A cura dell’Associazione Arte Mediterranea - anno XIV N° 137 settembre 2020
Mensile d’informazione d’arte
www.artemediterranea.org
n Fornasetti.
Theatrum mundi In mostra: n da Morandi a Burri
Dedicato a: Cinema: n n Differenze di genere nella creazione artistica... TENET
Per sponsorizzare “Occhio all’Arte”
Telefona al 347.1748542
Associazione ARTE MEDITERRANEA Aprilia - PROGRAMMA CORSI 2018-2019 CORSO DISEGNO 1° ANNO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO MARTEDI’ - GIOVEDI’ 9,00 - 11,00 18,00 - 20,00 CORSO ACQUERELLO AVANZATO LUNEDI’ MERCOLEDI’ 18,00 - 20,00
Collaboratori Patrizia Vaccaro, Laura Siconolfi, Maurizio Montuschi, Valerio Lucantonio, Nicola Fasciano, Giuseppe Chitarrini Francesca Senna Responsabile Marketing Cristina Simoncini
Fondatori Antonio De Waure, Maria Chiara Lorenti Cristina Simoncini
Composizione e Desktop Publishing Giuseppe Di Pasquale
Amministratore Antonio De Waure
Tutti i diritti riservati. E’ vietata la riproduzione anche parziale senza il consenso dell’editore
Direttore responsabile Rossana Gabrieli Responsabile di Redazione Maria Chiara Lorenti
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CORSO DI ANATOMIA PER ARTISTI Ins. Antonio De Waure CORSO DI PROSPETTIVA Ins. Giuseppe Di Pasquale
CORSO DI DISEGNO - FUMETTO SCENEGGIATURA ORGANIZZATO DA SCHOOL COMIX APRILIA SABATO 10,30 - 18,45
Redazione Maria Chiara Lorenti, Cristina Simoncini, Giuseppe Di Pasquale, Mensile culturale edito dalla Associazione Arte Mediterranea Via Muzio Clementi, 49 Aprilia Tel.347/1748542 occhioallarte@artemediterranea.org www.artemediterranea.org Aut. del Tribunale di Latina N.1056/06, del 13/02/2007
CORSI IN ORARIO DA DEFINIRE
CORSO OLIO LUNEDI’ - VENERDI’ 18,00 - 20,00 20,00 - 22,00 MARTEDI’ - GIOVEDI’ 09,00 - 11,00 18,00 - 20,00
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Sommario
Nettuno a memoria Mio vanto mio patrimonio: da Morandi a Burri, in mostra a Pienza fino al 10 gennaio 2021 L’effetto Droste L’affollato mondo di Fornasetti “Differenze di genere nella creazione artistica di personaggi femminili” TENET “Storie assassine” sul filo di china
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occhio al libro
Nettuno a memoria di Giuseppe Chitarrini
Il nostro collaboratore Giuseppe Chitarrini ha pubblicato recentemente un saggio, intitolato “Nettuno a memoria - Un’autobiografia fra comunità società e comunità complessa” Il saggio è acquistabile -per il momento- nelle tre librerie “I Misteri”: quella nel supermercato Le vele, quella di via Sangallo e quelle di Anzio a Via XX settembre o nelle edicole della piazza di Nettuno Pubblichiamo qui di seguito il testo della IV di copertina e la copertina. “La Memoria da esperienza intima, singolare e affettiva-emotiva può trasformarsi in riflessione cognitiva, mettendosi in relazione con il ‘resto sociale’, con il contesto e la dimensione intersoggettiva; da ricordo privato e personale può così essere impiegata anche come metodica per la ricerca storico-sociale ed antropologica. Queste pagine narrano, appunto, circostanze e percorsi (auto)biografici, tentando di connetterli alle dinamiche storicosociali che hanno caratterizzato, nei decenni, il mutamento e la transizione di Nettuno, da realtà di provincia contadina con tratti ancora di tipo tradizionale e comunitario a società moderna, realtà terziara con inserti industriali, a società –quella di oggi- complessa, plurale, non esente da aspetti problematici e multiproblematici, inglobata nell’onnivoro processo di ‘metropolitanizzazione’ che da provincia di Roma la avvia, con un processo di offuscamento identitario, verso un farsi periferia satellitare del grande hinterland della capitale.
