Chajkovskij

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David Brown

Čajkovskij Guida alla vita e all’ascolto Traduzione di Alessandra Burani e Luca Fontana


www.ilsaggiatore.com (sito & eStore) Twitter @ilSaggiatoreEd Facebook il Saggiatore editore Š David Brown, 2006 Š il Saggiatore S.p.A., Milano 2012 Titolo originale: Tchaikovsky


ÄŒaikovskij


Questo libro è dedicato tanto a coloro che, pur avendo acquisito una certa familiarità con il più grande compositore russo, potrebbero gradire un po’ di compagnia mentre approfondiscono ciò che sanno di lui, quanto a coloro che, pur conoscendo poco o niente di musica classica, potrebbero essere alla ricerca di una guida all’ascolto delle più grandiose e emozionanti prove che la musica è in grado di offrire.


Sommario

Ringraziamenti 9 Una nota di carattere personale

10

Una nota su come usare questo libro

13

Un cenno sulla grafia russa

18

PRELUDIO

19

1. Infanzia I – Votkinsk

21

2. Infanzia II – San Pietroburgo

27

3. Pubblica amministrazione – Vicende personali e Conservatorio

32

GLI ANNI DI MOSCA

4. Il Conservatorio di Mosca – Prima Sinfonia

43

5. La prima opera – Entra in scena Balakirev

50

6. Un matrimonio abortito – Romeo e Giulietta

56

7. Primo Quartetto e L’opričnik

66

8. Nazionalismo – Seconda Sinfonia e La tempesta

79

9. Due capolavori in antitesi – Il fabbro Vakula/I čerevički e Primo Concerto per pianoforte

93

10. Verso un balletto che farà epoca – Terza Sinfonia, Terzo Quartetto e Il lago dei cigni

107

11. Verso la crisi – Francesca da Rimini

124


12. Due donne – Il matrimonio

135

13. Due capolavori – Quarta Sinfonia ed Evgenij Onegin

145

GLI ANNI DEL VAGABONDAGGIO

14. Il profugo russo – Concerto per violino

169

15. Libertà personale e bassa quota creativa

186

16. Confidenze con la migliore amica – Secondo Concerto per pianoforte 198 17. Il recluso errante – 1812 e Serenata per archi

212

18. Problemi familiari – Trio con pianoforte

222

19. Da Mazeppa alla Seconda Suite

233

20. Rapporti contrastanti – Terza Suite

250

21. La celebrità, finalmente, e una casa tutta per sé

266

GLI ANNI DELLA CELEBRITÀ

22. Sinfonia Manfred e La maliarda

275

23. Gli orizzonti si allargano – Gioie e dolori

296

24. La prima tournée internazionale – Un’amicizia che si rinnova – Quinta Sinfonia e Amleto

309

25. La seconda tournée internazionale – La bella addormentata

324

26. Due nuove amicizie – La dama di picche

340

27. La fine di un’amicizia – La tournée americana

359

28. Un programma con due brani – Un’amicizia rinnovata

375

29. La celebrità degli ultimi anni – Sesta Sinfonia

388

30. L’onorificenza di Cambridge – Il mistero finale

400

APPENDICI

Appendice 1. Breve descrizione delle forme musicali

413

Appendice 2. Tonalità, modulazione e codifica

416

Appendice 3. Glossario dei termini musicali

421

Indice delle opere di Čajkovskij 425 Indice dei nomi e delle opere 429


Ringraziamenti

Tutta la mia riconoscenza a Elizabeth, mia moglie, per l’aiuto che mi ha dato nella messa a punto di questo libro (e dei nove che lo hanno preceduto). I miei ringraziamenti vanno anche alla squadra della casa editrice Faber and Faber che si è presa cura di diffondere questo libro nel mondo.


