A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno XI N° 119 novembre 2018
Mensile d’informazione d’arte
www.artemediterranea.org
nBuon compleanno Topolino! nin Mostra: Emozioni
Immagine di Stefan Thelen “Super A”
nin mostra: Chagall
illustrazione: i 90 anni di n Topolino
Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”
Telefona al 347.1748542
Associazione ARTE MEDITERRANEA Aprilia - PROGRAMMA CORSI 2017-2018 CORSO DISEGNO 1° ANNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 9,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO AVANZATO LUNEDI’ MERCOLEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO OLIO LUNEDI’ - VENERDI’ 18,00 - 20,00 20,00 - 22,00 MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00
CORSO INTARSIO SU LEGNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO DISEGNO PER BAMBINI LUNEDI’ - MERCOLEDI’ - VENERDI’ 18,30 - 20,00
CORSO DI DISEGNO - FUMETTO SCENEGGIATURA ORGANIZZATO DA SCHOOL COMIX APRILIA SABATO 10,30 - 18,45
CORSO DI PASTELLO GIOVEDÌ ORE 20-22 SABATO ORE 10-12 INSEGNANTE: BRUNO SAVIOLI
CORSO DI YOGA DELLA RISATA MERCOLEDI’ 20,30 - 21,30
CORSO DI FOTOGRAFIA ORGANIZZATO DA ASS.FOCUSFOTO MARTEDI’- MERCOLEDI’ GIOVEDI’ - VENERDI’ 20,30 - 22,30
Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Collaboratori Mensile culturale edito dalla Patrizia Vaccaro, Laura Siconolfi, Associazione Arte Mediterranea Maurizio Montuschi, Valerio Via Muzio Clementi, 49 Aprilia Lucantonio, Nicola Fasciano, Tel.347/1748542 Giuseppe Chitarrini occhioallarte@artemediterranea.org Francesca Senna, Roberta Pieramici www.artemediterranea.org Aut. del Tribunale di Latina Responsabile Marketing N.1056/06, del 13/02/2007 Cristina Simoncini Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini
Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale
Amministratore Antonio De Waure
Stampa Associazione Arte Mediterranea via Dei Peri, 45 Aprilia
Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti
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Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore
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CORSI IN ORARIO DA DEFINIRE CORSO DI ANATOMIA PER ARTISTI Ins. Antonio De Waure CORSO DI PROSPETTIVA Ins. Giuseppe Di Pasquale
Sommario San Leopoldo sulle colline viennesi Le stupefacenti opere di Super A Un weekend nella bellezza Emozioni Zombie contro zombie I 90 anni di Topolino I nomi curiosi delle strade di Roma Tutti a teatro Eventi sul filo di china
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monumenti
San Leopoldo sulle colline viennesi di Giuseppe Chitarrini
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on posso considerarmi fortunato riguardo le mie visite alla chiesa di San Leopoldo sullo Steinhoff viennese. La prima volta che ci sono andato, nel 2002, la splendida chiesa, capolavoro architettonico di Otto Wagner (esempio paradigmatico – insieme al palazzo della ‘Secessione viennese’- di arte ‘modernista’ in architettura), era in ristrutturazione e gli arredi interni, i lampadari, panche, l’altare, i mosaici e le maioliche, erano ricoperti da teloni di plastica polverosi di calce ed opachi, appena e malamente ravvivati dalla luce che, dall’esterno, filtrava attraverso le splendide vetrate di Kolo Moser, che rappresentano suggestive scene religiose. Poi a settembre dello scorso anno sono tornato, ma la chiesa, quel giorno, non so per quale motivo, era chiusa. Prima o poi ci tornerò, nell’attesa vorrei proporre alcune riflessioni e interrogativi che, anche dall’esterno, questo capolavoro suggerisce. Situata fuori Vienna, sul colle dello Steinhof nel Baumgarten Hohe che, in un panorama collinosamente morbido e verde, degrada verso il centro della capitale austriaca, la chiesa di O. Wagner è posta a corona del complesso edilizio del vecchio Ospedale per malati di mente. La marmorea costruzione sbuca fuori dal verde degli alberi, con la sua cupola di rame dorato e con la sua simmetricità armoniosa, essenziale e severa di pietra bianca, mentre
i quattro angeli di bronzo sul pròtiro fanno ieraticamente da custodi osservando imperturbabili l’orizzonte del panorama, e, più in lontananza, il profilo della città. E’ tutto superbamente e razionalmente disposto, un ordine leggero nonostante il solenne bianco marmoreo, senza lasciare assolutamente alcuno spazio all’ornamento. La cupola dorata assorbe e moltiplica, esaltandola, la calda luce ramata e quasi autunnale. Lo scenario e l’atmosfera attorno alla costruzione è come sospesa, e, priva di ogni enfasi, sembra conferire all’occhio dell’osservatore il senso di una rinnovata sacralità estraneamente elargita da quel cubo lineare, netto, appena sfiorato da vaghe suggestioni e tonalità Jugendstil e capace di produrre, al contempo, un moderno ed attualissimo senso di trascendenza e di devozione. La chiesa, sulle colline ad ovest della capitale, venne costruita agli inizi del secolo, negli ultimi afflati della ‘Felix Austria’, o, se si vuole, della ‘Finis Austria’, il culmine ultimo di un’epoca; contemporanea di Musil, Freud, Zweig, von Hofmansthal, Loos, J. Roth, Klimt e Schiele insieme a molti altri protagonisti dell’arte della letteratura e della filosofia di quel periodo, epigoni di un percorso secolare destinato a sfaldarsi inesorabilmente di lì a poco, nel giro di un triennio o poco più. 3
Le stupefacenti opere di Super A La vera anima intrappolata nei cartoons di Cristina Simoncini
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tefan Thelen, meglio conosciuto con il suo soprannome Super A, è un artista di strada e di galleria olandese che fonde metodi urbani, design grafico e tecniche di pittura tradizionali per dare vita a opere che evolvono dalle sue esperienze e pensieri personali. Le sue storie pittoriche sembrano esistere in un equilibrio tra finzione e saggistica, poiché gli argomenti di Thelen sono il risultato del suo stupore per le rarità nel nostro mondo, filtrate attraverso la visione del misterioso Super A. La storia di come Super A è diventato tale è piuttosto interessante - Super A è infatti percepito dal suo autore come un personaggio anti-supereroe. Come spiega Thelen, egli aveva bisogno di qualcuno che potesse cavarsela con le cose che lui stesso non era in grado di fare. Ha anche incanalato forti sentimenti di confusione nel suo nuovo alter ego, poichè a quel tempo Stefan stava vivendo un sacco di cose che non gli andavano bene, dopo essersi diplomato al Graphic Lyceum di Rotterdam.
