A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno VIII N° 76 settembre 2014
Mensile d’informazione d’arte www.artemediterranea.org
ndedicato a:
Il mito di Mitoraj
Igor Mitoraj, “Ikaria”
ndall’Associazione: Incontriamoci nspettacolo: Cinecittà World nteatro: Shakespeare Fest
Sono in distribuzione la 1a e 2a lezione del DVD sulla pittura ad olio
Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”
Telefona al 349.7790097
Riparazioni Orli gonne, pantaloni e vestiti Modifiche della taglia Tendaggi
Sconti per gli allievi della Associazione
Sartoria Danila 338.9557843
• • • Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Eleonora Spataro Mensile culturale edito dalla Collaboratori Associazione Arte Mediterranea Luigia Piacentini, Stefania Servillo, via Dei Peri, 45 Aprilia Patrizia Vaccaro, Daniele Falcioni, Tel.347/1748542 Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, occhioallarte@artemediterranea.org Greta Marchese, Giulia Gabiati www.artemediterranea.org Valerio Lucantonio, Martina Tedeschi, Aut. del Tribunale di Latina Marilena Parrino, Nicola Fasciano, N.1056/06, del 13/02/2007 Rosa Cirone, Stefano Cagnazzo Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini Amministratore Antonio De Waure Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti
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Responsabile Marketing Cristina Simoncini Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale Stampa Associazione Arte Mediterranea via Dei Peri, 45 Aprilia
Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore
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Sommario
Incontriamoci Cinecittà World LO SPIRAGLIO Shakespeare Fest Lettere contro la guerra Chiesa del Santo Volto di Gesù Colori nell’antica Paestum Riapre lo Stadio di Domiziano a Piazza Navona Il mito di Mitoraj Galleria nazionale di arte antica,1° parte Iconica. L’arte urbana al Foro Italico La forma della seduzione L’arte spiegata ai truzzi Ichi the Killer Un pittore tra i detenuti Fuori cornice. L’arte oltre l’arte
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dall’Associazione
Incontriamoci di Antonio De Waure
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l tema dominante anche quest'anno per la nostra associazione è “incontro”. In apparenza può sembrare banale, scontato, ma, se scaviamo in profondità e analizziamo bene, non è così. Chi ci conosce sa bene che noi nel tempo abbiamo sempre realizzato questo concetto con i fatti. Abbiamo accettato qualsiasi sfida sempre con entusiasmo, malgrado alcune critiche negative, all’indifferenza generale, ma abbiamo avuto la forza intellettuale di continuare in quello che stiamo facendo. I fatti ci danno ragione! Se le cose che fai le porti avanti in modo positivo, pensando al bene della comunità, allora sei nel giusto! Chiedo quindi a tutte le associazioni, enti, organizzazioni che operano sul territorio: incontriamoci, parliamo, discutiamo, confrontiamoci, perchè questo è il vero modo per dare quella
spinta necessaria alla nostra crescita e a quella della nostra comunità. Chiedo alle istituzioni, ai politici: incontriamoci, ascoltateci, siate partecipi delle nostre idee, dateci la vostra presenza attiva, non relegateci al ruolo di fornitori di manifestazioni, ma dateci la possibilità di sviluppare le nostre idee con voi. Ecco, con questo augurio e speranza, noi dell’Arte Mediterranea iniziamo il nuovo anno scolastico. Un saluto allo staff dirigenziale, ai soci, agli allievi e a tutti quelli che apprezzano il nostro lavoro, all’associazione Focusfoto. Un saluto alla redazione del giornale “Occhio all’Arte”. Grazie a tutti quelli che credono nel progetto, perchè questo ci dà la forza di continuare ancora nel tempo.
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spettacolo
Cinecittà World
Apre il primo parco divertimenti dedicato al tema del cinema di Martina Tedeschi
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ulla superficie degli ex Studios Dino De Laurentis in via Castel Romano si è finalmente realizzato un nuovo progetto, già in gestazione da più di cinque anni, quello di un parco divertimenti interamente dedicato al cinema, inaugurato il giorno 24 luglio 2014 con il nome di Cinecittà World. La primissima idea di questa iniziativa era nata nel giugno del 2003, ma, arrivati alle trattative dell’acquisizione dei quasi 150 ettari di terreno disponibili per la realizzazione, un incendio, divampato proprio negli studios, rimandò la conclusione. Nel novembre del 2009, il progetto viene ripresentato alle autorità ed inserito nel contesto del Secondo Polo turistico di Roma Capitale: si parlò di oltre 500 milioni di investimenti complessivi, 2500 posti di lavoro e l’obiettivo ambizioso di oltre 4 milioni di visitatori l’anno. Ora, dopo tre anni di lavori, il parco
LO SPIRAGLIO
prende vita e apre i battenti a tutti i temerari avventurieri. Ad attenderli, oltre alle venti attrazioni “adrenaliniche”, i villaggi e le aree food, c’è la meravigliosa cornice scenografica curata dal tre volte premio Oscar Dante Ferretti, che richiama i più grandi kolossal del cinema come il Tempio di Moloch, simbolo del film Cabiria; i saloon dell’atmosfera western di Gangs of New York e l’elefante gigante, icona del set Erawan, sulla cui schiena è allestita la “Drop Tower” in caduta libera da più di 50m d’altezza. L’atmosfera è allietata dalle colonne sonore di Ennio Morricone. Tutto sembra perfetto, ma c’è qualche perplessità: su diversi forum dedicati al parco ci si chiede se fosse davvero necessario un investimento di tale portata, data la situazione generale italiana, se non sia un po’ eccessivo il costo del biglietto giornaliero, se non si avranno difficoltà di traffico intenso sulla via Pontina, dato che è l’unica strada accessibile per raggiungere il parco e, i più preoccupati per l’ambiente, si domandano se si è tenuto conto delle aree verdi intorno al sito. Su quest’ultimo punto i responsabili di Cinecittà World hanno sottolineato: “il parco ha prestato un’attenzione particolare alla sostenibilità ambientale anche attraverso la valorizzazione del verde esistente e un investimento aggiuntivo di oltre 2 milioni di euro in nuove aree verdi”. Le intenzioni sembrano buone e, al di là di ogni remora ed ogni entusiasmo, il parco è ora agibile e aperto al pubblico, e per soddisfare il resto della nostra curiosità e dare un giudizio obiettivo di tutta la questione, non ci resta che acquistare il biglietto e lasciarci coinvolgere dalla sua atmosfera così ricca di storia. Vedere per credere.