Una nota di carattere personale

Per prima cosa, una breve nota autobiografica. Nel 1968 mi venne chiesto di scrivere un libro su Čajkovskij. Declinai l’invito, dicendo che la cosa non mi interessava. In seguito, nel 1971, fui invitato a scrivere un testo di 20 000 parole per la voce relativa a quel musicista nella nuova edizione del prestigioso New Grove Dictionary of Music and Musicians. Si trattava di un invito a cui non potevo resistere – e le ricerche per la compilazione di quel lemma cambiarono totalmente il mio punto di vista sul grande compositore russo. Tre anni dopo, la casa editrice Victor Gollancz mi propose di scrivere un volume monografico su Čajkovskij, dandomi circa quattro anni di tempo per completarlo. Accettai, seppur con qualche esitazione. Ma poi fu Čajkovskij stesso a prendere il comando. Le 150 000 parole previste crebbero fino a diventare 600 000; i quattro anni divennero sedici, e un volume unico si trasformò in quattro. Il risultato fu la più vasta opera mai scritta al mondo – Russia compresa – sulla vita e sulle opere di un compositore russo. Come riportò la rivista ufficiale russa: «Per dirla tutta, non abbiamo nulla di simile». Mai mi ero reso conto di che uomo affascinante e complesso, e ancor più, di che compositore grande e versatile fosse Čajkovskij e di quanti aspetti della sua vasta produzione musicale non fossi a conoscenza. Čajkovskij era, scoprii, uno dei veri giganti della musica del diciannovesimo secolo. Condurre quella ricerca è stata la più ricca e privilegiata esperienza tra le tante avute nel corso della mia vita professionale. Nel frattempo molte cose sono cambiate. Negli ultimi vent’anni, il processo di trasformazione dell’ex stato sovietico totalitarista nell’odierna Russia democratica ha comportato l’abolizione della censura e, con l’apertura di archivi chiusi per decenni, alcuni segreti noti solo a una piccolissima parte di cittadini sovietici sono riemersi diventando di dominio pubblico. Questo vale ancor di più nel caso di Čajkovskij e, in quella prospet-


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tiva allargata, ho sentito risvegliarsi il bisogno di riavvicinarmi a lui. L’indagine che avevo compiuto con la mia opera in quattro volumi, attraverso la disamina dettagliata di ogni lavoro, ognuno illustrato da una grande abbondanza di esempi musicali, era indirizzata soprattutto ai miei colleghi musicologi e agli appassionati provvisti di cultura musicale. Questo nuovo volume lo dedico invece a lettori di ogni età che, potendo vantare poca o nessuna competenza musicale, desiderino semplicemente conoscere meglio questo genio russo, approfondendo la gioia dell’ascolto della sua musica per mezzo di un’analisi delle composizioni che scelgono di ascoltare e sensibilizzando il loro orecchio a quei particolari che possono non aver colto con l’intuito. Ma ho anche un’altra, e alquanto particolare, speranza. Nel mio paese, in cui l’insegnamento della musica nelle scuole è sceso o addirittura crollato a livelli bassissimi, in cui di fatto la sola musica che i giovani oggi incontrano è quella pop, o gli stili a essa associati, rimango sgomento per come a un’intera generazione sia stata negata la possibilità di fare un’esperienza culturale. So molto bene come stavano le cose una volta e come oggi siano andate perdute, avendo iniziato la mia carriera professionale a metà degli anni cinquanta del secolo scorso e avendo insegnato per cinque anni sulle rive del Tamigi nelle scuole medie, le cosiddette «pattumiere», come qualche volta venivano chiamate, perché chi non aveva passato l’esame di ammissione alla prima media sarebbe stato poi condannato ad abbandonare la scuola all’età di quindici anni. Eppure, che risposte potevano essere talvolta suscitate in quei ragazzi! L’ascolto di un brano di musica classica faceva sempre parte della lezione (due lezioni settimanali di 40 minuti per ogni classe), e ciò che riusciva ad attrarre l’immaginazione di coloro che mi erano stati affidati era a volte sorprendente – e a volte anche molto distante dall’ortodossia predicata dai guru della formazione degli insegnanti. Faccio un solo esempio: riguarda una classe 3C (equivalente alla terza media con ragazzi di 13-14 anni, alcuni dei quali ancora semianalfabeti) che un anno ebbi in carico per l’ultima ora del martedì pomeriggio, un momento critico della settimana, perché già subentrava la stanchezza, ma era ancora lunga fino al venerdì pomeriggio. A volte mi sembrava di essere arrivato alla fine delle lezioni troppo presto ed era necessario un riempitivo abbastanza corposo per raggiungere decorosamente le quattro del pomeriggio. Conoscevo la domanda che avrebbe portato al tipo di risposta che volevo ottenere: che cosa volevano ascoltare loro? «Scusi, professore, ci fa sentire un pezzo famoso?» era la prevedibile risposta. No, non si trattava di Nessun dorma cantato da Pavarotti (sto parlando del 1955, non del 1990): il loro «pezzo famoso» era il Preludio del Lohengrin di Wagner, una visione musicale del Santo Graal che emerge poco per volta in una grande luce e poi ritorna nell’oscurità. Otto minuti e mezzo di una musica lentissima, senza traccia di ritmo, senza una «vera e propria melodia», la più lenta delle aperture, quella che ci


