A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno XIII N° 127 settembre 2019
Mensile d’informazione d’arte
www.artemediterranea.org
n La stanza segreta “Caerulea”, Dino Valls
La Ciba è vicina. Il n cuore di Pechino
nManga. Dorohedoro
Roma insolita. n Raffaello Sanzio
Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”
Telefona al 347.1748542
Associazione ARTE MEDITERRANEA Aprilia - PROGRAMMA CORSI 2018-2019 CORSO INTARSIO SU LEGNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO DISEGNO PER BAMBINI LUNEDI’ - MERCOLEDI’ - VENERDI’ 18,30 - 20,00
CORSO DISEGNO 1° ANNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 9,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO AVANZATO LUNEDI’ MERCOLEDI’ 18,00 - 20,00 CORSO OLIO LUNEDI’ - VENERDI’ 18,00 - 20,00 20,00 - 22,00 MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00
CORSO DI FOTOGRAFIA ORGANIZZATO DA ASS.FOCUSFOTO MARTEDI’- MERCOLEDI’ GIOVEDI’ - VENERDI’ 20,30 - 22,30
Collaboratori Patrizia Vaccaro, Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, Valerio Lucantonio, Nicola Fasciano, Giuseppe Chitarrini Francesca Senna Responsabile Marketing Cristina Simoncini
Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini
Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale
Amministratore Antonio De Waure
Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore
Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti
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CORSO DI ANATOMIA PER ARTISTI Ins. Antonio De Waure CORSO DI PROSPETTIVA Ins. Giuseppe Di Pasquale
CORSO DI DISEGNO - FUMETTO SCENEGGIATURA ORGANIZZATO DA SCHOOL COMIX APRILIA SABATO 10,30 - 18,45
Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Mensile culturale edito dalla Associazione Arte Mediterranea Via Muzio Clementi, 49 Aprilia Tel.347/1748542 occhioallarte@artemediterranea.org www.artemediterranea.org Aut. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007
CORSI IN ORARIO DA DEFINIRE
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Sommario
Nel cuore di pechino: gli antichi Hutong Wanjin GIM Teatro che passione! La stanza segreta Dorohedoro Inktober Raffaello Sanzio “Musica e società. Il caso Puccini” sul filo di china
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La Cina è vicina
Nel cuore di pechino: gli antichi Hutong di Rossana Gabrieli
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li hutong sono gli antichi vicoli della vecchia Pechino, una zona che ricopre una posizione molto vasta e di grande importanza storica nella ricca storia della città. Passeggiando per le strette viuzze, si ha l’impressione di affacciarsi nella Pechino di un tempo e di vedere da vicino tutti i cambiamenti, molti dei quali profondamente radicali, che la città e l’intera nazione hanno vissuto negli ultimi cento anni. La parola “hutong” si riferisce a quei vicoli dei quartieri più antichi della capitale che scorre tra file di siheyuan (四合院), le tradizionali case a corte che circondano la Città Proibita. Sono testimonianza viva della storia e della cultura della città e di come è cambiata negli ultimi decenni. La loro storia risale all’epoca della dinastia Yuan (1279-1368 d.C.). Il termine “hutong”, infatti, deriva dal mongolo “hottog” che significa “pozzo”. In antichità, le case venivano costruite attorno ai pozzi e così lentamente sorsero e si svilupparono i primi quartieri di Pechino. Secondo gli storici, in quest’epoca si iniziò a distinguere tra tre diversi tipi di strade: “viali” ovvero strade molto larghe (circa 36 metri), “vie” che designavano strade larghe la metà e “hutong”, ovvero vicoli non più larghi di 9 metri. In generale, quindi, gli hutong sono tutte quelle stradine e viuzze che variano da 40 cm di larghezza (il più stretto che si conosca) a 9-10 metri (il più largo). Gli hutong si snodano attraverso l’antico cuore della città in lungo e in largo, diramandosi in tutte le direzioni.