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cinema
Filmfestival della salute mentale di Stefano Cagnazzo
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entre l’estate romana si anima inaugurando le sue arene, coniugando cultura ed arte cinematografica, non possiamo non dare risalto ad un’importante iniziativa che, già per il quarto anno consecutivo, utilizza il grande schermo per affrontare un tema quanto mai delicato e complesso: quello della salute mentale. La rassegna si è svolta all’inizio dell’estate, sotto il patrocinio della Regione Lazio, di Roma Capitale, di Roma Solidale e di altri enti territoriali e culturali. Federico Russo e Franco Montini, rispettivamente direttore scientifico e direttore artistico, spiegano le grandi difficoltà che si incontrano nel dover affrontare il disagio mentale con il taglio crescente delle risorse e come, d’altra parte, non sia facile raccontare con le parole “il disagio psichico, la depressione, le fobie, le ossessioni, le paure, la malattia mentale”. Eppure la
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cosa ci riguarda tutti, chi più chi meno. Ed allora, ancora una volta, sono le immagini a prendere il posto delle parole e le pellicole presentate affrontano, nei modi più diversi, cosa voglia dire convivere con queste problematiche, oggi. Tra il film proiettati: “Ma che colpa abbiamo noi”, di Carlo Verdone, ed i cortometraggi “L’arte della follia”, di Emerich, “Malatedda”, di Monfredini, “Le voci umane” di Dei, “Lettera al Presidente” di Jannuzzi e “Mathieu” di Camaiti. Solo per citare alcuni titoli. Non è un caso, forse, che questa rassegna, come molte altre nel corso dell’anno, si svolga al Nuovo Cinema Aquila, di Roma, sequestrato alla criminalità organizzata. E’ anche così che lo Stato si riappropria di se stesso.
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teatro
Shakespeare Fest
Per i 450 anni dalla nascita del drammaturgo inglese corti, spettacoli di Eleonora Spataro
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immancabile appuntamento con la stagione teatrale estiva del Globe, il teatro elisabettiano nel cuore di Villa Borghese, proseguirà fino al 22 settembre. Giunta alla sua undicesima edizione la Shakespeare Fest, con la direzione artistica di Gigi Proietti, ci riserva nella sua fase finale due spettacoli ed un evento speciale per festeggiare i 450 anni dalla nascita del drammaturgo inglese. Fino al 7 settembre andrà in scena “Molto rumore per nulla” e dall’11 al 22 sarà la volta di “Pene d’amor perdute”. Nel primo caso potremo godere del nuovo allestimento e dell’adattamento di Loredana Scaramella e Mauro Santopietro che ci riserveranno una riflessione brillante e ludica sul tema della crisi intesa come tempo della metamorfosi. Nel secondo caso, la commedia affronterà le amarezze
Lettere contro la guerra
del conflitto amoroso, frutto della difficoltà dell’incontro fra i due sessi per l’adattamento di Alvaro Piccardi. Al termine della rassegna i festeggiamenti per il compleanno del nostro amato bardo inglese prevedranno un evento di fusione tra teatro, cinema e musica. L’iniziativa parte dal bando “Ancora Shakespeare: perché?”, una riflessione sul valore delle opere shakespeariane per la contemporaneità. Il progetto è rivolto a cineasti indipendenti che sono stati chiamati a raccontare con un cortometraggio il proprio punto di vista sul più grande drammaturgo della storia occidentale. I cortometraggi selezionati e realizzati nel corso dell’estate verranno presentati per la prima volta al Globe Theatre in una grande festa di chiusura della stagione con proiezioni, performance teatrali e musicali.