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mette quasi cinque minuti per arrivare al suo punto massimo, con un lungo finale che sfuma e muore nel nulla – eppure i ragazzi volevano ascoltare, forse semplicemente in modo sognante, rimanendo tranquilli e sicuramente, a modo loro, attenti, anche quando voltavo nel bel mezzo il vecchio disco a 78 giri. Ho imparato presto che molti dei nostri educatori di professione sembravano giudicare i bambini e i ragazzi solo per le loro inadeguatezze, sottovalutando la loro capacità di giovincelli nel cimentarsi con prove musicali spesso estremamente sofisticate. Perciò mentre spero, è ovvio, che tutti i lettori che mi vorranno seguire in queste pagine potranno trovarvi un certo interesse e un’illuminazione, sarò felice oltre ogni dire se riuscirò a risvegliare una qualche curiosità in alcuni di quelli che il nostro degradato sistema educativo ha defraudato dell’esperienza della musica classica che avrebbe potuto esser loro offerta, ma che sono ancora in grado di rifarsi del tempo perduto, se lo vorranno.


Una nota su come usare questo libro

Come ho scritto nella mia «Nota di carattere personale», spero che questo libro possa essere letto da chiunque abbia interesse a seguire una biografia intima di Čajkovskij e a scoprire qualcosa di nuovo sulle sue opere più importanti e in quale periodo della sua vita collocarle. Ma il mio obiettivo primario è quello di fornire una guida all’ascolto per quei lettori che sanno poco o nulla di teoria e di terminologia musicale e desidererebbero tuttavia conoscere un po’ più da vicino una selezione delle opere di questo musicista. Vorrei in particolare poter aiutare coloro che vogliono cercare di comprendere meglio il modo in cui Čajkovskij ha pianificato quelle opere e alcuni dei procedimenti da lui usati per crearle, perché credo che, grazie a queste informazioni supplementari che possono guidare il loro orecchio, riusciranno a diventare più consapevoli di ciò che contribuisce ad arricchire l’esperienza dell’ascolto, cosa di cui altrimenti sarebbero privati. Questo libro, è ovvio, può essere letto anche semplicemente come una biografia omettendo tutte le trattazioni separate delle singole opere: come per la disanima dei brani musicali stessi, sono state condotte in sezioni autonome e chiaramente contrassegnate man mano che ogni opera si inserisce nella narrazione. Una nota introduttiva in corsivo apre ognuna di queste sezioni, e mi auguro che ciò possa aiutare il lettore o la lettrice a decidere se desidera indagare quello specifico lavoro o passare oltre. Ho fornito un commento particolarmente dettagliato sul secondo pezzo che ho preso in esame (l’Ouverture-fantasia Romeo e Giulietta) affinché coloro che non hanno mai tentato di avvicinarsi alla musica in altro modo se non con ciò che le loro orecchie sono state in grado di cogliere potessero avere qualche indicazione su come Čajkovskij era solito assemblare un pezzo (i lettori che appartengono a questa categoria dovrebbero saltare l’analisi della Prima Sinfonia alle pagine 46-49, sulla quale potranno ritornare magari


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più in là, se lo desiderano). Attraverso questo metodo spero di richiamare la loro attenzione su elementi che possono rivelarsi veramente significativi per l’ascoltatore e che altrimenti sarebbero tralasciati. Prima di analizzare Romeo e Giulietta ho comunque parlato brevemente delle modalità di ascolto. La produzione musicale di Čajkovskij è stata enorme, e mi è stato proprio impossibile occuparmi di ogni composizione. Ho deciso tacitamente, a volte con grande dispiacere, di non dare ragguagli sulla sua notevole produzione di liriche e di brevi pezzi strumentali, né su certi brani assai ampi che però sono universalmente riconosciuti come non appartenenti alla sua produzione migliore. Mi rendo naturalmente conto di come il numero di brani che i singoli lettori sceglieranno potrà variare in misura enorme, da due o tre, diciamo, fino a una ventina o più – l’ascolto di una ventina o più di pezzi potrà avvenire nel corso di molti mesi, perfino di anni. Mi rendo anche conto che mentre alcuni lettori vorranno decidere da soli quali pezzi ascoltare, la maggior parte di loro preferirà invece esaminare solo una selezione dei lavori più importanti – diciamo tra i sei e i dodici – e per accontentarli ho delineato qui di seguito una serie di Opzioni. Tali lettori potranno fare una scelta dalla «Top dozen» (un elenco di dodici dei brani più celebri) dell’Opzione 2, o dall’Opzione 3 focalizzandosi su una «Miscellanea». Altri potrebbero desiderare una gamma più ampia di scelta. Per tentare di rispondere a queste diverse richieste ho suddiviso le opere di Čajkovskij in tre modi:

Opzione 1 In questo caso ho immaginato che il lettore desideri costruirsi da solo una scelta di brani e tuttavia gradirebbe avere da me delle indicazioni sul perché io raccomandi ogni pezzo. Ho pertanto raggruppato le opere in cinque categorie, attribuendo una classifica a un determinato brano attraverso l’uso di un certo numero di asterischi, risultato da un attento esame dei principali studi (e dove l’ultimo asterisco tra parentesi sta a significare che su quella classificazione nutro qualche riserva): ***** Pezzi di importanza assoluta, che ho analizzato nei dettagli (una dozzina in tutto) **** Pezzi di grande importanza, che ho analizzato abbastanza dettagliatamente *** Pezzi importanti, anche se solitamente sono stati esaminati in modo meno dettagliato Pezzi interessanti, che ho forse analizzato in modo generico ** Pezzi abbastanza significativi, che non sono stati analizzati. *


Una nota su come usare questo libro  15

Opzione 2 In questo caso ho fatto una scelta più precisa, concepita per i lettori che sanno già di voler ascoltare solo un numero limitato di brani. Prima ho compilato, in ordine cronologico di composizione, una «Top dozen» (un elenco di dodici dei brani più celebri) – di cui sei offrono possibili alternative, che ovviamente non compaiono nell’elenco in ordine consecutivo; il fatto è che se, ad esempio, volete cominciare a trattare una sola opera, ho menzionato le due che considero le migliori – anche se molto diverse – per aiutarvi a fare la vostra scelta; nel caso decidiate di accogliere un pezzo in più, ora sapete quale vi raccomanderei; e lo stesso se per caso vi interessasse conoscere da vicino un secondo concerto per pianoforte o ne preferiste uno per violino. Poi, se avete già ascoltato tutte le alternative della categoria «Top dozen», ci sono «Otto pezzi successivi»: vi daranno le basi per ciò che vorrete approfondire, e appaiono in ordine cronologico, salvo Mazeppa. «Top dozen», i dodici brani più celebri

Ouverture-fantasia: Romeo e Giulietta Sinfonia n. 2 (Piccola Russia) Concerto per pianoforte n. 1 Balletto: Il lago dei cigni oppure Lo schiaccianoci Fantasia sinfonica: Francesca da Rimini oppure La tempesta Sinfonia n. 4 Opera: Evgenij Onegin oppure La dama di picche Concerto per violino oppure Concerto per pianoforte n. 2 Serenata per archi oppure Suite n. 3 Sinfonia Manfred oppure Sinfonia n. 5 Balletto: La bella addormentata Sinfonia n. 6 (Patetica) Otto pezzi successivi

Quartetto per archi n. 1 Opera: I čerevički oppure Mazeppa Sinfonia n. 3 Variazioni rococò per violoncello e orchestra Trio con pianoforte Ouverture-fantasia: Amleto Sestetto per archi: Souvenir de Florence Ballata sinfonica: Il voivoda


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Opzione 3 La mia terza scelta di brani offre una serie di liste composte per lo più di cinque-sei pezzi per i lettori che desiderino indagare un genere musicale specifico. Due pezzi soprattutto, Romeo e Giulietta e la Sesta Sinfonia (Patetica), devono essere inclusi, rispettivamente come prima e ultima voce, in tutte le liste. In tutte le liste

(rispettivamente come prima e ultima voce) Ouverture-fantasia: Romeo e Giulietta Sinfonia n. 6 (Patetica) Miscellanea