Bisogna fare molta attenzione a non perdersi, perché in alcuni quartieri sembra quasi di essere in un labirinto. Si calcola che uno tra gli hutong più lunghi ha oltre 20 tra curve e cambi di direzione e ci sono anche tanti vicoli ciechi, interrotti dalle pareti di antiche case tradizionali dalle inconfondibili tegole grigie. Il nome di un hutong dipende dalla sua storia, dalla sua posizione o dalla sua peculiarità ed è tra questi vicoli che gli abitanti di Pechino hanno vissuto la loro quotidianità per secoli, tra mercati, momenti all’aperto, chiacchiere tra vicini. Agli occhi dei pechinesi, hutong è sinonimo di stile di vita tradizionale, accogliente e caloroso, quasi come un “tassello della storia di Pechino”. Tra i vari vicoli sono disseminate le abitazioni di personaggi famosi, le ambientazioni di molte opere musicali e teatrali e di libri importanti. Proprio per questo è un’esperienza fondamentale assistere ad uno spettacolo al Teatro delle Arti Popolari di Pechino, come “La casa da tè” o “Il piccolo hutong”: è un modo per apprezzare ancora meglio questa parte fondamentale della storia della città. Quando lo sviluppo di nuovi quartieri ha cominciato a minacciare la vita degli hutong, i pechinesi hanno cominciato a battersi per preservarli. Oggi restano circa quattrcentomila delle antiche case a corte siheyuan circondate dagli hutong e il governo municipale ha attuato un piano di sviluppo urbano volto alla protezione di questi meravigliosi quartieri storici. 3
Wanjin GIM
Iridesceze particolari di Cristina Simoncini
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curiosArt
artista di Seoul, WanJin Gim, illustra la forma e il gesto del corpo umano usando complessi strati tratteggiati di colore e una illuminazione drammatica. Aggiunge intrigo alle pose, che potrebbero essere considerate studi tradizionali di disegno di figure, aggiungendo linee astratte e colori ad acquerello che integrano le parti del corpo frammentate in un campo visivo più ampio. In un’intervista a “Trending All Day”, l’artista descrive la sua ispirazione e il suo processo: “Sono interessato ad esprimere la temperatura corporea e l’odore della pelle e sto studiando la relazione tra colore ed energia (Qi) per il mio lavoro ... Attualmente di solito uso pastelli ad olio e matite colorate. Entrambi hanno colori limitati, quindi ho bisogno di sovrapporli per produrre un colore che mi piace. Anche se non riesco a esprimere il colore che intendo realizzare, sono soddisfatto dell’eccezionale effetto derivante dall’imperfezione.” Gim ha studiato animazione all’università, ma ha iniziato a creare sul serio il suo stile attuale dopo aver incontrato il lavoro del pittore e disegnatore Lucian Freud.
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Fonti: www.thisiscolossal.com
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Teatro che passione!
Da spettatori a attori, a spettatori di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi
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a magia del teatro, con la sua aura di verità e fantasia, di vite altre da noi o rispecchianti la nostra, la sua vibrante interazione, mi ha conquistata da adolescente e mi ha accompagnata negli anni. L’ho vissuta essenzialmente da spettatrice; l’idea di mettermi alla prova, di capire cosa avessi interiorizzato dell’arte della recitazione, è divenuta realtà da pochi anni. Non è semplice mettersi in gioco, salire su un palcoscenico e dar vita a un personaggio, anche se il tutto è stato preceduto da una preparazione seria e accurata. L’impegno, le frustrazioni, le ansie sono tante, tanta anche la fatica fisica. Dei professionisti posso immaginarla, degli amatoriali l’ho vissuta e so che uno dei loro compiti aggiuntivi è montare e smontare scenografie, porre e sostituire oggetti di scena ed altro. Non voglio parlare, in quest’articolo, della mia esperienza da attrice, bensì dell’incontro con il teatro amatoriale a me sconosciuto fino a quando, io stessa, non ne sono entrata a far parte! Passione per il teatro sì, ma quello dei grandi, testi e attori. A teatro sì, ma all’Argentina, all’Eliseo, all’India, tanto per fare degli esempi. Poi, giocoforza, ho visto altro, in altri luoghi non sempre convenzionali. Grandi emozioni, sana ilarità, momenti di riflessione e di introspezione, tra un presente e un passato ben documentato, scenografie di tutto rispetto, innovative e tradizionali in tanto teatro amatoriale di cui sono stata spettatrice! La differenza tra attore professionista e attore amatoriale è chiara, i due aggettivi hanno un significato inequivocabile, ma non ha nulla a che vedere con il talento e la passione! Viene da Norcia, anche se io l’ho conosciuta a Nettuno, al teatro Lilliput, la Compagnia “Teatrotredici” con la sua esperienza decennale e con l’orgoglio di innumerevoli riconoscimenti e premi, a livello nazionale. L’opera in cui si è magistralmente cimentata è una farsa molto famosa, scritta da Ray Cooney, ”Se devi dire una bugia, dilla grossa” ambientata in un albergo di lusso, dove <il gioco delle porte> ha presa facile e permette ai bravissimi attori di divertire e affascinare il pubblico, con equivoci, colpi di scena, battibecchi, spaventi che non