Queste pagine intendono percorrere sul filo della memoria (anche con l’ausilio di alcuni dati demografici e immagini fotografiche) alcuni aspetti, episodi, luoghi, aspettative e contraddizioni del vissuto autobiografico inevitabilmente collocato nel contesto storico sociale nettunese. Non si tratta di compiaciuta nostalgia, ma di una possibilità di riflettere sul passato, indicare nuovi possibili luoghi di socialità e densità relazionale, degli indirizzi culturali capaci di generare le occasioni per la costruzione di beni simbolici caratterizzanti il territorio, costruendo un minimo di ‘benessere’ ambientale, sociale e culturale, non esclusivamente ad ‘uso turistico’ agostano, ma per quella che è, invece, la quotidianità della cittadina, i suoi abitanti e il suo profilo identitario, il suo orizzonte prospettico, e i parametri esistenziali che costituiscono la qualità della vita locale. Parametri che vanno ripensati resi civicamente adeguati, capaci, quindi, di contrastare quelle derive che sono possibili nella fase storico-sociale che la città sta vivendo e che sembrano spingerla verso una posizione periferica nel vasto bacino dell’area metropolitana romana.” 3
Mio vanto mio patrimonio: da Morandi a Burri, in mostra a Pienza fino al 10 gennaio 2021 La visione dell’arte del novecento di Leone Piccioni di Laura Siconolfi e Maurizio Montuschi
“Il parto numeroso della moglie del collezionista” - 1984 - Mario Schifano
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n museo, un po’ appartato, nell’ultima stradina che dà sul corso Rossellino, un ingresso poco pretenzioso, tra silenziosi balconcini trecenteschi; una città ideale, con la sua armoniosa e festosa accoglienza, con la sua storia ed i suoi profumi, i negozietti di ninnoli, le locande con i loro odori invitanti; una mostra molto interessante che permette di conoscere la visione della pittura del 900 di Leone Piccioni … possono essere un invito da non trascurare, anche in tempi come questi. Con prudenza, ma un viaggio tra le dolci colline toscane è sempre auspicabile. Della creazione del grande umanista Enea Silvio Piccolomini, futuro papa Pio II, era rimasto inguaribilmente affascinato il nostro fine intellettuale torinese, Leone Piccioni appunto, che nel corso degli anni ‘70, aveva scelto Pienza come luogo dell’anima e del riposo, tanto che ne aveva ricevuto la cittadinanza onoraria. Nel 2003, da animatore culturale, aveva organizzato numerose mostre su artisti di un certo calibro, come Manzù e De Chirico. Dal 2018 riposa, all’ombra dei cipressi, nel cimitero della sua Pienza, così come lui desiderava. Proprio per omaggiare il padre e il suo legame con il
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luogo, Gloria Piccioni, la figlia, in collaborazione con Pietro Pananti, ha allestito questa mostra particolare, esponendo 95 dipinti che l’illustre genitore aveva collezionato nel corso della sua vita e vissuto nella quotidianità. Le opere, infatti, per lungo tempo, avevano impreziosito le pareti della sua casa romana donandogli piacere estetico e la possibilità di continui rimandi a frequentazioni, a luoghi, a emozioni, assonanze letterarie o poetiche. La mostra pientina sottolinea lo spirito con cui la Collezione è stata costituita <<L’amore per il bello e la cultura, l’impulso per la condivisione delle arti e della conoscenza, le affinità elettive che legano il critico ai pittori, ai poeti e agli intellettuali suoi amici>>. Leone Piccioni è stato docente di letteratura italiana moderna e contemporanea alla Sapienza, critico letterario, dirigente RAI, scrittore, redattore … gli artisti li ha frequentati, a volte, ne ha collezionato le opere. Tranne qualche eccezione, i dipinti presenti nel museo pientino sono di creativi italiani, romani (nativi o di adozione), toscani, quelli che frequentava durante le estati a Forte Dei Marmi, con i quali si ritrovava al Caffè Roma. Ci sono opere di Giosetta Fioroni da cui trapela la sua natura poetica, molto femminile, un po’