curiosArt
Oltre all’arte murales, Stefan Thelen ha una grande passione per i cartoon e per i personaggi più conosciuti della cultura pop: dai grandi classici Disney, ai Lonley Tunes, passando per i supereroi ed Hello Kitty. L’artista olandese ha quindi deciso di rivisitare questi personaggi disegnandoli come se fossero composti da un lungo nastro, lasciando intravedere il vero animale da cui traggono ispirazione. Mickey Mouse nasconde un vero topolino, Batman un pipistrello e molti altri esempi ancora. L’effetto finale è soprendente. I nuovi lavori fanno parte della serie di Super A intitolata “Trapped”. Fonti: http://super-a.nl/portfolio/
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Un weekend nella bellezza
La città di Mantova ospita Marc Chagall di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi
“Coco”
Chagall , “Sulla città” - 1914
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ellissima Mantova anche quando è avvolta dalla nebbia, impalpabile o tangibile; è, infatti, proprio la nebbia ad accentuarne l’atmosfera magica, suggestiva; bella e affascinante nelle stradine e nelle piazze che, anche nei nomi, evocano un tempo passato che non vuole svanire, ma continuare a scandire la tranquillità dei luoghi, della gente che ha la fortuna di vivere in una città a misura d’uomo, colta e raffinata. Questa “città in forma di palazzo”, che al suo primo apparire sembra sorgere dalle acque, è un vero scrigno di tesori d’arte che richiamano alla mente artisti come Leon Battista Alberti, Andrea Mantegna, Giulio Romano, Tiziano, Perugino, ma anche artisti locali, a volte anonimi, che hanno contribuito a 6
rendere la città un vero patrimonio dell’umanità. Palazzo ducale, il Castello di San Giorgio, Palazzo Tè, ad esempio, sono dei capolavori nel loro insieme e meritano di essere visitati anche più di una volta, perché il bello sorprende sempre. < Questa è una bellissima città, degna c’un si muova mille miglia per vederla > Torquato Tasso. In uno dei tanti edifici mantovani ricchi di storia e di creatività, Palazzo della Ragione, costruito nel 1251, modificato nei secoli, viene ospitata fino al 3 febbraio 2019, una mostra su Chagall, circoscritta a un periodo particolare della vita dell’artista. Le opere del pittore nato a Vitebsk nel 1887, sono state collocate in un’ampia sala rettangolare dalle pareti affrescate da molti pittori tuttora sconosciuti, del 1200 e del 1300.