vogliono, però, suscitare solo ilarità ma, anche, denunciare vizi e ipocrisie della società. La regia è stata curata da Maria Cristina D’Abbraccio, in maniera, oserei dire, impeccabile, “professionale”. Efficace la scenografia tridimensionale che rappresenta, in maniera realistica, un albergo di lusso frequentato da ricchi borghesi un po’ annoiati, un po’ frustrati. Un lungo telo, morbido e fluttuante, rosso, di un rosso vivo cangiante; sedie, sedie normali, di legno, marroni, all’occorrenza particolarmente rumorose, fastidiose, sono state l’unico supporto scenico veramente funzionale e affascinante durante una rappresentazione teatrale che, difficilmente, dimenticherò per le emozioni visive, uditive e olfattive che, come in un turbinio, mi hanno coinvolto. E’ accaduto all’inizio della primavera, quest’anno, sempre a Nettuno, ma questa volta al TeatroStudio8. L’opera che ho visto è Chocholat, messa in scena dalla Compagnia “Costellazione” di Formia, liberamente ispirata sia al libro di Joanne Harris che all’omonimo film di Hallstrom, con la regia e la drammaturgia di Roberta Costantini. Preceduta da una squisita degustazione di cioccolatini, lussuriosi nel sapore e nel profumo, la storia di una misteriosa donna che, con il cioccolato, risveglia gli animi e le coscienze degli abitanti di un paesino francese, si è dipanata davanti ai miei occhi tra musica, danza, parole, luci, movimento! Indimenticabile! Bravi tutti. La Compagnia <Costellazione> ha ricevuto moltissimi premi e non solo in Italia.
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Teatro
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La stanza segreta
Il collezionismo, un bene per tutti di Maria Chiara Lorenti
“Gli allegri inventori”, Carlo Bertocci
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uante volte l’amore per dei determinati oggetti nasce per un caso fortuito? così si diventa collezionisti e si passa molto del proprio tempo alla ricerca di un nuovo pezzo da aggiungere al piccolo tesoro che si sta accumulando. Le grandi collezioni italiane e straniere hanno arricchito, nei secoli, il patrimonio museale di
“Nel cuore del giardino”, Lithian Ricci
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molte nazioni, e spesso sono il tema di tante mostre artistiche. Da qualche anno Gualdo Tadino, antica cittadina alle falde dell’Appennino umbro marchigiano, ha stretto un sodalizio con il critico d’arte Vittorio Sgarbi, trasformando la medievale chiesa di San Francesco in un sito espositivo ove opere in prestito temporaneo dialogano con i meravigliosi affreschi originari di questo luogo. Questa estate, la mostra è visibile fino al 27 ottobre, il viaggio è dedicato non ad uno o più autori, bensì alla collezione di capolavori della figurazione contemporanea di Massimo Caggiano. Amore per l’arte figurativa nato una trentina d’anni fa, in occasione di una visita ad una galleria. “La stanza segreta”, è un contenitore, uno scrigno che racchiude in sé un certo numero di oggetti preziosi, sconosciuti ai più, ma non per questo non importanti. E’ un appartamento che il noto designer ha ridisegnato appositamente per questa funzione. Quaranta artisti per settanta opere presenti in mostra, il meglio della raccolta, quadri e sculture che difficilmente si sono viste altrove. Tema: il corpo umano che viene interpretato come involucro dell’anima. Appena entrati, all’imbocco del percorso espositivo, la prima sezione è dedicata all’amicizia maschile. Una selezione di opere che celebrano questo sentimento declinato in vari atteggiamenti. C’è quello riferito al rapporto speciale che si instaura tra due ragazzi, come nella tela di Carlo Bertocci “Gli allegri inventori”, uniti dalle stesse passioni, dai medesimi giochi, da mille confidenze scambiate sulle reciproche curiosità che li portano ad approcciarsi al futuro. Oppure quella più adulta, che Anna Keen ha interpretato in “Come fanno i marinai”, chiaro il riferimento alla canzone di Lucio Dalla. Una coppia di uomini colti nell’abbandono che segue il rapporto sessuale, appagati, si astraggono remoti al mondo circostante. E ancora una fase di conoscenza, di corteggiamento, dove l’amicizia può trasformarsi in un rapporto più profondo,
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“Nel cuore del giardino” di Lithian Ricci, un giovane ben vestito è seduto su una poltrona intrecciata da rami spinosi di rosa, e offre un cuore pulsante all’amico, assiso su un’identica seduta, dietro di loro, nell’ordinato parco, una scala in pietra conduce ad una fontana, ove un marmoreo cuore zampilla, ai loro piedi una mappa, riproducente un labirinto, protegge, al suo interno, un cuore. Cambiando argomento si passa ad un altro tipo di amore: l’ “Amara famiglia” di Paolo Dell’Aquila. L’abbraccio consolatorio, ma perentorio di una madre che costringe la figlia a guardare in faccia la realtà, per affrontare con coraggio le difficoltà della vita. Opere dove l’uomo è il centro dell’universo, declinate in chiave metafisica, classica, o
in mostra
“Psicostasia”, Dino Valls
La stanza segreta è in noi, è quel luogo intimo dove rivelarsi, dove scoprire se stessi, per portare l’io inconscio ad un livello consapevole, liberandosi di ogni sovrastruttura.