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visionaria, legata al mondo dell’infanzia, al suo mondo interiore. Di Mario Mafai, che rappresentano il periodo anticlassicista, astratto e metafisico. Di Carlo Carrà, della terza stagione della sua ricerca artistica, quella del <Realismo lirico>, < dopo gli errori di gioventù del futurismo e della metafisica>, quando dipinge paesaggi lunari e solitari, le spiagge deserte, i capanni abbandonati, la Versilia, quella che non c’è più. Ci sono i lavori informali di Schifano e di Afro e di molti altri pittori. Nella prima sala oltre ai dipinti, ci sono foto di artisti, poeti, in primis Ungaretti suo amatissimo maestro, una scultura di Manzù e, in bella vista, dei tabelloni su cui sono stati riportati stralci di un suo libro (<Maestri e amici>edito nel 1969 dalla Rizzoli) che ci presentano alcuni artisti, suoi amici, nella loro essenza più profonda. Scrive < Il primo senso che viene da certe opere in termini d’idee, riguarda il totale, generoso, vivo modo d’impegno umano di Guttuso, il suo aver preso con amore la vita e i problemi degli uomini, con passione, con immagini di
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bellezza, pur tra sofferenze e rischi continui>. <Morandi aveva addensato in sé e nel suo lavoro significati interi, continui, approfonditi sempre, non smentiti mai, da rappresentar per noi lungo l’arco della sua vita, quello che solo un paio di poeti avevano, anche se in senso differente, significato>. < Dall’opera di Burri, dalla visione della carne piagata e della crosta della terra, dalle bruciature e dalle ferite, dalle materie vili, esce uno slancio di solidarietà e di amore>. L’espressione <mio vanto, mio patrimonio> che dà il titolo alla mostra, l’aveva scritta il nostro ecclettico intellettuale, riferendosi a una tela di Morandi, Natura morta 1952, che, nella sua casa romana, contemplava nei momenti di relax <Un’opera sublime, dalle mille tonalità cromatiche che mutano al variare della luce, toni caldi e aranciati si associano a bianchi profondi e a campiture grigiastre>. Questo quadro, che è il clou della mostra, è esposto in una piccola sala con luce soffusa calda, accogliente così da ricreare la stessa atmosfera cara a Leone Piccioni.
“Cavalli al mare” -1953 - Carlo Carrà 5
Lâ&#x20AC;&#x2122;effetto Droste
Lo stupore della grafica ricorsiva di Cristina Simoncini
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curiosArt
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n’immagine in cui è presente l’effetto Droste riproduce in se un’altra identica più piccola, localizzata dove dovrebbe trovarsi se si trattasse di un’immagine reale. Questa piccola immagine inoltre contiene a sua volta una versione ancora più ridotta di sé stessa, e così via. Tecnicamente non c’è limite al numero di iterazioni, ma in pratica si continua fino a quando la risoluzione permette di distinguere un cambiamento. La dicitura “effetto Droste” venne coniata alla fine degli anni settanta del Novecento dal poeta e giornalista Nico Scheepmaker, il quale prese spunto dalla marca olandese di cacao Droste, sulla cui scatola era presente l’immagine di un’infermiera che teneva in mano un vassoio con una tazza e una scatola della stessa marca; questa pubblicità fu creata da Jan Misset nel 1904. Un artista con sede a Chicago ha realizzato degli autoritratti, dipingendoli con questa tecnica. Seamus Wray, che è apparso in un progetto simile condiviso su Colossal, ha iniziato con una singola rappresentazione (mostrata sopra) e ha rispecchiato la sua posa in una fotografia dell’opera. Ha poi ripetuto quel processo cinque volte, il che ha portato a una serie ricorsiva e mista che cambia leggermente con ogni iterazione: due gatti fanno la loro comparsa nei ritratti finali.
Wray spera che il progetto potenzialmente infinito sollevi le domande: “Cosa viene dopo? Un altro dipinto. Stiamo solo vivendo in un dipinto? E se questo fosse un dipinto, all’interno di un dipinto? ... Ho dipinto centinaia di autoritratti nel corso degli anni, e questa sembrava essere una progressione naturale da quelli, dato che mi sembra di impazzire dipingendo me stesso, dipingendo me stesso “. Gran parte del lavoro di Wray è incentrato sulla cultura e sui media di Internet e spesso dipinge rappresentazioni luminose e sature di meme e personaggi iconici di vari programmi televisivi e film, molti dei quali condivide su Instagram.
