caravaggio focalizza il suo sguardo sulla sua vittima e il suo viso mostra dolore e rimorso, addirittura è chiaramente addolorato dalla sua azione. Il suo abbigliamento è appropriato e Caravaggio sceglie di vestire Giuditta in una camicetta bianca impeccabile e immacolata, che si abbina ai suoi orecchini di perle. Non solo non c’è una goccia di sangue su Giuditta, ma lo spruzzo di sangue è in realtà diretto lontano da lei. Il baldacchino rosso sangue che separa Giuditta da Oloferne significa di nuovo la presenza di Dio, anzi il suo mandato, e quindi per questo Giuditta è l’epitome della virtù. Decapitare il peccato di lussuria è solo un altro modo di dire che Giuditta abbia castrato Oloferne; l’associazione tra decapitazione e castrazione è un motivo psicoanalitico generalmente condiviso. Veramente, Giuditta divenne nel medioevo la personificazione di virtù, castità e umiltà e questo tipo di immagine incarna a da Giuditta rifletteva lo stereotipo delle donne nella società patriarcale: le donne sono belle creature, silenziose e deboli, non idonee alla battaglia. La differenza tra Giuditta e la serva è legata allo “sguardo scrutatore” del maschio, concetto sviluppato per la prima volta dalla critica cinematografica femminista da Laura Mulvey nel suo saggio del 1975 intitolato “Visual Pleasure and Narrative Cinema”; la Mulvay sostiene che l’asimmetria del potere di genere è una forza di controllo profondamente radicata nelle ideologie: “La storia dell’arte occidentale è in realtà una storia visiva del sessismo: l’estetica patriarcale oscura e distorce la creatività, il talento e l’autenticità delle donne. Esse vengono sfruttate dall’economia, riducendo la storia dei diritti sessuali dal punto di vista degli uomini”.
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A l c o n t ra r i o, i d i p i n t i d i A r t e m i s i a G e n t i l e s c h i s u l l o s t e s s o t e m a m o s t ra n o un chiaro controesempio: la scelta di inserire la potente immagine di una g i o va n e s e r va n e l d i p i n t o n o n e ra c o m u n e a i t e m p i d ’ o r o d i C a ra va g g i o. L e g i o va n i s e r ve n o n a ve va n o a l c u n e f fe tt o s u l l a c r e a z i o n e d i u n p a l c o s c e n i c o t e a t ra l e p i e n o d i a n a l o g i e d i s u g u a l i , m a e ra n o d i g ra n d e a i u t o n e l r i p r i s t i n a r e u n a s c e n a omicida realistica. S u l l o s fo n d o s c u r o, O l o fe r n e c h e s i ribella e si agita, il sangue, che schizza disegnando linee rosse, rende il quadro o p p r i m e n t e e r e a l i s t i c o, p i e n o d i d i n a m i c h e e fo r z a . Q u e s t o p o t e r e d e r i va n o n s o l o d a l l a d ra m m a t i c a r e a z i o n e d i O l o fe r n e , m a a n c h e d a G i u d i tt a e d a l l a s e r va . L e b ra c c i a d i G i u d i tt a s o n o r o b u s t e e p i e n e d i fo r z a , c o n l e m a n i c h e a r r o t o l a t e i n a l t o, c o n u n c o l t e l l o i n u n a m a n o e a f fe r ra n d o s a l d a m e n t e i c a p e l l i d i O l o fe r n e c o n
dalla Cina...