“Amara famiglia”, Paolo dell’Aquila
surreale, un inno all’esistenza, dove tutto è riconducibile alla ricerca dell’interiorità che a volte sfocia nella spiritualità. Così ci si spoglia di ogni avere, materialmente come in “Autoritratto n. 3”, bronzo policromo di Giuseppe Bergomi. Un uomo nudo, con gli indumenti intimi sparsi sul pavimento, stringe tra le mani un orologio da polso, una estrema necessità a ristabilire i valori, aldilà delle convenzioni e nonostante il tempo. Altre opere si susseguono nel percorso, oli, sculture, dipinti su poltroncine, oggettistica e mobilia disegnata dallo stesso designer Massimo Caggiano.
“Autoritratto n. 3”, Giuseppe Bergomi 9
Dorohedoro
Intrighi e magia di Valerio Lucantonio
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l fumetto anticonvenzionale di “Q” Hayashida si è finalmente concluso nel 2018 con il capitolo 167, portato in Italia dalla Planet Manga all’interno del volume 23. Nei diciotto anni di pubblicazione mensile per l’editore Shogakukan, Dorohedoro è passato da Monthly Ikki e Hibana, riviste “seinen” (per un pubblico maturo) caratterizzate dalla proposta di opere alternative e atipiche, a Monthly Shonen Sunday, etichetta più tradizionale indirizzata a lettori adolescenti. Tale cambiamento editoriale sottolinea l’ambiguità dell’opera dal punto di vista del target e, di conseguenza, del genere, aspetti che nel sistema giapponese sono sempre interdipendenti e si codificano a vicenda. L’autrice unisce nel suo caratteristico stile narrativo elementi tipici e apparentemente inconciliabili dello “shonen” e del “seinen”, dando vita a un esemplare anomalo nel panorama dei manga per ragazzi. 10
Il mondo fantastico degli stregoni, negli ultimi anni associato a un titolo fin troppo convenzionale e idealizzato come Fairy Tail, viene qui rappresentato come decadente e spietato, attraverso la forma grafica sovraccarica di grigi e tratti sporchi in cui sangue e interiora abbondano con un gusto macabro, quasi ludico. Nonostante i poteri magici siano uno dei principali propulsori della trama, la narrazione non è incentrata su una struttura schematica e ripetitiva di scontri e prove di forza, bensì sul mistero e sulla complessità dei rapporti tra i personaggi, in cui la stregoneria è influente tanto quanto le dinamiche interpersonali, i complotti e le istanze socio-politiche. La storia inizia a Hole, città-discarica usata dagli stregoni per esercitare le proprie abilità a spese degli inermi umani. Il protagonista è una vittima della magia, Cayman, risvegliatosi senza memoria
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e con la testa di un rettile. Insieme alla sua amica Nikaido cercherà di fare luce sulla propria identità e di trovare lo stregone responsabile, attaccando senza pietà ogni visitatore di Hole. Fin da subito i due fanno scoperte importanti che sembrano indirizzare la trama verso uno scioglimento veloce, ma più informazioni raccolgono più il mistero si infittisce. Agli interrogativi che si accumulano corrisponde una progressiva espansione spaziale e l’aggiungersi di nuovi personaggi, anche se avvicinandosi alla conclusione il lettore realizzerà che ogni (apparente) digressione è in verità connessa all’enigma iniziale, il quale assumerà una portata sempre meno individuale fino a scuotere dalle fondamenta il sistema dell’intero mondo narrativo. Hayashida gestisce l’intreccio con estro e originalità, liberandosi di molte convenzioni abusate nel “battle shonen”, ma rimanendo fedele ai suoi principi, con un senso della misura simile a quello di altri titoli autorevoli come Hunter X Hunter di Yoshihiro Togashi. Il protagonista si affianca a una miriade di personaggi le cui gesta vengono seguite e raccontate con il medesimo spazio e interesse, a seconda delle esigenze narrative o dell’ispirazione dell’autrice. Sono frequenti i capitoli che aderiscono alla