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occhio al libro
L’ ennesimo appello di pace stavolta da un giornalista di Giulia Gabiati
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iziano Terzani è stato per trent’ anni il corrispondente del settimanale tedesco Der Spiegel dall’ Asia e collaboratore della “Repubblica” prima e del “Corriere della Sera” poi. Viveva in India e continuava attraverso i suoi libri un pellegrinaggio di pace iniziato con “lettere contro la guerra”, pubblicato per la prima volta nel 2002. Impegnato in prima persona negli avvenimenti da lui descritti, egli riusciva chiaramente ad interpretare i problemi che affliggono il mondo contemporaneo scorgendo i segni che la storia indelebilmente trascina con se. Dall’ undici settembre 2001 qualcosa è cambiato in modo irreversibile. Il profondo contrasto tra Occidente ed Oriente, da sempre evidente agli occhi di tutti, è giunto ad un punto di non ritorno. Adesso prima di allora è impossibile continuare a tacere di fronte all’ipocrisia, al conformismo, all’indifferenza. Una nuova consapevolezza nelle parole di Tiziano Terzani che vedeva come unico rimedio e unico mezzo potente
per combattere l’odio, la violenza e le guerre, la NON-VIOLENZA. Scriveva da Kabul, Peshawan, Quetta, Delhi e anche da Orsigna, Firenze e dal suo quieto rifugio sull’Himalaya. il suo appello è audace. La prima lettera è da Orsigna, datata settembre 2001, all’indomani del terribile attacco terroristico statunitense: “Il mondo non è quello che conoscevamo, le nostre vite sono definitivamente cambiate. Forse questa è l’ occasione per pensare diversamente da come abbiamo fatto finora, l’ occasione per reinventarci il futuro e non rifare il cammino che ci ha portato all’ oggi e potrebbe domani portarci al nulla.” D’ altronde, chi meglio di noi può cercare di fare qualcosa per cambiare? Nel nostro piccolo e con una maggiore consapevolezza potremmo combattere l’ indifferenza, l’ arma più pericolosa al mondo. È nell’ indifferenza che un uomo, un uomo vero, muore davvero”. 5
Chiesa del Santo Volto di Gesù
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architettura
Sartogo e Grenon di Marilena Parrino
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a chiesa del Santo Volto di Gesù si trova a Roma nel quartiere Portuense, in via della Magliana. È stata costruita su progetto degli architetti Piero Sartogo e Nathalie Grenon, tra il 2003 ed il 2006, su committenza del Vicariato di Roma. La rappresentazione del sacro dei due architetti non è quella tradizionale, ma contemporanea, che comunica con le nuove generazioni. Per i giovani, gli architetti hanno pensato molti dettagli per creare un significativo spazio di aggregazione e socializzazione. Questo è uno spazio che dà l’idea di gioia verso la spiritualità, non è una chiesa a croce latina, ma a spazio centrale, con la semicupola che è completata virtualmente da quella che manca da fuori. Concettualmente è una sfera che si trova di fronte all’altare, nell’ambulacro, in asse con il rosone. La sfera rappresenta il cosmo, il mondo, la creazione e la luce. Lo spazio laico è la città che entra dentro. Il sagrato, a forma di V, si pone come espansione della strada
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di attraversamento e rafforza l’idea della città-comunitas che entra cosi’nello spazio sacro, esso ha come vettore la croce. Se ci mettiamo con le spalle alla croce facciamo il gesto dell’accoglienza: la croce non a caso è un vettore che raccoglie i fedeli. Essa diventa fulcro dell’impianto geometrico e terminale fisico e percettivo del percorso, separando la chiesa dal complesso della casa parrocchiale. L’asse di attraversamento del complesso divide in modo netto i due volumi che caratterizzano il progetto: l’edificio dedicato alle funzioni religiose e quello destinato alla vita della parrocchia. Il primo si sviluppa su un unico livello ed è costituito dall’aula ecclesiale, ha un impianto ad anfiteatro, caratterizzata dalla grande semicupola e da una figura prismatica più bassa che contiene la cappella feriale, la sagrestia e i confessionali. La casa parrocchiale è caratterizzata da un lungo setto murario segnato in un tratto da una superficie inclinata, alla base della quale sono scavate delle sedute rivolte verso il sagrato, in modo da rinforzare il senso di piazza. All’interno, le scale collegano i diversi livelli della casa parrocchiale: a terra due gradinate portano alla sala polifunzionale; alla quota intermedia quelle che conducono alle aule, agli uffici, alla foresteria, per terminare sulla copertura in uno spazio di raccoglimento. Dal punto di vista statico, la semicupola è stata realizzata in struttura d’ acciaio. Per questo involucro sono state utilizzate una serie di putrelle ad arco collegate tra loro con piatti in acciaio cor-ten, tali da formare un sistema portante. A questo si è sovrapposto un getto di calcestruzzo rivestito in travertino. Il grande rosone-vetrata è formato da una struttura circolare con funzione portante che è solidale alla parete in cemento armato su cui è inserita. La chiesa è un’opera corale di architetti, scultori e pittori contemporanei, al suo interno troviamo a completare: formelle di ceramica smaltata, opere scultoree anche luminose, vetrate. E’ stato, cosi’qui ripristinato, quel modo <di Fare> che era proprio della storia dell’Italia dei monumenti e delle chiese, per secoli, e che in un certo senso, dopo la guerra, è andata persa.
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archeologia
Colori nell’antica Paestum Vita dei Colori e Colori della Vita di Luigia Piacentini
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opo Roma, le città campane accolgono ogni anno milioni di turisti, soprattutto stranieri, per gli splendidi siti archeologici che dominano quelle terre. Paestum, in provincia di Salerno, è situata nella Piana del Sele, vicino al mare e dal 1998 è un bene protetto dall’UNESCO. La città antica ha un storia molto complessa: cittadina greca con il nome di Poseidonia, tra il 420 ed il 410 a.C. venne conquistata dai Lucani e il nome trasformato in Paistom, infine nel 273 a.C. i Romani imposero il loro dominio sulla città che cambiò il nome in Paestum. La mostra “Colori nell’antica Paestum. Vita dei Colori e Colori della Vita” sarà aperta fino al 30 novembre, nelle sale del Museo Archeologico Nazionale di Paestum, e sarà un’ottima scusa per visitare un sito davvero suggestivo, dove si può capire veramente la grandezza dell’antichità con il maestoso Tempio di Hera. L’esposizione si articola in tre sezioni: la prima in cui sono stati ricostruiti importanti manufatti in terracotta e dipinti con i colori originali; la seconda dove sono esposte lastre dipinte di alcune tombe lucane trovate recentemente; la terza in cui c’è uno spazio espositivo e un atelier moderno dei colori. La seconda sezione è sviluppata anche tramite due filmati multimediali, sia in lingua italiana che inglese, dedicati alla Tomba del Tuffatore e alle tombe aristocratiche dell’antica Paistom lucana.