l ’ a l t ra . U n ra g g i o d i l u c e i l l u m i n a i l s u o p e tt o e l e s u e b ra c c i a e fo c a l i z z a g l i o c c h i d e l l o s p e tt a t o r e s u l p u g n a l e l u m i n o s o. L e lenzuola bianche sono coperte di sangue e il pugnale sta per tagliare la testa di O l o fe r n e , l a c u i e s p r e s s i o n e fa c c i a l e annunzia la sua incapacità di resistere. La presenza della domestica allevia il c r i m i n e d i G i u d i tt a , c o n fo n d e n d o i l g i o c o d e l l e r e s p o n s a b i l i t à n e l l ’ o p e ra . L a l o tt a d i O l o fe r n e m o r e n t e è d i r e tt a ve r s o l a s e r va , e l a s u a m a n o d e s t ra s i s t r i n g e a l c o l l o d e l l a d o m e s t i c a e n o n a q u e l l o d i G i u d i tt a . L’ a b i t o r o s s o d e l l a d o m e s t i c a r i s p e c c h i a p e r s i n o i l s a n g u e d e l m o r i b o n d o. Ve c c h i e g i o va n i , p o i c h é s o n o i m p e g n a t i i n u n ’ a b i l e c o o p e ra z i o n e , s o n o s t r e tt a m e n t e allineati e i loro movimenti sono irregolari: c o n i n m a n o i l c o r p o i n l o tt a d i O l o fe r n e , u n a a f fe r ra u n a m a n o, l ’ a l t ra p o r t a u n coltello sulla spalla; una tiene in mano un c e s t o, l ’ a l t ra t e n d e u n c o l t e l l o d a va n t i a s é e s i a c c o va c c i a : t u tt o c i ò s i m b o l e g g i a un omicidio ben pianificato e premeditato d a m o l t o t e m p o. N o n o s t a n t e i l fo r t e e l e m e n t o d i p o t e r e fa l l i c o a tt r i b u i t o a G i u d i tt a nelle ra f f i g u ra z i o n i d i d o n n e p i tt o r i , e l l a r i m a n e fe m m i n i l e i n e s s e : i n d o s s a g ra z i o s i a b i t i e gioielli e la sua sessualità, sebbene n o n e n fa t i z z a t a , è c o m u n q u e p r e s e n t e . G i u d i tt a e m e r g e d a l l a vo r o d e l l e d o n n e p i tt r i c i c o m e p r o t o t i p o d e l l ’ e m p o w e r m e n t fe m m i n i l e . Tu tt a v i a , q u e s t o i d e a l e p r o t o - fe m m i n i s t a d i G i u d i tt a n o n è c i ò c h e t r o v i a m o n e l t e s t o b i b l i c o. L ì , n o n o s t a n t e l a s u a i n t e r p r e t a z i o n e d i u n a ve d o va d e vo t a e c o ra g g i o s a c h e s a l va i l s u o p o p o l o, G i u d i tt a n o n p u ò s fu g g i r e a l r u o l o d i strumento usato da Dio per umiliare il suo a v ve r s a r i o e p e r t a n t o i l s u o a p p a r e n t e p o t e r e r e s t a i l l u s o r i o.
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HANNIBAL
Serie dallo stile affascinante sul fascino del Male di Valerio Lucantonio
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ecentemente si è tornati a parlare della serie cult di Bryan Fuller (ovviamente basata sui romanzi di Thomas Harris resi celebri soprattutto dai film con Anthony Hopkins nei panni dell’intrigante cannibale), approdata a inizio giugno sul Netflix statunitense. Questa nuova riproposizione ha risvegliato le speculazioni e le speranze di chi desidera un proseguimento dopo l’interruzione alla terza stagione per calo di ascolti. Fin dalla chiusura i protagonisti Mads Mikkelsen e Hugh Dancy (intrepreti di Hannibal Lecter e Will Graham) si sono detti disponibili a tornare, e da anni Fuller ha rivelato la sua intenzione di realizzare una sua versione de “Il silenzio degli innocenti”, unico capitolo della saga letteraria a non essere stato minimamente affrontato – se non con alcuni rimandi e strizzate d’occhio – all’interno della versione televisiva. La particolarità dell’ideazione di Hannibal è 12
proprio la relazione che essa intrattiene con i suoi predecessori: l’operazione è più coerente e organica rispetto ai film (in cui attori diversi si sono alternati negli stessi ruoli a distanza di anni, come i registi) ma anche meno fedele e pedissequa. È infatti il caso di parlare di un adattamento libero e originale piuttosto che di una trasposizione precisa dei racconti letterari, poiché probabilmente l’interesse di Fuller verteva sulla conversione dell’atmosfera e dei personaggi così particolari e suggestivi in una diversa progressione di eventi. Nel corso delle prime due stagioni assistiamo a una sorta di prequel in cui viene messo in scena per la prima volta il periodo precedente alla cattura del dottor Lecter, finora solo evocato come antefatto. Fin dalla prima puntata un conoscitore dei libri e dei film noterà alcune variazioni sui personaggi e sulla cronologia originaria che nella terza stagione arriveranno