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in mostra
Vitebsk, sempre presente nei suoi ricordi con nostalgia e amore; spesso la protagonista dei suoi racconti meravigliosi <del suo mondo pittoresco, messo a soqquadro, dove il cielo e la terra sembrano incontrarsi e persone, mucche, galli e uccelli fluttuano felicemente nell’aria, sfidando la newtoniana forza di gravità>. E’ proprio la gente di quest’umile villaggio ghetto, nella scansione della quotidianità, la protagonista di tanto lirismo che, a volte, richiama alla mente pagine oscure della storia dell’umanità. I capolavori che si possono ammirare a Mantova, nel Palazzo della Ragione, sono stati realizzati dall’artista al suo rientro in Russia, dopo l’esperienza parigina, tra il1911 e il 1922. Il nucleo centrale Chagall , “Musica” - 1920 Chagall , “Teatro” - 1920 proviene da Mosca, dalla Galleria Gli artisti medioevali, utilizzando un’ampia Tret’jakon e comprende acquerelli e quadri gamma di colori caldi e luminosi, hanno descritto degli anni 1911-1918, sette murali eseguiti per la vita dei mantovani, la quotidianità della gente l’Auditorium del Teatro Statale Ebraico Kamerny comune, le usanze, il rapporto con la religione, di Mosca che, dopo alterne vicende, sono stati con il potere. Anche Marc Chagall ha narrato la esposti nella famosa galleria moscovita. Il murale storia del suo popolo, con allegria, con nostalgia più grande <Introduzione al teatro ebraico>, o con dolore, ma sempre con un amore immenso; misura circa quattro metri, rappresenta l’intero al visitatore cogliere la dimensione di un dialogo corpo teatrale su uno sfondo geometrico; ci sono solo apparentemente impossibile. attori, ballerini e musicisti, il pubblico insieme Marc Chagall, morto a 97 anni, ha sempre a polli, capre e mucche che interagiscono o si affascinato e ispirato ammirazione in tutto il osservano all’interno di uno spazio caotico e mondo. Henry Miller lo descrisse come un poeta gioioso. Quattro murali più piccoli rappresentano dalle ali da pittore ed, in realtà, l’artista bielorusso in maniera ora ironica, ora grottesca, ma sempre preferì sempre la compagnia dei poeti a quella stupefacente, la musica, la danza, il teatro e la dei pittori, sottraendosi a tutti gli <ismo>, non letteratura. Un tocco di pura magia e d’amore tradendo mai la sua originalità e la sua poetica, palpabile nel quadro <Sopra al villaggio> 1914appunto. Le sue tele sono intrise di mitologia e 1918, in cui il pittore e la sua sposa Bella, volano misticismo, di paesaggi fiabeschi, da sogno, di teneramente abbracciati, in uno spazio aperto narrazioni multicolori che ricordano le sue radici e luminoso, sui tetti di un paese che sembra di ebreo russo. Il centro da cui s’irradia e a cui fiabescamente addormentato. fa ritorno la sua ispirazione è la sua città natale, 7
Emozioni
Angela Buffa, Cristina Simoncini e Mauro Guerani in mostra alla Sala Manzù di Maria Chiara Lorenti
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i solito dipingere nasce da un’esigenza prorompente di manifestare visivamente le proprie emozioni. Ma spesso le vicissitudini quotidiane rimandano continuamente ciò che si considera non strettamente necessario, e allora bisogna ricordare di essere un individuo unico, con le proprie sensazioni, celate per lo più da un senso di pudore, da una corazza costruita attraverso gli anni, e quindi bisogna avere coraggio e prendere considerazione dell’io, dedicando un po’ di tempo a se stessi ed ai propri desideri. Le associazioni artistiche aiutano a far emergere queste peculiarità, con la frequentazione, con il confronto continuo con altre persone che hanno le stesse passioni, con gli insegnamenti di artisti più esperti, tutto ciò eleva ad una conoscenza più profonda che aiuta a far emergere la volontà di esprimere il proprio pensiero attraverso il pennello. In questi giorni, dal 24 novembre al 1 dicembre, tre pittori iscritti all’Associazione Arte Mediterranea, esporranno le proprie opere alla Sala Manzù, nella Biblioteca Comunale di Aprilia. Una vita d’altri tempi, in un mondo perduto, ove le giornate erano scandite dal ciclo del sole, la sveglia era all’alba, prima ancora che la luce dell’aurora schiarisse il cammino. E poi, immutata da secoli, l’aratura, effettuata dopo la sterpatura, utilizzata come combustibile nei focolari delle capanne, si procedeva alla rompitura delle zolle, per proseguire con la semina. Questo è il tema di Angela Buffa, pittrice di rara sensibilità, che attraverso i suoi quadri esplicita le corde più segrete del proprio animo, riuscendo a trasporle intatte sulla tela. Nelle opere in mostra, il lavoro dei contadini viene sviscerato in ogni azione quotidiana. I suoi paesaggi sono un fondale, caratterizzati dalla bruna terra, dalle colline, dalle mura sghembe di qualche villaggio, il cielo è sereno, sgombro da nubi, è un mero complemento alla composizione della scena descritta. Ma ciò che colpisce di più è la componente umana, colta nei momenti più duri del proprio lavoro, ed è questo che contribuisce a conferire una specifica fisionomia, fissata in modo inequivocabile per raffigurare, immortalandola, la vita che si svolgeva nei campi. Il lavoro, la fatica della sarchiatura e della semina è ben raccontata, i coloni, presi nelle loro attività, sono resi più dinamici dalle posizioni dei corpi, dallo sforzo impiegato sia dall’onerosa ripetitività dell’azione, sia dall’improbo tentativo di sfaldare la terra compattata dalle avversità atmosferiche. Le schiene piegate e piagate sono anche quelle delle donne. Non certo quelle angelicate, cantate nei carmi 8
medievali, ne le femme fatal, bramate e concupite dai gentiluomini del periodo d’oro della Bella Epoque, ma veri e propri animali da soma, così trattate e abbrutite dall’impari compito di assoggettare la natura alle loro necessità. Eppoi ci sono istantanee che riportano alla memoria le immagini di circa cinquanta anni fa, quando per le campagne, sul far della sera, si incontravano le contadine assise in groppa agli asinelli, con le ceste da soma ricolme di verdure, che con l’incitamento a procedere verso casa, arringavano il loro equino con il grido: “harrì bello, harrì!”.