Fonti: Wikipedia, www.thisiscolossal.com
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Lâ&#x20AC;&#x2122;affollato mondo di Fornasetti Theatrum mundi di Maria Chiara Lorenti
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pesso presente e passato sono l’uno la prosecuzione dell’altro. La linea di demarcazione è labile, difficile da individuare. Il classico di ieri, rivisitato e corretto, è l’avanguardia di oggi. Come trascritto da Salvatore Settis, citato in un’intervista da Barnaba Fornasetti, nel suo “Il futuro del classico”: “...quanto più sapremo guardare al classico non come una morta eredità che ci appartiene senza nostro merito, ma come qualcosa di profondamente sorprendente ed estraneo da riconquistare ogni giorno, come un potente stimolo ad intendere il ‘diverso’, tanto più da dirci esso avrà nel futuro.” 1234 oggetti della produzione Fornasetti in mostra al Complesso monumentale della Pilotta di Parma. Una cornice ideale per il concetto di Theatrum Mundi, da cui prende il titolo la mostra. Un teatro seicentesco tra i più belli, che prende a modello il teatro vetruviano, dove il protagonista si trova al centro e lo spettacolo si sviluppa intorno, così Giulio Camillo, l’ideatore del theatrum mundi, immaginava di rappresentare la conoscenza. Così, in un continuo variare, si generano nuove idee, nuovi significati, e ricordare può essere assimilato a creare, dove in un’esaltazione l’immaginazione e la creatività sono la chiave d’accesso all’interpretazione e comprensione del mondo. Su questo principio si basa il modus operandi di Piero, e successivamente di suo figlio Barnaba, Fornasetti che, citando il passato, assembla, crea e genera un nuovo mondo. Un mondo onirico, costituito da sogni, che la matita grafica di Fornasetti, con rara maestria, ci illustra, rendendoci partecipi. Il palmo di una mano diviene una mappa per viaggi virtuali. Il palco del teatro si anima, affollandosi di mille volti, effigiati su piatti di porcellana, come una folta platea di spettatori attenti alla rappresentazione della vita. Mentre, inoltrandoci tra le basse arcate delle volte del Guazzatoio, si viene osservati dai grandi occhi di Lina Cavalieri, musa ispiratrice di Piero che ne effigiò il volto in molteplici varianti. A questi soggetti si affiancano le mute rovine che rimandano ad un passato glorioso, ma ormai corroso dal tempo, in completo sfacelo, ma che ancor oggi ci suggeriscono un orgoglio patrio per ciò che fu e non è più. Oggetti, scenografie, bozzetti per nuovi progetti, idee del padre che vengono rinnovate e reinterpretate dal figlio che ne trae nuovi spunti, tutto ciò diviso in sezioni tematiche, dove ogni opera, in continuo dialogo con gli spazi suggestivi dell’habitat espositivo, sprigiona un’aurea evocativa e tocca leggera le corde della memoria, facendole vibrare. Fornasetti. Theatrum mundi, mostra unica nel suo genere, perché ideata ed allestita proprio per il teatro farnese Pilotta, sarà in visione fino al 14 febbraio 2021. 9
“Differenze di genere nella creazione artistica di personaggi femminili” di Redazione
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aurizio D’Andrea nasce ai piedi del Vesuvio, con lo sguardo verso il mare. Si laurea con lode in Vulcanologia e come i vulcani esprime tutta la sua energia e la sua creatività sin dall’adolescenza. Inizia a dipingere ad olio molto giovane instaurando con la tela un rapporto viscerale e profondo. Dipinge con le mani e le sue opere sono di grande impatto emotivo trasferendo allo spettatore il suo dialogo con l’inconscio. I finti paesaggi che rappresentano l’animo e una serie di stanze con porte e finestre, sono i protagonisti assoluti della sua pittura iniziale. Uno sguardo continuo sul microcosmo della sua coscienza. La sua creatività si manifesta anche con la scrittura di poesie e testi di canzoni e di macchiette napoletane, alcune di sua creazione. Nella sua maturità l’artista spazia tra tecniche e tipologie di arte molto differenti: dall’uso dello strumento informatico per realizzare pittura digitale ad una più materica pittura ad acrilico su tela con strumenti inusuali, che permettono al suo mondo interiore di uscire in modo istintivo ed energico. In queste diverse forme di espressione troviamo un filo conduttore, dei tratti caratterizzanti: la rappresentazione del movimento, che talvolta pare imprigionato e in altri momenti dirompente e predominante. Un movimento non solo fisico, ma anche di sensazioni, percezioni, sentimenti, attimi di vita. E ancora l’accostamento dei colori: i neri che rafforzano i rossi, colori caldi e vitali accostati a colori cupi e più intimi, che rappresentano ciò che
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ognuno di noi può trovare nel luogo più nascosto. È ricorrente il tema della fuga, che si materializza solitamente nel cerchio, un cerchio quasi sempre pieno, molto spesso in alto a destra, vissuto come una spinta a trovare una soluzione, una seconda strada da percorrere per poter proseguire verso nuovi orizzonti, quegli orizzonti impossibili verso cui l’artista vuole andare. Nella pittura digitale l’artista esprime tutta la sua sfera interiore attraverso l’uso della tavoletta grafica e di software specifici per l’arte digitale. Riesce ad esprimere le sue più profonde sensazioni, la sua energia, utilizzando il freddo linguaggio digitale e la sua anima software. Non ha paura di usare ed accostare forti variazioni cromatiche, anzi le usa in modo sapiente per stupire l’osservatore e per conferire energia e movimento.