Concerto per pianoforte n. 1 Sinfonia n. 4 o n. 5 Balletto: Il lago dei cigni oppure Opera: Evgenij Onegin Concerto per violino Serenata per archi Suite n. 3 Sinfonie/Concerti

Sinfonia n. 2 Concerto per pianoforte n. 1 Sinfonia n. 4 Concerto per violino Sinfonia n. 5 Concerto per pianoforte n. 2 Percorso letterario

Fantasia sinfonica: La tempesta Fantasia sinfonica: Francesca da Rimini Ouverture-fantasia: Amleto Ballata sinfonica: Il voivoda Sinfonia Manfred Balletti/Opere

Balletto: Il lago dei cigni Opera: Evgenij Onegin Balletto: La bella addormentata


Una nota su come usare questo libro  17

Opera: La dama di picche Balletto: Lo schiaccianoci Musiche per strumento solista e orchestra

Concerto per pianoforte n. 1 Variazioni rococò per violoncello e orchestra Concerto per pianoforte n. 2 Concerto per violino Sérénade mélancolique Musiche da camera

Quartetto per archi n. 1 Quartetto per archi n. 2 Quartetto per archi n. 3 Trio con pianoforte Sestetto per archi: Souvenir de Florence Sto dando per scontato che molti lettori non sappiano nulla di teoria musicale, ma mi auguro che intendano acquisire maggiori informazioni su particolari che possano essere utili all’ascolto. Tutti gli argomenti, salvo uno, su cui ho fatto delle osservazioni, non richiedono nient’altro che un ascolto attento e non hanno a che fare con conoscenze tecniche specifiche. L’unica eccezione è rappresentata dalla questione della tonalità e del suo uso. Alcuni lettori avranno una grande familiarità con la tonalità e le sue applicazioni, ma altri no, e non credo che perderanno molto se non vorranno estendere le proprie conoscenze su questo argomento. Altri ancora, tuttavia, potrebbero voler riempire questa lacuna: ho pertanto fornito qualche spiegazione sulla tonalità nell’Appendice 2. Nell’Appendice 1 ho invece descritto nel modo più conciso possibile, in quanto ritengo l’argomento più importante, alcune delle principali forme musicali che ricorrono continuamente nella musica classica, come ad esempio la forma sonata e il rondò. Nell’Appendice 3, poi, ho fornito un glossario di termini tecnici che vengono usati in questo testo.


Un cenno sulla grafia russa

I nomi russi È convenzione russa quella di usare tre nomi. Il primo è il nome di battesimo, il secondo (o patronimico) indica il nome del padre, e il terzo è il cognome. Il patronimico viene abitualmente declinato secondo il genere, per cui nel patronimico femminile si usa la desinenza «evna» o «ovna», mentre in quello maschile si usa la desinenza «evič» o «ovič». Quanto al cognome, quello di una donna ha in genere una «a» aggiunta alla fine: tuttavia, se il cognome maschile di famiglia termina in «ij» (come nel caso di Čajkovskij), la desinenza finale del cognome della donna diventa «aja», per cui il cognome della madre di Čajkovskij era «Čajkovskaja». Nel caso di alcuni patronimici esistono delle varianti, come quella fornita dal nome di battesimo del padre di Čajkovskij, Il’ja. Pertanto, mentre la traslitterazione completa del nome del figlio compositore era «Pëtr Il’ič Čajkovskij», quella della figlia era «Aleksandra Il’inična Čajkovskaja».

Le date russe Ai tempi di Čajkovskij la Russia seguiva un calendario la cui datazione era di dodici giorni in ritardo rispetto a quello usato in Europa occidentale, e ciò può produrre una certa confusione (ad esempio, il giorno del Natale russo, secondo il nostro calendario, ricorre il 6 di gennaio dell’anno successivo). Ho regolato tutte le date in modo che corrispondano al calendario occidentale.