Angela Buffa, “Ritorno a Casa”
Cristina Simoncini è la seconda artista presente, entusiasta della vita, e di ciò che offre, spesso traspone questa sua positività nelle sue tele. Con pennellate sciolte e fluide, fa emergere i suoi soggetti con spontaneità e ricercatezza. Dopo aver esplorato il tema della musica, della natura e della danza, tra altri, si è dedicata a ritrarre le donne in tutte le loro sfaccettature, ed anche in questa esposizione il fulcro è l’universo femminile, coniugato alla loro rappresentazione come esponenti del mondo. Un viaggio intrapreso attraverso i loro occhi, le loro diversità, dovute al posto di provenienza, denunciato dall’abbigliamento, dal trucco, dalle pettinature. Nei ritratti delle donne asiatiche, pur non essendo palese,
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si evince la presenza dell’acqua dai grandi fiori di loto che si ergono dal folto fogliame, ma il vero punto focale è la fanciulla tailandese che, lieve ed eterea, delicatamente li coglie. Il Giappone è interpretato dai volti eburnei di due gheishe, simili eppur diverse, le due dame si fronteggiano con occhi bistrati di mistero, i loro capelli sono acconciati in maniera elaborata, adornati di fiori e gioielli, dove il rosso di un abito o di un ventaglio contrasta con le oscure tonalità del fondo. Eppoi ci sono le europee, effigiate di spalle, l’una è immersa in una calda atmosfera di casalinga tranquillità, seduta in poltrona legge un libro, scaldata dalla fiamma del camino acceso, mentre l’altra, nuda, si rivolge al gatto nero, in un moto di complicità che ricorda lo stretto rapporto tra strega ed il suo animale di compagnia. Tra loro la ragazza dagli occhi di smeraldo, dai rossi capelli, incantevole rappresentante del popolo irlandese. Una, dieci, cento, mille, le donne creano il mondo.
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del soggetto, per poi delinearne le sfumature, con piccoli tocchi dà spessori diversi ai particolari, rendendoli così tridimensionali. Il percorso espositivo mette in evidenza l’evoluzione artistica del pittore, ponendo l’accento sulla sua sensibilità, che traspare, soprattutto nei soggetti floreali. Tra questi i papaveri, dalle calde tonalità aranciate, si palesano prepotentemente, stagliandosi dal fondo erboso, in un tripudio di petali delicati, attraversati dalla luce. Nelle rose, le tenui nuances e i contrasti cromatici definiscono i boccioli, chiusi o leggermente aperti, raccolti in un vaso, intuito, perché celato da piccoli triangoli di luce cerulea. Mentre la primavera, una fantasia esagerata di specie, è un omaggio alla pittura fiamminga, come lo stagno lo è per le ninfee di Monet. Discorso a parte per le donne, non muse, ma strettamente legate alla realtà, prettamente attuali, sono donne raccontate dalla cronaca, giovani figure perse nei fumi del tabacco o madri disperate che vivono per strada, abbandonate dalla società, che le ha relegate, reiette, al duro selciato. Il ritratto dell’amico fedele, Zac, il cucciolo spring spainel con cui condivide le giornate, inondandole di straripante allegria, è il fulcro emotivo di tutte le sue tele. “Ciò che mi colpisce, quando dipingo, è il colore, il blu oltremare, il rosso cadmio, il giallo, che compongono la mia tavolozza con tutte le loro mescolanze e sfumature, e la forma, che pian piano emerge durante l’esecuzione dell’opera...” “Emozioni”, una mostra densa di sentimento che sfiora l’animo, lasciando un’impressione lieve, ma persistente.
Cristina Simoncini, “Josei”
In ultimo, in questa mostra, Mauro Guerani è l’unico artista ad usare la spatola per stendere il colore ad olio sulle sue opere, dopo aver sperimentato varie tecniche, ha preferito questa per la rapidità di esecuzione, che gli permette una pittura di getto, istintiva, dove il pensiero viene trasposto sulla tela senza filtri e senza ripensamenti. Con gesti sicuri maneggia la spatola per tracciare i contorni
Mauro Guerani, “L’Amico” 9
Zombie contro zombie One cut of the dead di Valerio Lucantonio
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ilm a basso budget diventato fenomeno di incassi e di apprezzamento entusiasta da parte di critica e pubblico, Kamera o tomeru na! di Shinichiro Ueda è già stato elevato a cult imprescindibile della commedia horror. Questa etichetta sminuisce però la portata dell’opera, che riesce sicuramente a ottenere risultati inediti per quanto riguarda l’ibridazione tra lo zombie movie e i meccanismi comici del trash consapevole, ma trova la sua più evidente carica innovativa nel discorso meta-cinematografico. Un pianosequenza iniziale di oltre mezz’ora presenta il film allo spettatore, anche grazie alla sgranatura digitale della ripresa, come una divertente ed estrema parodia del sottogenere di riferimento, che si propone immediatamente di giocare insieme al pubblico con situazioni narrative e performance attoriali volutamente da B-movie, complice l’esagerazione e l’iperattività tipiche di certo cinema giapponese. Lo spettatore è portato dunque a riconoscere e accettare, come un notevole guilty pleasure, i codici sovvertiti dalla narrazione in questa prima sezione del film. In essa si intrecciano, o meglio si scontrano in maniera a dir poco imprevedibile, alcuni tra i sottogeneri più conosciuti ed apprezzati dal pubblico contemporaneo: la commedia zombie (basti pensare a Zombieland o a L’alba dei morti dementi) e il mockumentary (l’opera 10