prospettiva di un personaggio secondario o di quelli che, se in quest’opera la bussola morale coincidesse con l’empatia, potrebbero essere identificati come antagonisti. L’intelligente intuizione della mangaka è infatti quella di presentare, senza favoritismi o predeterminazioni faziose, gruppi e individui tutti caratterizzati da un’indole – o meglio, da una cultura che sembra dominante – fortemente cinica e individualista. Cayman e Nikaido non si fanno scrupoli a martoriare e uccidere chiunque si metta sulla loro strada: per loro la vita ha poco valore, come per l’associazione pseudo-criminale che controlla il mondo degli stregoni o per i ribelli dagli occhi crociati che la combattono. Incarnazione della visione nichilista e disumanizzata che traspare dall’etica presentata da Dorohedoro sono i demoni, creature frivole e altezzose che ricoprono un ruolo assimilabile a quello di divinità in questo universo folle e sanguinario, il quale sembra proporre un’allegoria iperbolica della nostra società.
manga
Nonostante l’ostilità e l’egoismo che caratterizzano Hole e il mondo magico, in questi luoghi possono trovare adito anche valori positivi come l’amicizia, la solidarietà e l’altruismo, seppur esternati da ogni personaggio solamente nei confronti di una cerchia ristretta. Grazie a queste dicotomie la spensieratezza regna sovrana, a prescindere che essa derivi dall’apatia o dalla convivialità, dall’ignoranza o da un maleficio, generando un contrasto tra toni e contenuti che rende l’atmosfera unica e piacevolmente dissonante. Come il suo protagonista, Dorohedoro è una creatura bizzarra e sfuggente, un raro ibrido capace di conquistarsi la simpatia e di appassionare fin dal primo incontro.
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street art
Inktober di Patrizia Vaccaro
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vete mai sentito parlare di INKTOBER? Il termini è dato dall’ unione di due vocaboli inglesi Inchiostro/Ink e Ottobre/October, si tratta di una proposta ideata da Jake Parker illustratore e fumettista americano che nel 2009 (e casualmente questo sarà il 10 anno) lancia una sfida, quella di fare un disegno al giorno per tutto il mese di ottobre. Lo scopo di tutto questo? Esercitarsi e migliorare sia nel disegno che nell’ inchiostrazione, con la pratica, senza sottovalutare che stimola anche la creatività. Con l’esplosione poi dei social network, la cosa si è diffusa in tutto il mondo, facendo sì che tantissimi artisti vi partecipano. L’essere in compagnia o far parte di un gruppo, permette di stimolarsi a vicenda, per non mollare, tutto sommato la cosa protratta per tutto un mese diventa fattibile. Le regole sono semplici: 1) fare un disegno al giorno, inchiostrarlo usando qualunque strumento: una penna, un pennino, un pennello, dei pantone..., 2)pubblicarlo e ricordarsi di scrivere #inktober che ci permette di condividerlo e far si che cliccando sull’hashtag si possano vedere i disegni degli altri artisti, per un confronto, 3) ripetere l’operazione per tutto il mese, 31 12
giorni. Si può disegnare ciò che si vuole o seguire una lista, ne esiste una ufficiale fatta dallo stesso Parker, ma chiunque ne può creare una, oppure farne una propria personalissima, in modo che non si debba scervellare per trovare un’idea tutti i giorni. La lista ideata da altri permette di uscire dai propri canoni ed esplorare nuovi ambiti. Diventa così interessante vedere come le liste vengano sviluppate ed interpretate in modo diverso dai vari artisti. Essendo il messe di ottobre spesso e volentieri le liste riguardano Halloween, un tema particolarmente fantasioso. Se sei incuriosito dall’argomento puoi avere altre info sul sito del creatore di Inktober, Jake Parker: http://mrjakeparker.com/inktober Non resta che cimentarsi e mettersi alla prova oppure solo curiosare, ma vi ricordo che Ottobre è vicino...