PRELUDIO



1. Infanzia I – Votkinsk

Nell’agosto del 1844, un’istitutrice francese era a San Pietroburgo in cerca di lavoro. Si chiamava Fanny Dürbach e aveva ventidue anni. Proprio allora una giovane madre russa, decisa ad assumere un’istitutrice, era in viaggio verso la capitale con il figlio maggiore, Nikolaj. Proveniva da Votkinsk, a più di 1200 chilometri a oriente, dove il marito lavorava come ingegnere minerario responsabile delle imprese siderurgiche del governo. La coppia aveva quattro figli, tre maschi e una femmina. Quando si incontrarono, le due donne giunsero a un accordo: Fanny avrebbe lavorato per la famiglia Čajkovskij. Fu così che un’istitutrice decisamente preoccupata cominciò un viaggio di tre settimane insieme alla nuova padrona. Nel corso del viaggio alcune delle sue incertezze sicuramente scomparvero, ma come sarebbe stata accolta all’arrivo? Cinquant’anni dopo, Fanny ricordava così quel momento: Durante il viaggio avemmo modo di conoscerci assai bene, tanto che, arrivate alla fabbrica, il nostro era ormai un rapporto di intima confidenza. La gentilezza e la cortesia della signora Čajkovskij e l’aspetto gradevole o, meglio, la bellezza di Nikolaj mi avevano ben disposta verso i miei compagni, così come le buone maniere del bambino – perfette – mi avevano tranquillizzata: il compito che mi attendeva non sarebbe stato difficile. Eppure, nonostante tutto, mi sentivo molto a disagio. Ogni cosa sarebbe andata bene se al mio arrivo avessi dovuto aver rapporti solo con la signora Čajkovskij e il figlio. Invece mi attendeva l’incontro con persone e con uno stile di vita completamente sconosciuti. Quanto più mi avvicinavo alla fine del viaggio, tanto più la preoccupazione e il disagio crescevano. Tuttavia, giunti finalmente a casa, bastò un momento per capire quanto ogni mia paura fosse ingiustificata.


22    Čajkovskij Un esercito di persone ci corse incontro, e lì cominciarono, e con gran trasporto, baci e abbracci; in quella folla era impossibile distinguere i membri della famiglia dalla servitù. Resi tutti eguali da una gioia partecipata e assoluta, tutti, con lo stesso affetto e calore, salutavano il ritorno della padrona. Il signor Čajkovskij mi venne incontro e, senza una parola, mi abbracciò e baciò come una figlia. La natura semplice e patriarcale del gesto mise un sigillo di approvazione su di me, segnandomi come una della famiglia. Non ero solo arrivata, ma, come la signora Čajkovskij e suo figlio, anch’io ero «tornata a casa». Il mattino seguente iniziai il lavoro senza la minima agitazione o paura del domani.

Tra la folla che aveva accolto Fanny c’era anche il futuro compositore Pëtr Il’ič Čajkovskij, di quattro anni, secondo figlio della coppia. Era di certo una famiglia felice quella in cui l’istitutrice avrebbe lavorato. Il padre di Pëtr, Il’ja Čajkovskij, proveniva da una famiglia di grande tradizione militare; Il’ja aveva tuttavia compiuto scelte diverse: aveva frequentato l’Istituto per ingegneri minerari e vi si era diplomato con medaglia d’argento. Si sarebbe sposato tre volte; dalla prima moglie aveva avuto una figlia, Zinaida (nata nel 1829). La madre era morta subito dopo la nascita della bambina; nel 1833 Il’ja aveva sposato Aleksandra (nata Assier); il futuro compositore era il loro secondo figlio sopravvissuto. Il’ja era palesemente un uomo gentile e fiducioso, dai modi garbati, benigno e sentimentale. Non aveva particolare interesse per la musica: da ragazzo aveva cominciato lo studio del flauto per poi lasciarlo. Il teatro però era tutt’altra cosa: là si abbandonava alle lacrime, qualsiasi cosa venisse rappresentata, e l’amore per quel mondo di immaginazione creativa può far comprendere la ragione che in seguito lo spinse a sostenere la decisione maturata dal secondogenito, quella cioè di tentare la carriera nella musica, arte sorella. Il rapporto tra Pëtr e il padre era sereno pur se non particolarmente intimo. Affatto diverso era invece quello con la madre. Anche se sarebbe morta quando Pëtr aveva quattordici anni, fu certamente lei la donna più importante nella sua esistenza, e fino all’ultimo istante di vita ogni anniversario della sua scomparsa gli avrebbe riportato un diluvio di ricordi serbati nella memoria e dolorose emozioni. Per metà francese – il padre era un immigrato che aveva preso la cittadinanza russa e sposato una ragazza del luogo, ed era poi diventato funzionario di dogana – Aleksandra, nata nel 1813, aveva conosciuto appena la madre, morta quando lei aveva tre anni; a sei era stata messa in una scuola per ragazze orfane, dove aveva ricevuto una buona educazione, raggiungendo una notevole padronanza del francese e del tedesco, qualche abilità nel canto e una tecnica pianistica sufficiente a eseguire musica per danza.