di Ueda potrebbe essere vista come la controparte comica di Rec), riuniti in una prospettiva metatestuale che si articola inizialmente a livello diegetico (una troupe che sta girando un film sui non-morti si ritrova attaccata da zombie – apparentemente – reali), per poi strabordare sul piano registico e ontologico dell’intera pellicola. Infatti, dopo la conclusione inevitabile del pianosequenza in un bagno di sangue, con tanto di arti finti e teste mozzate, i (primi) titoli di coda spiazzano lo spettatore, che si rende conto di trovarsi a neanche metà della durata del film e comincia naturalmente a dubitare del patto stipulato con la narrazione fino a quel momento. Una didascalia riporta gli eventi un mese indietro nel tempo, la qualità dell’immagine è finalmente liberata dal digitale grezzo della handycam e il montaggio interviene nella sintassi. Con non poco stupore il pubblico arriva a comprendere che quanto visto nel lungo pianosequenza non era, come ingannevolmente suggerito dall’estetica del mockumentary, uno scontro tra realtà e finzione, tra attori zombificati e ritornanti reali, bensì una totale messa in scena: ciò a cui abbiamo assistito fino a questo momento ci viene fatto capire essere un particolare show televisivo, concepito appunto come un pianosequenza, da trasmettere in diretta per inaugurare un nuovo
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canale a tema zombie. Lo scontro concettuale che lo spettatore è portato a considerare sposta e complica evidentemente la dialettica tra cinema e realtà, ricalibrando e prendendosi gioco dell’insieme di assunti e aspettative formulate in precedenza: la riflessione si trasferisce su un terreno assai meno scontato, quello del conflitto tra idea e concretezza della realizzazione, tra l’illusione di realtà della presa diretta e il disincanto tipico della prospettiva da dietro le quinte. Il fulcro di tale détournement ontologico ed estetico vertiginoso (e, da non tralasciare, esponenzialmente più esilarante) è quindi la problematizzazione ludica delle implicazioni produttive e ricettive che orbitano intorno alla figura del realismo cinematografico per eccellenza, il pianosequenza in senso baziniano, in questo caso complicato ulteriormente dall’irreversibilità della diretta: questa seconda parte del film si presenta quindi come un finto making of comico, un trattato sulle difficoltà realizzative che, ricordando il nostrano Boris, finisce per tessere le lodi alla magia del cinema facendosene al tempo stesso beffe e gettando nuova luce interpretativa sulla prima parte, la quale diventa
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agli occhi dello spettatore un’applicazione inedita dell’estetica funzionale. In questo già complesso testo sono almeno due gli altri elementi di interesse: la costruzione di una struttura drammaturgica classica estremamente efficace, celata sottotono all’interno della seconda parte e capace di ottenere una catarsi inaspettata, e i titoli di coda finali, che compiono un ulteriore scarto estetico adottando una helmet camera, la quale ci mostra per ultimo l’autentico – anche se ormai siamo portati a dubitarne – piano di realtà, il vero dietro le quinte della realizzazione del pianosequenza. Non si può perciò fare altro che lodare One cut of the dead (titolo internazionale che non a caso inserisce il film, con autoironia e cognizione di causa, nella cinematografia di eredità romeriana) per la non scontata capacità del regista di provocare risate incontrollate, da pura slapstick comedy, e di stimolare la riflessione spettatoriale tramite un impianto concettuale solidissimo, che trae forza e profondità dal non prendersi mai sul serio, senza per questo abbandonarsi ad alcuna deriva gratuitamente demenziale. 11
I 90 anni di Topolino
Il personaggio animato più iconico e famoso al mondo di Patrizia Vaccaro
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nche noi di “Occhio all’Arte” non potevamo esimerci dal fare i nostri personalissimi auguri a Topolino, che proprio in questi giorni festeggia il suo novantesimo compleanno: era il 18 novembre 1928 quando sul grande schermo faceva la sua prima importante apparizione Mickey Mouse nel corto “Steamboat Willie’. Raccontiamo qualche curiosità sul suo conto. Forse non tutti sanno che Topolino è stato un’evoluzione di un altro personaggio, prima di lui c’era infatti un coniglio di nome Oswald, sempre ideato dal grande Walt Disney insieme al suo collaboratore Ub Iwerks nel 1927, protagonista della prima serie animata che fece la fortuna degli Studi, ma nel 1928 Disney ne perse i diritti a causa di contrasti con produttore Charles