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dedicato a...
tridimensionale attraverso la materializzazione di forme sempre cariche di energia e piene di colori. Con le sue svariate forme di produzione artistica ha partecipato a molte collettive in Italia ed in Europa. Vanta diverse mostre personali. Non si è mai sentito un artista, ma ha sempre desiderato esserlo. Tutto il suo percorso creativo si riassume in quattro “stati”: estrospezione creativa (termine coniato dall’artista stesso), ricerca, sperimentazione ed umiltà. Sito dell’artista www.dandreart.info
Sperimenta, scrivendo del codice di programmazione, l’arte generativa, creando attraverso il pc tutta una serie di disegni dove il codice è il braccio e l’artista è la mente. Le sue personali visioni si materializzano, attraverso i disegni, in paesaggi fantastici, diventando così poesia negli occhi di chi osserva. Da creativo e sperimentatore applica l’intelligenza artificiale alle sue opere digitali approdando all’arte neurale e allo style transfer dove i computer possono applicare alle immagini digitali originali pennellate e stili di pittori famosi. Non si ferma mai grazie alla sua creatività, supportata dalla voglia di ricerca e di sperimentazione. Si avvicina alla scultura attraverso la modellazione di blocchi di calcestruzzo poroso e realizza diverse opere che rappresentano ologrammi della sua pittura. La sua creatività esce dalla tela e diventa 11
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Lo stile di Christopher Nolan portato allâ&#x20AC;&#x2122;eccesso di Valerio Lucantonio
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opo le prime timide aperture delle sale, in seguito alla fine del lockdown e il calo dei contagi di COVID-19, al p u b b l i c o c i n e m a t o g ra f i c o s e r v i va u n n o m e di richiamo per riprendere l’abitudine della v i s i o n e s u g ra n d e s c h e r m o e p e r q u e s t o n o n p o t e va e s s e r c i f i l m m i g l i o r e d i Te n e t , l a n u o va i m p r e s a d i C h r i s t o p h e r N o l a n . I l r e g i s t a b r i t a n n i c o i n fa tt i n o n è “ s o l t a n t o ” u n o d e i c i n e a s t i p i ù i c o n i c i e s e g u i t i d e l ve n t u n e s i m o s e c o l o, m a a n c h e q u e l l o c h e p i ù d i c h i u n q u e a l t r o è r i u s c i t o a fa r c o nv i ve r e i l p r o p r i o s t i l e personale con una dimensione commerciale d a l l a p r e s a g l o b a l e e t ra s ve r s a l e – c o m e d i m o s t ra l ’ i n c a s s o c o m p l e s s i vo d e i s u o i f i l m , e q u i va l e n t e a c i r c a 5 m i l i a r d i d i d o l l a r i . I s u o i c o s i d d e tt i “ b l o c k b u s t e r d ’ a u t o r e ” hanno sempre portato in sala sia il pubblico mainstream sia i cinefili più smaliziati, p o l a r i z z a n d o e i n n e s c a n d o a c c e s i d i b a tt i t i t ra d e t ra tt o r i e fa n s fe g a t a t i , q u i n d i n o n c ’ è d a s t u p i r s i c h e l ’ i n d u s t r i a c i n e m a t o g ra f i c a a b b i a v i s t o i n Te n e t i l t i t o l o i d e a l e p e r t a s t a r e i l p o l s o d e g l i s p e tt a t o r i d o p o l a r i a p e r t u ra . I l g i u d i z i o e l ’ e f fe tt o d i q u e s t a n u o va o p e ra sono influenzati non solo dal particolare contesto di uscita, ma anche dall’ambizione senza precedenti di Nolan dal punto di vista p r o d u tt i vo e n a r ra t i vo. I n q u e s t o a c t i o n a m e t à t ra J a m e s B o n d e M i s s i o n : I m p o s s i b l e s i va n n o i n fa tt i a i n n e s t a r e a l c u n e d e l l e t e m a t i c h e r i c o r r e n t i d e l r e g i s t a , c o m e l a t e m p o ra l i t à non lineare e l’intreccio da “mind-game film” c h e p u n t a n o a c o n fo n d e r e e s o r p r e n d e r e l o s p e tt a t o r e : l a s t o r i a s e g u e l a m i s s i o n e d i u n a g e n t e d e l l a C I A c h e d e ve p a d r o n e g g i a r e e r e n d e r e i n n o c u a u n a t e c n o l o g i a i n g ra d