1. Infanzia I – Votkinsk  23

Il’ja Čajkovskij aveva diciotto anni più di lei. I due ebbero sei figli che sarebbero sopravvissuti sino all’età adulta, di cui Pëtr (nato il 7 maggio del 1840) era il secondo, preceduto da Nikolaj (Kolja, nato nel 1838) e seguito da Aleksandra (Saša, nata nel 1842), da Ippolit (Polja, nato nel 1843) e dai gemelli Modest e Anatolij (Modja e Tolja, nati nel 1850). Di carattere, Aleksandra era riservata, non incline a manifeste effusioni di tenerezza, ma coscienziosa e abile in tutte le questioni domestiche. Modest Čajkovskij, che l’aveva conosciuta appena – era morta quando lui aveva quattro anni –, disse in seguito: Dai ricordi delle persone che l’hanno conosciuta, era una donna alta, imponente, non particolarmente bella, ma con occhi dall’espressione incantevole e un aspetto che spontaneamente attirava l’attenzione. Tutti quelli che l’hanno conosciuta affermano unanimemente che c’era qualcosa di speciale nella sua figura che attraeva.

Ancora più interessante è quel che Modest riporta circa il ricordo particolare che ne serbava il fratello compositore: «Una signora alta, piuttosto robusta, con un’espressione meravigliosa, e mani che, pur se non piccole, erano di insolita bellezza». L’attenzione di Pëtr alle mani della madre è significativa. Per un bambino sono il primo strumento di contatto fisico intimo – di tatto, tenerezza, carezze, sono dispensatrici di cura e di protezione. Se si considera che circa trent’anni più tardi l’omosessuale Čajkovskij avrebbe contratto un matrimonio disastroso quanto straziante con una donna che dopo solo qualche giorno avrebbe definito «fisicamente […] del tutto ripugnante», la perpetua rievocazione dell’unica da cui aveva desiderato disperatamente un contatto fisico intimo assume un carattere ancora più pungente. I ricordi di Fanny sui quattro anni passati come istitutrice dei bambini Čajkovskij furono raccolti da Modest nel 1894, l’anno successivo alla morte del fratello. Di rado ci è permesso avere illuminazioni così precise e vivide sui primissimi anni di un futuro, grande compositore. Sebbene non fosse previsto che Pëtr divenisse uno dei bambini affidati a Fanny, fu lui a implorare in lacrime che gli fosse concesso di unirsi agli altri due, Nikolaj e la nipote di Il’ja, Lidija, parente che viveva a carico della famiglia Li superò entrambi. In due anni fu capace di leggere in francese e in tedesco senza difficoltà (così ci viene riferito) e in seguito, dopo un anno circa, di scrivere versi sentimentali in francese, tra i quali un elogio di Giovanna d’Arco, su cui trent’anni dopo avrebbe scritto una delle sue opere più ampie. Trascrivendo questi juvenilia dal tesoro custodito da Fanny, Modest, a quanto


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pare, riporta fedelmente – errori e tutto – il testo composto dal fratello all’età di sette anni: L’héroïne de la France, On t’aime, on ne t’oublie pas, Heroïne si belle! Tu as sauvé la France, Fille d’un berger! Mais qui fait ces actions si belles! Barbare anglais vous ont tuée, Toute la France vous admire. Tes cheveux blonds jusquà tes genoux, Ils sont très beau. Tu étais si célèbre Que l’ange Michel t’apparut. Les célébres on pense à eux, Les méchants on les oublie!

Fanny era solita chiamare Pëtr «le petit Pouškine», dal nome del maggiore poeta russo, Aleksandr Puškin. Non c’è dubbio che sarebbe stato lui a diventare il preferito dei tre bambini; e un minuscolo incidente di cui Fanny prese nota è un indizio rivelatore non solo della ragione per cui questo avvenne, ma anche di quella emotività verso gli altri a Pëtr vicini che tanto avrebbe segnato in seguito la sua vita: Una volta, durante una pausa dalle lezioni, Pëtr sedette a terra con un atlante, che iniziò a sfogliare. All’improvviso, davanti a una mappa dell’Europa, cominciò a baciare la Russia, facendo finta di sputare sul resto del mondo. Lo fermai, spiegandogli che era vergognoso comportarsi così verso gli altri esseri umani che come lui pregavano Dio chiamandolo «Padre Nostro»; che era cosa malvagia odiare i nostri simili solo perché non erano russi, e che quindi stava sputando anche su di me, che russa non ero. «Non c’è bisogno di sgridarmi» rispose Pierre. «Non hai notato che ho coperto la Francia con la mano?»