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la Roma insolita
Raffaello Sanzio Roma, Urbino di Nicola Fasciano
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ra pochissimi giorni scatteranno sia in Italia che in tutto il mondo le celebrazioni del cinquecentenario dalla morte - morì a 37 anni, il 6 aprile del 1520 - di quel grandissimo artista che è stato Raffaello Sanzio e che ha avuto con Roma un legame fortissimo, straordinario. Infatti basta andare in giro per alcuni dei musei e delle pinacoteche piu’ amati nella Capitale, ovvero i Musei Vaticani, Galleria Borghese, Villa Farnesina, Galleria Doria Pamphilj, Palazzo Barberini, nonché delle chiese di santa Maria della pace, santa Maria del popolo e S. Agostino, per trovare opere bellissime del Grande pittore urbinate. Per esempio il Vaticano ospita La scuola di Atene (1509), La liberazione di Pietro dal carcere (1512), La Trasfigurazione, oltre ad un ciclo di affreschi presenti nella pinacoteca. Raffaello fu chiamato a Roma da papa Giulio II per la decorazione di quattro stanze in Vaticano e nel 1514, dopo la morte del papa, il suo successore, Leone X, nominò Raffaello “Architetto della fabbrica di San Pietro” e “Conservatore delle antichità romane”. Infatti, sempre in Vaticano, come espressione della sua opera di architetto, si ritrovano La Loggia di Raffaello nel Palazzo apostolico e suoi interventi nella Basilica di San Pietro, nella Cappella Chigi, nella Basilica di Santa Maria del popolo e a Villa madama. Ma è anche su Urbino, sua città natale, che vogliamo spendere qualche riflessione. Celebrata come Patrimonio dell’umanità dall’Unesco, questa bellissima città medioevale, come recita la broshure di presentazione, “è stata ed è tuttora un luogo di produzione di cultura: qui tra il ‘400 ed il ‘500 si è compiuta una “rivoluzione” che ha marcato l’identità culturale italiana e di tutto l’Occidente. Artefice di tale visione fu Federico da Montefeltro, il quale seppe condensare in questo luogo l’apice della cultura
umanistica e rinascimentale italiana, chiamando a sé gli uomini e gli artisti migliori del suo tempo……..” . Il Duca di Urbino, ovvero Federico da Montefeltro, rappresenta una figura straordinaria e veramente interessante. Capitano di ventura, ovvero uomo d’arme, concentrava su se stesso una personalità estremamente inconsueta e versatile. Infatti, mentre faceva fortuna e mieteva successi come condottiero, contro ogni stereotipo, egli lavorò principalmente per creare e sviluppare arte, scienza, bellezza, in una sola parola, cultura. E la sua massima espressione del suo essere sostanzialmente mecenate culturale, fu condensata nella creazione di quella splendida costruzione che è il Palazzo ducale di Urbino, anzi usando le parole di Baldassarre Castiglione ne Il Cortegiano (1522), “una città a forma di Palazzo” nel quale Federico volle creare una atmosfera sorprendente attirando a sé gli uomini e gli artisti migliori del tempo. E in quello Studiolo (nella foto) dove amava rifugiarsi di ritorno dalle sue imprese, che, oltre ad essere una dele stanze più conosciute del Palazzo, è anche l’ambiente interno rimasto pressocchè integro dall’epoca della sua creazione. Federico, dentro il palazzo, Uomo di Cultura, fuori il palazzo, Guerriero: quasi una contraddizione nei termini che è stata il motore di questa cittadina, oggi provincia italiana insieme a Pesaro, nelle Marche. Regione non spesso citata a sufficienza per le bellezze artistiche e culturali, ma che racchiude gelosamente bellezze inestimabili, quali, ad esempio, la straordinaria raccolta di maioliche rinascimentali conservata nei Musei civici di Pesaro. Scoprire ciò che non è sempre famoso o conosciuto, ci gratifica sempre di più del noto e l’emozione legata è sicuramente più persistente e appassionante.