o d i i nve r t i r e l ’ e n t r o p i a d i o g g e tt i e p e r s o n e , c a p a c e d i m e tt e r e a r e p e n t a g l i o l a s t a b i l i t à c r o n o l o g i c a e l a s o p ra v v i ve n z a d e l l ’ u m a n i t à . C o n q u e s t a i d e a N o l a n s e m b ra vo l e r s i n t e t i z z a r e e r i u n i r e i n u n ’ u n i c a t ra m a s u g g e s t i o n i e t r o va t e d a o g n i p e r i o d o d e l l a s u a f i l m o g ra f i a : l a d o p p i a d i r e z i o n e o p p o s t a e s i m u l t a n e a d e l t e m p o d a M e m e n t o, i l ko l o s s a l d ’ a z i o n e i n t r i c a t o d a I n c e p t i o n e l ’ i m m e r s i o n e a u d i o v i s i va s p e tt a c o l a r e d a l r e c e n t e D u n k i r k . S e m b ra p e r ò c h e l ’ i n t e r e s s e e l ’ a tt e n z i o n e d i N o l a n s i a n o m a g g i o r m e n t e r i vo l t e all’esaltazione della dimensione s e n s o r i a l e e d e g l i e f fe tt i s p e c i a l i , e c h e i l p o r t a t o c o n c e tt u a l e d e l l a m a n i p o l a z i o n e t e m p o ra l e s i a s o l o u n o s p u n t o a f fa s c i n a n t e s u l q u a l e n o n è n e c e s s a r i o r i f l e tt e r e , p o i c h é mero pretesto per sperimentare e offrire allo
cinema
s p e tt a t o r e u n ’ e s p e r i e n z a c i n e m a t o g ra f i c a inedita. I l l i m i t e ( p r o b a b i l m e n t e c o n s a p e vo l e ) d e l f i l m è p e r ò p r o p r i o q u e l l o d i n o n p o t e r c o i nvo l g e r e e s t u p i r e s e n z a p r i m a a ve r s p i e g a t o, e d a c i ò d e r i va l o s c h e m a r i p e t i t i vo d i s c e n e s t a t i c h e e didascaliche che spiegano e anticipano scene adrenaliniche, in cui si mostrerà una n u o va a p p l i c a z i o n e d e i p a ra d o s s i t e m p o ra l i e d e i m e z z i fa n t a s c i e n t i f i c i i n t r o d o tt i l u n g o l a n a r ra z i o n e . I l m o n t a g g i o a s c i u g a e v i va c i z z a i l p i ù p o s s i b i l e l e s p i e g a z i o n i , g l i e f fe tt i p ra t i c i e l e r i p r e s e i nve r t i t e d i s t ra g g o n o q u a n t o m a i dall’artificiosità di alcuni passaggi, ma la s e n s a z i o n e c o m p l e s s i va è c o m u n q u e q u e l l a d i un film disorganico e bipolare che – come i palindromi presenti fin dal titolo – presenta d u e l e tt u r e c o n t e m p o ra n e e e c o n t ra p p o s t e . S e l o s t i l e c e r ve l l o t i c o d i N o l a n s i a d a tt a va bene al postmoderno “heist movie” Inception ( i n c u i d o p o l ’ e s p o s i z i o n e d e l p i a n o, p e r q u a n t o c o n t o r t o, s i p a s s a va e n o n s i u s c i va più dall’intreccio movimentato), e s s o è i nve c e m e n o c o m p a t i b i l e s i a c o n l a n a r ra z i o n e f ra m m e n t a t a t i p i c a d e l l e s p y s t o r y c i n e m a t o g ra f i c h e c o n n u m e r o s e l o c a t i o n c h e con l’action sci-fi in cui la tecnologia tende all’intensificazione dell’azione più che alla s t ra t i f i c a z i o n e d e l s i g n i f i c a t o. N e r i s u l t a q u i n d i u n a p e l l i c o l a s b i l a n c i a t a i n m a n i e ra p i ù p r e p o n d e ra n t e c h e m a i ve r s o i l s e n s o d i g ra n d e z z a e d i m e ra v i g l i a d i N o l a n , f i n o a r i s c h i a r e d i s fo c i a r e i n u n a m a g n i l o q u e n z a virtuosistica che non ha alcun interesse a c o n c e n t ra r s i s u l l a c a ra tt e r i z z a z i o n e d e i p e r s o n a g g i e s u l l a c a r i c a e m o t i va d e g l i e ve n t i . Te n e t è d u n q u e u n p a s s a g g i o i n t e r e s s a n t e a l l ’ i n t e r n o d e l l a f i l m o g ra f i a d e l r e g i s t a , i n g ra d o d i r i a s s u m e r l a e r e i n t e r p r e t a r l a , c h e p u ò s o d d i s fa r e a p i e n o s o p ra tt u tt o s e c i s i l a s c i a a s s o r b i r e d a l m a g m a p e r c e tt i vo seguendo il consiglio di uno dei primi dialoghi: “ N o n c e r c a r e d i c a p i