È possibile acquistare un unico biglietto che comprende la visita al Museo e all’area archeologica al prezzo intero di € 10,00 e ridotto di € 5,00; altrimenti il solo biglietto per il museo a € 7,00 intero e € 3,50 ridotto. Museo Archeologico Nazionale di Paestum, via Magna Grecia, 919 Capaccio (SA), 0828/811023 www.cilento-net.it / info@arte-m.net
Riapre lo Stadio di Domiziano a Piazza Navona
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iazza Navona è una delle più famose piazze d’Italia, ma non tutti sanno che la struttura ellittica è opera dell’imperatore Domiziano (81 – 96 d.C.), che costruì in quel luogo il primo stadio in muratura dell’antica Roma. Lo stadio fu costruito nell’86 d.C. e il nome deriva da stadion, l’unità di misura equivalente a 600 piedi (circa 180 metri). Nella struttura si disputavano le gare ginniche, tra cui quella tra fanciulle, come a Sparta, dove erano protagonisti grandi atleti che spesso provenivano dalla Grecia. Lo stadio si differenzia dal circo per le dimensioni minori e per l’assenza della struttura centrale a spina di pesce e dell’obelisco. Le gare atletiche erano denominate dai romani certamina graeca ; Domiziano istituì proprio nell’86 l’Agone Capitolino, una competizione in onore di Giove Capitolino che si svolgeva ogni cinque anni. Questa contesa comprendeva, oltre agli esercizi ginnici, gare di musica e di poesia. L’area archeologica dal 2010 è stata affidata alla MKT121 srl (Gruppo Markonet), che si è assunta l’onere e l’onore di progettare, finanziare ed eseguire gli interventi di recupero per la valorizzazione. Pannelli e schermi illustrano con
grafici, foto e video la storia dello stadio e di chi l’ha vissuto in prima persona: gli atleti. L’entrata all’antico stadio è su Via di Tor Sanguigna, 3; l’orario è dal lunedì alla domenica 10.00 – 19.00 ed il sabato fino alle 20.00. Il prezzo del biglietto è di € 5,00 intero, € 3,50 ridotto. Per ulteriori informazioni: www.stadiodomiziano.com .
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Il mito di Mitoraj
Angeli caduti a Piazza dei Miracoli di Maria Chiara Lorenti
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ogliamo fare una disquisizione sulla bellezza? E allora parliamone. Sulla location non si discute, avete presente piazza dei Miracoli? Bene, Ikaro dalle ali spezzate si riposa sul tappeto erboso ai piedi della torre pendente. Una scultura bronzea possente, monumentale, un eroe stanco che, muto, sembra guardare il cielo per rivolgergli domande senza risposte. Non molto spesso tali opere d’arte sono così accessibili al pubblico e non tutti, purtroppo, sono sensibili a tale privilegio, scambiando questa possibilità come un invito a poterne usufruire senza alcun rispetto. “ A n g e l i ”, d i I g o r M i t o r a j , è u n a m o s t r a singolare, diversa dalle sue altre esposizioni, seppure spettacolari come q u e l l a a i M e r c a t i d i Tr a i a n o , a R o m a n e l 2004, o l’altra, ancor più suggestiva, nel 2 0 1 1 , a l l a V a l l e d e i Te m p l i d i A g r i g e n t o , solo per citarne due, tra le tante, particolarmente emozionanti.
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Come l’artista stesso ha voluto ribadire: “Ho scelto il tema degli Angeli, per questo spazio, ho cercato di adattarmi al luogo. É s t a t o u n o s c a m b i o d i e n e r g i e [ . . . ] Tu t t a l a vita è complicata, i tempi in cui viviamo sono molto duri, con questa mostra volevo f a r s o g n a r e , f a r “ v o l a r e ”, t r a s f i g u r a r e l a f o r m a ”. Un centinaio le opere in visione, tra terracotte, marmi, bronzi e soprattutto una cinquantina di gessi, a formare una biblioteca virtuale, ove negli scaffali, invece dei libri, figure eburnee sostituiscono i tomi, una gipsoteca ideale dell’autore che permette al visitatore una conoscenza più completa della sua arte. Inoltre la mostra comprende eccezionalmente anche i dipinti di Igor Mitoraj, personaggi complementari ai loro omonimi scultorei, con cui dialogano con lo stesso linguaggio, speculari, ma cromaticamente estranei, agli ori e ai rossi degli uni si contrappongono le tinte proprie dei materiali usati per gli altri.
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L’ e v e n t o , i d e a t o d a l l ’ a r c h i t e t t o A l b e r t o Bartalini, è coordinato con un comitato scientifico di tutto rispetto, di cui fanno parte Francesco Buranello, segretario della Pontificia Commissione per i Beni Culturali della Chiesa, Antonio Paolucci, direttore dei Musei Vaticani e Luca Beatrice, critico d’arte. Tr e s o n o i s i t i p r e p o s t i p e r f r u i r e d e l l a mostra, legati da un filo che li unisce strettamente tra loro, abbracciando una delle piazze più belle al mondo; oltre al prato antistante la To r r e , c h e ospita Ikaro, rovinato al suolo per una esasperata bramosia di libertà, c’è l’antica sede dell’Opera del Duomo, ove si snoda l’iter espositivo attraverso un’infilata di stanze rivestite da pannelli purpurei che, come scatole cinesi, esaltano i tesori che contengono, e in ultimo, sull’altro lato della piazza, il Museo delle sinopie, uno scrigno ideale per gli “angeli” di Mitoraj che, su una passerella sospesa nel tempo
dedicato a
e nello spazio, si incontrano con i disegni “sinopie” dei maestri del Quattrocento, tracce preparatorie degli affreschi del Cimitero monumentale di Pisa. Nel suo nome, Mitoraj, è già implicita la grandezza delle sue opere e l’ispirazione per la loro concezione; si rifà al mito dell’arte classica, ben radicata a quella mediterranea, influenzata dalla scultura greco-romana, ma con una rivisitazione contemporanea, prettamente personale. Opere senza tempo, emozionanti, con un soffio di eternità che le pervade, rendendole imperiture.