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occhio al libro
“Musica e società. Il caso Puccini” di Franco Ferrarotti di Giuseppe Chitarrini
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rendere in esame un testo di F.Ferrarotti per tentarne un commento o una recensione non può che suscitare una punta di quel biblico ‘timore e tremore’, di riverente soggezione che si prova di fronte a una autorevole guida, a uno stimato maestro. Questo sentimento può assumere vari e diversi gradi di intensità, fino a raggiungere –a volte- un senso di inadeguatezza di fronte al compito che ci si è proposti, cioè quello di valutare ed esprimere con ponderatezza quelli che sono gli elementi di una possibile critica al testo che si ha di fronte. Tuttavia non ci si può neanche tirare indietro perché il testo stesso, di per sé, è un insostituibile strumento di conoscenza, un mezzo pedagogico per tutti quelli che sono i ‘cultori della materia sociologica’ e non solo. Ulteriore motivo di esitante soggezione, nel caso specifico di questo “Musica e società…”, potrebbe essere il fatto che la sociologia della musica sia un terreno non facile e poco frequentato nella pubblicistica e nella ricerca sociale; una materia i cui esiti, a tutt’oggi, siano limitati, probabilmente perché i compiti di questa disciplina sono di inusitata difficoltà ed ampiezza(1). Un terreno disagevole quello della sociologia della musica, che tuttavia ha da sempre attirato -forse in maniera non sempre sistematica- gli interessi di molti ‘capiscuola’ e padri fondatori della stessa: da A. Comte, a E.Durkheim, M. Weber, G.Simmel, A. Schutz, fino a Th.W. Adorno che ne è stato –a quanto ne so- lo studioso più prolifico (anche se più impegnato sul versante estetico-filosofico e della critica), fino a non pochi contemporanei anche italiani (penso a un L. Del Grosso Destrieri) che se ne occupano specialmente come un ramo particolare della sociologia dell’arte. Anche F. Ferrarotti sostiene che la riflessione sociologica riguardo la musica sia relativamente trascurata (cfr. p. 7), pur tuttavia le ha dedicato, nel corso del tempo, non pochi studi e saggi(2). In questo libretto, edito da una piccola, ma coraggiosa casa editrice che si distingue per le sue scelte originali e per la veste tipografica sobria, ma elegante ed ineccepibile, F. Ferrarotti riprende, ribaltandole, le critiche che Th. W. Adorno riserva, seguendo le orme nietzscheane, all’opera lirica e al melodramma italiano, in particolare G. Puccini. Nelle prime pagine Ferrarotti smonta la concezione elitaria di Adorno che distingueva drasticamente la musica (e l’arte) superiore dalla musica (e l’arte) inferiore, ponendolo a confronto con W. Benjamin che ribaltava questa distinzione elitaria, considerando l’arte del 900, sia popolare che classica - sia d’avanguardia che impressionistica- come una rottura delle forme
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classiche, avvenuta sia nell’ambito della composizione, sia nell’ esecuzione e fruizione. Rottura che si configurava e si ridefiniva in termini di massificazione, riproducibilità tecnica, serialità ed evaporazione della melodia (cfr. pp.15 e 16). Smontare la distinzione adorniana (che fu già del Nietzsche della “Nascita della Tragedia”), implica per Ferrarotti una rivalutazione dell’opera italiana e in particolare proprio di Puccini, quindi non più trivializzazione della musica e scadimento a spettacolo di massa, come voleva Adorno, bensì espressione anche di “punti di vista socio-antropologici…con attenzione all’ambiente sociale, allo sfondo e al contesto…Espressione originale della cultura meridionale…in cui non vi è nulla di folklorico e localistico”(pp. 19, 20), manifestazione di una collocazione di sapore europeo, in particolare francese(cfr. p. 20) e, soprattutto, in continuità con la precedente lezione mozartiana. Tanto che per Ferrarotti “Puccini è ben lungi dal porsi come un corrivo analizzatore della musica a favore di plebi affamate di eccitazioni emotive a buon mercato… egli…arricchisce e perfeziona la lezione mozartiana”(p.31), dopo che Mozart stesso, a sua volta, aveva mediato fra il melodramma e il sinfonismo classico. Il testo prosegue sviluppando il discorso su Puccini e la sua vicenda umana ed artistica, argomentando brillantemente per diverse pagine anche alla luce di recensioni e articoli di critici e storici dell’opera musicale; il volumetto si conclude con un breve saggio del musicista Stefano Sabene dal titolo “In principio era il canto”, un saggio di carattere storico, forse un po’ ‘difficile’ per chi non conosce la teoria musicale, infine con in altro saggio breve di Carlo Frajese dal titolo”Turandot è opera perfettamente compiuta”. (1) L. Gallino nel suo celebre Dizionario, sosteneva, ad esempio, che “il compito della sociologia della musica è di inusitata difficoltà ed ampiezza, ciò giustifica gli esiti limitati che ha finora conseguito”(L. Gallino, “ Dizionario di Sociologia”, Utet, Torino 1978, p. 455). (2) Cfr. la trilogia “La funzione della musica nella società tecnicamente progredita”, “La musica post-moderna ha un cuore antico”, “La vocazione fondatrice della musica”, tutte pubblicate dalla casa editrice Verso l’arte, nel biennio 2009, 2010; poi “Homo sentiens” e “Rock, rap e l’immortalità dell’anima”, pubblicate entrambi da Liguori 1995, 1996.