Mintz, che cedette il coniglietto alla Universal. Questo costrinse Walt a pensare ad un altro personaggio, nacque così Michey Mouse e il corto “Steamboat Willie”, dove il suo nome italiano è “Topolino”. Nel corto appare fischiettando al timone di un battello con le forme un po’ stilizzate, ma già in compagnia del suo storico rivale Pietro Gambadilegno e anche la sua eterna fidanzata Minni Conosciamo tutti il Topolino, che nel tempo si è più arrotondato ed anche colorato, con i suoi calzoncini rossi e le scarpe gialle, le orecchie tonde e i famosi guanti bianchi con quattro dita, (proprio quattro perchè dimezzava i tempi nell’animazione), ed è probabilmente il personaggio animato più iconico e famoso al mondo. Dal 1928 ad oggi si contano ben 135 cortometraggi del nostro eroe, poi nel 1930 Topolino esordisce sulla carta stampata con una serie di strisce a fumetti, con “Topolino dell’isola misteriosa” ispirata al primo cortometraggio, ‘Plane Crazy’, scritta da Walt Disney 12
e disegnata da Ub Iwerks e poi da Win Smith. Un personaggio sempre pronto al divertimento come un monello qualsiasi. Ma quando la matita di “Topolino e la valle della morte” passò alla mano di Floyd Gottfredson, Topolino, da monello scansafatiche, divenne cittadino modello e detective infallibile e perspicace, più simile al Topolino che conosciamo oggi. Ben presto quell’idea di umanizzare gli animali varcò l’oceano: i fumetti di Topolino esordirono in Italia il 30 marzo 1930 sul n.13 del settimanale torinese “Illustrazione del Popolo” con la prima striscia disegnata da Ub Iwerks e intitolata “Le avventure di Topolino nella giungla”. In seguito fu sempre in Italia che si ebbe il primo giornale a lui dedicato, infatti il 31 dicembre 1932 uscì il primo numero del settimanale a fumetti dedicato al personaggio e intitolato Topolino, edito dalla casa Editrice Nerbini. Nel 1935, la testata venne acquisita da parte di Mondadori che la pubblica ancora oggi. Possiamo dire che Topolino è un personaggio che nel tempo è stato sempre attuale seguendo le mode e le vicende più importanti: dai gangster dell’America anni ‘30 all’età del Jazz, dalla Seconda guerra mondiale alla ‘guerra fredda’, dall’incubo atomico alla conquista dello spazio. In Italia è stato spesso protagonista di parodie come quella della Divina Commedia. Per i suoi 90 anni in tutto il mondo ci sono celebrazioni: una mostra a New York “Mickey: The True Original Exhibition” (visitabile fino al 10 febbraio 2019), con un libro che raccoglie i ritratti di personaggi famosi come Kate Moss e Heidi Klum, un numero speciale e una striscia a fumetti di 300 metri, disegnata da Claudio Sciarrone e presentata a Lucca Comics a inizio novembre scorso, che è entrata nel Guinness World Record.
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Nei parchi Disney di tutto il mondo si è celebrato l’evento il 18 novembre, proponendo merchandise commemorativa, speciali corner per foto dedicate e molto altro. Anche in Italia non saremo da meno: arriveranno otto francobolli ordinari appartenenti alla serie tematica “Le eccellenze del sistema produttivo ed economico”, dedicati alla produzione e sviluppo dei fumetti Disney in Italia, del valore di 0,95 euro illustrati da Giorgio Cavazzano, grande disegnatore del topo. Una grande mostra è a Desenzano del Garda (BS). Intitolata: “Mickey 90 – L’arte di un sogno”, allestita nelle sale del castello medievale della città da sabato 10 novembre 2018 a domenica 10 Febbraio 2019. Dove sono esposti oltre 300 tra disegni originali dei fumetti e del cinema d’animazione, pubblicazioni rare, video, gadget, poster cinematografici, molti dei quali mostrati per la prima volta in Italia. Naturalmente anche il direttore editoriale del fumetto edito Panini, ha fatto uscire un’edizione speciale da collezione di Topolino, il numero 3286, dove nella
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copertina c’è il nostro immancabile personaggio disegnato da Silvia Ziche e dal titolo “Tanti Auguri Mickey”, dove sono presenti due Topolino appoggiati uno all’altro e che guardano il lettore, entrambi sono a braccia conserte, ma quello di sinistra è più retrò, con un’immagine che sembra sbiadita, mentre l’altro è contemporaneo. All’interno del numero si alterneranno storie celebrative speciali tutte dedicate a lui. E per finire vedrete sicuramente in giro questi giorni più di 90 brand che hanno voluto omaggiare Topolino con collezioni e articoli esclusivi: dall’alta moda al ready to wear, dal giocattolo all’arredamento, dall’alimentare alla grande distribuzione. Questo conferma come Mickey Mouse sia un personaggio trasversale, capace di ispirare progetti che si rivolgono a un pubblico di tutte le età e gusti, spaziando dall’abbigliamento agli accessori per la casa, dai giocattoli al mondo del food che fanno di Topolino il vero influencer dei prossimi mesi. Non ci resta che dire: “Buon compleanno TOPOLINO!!!” 13
I nomi curiosi delle strade di Roma tra realtà e leggenda - Seconda parte
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Roma curiosa