L’ O p e r a d e l l a P r i m a z i a l e P i s a n a p r e s e n t a : “ M I T O R A J - a n g e l i ”. Pisa, piazza dei Miracoli, 17 maggio 2014 - 15 gennaio 2015. Costo del biglietto 3€ 9
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musei
Galleria nazionale di arte antica,1° parte Musei Romani,11° articolo di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi
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a neve copriva tutte le verghe dei cancelli, nascondeva il ferro, componeva un’opera d’arte di ricamo più leggera e più gracile d’una filigrana che i colossi ammantati di bianco sostenevano come le quercie sostengono le tele dei ragni. Il giardino fioriva a similitudine d’una selva immobile di gigli enormi e difformi, congelato; era un orto posseduto da una incantazione lunatica, un esanime paradiso di Selene. Muta, solenne, profonda, la casa dei Barberini occupava l’aria: tutti i rilievi grandeggiavano candidissimi gittando un’ombra cerulea, diafana come una luce; e quei candori e quelle ombre sovrapponevano alla vera architettura dell’edificio il fantasma d’una prodigiosa architettura ariostea” dal romanzo “Il Piacere” di Gabriele D’Annunzio. La cancellata di ferro di cui parla il sommo “vate” fu realizzata da Francesco Azzurri, i due telamoni (colossi ammantati di bianco) da Adamo Tadolini, nel 1865; ”la casa dei Barberini” è un imponente Palazzo ed ospita parte della Galleria nazionale d’arte antica, che è un’istituzione museale di Roma articolata in due sedi: Palazzo Barberini e Palazzo Corsini. Il viaggio alla scoperta del patrimonio artistico ereditato dai nostri padri, ha inizio con un emblema del Barocco e della città di Roma, fonte d’ispirazione per creativi, ieri e oggi, modello architettonico ammirato ed imitato anche fuori dall’Italia:
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Palazzo Barberini. Il suo assetto architettonico affascinò a tal punto Federico II di Prussia che il sovrano fece costruire una residenza gemella, nel centro di Potsdam, nel 1771. Per oltre un secolo il Palazzo Barberini di Potsdam fu uno degli edifici più imponenti di una città che, ancora oggi, può fregiarsi di un’armoniosa varietà architettonica di un fascino senza tempo. Distrutto durante la seconda guerra mondiale, è in fase di attuazione un progetto che ne prevede una fedele ricostruzione che, col nome di Museum Barberini, ospiterà la collezione d’arte del mecenate che finanzia l’impresa. Non sono solo tedeschi o europei i visitatori che si aggirano silenziosi e quasi riverenti tra sale e saloni principeschi, ma i diversi tratti somatici e gli abbigliamenti e atteggiamenti caratterizzanti, nonché le diversità linguistiche, non lasciano dubbi sulla presenza di un pubblico planetario che ha incluso, nel proprio tour, una visita alla storica dimora. I Romani, gli Italiani provano lo stesso coinvolgimento emotivo degli stranieri? E … soprattutto in quanti l’hanno visitato? Affascina sicuramente il regista Paolo Sorrentino che, nel suo film “La grande bellezza”, mostra proprio la cancellata ed i telamoni di cui parla D’Annunzio, senza trascurare una furtiva zoomata sul capolavoro di Raffaello “la Fornarina”.
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in mostra
Iconica. L’arte urbana al Foro Italico
Una passeggiata sul Lungotevere in compagnia dell’arte di Stefania Servillo
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all’8 giugno e fino al 21 settembre il Foro Italico si trasforma in scenario artistico; in esposizione le opere di promettenti e giovani artisti italiani ed internazionali che si confrontano sul tema dello sport e dell’arte. Sono ben 100 le immagini proposte da artisti che vanno da Bartolomeo Pietromarchi a Maria Alicata e che hanno deciso di accettare questo particolare invito del CONI (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) per festeggiare i suoi 100 anni. Le opere proposte non sono state realizzate tutte appositamente per il centenario, ma lo scopo dell’esposizione non è mai tradito: mostrare la cultura e la civiltà, come queste si possano esprimere attraverso il sport e come il tutto si possa mostrare attraverso l’arte. Le opere sono montate su grandi pannelli (che danno un po’ l’illusione di una street art “moderata”), posizionati sotto a pali dell’illuminazione stradale nel tratto che si snoda tra Ponte della Musica Armando Trovajoli sino a Ponte Milvio. Questo tratto di Lungotevere dunque modifica il proprio aspetto diventando casa d’arte d’eccezione. Sono state diverse nel corso degli ultimi anni le iniziative volte a valorizzare anche i luoghi aperti di Roma (percorsi simili sono comunque proposti in altre città) e sono certamente iniziative apprezzabili che tentano di sdoganare l’idea di arte direttamente ed inestricabilmente legata al concetto di museo e collezione chiusa, statica e antica. L’arte è qualcosa di vitale, deve sempre riscoprire se stessa, attraverso modalità nuove che permettano l’avvicinarsi di un pubblico sempre più vasto.