r e , d e v i s o l o s e n t i r e ”. Al di là dell’apprezzamento per il film in sé – e accantonando l’apparente complessità n a r ra t i va c h e m a s c h e ra i l r i p e t e r s i d i m o l t i c l i c h é d e l v i a g g i o n e l t e m p o – , l ’ u l t i m a fa t i c a d i N o l a n c i fa c h i e d e r e s e i l s u o p r o s s i m o f i l m p r e n d e r à a n c o ra d i p i ù l e d i s t a n z e dall’essenziale, ma epico Dunkirk e se ormai anche il cinema autoriale più mainstream s i a r e l e g a t o a s f r u tt a r e l a n a r ra z i o n e e s c l u s i va m e n t e i n fu n z i o n e d i u n o s p e tt a c o l o i p e r t r o f i c o i n c u i l a p e r c e z i o n e fa g o c i t a l a riflessione e l’emozione. 13
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occhio al libro
“Storie assassine” di Bernard Quiriny di Francesca Senna
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ernard Quiriny, (Bastogne, 1978) è considerato tra i maggiori autori contemporanei in lingua francese. Per la sua vena fantastica alla Poe e il suo talento borgesiano per le invenzioni metaletterarie è stato paragonato a Calvino (del quale ci ricorda soprattutto un certo viaggiatore in una notte d’inverno), Bolaño, Jarry e Vila-Matas. Collabora come critico con alcune delle più importanti riviste francesi. Vincitore di numerosi premi di carattere internazionale che riconoscono nei suoi testi quella vena da“riso a denti stretti”, che proprio nel suo paese ha trovato le realizzazioni più valide: un senso dell’assurdo venato di umorismo nerissimo, surrealismo naturale che orchestra piccole storie fatte di imprevedibilità e spiazzamento. Storie Assassine è un piccolo, ma lucente gioiello del surreale, un insieme di racconti raffinati e vagamente macabri, caratterizzati da una scrittura elegante ed efficace. Ciò che contraddistingue questo narratore è senza dubbio la sua facilità di creare tanti racconti diversi, riuscendo al contempo a raggrupparne alcuni in cicli e a creare dunque una connessione narrativa; il suo spiccato senso dell’humour, talvolta nero, che strizza l’occhio ai grandi temi della vita tra cui in particolar modo la morte e il sesso. Il libro si presenta come un “contenitore”, una raccolta di ventuno racconti in cui i protagonisti sono oggetti parlanti o pazienti con strane patologie, scheletri che scrivono diari di bordo in alto mare o antropologi intenti a studiare usi e costumi di popoli lontani alquanto bizzarri, ma anche luminari, critici e scrittori che si punzecchiano a colpi di antipatiche rettifiche sulle pagine dei giornali. La riflessione di Quiriny prende la forma di paradosso abbracciando il mondo del surreale, dell’assurdo, il carattere fantastico o gli elementi macabri di alcuni passaggi; le sue doti migliori sono senza dubbio la fantasia e la chiarezza nella scrittura, ma anche la capacità di intrattenere il lettore accrescendo di volta in volta curiosità e inquietudine. Una geniale ironia anima le pagine di quello che è stato definito un compendio di invenzioni metaletterarie; un trattato di assurdologia dove troviamo di tutto: cose che
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prendono la parola, personaggi che quando fanno l’amore diventano blu, e dunque inderogabilmente individuabili; critici che si fanno un punto d’onore di ammazzare i loro scrittori; un viaggiatore per nave il cui corpo si fa via via sempre più molle a mano a mano che il suo io lo lascia spostandosi fuori di lui; sconcertanti diari di bordo; rigorose relazioni antropologiche su tribù lontane il cui rito iniziatico consiste nel cavarsi gli occhi; popoli che passano la vita a scavare buchi; carcerieri ossessionati, bevitori incalliti, casi clinici; un tale che ingravida realmente le donne accoppiandosi con loro in sogno,ecc…. Molto interessante è il ciclo di “I pazienti del dottor Hampstadt”, in cui è particolarmente chiaro l’intento dell’autore di rovesciare la norme che regolano la realtà distorcendo la concezione