di Nicola Fasciano
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ontinuando la nostra rassegna iniziata nel numero precedente, parliamo subito di una via di Ponte di Nona, zona periferica di Roma, aldilà del raccordo. Qui gli abitanti, dopo aver aspettato anni per avere una strada che unisse due zone dello stesso quartiere, si sono ritrovati con “Via Mejo de Gnente”, nome che sdrammatizzava la lunga attesa e arricchiva l’apertura della strada dell’ironia che nella vita non dovrebbe mai mancare. Purtroppo però dopo circa un anno la strada ha cambiato nome per ingrigirsi nella nuova denominazione di “Via Nicola Saliola”. “Via delle Botteghe Oscure”, strada sicuramente più conosciuta per aver ospitato per anni la sede del Partito Comunista Italiano, fa derivare questo nome dal fatto che la strada un tempo ospitava numerosi locali commerciali che, probabilmente dovendosi adattare ai resti romani su cui sorsero per stratificazione, erano privi di finestre. Sulla targa stradale della via, è riportata la scritta “dagli archi un tempo semisepolti del teatro e della cripta di Balbo” e, pertanto, i resti su cui queste botteghe sorsero, dovrebbero essere proprio quelli elencati. “Via dell’Acqua Bullicante” prende il nome da una sorgente di acqua sulfurea che, per questa sua particolarità, sembrava bollire, da cui deriva l’attuale nome in dialetto romano. “Via dei cessati spiriti” ha il nome legato a leggende popolari. Infatti i “cessati spiriti”, abitanti zone piuttosto isolate, erano dei fantasmi che, dopo aver spaventato e derubato qualche malcapitato “cessavano” appunto cioè scomparivano. Secondo altri farebbero invece riferimento agli spiriti che derubavano i viandanti presso l’Osteria dei cessati spiriti, per esorcizzare i quali venne posta una statuetta raffigurante la Vergine sulla facciata dell’edificio facendo così “cessare” gli spiriti. Sullo stravagante nome dell’antica “Via affogalasino” circolano varie ipotesi. Il nome potrebbe semplicemente derivare da una triste vicenda accaduta ad un povero asinello annegato in un fosso dopo un violento temporale. Tra gli studiosi, però il nome viene accreditato all’etimologia del denigratorio epiteto di “asini” con cui erano chiamati i primi cristiani e dalla consuetudine locale di condannarli con il martirio per annegamento. “Via dei Tre Pupazzi” prese il nome dal modo in cui la popolazione chiamava affettuosamente tre piccole figure umane scolpite su un sarcofago risalente al IV sec. murato all’altezza del civico 15. Anche “Via del babuino” ha una origine popolare.
Infatti sull’attuale strada fu posta una fontana, rappresentante il Sileno, figura mitologica spesso legata a fontane e corsi d’acqua, che divenne presto famosa fra gli abitanti di Campo Marzio per la sua bruttezza, che la chiamarono subito er babuino, paragonandola ad una scimmia. ”Via della Cuccagna” ricorda i giochi che venivano organizzati nella vicina Piazza Navona durante il carnevale romano, che permettevano di cuccare ricchi premi. “Via Scossacavalli” potrebbe derivare da una trasposizione dal latino coxa caballi, anca di cavallo, secondo alcuni riferito al frammento di una statua equestre lì rinvenuto; secondo altri indicherebbe un particolare tipo di bastione architettonico, chiamato appunto coxa caballi. Secondo la leggenda S. Elena decise di offrire in dono, alla Basilica Vaticana, la pietra sulla quale sarebbe dovuto avvenire il sacrificio di Isacco e su cui sarebbe avvenuta la presentazione di Gesù al tempio. Ma durante il trasporto del masso, i cavalli all’altezza della Chiesa di S. Giacomo in Borgo, non avrebbero voluto più proseguire il cammino, per cui la pietra restò lì. Per “Vicolo delle Palle” (tra “Via Giulia” e “Corso Vittorio Emanuele”), abbiamo una doppia interpretazione: la prima e, comunque, più probabile, è attribuita alle sei “palle” raffigurate sullo stemma della famiglia Medici qui presente (il cardinale Giulio de’ Medici risiedeva proprio in questa via), mentre la seconda, più popolare, si riferisce al gioco delle bocce che spesso si svolgeva qui. “Vicolo delle Vacche”, cosi chiamato per l’antica presenza delle stalle. “Vicolo Baciadonne“ era uno stretto, strettissimo vicolo di Trastevere, in prossimità di “Via della Lungaretta”, che scomparve durante i lavori di ampliamento della strada. Il nome di questo vicolo era legato probabilmente alla famiglia Basadonne, di origine veneta il cui cognome fu “romanizzato” in Baciadonne. Comunque la fantasia popolare volle però che il vicolo prendesse il nome proprio perché, essendo tanto stretto, avrebbe permesso a un uomo di baciare una donna che lo percorreva in direzione opposta! “Vicolo della Vetrina” il luogo in cui per la prima volta un commerciante ebbe l’idea di esporre i propri prodotti alla vista dei passanti. Molte delle strade presentate nei due articoli, sono note ai più; ma per chi non le conoscesse, potrebbe divertirsi a cercarle su Google Maps e, magari, organizzare un tour fotografico per catturare una iconografia personale.