La forma della seduzione
Il corpo femminile attraverso gli occhi dell’arte del Novecento
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Man Ray, “Nudo”, 1930-1934 ca
a seduzione non si basa sul desiderio o sull’attrazione: tutto questo è volgare […] Certo, il fascino della seduzione passa attraverso l’attrattiva […] il desiderio (però) non è un fine”. La citazione è di un sociologo francese: Jean Baudrillard. Partendo dalle sue considerazioni sull’idea di seduzione e di attrazione, si snoda alla GNAM “La forma della seduzione. Il corpo femminile nell’arte del ‘900”. L’esposizione si è inaugurata il 5 giugno e sarà visitabile sino al 5 ottobre 2014. Il percorso è diviso in cinque sezioni che esplorano l’idea della seduzione abbinata a quella del corpo femminile, a seconda dell’artista l’opera lascia trapelare delle specifiche caratteristiche. Nella prima troviamo le delicate opere di Man Ray che offrono un ritratto di bellezza ideale declinata in maniera poco convenzionale. Il percorso, offertoci dalla curatrice Barbara Tomassi, ci permette di assimilare opera dopo opera un cambiamento lento e inarrestabile che avviene sotto lo sguardo dello spettatore e attraverso gli occhi degli artisti. Nella seconda sezione (che può risultare ostica, visti gli artisti ed il movimento trattato) si affronta la destrutturazione del corpo e della sua idea con Capogrossi, Carrà, Guttuso, Manzù e Mirò tra gli altri; un passaggio importante che ci permette di approdare alla successiva idea di oggetti-feticcio tipici in Dalì ed Ernst e conseguentemente all’inevitabile sovrapposizione della seduzione e dell’elemento animale (quarta sezione). Si conclude con la bellezza del corpo femminile completamente vulnerabile e abbandonato a se stesso durante le ore di sonno. L’esposizione propone il classico tema della bellezza femminile attraverso gli occhi degli artisti-uomini; le opere sono interessanti e degne di nota; l’esposizione è ormai giunta ai suoi ultimi giorni ed è probabilmente una utile occasione per vedere le opere di molti artisti del Novecento sempre interessanti e d’impatto tanto per i “veterani dell’arte” quanto per i neofiti. 11
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curiosART
L’arte spiegata ai truzzi
Il blog delle grandi opere in dialetto romanesco moderno di Cristina Simoncini
Frida Kahlo , “Autoritratto con collana di spine e colibrì”
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e grandi opere d’arte vi attirano, ma le spiegazioni dei libri vi sembrano fin troppo dettagliate? Vi piace andare per musei, ma la voce della guida vi sembra insostenibilmente soporifera? “L’Arte spiegata ai Truzzi” è quello che fa per voi: un Tumblr che raccoglie e descrive le più grandi opere degli artisti più famosi con un linguaggio “semplice e fresco”. E chi scrive è decisamente sul pezzo: l’autrice è Paola Guagliumi, laureata in storia dell’arte nonché guida turistica a Roma. Unico requisito per poter seguire le sue spiegazioni: dovete avere una certa dimestichezza con il vocabolario italiano-truzzo. Ecco come Paola descrive l’autoritratto di Frida Kahlo: “ A un sacco de gente je piace Frida Kahlo, ma nun tanto pe le opere in sé, quanto pe artri aspetti tipo er monocijo, er personaggio, ‘a malattia, l’amori burascosi, ‘a vita che ha vissuto, che vaa potete annà a legge su Uichipidia ed è effettivamente un botto interessante. Vero pure è che lei ha contribuito a fà de stessa un soggetto daa pittura sua. Ma io penso che, sebbene ‘a vita privata così come er contesto storico certamente influischeno su quer che produce un artista, alla fin fine poi er giudizio va dato solo in base alle opere, si sò riuscite o meno. Ce sò artisti che
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cianno avuto na vita un sacco avventurosa, sgarupata, sregolata, sfortunata, e antri che si usciveno er sabato sera a pijasse un gelato era grasso che colava: ma in ambo ‘e categorie se troveno geni e artisti mediocri, perché nun vor dì. Uno po’ esse omo o donna, bianco o nero, ricco o povero, ebreo o cattolico, nato qui o nato là, figo o sfigato: tutte ste qualità conteno, ma nisuna de ste qualità in sé te garantisce che l’artista sarà bravo e l’opera valida. Per cui, si ad esempio nun te piace l’arte de Frida Kahlo, dì che nun te piace – che ne so – pe come sò usati i colori o pii soggetti scerti o perché è poco interessante – ma nun dì che nun te piace perché lei era na donna o perché lei era messicana: verebbe come a dì che nun te piaceno l’ova perché ‘e galline cianno na brutta faccia. Si poi ciai un problema in generale verso tutte ‘e donne, tutti i messicani, o tutte ‘e galline, bè forse è er caso che te fai vede da quarcuno. Detto ciò, venimo ar quadro che te propongo. Devi sapè che siccome era paralizzata a letto, i genitori j’aveveno appiccicato no specchio sotto ar baldacchino. Vedesse sempre e nun potesse move: e l’autoritratti sò anfatti pure pe questo na parte grannissima daa sua pittura. Che na pittrice scerga de dipigne se stessa è interessante, dato che ‘e donne sò sempre state un soggetto (o mejo oggetto) daa pittura, gnude o vestite. Poteva sceje de dipigne paesaggi, fiori, antre donne, oppure ommini: ha scerto de dipignese a sé. Come a dì, io sò mia e me dipingo io. O forse perché se voleva rifà dii carci in culo che j’aveva dato ‘a vita reinventannose un personaggio e na vita su ‘a tela. Ce sta pure sempre er riferimento aa curtura messicana popolare, nii colori, noo stile, nee simbologgie, pure nii vestiti che se mette lei. Spesso ce sò riferimenti personali, ad esempio a ‘e malattie sue, come qua ‘a collana de spine che richiama er dolore, e er gatto e ‘e scimmie che see teneva drento casa. Lei ha usato ‘a pittura pe dà un senso a tutte ste varie cose che ciaveva intorno o j’ereno capitate, come na cuoca che pija tutti l’ingredienti che cià in dispensa e l’ammischia insieme e ce mette er suo lavoro, er calore der foco, er tempo de cottura, e magari pure un po’ de inventiva, e quer che viè fòri è na torta che nun è mai ‘a semprice somma dell’ingredienti. Quinni vedi che l’esse stata donna, o la vita che ha fatto, o l’esse nata messicana, conteno, eccome. Ma quer che conta de più è er modo con cui lei ha usato tutte ste cose e l’ha messe insieme e n’ha tirato fòri un’arte unica e iripetibbile, e soprattutto che po’ parlà pure a chi nun è donna o messicano o nun s’è rotto, pe fortuna, ‘a spina dorsale. ” Fonti: lartespiegataaitruzzi.tumblr.com www.giornalettismo.com
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architettura manga
Ichi the Killer Pulp malato
di Valerio Lucantonio boss del clan Anjo viene ucciso da Ichi, protagonista sadico e dal carattere infantile, abilissimo nell’uso dei calci. Da questo avvenimento si metterà in moto la storia, che seguirà passo dopo passo i punti dell’imperscrutabile piano del Vecchio, misterioso mentore e confidente di Ichi, in quella che sembra una dichiarazione di guerra all’intero condominio. Il maggiore pericolo è rappresentato da Kakihara, braccio destro di Anjo, che prenderà il comando del clan, rimasto senza boss, per punire coloro che lo hanno fatto sparire. Forse è proprio lui il personaggio più disturbante: un sadomasochista che segue una particolare quanto estrema filosofia del dolore verso sè stesso e i suoi nemici. Yamamoto-sensei riesce a delineare con un tratto realistico e sporco, che si adatta benissimo ai ritmi narrativi, una storia lineare, essenziale, che non si perde nel raccontare alcunchè di superfluo, in un frenetico susseguirsi di eventi che portano a un finale a dir poco spiazzante.