Probabile che Fanny incoraggiasse attivamente le abilità letterarie del suo studente, ma è chiaro che aveva scarso interesse per le sue attitudini musicali: il primo tentativo come compositore di cui si ha conoscenza risale al periodo in cui la madre era a San Pietroburgo: Il’ja scrisse alla moglie che Saša e Petja avevano composto una canzone, La mamma a San Pietroburgo. Ma un’educazione mu-


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sicale vera e propria per lui ebbe inizio grazie all’orchestrion, una sorta di organo meccanico in grado di riprodurre effetti orchestrali piuttosto elaborati, che il padre aveva comprato subito dopo l’arrivo a Votkinsk. Parte del repertorio che suonava si rivelò davvero decisivo per il futuro compositore: gli offrì il primo contatto col gigante che avrebbe sempre considerato il più grande tra i geni della musica e con l’opera che sempre sarebbe rimasta per lui la più grande di tutte le creazioni musicali. Così ci è riferito da Modest: Era particolarmente affascinato dai brani di Mozart che lo strumento suonava. Lui stesso affermò più volte che la sua appassionata venerazione per quel genio era cominciata con quella gioia indicibile, quel «rapimento estatico» che da bambino aveva provato ascoltando l’orchestrion che suonava l’aria di Zerlina «Vedrai carino» e altri brani dal Don Giovanni. L’orchestrion inoltre gli fece conoscere la musica di Rossini, di Bellini e di Donizetti; e da questo forse trae origine quell’amore per la musica italiana che lo accompagnò per tutta la vita, anche quando, tra gli anni sessanta e settanta dell’Ottocento, nei circoli musicali seri la persecuzione di tale musica era in pieno vigore […].

Ancor prima di prendere lezioni di pianoforte, Pëtr aveva già cominciato a cercare sulla tastiera le melodie dell’orchestrion. Frustrato perché a volte i genitori gli proibivano l’uso dello strumento, continuava a tamburellare quelle melodie su ogni tipo di superficie; un giorno si mise persino a fare esercizi sul vetro di una finestra con tale forza da romperlo, procurandosi una brutta ferita alla mano. Modest sostenne poi che fu quello il momento in cui i genitori decisero che Pëtr avrebbe preso vere lezioni di pianoforte. La sua maestra, una certa Mar’ja Palčikova, era competente, con una conoscenza però limitata del repertorio; in capo a tre anni Pëtr fu in grado di leggere bene a prima vista meglio di lei. Si ricordò comunque sempre di quel che le doveva: trentacinque anni dopo, nel ricevere una lettera in cui lei rivelava di essere in difficoltà, diede disposizioni perché le fosse inviato del denaro: «Le devo davvero molto». Tale generosità, spesso di carattere anonimo, sarebbe stata uno dei suoi tratti distintivi. Non deve sorprendere che per un futuro compositore l’improvvisazione fosse tanto importante quanto l’imparare la musica degli altri compositori, anche se gli effetti di quella musica potevano essere drammatici, come ricordò Fanny: Dopo lo studio o le lunghe ore in cui dava libero sfogo alla propria immaginazione, Pëtr era sempre nervoso e irritabile. In un’occasione, i Čajkovskij avevano avuto ospiti e l’intera serata era stata dedicata a intrattenimenti musicali. Essendo un giorno di festa, i bambini si erano uniti agli adulti. All’inizio Pierre era molto vivace e felice, ma verso la fine della serata era così stanco che salì in camera


26    Čajkovskij sua ben prima del solito. Quando più tardi andai nella nursery, Pierre non dormiva affatto; era lì con gli occhi luccicanti e piangeva agitato. Gli chiesi che cosa mai avesse, e lui rispose: «Oh, è questa musica!», ma non c’era musica in quel momento. «Fammela sparire! È qui, qui» diceva piangendo e indicando la testa. «Non mi dà pace!».

Il dono creativo del futuro compositore, a quanto pare, cominciava già, precocemente, a dar segni di vita.


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