di spazio e tempo; ecco dunque la donna che perdendo il senso dell’orientamento e della distanza impara a camminare all’indietro o l’uomo incapace di distinguere i minuti dalle ore, vivendo così un’esistenza in cui gran parte delle azioni quotidiane diventano una sfida. Sebbene i cicli rappresentino i racconti più interessanti, ce ne sono altri autoconclusivi altrettanto efficaci: è proprio in questi racconti slegati tra loro che l’autore crea le situazioni più improbabili affidando la storia a personaggi ambigui e dalla personalità instabile, che stanno lì a prendersi gioco sottilmente delle ossessioni e delle paure umane. La scelta dei racconti può essere un’arma a doppio taglio però: se da una parte permettono di spaziare dall’altra rischiano di lasciare un senso di incompletezza o risultare banali; il racconto si risolve in un paio di righe scontate in cui manca una vera e propria narrazione e un guizzo geniale, limitandosi a fornire il resoconto in maniera piuttosto banale del pensiero di oggetti che usiamo quotidianamente. Nel complesso comunque la raccolta funziona grazie alla sua leggerezza. Non è una lettura che vuole sollecitare riflessioni profonde o insegnare qualcosa a tutti i costi, piuttosto ci invita a inclinare la testa ogni tanto e offrire agli occhi un altro punto di vista.
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Roma
“A distanza ravvicinata” GNAM, fino al 16 ottobre “Amedeo Nazzari: ritratto d’autore” Casa del cinema, fino al 18 ottobre “Tra Munari e Rodari” Palazzo delle Esposizioni, fino al 24 ottobre “Sten Lex. Rinascita” Galleria d’Arte Moderna, fino al 22 novembre “Giuliana Caporali e la scuola romana, il tempo sospeso” Museo civico d’arte Moderna e Contemporanea, fino al 15 novembre “Ritratti dell’anima” di Giovanni Gastel MAXXI, fino al 24 novembre “Back to nature” Villa Borghese, fino al 13 dicembre “The Torlonia Marbles, Collecting Masterpieces” Musei Capitolini, fino al 10 gennaio 2021 “Il tempo di Caravaggio. Capolavori della collezione di Roberto Longhi” Palazzo Caffarelli, Musei Capitolini, fino al 10 gennaio 2021 “Alberto Sordi, mostra nella sua villa a 100 anni dalla nascita” Villa di Alberto Sordi, fino al 31 gennaio 2021 “Banksy A visual protest” Chiostro del Bramante, fino al 11 aprile 2021
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Bologna
“Etruschi. Viaggio nelle terre dei Rasna” Museo civico archeologico, fino al 29 novembre “La riscoperta di un capolavoro” Palazzo Fava, fino al 10 gennaio 2021
Firenze
“Tomas Saraceno aria” Palazzo Strozzi, fino al 11 novembre
Forlì
“Ulisse. Il viaggio e il mito” Musei san Domenico, fino al 31 ottobre
Eventi
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Milano
“Chagall, Gauguin e Matisse” Museo diocesano, fino al 4 ottobre “Trisha Baga. The eye , the eye end the ear” Pirelli Hangar Bicocca, fino al 10 gennaio 2021 “The Porcelain Room Chinese Export Porcelain” Fondazione Prada, fino al 10 gennaio 2021
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Napoli
“Santiago Calatrava. Nella luce di Napoli” Museo e Real bosco di Capodimonte, fino al 13 gennaio 2021 “Gli Etruschi e il MANN” Museo archeologico nazionale di Napoli, fino al 31 maggio 2021
Parma
“Fornasetti. Theatrum Mundi” (articolo pagg. 8-9) Complesso monumentale della Pilotta, fino al 14 febbraio 2021
Prato
“Pinocchio nei costumi di Massimo Cantini Parrini dal film di Matteo Garrone” Museo del tessuto, fino al 25 ottobre “Dopo Caravaggio. Il seicento napoletano nelle collezioni di Palazzo pretorio e della Fondazione De Vito” Museo di Palazzo pretorio, fino al 6 gennaio 2021
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Rovereto
“Il sogno di lady Florence Phillips. La collezione della Johannesburg Art Gallery” Santa Maria della Scala, fino al 10 gennaio 2021
Siena
“After Monet. Il Pittorialismo nelle collezioni del Mart” Mart, fino al 22 novembre
“Vittorio Storaro. Scrivere con la luce” Palazzo Merulana, Via Merulana 121 Roma Fino al 1° Novembre 2020 16