n – anche a causa della riprogettazione in corso d’opera in vista della chiusura forzata – al punto di ibridare e stravolgere elementi provenienti da più romanzi, in particolare Red Dragon e Hannibal. La prima stagione propone un’interessante unione di “crime procedural” e thriller psicologico (ogni episodio porta avanti il rapporto tra Lecter, Graham e Jack Crawford, ma è incentrato di volta in volta su casi investigativi atipici in cui spesso le vittime sono state trasformate, elevate a perverse opere d’arte o convertite ad altre funzioni) mentre la seconda vira sull’evoluzione orizzontale delle relazioni tra i personaggi e la terza sfocia in una successione di puntate eterogenee per respiro, ambientazioni e tematiche. Alla creatività ed ecletticità della componente produttiva si affianca l’aspirazione ambiziosa di rivaleggiare con le serie via cavo, aspirazione realizzata in quanto Hannibal è probabilmente non solo uno dei prodotti più audaci di NBC, ma uno degli apici di complessità e raffinatezza dell’intera televisione broadcast. Sul fronte audiovisivo sono notevoli la cura per il sound design, dominato da perturbazioni e sibili elettronici ma viscerali, e la meticolosa e morbosa attenzione della fotografia tanto sui cadaveri sfigurati e plasmati quanto sui ricercati piatti di Lecter (è alquanto disturbante realizzare come questi soggetti estetici coincidano spesso, in una realtà in cui la morte è massima espressione di arte e vita). I dialoghi brillanti e gli effetti speciali, in particolar modo quelli fisici, sono altrettanto ricercati e incisivi inducendo un’involontaria ammirazione per le scabrose incarnazioni che possono assumere il pensiero e l’agire umano. Se la cifra estetica è senza dubbio di discendenza cinematografica, passando
serie TV
dall’orrore delle mutazioni corporali di Cronenberg al surrealismo macabro di Lynch fino al rigore scenografico e compositivo di Kubrick, è altrettanto valorizzata la capacità narrativa della serialità televisiva nel raccontare la tortuosa e ambigua evoluzione del rapporto tra i due protagonisti. Will e Hannibal, entrambi conoscitori ed esploratori delle profondità della psiche, scivoleranno sempre più in una compenetrazione reciproca tramite cui la serie ci racconterà le insondabili frontiere delle pulsioni corporee ed emotive, delle relazioni manipolative e, soprattutto, dei labili confini della soggettività e dell’attribuzione di senso e giudizio.
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occhio al libro
“La porta stretta. Come diventare maggiorenni” Di Umberto Curi di Giuseppe Chitarrini
“L
a porta stretta”, alla quale si riferisce il titolo di questo volume, è la porta dalla quale bisogna transitare per accedere al regno dei cieli. Così si esprime Luca nel suo Vangelo, parlando di un passaggio non facile e per il quale occorre combattere, lottare, saper affrontare dolore e sofferenze, un percorso nel quale occorre scrollarsi di dosso pigrizia e viltà, senza cedere alla tentazione di non crescere e di rimanere minori (pàidas), nella inconsapevolezza e irresponsabilità; uno stato di minorità e subalternità esistenziale e mentale. Da Socrate a Platone, da Kant ed Hegel, Goethe e Shakespeare, Rousseau e Freud, da Edipo e Abramo, ai fratelli Karamazov, Amleto, fino ai nostri giorni, nella nostra ipermodernità, complessità e globalizzazione multiculturale, nel nostro percorso di civilizzazione è sempre stata presente questa idea paradigmatica del transito come tappa esiziale, come passaggio o come rottura, frattura dolorosa o stadio di avanzamento. Una tappa dell’esistenza che chiude una fase e ne apre un’altra, quindi non come punto di arrivo definitivo e neanche atto ben delimitato o circostanziato a conclusione di un itinerario “lineare e cumulativo…, ma piuttosto un terreno di scontro, in cui si è costantemente chiamati a mettere alla prova le proprie capacità, il proprio valore”(p. 22). E’ piuttosto “un cammino travagliato e doloroso, mosso non da autonoma scelta, ma dalla coercizione, la cui meta finale non è l’aperto di una visione solare…Non basta per diventare maggiorenni, essersi limitati a compiere il primo tratto di fuoriuscita dalla caverna…In ogni fase della nostra vita non avremo accesso…al chiarore splendente di una luce senza ombre, ma soltanto al chiaroscuro di una visione limitata ed 14