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Aprilia
Concorso “L’esodo” - Gemellaggio tra le città di Aprilia e di Aldeno (Tn) 1° classificato: Mirna Mascheriono 2° classificato: Erica Maillardi 3° classificato Paolo Boccardi 4° classificato: Adriano Bisetti 5° classificato: Orietta Giorlandino
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Roma
“Ritratto di famiglia” Gnam, fino al 29 settembre “Emiliano Mancuso. Una diversa bellezza. Italia 2003-2018” Museo di Roma in Trastevere, fino al 6 ottobre “Donne. Corpo e immagine tra simbolo e rivoluzione” Galleria d’arte moderna, fino al 13 ottobre “Frank Holliday” Museo Carlo Bilotti, fino al 13 ottobre “Il Gattopardo 1959-2019” Casa del cinema, fino al 13 ottobre “Mortali Immortali. Tesori del Sichuan nell’antica Cina” Museo dei Fori Imperiali, fino al 18 ottobre “Claudio Imperatore. Messalina. Agrippina e le ombre di una dinastia” Museo dell’Ara Pacis, fino al 27 ottobre “Le macchine di Leonardo da Vinci” Istituto Portoghese di sant’Antonio, fino al 30 ottobre “Luca Signorelli e Roma. Oblio e riscoperte” Musei Capitolini, fino al 3 novembre “Antico Siam. Lo splendore dei regni Thai” Museo delle Civiltà, fino al 3 novembre “Kronos e Kairos” Palatino, fino al 3 novembre “Suburbs” Millepiani, fino al 5 novembre “Dinosauri in carne e ossa” Oasi WWF di Fregene, fino al 10 novembre “Elisabetta Catalano. Tra Immagine e Performance” MAXXI, fino al 22 dicembre “L’arte prende vita alla Rinascente ” gratis Rinascente Tritone, fino al 31 dicembre “La meccanica dei mostri, da Carlo Rambaldi a Makinarium” Palazzo delle Esposizioni, dal 22 ottobre 2019 al 6 gennaio 2020 “Gianni Berengo Gardin” Casale di santa Maria Nova, fino al 12 gennaio 2020 “Bacon, Freud. La scuola di Londra” Chiostro del Bramante, fino al 23 febbraio 2020 “Impressionisti segreti” Palazzo Bonaparte, dal 6 ottobre 2019 al 8 marzo 2020 “Canova. Eterna bellezza” Palazzo Braschi, dal 9 ottobre al 15 marzo 2020 Frida Kahlo“il caos dentro” SET Spazio Eventi Tirso, dal 12 ottobre 2019 al 29 marzo 2020
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Eventi
Ercolano
“Splendori. Il lusso negli ornamenti ad Ercolano” Parco archeologico di Ercolano-Antiquarium, fino al 30 settembre
Ferrara
“L’arte per l’arte. Dipingere gli affetti. La pittura sacra a Ferrara tra Cinque e Settecento” Castello estense, fino al 26 dicembre
Gualdo Tadino
“La stanza segreta”, (articolo a pagg.8-9) Chiesa di S. Francesco, fino al 27 ottobre
Mantova
“Lo spirito delle cose” Museo di Palazzo d’Arco, fino al 30 novembre
Milano
“LaVergine delle rocce del Borghetto” Chiesa di san Michele sul Dosso, fino al 31 dicembre
Siracusa
“Ciclopica” Ex convento san Francesco d’Assisi, fino al 30 ottobre
Tivoli
“Eva vs Eva. La duplice valenza del femminile nell’immaginario occidentale” Villa D’Este, fino al 1 novembre
Treviso
“Metilcovitz. L’arte del desiderio” Museo Nazionale collezione Salce, fino al 13 ottobre
Viareggio
“L’eterna musa. L’universo femminile tra ‘800 e ‘900” Centro Matteucci per l’arte moderna, fino al 3 novembre
Clownville; Autore: Eolo Perfido; Location: Roma - Leica Gallery fino allâ&#x20AC;&#x2122;8 ottobre. 16