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o scopo di ogni fumetto (e, volendo, di ogni opera artistica) è colpire chi ne usufruisce; e ci sono molti modi per smuovere l’animo di un lettore: stupirlo con un colpo di scena, farlo ridere a più non posso, portarlo a riflessioni esistenziali o provocargli tristezza, ma Hideo Yamamoto nella sua serie breve “Ichi the Killer” (Shogakukan, 1998), che potremmo definire quasi un racconto pulp, preferisce destabilizzare il pubblico, portandolo al disgusto e alla repulsione per le scene che vedono il susseguirsi delle vicende dei protagonisti. “Ichi” è un seinen noto per la violenza spinta e la presenza fissa del tema della malattia sia sessuale che mentale con cui la grande maggioranza dei personaggi ha a che fare, ognuno in maniera diversa, perciò non è consigliabile a tutti i lettori, a causa di frequenti scene disturbanti e pesanti. La storia si svolge quasi interamente intorno a un condominio di Kabukicho (quartiere a luci rosse di Tokyo) nel quale trovano sistemazione i membri delle varie famiglie mafiose: in uno degli appartamenti il 13
Un pittore tra i detenuti
Sensibilità e attenzione per l’umanità dolente
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in mostra
di Rosa Cirone
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rancesco Saverino è un agente penitenziario che opera all’interno della Casa Circondariale di Prato e che, attraverso le sue opere, disegna una sofferenza del vivere quotidiano dietro le sbarre. Ma il suo sguardo di artista si spinge oltre. Fino alla bambina che si dispera perché non trova più neanche una goccia di latte dal seno di chi le ha dato la vita, o la donna dal volto bellissimo che trasuda malinconia, che testimoniano, tra le sue molte opere, la capacità di questo artista di sostenere un ruolo istituzionale, ma al tempo stesso di sapersi calare, attraverso il solo strumento di un talento innato, nei panni di chi soffre e prova dolore. La sensibilità e la cura che Francesco Saverino mette nella cura dei
dettagli dei volti da lui dipinti delineano in maniera delicata, ma al tempo stesso dirompente, una forza espressiva non comune. La scelta di comunicare attraverso due soli colori, il bianco ed il nero, rimanda ad antichi tormenti con cui l’essere umano è costretto a convivere: non può esserci spazio, nell’uomo, per la gioia, se non ha conosciuto il dolore, parola che spaventa, ma che rappresenta il preludio di un piacere che vestirà i panni di una momentanea consolazione. Questa contrapposizione, appunto, traspare dai lavori di Saverino, che sembra invitare lo spettatore a guardarsi dentro, con gli occhi di un bambino.
Fuori cornice. L’arte oltre l’arte di Giuseppe Chitarrini
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. Dal Lago è docente di Sociologia dei processi culturali all’Università di Genova, e S. Giordano, artista, insegna Immagine e Comunicazione presso la stessa Università. In questo volume – che nel titolo ricorda una trasmissione televisiva, andata in onda su Rai Tre, e presentata da A. Bonito Oliva
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(‘Fuori quadro’) - i due autori esaminano alcune delle più significative espressioni artistiche non ufficiali, non inquadrabili nelle forme, nei canoni e nei circuiti dell’arte tradizionale: l’arte fuori cornice, appunto. Viene passato in rassegna l’arte popolare ‘ingenua’ e ‘naif’ degli ex voto, il ready made, la street art, l’art brut, land art e altri linguaggi artistico-espressivi che non abitano le sedi deputate, preferendo altri spazi, come le aree metropolitane, le zone periferiche, i quartieri e altre dislocazioni spurie; tanto che, a tal proposito oggi, sempre più, si parla di ‘Estetiche metropolitane’ e di ‘Arti di contesto’. Un insieme multiforme di esperienze che non trova luogo nelle forme concluse e deputate: musei, gallerie, repertori collezionistici, mercati dell’arte e altri spazi tradizionali. Dal Lago e Giordano, con qualche forzatura, traducono sinteticamente questa pluralità di esperienze in tre tipologie: “Arte votiva”, “Outsider Art”, “Street Art”, di cui sono rappresentanti nuove figure sociali di performer, artisti e fruitori stessi, per lo più slegati dalle forme standardizzate e dai vincoli tradizionali imposti dal mercato e dalle convenzioni del mondo artistico. Soggetti ai margini della dimensione artistico-creativa (e spesso anche ai margini della società) e per
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occhio al libro
questo più ‘liberi’ e in grado di rappresentare ed esprimere queste nuove tendenze, dalle quali, in un secondo momento, anche l’arte, cosiddetta ufficiale, trae spesso ispirazione e modalità espressive, a volte, senza neanche dichiararne il debito. I murales di Città del Messico, che insieme all’arte votiva centro-americana influenzarono l’opera di Frida Kahlo, gli stencil di NewYork, i graffiti di determinate aree delle grandi città europee, le torri (Watts Towers) di Sam Rodia nella periferia di Los Angeles, gli ex voto dei santuari italiani, spagnoli e latino-americani, le tags di Tokio. Tutte testimonianze di queste esperienze ‘irregolari’, arte che potremo definire ‘deterritorializzata’ e che trasforma i ‘non luoghi’ delle sterminate e anonime periferie metropolitane in luoghi dell’arte, modificando scenari, spazi e le relazioni umane. Piattaforme espressivo-estetiche che tratteggiano il variegato percorso della smaterializzazione delle forme strutturate del moderno, per indirizzarsi verso le esperienze instabili e performative della cosiddetta postmodernità, a testimonianza della vitalità dell’arte e dei suoi inediti protagonisti (artisti multiespressivi, performer, curatori, art director, fruitori, ‘graffitari’, artisti da strada ecc.).