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la stagione 2018/2019 al Marconi di Roma di Rossana Gabrieli
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e si visita il sito web del Teatro Marconi, la prima cosa in cui ci si imbatte è una massima di Victor Hugo: “Il teatro non è il paese della realtà…ma è il paese del vero: ci sono cuori umani dietro le quinte, cuori umani nella sala, cuori umani sul palco.” E di umanità c’è quanto mai bisogno, in questi ultimi tempi e di certo l’arte del palcoscenico può fare tantissimo, per aiutarci a ricordarlo. Se andiamo a curiosare tra gli spettacoli in programma nelle prossime settimane e nei prossimi mesi, ne troviamo moltissime di storie che toccano le corde di sentimenti, emozioni, passioni che appartengono a tutti. In un’ottica psicologica, diventa quasi impossibile per lo spettatore non proiettare il proprio sentire sugli attori e sui loro personaggi, di ieri e di oggi. Il 19 novembre segnaliamo “La parrucchiera dell’imperatrice”, che vede Tiziana Sensi interprete di entrambe le figure, quella della
mitica imperatrice dell’impero austro-ungarico, Sissi, e quella della sua parrucchiera: due donne tanto diverse quanto legate da un destino comune ed infelice, in un mondo in cui è sempre l’uomo a dominare e decidere. Dal 22 novembre al 2 dicembre, sarà Rodolfo Laganà ad intrattenerci con “I sorrisi del portiere”, Orazio Parini, che conosce in tutti i dettagli i trascorsi degli abitanti del suo condominio e sa raccontarli con tenerezza e simpatia e quasi con paterna comprensione. Un monologo dai tratti a volte comici, a volte dolenti, con la regia di Carlo Boccaccini. Con il nuovo anno, seguiranno: “E tu sei bellissima”, “Il fu Mattia Pascal”, “Love’s kamikaze”, “Viaggio in Italia”, “Immigrati brava gente”, “Voci dal cortile”, “40 mq”, “Tu non mi farai del male. Pippa Bacca”, “Tutto in famiglia”. Info al +39 06 59 43 554.
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Aprilia
“Emozioni” Mostra collettiva di Angela Buffa, Cristina Simoncini e Mauro Guerani (articolo a pagg. 8-9) Sala Manzù dal 24 novembre al 1 dicembre 2018 “Il mistero della vita” mostra personale di Graziella Dell’Unto Ristorante Escargot, ottobre-novembre “Presepiamo” Mostra sui presepi Sala Manzù dall’8 dicembre al 6 gennaio 2019
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Anzio
Film d’arte: “Ninfee di Monet” 26-27-28 novembre “Bansky” 11-12 dicembre Cinema Astoria
Roma
“I papi dei concili dell’era moderna. Arte, storia, religiosità e cultura.” Musei Capitolini Campidoglio, fino al 9 dicembre “Come eravamo” mostra di fotografia Museo Roma Palazzo Braschi, fino al 20 dicembre “Stessa spiaggia stesso mare” Mostra di Cristiano Carotti Galleria White Noise Gallery, fino al 22 dicembre “After the tribes Beverly Barkat Museo Buoncompagni Ludovisi, fino al 31 dicembre “Bianconero tarot” Mostra di Marco Proietto Galleria 291 est, fino al 18 gennaio 2019 “Pixar. 30 anni di animazioni” Palazzo delle Esposizioni, dal 9 ottobre al 20 gennaio 2019 “Je suis l’autre. Giacometti, Picasso e gli altri” Museo Nazionale romano-Terme di Diocleziano, fino al 20 gennaio 2019 “Ovidio. Amori, miti e altre storie” Scuderie del Quirinale, fino al 20 gennaio 2019 “La stanza di Mantegna - Capolavori dal Museo Jacquemart-André di Parigi” Gallerie Nazionali di arte antica, Balazzo Barberini, fino al 27 gennaio 2019 “Andy Warhol” Complesso del Vittoriano. fino al 3 febbraio 2019 “Picasso. La scultura” Galleria Borghese. fino al 3 febbraio 2019 “Ennio Calabria. Verso il tempo dell’essere. Opere 1958-2018” Museo Fondazione Roma. Palazzo Cipolla, fino al 27 gennaio 2019 “Velina, il tratto russo. Dal Dionisio a Malevic” Musei Vaticani, Braccio di Carlo Magno, fino al 16 febbraio 2019 “Guido Reni, i Barberini e i Corsini. Storia e fortuna di un capolavoro”
Eventi
Galleria Nazionale di Arte Antica, fino al 17 febbraio 2019 “Pollock e la scuola di New York” Complesso del Vittoriano. fino al 24 febbraio 2019 “Imaginaries and visions in the age of artificial intelligence” MAXXI. fino al 24 febbraio 2019 “Dream. l’arte dei sogni” Chiostro del Bramante, fino al 5 marzo 2019
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Ferrara
“Courbet e la natura” Palazzo dei Diamanti, fino al 6 gennaio 2019
Firenze
“Conviti e banchetti” Museo Stibbert, fino al 6 gennaio 2019 “L’Italia a Hollywood” Museo Salvatore Ferragamo, fino al 10 marzo 2019 “Fanfare e silenzi. Viaggio nella pittura di Primo Conti” Villa Bardini, fino al 13 gennaio 2019 “Marina Abramovic. The cleaner” Palazzo Strozzi, fino al 20 gennaio 2019
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Mantova
“Marc Chagall: come nella pittura ncosì nella poesia” (articolo a pagg. 6-7) Palazzo della Regione, fino al 3febbario 2019
Venezia
“I gioielli di Igor Mitoraj: the Art of Wearing Art” Galleria d’Arte Contini, San Marco, fino al 15 dicembre “Dancing with Myself” Punta della Dogana, fino al 18 dicembre “Tintoretto 1519-1594” Palazzo Ducale, fino al 6 gennaio “Osvaldo Licini. Che un vento di follia totale mi sollevi” Collezione Peggy Guggenheim, fino al 14 gennaio 2019
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Vicenza
“La seduzione. Mito e arte nell’antica Grecia” Palazzo Leoni Montanari, fino al 13 gennaio
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