imperfetta”(p. 212). Il percorso, comunque, è di transizione e di chiarificazione autoriflessiva, da intendersi anche in termini di quell’Aufklarung (illuminismo, illuminazione, chiarificazione) che è un po’ al centro della trama del percorso di civilizzazione, di un Ethos che si riproduce e si rispecchia a livello individuale, come itinerario biografico di crescita, attraverso il quale si esce ”da una condizione per accedere a uno stadio diverso, e per certi versi opposto, rispetto quello precedente…Il rischiaramento così si concretizza nella dinamica mediante la quale si viene fuori, si abbandonano le ombre per godere della luce”(p.35), come nel drama del prigioniero platonico e della caverna intesa come stato di minorità, indecisione, inconsapevolezza e –kantianamente- colpevole ‘non maturità’ morale prima che intellettiva. Colpevole perchè spesso assume i connotati della pigrizia, dalla mancanza di esercizio di critica dalla comoda in intenzionalità. Dalla ‘indocilità ragionata’ alla competenza critica: da Kant a Foucault (cfr. da p. 36 a p. 39); dalla vicenda edipica alla ‘devozione biblica’, fino all’uccisione del padre, oltre che da Freud ‘visitata’ anche in letteratura soprattutto da Dostojevski, così U. Curi, professore emerito di Storia della Filosofia all’Università di Padova, ci parla in questo bel libro, in maniera evocativa e molto documentata, ricorrendo ad esempi tratti dalla letteratura di tutti i tempi, del percorso umano verso la crescita e promozione di sé delle difficoltà, paradossi, contraddizioni e aporie che ci si parano davanti attraversando quella ‘porta stretta’ che ci si pone e impone davanti a ogni tappa del percorso esistenziale.
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Roma
“Rinascimento marchigiano. Opere d’arte restaurate dai luoghi del sisma” Complesso monumentale di San Salvatore in Lauro del Pio sodalizio dei piceni, fino al 5 luglio “Elliott Erwitt. Icons” WeGil, fino al 12 luglio “Ribbons. Arte contemporanea” Studio CiCo, fino al 24 luglio “Banksy, a virtual protest” Chiostro del Bramante, fino al 26 luglio “Strutture di contenimento” di Mar Hernandez e Lisa Sebestikova White Noise Gallery, fino al 31 luglio “Art Collections” Galleria Rossocinabro, fino al 30 luglio “ Ostile” di Mr Klevra Contemporary Cluster, fino al 30 luglio “World Press Photo 2020” Palazzo delle Esposizioni, fino al 2 agosto “Raffaello” Scuderie del Quirinale, fino al 30 agosto “Civis Civitas Civilitas” Mercati di Traiano, fino al 6 settembre “Il tempo di Caravaggio. Capolavori della Collezioni di Roberto Longhi” Musei Capitolini, Palazzo Caffarelli, fino al 13 settembre “Filippo de Pisis” Musei di Palazzo Altemps, fino al 20 settembre “Ahmed Aisoudani in Between” Palazzo Cipolla, fino al 20 settembre “A distanza ravvicinata” GNAM, fino al 16 ottobre “Tra Munari e Rodari” Palazzo delle Esposizioni, dal 24 ottobre “The Torlonia Marbles, Collecting Masterpieces” Musei Capitolini, fino al 10 gennaio 2021
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Bologna
“Monet e gli Impressionisti. Capolavori dal Musèe Marmottan Monet, Parigi” Palazzo Albergati, fino al 12 luglio
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Firenze
“Tomas Saraceno aria” Palazzo Strozzi, fino al 19 luglio
Forlì
“Ulisse. Il viaggio e il mito” (art. pag.8-9) Musei san Domenico, fino al 31 ottobre
Milano
“Trisha Baga. The eye , the eye end the ear” Pirelli Hangar Bicocca, fino al 19 luglio “Stanze piene di scarabei e mummie” Palazzo Reale, fino al 30 agosto “The Porcelain Room Chinese Export Porcelain” Fondazione Prada, fino al 28 settembre “Disney. L’arte di raccontare storie senza tempo” Mode, fino al 13 settembre “Chagall, Gauguin e Matisse” Museo diocesano, fino al 4 ottobre
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Montevarchi (Arezzo)
“Ottone Rosai” Palazzo del Podestà, fino al 12 luglio
Rovigo
“Marc Chagall. Anche la mia Russia mi amerà” Palazzo Roverella, fino al 5 luglio
Eventi
â&#x20AC;&#x153;Picasso e la fotografiaâ&#x20AC;? Palazzo Merulana, Roma Fino al 26 agosto 16