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Nettuno
“Semplicemente ...donne” di Sabrina Carucci, Maria Petito e Silvia Amendola Forte San Gallo, dal 16 al 21 settembre
Roma
Giacinto Cerone (1957 - 2004) MACRO, fino al 14 settembre Roma interrotta MAXXI, fino al 21 settembre Iconica. L’arte urbana al Foro Italico (articolo a pag. 11) Foro Italicom fino al 21 settembre Shakespeare Fest (articolo a pag. 5) Teatro Globe di villa Borghese, fino al 22 settembre Andy Warhol Fondazione Roma, Palazzo Cipolla, fino al 28 settembre Paolo Antonio Paschetto. Artista, grafico e decoratore tra liberty e déco” Casino dei Principi di villa Torlonia, fino al 28 settembre Terry O’Neill: Pop Icons Palazzo Cipolla, fino al 28 settembre La biblioteca infinita. I luoghi del sapere del mondo antico Colosseo, fino al 5 ottobre La forma della seduzione. Il corpo femminile nell’arte del ‘900 (articolo a pag. 11) GNAM, fino al 5 ottobre Artiste del ‘900 tra visione e identità ebraica Galleria d’Arte moderna di Roma Capitale, fino al 5 ottobre La Nuova Moda tra ‘500 e ‘600 Villa d’Este Tivoli, fino al 19 ottobre FORO DI AUGUSTO. 2000 ANNI DOPO di Piero Angela e Paco Lanciano Foro di Augusto, Via Alessandrina, fino al 21 ottobre Ucraina - Soltanto ieri. Mostra fotografica di Franco Lubrani Salotto di Genti e Paesi, Via Adda 111, fino al 31 ottobre Dreamings. L’Arte Aborigena Australiana incontra de Chirico Museo Carlo Bilotti, fino al 2 novembre Adriano e la Grecia. Villa Adriana tra classicità ed ellenismo Villa Adriana, Tivoli, fino al 2 novembre Il mio Pianeta dallo Spazio: Fragilità e Bellezza Palazzo delle Esposizioni, dal 30 settembre al 2 novembre I Papi della speranza Museo di Castel Sant’Angelo, fino al 16 novembre
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Enel Contemporanea. Big Bambú MACRO Testaccio, fino al 29 dicembre Henri Cartier Bresson Museo dell’Ara Pacis, dal 25 settembre al 6 gennaio Gerhard Richter Palazzo delle Esposizioni, dal 15 ottobre al 10 gennaio 2015 Memling. Rinascimento fiammingo Scuderie del Quirinale, dal 11 ottobre al 18 gennaio 2015 I Bassifondi del barocco. La Roma del vizio e della miseria Accademia di Francia a Roma, Villa Medici, dal 7 ottobre al 18 gennaio Escher Chiostro del Bramante, fino a febbraio 2015
Eventi
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Gaeta
Alberto Burri - Cellotex e opera multipla Pinacoteca comunale - Palazzo S. Giacomo, fino al 12 ottobre Cy Twombly, fotografie di Gaeta Museo diocesano, fino al 26 ottobre
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Milano
Giovanni Segantini Palazzo Reale, fino al 18 gennaio 2015 Marc Chagal, una retrospettiva 1908-1985 Palazzo Reale, fino al 1 febbraio 2015
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Pestum
Colori nell’antica Paestum. Vita dei Colori e Colori della Vita (articolo a pag. 7) Museo Archeologico Nazionale, fino al 30 novembre
Pisa
“Angeli” di Igor Mitoraj (articolo a pagg. 8-9) Piazza del Duomo, fino al 15 gennaio 2015
Tivoli
La nuova moda tra ‘500 e ‘600 Villa d’Este, fino al 19 ottobre Adriano e la Grecia - Villa Adriana fra classicità ed ellenismo Villa Adriana, fino al 2 novembre
on il rientro dalle vacanze estive, riparte anche, su “Occhio all’arte”, la pubblicazione della striscia “Sul filo di china”. Quest’anno la penna ironica di Patrizia Vaccaro, abbandonando la strip consueta, si cimenta in un racconto a puntate che ci accompagnerà per tutti i prossimi mesi. Una storia appassionante che si ispira alle origini epiche e mitologiche della città di Ardea, una storia che parla di re, di principesse, di brame divine e delle loro conseguenze, ove avventure e sventure avverano l’oracolo e determineranno, dopo mille peripezie, la sua fondazione. Buona lettura e buon divertimento.
Potete trovare la vostra copia di â&#x20AC;&#x153;Occhio allâ&#x20AC;&#x2122;Arteâ&#x20AC;? presso i seguenti distributori:
Aprilia: Biblioteca Comunale (Largo Marconi), Comune di Aprilia - Palazzo di vetro (p.zza dei Bersaglieri), edicola di p.zza Roma, Casa del libro (Via dei Lauri 91), Abbigliamento Alibi (via Marconi 52), Banca Intesa (via delle Margherite 121), edicola di Largo dello Sport, edicola di p.zza della Repubblica, teatro Spazio 47 (via Pontina km 47), palestra Sensazione (via del Pianoro 6), Ottica Catanesi (Largo Marconi 8),Latitudine 42 (via degli Aranci, 65) Lavinio mare: Bar Lavinia (p.zza Lavinia 1) - Anzio: Biblioteca comunale (Comune di Anzio) Nettuno: F.lli Cavalieri (P.zza IX Settembre) 16